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MessaggioInviato: 31/05/2013, 01:10 
Quello che posto è solo un ESTRATTO.......

Tratto da:

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• GUIDARE IL PAESE FUORI DALLA CATASTROFE ECONOMICA DELL'EUROZONA
• RECUPERARE LA SOVRANITÀ MONETARIA E PARLAMENTARE
• SALVARE NELL'IMMEDIATO LE IMPRESE E L'OCCUPAZIONE
• PROGRAMMA ME-MMT DI SALVEZZA ECONOMICA PER IL PAESE


Estensori:

dott. Warren Mosler - macroeconomista - Stati Uniti
prof. Mathew Forstater - macroeconomista - Stati Uniti
prof. Alain Parguez - macroeconomista - Francia
Paolo Barnard - giornalista - Italia


Fonte:
http://paolobarnard.info/docs/programma_memmt_orig.pdf

Cliccare per ingrandire....

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Continua>>>
http://paolobarnard.info/docs/programma_memmt_orig.pdf



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 11/06/2013, 18:00 
Roma, 11 giu. (TMNews) - Occhi puntati su Karlsruhe dove oggi la Corte Costituzionale tedesca si riunisce per esaminare alcuni ricorsi sulla legittimità dello scudo anti-spread della Banca Centrale Europea e, in particolare, sul piano di acquisti di titoli di paesi in difficoltà, criticato dalla Bundesbank. Anche se la crisi dell'euro sembra essersi placata a breve termine, l'inquietudine dei mercati riguarda le eventuali restrizioni che la corte di Karlsruhe potrebbe imporre ai meccanismi di salvataggio o all'azione complessiva della Bce. Eventuali decisioni non sono attese comunque prima di settembre, probabilmente dopo le elezioni legislative. Oggi, primo di due giorni di udienza davanti agli otto saggi della Corte, saranno tre tedeschi a prendere la parola Weidmann. Il primo, Joerg Asmussen è stato inviato da Mario Draghi a difendere la politica della Bce; si troverà di fronte il suo ex compagno di studi, ora numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann; a latere, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Ieri, un sondaggio sul quotidiano Handelsblatt, ha rivelato che la maggioranza dei tedeschi, il 48%, vorrebbe che la corte di Karlsruhe ponesse dei paletti alla politica della Bce, mentre solo il 31% considera sbagliate le ragioni dei ricorrenti

http://www.wallstreetitalia.com/article ... pread.aspx

...speriamo in un colpo a questa europa esclusivamente a ragione finaziaria e contro i popoli,anke se ritengo che nulla avverra' x ostacolare i burocrati di un europa servile alla grande finanza........[:(!]


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MessaggioInviato: 12/06/2013, 19:26 
"Europa salva solo se Germania lascia l'euro"

E' l'opinione di Alberto Bagnai. Il politologo Edward Luttwak: "moneta unica
letale, Italia se ne vada"
. Ma fra euforia da "nuovo marco" e panico da "liretta" è
piuttosto evidente cosa convenga scegliere.


http://www.wallstreetitalia.com/article ... -euro.aspx

ROMA (WSI) - Il 15 giugno prossimo verrà presentato a Parigi il "Manifesto di Solidarietà Europea", una proposta di segmentazione controllata dell’Eurozona a partire dall’uscita dei paesi più competitivi, come strategia per evitare il collasso economico e politico dell’Ue.

La proposta non è originale: già nell’ottobre 2010 il premio Nobel Joseph Stiglitz aveva dichiarato al Sunday Telegraph che se la Germania non avesse abbandonato l’euro, si rischiava che i governi dell’Eurozona scegliessero la strada dell’austerità, trascinando il continente in una nuova recessione.

Così è stato. L’idea di Stiglitz è stata approfondita e fatta propria da un gruppo di economisti europei con percorsi accademici e politici disparati: dai conservatori Hans-Olaf Henkel (ex-presidente della Confindustria tedesca) e Stefan Kawalec (già sostenitore di Solidarnosc ed ex-viceministro delle Finanze in Polonia), ai progressisti Jacques Sapir (economista legato al Front de Gauche francese) e Juan Francisco Martin Seco (membro del comitato scientifico di Attac in Spagna). Anche in Italia l’adesione è stata trasversale: da Claudio Borghi Aquilini (editorialista del Giornale, già manager di Deutsche Bank Italia), al sottoscritto.

La scelta della Germania

Si realizza così quanto scrivevo il 29 novembre 2011 nel mio blog, sostenendo che "l’unica soluzione razionale per la Germania è propugnare un’uscita selettiva o generalizzata". Il partito euroscettico tedesco (Alternative für Deutschland) era ancora di là da venire, ma che si sarebbe andati a parare lì era chiaro per due motivi.

Il primo è che la crisi europea trae origine dalle rigidità proprie alla moneta unica. L’euro ha falsato il mercato (portando all’accumulo di ingenti crediti/debiti esteri), e ingessato le economie (impedendo alle più deboli di reagire con una fisiologica svalutazione allo choc determinato dalla crisi americana). Il ripristino di un rapporto di cambio meno artificiale fra Nord e Sud è quindi uno snodo necessario, anche se certo non sufficiente, nel percorso di soluzione della crisi.

Il fascino del marco

Il secondo motivo, politico, è che l’equilibrio dell’Eurozona si regge su due menzogne: quella dei politici del Sud ("l’euro vi proteggerà"), e quella dei politici del Nord ("la crisi è colpa dei Pigs"). Che l’euro non ci abbia protetto è chiaro. Lo è anche il fatto che dell’origine e dell’aggravarsi della crisi è corresponsabile l’attuale leadership tedesca.

Ma mentre i nostri politici non possono ora venirci a dire che l’euro è stato un errore, ai politici del Nord è più facile scaricare sui paesi del Sud la colpa e propugnare come soluzione l’abbandono dell’euro. Lo sganciamento dall’Eurozona, vissuto al Sud come una sconfitta, al Nord sarebbe visto come il riappropriarsi di un simbolo vincente di identità nazionale (il marco).

L’obiezione secondo la quale avendo la Germania beneficiato dall’euro, non vorrà abbandonarlo, è inconsistente.

Certo, l’euro, impedendo alla Germania di rivalutare, le ha attribuito un’i ndebita competitività di prezzo: lo ricorda perfino il Fondo monetario internazionale (Fmi). Ma in economia non ci sono pasti gratis: nel momento stesso in cui l’euro rendeva convenienti per il Sud i beni del Nord, esso poneva le basi per il crollo finanziario del Sud, che ora è in caduta libera e non può più sostenere con la propria domanda l’economia tedesca.

La conseguenza è una forte sofferenza di quest’ultima, le cui prospettive di crescita per il 2013 sono state recentemente dimezzate dal Fmi. La rinuncia al vantaggio in termini di prezzo sarebbe quindi per la Germania una manifestazione di solidarietà (consentirebbe il rilancio delle economie del Sud), ma soprattutto di razionalità.

L’uscita sarebbe anche meno costosa dell’unione fiscale: il "costo del federalismo" – ovvero l’ammontare dei trasferimenti da Nord a Sud necessari per ripristinare una situazione equilibrata senza ricorrere alla leva del cambio – è stato stimato da Jacques Sapir in quasi il 10 per cento del Pil per un paese come la Germania. Trasferimenti di questa entità sono politicamente improponibili.

Se una segmentazione dell’euro è necessaria, è più razionale realizzarla lasciando che nella transizione le economie più deboli godano della relativa stabilità della moneta unica: fra euforia da "nuovo marco" e panico da "liretta" è piuttosto evidente cosa convenga scegliere. Non si tratta però di una proposta di euro a due velocità. Il Manifesto considera la possibilità di ulteriori segmentazioni, fino a un eventuale ritorno alle valute nazionali.

Un percorso non facile, ma necessario, e comunque più gestibile se realizzato in modo ordinato, con il progressivo distacco dei paesi più competitivi.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.


Copyright © Il Fatto Quotidiano. All rights reserved

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Di Vittorio Macioce

ROMA (WSI) - «Di euro si muore». Edward Luttwak scandisce questo motto così, con l'aria di chi forse sta un po' esagerando, ma neppure tanto. Perché l'Italia si trova a un bivio: pagare il conto salato per una scelta azzardata o continuare una «non vita da zombie» nel segno di un'austerity senza fine. Non è una profezia. Non è neppure un'opinione. È questione di logica, di numeri ed è ciò che pretende l'Europa.

L'economista di Arad a volte è spietato, ma se lo fa è perché non crede nelle illusioni. Non ha mai pensato che l'euro fosse la mossa giusta per l'Italia. Siamo finiti, per scelta, nella casella sbagliata. E lui lo dice dal 1996. Scriveva. «Finirà come nel 1940. Allora l'Italia non aveva alcuna convenienza ad entrare in guerra, ma l'istinto del gregge fece sì che Mussolini, che pure l'aveva intuito, facesse questo errore. Si diceva, anche allora, tutte le potenze mondiali entrano nel conflitto, perché noi dobbiamo starne fuori? Siamo forse di serie B? E così l'Italia commise un grande errore».

Luttwak come Cassandra?

«Spero di non fare la stessa fine. Non sono un veggente e non dialogo con gli dei. Forse so leggere la realtà».

Una moneta non è una guerra?

«Sì, ma le conseguenze economiche a volte sono le stesse».

L'Italia è in un vicolo cieco?

«No. Può scegliere».

Cosa?

«Va via dall'euro. Sceglie un'altra moneta. Potrebbe tornare alla lira, ma io consiglio il baht thailandese. Questo significa che i ricchi italiani pagheranno molto di più le vacanze a St. Moritz e una Mercedes costerà un occhio della testa, però vedremo i muri tappezzati di avvisi con scritto: cercasi operaio specializzato. Le aziende italiane tornano a esportare, la Fiat farà 3-4 turni di lavoro, la produzione cresce, la disoccupazione scende e finalmente l'economia italiana torna a vivere. Adesso è praticamente morta».

Sembra facile.

«Non è facile per niente. Perché c'è un prezzo da pagare altissimo. Farà male».

Tipo?

«Le banche falliranno».

C'è già la fila a ritirare i soldi.
«Ho detto che le banche falliranno, come imprese. I correntisti non rischiano. Non perdono i soldi».

L'alternativa?

«Restare nell'euro, con un'economia da morti viventi. Non si uscirà mai dalla crisi. Immagini questa situazione che si protrae per cinquanta, cento anni o per sempre».

Apocalittico.

«Non posso farci nulla. L'Italia ha firmato un patto con l'Europa. Il primo dovere è portare il deficit annuale a zero. Questa è già un'impresa. Significa tasse e tagli insopportabili. Ammettiamo però che ogni italiano accetti di diventare sempre più povero e senza futuro. Tutto questo non basta. L'Italia dovrà ridurre il debito pubblico di 40 miliardi. Sa cosa significa? Equivale a 10 Imu. Non ti riprendi più».

I patti con l'Europa si possono rivedere, cambiare.

«Non c'è dubbio. Ma ai tedeschi non conviene. Non vogliono cambiare nessun parametro. A costo di uscire loro dall'euro. E senza la Germania questo euro non è più l'euro».

O noi o loro?

«Esatto. Vede, ogni nazione deve scegliere razionalmente la propria valuta. I politici hanno caricato di un enorme valore simbolico il fatto di essere membri di un circolo monetario. Ma la zona euro fatta su misura per i paesi del Nord Europa, fosse in un'area monetaria più adatta alla sua economia. Siete come chi vive in un'isola del Mediterraneo e vuole frequentare un club di Amburgo. Il solo andare e venire ti manda in rovina».

Può esserci euro senza Italia?

«Ma all'Italia conviene l'euro? Io penso di no. Tu staresti in un club dove i vantaggi sono pochi e il prezzo non solo è alto, ma rischia di cancellare il tuo futuro? Un individuo che pur di stare in un circolo esclusivo si rovina è uno stupido. Stranamente questa regola sembra non valere per gli Stati, ma il concetto è lo stesso».

Siamo diventati così periferici?

«Per niente. Non è una questione di periferia, ma di interessi. Quelli italiani non sono gli stessi del Nord Europa. L'Inghilterra sta fuori e non è periferica. Ritiene invece che gli affari della Germania sono diversi dai suoi. L'economia italiana è così poco periferica che sta creando guai in tutto il mondo».

Cioè?

«L'Europa e l'Italia in ginocchio per la crisi sono un problema per il Brasile, per la Cina, per gli Stati Uniti. Non conviene a nessuno. Sta saltando un equilibrio. L'Italia morente è un problema geopolitico grave. Da quando l'Italia è in Eurolandia non cresce. È un fatto: scarso lavoro, zero aumento del reddito. Certo, gli italiani possono appiccicarsi la medaglietta dell'euro, ma non esportano più. Se questi politici rispettabili si guardassero in giro e facessero una scelta razionale, cambierebbero subito valuta. I greci avrebbero dovuto farlo subito. Gli spagnoli ancor prima».

Non le piace l'Europa, confessi.

«Non mi piace un'oligarchia che trova normale prendere i soldi dai conti correnti degli individui, di notte, come fanno i ladri».

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Giornale - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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MessaggioInviato: 13/06/2013, 02:28 
[b]Edward Luttwak: l’Italia esca dall’euro o non si riprenderà più[/b]

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http://www.rischiocalcolato.it/2013/06/ ... a-piu.html

Edward Luttwak non è certo l’ultimo arrivato, visto che è uno dei più importanti economisti americani. Oggi ha rilasciato un’intervista a Il Giornale sulla situazione economica italiana. Gli scenari non sono affatto ottimisti per il nostro paese, se la nostra classe politica non deciderà che è arrivato il momento di dire Goodbye Mr. Euro.

Perché uscire dall’euro?

Perché – dice Luttwak – l’euro è letale per la nostra economia, soffocata e con nulle prospettive di crescita: l’euro mette al primo posto il pareggio di bilancio e l’abbattimento del deficit e del debito pubblico. Davanti a questi obiettivi, le uniche politiche possibili sono solo tagli pesanti e pressione fiscale; e non per qualche mese o anno, ma per decenni. In altre parole, con l’euro ci siamo messi un cappio al collo. La nostra è un’economia zombie.

Uscire dall’euro per tornare alla lira?

In effetti, Luttwak non lo ritiene indispensabile. Si potrebbe persino adottare la valuta thailandese. Un mercedes costerebbe un occhio della testa, ma l’economia italiana riprenderebbe a vivere, le esportazioni riesploderebbero e l’occupazione salirebbe. Naturalmente, non senza grandi difficoltà e sacrifici, che dovrebbero essere affrontati se mai si prendesse una simile decisione.

Conseguenze dell’uscita dall’euro.

A parte una inevitabile rivitalizzazione della nostra economia, le banche fallirebbero. E questo potrebbe essere il motivo per cui si vuole salvare l’euro a tutti i costi. Ma il fallimento delle banche – precisa Luttwak – non pregiudicherebbe affatto i conti correnti. I risparmiatori sarebbero comunque al sicuro.

L’euro è importante per l’Italia o l’Italia è importante per l’euro?

Nessuna delle due, dice Luttwak. Gli italiani dovrebbero guardare al loro interesse prima di tutto; come hanno fatto gli inglesi che non sono entrati nell’euro perché hanno ritenuto che i loro interessi non coincidevano con quelli della Germania, che mai sarà disposta a modificare le condizioni di adesione alla moneta unica.

Infine, una bellissima frase che io condivido pienamente. Alla domanda del giornalista sul fatto che a Luttwak proprio non piace l’euro, lo studioso risponde: “Non mi piace un’oligarchia che trova normale prendere i soldi dai conti correnti degli individui, di notte, come fanno i ladri“.

Fonte: Il Giornale



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MessaggioInviato: 13/06/2013, 21:13 
Smantelliamo l'euro

Giulia Innocenzi intervista Alberto Bagnai, professore associato di politica economica all'università di Chieti-Pescara e autore del libro "Il tramonto dell'euro", in occasione dell'incontro con gli imprenditori di Confindustria Vicenza per discutere dei costi e dei benefici della moneta unica.

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=dltZTtras2c[/BBvideo]



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MessaggioInviato: 17/06/2013, 23:39 
Leggetevi questo, che merita davvero............... [:p] [:D]

Esclusiva Analisi: simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO

Ben pochi si sono cimentati in studi numerici affrontando la questione degli scenari economici che ci attendono con e senza Euro.

Tra questi segnaliamo lo studio Game theory and euro breakup risk premium – Cause and Effect di Bank of America e Merrill Lynch e L’impact d’une sortie de l’Euro sur l’économie française di Jacques Sapir. I risultati sono simili, e prevedono chiaramente che in uno scenario di ritorno non traumatico alle valute nazionali, i paesi periferici (in primis l’Italia) avrebbero decisi vantaggi, mentre le nazioni centrali (in primis la Germania) avrebbero decisi svantaggi da tale processo. Il gioco delle variabili economiche sarebbe esattemente l’opposto di quello visto negli ultimi 10 anni.

CONTINUA>>>
http://www.rischiocalcolato.it/2013/06/ ... uro-3.html



Domanda: ma perchè queste cose NON le dicono in tv? [:o)]



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MessaggioInviato: 14/07/2013, 18:48 
Uno SPETTACOLARE intervento di Grillo.......
Questo sì che si chiama PARLARE!!!! [:D] [:255] [:261]

ROMA - "Il pellegrinaggio ossequioso, subito dopo il loro insediamento, dei nostri primi ministri, come Rigor Montis e Capitan Findus Letta, presso la Merkel (e persino del voglioso ebetino di Firenze, che non vanta alcuna credenziale se non quella di aver vinto alla Ruota della Fortuna) ricordano la ricerca della benedizione papale dei grandi feudatari del medio evo. In ginocchio, baciando il sacro anello. "Gott mit uns". Gli interessi economici della Germania e quelli dell'Italia non coincidono più da molto tempo, dal nostro ingresso nell'euro, che in realtà è un marco mascherato. E' necessaria una mediazione, un confronto alla pari, per uscire dall'attuale impasse, non la continua genuflessione dei nostri politici". Lo scrive Beppe Grillo in un post sul suo blog.

"Dopo le elezioni politiche di febbraio - prosegue Grillo - sono stato contattato ufficialmente, con una lettera o una mail seguita da una telefonata, dagli ambasciatori dei principali Paesi. Ho riscontrato da parte loro grande curiosità e interesse per il M5S e forte preoccupazione per il futuro dell'Italia e per l'effetto domino che una crisi del nostro Paese potrebbe comportare. Solo una grande Nazione non ha chiesto un incontro ufficiale: la Germania. Sono convinto che si tratta di una distrazione. Negli incontri ho ribadito, sempre, la necessità per l'Italia di avere una maggiore sovranità per le decisioni in campo economico, militare, monetario. Non credo sfugga a nessuno che l'Italia di oggi assomigli in modo sempre più smaccato a quella del Seicento, del "Franza o Spagna purché se magna". Sostituite la Francia e la Spagna con la Germania e gli Stati Uniti e ci ritroviamo nel XXI° secolo". "Nell'euro, a queste condizioni - scrive ancora il comico genovese - non possiamo più restare se vogliamo mantenere in piedi il nostro sistema produttivo. O si creano gli eurobond, titoli pubblici garantiti dalla BCE, per suddividere il rischio Paese su tutta l'area euro, o si ristruttura il nostro debito pubblico, in sostanza si congela il capitale investito o si rinegoziano gli interessi nel tempo. Entrambe queste ipotesi sono viste dalla Germania, che possiede una gran parte dei nostri titoli pubblici, come l'orticaria, ma tertium non datur, non vedo altre possibilità per rimanere nell'euro. Non possiamo morire per Berlino, né fare la fine della Grecia per accontentare gli interessi tedeschi e le ambizioni dei nostri politici. Primum vivere, con o senza euro".

http://www.ansa.it/web/notizie/postit/s ... 78668.html



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MessaggioInviato: 25/07/2013, 11:11 
Riporto un articolo su cui vorrei riflettessimo insieme

COSA SUCCEDE AD UN'INTERA ECONOMIA PIENA DI DEBITO SE ESCE DALL'EURO ?

Su Rischio Calcolato hanno calcolato il totale di interessi pagati sul debito pubblico dal 1980....3 mila miliardi...
(aggiustando il calcolo per l'inflazione)

Se guardi questi numeri e rifletti un attimo ti rendi conto come un uscita dall'euro "tout-court", oggi che i livelli di debito sono molto alti, sia un macello

1) nel 1992 dopo l'uscita dal Serpente Monetario, che era il precursore dell'euro, si pagò di interessi sui 150 miliardi l'anno per 4 anni sui titoli di stato, che su un PIL di 1300 miliardi di euro (equivalenti convertendo dalle lire) era 150/ 1300 = 12% del PIL ! Solo di interessi sul debito pubblico

2) il PIL di oggi in termini reali è fermo a quello del 2001, sui 1600 miliardi, ma il debito pubblico è salito a 1900 e rotti (i dati sono a fine 2012 e aggiustati per l'inflazione per cui non coincidono con il debito che leggi sui giornali di 2,060 mdl).

Se esci dall'euro e basta dagli 85 miliardi attuali arrivi a pagare di botto 150-160 miliardi di interessi come minimo, diciamo che invece del 4% medio attuale come costo del debito schizzi all'8% circa (guardando quelli che sono i tassi attuali nel mondo di paesi simili tipo Brasile, Russia, Turchia, Sudafrica...). Se poi la FED alzasse i tassi le cose peggiorano, ma assumiamo di no per ora...

Il problema qual è ? A differenza di 20 anni fa in Italia ora le famiglie, le banche e le imprese hanno livelli di debito elevati, specie le famiglie che sono a 6-700 mld e rotti di indebitamento e le banche che sono sui 7-800 mld di debito

Quindi in Italia hai 4,000 miliardi in totale di debito di cui lo stato circa 2,000, famiglie 600, banche 800 e imprese 600. E se esci dall'euro i tassi di interesse, in media, dal 4% attuale per lo stato e 5% per i privati balzano sull'8% probabilmente... Ci sei ancora ?

Fai allora questo conto: se esci dall'euro avrai un conto di circa 160 mld di interessi su un debito pubblico di 2000 mld e in più imprese, famiglie e banche pagheranno un 8% medio (oggi pagano di meno, diciamo sul 5%, ma se esci dall'euro tutti i tassi di interesse salgono...). Stiamo bassi con le stime e usiamo un 8% medio per tutti, privati e stato post-euro (anche se i privati dovrebbero pagare di più). E assumiamo che i tassi nel mondo rimangano bassi come adesso. (Arrotondo un poco tutti i numeri così viene più facile e immediato vederlo)

Quindi a quanto sale il costo di interessi del debito totale ?
8% X 2,000 = 160 miliardi di interessi per il settore privato e banche 8% X 2,000 = 160 miliardi per il settore pubblico

320 miliardi che su un PIL di 1600 miliardi quanto fa ? 20% del PIL in interessi.

Tu dici giustamente che con la lira e la svalutazione che ne segue i debiti peseranno meno perchè l'inflazione li erode ? Sicuro, per questo bisogna uscire dall'euro come strategia, però al momento dello shock che inflazione assumi allora ci sarà in Italia ? Un 7% ? Ok, allora guarda che in regime di libera circolazione dei capitali i tassi di interesse si adattano tutti in un attimo e cercano di stare sopra l'inflazione eh... in questo caso i tassi di interesse possono andare al 10% di colpo e puoi avere un 400 miliardi di interessi, che sono un 25% del PIL... Dici che si compensano un poco perchè c'è chi come le banche presta soldi e ne prende a prestito allo stesso tempo ? Sicuro, ma uscendo dall'euro le banche falliscono quasi tutte "tecnicamente", questo lo sappiamo e vanno ricapitalizzate o nazionalizzate giusto ? I loro 7-800 miliardi di debito in uno scenario di banche tecnicamente fallite e quindi da ristrutturare a quanto schizzano come costo, perlomeno all'inizio ? Avrai un paese che svaluta del -25% la valuta, l'inflazione al 7%, le banche che hanno bilanci enormi da 4mila miliardi e 800 miliardi di loro debito che vanno salvate....Il loro debito può fare degli scherzi se non lo fai sparire subito nella pancia della Banca d'Italia... e mutui a tasso variabile a quanto vanno, al 10%... ?

Cosa sto cercando di dire ? Che fa molta differenza, in peggio, avere un economia piena di debito come abbiamo adesso, rispetto al 1992. Quando ritorni alla tua valuta e i tassi di interesse di colpo raddoppiano il peso del debito totale di famiglie, banche, imprese e stato ti fa andare a fondo

A meno di non bloccare la libera circolazione dei capitali, nazionalizzare le banche e fare ingoiare tonnellate di debito a Banca d'Italia con una politica dura di emergenza stile 1945 o stile Shinzo Abe. Il punto cruciale è che non devi aspettare di uscire dall'euro e puntare su quello come soluzione, l'uscita dall'euro arriva dopo. Nell'immediato basta che il governo italiano smetta di chiedere il permesso di fare qualunque cosa agli altri paesi a Bruxelles e semplicemente tagli le tasse emettendo moneta con un sistema ad esempio simile a quello inventato in maggio per il terremoto in Emilia.

NON C'E' BISOGNO DI USCIRE DALL'EURO PER CREARE MONETA!

E se gli altri in Germania non sono d'accordo ? cosa ti fanno ? peggio per loro...

http://www.comedonchisciotte.org/site// ... &sid=12117


Ultima modifica di Atlanticus81 il 25/07/2013, 11:15, modificato 1 volta in totale.


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Fuori dall’Euro e dall’Ue per i beni comuni

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http://www.nocensura.com/2013/07/fuori- ... -beni.html

PER REALIZZARE UNA VERA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA È NECESSARIO
USCIRE DALLE GABBIE DELL’EURO E DELLA UE


Da oltre trent’anni, nei Paesi occidentali, è in corso un processo di smantellamento dei diritti e dei livelli di vita conquistati dai ceti subalterni nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Nel nostro Paese tale processo ha recentemente subito una drammatica accelerazione. Purtroppo manca ancora una diffusa consapevolezza sulle ragioni della crisi che stiamo vivendo e quindi stenta a prender forma una resistenza popolare adeguata.

Non ci addentriamo qui in una riflessione generale sulla fine del “compromesso fordista-keynesiano” e sul passaggio al capitalismo “neoliberista” e “globalizzato” (tutto ciò è già stato sufficientemente chiarito, almeno nelle linee generali, da una vasta pubblicistica). Ci preme piuttosto sottolineare questo: il compito che sta di fronte a chi oggi voglia difendere i diritti e la democrazia, è quello di individuare gli strumenti concreti con i quali, nei diversi Paesi e nelle diverse situazioni, viene portato avanti l’attacco che stiamo subendo, e di elaborare idee e azioni politiche di contrasto. La nostra convinzione è che, nella specifica realtà dei paesi del sud-Europa, in questa precisa fase, lo strumento fondamentale per tale attacco è rappresentato dal binomio euro/UE, e che ogni seria politica di difesa della democrazia e dei diritti sociali deve assumere come punto ineludibile la fuoriuscita dalla moneta unica e dall’Unione Europea.

Alla base di questa nostra tesi c’è un fatto tecnico, che naturalmente acquista valore politico solo se inserito all’interno di una visione storica un po’ più compiuta e organica di quella che è possibile sviluppare in un breve articolo come questo (per gli approfondimenti rimandiamo al libro che abbiamo dedicato a questo tema: Badiale-Tringali, “La trappola dell’euro”, Asterios 2012).

Il fatto tecnico in questione è molto semplice, e lo spiega bene l’economista indiano Amartya Sen il quale, parlando dell’euro, dice : “Quando tra i diversi paesi hai differenziali di crescita e di produttività, servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo farli, si è dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell’economia, cioè più disoccupazione, la rottura dei sindacati, il taglio dei servizi sociali. Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo.” ( Corriere della Sera, 21 maggio 2013).

In altre parole, l’adozione di una moneta unica fra Paesi che presentano diversi tassi di inflazione, e quindi diversa capacità di competere (perché l’aumento relativo dei prezzi fa diminuire la competitività) ha l’effetto di spingere alla cosiddetta “svalutazione interna”, cioè all’aggressione al mondo del lavoro, al fine di abbassare i salari. Il motivo è semplice: diminuendo i salari e la capacità di spesa della maggioranza della popolazione, si ottiene un raffreddamento dei prezzi, e un conseguente aumento di competitività sull’estero.

Quel che viene spesso taciuto all’opinione pubblica dei Paesi in crisi, come il nostro, è che la bassa inflazione tedesca rispetto alla media dei partner europei, che è la ragione della maggior competitività della Germania, è dovuta, in buona parte, alle politiche di contenimento dei salari messe in opera in quel Paese poco dopo la nascita della moneta unica. Nelle condizioni nuove create dall’adesione all’euro, tali politiche del lavoro assunsero, nei confronti dei partner dell’eurozona, un chiaro stampocompetitivo e non collaborativo: hanno contribuito a indebolire le economie dei Paesi con inflazione più alta (i famigerati PIIGS, fra i quali l’Italia) e, di conseguenza, a far nascere la problematica del debito pubblico, poiché, schiacciandone la competitività, hanno reso credibile la possibilità di un default. Il che ha fatto schizzare in alto il valore del premio necessario per far acquistare i loro titoli di Stato. Ecco spiegati i rialzi dello spread fra i titoli italiani e quelli tedeschi. Ecco spiegato perché la BCE impone ai governi di introdurre maggiore flessibilità nel lavoro, facilità di licenziamento, deroghe ai dirittisanciti dai Contratti Nazionali di Lavoro. Ecco spiegato perché Mario Draghi continua a dire che i Paesi in crisi devono fare le stesse riforme realizzate in Germania dal 2003 in avanti.

Alla luce di tutto ciò possiamo rilevare che le campagne contro la finanza speculativa e per il rifiuto del debito, pur contenendo elementi di verità, possono risultare fuorvianti se non vengono collegate al tema dell’euro: l’Italia non è in crisi a causa del debito pubblico (che è alto, ma non ha scatenato la crisi, che ha colpito duramente anche paesi meno indebitati della Germania!), l’Italia ha un problema di debito estero e di perdita di competitività a causa dell’appartenenza all’euro. Dopo essere stata ingabbiato in un cambio fisso rispetto alle valute dell’Europa centrale, il nostro Paese viene privato della sovranità e costretto al rispetto di rigidi parametri di bilancio che strozzano la spesa pubblica e spingono all’austerity, con l’ovvio risultato di avvitare l’economia nella spirale recessiva senza fine che stiamo sperimentando.

Di conseguenza, come nota Amartya Sen, la “svalutazione interna”, necessaria nelle condizioni create dall’euro, non si limita all’attacco al lavoro, ma diventa aggressione ai diritti sociali in generale, a quel poco che resta di Welfare State, ai diritti, ai beni comuni e alla stessa democrazia. Gli avvenimenti più recenti ne sono testimonianza. Non è casuale la rinnovata campagna per il rafforzamento dei poteri del governo a scapito del Parlamento, e per il presidenzialismo; come non è casuale che all’Italia sia stato recentemente concesso di uscire dalla procedura di infrazione europea sul deficit: ciò è accaduto perché il nostro Paese si è impegnato ufficialmente a dar seguito alle “raccomandazioni” della Commissione, fra cui vi sono l’ulteriore riforma del lavoro e laprivatizzazione dei servizi pubblici locali.

La realtà di cui prendere atto è che euro e UE sono gli strumenti concreti per ottenere i risultati voluti dal ceto dominante: disoccupazione e precariato, azzeramento del potere contrattuale dei lavoratori, spoliazione delle risorse degli enti locali per imporre la privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici. Una volta compreso tutto ciò non si può non immaginare i sorrisi dei ceti dominanti di fronte a chi dice di voler difendere il lavoro e di voler combattere i “piani Marchionne” ormai estesi a tutte le categorie di salariati, ma contemporaneamente non prende nette posizioni contro l’euro e la UE. L’innocuità di simili posizioni è a loro del tutto chiara.

Se vogliamo che smettano di sorridere, e comincino a preoccuparsi per la nascita di forze realmente antagoniste e capaci di far vacillare il loro potere, l’unica strada è quella della lotta contro il sistema politico attuale in tutte le sue ramificazioni e per la difesa della sovranità nazionale e popolare, della partecipazione democratica alle decisioni politiche. E il primo passo da compiere in questo cammino è uscire dalle gabbie dell’euro e della UE.


Marino Badiale e Fabrizio Tringali

Fonte: Main-Stream

Tratto da: http://www.correttainformazione.it/in-p ... ni-comuni/



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Bene... molto bene... [:p]

Cita:
Wolframio ha scritto:


[color=red]L’Euro versa sangue italiano[/color]

Posted by: Rodolfo Monacelli: on 26 luglio 2013 14:13



Intervista a Giuseppe Trucco, autore di una clamorosa iniziativa contro l’Euro

Domenica 21 luglio, un velivolo ha percorso i litoriali di Marche, Romagna e Veneto con uno striscione che recitava uno slogan:L’Euro versa sangue italiano. L’iniziativa voleva ricordare Marco Cacciatore di Meda, un giovane disoccupato di 26 anni che si è suicidato per la disperazione causata dalla crisi economica. Corretta Informazione ha incontrato Giuseppe Trucco, autore dell’iniziativa.

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Vuole raccontare brevemente ai nostri lettori la sua iniziativa?

Volentieri. Ho progettato uno slogan per denunciare quello che l’euro sta facendo all’Italia, attraverso l’aumento inaccettabile della disoccupazione, specie giovanile, ed il fallimento di numerose aziende italiane, che tra le altre cose ha determinato pure un significativo incremento dei suicidi per ragioni economiche, come quello del ragazzo cui è dedicata l’iniziativa, Marco Cacciatore. Questo slogan, che corrisponde anche al titolo del manifesto di denuncia che ho pubblicato sul mio sito, è stato riprodotto su uno striscione, che domenica 21 luglio è volato sulle coste di Marche, Romagna e Veneto.

La crisi economica in cui versa il Paese e più in generale l’Eurozona, è evidente a tutti. Come mai si continua a insistere su temi come il debito pubblico, senza mai mettere in discussione l’Euro?

L’eurozona non versa in crisi tutta quanta, sono solo i paesi che prima di entrare nell’euro avevano monete più deboli del marco tedesco, a essere oggi in crisi strutturale, la Germania al massimo ha una leggera recessione passeggera, ma in realtà ha tratto grande beneficio dall’adozione della moneta unica (in ogni campo dove c’è qualcuno che perde, c’è qualcun’altro che ci guadagna, nell’eurozona sono i paesi del Nord, escluse Francia ed Irlanda). Il problema è proprio questo, che dall’eurozona c’è chi ha da guadagnare, e chi fa gli interessi di chi ha da guadagnare (consapevolemente o meno) deve trovare dei capri espiatori cui addebitare la colpa della crisi. Il debito pubblico, la corruzione, la criminalità, l’evasione fiscale, l’assistenzialismo, eccetera, riescono molto bene a fare da capri espiatori, perché (quasi) nessuno può dire che essi non siano dei mali (e anche il debito pubblico non è poi così irrilevante, se è espresso in una valuta straniera, come per noi l’euro). I più attenti tuttavia dovrebbero osservare che nonostante tutti questi mali, che esistevano alla stessa maniera di oggi anche negli anni ’90, in Italia le cose andavano abbastanza bene, mentre oggi vanno malissimo. Qual è la principale differenza tra oggi ed allora, tra l’epoca dell’euro e l’epoca della lira, che può spiegare la differenza? Fatta questa domanda retorica, ci tengo però a precisare che non sto dicendo che tutti gli altri problemi italiani non siano a loro volta meritevoli di essere affrontati.

Come valuta la posizione dei partiti di sinistra, il PDin particolare? Cioè di quei partiti che, teoricamente, dovrebbero difendere le classi sociali più colpite dalla crisi economica derivante dall’euro?

Io credo che i partiti di sinistra in generale, e il PD in particolare, stiano facendo un ottimo lavoro. Il problema è che loro stanno lavorando per interessi stranieri, stanno facendo i cani da guardia dell’alta finanza, delle multinazionali e dei paesi del Nord Europa. Il prossimo leader del PD sta lavorando alacremente già ora per stringere legamicon quelli, tra questo alleati, che ancora non ha dalla sua parte. Le vittime di questo conflitto di interesse con l’Italia sono soprattutto le fasce più deboli della popolazione. Per questa ragione, la frase “partiti di sinistra, il PD in particolare” a me suona come un ossimoro. La sinistra italiana è la principale responsabile dell’introduzione della moneta unica in Italia, una scelta che alcuni loro esponenti forse hanno fatto in buona fede, ma molti altri no.

Nell’articolo apparso su “Trucco Finanza” lei afferma che occorre uscire dall’Unione monetaria, ma non dall’Europa. Non ritiene, però, che per ottenere una reale sovranità, economica e politica, sia necessario mettere in discussione il il mercato unico dei beni e dei capitali, cioè il liberoscambismo?

Credo che questo potrebbe essere necessario se il ritorno della lira, da solo, non fosse già di per se sufficiente (e secondo me lo sarebbe), a riportare il saldo della bilancia commerciale italiana in attivo, come era negli anni prima dell’euro (ma dopo lo SME). A quel punto sarebbero le altre nazioni a dover temere un eccesso di importazioni dall’Italia, non noi da loro (se nel frattempo non sia stato smantellato del tutto il nostro tessuto industrale ovviamente). In caso contrario l’adozione di politiche che Bagnai ha denominato “external compact” potrebbero rendersi necessarie.

Ha in mente altre iniziative? Eventualmente quali?

Per adesso voglio vedere dove porterà questa, poi vedremo. Lo striscione dell’anno scorso (lì però avevo commesso molti errori) ha portato a risultati trascurabili, e mi ha tolto la voglia di ripetere lo sforzo per 11 mesi! Il problema è che la maggior parte delle idee che mi vengono alla mente costano molto denaro, e le donazioni che posso raccogliere sono poca cosa rispetto al fabbisogno, quindi devo sforzarmi di essere molto creativo e inventare iniziative ancora più low-cost e ancora più “virali” se voglio procedere su questo sentiero, oppure dovrei avere la fortuna di trovare dei mecenati o degli sponsor commerciali al limite, cosa che al momento sembra impossibile. Ma non voglio necessariamente guidare io delle iniziative, se ci sono iniziative altrui che io possa appoggiare ne sarò ben lieto. Per una iniziativa come la mia fatta da altri credo che io avrei simpatia e vorrei sostenerla! Il problema è che poi i media mainstream generalmente non lasciano trapelare queste iniziative presso l’opinione pubblica, quindi si ottiene poco. Ma non bisogna arrendersi, altrimenti si è già perso.

Come valuta le recenti posizioni di Beppe Grillo sull’uscita dall’Euro e ritiene che il M5S abbia finalmente preso una chiara posizione per l’uscita dell’Italia dall’Eurozona?

Le valuto con molta diffidenza e non credo si possano trarre conclusioni, ma se diventano sovranisti anche loro mi vado a tesserare! Sul sito di Grillo appaiono articoli di economia senza firma, con contenuti a volte diametralmente opposti. Chiaramente sono di autori diversi, e questo significa che dentro il Movimento non esiste una “linea editoriale” univoca in materia monetaria. Non giovano alla causa gli atteggiamenti apertamente critici di persone come Barnard e Bagnai
(quando non battibeccano tra loro due) verso il Movimento e i suoi vertici. Ecco una cosa che mi demoralizza molto è pensare che questi personaggi si dimentichino a volte della responsabilità che hanno quando remano contro le possibili alleanze con dei partiti che un domani ci possano portare fuori dall’euro. Non ci si può auspicare che il M5S rimpiazzi Gallegati (e la sua utopistica decrescita felice) col professor Bagnai, come economista di riferimento, se Bagnai a volte ci va giù così duramente contro il M5S. E siccome il M5S per ora è la nostra unica speranza, nonostante io non mi voglia illudere troppo sulle ultime aperture, io come sovranista cercherei di tenermelo buono. Io per uscire dall’euro e fermare questo bagno di sangue farei patti anche col diavolo!

Grazie per il tempo che ci ha concesso e auguri per le sue future iniziative

Grazie a voi per l’opportunità di esprimere la mia visione.

Intervista a cura di Rodolfo Monacelli

[align=right]Source: L'Euro versa sangue italiano - Corretta Informazione [/align]



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La Gabbia, è questo il titolo del nuovo programma condotto da Gianluigi Paragone, fresco di passaggio a La7. Il giornalista e conduttore televisivo, dopo i tre anni in Rai, alla guida de L’ultima parola, in onda sulla seconda rete della tv di stato, ha deciso di traslocare nella televisione di Urbano Cairo. La Gabbia debutterà a settembre, tutti i mercoledì in prima serata.
In rete è già stato diffuso il promo del programma. “Ti hanno promesso la libertà, ti hanno parlato di Europa dei diritti e di prosperità e invece il potere politico e il potere finanziario ci hanno rinchiusi in una gabbia. A settembre la rompiamo insieme“. Con queste parole Paragone pubblicizza il suo nuovo format, un programma giovane e moderno, dal punto di vita dei contenuti e della struttura. Ci saranno ospiti e opinionisti, che interveranno stando in piedi. Il look del conduttore, inoltre, camicia, chitarra e orecchino, molto probabilmente rimerrà quello de L’ultima parola.

<h4>“Parlerò soprattutto di quello di cui in Rai non volevano che parlassi. Basta vedere da dove vengono i vertici Rai per capire che era difficile parlar male delle banche o fare un programma antieuro“, aveva dichiarato all’Ansa qualche tempo fa. “Non voglio far polemiche, l’importante è aver trovato un editore che è in grado di riconoscere un prodotto nuovo”, aveva sottolineato il giornalista.
Paragone ha deciso di abbandonare la Rai, perchè non gli era più consentito di trattare certi argomenti, quelli politico-finanziari legati alle banche, tanto per fare un esempio</h4>. Dopo Salvo Sottile, dimissionario Mediaset, anche l’ex di Rai 2, è pronto ad esordire sulla rete di Cairo, insieme a tanti grandi rappresentanti del giornalismo italiano. Tra gli altri, Santoro, Formigli, Bignardi.


http://www.televisionando.it/articolo/l ... bre/92131/

noi continuiamo a pagare il canone,mentre la liberta'd'informazione va a farsi benedire,questo e' regime,se alcune tematiche non possono essere affrontate [:(!]


Ultima modifica di ubatuba il 07/08/2013, 19:54, modificato 1 volta in totale.

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ubatuba ha scritto:


La Gabbia, è questo il titolo del nuovo programma condotto da Gianluigi Paragone, fresco di passaggio a La7. Il giornalista e conduttore televisivo, dopo i tre anni in Rai, alla guida de L’ultima parola, in onda sulla seconda rete della tv di stato, ha deciso di traslocare nella televisione di Urbano Cairo. La Gabbia debutterà a settembre, tutti i mercoledì in prima serata.
In rete è già stato diffuso il promo del programma. “Ti hanno promesso la libertà, ti hanno parlato di Europa dei diritti e di prosperità e invece il potere politico e il potere finanziario ci hanno rinchiusi in una gabbia. A settembre la rompiamo insieme“. Con queste parole Paragone pubblicizza il suo nuovo format, un programma giovane e moderno, dal punto di vita dei contenuti e della struttura. Ci saranno ospiti e opinionisti, che interveranno stando in piedi. Il look del conduttore, inoltre, camicia, chitarra e orecchino, molto probabilmente rimerrà quello de L’ultima parola.

<h4>“Parlerò soprattutto di quello di cui in Rai non volevano che parlassi. Basta vedere da dove vengono i vertici Rai per capire che era difficile parlar male delle banche o fare un programma antieuro“, aveva dichiarato all’Ansa qualche tempo fa. “Non voglio far polemiche, l’importante è aver trovato un editore che è in grado di riconoscere un prodotto nuovo”, aveva sottolineato il giornalista.
Paragone ha deciso di abbandonare la Rai, perchè non gli era più consentito di trattare certi argomenti, quelli politico-finanziari legati alle banche, tanto per fare un esempio</h4>. Dopo Salvo Sottile, dimissionario Mediaset, anche l’ex di Rai 2, è pronto ad esordire sulla rete di Cairo, insieme a tanti grandi rappresentanti del giornalismo italiano. Tra gli altri, Santoro, Formigli, Bignardi.


http://www.televisionando.it/articolo/l ... bre/92131/

noi continuiamo a pagare il canone,mentre la liberta'd'informazione va a farsi benedire,questo e' regime,se alcune tematiche non possono essere affrontate [:(!]


[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=agpslAm9Rw4[/BBvideo]



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meglio insistere con queste informazioni,nella speranza che qualkuno apra gli occhi.....................[;)]


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