vimana131 ha scritto: Gli Usa sono ormai un gigante di cartapesta
Statua della Libertà che affogaLe debolezze strutturali degli Stati Uniti sono i costi elevatissimi per difesa, sanità, energia e trasporti
Con la crisi del debito, anche gli Stati Uniti si sono rivelati una nazione fragile e vulnerabile. L'amministrazione Obama non solo sta spendendo soldi che non ha, ma sta spendendo in settori dove gli investimenti non sono redditizi. O sono addirittura enormi sprechi. Un'interessante quadro della situazione lo fornisce il sito di inchiesta americano Truth Out, che individua quattro aree critiche nelle quali Washington letteralmente butta via quattrini: la difesa, il sistema sanitario, l'energia e i trasporti.
Difesa. Gli Stati Uniti spendono in armamenti quanto il totale dei primi venti Paesi del mondo (700 miliardi di dollari nel 2010, secondo il Sipri). L'autore dello studio si chiede se tali spese siano giustificate per garantire la sicurezza nazionale e la stabilità economica e globale. La risposta è no.
Le gerarchie militari americane concordano nel ritenere i sistemi d'arma acquistati dal Pentagono obsoleti o inutili per le attuali necessità della difesa. In particolare, un analista militare il cui nome non è menzionato, sostiene che, nonostante i maggiori rischi provengano da insurrezioni locali e non da Stati-nazione (come in Iraq, Afghanistan, Pakistan), gli Usa hanno 760 basi militari nel mondo, 11 unità da guerra supportate da portaerei e altro harware senescente, "come se dovessero affrontare la Marina imperiale giapponese", spiega la fonte.
In realtà, gran parte del budget non è destinato alla difesa, ma a sostenere il giro di occupazione e di affari da cui dipendono tutta una classe politica che sfrutta la necessità di spese militari in funzione di propaganda elettorale. Combinando questo aspetto con le pressioni interne delle lobby della difesa, la conclusione è che l'economia Usa è agganciata come un tossicodipendente allo stimolo fiscale derivante dagli investimenti militari.
Eppure, dicono a TruthOut, è uno stimolo inefficace, perché il milione e più di soldati Usa all'estero spendono i loro stipendi in altri Paesi, annullando l'effetto moltiplicatore': l'economia gira se il dollaro è speso in infrastrutture fisiche - la manutenzione di ponti, autostrade, porti, per esempio - che non in armi e soldati. A dispetto di tutti i miliardi di dollari spesi, gli Stati Uniti non hanno più il primato militare, e la loro sicurezza è minacciata in ognuno dei 'distaccamenti' militari all'estero.
Sistema sanitario. Gli Stati Uniti spendono il doppio, pro-capite, di qualsiasi Paese industrializzato, quasi il 17 percento del Pil. Ma il sistema è peggiore che in tutti questi Paesi. Dai 45 ai 50 milioni di americani non hanno assistenza sanitaria. Non è obbligatorio per l'azienda pagare la malattia al lavoratore. La competitività si riduce e così i profitti, mentre gli impiegati spendono dalle due alle tre volte di più di un loro collega europeo per i contributi. La sanità americana è costosissima perché legata ai profitti. Stipendi e bonus di amministratori delle compagnie sanitarie sono una delle voci che obbligano la sanità statunitense a restare privata.
Uso dell'energia e trasporti. L'americano medio consuma due volte l'elettricità di un europeo. Un'automobile statunitense consuma tra il 40 e il 50 percento in più di una vettura media europea. Come per la sanità, le compagnie americane spendono molto di più in energia e trasporti di quelle d'oltreoceano. La domanda di TruthOut è: il deficit Usa è causato dagli investimenti o dagli sprechi?
Nessun'altra nazione al mondo ha un budget militare così ipertrofico, sprechi così elevati nella sanità e un'abulia cronica nell'energia e nei trasporti. Di fronte a questi problemi, così radicati e interconnessi tra loro, difficilmente un rimedio potrà essere quello prospettato dai membri del Congresso con il loro sterile dibattito sull'innalzamento del tetto del debito.
http://www.ecplanet.com/node/2644
Mentre l’Occidente tramonta il Dragone rosso d’oriente ruggisce
PechinoContrordine compagni, la storia si è voltata indietro: una inversione a “U”. Dal 1989-1991 si racconta questa favola: il comunismo è sparito dal mondo e trionfa la liberaldemocrazia in tutto il globo. Fine della storia, decretò un politologo americano facilone.
Ebbene, venti anni dopo ci si sveglia bruscamente dal sonno: nella realtà la storia si è rimessa in moto e corre all’indietro.
I sistemi liberaldemocratici sono alla frutta (in certi casi alla grappa) e trionfa invece la superpotenza cinese: un regime comunista che si appresta a diventare la prima potenza economica mondiale. Un Paese che col suo miliardo e 300 milioni di abitanti ha il 20 per cento della popolazione mondiale (un essere umano su cinque è cinese). Una superpotenza che già oggi detiene un pacchetto enorme del debito europeo e americano ed è in condizioni di prendere per le orecchie l’inquilino della Casa Bianca prescrivendogli - come ha fatto nei giorni scorsi - le misure economiche da assumere e intimandogli pure di fare in fretta.
Un mese fa Obama, che si era preso la libertà di ricevere il Dalai Lama, è stato persino costretto ad accoglierlo in una sala secondaria e - se ho letto bene - a farlo poi sgattaiolare da un’uscita laterale della Casa Bianca per non dispiacere ai “padroni” cinesi che non avevano gradito quell’incontro. Così come la Cina ha fatto sentire il suo ruggito alle paurose democrazie perfino nell’assegnazione del premio Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, tanto da indurre una ventina di “coraggiosi” Paesi a disertare la cerimonia per non dispiacere a Pechino.
IL TRAMONTO DELL'OCCIDENTE
Tramonto dell’Occidente e ascesa del Dragone rosso d’oriente. Questo è il titolo del film che sta scorrendo davanti ai nostri occhi. Il peso politico di condizionamento del regime cinese che si dispiegherà da ora in poi (come già sta accadendo in Asia) è facile a immaginarsi. Comincia un’era durissima per le democrazie. Anche perché sono minacciate in casa da un altro nemico, che poi ha favorito e alimentato la crescita del dragone: un potere finanziario selvaggio, anonimo e privo di vere regole e vincoli, favorito da dispositivi finanziari e tecnologie informatiche devastanti, che è capace di puntare a colossali guadagni speculativi mettendo in ginocchio interi stati. Un potere al quale nemmeno la superpotenza americana sa far fronte. Anche perché le classi dirigenti occidentali appaiono prone o impotenti davanti a tali poteri. La corsa ai guadagni speculativi illimitati - che arriva a scommettere sul fallimento di interi stati - ha messo in ginocchio le economie occidentali, anche grazie al cattivo governo o a errori di lunga durata delle classi politiche, ma soprattutto ha demolito l’autonomia e la sovranità degli stati e il primato stesso del sistema democratico.
Siamo dunque stritolati da una tenaglia costituita da un lato dai poteri forti della finanza internazionale e della tecnocrazia anonima e dall’altra da un colosso economico e demografico cinese che ha fatto propria la cultura del profitto illimitato pur mantenendo la ferrea dittatura politica del partito comunista (del resto il primato assoluto del fattore economico era già alla base della filosofia marxista). Entrambe queste potenze manifestano un certo disprezzo per la sovranità popolare e per le procedure delle democrazie: lo si è visto con clamorosa evidenza nei giorni scorsi quando, sia le divinità dei “mercati” che il Dragone rosso, hanno espresso irritazione per le “lentezze” delle decisioni dei politici. E disappunto per l’incapacità delle democrazie di agire tempestivamente nel dissanguamento dei cittadini contribuenti.
UNA SECCATURA CHIAMATA DEMOCRAZIA
La democrazia insomma è diventato un inutile intralcio agli interessi di lorsignori, l’ “internazionale del denaro” e la nuova internazionale rossa con gli occhi a mandorla. Possiamo dormire sonni tranquilli? A me pare proprio di no. Del resto - come dicevo - il Dragone rosso è stato alimentato e cresciuto proprio dagli smisurati appetiti del “mercatismo” che ha nutrito e ha fatto ingigantire il colosso cinese con una serie incredibile di “regali” politici e commerciali, infischiandosene totalmente del problema dei diritti umani e sociali e travolgendo ciò che una volta era, per ogni Paese, l’“interesse nazionale”.
L’ingresso di botto (senza tappe e tempi intermedi) della Cina nel Wto, nell’organizzazione del commercio mondiale, l’11 dicembre 2001, è la data simbolo di questa politica. Che si è replicata mille altre volte (basti ricordare l’accettazione della sottovalutazione della moneta cinese o le clausole protettive della Cina nei trattati internazionali, come quello di Kyoto).
La politica cinica e miope dei governi occidentali che, credendosi furbi, hanno chiamato “realpolitik” il cinismo (“pecunia non olet”), in realtà ha scavato la fossa ai propri paesi. Quante volte i Clinton e i Prodi hanno spiegato che la Cina “non è un pericolo, ma un’opportunità”. E quanti capitalisti si eccitavano alla vista di una immensa massa di manodopera a basso costo e senza protezioni sociali e senza problemi di politica ambientale (col miraggio di un mercato di un miliardo e mezzo di persone).
Così al regime cinese - senza costose clausole relative ai diritti sociali e umani - è stato permesso di fare una colossale concorrenza sleale alle economie del mondo democratico. La supercrescita dell’economia cinese oltretutto è una delle cause del grande aumento dei prezzi delle materie prime che è fra le concause della crisi mondiale. I dragoni hanno messo in ginocchio l’industria dell’Occidente, appropriandosi enormi quote di mercato e addirittura comprando i titoli del debito Usa perché i dissennati americani consumassero cinese. Oggi non è l’Occidente che, a rimorchio degli affari, ha contagiato la Cina con la democrazia e i diritti sociali - come teorizzavano i progressisti dell’era Clinton e Prodi - ma al contrario è la Cina che porta l’Occidente verso una restrizione della democrazia e delle garanzie sociali.
LA PROFEZIA DI LENIN
Lenin previde che i capitalisti avrebbero fornito all’Urss la corda con cui impiccarli. In effetti così hanno fatto con la Cina. Ma gli impiccati siamo noi. Oggi vediamo se e quanto avevamo ragione a ostinarci a parlare di comunismo e diritti umani prendendoci per venti anni gli insulti di quei “progressisti” che - trattandoci da dementi - sdottoreggiavano che il comunismo è finito, che attardarsi a parlarne era da fissati, da paranoici, da gentaglia con secondi fini.
È questa cultura “progressista” che ha permesso ai politici occidentali di non fare i conti con la questione della democrazia e dei diritti umani e sociali in Cina. Ora siamo serviti. Una dittatura comunista che per ferocia non è seconda a nessun totalitarismo del XX secolo espande la sua egemonia sul mondo e prende per le orecchie perfino il presidente americano. È bene sapere infatti che il regime comunista cinese è di gran lunga il più sanguinario della storia. Basta mettere in fila gli orrori dei suoi sessant’anni di storia. Le vittime si contano - letteralmente - a centinaia di milioni. Da quelle fatte per la presa del potere (e la repressione) da parte di Mao, nel 1949, a quelle dell’invasione del Tibet (qualcosa assai simile al genocidio), dal mare di vittime del folle “Grande balzo in avanti”, fino allo scatenamento da parte di Mao della farneticante “rivoluzione culturale”, che fu un immane bagno di sangue, fino dall’imposizione della legge sul figlio unico, con l’aborto obbligatorio di massa, dagli anni Ottanta, arrivando al massacro di Piazza Tien-an-men e alle moderne repressioni col sistema dei Laogai o con le condanne a morte di massa.
Per non dire di una politica estera che ha appoggiato i regimi più sanguinari, da quello cambogiano di Pol Pot e coreano di Kim Il-Sung, fino all’appoggio, dato in questi anni, al feroce regime sudanese che ha permesso a Pechino di accedere al petrolio africano. Ora davvero la Cina è vicina. Auguri.
http://www.ecplanet.com/node/2642 Bell'articolo, a parte quando dice che l'America non è più la prima potenza militare (dicono che ci vogliono ancora tra i venti e i cinquant'anni prima che qualsiasi Stato riesca a eguagliare e poi superare l'America in questo campo, Russia, Cina e India compresi) riassume più o meno tutto...