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Rettiloide
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MessaggioInviato: 25/06/2010, 14:20 
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rmnd ha scritto:

Immunità per le auto blu:
Proposta nel nuovo Codice
Secondo un emendamento agli autisti delle auto del Palazzo non si potrebbero sottrarre i punti dalla patente per nessun tipo di infrazione

"...Un rapporto incredibilmente alto perché, a fronte delle nostre oltre 600 mila auto blu, ce ne sono 72.000 negli Usa, 61 mila in Francia, 55 mila nel Regno Unito e 54.000 mila in Germania, fino ad arrivare alle 22 mila del Portogallo...

...600 mila auto blu sono un numero impressionante anche in assoluto visto che corrispondono alla metà dei mezzi che circolano a Milano..."

http://www.repubblica.it/motori/attualita/2010/05/03/news/immunit_per_le_auto_blu_proposta_nel_nuovo_codice-3779108/



Si decidano però. 90mila sono sempre troppe ma non sono 600mila.
Ma quante sono? Si può sapere?

Un esercito di auto blu: sono 90mila in Italia Costo 3.300 euro l'una

http://www.ilgiornale.it/interni/un_esercito_auto_blu_sono_90mila_italia_costo_3300_euro_luna/economia-politica-governo-brunetta-auto_blu-spese/25-06-2010/articolo-id=456182-page=0-comments=1


Ennò ... l'auto blu non costa 3.300 euri perché assieme all'auto blu c'è da pagare l'autista blu ... quindi, moltiplica (3.300 + 40.000) x 90.000
(40.000 è il costo annuo medio di un dipendente) e ottieni il costo intero ... quasi 4 mld di euri ... vogliamo fare che un autista blu guida almeno due auto blu? Fanno quasi 2 mld di euri ... lol [:o)]

[sì, 40.000 retribuzione lorda ... trattandosi dello stato che paga ste stesso e tassa se stesso, otteniamo in ipotesi massima 2mld e in minima 1 mld)


Ultima modifica di eSQueL il 25/06/2010, 14:23, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 02/07/2010, 15:39 
Viaggio nelle Regioni: ecco come spendono e quanto ci costano
Dalla burocrazia alle invalidità, chi spreca di più. I conti del federalismo

http://www.corriere.it/economia/10_luglio_02/viaggio_regioni_sensini_b2d0b75c-8598-11df-adfd-00144f02aabe_print.html

ROMA — Nelle cronache di allora non c’è traccia, ma alla metà degli anni Ottanta, nella riviera ligure di Ponente, deve essere accaduto qualcosa di veramente terribile. La gente ha cominciato a cadere improvvisamente dalle scale, a diventare cieca di colpo e, da un momento all’altro, a non sentire più neanche le campane delle chiese. Un’epidemia di invalidità. Oggi, a Ventimiglia alta e nei piccoli paesini dell’entroterra, come Calvo, Trucco, Bevera, un abitante su quattro riceve una pensione o un’indennità dallo Stato.
Proiettando la Liguria ad un certamente poco invidiabile primato tra le Regioni del Nord.
Il 3,7% dei liguri, per l’esattezza 79.158 cittadini, risultano assistiti dall’Inps come invalidi.
Ben oltre la media nazionale, che è del 3,3% e di per sé è già altissima, essendo il doppio della Germania e della Francia.


Lo stesso fenomeno, l’esplosione delle invalidità, si era abbattuto, qualche anno prima, sulla ricca Umbria.
La ragione può essere diversa. Quella è terra di santi e di miracoli, ma il risultato non cambia: il 4,6% della popolazione riceve l’assegno.
In Toscana, a due passi, la percentuale non arriva al 3,3%, nel Lazio è pari a quasi la metà, il 2,8%.
In Trentino alto Adige, l’anno scorso, è stata concessa solo una, dicasi una, nuova pensione di invalidità.
Possibile? Ed è sicuro che non esistano le Regioni virtuose, come sostengono i governatori che rifiutano, compatti, i tagli proposti dal governo? Che gli sprechi esistano solo nei ministeri?


I bilanci delle Regioni raccontano altro.
Parlano di un’Italia divisa in due, di un paese dove il peso della burocrazia può essere in un posto dieci volte più pesante che in un altro, di amministrazioni che funzionano bene e costano poco ai cittadini, e di apparati elefantiaci con dipendenti pagati a peso d’oro.
Una divisione, come dicono i dati sulle invalidità, non poi così netta tra il Nord e il Sud.
Anche se è soprattutto dai bilanci delle Regioni del Sud che emergono i dati più clamorosi.


Quelli sul costo del personale, per esempio. Colletti bianchi a peso d’oro A ogni cittadino della Lombardia i dipendenti della Regione costano appena 21 euro a testa l’anno.
Quasi metà della media nazionale, che è di 44 euro per ogni italiano. Incredibile, ma vero, i siciliani sopportano un costo pari a quasi venti volte quello dei lombardi: 349 euro pro capite! Palazzo dei Normanni, del resto è generoso: per i 20 mila dipendenti della Regione, l’Assemblea stanzia la bellezza di 1,7 miliardi di euro l’anno.
Una somma che non è poi tanto più bassa della spesa per il personale di tutte le Regioni italiane messe insieme, che è di quasi 2,4 miliardi di euro l’anno.
Con una media di 42.500 euro di stipendio lordo, i dipendenti della Sicilia, aumentati di cinquemila unità tra il 2003 ed il 2008, guadagnano quasi il 40% in più dei ministeriali.
Ma vanno in pensione molto prima e con assegni ben più consistenti, che la Corte dei Conti ha calcolato in 2.472 euro a testa.
Il fatto che sia una Regione a statuto speciale c’entra poco: l’autonomia fa sì che la Sicilia abbia la titolarità delle funzioni, ma nei fatti non la esercita.
A norma di Statuto sarebbe anche proprietaria dei beni demaniali, come lo stesso Palazzo dei Normanni, ma preferisce lasciarli alla gestione dello Stato, forse perché la manutenzione costa.
Nelle Regioni a statuto speciale che esercitano davvero le funzioni attribuite, come la scuola, la situazione è del resto ben diversa: in Val d’Aosta l’amministrazione regionale costa 2.207 euro a ogni valligiano, in Trentino Alto Adige 1.775.


I veri numeri del federalismo La classifica elaborata partendo dai bilanci regionali riclassificati con fatica dalla Commissione tecnica sul federalismo fiscale e consegnati al Parlamento, «i veri numeri del federalismo » come li definisce il presidente Luca Antonini, vede al secondo posto in Italia tra le Regioni a statuto ordinario il Molise, dove l’amministrazione pubblica costa 187 euro ad ogni cittadino.
I molisani sono pochi, appena 321 mila, e questo può in parte giustificare il dato.
Una scusa che non vale per il Friuli Venezia Giulia e la Sardegna, altre due Regioni autonome, ma quasi solo sulla carta, dove il costo pro-capite dei dipendenti è pari, rispettivamente, a 161 e 148 euro a testa.
Sotto la media nazionale, in questo rapporto, ci sono solo la Lombardia, il Veneto (32 euro per abitante), la Liguria (34), l’Emilia- Romagna (36) e la Toscana (di un pelo, 43 euro contro 44).
In tutte le altre il costo dell’amministrazione vola: 93 euro pro-capite per i lucani, 84 per gli umbri, 83 per i calabresi, 76 per gli abruzzesi, 71 per i campani, 64 per i marchigiani, 56 per i pugliesi, 53 per i laziali, 50 per i piemontesi.


Ci sono Regioni dove il costo del personale pesa quasi quindici volte più che in altre.
Il rapporto tra gli stipendi pagati ai dipendenti e la spesa corrente complessiva, che è poi il criterio che il governo ha proposto in Parlamento per definire la virtuosità delle Regioni e stabilire così chi tra loro dovrà sobbarcarsi il maggior contributo alla manovra antideficit (4,5 miliardi l’anno), della quale i governatori non vogliono neanche sentir parlare, è pari in Lombardia allo 0,85%.
In Sicilia, manco a dirlo, arriva al 10,4%: un euro su dieci se ne va per pagare i dipendenti.
La media delle Regioni a statuto ordinario è l’1,99% e solo sei sono sotto: la Liguria, il Lazio, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto. Tutte le altre sfondano allegramente la soglia.
Dal 5,45% del Molise, al 4,25% della Basilicata, al 3,8% della Calabria. Anche il Piemonte con un rapporto del 2,09%, è sopra la media.
Campobasso come Parigi Naturalmente anche il peso del palazzo sulle tasche dei contribuenti è straordinariamente variabile nell’Italia che nega gli sprechi.
Il record appartiene al Molise, ma stavolta il fatto che la Regione sia piccola c’entra solo fino a un certo punto.
I 56 euro a testa (record battuto solo dal Trentino e dalla Val d’Aosta) dipendono forse anche dagli stipendi d’oro.
Con 10.250 euro lordi al mese un semplice consigliere regionale del Molise guadagna più del presidente francese Nicolas Sarkozy, che non arriva a 6.800 euro, anche se è ancora lontano dai 144 mila euro annui dei presidenti della Regione e della Giunta regionale.
Pure in Sardegna non si scherza. Lì, dove le Province si moltiplicano a vista d’occhio, il costo medio per abitante degli organi istituzionali arriva a 53 euro, contro una media nazionale di appena 11 euro, sotto la quale ci sono solo Lombardia, Veneto, Piemonte e Toscana (9 euro a cittadino). Diciassettemila sardi, nel 2005, avevano firmato una legge di iniziativa popolare per ridurre gli stipendi dei loro onorevoli rappresentanti.
Che quest’anno l’hanno bollata come «non urgente», rinviandone l’esame a data da destinarsi.
Ben oltre la media nazionale ci sono la Liguria, con 18 euro a testa, l’Abruzzo (22), la Basilicata (24), la Calabria (38), la Campania (16).
E non potevano mancare la Sicilia (31 euro pro-capite) ed il Friuli Venezia Giulia (25).
Peccato che non ci siano dati validi per la Puglia, l’Umbria e soprattutto per il Lazio, dove i 73 membri del Consiglio Regionale hanno un appannaggio di 10 mila euro, mentre i 13 assessori ed il Presidente arrivano a 12 mila.


L’albero della cuccagna Il federalismo fiscale, con i trasferimenti dello Stato a piè di lista sostituiti da tasse che sindaci e governatori dovranno manovrare per far quadrare i loro conti, promette una rivoluzione.
Ma per qualcuno sarà un vero e proprio incubo. I costi della sanità non saranno più calcolati sulla spesa storica, sulla quale negli anni si sono incrostati gli sprechi e il malaffare, ma sulla base dei costi standard, facendo riferimento alla spesa sostenuta dai più bravi.
Andrà bene alla Lombardia, alla Toscana, alle Marche, all’Emilia-Romagna, all’Umbria, ma molto peggio da Roma in giù.
Calcolare il costo della sanità per ciascun abitante è poco indicativo, perché non tiene conto della migrazione dei malati, che magari partono dalle regioni meridionali per curarsi in Lombardia (dove la sanità finanziata in modo completamente autonomo costerebbe quasi 2.700 euro a ogni cittadino) o nel Lazio (oggi la spesa sarebbe di 3.349 a testa per ogni abitante della Regione).
La realtà di oggi è meglio fotografarla su altri numeri, quelli che parlano di quattro Regioni (Calabria, Campania, Lazio e Molise) commissariate dal governo ed altre quattro (Abruzzo, Liguria, Sicilia e Sardegna) obbligate ai piani di rientro del disavanzo, con uno sforamento complessivo che arriva a 4 miliardi di euro.


Piani che fanno acqua da tutte le parti, tanto che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, l’altro giorno in conferenza stampa si è detto preoccupatissimo.
Per avere i conti a posto forse bisognerà aspettare il federalismo, che obbligherà i governatori che sforano i tetti ad aumentare le tasse ai propri elettori molto più di quanto non possano o vogliano farlo oggi.
O a chiudere veramente gli ospedali che non servono.
Non come succede a Posillipo, la collina più ospedalizzata del mondo, dove ci sono quattro nosocomi e due cliniche universitarie per quattromila posti letto.
Che vengono ridotti, un po’ qua e un po’ là, tirando via lenzuola, materassi e cuscini, lasciando però in piedi reparti di radiografia e sale operatorie con relativi medici e specialisti.
Forse bisognerà aspettare il federalismo per capire, per dirla con il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, che «la sanità non è l’albero della Cuccagna».

Mario Sensini



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MessaggioInviato: 08/07/2010, 09:45 
L'importante è - sempre e comunque - proteggere la CASTA
da eventuali azioni giudiziarie e... perchè no, anche con effetto
retroattivo.





Pdl insiste, estendere scudo premier-ministri
Una modifica prevederebbe l'applicazione dello scudo
anche per i ''fatti antecedenti all'assunzione della funzione''


07 luglio, 21:11

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 75825.html

di Marco Dell'Omo

ROMA - Il "superscudo" per premier e ministri non era un'idea personale di un singolo senatore. Ora è la linea del Pdl, che in Senato si è pronunciato in suo favore chiedendo che venga prevista nel nuovo lodo Alfano costituzionale, in discussione a Palazzo Madama.

Il "parere condizionato" della commissione Giustizia, scritto dal presidente Filippo Berselli (lo stesso che qualche giorno fa aveva avanzato la proposta) chiede che l'ombrello anti-processi previsto dal lodo Alfano diventi più largo, in modo da evitare al presidente del consiglio e alla sua squadra anche i procedimenti per reati commessi prima della nomina. Nel disegno di legge il "superscudo" è previsto solo per il presidente della Repubblica, ma secondo la commissione va esteso a tutte le alte cariche dello Stato, premier e ministri compresi. In realtà , secondo Berselli, non si tratta nemmeno di un' estensione vera e propria, quanto piuttosto della correzione di una dimenticanza: perché il salvacondotto per i vecchi reati era previsto anche nel vecchio lodo Alfano, quello bocciato dalla Corte perché non aveva rango di legge costituzionale, e se non è passato dal vecchio al nuovo testo é perché "ci si è dimenticati di riprodurlo".

Ecco come Berselli giustifica la modifica: alla base della legge, sostiene, c'é un principio fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni, la necessita di garantire a chi si trova ai vertici dello Stato il "sereno svolgimento" delle proprie funzioni. Chiaro che se si finisce sotto processo, la serenità va perduta e non ci si può più dedicare con piena energia alla conduzione degli affari pubblici; ma questo, osserva Berselli, "prescinde completamente dalla circostanza che i fatti che hanno originato un processo siano antecedenti o meno all' assunzione delle funzioni". Dunque lo scudo va esteso anche al passato. Se poi qualcuno vorrà affrontare subito il giudizio, basterà prevedere, suggerisce Berselli, la possibilità di rinunciare all'immunità. A giudicare delle reazioni venute dall'opposizione, al Senato si preannunciano giorni di battaglia. Il Pd e l'Idv sono già sul piede di guerra. La democratica Donatella Ferranti parla di decisione "sconcertante" e spiega: "Già non vediamo la necessità di quella legge figuriamoci la necessità di un estensione dei tempi di applicazione".

Polemico il capogruppo dell'Idv Massimo Donadi: con le modifiche proposte , la Costituzione viene " piegata alle esigenze processuali dei furbi di Stato". Il pd, però, ha fatto un passo falso. Aveva presentato un emendamento che garantiva al presidente della Repubblica uno scudo totale, valido anche per i reati penali. La proposta , è stato spiegato, nasceva dalla preoccupazione di evitare che Napolitano fosse inquisito da qualche magistrato politicizzato vicino al centrodestra. Finito sulle pagine del "Fatto quotidiano", l'emendamento ha messo in imbarazzo i democratici, che l'hanno prontamente ritirato "per evitare strumentalizzazioni".



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 22/09/2010, 09:40 
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[color=blue]NIENTE TAGLI PER I DEPUTATI
La Camera approva il bilancio 2010. Le spese sfiorano un miliardo di euro. Bocciati quasi tutti
gli ordini del giorno sulla riduzione dei costi. L'onorevole si tiene vitalizio, barbiere e buvette.


Gli onorevoli si tengono stretto il vitalizio. Non solo. Anche il barbiere e la buvette. Altro che spese elevate e tagli necessari anche per dare il buon esempio al Paese che tira la cinghia. Alla Camera si può discutere di tutto ma non delle pensioni (loro) che, dai 65 anni, spetteranno a tutti quelli che hanno messo piede in Aula. Pazienza se ci sono ex deputati che con tre giorni di legislatura si portano a casa 3 mila euro al mese per il resto della vita. Dunque l'assegno non si tocca: è un diritto acquisito. L'ha deciso ieri l'assemblea di Montecitorio che ha respinto un ordine del giorno, presentato dai deputati dell'Idv, Antonio Borghesi e Silvana Mura, che chiedeva di trasferire le pensioni dei parlamentari all'Inps e agli altri enti previdenziali. Ma tutti, tranne ovviamente l'Italia dei Valori, hanno votato contro. Secondo il provvedimento i deputati avrebbero dovuto comunicare alla Camera il nome dell'istituto previdenziale al quale trasferire i contributi affinché fossero «aggiunti a quelli già accumulati per le attività lavorative precedenti al mandato parlamentare». Ma non c'è stato niente da fare.


Si salvano anche gli ex deputati, a cui Montecitorio continuerà a pagare i rimborsi per spostamenti e trasferte varie. Costano un occhio della testa ma non si può fare altrimenti. Non è passato l'ordine del giorno che prevedeva «la cessazione di ogni agevolazione per i deputati cessati dal mandato parlamentare, con particolare riferimento a quelle concernenti gli spostamenti aerei, autostradali, ferroviari, marittimi e ogni altro spostamento nazionale e internazionale». Niente tagli nemmeno al barbiere. La storica barberia della Camera continuerà a spuntare i baffi agli onorevoli. L'assemblea, infatti, ha bocciato quasi all'unanimità un emendamento di Stefano Stefani, presidente della commissione Esteri. L'esponente leghista aveva presentato un ordine del giorno per cancellare il servizio e, dunque, risparmiare. «Non è demagogia, ma dobbiamo dare ai cittadini un segnale. Abbiate coraggio, colleghi, e approvate la nostra proposta, abolite questo privilegio», aveva esortato Stefani. Il suo appello, però, è rimasto inascoltato. Il deputato ha anche citato, senza fare nomi, il caso di un barbiere mandato in pensione con una liquidazione di 300 mila euro. Ma neppure questo ha convinto i suoi colleghi che hanno ritenuto di mantenere in piedi il servizio. Stessa sorte per la buvette. L'Italia dei Valori aveva proposto di alzare i prezzi di panini e bevande come se fosse un bar qualsiasi. Tanto per dare un segnale ai cittadini. Niente da fare. Non saranno toccati nemmeno gli stenografi (una proposta ne chiedeva la riduzione del 30 per cento). Sono stati bocciati quasi tutti i 40 ordini del giorno presentati al bilancio 2010 della Camera. Alla fine l'assemblea ha approvato con 479 sì e 7 astenuti il bilancio preventivo interno per il 2010: la Camera costerà allo Stato quasi un miliardo di euro, con un incremento dell'1,3% sull'anno scorso.


Il documento prevede risparmi di 315 milioni di euro nel periodo 2006-2011, che dovrebbero aumentare fino al 2013, quando si sentiranno gli effetti della «sforbiciata» di mille euro dalla busta paga dei deputati, e del 5% sulle retribuzioni dei dipendenti che guadagnano tra 90 e 150 mila euro, e del 10% degli stipendi sopra i 150 mila euro, oltre a un taglio delle spese non vincolate, per un totale di 60 milioni di euro. Alcuni ordini del giorno sono stati accettati come raccomandazioni e vanno nella stessa direzione già stabilita dai questori della Camera, come quelli che riguardano il taglio delle spese di affitto dei Palazzi. La voce più rilevante è proprio la locazione degli immobili. Dal 1997 la Camera ha in affitto quattro edifici che compongono il complesso «Palazzo Marini». Ogni anno costano più di 30 milioni di euro, versati alla società Milano 90 dell'imprenditore romano Sergio Scarpellini. Una società che ottiene altri 17 milioni di euro per i servizi che svolge in questi palazzi. I conti globali li fa Amedeo Laboccetta (Pdl) nel suo ordine del giorno: «Nel corso della locazione - scrive - la Camera dei deputati ha corrisposto alla società Milano 90 complessivamente oltre 300 milioni di euro, che ben avrebbero potuto essere utilizzati per l'acquisto dell'immobile che all'attualità può ritenersi avere un valore non superiore ad euro 150 milioni». Dunque Laboccetta consiglia di contrarre un mutuo di 150 milioni di euro «nella forma prudente del tasso fisso» per 25 anni che consentirebbe a Montecitorio di acquistare almeno un palazzo e risparmiare più di 10 milioni di euro all'anno. La strada sembra decisa. I vertici di Montecitorio, infatti, hanno confermato l'intenzione di disdire i contratti di affitto.


Lo ha detto il questore della Camera Gabriele Albonetti al termine del dibattito in Aula. «C'è ancora bisogno - ha precisato Albonetti - di un ufficio per ogni parlamentare? Oppure il prevalere di altre considerazioni può consentire una revisione seria della materia? È una riflessione che sottoponiamo al confronto con i gruppi anche per un'analisi sul reale utilizzo di quelle sedi e di quegli uffici». L'intenzione, quindi, è quella già annunciata dall'ufficio di presidenza di qualche giorno fa di disdire i contratti di locazione con la società Milano 90 anticipatamente, laddove possibile, rispetto alla scadenza. E il primo, in ordine di tempo, è quello dei locali di Palazzo Marini 1, dal quale si può recedere anticipatamente, da gennaio 2012. Gli altri tre contratti di locazione hanno tempi di scadenza più lunghi, ma i questori della Camera attendono la sentenza di appello del ricorso presentato nel 2007 (ma perso in primo grado) per una «corretta interpretazione di alcuni articoli dei contratti di locazione stipulati con la società Milano 90, che potrebbe aprire nuovi scenari anche per l'ipotesi dell'acquisto degli edifici oggi affittati. «Aspettiamo - ha detto Albonetti - il parere dei gruppi parlamentari, anche per la valutazione degli effetti che queste scelte potrebbero avere sui deputati.


E nel frattempo, intensifichiamo i rapporti con l'Agenzia del Demanio per l'individuazione di nuove sedi» da acquistare accendendo un mutuo. Mentre sul vitalizio era stato l'altro questore della Camera, Antonio Mazzocchi, a precisare: «Non è assimilabile ad una pensione e su questi aspetti è già stata varata una incisiva riforma». «Ma in questo modo - ha ribattutto Antonio Borghesi - la Camera avrebbe risparmiato qualcosa come 150 milioni di euro l'anno».

Alberto Di Majo

22/09/2010
[/color]


http://www.iltempo.it/politica/2010/09/22/1202761-niente_tagli_deputati.shtml#



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Ecco un esempio di buona volontà da parte della casta...[xx(]



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Vietato imitare Minzolini La rai censura «Parla con me»

di Andrea Carugati

Alla Rai ormai fa paura persino l’imitazione di Augusto Minzolini. Il direttorissimo del Tg1, in crisi di ascolti dopo aver trasformato il suo Tg in una copia sbiadita del Giornale di Feltri, è entrato in una categoria di intoccabili: niente parodia. E dunque lo spot di “Parla con me” di Serena Dandini, che conteneva una delle splendide imitazioni di Max Paiella, è stato bloccato. «Inopportuno», hanno sentenziato il direttore della comunicazione, Guido Paglia, e da quello della promozione, Gianluca Veronesi. Che c’era di male? Un’anticipazione degli irresistibili duetti tra Serena Dandini e il finto «Minzo», che l’anno scorso reinterpretava grandi hit, da Margherita di Cocciante a We are the Champions dei Queen come inni a Berlusconi.

Gli spot di “Parla con me”, realizzati dalla Rai, sono già in onda da giorni. Quello con il finto Minzolini è l’unico che gli autori della Dandini hanno realizzato in proprio e proposto agli uffici competenti, che l’hanno subito bloccato. Il direttore generale Mauro Masi, che già nei mesi scorsi si era speso per tagliare “Parla con me” da quattro a una puntata a settimana, giura di essere innocente. E ha fatto sapere che vedrà lo spot contestato solo dopo che domani il cda avrà dato il via libera al contratto per la produzione del programma. Già, perché a meno di una settimana dalla messa in onda (martedì prossimo) il cda di Viale Mazzini non ha ancora dato il via libera. Lo farà domani, con tutta probabilità. Ma l’attesa nella redazione della Dandini è snervante, e infatti le bocche sono cucite anche dopo l’ennesimo sgarbo per la censura dello spot. Una censura che, si sussurra, potrebbe ripetersi ancora, anche col programma avviato. «Non sono contratti su cui ci sono conflitti, credo che assolutamente si possa fare», rassicura Giorgio Van Straten, consigliere Rai in quota Pd.

I PROGRAMMI SGRADITI AL PREMIER
All’appello mancano ancora i contratti di Vauro e Marco Travaglio per “Annozero”, che però non sono di competenza del cda. E il rischio è che, come già l’anno scorso, il giornalista vada in onda con Santoro domani sera senza contratto. Per non parlare degli spot di “Annozero”, trasmessi solo da lunedì sera, tre giorni prima della partenza del programma. Tecniche di guerriglia paradossali per un’azienda che dovrebbe promuovere i suoi programmi. «Tecniche dilatorie volte a complicare la vita all’azienda», protesta Van Straten. «Le circolari sulle scalette, sugli ospiti, ora gli spot: si perde solo tempo e si complica la vita a chi lavora», aggiunge. «Domani porterò la questione in Cda».Le traversie di “Parla con me” non sono mai finite. «Come al solito, una trasmissione pagata con i soldi pubblici si diletta nell’avere come unico bersaglio il governo e si diverte ad aggredirlo», aveva tuonato il premier in Consiglio dei ministri ai primi di maggio. Pochi giorni dopo Masi aveva proposto di tagliare la Dandini da quattro a una puntata. Con tanto di dimissioni minacciate dell’allora direttore di Raitre Antonio Di Bella. Alla fine “Parla con me” riparte. E ai censori non resta che lo spot di Minzolini. Per ora.

22 settembre 2010

http://www.unita.it/news/italia/103756/ ... rla_con_me



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MessaggioInviato: 22/09/2010, 12:29 
http://www.corriere.it/politica/10_sett ... aabe.shtml

ROMA - L'aula di Montecitorio ha detto no all'utilizzo delle intercettazioni nelle inchieste che riguardano l'ex sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di contiguità con ambienti camorristici. La votazione è avvenuta, come da richiesta del Pdl, a scrutinio segreto. A favore della posizione espressa dal relatore di maggioranza, e quindi contro l'uso delle intercettazione, hanno votato in 308; i voti contrari, quelli cioè favorevoli all'utilizzo delle intercettazioni, sono stati 285.

COSENTINO SODDISFATTO - Il diretto interessato, Nicola Cosentino, si è detto soddisfatto del risultato, ha parlato di un «voto politico» che «rafforza il governo Berlusconi» e ha criticato il voto di Fli, o almeno di una parte di esso, con le opposizioni. Quanto alla sua vicenda giudiziaria, rivolge un «appello ai miei pubblici accusatori affinchè si faccia finalmente il processo dove io possa dimostrare la mia estraneità». Altrimenti, «continuerò ad essere ostaggio» delle accuse che vengono rivolte.

ma che faccia di tolla..

se è tanto sicuro della sua innocenza perchè
non consentire ai giudici l'utilizzo delle intercettazioni?

ma si sa ..
lui vuole vincere facile..

prima disarma l'avversario,
poi (lui armato) lo aizza a duello..
che coraggio..
ma è il solito problema italico..


Ultima modifica di mik.300 il 22/09/2010, 12:30, modificato 1 volta in totale.


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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 22/09/2010, 14:49 
Cita:
mik.300 ha scritto:

http://www.corriere.it/politica/10_sett ... aabe.shtml

ROMA - L'aula di Montecitorio ha detto no all'utilizzo delle intercettazioni nelle inchieste che riguardano l'ex sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di contiguità con ambienti camorristici. La votazione è avvenuta, come da richiesta del Pdl, a scrutinio segreto. A favore della posizione espressa dal relatore di maggioranza, e quindi contro l'uso delle intercettazione, hanno votato in 308; i voti contrari, quelli cioè favorevoli all'utilizzo delle intercettazioni, sono stati 285.

COSENTINO SODDISFATTO - Il diretto interessato, Nicola Cosentino, si è detto soddisfatto del risultato, ha parlato di un «voto politico» che «rafforza il governo Berlusconi» e ha criticato il voto di Fli, o almeno di una parte di esso, con le opposizioni. Quanto alla sua vicenda giudiziaria, rivolge un «appello ai miei pubblici accusatori affinchè si faccia finalmente il processo dove io possa dimostrare la mia estraneità». Altrimenti, «continuerò ad essere ostaggio» delle accuse che vengono rivolte.



La CASTA protegge se stessa.....
e se all'interno ci sono mafiosi patentati,
non fa nulla..... la CASTA si protegge lo stesso.

Diversamente, chi ha davvero la coscienza pulita,
oggi, ha votato "sì".



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 22/09/2010, 17:47 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
mik.300 ha scritto:

http://www.corriere.it/politica/10_sett ... aabe.shtml

ROMA - L'aula di Montecitorio ha detto no all'utilizzo delle intercettazioni nelle inchieste che riguardano l'ex sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di contiguità con ambienti camorristici. La votazione è avvenuta, come da richiesta del Pdl, a scrutinio segreto. A favore della posizione espressa dal relatore di maggioranza, e quindi contro l'uso delle intercettazione, hanno votato in 308; i voti contrari, quelli cioè favorevoli all'utilizzo delle intercettazioni, sono stati 285.

COSENTINO SODDISFATTO - Il diretto interessato, Nicola Cosentino, si è detto soddisfatto del risultato, ha parlato di un «voto politico» che «rafforza il governo Berlusconi» e ha criticato il voto di Fli, o almeno di una parte di esso, con le opposizioni. Quanto alla sua vicenda giudiziaria, rivolge un «appello ai miei pubblici accusatori affinchè si faccia finalmente il processo dove io possa dimostrare la mia estraneità». Altrimenti, «continuerò ad essere ostaggio» delle accuse che vengono rivolte.



La CASTA protegge se stessa.....
e se all'interno ci sono mafiosi patentati,
non fa nulla..... la CASTA si protegge lo stesso.

Diversamente, chi ha davvero la coscienza pulita,
oggi, ha votato "sì".


d'accordissimo..

ma almeno codesto mantenesse un basso profilo..
l'ha sgamata, ok,
stesse acquattato.
invece no..
fa lo spavaldo..
col coltello dalla parte del manico..
ecco la tamarraggine..

ma molto più facilmente tale reazione indica
l'assoluta colpevolezza del soggetto..


Ultima modifica di mik.300 il 22/09/2010, 17:47, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 22/09/2010, 19:46 
Uno spettacolo indegno come quello a cui abbiamo assistito oggi,
penso proprio che abbia fatto il giro del mondo. Tu che dici?



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MessaggioInviato: 23/10/2010, 17:24 
A proposito di una legge anticorruzione

Martedì 19 Ottobre 2010

Immagine

Fonte:
http://www.laveracronaca.com/index.php? ... &Itemid=29

Dopo tantissimo tempo che si parlava dell'assoluta urgenza di una legge che ponesse un freno alla corruzione dilagante, soprattutto quella che vedeva come protagonista cricche legate al sottobosco politico e di governo, subito dopo la metà del Febbraio di quest'anno il premier Berlusconi faceva uno dei suoi soliti annunci solenni a proposito di un apposito disegno di legge: "Siamo stati tutti insieme concordi di farlo più articolato: la prossima settimana penso che sarà pronto. Sono stato io a volerlo, io a proporlo e io poi, a seguito della discussione approfondita che si è svolta in Cdm, a ritenere che poteva essere migliorato".
Nel Paese i tantissimi cittadini che avevano immediatamente pensato all'ennesima promessa poltica non mantenuta non si sbagliavano: da quel tempo, infatti, tutto tace e le cricche continuano a prosperare indisturbate. A quell' epoca, ricordiamo, tra le tante perplessità di parte del mondo politico c'era stato un intervento del leader dell' Idv, Antonio Di Pietro, che aveva intrapreso il solito botta e risposta con il premier fatto di reciprochi e continui attacchi: "Denunciamo l'ennesima truffa elettorale - aveva detto Di Pietro - Se davvero vuole fare una lotta alla corruzione deve fare un decreto legge e non un disegno di legge che serve soltanto per tirare a campare in attesa che le elezioni si svolgano".

Forse la verità è che nel gioco degli appalti e delle commesse statali è in palio la possibilità di un consenso elettorale troppo utile per finalità politiche inconfessabili e una severa legge che regoli tale settore impedendo scambi e favori potrebbe rivelarsi estremamente dannosa per chi manovra carte e situazioni ad esso legate. Nè di questi tempi, con probabili nuove elezioni all'orizzonte, è conveniente per la maggioranza politica italiana premere l'acceleratore sui tempi: molti pacchetti di voti per essere azionati attendono un corrispettivo che è sempre meglio tenere pronto nel cassetto.

Poi non è detto che una nuova legge risolva il problema perchè, come ha scritto Brecht ne "L'opera da tre soldi":

"la legge è fatta esclusivamente per lo sfruttamento di coloro che non la capiscono, o ai quali la brutale necessità non permette di rispettarle".


Paolo Araniti



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MessaggioInviato: 05/04/2011, 16:57 
Da "Il Corriere della Sera" di martedì 5 aprile 2011

Cita:
[color=blue]LA TOCCATA E FUGA DEI PRESIDENTI DELLA CORTE
di SERGIO RIZZO
La «toccata e fuga» alla guida della Consulta Pochi mesi e si riparte De Siervo lascia dopo 140 giorni La scelta per anzianità crea presidenti a breve termine. II record di Caianiello Dal 2004 si sono succeduti alla presidenza Gustavo Zagrebelsky (7 mesi e mezzo), Valerio Onida (4 mesi), Piero Alberto Capotosti (8 mesi), Annibale Marini (8 mesi), Franco Bile (1 anno e 4 mesi), Giovanni Maria Flick (3 mesi), Francesco Amirante (1 anno e 9 mesi). Da dicembre è Ugo De Siervo

Chiunque sarà, il futuro presidente della Consulta si può mettere l`anima in pace: il record di velocità detenuto da Vincenzo Caianiello resterà imbattuto. Anche se dovesse spuntarla Paolo Maddalena, fra i quindici giudici quello con la maggiore anzianità, gli toccherà occupare quella poltrona certamente per più di due mesi. L`attuale presidente Ugo De Siervo scade infatti a fine aprile mentre il mandato di Maddalena termina a fine luglio. Troppo tardi, per insidiare l`inarrivabile primato di Caianiello, rimasto in carica appena 45 giorni, dall`8 settembre al 23 ottobre del 1995.

Una meteora ineguagliata. La più prestigiosa fra le poltrone pubbliche è anche quella che assicura il turnover più rapido. Basti dire che dal 1956 a oggi si sono avvicendati 34 presidenti, con una durata in carica media di 19 mesi e mezzo ciascuno. Il ritmo degli avvicendamenti è stato così incalzante che ci sono attualmente in circolazione, fortunatamente vivi e vegeti, ben 16 presidenti «emeriti», con pensione super e auto blu a vita comprensiva, come recita il regolamento interno, di «spugna, piumino e pelle di daino». Ai quali, è questione di giorni, se ne aggiungerà un diciassettesimo.

I quindici giudici costituzionali restano in carica nove anni e la presidenza spetta per consuetudine al componente con la maggiore anzianità. Quando scade, il suo posto viene di solito preso da chi lo segue a ruota, il quale a sua volta lascia a chi è stato nominato subito dopo di lui, e così di seguito.

Il risultato è che ognuno dei quindici giudici costituzionali può diventare presidente:

giusto il tempo di una toccata e fuga, per maturare i privilegi massimi. L`ultimo presidente, De Siervo, sarà rimasto in carica 14o giorni.

Giuliano Vassalli fu presidente per 94. Giovanni Maria Flick, per 96.

È francamente difficile dire quanto questo meccanismo si possa conciliare con l`autorevolezza necessaria a chi è investito di un tale compito. E non sarebbe anche lecito chiedersi se sia opportuno per chi ha avuto un ruolo così rilevante nelle istituzioni assumere poi incarichi pubblici o privati magari modesti, o addirittura correre in politica? Gli esempi sono innumerevoli. Uscito dall`Alta corte, l`ex presidente Antonio La Pergola si presentò alle elezioni per l`europarlamento. Poi, alla tenera età di 75 anni, accettò nel 2006 senza fare una piega la presidenza del Poligrafico dello Stato. Nello stesso anno Cesare Ruperto è diventato presidente della commissione d`appello federale della Figc: il tribunale dei calciatori.

Nel 1994 Aldo Corasaniti si è presentato alle elezioni politiche con i progressisti. E nel 2010 Annibale Marini è stato nominato dal Parlamento membro laico del Csm.

Poi ci sono, è ovvio, anche casi anagrafici particolari. Si può chiedere a un signore di 54 anni, quanti ne aveva Antonio Baldassarre quando ha lasciato da presidente emerito la Consulta, di fare il pensionato (d`oro) tutta la vita soltanto per essere stato nominato troppo giovane alla Corte costituzionale? Certo che no. Anche se la gamma degli incarichi assunti da lui successivamente può suscitare qualche riflessione: presidente del Giurì della pubblicità (1996), della filiale italiana della banca inglese Greenwich National Westminster (1998), della Sisal e della Rai. Non basta.

Il vulcanico Baldassarre ha anche organizzato nel 2007 una cordata per comprare l`Alitalia, e nel 2oog si è candidato con il sostegno del Popolo della libertà per il comune di Temi, uscendo però sconfitto dalla sfida con il suo avversario di centrosinistra Leopoldo Di Girolamo.

Si potrà argomentare che anche queste nomine, per quanto di profilo tecnico, restano sempre di natura politica. Funziona così dappertutto, in Italia. Perché dunque scandalizzarsi se un ex presidente si candida in Parlamento, viene nominato presidente di un`azienda pubblica oppure corre per fare il sindaco? Il ragionamento non fa una grinza.

Ma siamo sicuri che queste cose fanno bene al prestigio della Corte e all`autorevolezza delle sue decisioni? Sergio Rizzo C, RIPRODUZIONE RISERVATA
[/color]



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MessaggioInviato: 18/07/2011, 10:27 
http://www.libero-news.it/news/785501/Ira-del-web-contro-la-Casta-Sacrifici-Neanche--dal-Colle.html

Cita:
[color=blue]Sacrifici neanche dal Colle

......Come scrive Fosca Bincher su Libero di domenica, C’è un solo stipendio legato a una carica elettiva che nessuna legge ha mai osato tagliare: è quello del presidente della Repubblica. Così Giorgio Napolitano quest’anno riceve duemila euro al mese in più del giorno in cui è stato eletto nel non lontano 2006.

Anche quando sono state tagliate indennità e rimborsi spesa di deputati e senatori l’assegno personale del presidente della Repubblica è restato indenne. Anzi, è continuato a crescere. Era di 215 mila euro nel 2006, oggi è di 239 mila euro. In cinque anni è lievitato dell’11,26%, perfino più della dotazione del Quirinale (salita dell’8,57% nello stesso periodo).

Insomma, Napolitano ha chiesto ai suoi dipendenti di tirare un po’ la cinghia, ma non ha dato il buon esempio. Per altro lo stipendio (che è di poco inferiore a quello del presidente Usa, di 280 mila euro) a Napolitano serve ben poco. Ogni suo bisogno primario (vitto e alloggio) e ogni spesa è soddisfatta a parte dal bilancio del Quirinale…[/color]



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MessaggioInviato: 19/07/2011, 13:56 
RIECCO I PAPPONI DI STATO; NAPOLITANO SI GODE L'AUMENTO

La Casta colpisce ancora: il presidente ha uno stipendio in crescita e il Quirinale è il palazzo presidenziale più caro. Manovra o tentativi di riforma non bastano. Riproponiamo l'inchiesta di Scaglia e Poletti: era il 2008, nulla è cambiato

Internet e Borsa assediano la Casta. Che prova a rispondere (in clamoroso ritardo).

La rivolta anti-privilegi sta assomigliando sempre più ad una valanga che travolge tutto e tutti, indipendentemente da colori e responsabilità. E così, mentre su Facebook continua a spopolare la pagina che mette alla gogna le furberie degli inquilini di Montecitorio, Piazza Affari affossa la manovra (lunedì -3%, martedì apertura in leggera ripresa) e soprattutto cede allo scetticismo: non basta colpire famiglie e imprese, diminuendo gli sgravi fiscali, per rilanciare il Paese. Se si vuole cambiare volto all'Italia serve un'operazione profonda, col bisturi. Non basta un po' di cipria e maquillage. Ci prova il governo, con il pacchetto delle riforme costituzionali presentate dal ministro Calderoli: dimezzare i parlamentari e legare i loro stipendi alle presenze effettive in Aula è un buon punto di partenza, non l'approdo finale. Nei Palazzi romani tutti parlano di nuova moralità, di esigenze di snellimento. Peccato che, come anticipato domenica da Libero, il buon esempio non arrivi nemmeno dal presidente Giorgio Napolitano, il cui stipendio da quando è stato eletto è salito di 2.000 euro al mese. Non basta: il Quirinale spende più di tutti gli altri palazzi presidenziali europei e per mantenerlo occorre un budget di 228 milioni all'anno, il doppio rispetto all'Eliseo di Parigi. Con una differenza: Sarkozy è la guida esecutiva della Francia, Napolitano svolge semplicemente un ruolo di supervisione e rappresentanza. E così non si può non pensare a quanto scrivevano Andrea Scaglia e Roberto Poletti oltre tre anni fa, nel 2008: "Papponi di Stato" era l'inchiesta di Libero sugli sprechi dei parlamentari. Talmente attuale (purtroppo, e tragicamente) che vale la pena riproporla a puntate.

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MessaggioInviato: 19/07/2011, 19:04 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:


RIECCO I PAPPONI DI STATO; NAPOLITANO SI GODE L'AUMENTO

La Casta colpisce ancora: il presidente ha uno stipendio in crescita e il Quirinale è il palazzo presidenziale più caro. Manovra o tentativi di riforma non bastano. Riproponiamo l'inchiesta di Scaglia e Poletti: era il 2008, nulla è cambiato

Internet e Borsa assediano la Casta. Che prova a rispondere (in clamoroso ritardo).

La rivolta anti-privilegi sta assomigliando sempre più ad una valanga che travolge tutto e tutti, indipendentemente da colori e responsabilità. E così, mentre su Facebook continua a spopolare la pagina che mette alla gogna le furberie degli inquilini di Montecitorio, Piazza Affari affossa la manovra (lunedì -3%, martedì apertura in leggera ripresa) e soprattutto cede allo scetticismo: non basta colpire famiglie e imprese, diminuendo gli sgravi fiscali, per rilanciare il Paese. Se si vuole cambiare volto all'Italia serve un'operazione profonda, col bisturi. Non basta un po' di cipria e maquillage. Ci prova il governo, con il pacchetto delle riforme costituzionali presentate dal ministro Calderoli: dimezzare i parlamentari e legare i loro stipendi alle presenze effettive in Aula è un buon punto di partenza, non l'approdo finale. Nei Palazzi romani tutti parlano di nuova moralità, di esigenze di snellimento. Peccato che, come anticipato domenica da Libero, il buon esempio non arrivi nemmeno dal presidente Giorgio Napolitano, il cui stipendio da quando è stato eletto è salito di 2.000 euro al mese. Non basta: il Quirinale spende più di tutti gli altri palazzi presidenziali europei e per mantenerlo occorre un budget di 228 milioni all'anno, il doppio rispetto all'Eliseo di Parigi. Con una differenza: Sarkozy è la guida esecutiva della Francia, Napolitano svolge semplicemente un ruolo di supervisione e rappresentanza. E così non si può non pensare a quanto scrivevano Andrea Scaglia e Roberto Poletti oltre tre anni fa, nel 2008: "Papponi di Stato" era l'inchiesta di Libero sugli sprechi dei parlamentari. Talmente attuale (purtroppo, e tragicamente) che vale la pena riproporla a puntate.

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La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati il direttore di Libero Maurizio Belpietro per il reato di "offesa all'onore e al prestigio del Capo dello Stato". La colpa? La vignetta sui "Papponi di Stato" in cui compare Napolitano

Immagine

e poi una pensa male della giustizia italiana [:o)]



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