Cosa sapete della slealtà?http://goofynomics.blogspot.it/2012/03/ ... ealta.htmlIl post precedente ha avuto molto successo: si sono complimentati lettori (in pubblico) e colleghi (in privato) e non s’è vista nemmeno l’ombra di un troll (ormai non mi nominano più nemmeno quando sono in fondo alle loro tane, hanno troppa paura di farmi pubblicità. Fabio, Fabiuccio! Stava nascendo un’amicizia! Ma dove sei scomparso? Te l'hanno detto i tuoi amichetti: "non ti ci appiccicare a Bagnai, che quello fa vedere i dati, e poi siamo rovinati!").
Questo successo però, dal mio punto di vista, è solo parziale, perché mi rendo conto di non essere riuscito a far capire a molti una cosa importante.
Permettetemi, da fiorentino, e quindi, vi piaccia o no, da persona etnicamente autorizzata a farlo, di aggiungere una piccola chiosa al vostro vocabolario della lingua italiana, che non è il mio. E no che non lo è, perché nel vostro dizionario esiste una parola che nel mio non esiste: “svalutazionecompetitiva”. Io sfoglio il mio vocabolario, e trovo: “competitivo, agg. 1) che consente di competere; 2) che è animato da spirito di competizione”. Poi vado pazientemente un po’ più giù, e trovo: “svalutazione, s.f., diminuzione del valore o del prezzo di qualcosa”. A questo punto, per cercare di capire quale sia quella che voi vi ostinate a chiamare la “vostra” idea, ma che non è vostra neanche un po’, seguendo l’ordine alfabetico, scendo lungo la pagina, aspettando di trovare subito dopo “svalutazionecompetitiva”. Ma... mistero! Questa parola nei miei dizionari non la trovo. Errore del tipografo? Dopo aver visto tante bibliografie di tesi cominciare dalla lettera Z (quella di Zorro, ovviamente, non quella di Zamagni) per finire con la lettera H (avete presente un’estrazione bernoulliana?), penso: “magari il tipografo è un laureato triennale, quindi potrebbe non avere molta più relazione con l’ordine alfabetico di quanta Webern ne abbia con la tonalità. Fammi dare un’occhiata in giro...”. E allora risalgo, verso “scemenza”... poi riscendo, verso “svilire”... niente... questa parola, che è l’unica che alcuni lettori sanno di economia, “svalutazionecompetitiva”, insomma, sul dizionario non c’è. Più facile far abboccare un salmerino che trovare questa parola che a voi dice molto, direi quasi tutto, e a me, invece, non dice proprio niente.
Come la mettiamo?
Vi faccio una domanda.
Cosa sapete voi della slealtà?La Fig. 1 mostra la variazione del debito pubblico nei paesi dell’Eurozona dal 2000 al 2005. E visto che vengo esortato al buonismo, ve lo commenterò non con il mio solito empito omerico (nel senso, beninteso, di Homer Simpson), ma mi “flanderizzerò” (conoscerete Ned Flanders, no? Non ditemi che state tutto il giorno a leggere i Vangeli gnostici in edizione anastatica con apparato critico in tedesco, come Marco Basilisco). Così il buonismo è assicurato.
“Sorpresa sorpresina! Cosa succede? Vuoi forse dirmi che dal 2000 al 2005 i paesi virtuosi, quelli dell’asse (di equilibrio) franco-tedesco hanno aumentato il loro debito pubblico, mentre i porci porcellini lo stavano diminuendo? Cosa? Il Portogallo? Ma amico, guarda la tabella tabellina che segue, tesoro caro.”
"Vedi, il Portogallo sì, ha avuto una performance non ottima, ha aumentato il suo debito debitino di 14 punti di Pil, ma lui all’inizio era ben dentro i parametri di Maastricht: il suo debito debitino era al 48.5% all’inizio del periodo, per trovarsi poi al 62.8% nel 2005, cioè quasi sei punti sotto i primi primini della classe, i nostri amici diversamente europei”.
Alla televisione francese, che è molto interessante, ho visto come si preparano le meduse per farci l’insalata (in Tailandia pare vada molto). E ho pensato: guarda un po’, è esattamente quello che hanno fatto col cervello di certi italiani.
Ma io ci riprovo. Lo volete capire sì o no quello che è successo? Guardate, a titolo di esempio, il tracciato del debito italiano e tedesco nel periodo in questione:

Cosa vedete? Ditelo con parole vostre. No, anzi, meglio non fidarsi di persone dal vocabolario così strano. Ve lo dico io con le parole dei dati.
Mentre il debito pubblico italiano è avviato su una traiettoria di risanamento (debole, imperfetta, non vigorosa, quello che volete, ma di risanamento, e c'era Belzebù al governo), il debito alamanno cosa fa? Prima staziona, poi decolla dal 2003. E cosa è successo nel 2003? Le famose riforme del mercato del lavoro, o sbaglio? Sapete, io non me ne intendo, non sono un economista del lavoro, sono solo un umile macroeconomista (come dico ai miei colleghi francesi, un “maquereau économiste”, e chi ha orecchie per intendere intenda. Del resto, ci pagano poco...).
E allora non ditemi di andare a leggere l’infinita aneddotica di queste belle riforme, i perché e i percome, quante ore, quanti soldi, quanti contratti. Quello lo fanno gli economisti del lavoro o i giuslavoristi. Io, da macroeconomista, registro solo:
1) che l’aumento del debito è il risultato di un aumento del deficit pubblico tedesco di quasi 5 punti di Pil nel periodo in questione (da un surplus di 1.3 nel 2000 a un deficit di -3.4 nel 2005), partendo da una situazione nella quale la Germania era già sul filo del parametro di Maastricht in termini di debito pubblico (60.2%);
2) che questo aumento è dovuto a maggiori spese (da 923 a 1043 miliardi di euro), non a minori entrate (passate da 946 a 969 miliardi);
3) che queste maggiori spese per circa 120 miliardi sono spiegate per più di due terzi da sostegno all’economia attraverso sussidi alle imprese e politiche “attive” del mercato del lavoro (per circa 90 miliardi complessivi), mentre, ad esempio, le spese per l’istruzione sono aumentate di 8 miliardi e quelle per l’edilizia popolare di 3 miliardi.
E allora? E allora secondo me, e credo anche secondo i dati (ma aspetto riverente le smentite degli esperti) è successo questo: che
la Germania, mentre predicava il rigore fiscale agli altri, praticava una svalutazione reale attraverso un massiccio programma di sussidi diretti e indiretti al proprio sistema produttivo, via una riforma del lavoro che, come dire, se da un lato “flessibilizzava”, dall’altro doveva “sicurizzare” i poveracci che perdevano il post (sì, la famosa flexicurity, sapete, quella cosa tanto moderna...). In pratica, lo Stato tedesco ha sussidiato l'abbassamento dei costi di produzione del sistema produttivo nazionale, facendosi carico delle varie "mancette" da elargire alle vittime delle riforme Hartz.Del resto, lo avevamo visto che nell'età dell'euro l'economia tedesca era sostenuta dai consumi collettivi, mentre quelli privati e gli investimenti calavano, e il tutto era evidentemente funzionale a uno sbilanciamento della crescita verso la domanda estera, le esportazioni. Capite?
E questo è stato fatto mentre si impediva agli altri di fare altrettanto, abbaiando ogni volta che qualcuno sforava quei parametri in termini di deficit (3% del Pil) che il governo tedesco è stato il primo a sforare.Certo che poi, dopo il 2005, le finanze tedesche sono migliorate! Ci mancherebbe! Una volta che con sussidi slealmente competitivi hai messo la tua economia su un sentiero di crescita export led (guidato dalle esportazioni) vedi che poi le cose vanno (forse) a posto. Lo diceva Domar: il problema del debito pubblico è un problema di crescita del reddito nazionale. Piccolo inconveniente: quando tutto stava andando a posto (per lei) sulle finanze della Germania, fragilizzate da questa strategia spregiudicata e sleale, si è abbattuta la crisi finanziaria, e quindi, come abbiamo ricordato, son sorte delle piccole spesucce extra per salvare qualche banca banchina...
E ora come la mettiamo? Male per lei, e male per noi. Ma voi volete ora cancellare la parola svalutazionecompetitiva dal vostro vocabolario, e volete capire che la competizione sleale non si annida nel mercato valutario, che è quello che avete in mente quando pronunciate questa inesistente parola, ma in meccanismi ben altrimenti efficaci? Volete capirlo che la famosa “svalutazione della liretta”, finché era possibile, era un semplice meccanismo difensivo contro aggressioni di questa natura? Si fa presto ad estasiarsi per il meraviglioso Stato sociale del Nord. Quando poi si va a vedere chi paga, si scopre che magari paghiamo noi. Certo, non è tutto qui. Ci sono le differenze culturali, sociali, antropologiche. Bene: se siamo così diversi, forse meglio che ognuno stia a casa sua, no? Io a casa mia ci sto ma di molto bene...
In testa non vi ci entra proprio, vero? Be’, ricordatevi del trotzkista... (che è appena passato a salutarmi: è molto fiero di essere parte di questa bella comunità).