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MessaggioInviato: 01/11/2013, 12:07 
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starseed ha scritto:

Non so esattamente dove inserire questo video. In effetti parla di tutto! Qui dovrebbe andare dateci un occhiata sono solo 5min. [;)] Buona visione!

http://www.youtube.com/watch?v=jWvo1Vl3yLc


Possiamo spostarci qui [;)]
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=15432



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 05/11/2013, 23:49 
Alla ricerca dello Shamir

I racconti talmudici e la tradizione midrashidica ci ricordano che

"...Il dèmone Asmodeo il quale conosce l’ubicazione di tutti i tesori nascosti, fu costretto a rivelare al re (Salomone) che Dio aveva consegnato lo Shamìr a Rahav, l'Angelo (o il Principe) del Mare, il quale non lo affidava mai a nessuno se non, raramente e solo a fin di bene, al gallo selvatico, il quale viveva lontano, ai piedi di montagne mai esplorate dall'uomo. Questi se ne serviva per "forestare" intere colline nude e pietrose, producendovi - per mezzo dello Shamìr - innumerevoli forellini, nei quali poi piantava semi di varie piante e di alberi. Ciò veniva fatto nell'imminenza della migrazione di gruppi tribali divenuti troppo numerosi, che più tardi, arrivando sul posto, avrebbero trovato un ambiente vivibile..."

A fronte di questo sappiamo che migliaia di buche delle dimensioni di un uomo sono state scavate nella nuda roccia vicino a Valle Pisco, Perù, su una pianura chiamata Cajamarquilla. Questi strani buchi (pare 6900), si estendono per circa 1450 mt in una banda larga approssimativamente 20 mt di terreno montuoso e irregolare e sono stati qui da così tanto tempo che le persone non hanno idea di chi li ha fatti e perché. Strano e divertente e il fatto che nessuno ha visto l’ immagine nella sua interezza, finché la superficie forata non è stata vista dal cielo.

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In alcune sezioni ci sono buchi fatti con perfetta precisione, alcuni allineamenti funzionano in curva ad arco, in alcune linee sono senza ordine alcuno. Variano nella profondità, da circa 6-7 metri a quelli che sembrano solo accennati.A tutt’oggi, nessuno ha idea del perché sono qui, chi li fece e che cosa avessero significato.

Erich von Däniken (il noto scrittore svizzero fautore della teoria del paleocontatto) studiò i fori, trovando conferme sulla loro esistenza, prima di visitarli di persona, su di un vecchio National Geographic del 1933. Naturalmente ipotizzò tracce di raggi laser, prove di perforazione per la ricerca di metalli misteriosi ed interventi extraterrestri nelle realizzazione di questa striscia di fori che avanza per centinaia di metri per poi scomparire nel nebbioso Perù andino.

Queste buche possono rappresentare la prova dell’utilizzo del prodigioso strumento chiamato Shamir in un tempo indefinito. Alcuni indizi ci permetteranno di tentare di seguire il percorso seguito da questo incredibile manufatto tecnologico la cui origine si perde nella notte dei tempi, durante l’era in cui la terra era governata dagli “dei”.

Presso il porto di Pisco c’è la selvaggia penisola di Paracas, nella provincia di Ica, luogo di grandissimo interesse naturalistico ed archeologico, a sole due ore di auto dalle famose “Linee di Nazca”. Tutta la penisola fa parte del parco naturale della Reserva Nacional de Paracas. Qui, fra i fenicotteri e i pellicani, i pinguini peruviani e le rumorose (e non proprio profumate) colonie di leoni marini, sorge uno dei più enigmatici manufatti che ci siano pervenuti dal passato: il cosiddetto “Candelabro” (o “Tridente”, in virtù della sua forma… capiremo successivamente il perché di questa puntualizzazione).

Giovanni Pelosini ci descrive con dovizia di particolari lo spettacolare e misterioso manufatto. Si tratta di un gigantesco bassorilievo evidenziato sull’arido pendio di una grande collina sabbiosa che finisce ripida sulla scogliera settentrionale della penisola, ottenuto asportando lo strato più superficiale del terreno per 50-60 centimetri.

Imbarcandosi verso le aride isole Ballestas si può osservare il geoglifo dall’oceano in un’atmosfera davvero surreale; dal mare il Candelabro appare in tutta la sua imponenza: 183 metri di altezza, più di 100 di larghezza ed un “fossato” centrale largo 5-6 metri. Occorre prima aver percorso la Carretera Panamericana da Lima verso Sud-Est, lungo la costa peruviana con la Cordigliera delle Ande a sinistra e l’Oceano Pacifico a destra per circa 250 chilometri. In queste zone, a pochi gradi di latitudine dall’Equatore, il clima è caldo ed arido per quasi tutto l’anno, con temperature medie invernali che si aggirano intorno ai 18°C. Il paesaggio appare deserto, eppure ci troviamo nei luoghi, abitati da almeno 5000 anni, che videro fiorire la grande civiltà degli Inca ed altre culture, ancora più antiche e sconosciute.

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Il mistero sull’origine e sullo scopo del manufatto è totale, non essendo chiara neanche la sua antichità. Per molti il manufatto è da porre in relazione con le vicine Linee di Nazca, spesso interpretate come segnali di antichissime “piste di atterraggio” per misteriosi mezzi volanti di origine forse aliena. In tal caso il Candelabro, orientato verso Nord-Ovest, sarebbe servito come indicatore di direzione per i mezzi spaziali.
Altri archeologi preferiscono considerarlo un simbolo antico dei Cabeza Larga, i misteriosi costruttori delle numerose camere funerarie sotterranee della necropoli di Paracas, le cui inquietanti mummie con corredo funebre si sono incredibilmente conservate fino ad oggi grazie al clima straordinariamente secco: in questo caso il Candelabro sarebbe una misteriosa testimonianza delle scomparse e poco conosciute culture sviluppatesi dalla prima metà del III millennio a.C. fino al X secolo della nostra era.

Queste popolazioni praticavano la deformazione e la trapanazione del cranio già migliaia di anni fa, non sappiamo se a scopo religioso o terapeutico, né con quali strumenti.

Per altri ricercatori e studiosi dell’insolito il Candelabro sarebbe solo il simbolo della conquista di quel territorio da parte delle forze armate dello scomparso continente Mu, all’epoca del massimo espansionismo di questo mitico impero, che già tendeva a dominare il mondo circa 17000 anni prima di Cristo. In altri termini si sarebbe trattato di una sorta di emblema militare tracciato per celebrare una vittoria o per segnalare un confine. Per i seguaci delle affermazioni di James Churchward l’attuale Perù sarebbe stato terra di conquista per le armate di Atlantide e di Mu, in guerra per ottenere il predominio del pianeta.

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Superpotenze globali in guerra tra di loro per il controllo del mondo governate da antichi dei. A supporto di questa incredibile ipotesi viene in aiuto la leggenda dei misteriosi visitatori Viracochas; leggenda che apre sempre più affascinanti scenari e contribuisce ad alimentare i misteri della zona.

Come ricordato da Piergiorgio Lepori nel suo articolo “Le Urla del Silenzio” il pantheon degli déi sud amerindi, molto vasto, si arricchisce di una figura in particolare che esula dalla morfologia delle razze pre-colombiane e anche l’alone che circonda questa divinità spicca sui canoni classici di divinizzazione.

Grazie all’opera di alcuni viaggiatori spagnoli, chierici e non, i quali si adoperarono per salvaguardare la cultura, o parte di questa - degli autoctoni contro i trent’anni orribili che seguirono l’arrivo dei conquistadores - siamo venuti a conoscenza di un fatto particolare, raccontato dagli indios stessi. Si narra di una grande civiltà, vissuta migliaia di anni prima degli Incas, fondata dai viracochas, esseri straordinari e misteriosi cui furono attribuite le linee di Nazca. Allora, come oggi, nessuno sembrò farci caso.

La capitale del regno inca era Cuzco e la sua origine leggendaria la voleva fondata da due figli del dio Sole (Inti); accanto ad Inti una divinità, sancta sanctis, era adorata: Viracocha, in inca "spuma di mare".

L’antichità di questo culto è impossibile da stabilire ad oggi, ma analisi effettuate su alcune documentazioni rivelano che il sommo dio Viracocha, preesistente alla cosmogonia incas, fu adorato da tutte le civiltà susseguitesi sul territorio nel corso della lunga storia peruviana.
Una delle peculiarità di Viracocha sta proprio, come abbiamo detto, nei suoi tratti somatici, un europoide a detta di Hancock. Un testo dell’epoca ("Relacion anonima de los costumbres antiquos de los naturales del Piru") lo descrive con fattezze similari a San Bartolomeo. La fisionomia della divinità è stata ricostruita grazie alle testimonianze raccolte sull’osservazione della statua del dio collocata nel Coricancha, l’antico tempio di Cuzco dedicato a Viracocha. Abbigliamento in tunica bianca, sandali, carnagione chiara, lunghi capelli sulle spalle...
Viracocha fu un illuminato che approdò nelle terre amerinde dopo un terribile periodo di caos; egli apparve dal mare (viracocha="spuma di mare") con portamento autoritario e grande carisma. I racconti mitologici del luogo narrano di una dottrina condita di scienza e morale "dando istruzioni agli uomini su come dovevano vivere, parlando con amore e gentilezza... amarsi a vicenda e mostrarsi caritatevoli con tutti..." (Josè de Acosta, South American Mithology).

I nomi con cui fu appellato erano molti: Huaracocha, Con Ticci, Kon Tiki, Tupaca, Taapac, Ticci Viracocha, Illa; insegnante, scultore e guaritore. De Acosta riporta un brano dei racconti precolombiani: "...dovunque passasse guariva tutti i malati e ridava la vista ai ciechi..."
Secondo un’altra leggenda, Viracocha era accompagnato dai messaggeri o "soldati fedeli", "gli illuminati" o "gli Splendenti" (hayhuaypanti); essi avevano il compito di portare il messaggio del loro signore in tutto il mondo.

Sempre Lepori ci ricorda che sul lago Titicaca, nei pressi di Tiahuanaco, Viracocha era conosciuto con il nome di Thunupa e si narra di lui che, ucciso da cospiratori, il suo corpo fu deposto su una barca che misteriosamente, senza correnti, corse sul lago fino a Cochamarca, cozzò contro la riva creando il fiume Desguardero. Il suo santo corpo fu portato dalle acque del fiume fino ad Arica.

Vi è un parallelismo con la storia di Osiride ma non è tutto.

Seppure le due storie presentino diversità palesi, vi sono dei punti comuni fondamentali che accomunano civiltà solo apparentemente diverse tra loro; e infatti entrambi i protagonisti sono civilizzatori, vittime di cospirazione, assaliti e uccisi, chiusi dentro un contenitore o imbarcazione, gettato in acqua, trascinati da corrente e giunti in mare; entrambi sono stati divinizzati.

E poi? E poi sull’isola Suriqui, vicina a Tiahuanaco, i nativi costruiscono imbarcazioni con rami di giunco totora, secondo ciò che insegna la tradizione. Le barche hanno una forma allungata, larghe al centro, strette e a punta alta sia a prora che a poppa. Il giunco viene tenuto stretto da corde intrecciate sapientemente lungo tutta la chiglia e tra i rami di totora. Queste barche sono identiche sia nella forma che nella tecnica di realizzazione a quelle egizie, su cui entrambi popoli hanno trasportato materiale destinato alla realizzazione di opera megalitiche (da Abydo in Egitto alla stessa Tihahuanaco in Perù). Gli indios sostenevano di aver ricevuto i disegni originali dalla "gente di Viracocha".

Hancock prosegue e affronta il mistero della città portuale che noi abbiamo già descritto ne "Il Killer Stellare", dove si sostiene che Tiahuanaco si trovasse sulle rive del lago Titicaca e non 90 metri al di sotto. Altre prove, di un disastro naturale avvenuto sul pianeta intorno a 15.000 anni fa, sono riportate nelle sculture presenti a Tiahuanaco stessa, dove una fauna e un’ittiofauna scomparse da tempo in realtà erano attive in quel periodo.

Nei pressi di Tiahuanaco, come abbiamo già citato in alcuni dei nostri precedenti articoli, abbiamo ulteriori indizi di un possibile uso dello Shamir e delle sue incredibili capacità sfruttate nella lavorazione della pietra: Puma Punku e le sue misteriose pietre, lavorate con una tale maestria e precisione da essere stato impossibile realizzarle con i preistorici strumenti del tempo. Di Puma Punku e dei suoi incredibili resti abbiamo già parlato in alcuni nostri precedenti articoli e principalmente nel n.14 intitolato “I blocchi H di Puma Punku”.

Ora, per meglio capire quali collegamenti ci siano tra le civiltà mesopotamiche e quelle sudamericane, vale la pena riprendere il lavoro di ricerca di Alessandro De Montis. Chi ha seguito negli ultimi anni il lavoro di Alessandro De Montis a riguardo della teoria di Sitchin sa che l'autore si è spesso occupato del contatto tra civiltà sumero-accadica e meso-sudamericana ipotizzata anche nell'ambito del Progetto Atlanticus nel periodo cosiddetto di "Rinascita".

Più volte De Montis tocca questo tema, fornendo approfondite analisi dei reperti archeologici che mostrano i segni di questo contatto, e identificando le divinità sumere Ningishzidda e Ishkur rispettivamente nelle divinità d' oltroceano Quetzalcoatl e Viracocha.

Occasionalmente, sempre De Montis, fa notare che oltre ai soliti Machu Pichu, Titicaca, Teotihuacan e siti di questa importanza, ve ne sono alcuni meno conosciuti che rivelano quanto e forse di più su questo legame tra vecchio e nuovo mondo. Il caso più importante é costituito da un pannello presente nel tempio Inca dedicato al culto del dio solare Inti, che si ritiene essere uno dei nomi tardi di Viracocha.

Ishkur/Yahweh, secondo alcune versioni figlio minore di Enlil, secondo altre figlio di Anum, era uno dei più giovani e bellicosi Anunnaki, il cui dominio comprendeva la zona dell' Anatolia, l' Armenia, e i monti del Tauro. Era rappresentato come un gigante giovane e barbuto, con in mano una scure, e spesso in piedi su un toro simbolo della fazione di suo padre Enlil.

Era spesso accompagnato nei sigilli da fulmini o tridenti.

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Il Nome ISHKUR sembra un nome composto da una particella accadica (ISH da ISHA = Signore) e una sumera (KUR = montagna) e significherebbe "Signore delle Montagne". Questo significato sarebbe ripreso in uno dei suoi epiteti, ILU.KUR.GAL (Signore della grande montagna). Secondo un' altra analisi ISH sarebbe derivante dal termine accadico SHADDU, che significa 'Montagna' e da cui deriva il nome semitico El Shaddai (Signore delle montagne) con cui veniva chiamato Yahweh in epoca Abramitica.

Ishkur é con tutta probabilità il personaggio che é servito come modello per la nascita delle figure di altri dei successivi come Zeus o lo stesso Yahweh. Come Ishkur, anche Zeus veniva raffigurato come un gigante barbuto con in mano dei fulmini. Veniva da una zona montuosa (non tutti forse sanno che il “padre degli dei" non era infatti una divinità greca autoctona) ad est, e il mito che riguarda l' uccisione di suo padre ricorda molto il mito hurrita in cui Ishkur uccide Kumarbi.

Per gli hurriti e gli ittiti era Teshub, e per le popolazioni semite occidentali era Adad. Viene menzionato anche nella Bibbia come Bal-Hadad. Nel regno di Urartu, in Armenia, era Teisheba, e in Siria era chiamato Tahunda. Tutte queste rappresentazioni lo vedono barbuto, con una scure e un tridente in mano.

I suoi attributi e la sua iconografia hanno una sconcertante coincidenza con quelli del peruviano Viracocha, Sitchin infatti sostiene che Viracocha non fosse altro che Ishkur/Yahweh, leader in medioriente di popolazioni kenite particolarmente abili nella lavorazione dei metalli e, guarda caso, anche Viracocha guidava una popolazione abilissima nella lavorazione dei metalli.

In Isaia si lascia intendere l’abbandono da parte di Yahweh del popolo ebraico lasciandolo in balia della sua arroganza:

“… Per un breve momento ti ho abbandonata (Sion)… in un impeto d’ira per un momento ho nascosto il mio volto da te…”

I capitoli 1-5 sono considerati dagli studiosi come una specie di processo che Dio, attraverso la parola del profeta, intenta nei confronti del suo popolo, in particolare nei confronti di Gerusalemme e dei suoi responsabili. In realtà in questi primi cinque capitoli si alternano accuse e condanne a motivi di speranza e di fiducia, anticipando così i contenuti fondamentali della predicazione di Isaia.

“… Dice il Signore: Cielo e terra, fate attenzione a quel che sto per dirvi! Ho cresciuto dei figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Ogni bue riconosce il suo padrone e ogni asino chi gli dà da mangiare: Israele, mio popolo, non comprende, non mi riconosce come suo Signore”. Guai a voi, gente malvagia, popolo carico di peccati, razza di delinquenti, figli corrotti! Avete abbandonato il Signore. Avete ripudiato il santo d’Israele, gli avete girato le spalle. Perché continuate a ribellarvi, ad accumulare punizioni su di voi? La vostra testa è malata, il vostro cuore è completamente marcio. Siete ricoperti di lividi, di ferite aperte che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio. Tutta una piaga dalla testa ai piedi. La vostra terra è devastata, le città incendiate; sotto i vostri occhi gente straniera divora il raccolto dei campi; è tutta una rovina. Rimane soltanto Gerusalemme, assediata e indifesa, come una capanna in una vigna, come una baracca in un campo di cocomeri. Se il Signore, Dio dell’universo, non vi avesse lasciato qualche superstite, avremmo fatto la fine della città di Sodoma, saremmo stati distrutti come la città di Gomorra... Israele, mio popolo, non comprende, non mi riconosce come suo Signore!!!”

Il tema del processo nei confronti del popolo infedele all’Alleanza è molto comune nei profeti di questo periodo (Amos, Osea, Michea…) e di quelli successivi, fino all’esilio (Geremia, Baruc, Lamentazioni…). Dio denuncia le infedeltà del popolo (assieme all’arroganza dei capi) e si prepara ad abbandonare Israele al castigo che gli verrà inflitto prima dagli Assiri e poi dai Babilonesi.

Se prendiamo per valida l’equazione Ishkur=Yahweh=Viracocha le parole di Isaia potrebbero indicare il momento in cui l’Elohim ebraico Yahweh lascia la mesopotamia e Israele per andare in Sudamerica dove verrà ricordato con il nome di Viracocha, lasciando al tempo stesso il suo popolo senza una guida politico-militare e quindi facilmente succube dei popoli confinanti, governati dagli altri Elohim e quindi in vantaggio strategico nei confronti degli israeliti.

E’ ragionevole pensare che in questo viaggio verso il Sudamerica, Yahweh e i suoi fedelissimi si portarono dietro tutta la tecnologia in loro possesso, una tecnologia presumibilmente di origine prediluviana, di cui forse faceva parte anche il famoso Shamir portandolo lontano, ai piedi di montagne mai esplorate dall'uomo, oltre il grande oceano.

Esattamente là dove, secondo i racconti midrashidici e talmudici venne recuperato da Salomone, probabilmente grazie anche alla collaborazione di marinai fenici in possesso di conoscenze precise sull’esistenza di un continente oltre l’Oceano Atlantico. Conoscenze provenienti da documentazioni originarie dalla cultura sumera e precedentemente ancora da civiltà prediluviane.

Mauro Paoletti nel suo articolo “Lo Shamir, il Laser di Mosè” effettua una analisi molto approfondita e dettagliata del prodigioso strumento, partendo dalla pubblicazione del 1995 di Matest Agrest di un volumetto dal titolo "L’antico miracoloso meccanismo Shamir", indicando con tale nome uno strumento usato per tagliare e incidere pietre durissime.

Mi permetto qui di riportare un ampio stralcio del lavoro di Paoletti in quanto lo considero un elemento imprescindibile nella nostra ricerca dello Shamir.

Lo Shamir viene descritto nel Talmud (Pesachim 54°) come un "verme tagliente" e nello Zoar (74 a,b) come un "tarlo metallico divisore". Nel Talmud (Mischna Avot 5/9) si parla di una creatura di origine minerale che gli Ebrei indicano come un "verme", un "tarlo capace di forare i minerali più duri". Nella Bibbia, Geremia 17/1, viene descritto come un "diamante": "il peccato di Giuda è scritto con uno stilo (la penna usata all’epoca per incidere sulle tavolette di cera), e con una punta di diamante".

Quindi una penna di diamante; particolare importante poiché, come vedremo avanti, si prospetta l’uso di un raggio laser ricavato utilizzando proprio un diamante. Questo "verme di diamante" veniva adoperato per tagliare e forare; considerato un "attrezzo divino" veniva affidato raramente agli umani. Se ne conoscevano diverse grandezze, Salomone ne aveva scoperto uno piccolo come un chicco di grano, tutti conosciuti con il nome di "Shamir". Come specificato da Agrest, può essere stato descritto come un insetto a causa dell’errata traduzione della parola latina "insectator": tagliatore. Scambiato quindi con un "tarlo", dal momento che praticava fori come il noto animaletto.

Leggendo i testi lo studioso realizzò che lo Shamir in pratica possedeva tutte le caratteristiche del laser. Il primo antenato del laser fu ideato da T.H. Maiman solo nel 1960. Chi costruì lo Shamir 3.000 anni fa? Da chi e dove Mosè ne entrò in possesso? Secondo le notizie storiche gli Israeliti si trovavano in Egitto dopo che le piramidi erano già state costruite. Agrest, in seguito agli studi condotti sulla Bibbia e su altri testi antichi, si è convinto che Mosè avesse uno strumento capace di generare raggi laser, andato distrutto insieme al secondo tempio di Gerusalemme.

Come infatti testimonierebbe il capitolo 9 del trattato Mishnajot: "(...) quando il tempio fu distrutto, lo Shamir sparì". Sull’origine non terrestre dello strumento vi sono riferimenti chiari. Nel capitolo 5 del trattato Abot, che fa parte del Talmud babilonese, è scritto che lo Shamir fu creato nei sei giorni della creazione del mondo. Sempre nel Talmud, sotah 486, si dice che Mosè portò lo Shamir nel deserto per costruire l’Efod, il pettorale destinato ad Aaron, come stabilito nel patto col Signore cui si fa riferimento nella Bibbia - Esodo 28,9: "prenderai due pietre di onice (durissime) e inciderai su di esse i nomi degli israeliti, seguendo l’arte dell’intagliatore di pietre per l’incisione di un sigillo". Occorre precisare che era proibito scrivere e conservare i nomi degli Israeliti con l’inchiostro, nonché usare qualsiasi attrezzo di ferro per eseguire tali lavori.

Ecco spuntare quindi lo Shamir: "In un primo tempo i nomi erano stati scritti con l’inchiostro, allora fu mostrato loro lo Shamir e furono incisi sulla pietra al posto di quelli scritti con l’inchiostro". (Talmud babilonese Sotah 48,b). Mosè per far ciò istruì due tagliatori di pietra, Bezaleel della tribù di Giuda e Ooliab, figlio di Achisamach, della tribù di Dan. La conferma si trova anche nella Bibbia, Esodo 36,2.

L’Efod continuò a esistere per più di mille anni dopo il tempo di Mosè, milioni di Ebrei ebbero modo di vederlo; come videro certamente i Templi di Gerusalemme costruiti senza usare utensili di ferro. "Per la costruzione del tempio si usarono pietre già squadrate altrove, così, durante i lavori, nel tempio non si udì rumore di martelli, scalpelli, picconi o di altri utensili metallici" (Bibbia I° Re 6/7 - Talmud babilonese). Come consigliarono i rabbini, Salomone certamente usò lo Shamir, che ottenne da un "guardiano del cielo", Ashmedai, al quale si attribuisce il titolo di "principe dei demoni"; indicato dal lessico giudaico, vol. IV, 1982, come Asmodai.

Sappiamo anche che l’uso di tale attrezzo non era facile, perché i testi ci raccontano che fu necessario istruire i preposti al suo impiego, come si farebbe oggi nell’esecuzione di un lavoro specializzato. Difatti il Signore dovette trasmettere "saggezza e conoscenza" negli uomini "perché fossero in grado di eseguire i lavori". è facile dedurre che si trattava di una tecnologia avanzata sconosciuta in quell’epoca. Lo Zoar 74 a,b, ci mette al corrente che lo Shamir fu in grado di spaccare e tagliare ogni cosa, tanto che non fu necessario impiegare altri attrezzi di metallo per eseguire il lavoro.

Tutto questo porterebbe una valida spiegazione ai misteri che circondano le pietre di Tiahuanaco, Puma Punku, Sacsayhuaman, Giza, ecc. Nei miti egiziani il Dio Seth tagliò le rocce ad Abuzir (casa di Osiride) con qualcosa di simile. Intorno al tempio di Sahura, ad Abuzir, vi sono infatti molte pietre di diorite che presentano fori di trivellazione spiegabili solo facendo riferimento a moderni trapani diamantati. A Tula vi sono alcune statue con arnesi chiamati "Xiuhcoatl", "serpenti di fuoco", simili a quelli che impugnano gli idoli di Kalasasaya a Tiahuanaco.

Si racconta che fossero strumenti che emettevano "raggi infuocati" capaci di perforare corpi umani. "Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul Sinai, gli diede due tavole della Testimonianza, due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio". (Esodo 31,18): lo Shamir? La Bibbia, citando Ooliab, lo indica come appartenente alla tribù di Dan. Dan è anche l’antico nome bretone del gaelico Dana e del gallese Don.

Con Llys Don, la corte di Don, si usa indicare la costellazione Cassiopea. Quindi, menzionando la Corte di Don, Dan o Dana, si indica anche la costellazione e il suo maggior pianeta, appunto Dana, dal quale giunsero i Tuatha de Danann, 5.000 anni fa per rimettere ordine sulla Terra, come narrano le saghe irlandesi e celtiche. Il dottor John Kenny, del dipartimento di fisica e astronomia dell’università di Bradley (Peoria, U.S.A.), ha accertato che i Tuatha erano i figli di Anu, Dio sumero, assimilato al pianeta Nettuno, uno dei protagonisti principali dell’Epica della Creazione.

Il misterioso Shamir scomparve, insieme alla menorah, all'Arca dell'Alleanza e chissà cos'altro, nella distruzione del Tempio di Salomone avvenuta nel 597 a.C. ad opera del sovrano babilonese e non se ne seppe più nulla.

Sappiamo però che gli arredi sacri del tempio, al termine dell'esilio babilonese, furono restituiti agli ebrei da Ciro il Grande. Nel 538 a.C. Ciro emanò un editto che consentiva agli ebrei non solo di fare ritorno in patria, ma di ricostruire il tempio di Gerusalemme. In questo modo il sovrano ottenne anche il controllo dell'area fenicio-palestinese. Non sappiamo se lo Shamir ritornò in patria al seguito degli esuli ebrei. In verità potrebbe essere stato trattenuto alla corte del re persiano o peggio ancora essere andato irrimediabilmente distrutto e quindi perduto per sempre.

Ma a noi piace pensare che la storia dello Shamir sia proseguita nei secoli successivi, rimasto celato per anni e infine riscoperto durante il periodo delle crociate, da un manipolo di soldati, di cavalieri, partiti dall’Europa per liberare il Santo Sepolcro, e quindi venuti a contatto con gli ambienti esoterici, gnostici, manichei del vicino oriente custodi di un antico sapere: i Templari.

I Templari, che tornati in Europa divennero in breve tempo estremamente ricchi e potenti, fino alla loro persecuzione e sterminio da cui avrebbero avuto origine implicazioni socio-politiche che determineranno profondi mutamenti nella vita medioevale e che ancora oggi influenzano la società contemporanea.

I Templari che portarono in Europa quelle conoscenza perdute ritrovate tra le rovine del Tempio di Salomone e approfondite con gli intensi contatti con le sette esoteriche della regione mediorientale anche appartenenti ai nemici giurati musulmani.

I Templari che forse, dopo l’annientamento ad opera di Filippo il Bello, alcuni teorizzano riuscirono a raggiungere il nordamerica, secoli prima di Cristoforo Colombo, proprio in virtù di quelle stesse mappe che il marinaio genovese utilizzerà nel XV secolo per supportare la propria spedizione nell’Atlantico.

Quando la notte del venerdì 13 ottobre 1307 la maggior parte dei Templari furono arrestati in Francia, si dice che dal porto di La Rochelle una nave salpò carica dell’oro prelevato dalla Tesoreria di Parigi, lo stesso che Filippo il Bello tanto aveva bramato per se stesso. Queste ricchezze erano state accumulate dal Tempio in due secoli di attività non solo come cavalieri crociati ma come primi banchieri del mondo.

Di questo tesoro non si seppe mai nulla; alcuni sostengono che le navi partite approdarono in Scozia, dove la famiglia Sinclair accolse con favore i Templari rifugiati, ma che il tesoro non avrebbe potuto restare in quelle terre. Cosi lo trasferirono sull’isola di Nuova Scozia, terra all’epoca sconosciuta secondo la storia ufficiale. Ma anche se il mondo accademico non lo ammette, è oramai piuttosto evidente che le Americhe furono scoperte molto prima di Cristoforo Colombo. Il caso vuole che una delle isole vicino alla Nuova Scozia sia l’Isola della Maddalena, santa veneratissima dei Templari. Strana coincidenza.

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Il pozzo di Oak Island quindi potrebbe essere il nascondiglio segreto di questo tesoro di cui si sono perse le tracce sin dal lontano 1300.
Un tesoro che alcuni collegano alla massoneria. La massoneria, società segreta fondata nel 1717 a Londra su principi come l'uguaglianza sociale, la libertà di pensiero ed ispirata agli ideali illuministici, compie fondamentali riferimenti al Tempio di Salomone e talvolta ad un presunto tesoro nascosto sotto la sacra struttura.

La leggenda fa addirittura risalire la nascita della Massoneria all’epoca della costruzione dello stesso Tempio di Salomone nella persona di Hiram Abif. Una di queste leggende parla di una cripta segreta, nella quale Salomone avrebbe fatto custodire delle preziose reliquie come l’Arca dell’Alleanza, anche essa scomparsa nel nulla. Molti scrittori fanno riferimento a questa stanza segreta, tra cui il “padre” di Sherlock Holmes , Sir Arthur Conan Doyle, Massone dichiarato. In alcuni racconti egli cita la cripta segreta dando una descrizione molto simile a quello del pozzo di Oak Island. Si dice che sulla quercia accanto al pozzo furono ritrovate delle iscrizioni molto simili a simboli massonici.

A conferma di questa teoria si narra che negli ultimi anni, il proprietario di buona parte dell'isola, dopo alcune ricerche, abbia individuato 4 pietre di forma conica in diverse aree del territorio; ricongiungendo questi punti su una mappa tramite una retta, sembrano formare una croce.
Forse il pozzo di Oak Island non contiene realmente il Santo Graal o l’Arca dell’Alleanza come molti ipotizzano, ma un altrettanto incredibile reperto, la cui scoperta probabilmente permetterebbe di fornire molte risposte ai nostri enigmi.

Fonti:
http://www.giovannipelosini.com/2011/11 ... elle-ande/
http://www.edicolaweb.net/appro07d.htm
http://www.edicolaweb.net/appro07e.htm
http://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=66060037
http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0299.html

http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... O_ID=10077



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Le Città degli Elohim

Secondo l’archeologia tradizionale ciò che viene definita civiltà ebbe inizio in Mesopotamia ed in Egitto, circa 5000 anni fa in concomitanza con l’avvento della scrittura. Scrittura che corrisponde anche al passaggio dalla preistoria alla storia.

Nell’interpretazione storiografica ufficiale, studiata sui libri di scuola e o attraverso documentari e pubblicazioni prima di questa importante scoperta, l’uomo fu in grado solo di organizzarsi in un insieme disordinato di tribù o piccoli villaggi neolitici dedicandosi prevalentemente a caccia e raccolta. L’agricoltura era sconosciuta, la scrittura era molto al di là da venire e la vita nel villaggio era estremamente semplice e si ripeteva uguale e costante da decine e decine di migliaia di anni, immutabile. Immutabile come quel gelido clima che caratterizzava le latitudini nord del pianeta durante l’ultimo periodo glaciale.

Durante l'ultima glaciazione, detta del Wurm, che iniziò 75000 anni fa e conobbe il suo acme intorno a 20000 anni fa, l'Europa era ricoperta da una coltre di ghiacci spessa 2000-3000 metri che dal polo Nord scendeva fino alla latitudine di Londra. I ghiacciai rappresentano una riserva di acqua dolce «fissata» in forma solida, che pertanto viene sottratta al normale ciclo che lega i mari all'atmosfera e ai continenti attraverso i processi di evaporazione e di precipitazione. Di con­seguenza durante le glaciazioni i mari regrediscono, mentre il contrario av­viene nei periodi postglaciali. Al culmine dell'ultima glaciazione l'abbassamento marino arrivò fino a 100 metri, tant'è che 20 000 anni fa laddove oggi troviamo lo stretto di Bering una continuità di terre collegava l'America settentrionale all' Asia.

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In Italia la pianura padana si estendeva per tutta la parte settentrionale dell' Adriatico. Le terre di Doggerland sostituivano il Mare del Nord, kilometri e kilometri quadrate di terre oggi sommerse dalle acque del mare erano a disposizione delle popolazioni umane del tempo, tra cui il mare prospiciente l’isola di Bimini, quella Yonaguni, del golfo di Khambat… e il Mar Nero era ai tempi un grande lago circondato da una enorme fertile depressione.

Durante questo lungo periodo di tempo che abbraccia un intervallo che va dai 75-100000 ai 12000 anni fa l’uomo inizia come nomade cacciatore/raccoglitore e finisce… ancora come nomade cacciatore/raccoglitore con uno sviluppo tecnologico e socio-culturale pressoché infinitesimale limitato a una migliore lavorazione della pietra di selce o di rudimentali armi per cacciare.

Poi, appunto, 12000 anni fa l’ultima glaciazione finisce, sembra anche in maniera abbastanza repentina, il clima mondiale cambia e l’uomo, che per centomila anni ha passato il suo tempo cacciando e raccogliendo ciò che la natura aveva da offrire, scopre nel giro di pochi millenni, allevamento, agricoltura, scrittura, astronomia, matematica, metallurgia, cultura, gerarchia, politica e costruisce la prime città-stato conosciute dalla storia, in Mesopotamia, nella Valle dell’Indo e in Cina.

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Come in molte altre teorie scientifiche che cercano di gettare luce sui misteri antichi dell’archeologia o dell’antropologia, osserverete anche voi che rimangono anche qui diversi dubbi e zone d’ombra. Come è possibile in primo luogo che quegli stessi uomini che hanno trascorso gli ultimi centomila anni a cacciare mandrie di animali selvatici o raccogliere frutta e bacche qua e là, giungano a raggiungere un livello tecnologico e socio-culturale tale da consentire loro la costruzione di città e di edifici che nulla hanno a che invidiare alle più moderna architettura e che anzi, in taluni casi risulterebbero impossibili anche con la nostra tecnologia.

Queste zone d’ombra sono state colmate negli ultimi anni, da altre teorie le quali considerano l’ipotesi che la nascita delle civiltà sulla Terra sia molto più antica di quanto storicamente riconosciuto.

Yuri Leveratto nel suo articolo ci ricorda che “… i sostenitori di queste teorie pensano che prima dell’evento chiamato oggi “diluvio universale”, quasi universalmente riconosciuto come un periodo di sconvolgimenti e catastrofi di portata eccezionale, che ebbero luogo dal 12.000 al 9000 a.C., e che coincisero con la fine della glaciazione di Wisconsin-Wurm, si fossero sviluppate delle civiltà anti-diluviane, in varie zone del pianeta. Queste civiltà, che forse erano in contatto tra loro per via marittima, avrebbero conosciuto l’agricoltura e avrebbero raggiunto importanti risultati nell’astronomia e nella matematica.

Alle basi della teoria delle civiltà anti-diluviane vi sono fonti scritte e ritrovamenti archeologici. Le fonti scritte sono tante, ma le più conosciute sono la “lista dei re sumeri”, la Bibbia (Genesi), i manoscritti del Mar Morto, e la Storia di Babilonia di Berosso. Tutte queste fonti narrano di re leggendari che governarono durante tempi lunghissimi. Il primo di questi re dovrebbe essere stato Alulim, re di Eridu. Secondo Berosso governò a partire da 432.000 anni prima del suo tempo…”

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Il che ci riporta direttamente ai tempi degli Anunnaki portati all’attenzione del grande pubblico grazie al lavoro di traduzione delle antiche tavolette sumere svolto da Zacharia Sitchin e dal Kramer. Ai tempi di Enki e di Enlil, al tempo in cui i primi homo sapiens compaiono sulla scena del pianeta, circa 300mila anni fa, ai tempi dei biblici Adamo ed Eva e dei loro figli Abele e Caino e la prima discendenza dei cosiddetti “uomini famosi”.

Yuri Leveratto di nuovo ci ricorda che “… vi sono poi altre fonti, come per esempio il papiro di Torino o la pietra di Palermo, dalle quali si evince che non solo nell’area mesopotamica, ma anche lungo la valle del Nilo, governarono numerosi re in tempi anti-diluviani.

Naturalmente gli storici tradizionali hanno negato la veridicità e l’accuratezza di questi testi, confinandoli nella leggenda.

Siccome durante il lunghissimo periodo glaciale (da 110 a 11 millenni or sono), il livello dei mari era più basso rispetto all’attuale fino a 160 metri (secondo alcuni climatologi fino a 200 metri), è possibile ipotizzare che probabili civiltà anti-diluviane si siano sviluppate in luoghi costieri che oggi sono completamente sommersi dalle acque marine.

Esistono delle evidenze, o resti archeologici di civiltà scomparse sotto i mari. Le più importanti sono: i muri di Bimini, le città sommerse di Canopus e Herakleion nella costa egiziana di Aboukir, i ritrovamenti archeologici nei fondali antistanti la città di Alessandria d’Egitto, le evidenze archeologiche trovate nelle coste indiane prospicenti Khambat e Bet Dwarka, e il monolito di Yonaguni, enigmatico monumento sommerso scoperto nel 1987 dal subaqueo Kihachiro Aratake.

Il monumento di Yonaguni si trova poco lontano dalle coste dell’isola di Yonaguni, facente parte delle isole Ryukyu, appartenenti al Giappone, ma relativamente vicine all’isola di Taiwan.

E’ un parallelepido di roccia lungo circa 150 metri e largo 40 metri. La sua altezza rispetto al fondale è di circa 27 metri. La cima del monumento si trova a 5 metri al di sotto del livello del mare. I ricercatori che hanno studiato il monumento, in particolare lo studioso giapponese Masaaki Kimura, sostengono che l’immensa roccia sommersa sia stata modificata dall’uomo in tempi remotissimi, per motivi cerimoniali.

In effetti si notano blocchi squadrati, rampe, scalinate, spazi destinati ad offerte votive e altre strane formazioni litiche, come la cosidetta “tartaruga”, “la piscina triangolare”, un muro divisorio di circa 10 metri di lunghezza, il “totem”, una colonna alta circa 7 metri.

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Secondo Masaaki Kimura, coloro che modificarono il monolito di Yonaguni, rendendolo molto simile a uno ziggurat mesopotamico, devono averlo fatto prima della fine dell’era glaciale, quando il livello dei mari era molto più basso rispetto ad oggi. Sempre secondo Kimura, gli artefici dell’opera potrebbero essere stati i cosidetti “uomini di Minatogawa” dei quali sono stati trovati dei resti nell’isola di Yonaguni risalenti a 18.000 anni fa (da notare che i più antichi resti umani delle isole Ryukyu furono trovati ad Okinawa e risalgono a 32.000 anni or sono).

Anche se il monolito di Yonaguni rimane per molti scettici solamente una formazione naturale, non c’è dubbio che le sue forme squadrate e regolari facciano pensare per lo meno ad un’enorme roccia modificata dall’uomo per motivi cerimoniali, come per esempio lo è Quenco, l’altare cerimoniale situato non lontano da Sacsayhuaman, presso Cusco, in Perú.

Solo ulteriori studi e scavi nelle vicinanze del monolito di Yonaguni potranno fare luce sulla sua vera natura, fino ad ora infatti non sono stati trovati resti di carbon fossile, ceramica o altri residui di occupazione umana, che possano essere sottoposti alla prova del carbonio 14, come invece accadde a Khambat, in India.

Nella descrizione del Diluvio, sia quello biblico che quello delle altre culture, la violenza e repentinità dell'inondazione furono la causa della morte della maggior parte degli esseri viventi. Si può dedurre che lo scioglimento dei ghiacci che avvinghiavano l'emisfero boreale 10000 anni fa si siano sciolti in breve tempo a causa di un evento apocalittico che innalzò le temperature di molti gradi nel circolo polare artico…”

Miliardi di miliardi di metri cubi di acqua si riversarono negli oceani creando onde anomale immense che fecero il giro del mondo spazzando via qualsiasi cosa e riversando miliardi di kilometri cubici di acqua nella vallata del Mar Nero sulle cui sponde vivevano certamente comunità umane ‘preistoriche’ (o presunti tali).

E’ abbastanza logico ritenere che sulle sponde di un lago d'acqua dolce così vasto siano fiorite diverse comunità protostoriche. Ma, appunto a un certo punto, sarebbe ceduta la diga naturale in corrispondenza dell'attuale Bosforo, che isolava il Mar Nero dal Mar Mediterraneo salato: un'immensa cascata si sarebbe riversata nel lago, il cui livello si sarebbe sollevato con estrema rapidità, sommergendo tutti gli abitati umani.
Le ricerche di Walter Pitman, geofisico del Lamont-Doherty Earth Observatory a Pasadena, confermano l’evento di una inondazione dell’area del Mar Nero come evento storico.

Solitamente quando ci riferiamo alle vicende bibliche della Genesi, le immaginiamo verificarsi in quella stessa area geografica tra la Palestina e le valli del Tigri e dell’Eufrate, ovvero dove poi si mossero le storie di Abramo, di Isacco, Giacobbe, e degli altri protagonisti della storia degli Ebrei. In realtà non vi sono elementi nel testo biblico originale che lascino intendere che quanto raccontato relativamente alle storie dei patriarchi, da Adamo a Noè, sia avvenuto davvero nell’antica mesopotamia, terra di Sumer.

Ma se invece lo scenario corretto ove collocare le storie dei patriarchi biblici fino a Noè fosse proprio la regione circostante il Mar Nero? Ciò spiegherebbe l’approdo dell’”Arca di Noè”, qualsiasi cosa fosse, sulle pendici del monte Ararat e i ritrovamenti archeologici ‘fuori dal tempo’ delle città di Gobekli Tepe e Kisiltepe.

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E’ possibile forse che l'uomo durante l'ultima Glaciazione non fosse una bestia stupida, nè scarsamente evoluta tecnologicamente. L'uomo antidiluviano possedeva invece tecnologie e strutture sociali avanzatissime ed aveva eretto imperi nelle fasce tropicali ed equatoriali del pianeta dove il clima rendeva prospera e fertile Terra. In Egitto, in Indonesia, in India ed in America Centrale (e forse anche in qualche continente, adesso, sommerso) grandi nazioni vivevano un epoca d'oro.

Molte di queste civiltà dell'epoca avevano fondato città immense dove adesso ci sono mari ed oceani. La civiltà della Valle dell'Indo è un esempio lampante. Con il diluvio il genere umano perse tutta la tecnologia e le conoscenze accumulate fino a quel momento, per vivere, nei seguenti millenni, un oscuro e lunghissimo neolitico.

Un sito archeologico al largo delle coste occidentali dell’India indica che la civiltà indiana potrebbe risalire ad addirittura 9000 anni fa, diventando di diritto una delle più antiche del mondo.

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Quasi cinquemila anni fa, la Civiltà della Valle dell’Indo viveva il suo massimo splendore. Estesa su una superficie di oltre un milione di chilometri quadrati nei territori che oggi appartengono al Pakistan, all’India nord-occidentale e all’Afghanistan orientale, fu una delle prime e più importanti culture urbane dell’antichità.

Gli scavi iniziati a partire dagli anni Venti del Novecento portarono alla luce migliaia di reperti di rotte commerciali, edifici, manufatti e un sistema di scrittura ancora da decifrare. Poi, tra i 3900 e i 3000 anni fa iniziò il suo declino, per motivi tutt’altro che chiari.

Si pensa che il progressivo diminuire delle piogge frenò lo straripamento dei fiumi. Alla lunga, la poca acqua rese impossibile coltivare la terra e spinse la popolazione a spostarsi altrove.

è questo lo scenario ricostruito da un gruppo di ricerca coordinato da Liviu Giosan della Woods Hole Oceanographic Institution, negli Usa, in uno studio pubblicato su Pnas. “Abbiamo ritenuto fosse finalmente ora di contribuire al dibattito sulla misteriosa fine di questo popolo”, afferma Giosan.

La sua équipe ha lavorato in Pakistan dal 2003 al 2008 mettendo assieme dati archeologici e geologici. Per prima cosa, i ricercatori hanno elaborato mappe digitali del territorio utilizzando foto satellitari e dati topografici collezionati dalla Shuttle Radar Topography Mission, la missione congiunta NASA-NGA (National Geospatial-Intelligence Agency) che ha permesso di mappare in tre dimensioni la superficie del globo terrestre con un livello di dettaglio mai raggiunto prima.

Poi sono passati alla raccolta e all’analisi di campioni del terreno per risalire all’origine dei sedimenti e per capire come furono modificati nel tempo dall’azione di fiumi e vento. Combinando queste informazioni con i dati archeologici, hanno infine ricostruito lo scenario che vide l’ascesa, e il declino, della civiltà.

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Il destino della popolazione di Harappa, dal nome del primo insediamento scoperto nel 1857, fu affidato ai monsoni. All’inizio, le piogge abbondanti alimentavano l’Indo e gli altri fiumi provenienti dall’Himalaya provocando inondazioni che lasciavano le pianure circostanti molto fertili.

Poi i monsoni iniziarono a diminuire, i fiumi smisero di straripare e la popolazione fu libera di costruire i suoi insediamenti lungo i corsi d’acqua, dove la fertilità del terreno rese fiorente l’agricoltura. Alla fine però, la scarsità di precipitazioni diede il colpo di grazia alle pratiche agricole e costrinse la popolazione a spostarsi verso est nella piana del Gange, dove le piogge continuavano.

Ma ciò cambiò radicalmente la cultura: le grandi città lasciarono il posto a piccole comunità agricole, segnando la fine della civiltà urbana della Valle dell’Indo.

Oltre a questo mistero, i ricercatori statunitensi credono di aver risolto anche quello del mitico Sarasvati, uno dei sette fiumi che, secondo gli antichi testi indiani Veda, attraversava la regione a ovest del Gange e veniva alimentato dai ghiacciai perenni dell’Himalaya.

Oggi si pensa che il Sarasvati corrisponda al Ghaggar, un fiume intermittente che scorre solo nella stagione monsonica per poi dissiparsi nel deserto lungo la valle di Hakra. Se ciò fosse vero, i dati geologici non confermerebbero l’origine himalayana del Sarasvati.

Sembra invece che il fiume sia stato sempre alimentato dai monsoni e che la desertificazione lo abbia infine ridotto a un corso d’acqua stagionale.

Questa scoperta è il risultato di circa otto mesi di ripresa di immagini sonar del fondo marino, dove sono state osservate strutture che somigliano a quelle costruite dall’antica civiltà Harappa.

Anche se sono stati individuati alcuni siti paleolitici risalenti a circa 20 mila anni fa nello stato indiano di Gujarata, si tratta della prima scoperta di strutture tanto antiche sotto la superficie del mare. La zona della scoperta, il golfo di Cambay, è stata oggetto di grande interesse da parte degli archeologi, per la sua vicinanza a un altro sito sottomarino, Dwarka, nel vicino golfo di Kutch.

Gli studi del nuovo sito sono però stati resi difficili dalla presenza di forti correnti di marea, con velocità fino a tre metri al secondo. Proprio per l’impossibilità di compiere vere e proprie immersioni, gli archeologi del National Institute of Ocean Technology indiano sono ricorsi alle immagini sonar.

Le immagini non mostrano solo le simmetriche strutture attribuite all’uomo, ma anche il letto di un antico fiume, sulle cui sponde fiorì la civiltà. La datazione del sito è stata fatta recuperando un frammento di legno da una delle strutture, che è risultata risalire all’anno 7600 avanti Cristo.

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Città come quelle sopraccitate a cui voglio aggiungere la misteriosa città di Caral in Sudamerica, insieme ai ritrovamenti di manufatti umani se non addirittura veri e propri edifici sottomarini, testimoniano l’esistenza di una civiltà prima della storia. è difficile dire quali siano state le prime città del mondo. La distinzione fra città e grandi villaggi spesso è sottile.

Çatalhöyük (in Turchia), per esempio, è stata considerata la prima città dell’umanità: venne abitata a partire da 7500 a.C. (quindi solo duemila anni circa dopo la fine della glaciazione di wurm) e aveva un popolazione considerevole, fra i 5000 e i 10000 abitanti anche se il prof. Douglas Baird dice che “la maggior parte degli archeologi ora lo vede più come un grande villaggio. Il mio lavoro d’indagine intorno al sito suggerisce che questo non potrebbe aver agito come un centro politico o di scambio per dei circostanti villaggi contemporanei dato che non ce ne sono nelle vicinanze”.

Altri grandi insediamenti del 5500 a.C. e del 2750 a.C. sono stati trovati in Romania e Ucraina, ma anche questi sarebbero più delle proto-città senza peculiari caratteristiche di urbanizzazione. Altri siti antichi, invece, hanno sperimentato l’urbanizzazione solo millenni dopo: Gerico, per esempio, venne abitata a partire dal 9000 a.C. (praticamente subito dopo la fine del Wurm), anche se le mura vennero costruite successivamente.

Possibile che l’uomo post-diluviano sia stato in grado in così poco tempo città così ben strutturate? E se invece avessero per così dire ‘riciclato’ edifici e città pre-diluviane già esistenti prima di Noè?

D’altronde è pur vero che esistono prove concrete, anche se bistrattate dall’archeologia ufficiale, dell’esistenza di edifici già prima dell’avvento della civiltà umana storicamente riconosciuta. La più nota è forse la “Stele dell’Inventario”. Verso la fine del XIX secolo, l'egittologo Auguste Mariette, scavando nei pressi della Grande Piramide in un tempietto detto la "Casa di Iside", ha trovato una stele che venne indicata appunto come la Stele dell'Inventario.

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La traduzione di quel documento riservò una sorpresa perché nella stele Iside veniva indicata come "la Signora della Piramide" e vi si affermava che al tempo di Cheope, una piramide, la Sfinge, il Tempio a valle della Seconda piramide ed altre strutture erano già presenti sulla piana di Giza.

Per determinare di quanto fossero già presenti ai tempi di Cheope ci viene in aiuto la geologia.

Il geologo Robert Schoch notò un'evidenza sperimentale che è sempre stata sotto gli occhi di tutti: il corpo della Sfinge e l'adiacente Tempio della valle di Chefren sono stati erosi dalla pioggia.

La famosa statua metà uomo metà leone fu scolpita approfondendo una cava nell'altopiano di Giza, che è una stratificazione sedimentaria di diversi calcari. Tutti gli edifici in pietra della civiltà egizia presentano i consueti segni dell'erosione eolica: la sabbia portata dal vento incide più profondamente le rocce più tenere, in modo uniforme.

Il risultato è uno schema orizzontale: ad esempio un fronte di roccia stratificato diventa una successione di sporgenze (roccia compatta) e incavi (roccia tenera).

I fianchi e le pareti della fossa della Sfinge sono gli unici monumenti egizi che presentano anche un modello di erosione verticale, con forme arrotondate e profondamente incise (fino a 2 m), tipico dell'azione continua di intense precipitazioni che si rovesciano a cascata giù per i fianchi.

Le osservazioni di West destano scalpore perché degli ultimi 4500 anni la Sfinge ne ha trascorsi 3000 sepolta sotto la sabbia, quindi protetta dagli agenti atmosferici usuali in un clima desertico. Invece per trovare delle piogge di intensità tale da giustificare il forte degrado del corpo, bisogna risalire al periodo pluviale che caratterizzò il Nord Africa tra il 7000 a.C. e l'11000 a.C., al termine dell'ultima glaciazione.

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Senza contare quanto riportato nella Pietra di Palermo scolpita su diorite (che ci riporta direttamente a Puma Punku), sulla Lista di Abydos, o ancora nel Papiro Regio di Torino, un documento su papiro risalente almeno alla XVII dinastia egizia o, forse, al regno di Ramesse II (1290 a.C. – 1224 a.C.), scritto in ieratico, che riporta, oltre all'elenco dei sovrani dall'unificazione dell'Alto e Basso Egitto fino al momento della compilazione, insieme al numero dei loro anni di regno una introduzione sui re semidivini del Periodo Predinastico dell'Egitto che inizia con Ptah e che prosegue con Horo (Horus) in modo molto simile allo schema presentato nella lista di sovrani sumeri vista in precedenza.

Re semidivini che regnarono in Egitto in un tempo remoto, oserei dire prediluviano. Mitologici re che regnarono prima che la storia dell’uomo avesse inizio. E su cosa regnavano se non esistevano città né un minimo di società culturalmente sviluppate? Possibile che venissero ricordati come semidei dei re o faraoni che regnarono su sparuti gruppi tribali neolitici dell’età della pietra durante la nostra preistoria?

Inoltre, se ci atteniamo alle parole della Bibbia in Genesi 4 leggiamo la nota storia di Abele e Caino, i primi due figli di Adamo ed Eva. Abele, pastore di greggi e Caino, agricoltore, che offrono a Dio i frutti delle loro fatiche il quale dio apprezzava con gradimento maggiore quelli di Abele e meno quelli di Caino.

Probabilmente Dio non era vegetariano... Ma al di là di quanto questo episodio dimostri ancora una volta la non trascendenza del dio biblico, sempre più palesemente un essere carnale, materiale, con vizi e virtù del tutto umani, torniamo alla storia di Caino e Abele.

Caino, il maggiore, non potendo riversare su Dio la sua irritazione, se la prese con il fratello e lo uccise, ma Dio lo preservò dalla vendetta degli altri uomini e Caino divenne costruttore di una città nella terra di Nod, città che chiamò con il nome del figlio, Enoc, da non confondersi con l’antenato di Noè.

E siccome Caino visse molto, ma molto tempo prima del Diluvio Universale questa città non è nient’altro che una delle città prediluviane di cui le leggende parlano quando si approcciano alle civiltà perdute governate da quegli Anunnaki, da quegli Elohim di cui i miti di tutti i popoli del mondo, di qua e di là dell’Atlantico parlano quando ricordano la meravigliosa Età dell’Oro.

Città, che nel caso di Caino, ardite teorie ritengono possa essere Tenochtitlan, uno dei più antichi stanziamenti nel centro america, che alcuni traducono proprio come 'città di Enoch' (T = genitivo + Enoch + tlan = città).

Personalmente ritengo più valida e affascinante l’idea presentata nell’estratto del seguente articolo intitolato “L'Eden riscoperto: geografia, questioni numeriche ed altre storie” di Emilio Spedicato, ove si ricorda che “… Genesi afferma che dopo l'uccisione di Abele, Caino dovette migrare verso la terra di Nod, ad est dell'Eden.

Sul suo corpo aveva un segno speciale, che fu presumibilmente trasmesso ai discendenti, i quali, nei tempi prima del diluvio, svilupparono per primi la costruzione di città, la metallurgia, e l'agricoltura.

La terra di Nod è interpretata nei testi talmudici come "la terra di vagabondaggio, di nomadismo". Ora, ad est dell'Eden, o più precisamente a nord-est, abbiamo gli immensi pascoli dell'altopiano tibetano, della Mongolia e del Xinjang. E' quindi una interessante supposizione che Caino sia entrato nel bacino del Tarim e che i suoi discendenti si spargessero attorno a questa vasta area. La maggior parte di loro diventarono allevatori di pecore, addomesticando yaks e cavalli e cammelli oltre alle pecore, altri praticarono l'agricultura, avvantaggiandosi della presenza molto probabile di un grande lago dolce nel Takla Makan e nella depressione del Lob Nor, la cui esistenza, abbiamo prima accennato, è stata scoperta assai di recente. Il fatto che questo lago fosse soggetto ad un processo di evaporazione, quindi ad una diminuzione della sua superficie, molto probabilmente si rivelò uno stimolo all'innovazione tecnologica, portando a quella civiltà avanzata di cui parla la Bibbia, le cui tracce cominciano solo ora ad apparire in quel deserto tuttora sostanzialmente inesplorato.

Se possiamo considerare i mongoli i più vicini discendenti di Caino, allora forse il "segno" dato a Caino può essere identificato con la cosiddetta macchia mongolica con la quale molti dei mongoli nascono. E' una macchia blu collocata sulla schiena, di solito alla base della colonna vertebrale, e che scompare dopo pochi mesi ma che Gengis Khan la ebbe sulla mano e la portò per tutta la vita.

Fonti:
http://www.ildialogo.it/index/?p=2580
http://mediabassetti.altervista.org/geo ... azioni.htm
http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=217
http://gazzettadelmistero.blogspot.it/2 ... noe-e.html
http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9429
http://www.sardecentroricerca.it/index. ... 0-anni-fa/
http://ilfattostorico.com/2009/12/08/le ... del-mondo/
http://xoomer.virgilio.it/silvano/misteri4.html
http://www.volta.alessandria.it/epistem ... 6-sped.htm

http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... O_ID=10076



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MessaggioInviato: 06/11/2013, 11:31 
A seguito della pubblicazione dell'articolo "Alla Ricerca dello Shamir", una amica via facebook mi fa notare la seguente cosa.

Cita:
... in una parte del testo che hai portato all'attenzione del gruppo è scritto: "Il dèmone Asmodeo il quale conosce l’ubicazione di tutti i tesori nascosti, fu costretto a rivelare al re (Salomone) che Dio aveva consegnato lo Shamìr a Rahav, l'Angelo (o il Principe) del Mare, il quale non lo affidava mai a nessuno se non, raramente e solo a fin di bene, al gallo selvatico"

Ora io qualche idea me la sono fatta su chi potrebbe essere quel "gallo selvatico".. e mi diventa più che interessante notare che, in uno dei disegni attribuiti a Nostradamus, il "veggente" sopra quella che direi è una Ruota Ciclica o del Tempo, oltre al Pavone (o Pavona visto che sotto alla Ruota c'è un'umile donna in disgrazia che se la rapportiamo a ciò che forse voleva suggerirci il “veggente” e quanto scritto nell'apocalisse di Giovanni Costanza potrebbe essere la "Vestita di Sole"..) il “veggente” ha disegnato proprio un Gallo!...


E aggiunge ulteriormente

Cita:
...Come mi diventa molto interessante il fatto che Saunierè, nella chiesa di Rennes le Chateau che dedicò alla Maddalena, proprio Asmodeo ha messo a reggere l' acquasantiera, che guarda caso, essendo a forma di conchiglia, richiama altre cose..


Cosa ne pensate delle osservazioni di questa utente?

[:p]



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MessaggioInviato: 12/11/2013, 00:00 
Il Rig-Veda dell’India antica e l’Edda germanico-nordica presentano due grandi miti cosmogonici, che concordano tra loro a tal punto che vi si può vedere a giusto titolo una duplice derivazione di un mito indoeuropeo comune.

Forse un retaggio degli uomini di Atlantide sopravvissuti al Diluvio?

E quali erano le caratteristiche fisiche di questi indoeuropei se non quelle già citate in precedenti nostre ricerche e che i popoli antichi attribuivano alla caratteristica divina dei propri eroi e dei propri sovrani?

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Mummie con i capelli rossi dalla Cina al Sudamerica, divinità civilizzatrici come Viracocha descritte come biondi (o rossi) con gli occhi azzurri (vedi Viracocha) così come erano i Cro-Magnon (Rh-) e i Neanderthal millenni prima.

Un unico ceppo, una unica eredità, una unica discendenza, una civiltà "madre": Atlantide!

I tasselli del mosaico vanno, uno ad uno, al loro posto...

http://www.centrostudilaruna.it/il-mito ... ropei.html



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MessaggioInviato: 16/11/2013, 17:58 
Gli Anasazi e il misterioso Chaco Canyon - A cura di Davide Zaccaria

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È forse il più importante mistero archeologico del Nord America ed ed è legato alla storia degli Anasazi, una civiltà che ha lasciato moltissime tracce di sè prima di scomparire dalla scena storica circa ottocento anni fa.

Chaco Canyon si trova a Four Corners County, nel punto di incontro tra New Mexico, Arizona, Colorado e Utah, a 160 chilometri da Albuquerque, in una zona con bassa vegetazione e frequenti tempeste di vento.

Per rendersi conto della grandezza del territorio, basterà sapere che ha una lunghezza di diciannove chilometri per una larghezza di poco più di un chilometro e mezzo.
Noi oggi lo troviamo arido, ma un tempo al suo interno scorreva copiosamente l’acqua.

Il sito più noto e più grande dell’area abitata una volta dagli antichi Anasazi è Pueblo Bonito, che si trova all’estremità nord di Chaco Canyon.

È uno di quei posti di cui ancora oggi non ci sono prove soddisfacenti per dire che funzione avesse: da anni gli archeologi pensano che sia stata la capitale o il più importante centro religioso di questa ormai estinta tribù.

D’altra parte, degli anasazi si sa relativamente poco, visto che non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta.

In primo tempo, la loro origine si era fatta risalire a circa 6.000 anni fa, mentre si è scoperto che le prime notizie verificabili circa questo popolo risalgono a 2.000 anni fa.

Di questa cultura sono rimaste solo i loro pueblo e qualche articolo d’artigianato.

Il sito inserito nello Chaco Canyon è stato scoperto nel 1888 da due cowboy, capitati lì per caso. Allora quest’area era abitata dai Navajo e proprio da una parola di quegli indiani – che significa antichi – è nato il nome “Anasazi”.

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[/i]Uno scorcio del complesso di costruzioni[/i]

Per conoscere meglio gli Anasazi bisogna fare piazza pulita dei luoghi comuni e frugare con attenzione nei luoghi, quelli veri, abitati in tempi remoti da questa tribù.
Nel descriverli sono stati fatti molti errori: per esempio, si è detto che gli Anasazi cacciavano il bisonte e che erano esperti cavalieri, senza pensare che i cavalli in quella zona sono stati portati dagli spagnoli solo cinque secoli fa!

I reperti archeologici hanno rivelato per certo che erano abili contadini e bravi artigiani, capaci di intrecciare delle ceste tanto perfette da poter contenere l’acqua senza disperderla.
Prima del 750 d.C. la popolazione viveva in case fatte con mattoni essiccati e ceramica a fossa seminterrate, che poi si sono sviluppate fino a salire in superficie, dando vita al sistema delle Case Grandi che all’inizio erano composte da una decina di stanze.

Pueblo Bonito, come si è detto precedentemente, era il più grande centro della cultura degli Anasazi ed era la maggiore delle diciannove Case Grandi di Chaco Canyon. Intorno al mille contava solo una ventina di camere, ma 150 anni dopo si era trasformato in una unica costruzione a ferro di cavallo di circa 800 stanze contigue distribuite su quattro piani,tutte più o meno delle stesse dimensioni.
Secono gli archeologi, nel momento della sua massima espansione vivevano a Pueblo Bonito più di mille persone.

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Un quadro che rappresenta un guerriero Anasazi (notate il colore degli occhi e delle sopracciglia)

La loro agricoltura era basata sulla coltivazione dei cereali, zucche e legumi.

L’aspetto scarno delle abitazioni testimonia l’usanza di lavorare e cucinare sul terreno.

La struttura omogenea delle stanze e la mancanza di mobili e di altri arredi hanno fatto pensare in un primo momento a una società primitiva nella quale mancassero delle vere gerarchie sociali.

Secondo un’altra ipotesi, Pueblo Bonito poteva addirittura essere una specie di enorme convento, nato per ospitare la casta sacerdotale degli Anasazi.

La religione aveva un posto molto importante sulla vita degli antichi abitanti di Chaco Canyon che erano condizionati dal cielo e dalla terra.

La costruzione delle gigantesche “kivas” (delle specie di pozzi aperti), tutte perfettamente tonde, era una caratteristica che si ritrovava in tutti i pueblo degli Anasazi. A Pueblo Bonito le kivas erano trentasette. Avevano al centro un grosso focolare ed erano coperte da un tetto di legno con un foro al centro, che fungeva da ingresso ma anche da camino.

Una delle più grandi kivas di tutto il canyon è Casa Rinconada, perfettamente circolare, di ben venti metri di diametro e di quasi cinque di profondità; una gigantesca fossa scavata sulla sommità di una collinetta a qualche centinaia di metri da Pueblo Bonito e quindi non posta come le altre in un centro abitato.

Sicuramente le kivas erano utilizzate per riunioni e cerimonie sacre. Al centro del pavimento avevano un foro chiamato “sipapu” che secondo gli Anasazi serviva per mettersi in contatto con gli spiriti degli antenati ma anche con le forze del centro della terra.

In effetti gli insediamenti e le kivas erano stati costruiti in particolari punti del canyon, dai quali si sprigionerebbero i cosiddetti “vortici”, forze telluriche che hanno la forma di una spirale.

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Un’immagine di una kiva

La potenza della forza della natura era un pensiero fisso per il popolo del Chaco Canyon.

Nella loro ritualità, però, c’era anche un aspetto molto inquietante. Dallo studio dei resti ritrovati nelle kivas si è giunti alla conclusione che gli Anasazi praticassero il cannibalismo. A provarlo sono stati diversi elementi… Innanzitutto negli anni sessanta sono stati trovati crani fratturati e ossa svuotate fino al midollo. In seguito sono state analizzate alcune feci umane fossili che hanno rivelato la presenza di resti di materiale organico umano. Poi, sono stati esaminati al microscopio elettronico i resti di alcune ossa e si è così appurato che alcune di esse sono state sottoposte a cottura.

Infine, da una pentola sono emerse tracce di mioglobina umana, una proteina presente nel cuore e nei muscoli, a testimonianza che l’orrenda pratica era ancora in vigore al momento dell’improvvisa scomparsa degli Anasazi.

La complessità religiosa di questo antico popolo è confermata dalla loro ossessione per il cielo e le stelle.

La stessa Casa Rinconada avrebbe un allineamento astronomico ben preciso: all’alba del solstizio d’estate pare che il sole vada a illuminare, attraverso una finestra che si apre in direzione nord nord-est, una nicchia posta all’interno della kiva. Quasi tutti gli edifici lasciati dagli anasazi erano poi allineati ad un determinato fenomeno celeste. Come gli Anasazi avessero acquisito una così precisa conoscenza astronomica è ancora un mistero.

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L’area detta dei “Four Corners”

Ma gli aspetti di questa civiltà molto sorprendente non sono ancora finiti. Gli Anasazi hanno lasciato molte strade, per una lunghezza totale di 300 chilometri. Incredibilmente, però, molte di queste non seguono una traiettoria logica perchè portano solo a punti particolari del loro territorio, come se fossero state tracciate per scopi rituali, magari per condurre a luoghi sacri dove depositare offerte o celebrare cerimonie.

Un esempio della incredibile abilità degli Anasazi è anche la “Grande Strada del Nord” che parte da Pueblo Alto, sulla mesa che sovrasta Pueblo Bonito, si dirige per tre chilometri a tredici gradi a est del nord, per poi eseguire per venti chilometri esattamente in direzione nord con uno scarto di solo mezzo grado. Ottenere una precisione del genere sarebbe difficile anche usando una bussola, che gli Anasazi però non conoscevano!

La più grande studiosa della cultura del Chaco Canyon, Anna Sofaer, è giunta alla conclusione che gli Anasazi abbiano edifcato le loro costruzioni in base a pecise correlazioni con i movimenti del sole e della luna.

Sia il loro orientamento, sia le geometrie interne e le relazioni geografiche tra i vari siti sarebbero quindi stati dettati dal rapporto con gli astri.
Forse proprio l’estremo rispetto del culto delle stelle e per le forze della natura in genere può aver determinato la loro fine improvvisa, arrivata nel momento del loro massimo splendore.

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Un’impressionante vista aerea dell’area del Chaco Canyon

Alfred Witherhill, uno dei cowboy che scoprirono Chaco Canyon, pare sia rimasto impressionato dal suo ingresso nelle abitazioni degli anasazi, tanto da dire: “Quando entrammo nel navajo canyon e scoprimmo le rovine, riportammo il nostro mondo indietro di un numero imprecisato di secoli. Tutto era intatto, esattamente come era stato lasciato dagli abitanti originali. Gli oggetti erano sistemati nelle stanze come se le persone fossero uscite per far visita ai loro vicini. Esemplari perfetti di stoviglie erano adagiati a terra mentre utensili e altri oggetti di ferro e altri attrezzi domestici si trovavano lì dove le donne anasazi li avevano usati per l’ultima volta”.

Che cosa potrebbe essere successo intorno al 1300 per spingere gli abitanti a lasciare la zona in modo precipitoso… ad abbandonare le proprie case?

Dopo mille anni una moltitudine di alcune migliaia di anasazi abbandonò improvvisamente la loro terra spostandosi in un primo momento solo di alcuni chilometri più a nord e, un centinaio di anni più tardi, di altri 500 chilometri più a sud.

Fino a ora sono state fatte diverse ipotesi, ancora però al vaglio degli studiosi.

Si è parlato di un improvviso cambiamento climatico, che avrebbe stravolto sia le culture e il bestiame; altri hanno ipotizzato una serie di invasioni da parte di altri popoli, forse Apache e Navajo che scendevano verso l’Arizona e il Nuovo Messico.

Infine, si è discusso anche di motivi religiosi che avrebbero spinto l’intera comunità a iniziare un esodo guidato dalle stelle.

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Pitture rupestri a Chaco Canyon

Una teoria, quest’ultima, che sembrerebbe trovare un appoggio inaspettato: la destinazione finale di questa migrazione è stata la zona di Casas Grandes, nello stato di Chihuahua, esattamente sullo stesso meridiano di Chaco Canyon, il 108°.

Com’è possibile che un popolo così antico sia riuscito a spostarsi per più di seicento chilometri perfettamente verso l’asse nord-sud? E’ un mistero che va ad aggiungersi agli altri e che rende ancora più enigmatica la civiltà degli Anasazi.

http://www.farwest.it/?p=10964



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MessaggioInviato: 23/11/2013, 15:07 
13 teschi dei biblici Nephilim trovati in Messico?

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Molto di ciò che ci è stato insegnato riguardo la storia antica è semplicemente falso. Secondo l’Istituto Nazionale Messicano di Antropologia e Storia, un gruppo di archeologi che lavora vicino al villaggio messicano di Onavas, ha fatto una scoperta sorprendente. Hanno riferito di aver trovato 13 antichi esemplari umani aventi i crani grossolanamente allungati. Queste sono le fotografie originali. Gli scienziati messicani ci dicono che questi teschi risalgono a circa 1.000 anni fa e che crani di questa natura non sono mai stati trovati in questa regione del Messico prima d’ora. Quindi esattamente, cosa sta succedendo? Questi teschi allungati sono semplicemente il prodotto di un’antica tecnica conosciuta come “cradle-boarding”, o c’è un’altra spiegazione? In realtà potrebbero essere i teschi dei bibblici Nephilim che dimostrano che un’antica razza di ibridi una volta si aggirava sul pianeta? La verità potrebbe essere shockante.

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Questo ritrovamento ha fatto notizia in tutto il mondo. Un sacco di persone sono andate fuori di testa perché questi crani sicuramente non sembrano umani a prima vista. Un breve video report di questa scoperta:



Cosa potrebbe causare l’allungamento così evidente di un cranio umano? Beh, senza dubbio il “cradle-boarding” (noto anche come la deformazione del cranio, dell’appiattimento della testa o della testa vincolante) può avere come conseguenza un cranio allungato in un bambino. E’ una spiegazione decente per la maggior parte degli esemplari di cranio allungato trovati in tutto il mondo.

Tuttavia, non può essere usato come spiegazione per tutti. In effetti, alcuni esemplari di cranio allungato trovati non possono essere stati prodotti dal cradle-boarding.

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Il ricercatore L.A.Marzulli ha visitato la necropoli di Paracas situata sulla costa del Perù, un enorme cimitero deserto. Un museo ad aria aperta da cui sono arrivati una quarantina di teschi. Marzulli ha riportato che “mentre alcuni dei crani erano a forma di “cradle-boarding”, altri sembrano essere veramente anomali, avendo un solo piatto parietale. Alcuni dei teschi hanno anche una grande cresta pronunciata e una cupola a forma di cuore nella parte posteriore che non può essere podrotta dal cradle-boarding”. Ha continuato dicendo che: “credo che siamo di fronte a una sorta di manipolazione genetica … che sono i resti dei Nephilim che abitavano il nostro pianeta circa 3.000, 3.500 anni fa”.

Sì, senza dubbio molti esemplari dal cranio allungato sono stati causati dal cradle-boarding, ma da dove quelle antiche tribù hanno preso l’idea? Cercavano di emulare qualcosa che avevano visto? Stavano cercando di emulare la razza di persone che ad un certo punto della storia aveva regnato su di loro?

Brien Foerster è un esperto che si è occupato ampiamente di questo fenomeno. Secondo lui, non vi è alcuna possibilità che alcuni degli esemplari trovati in Perù, siano stati creati attraverso il processo di deliberata deformazione cranica. Egli ha scoperto che, mentre la maggior parte dei crani mostrano chiari segni di deliberata deformazione cranica, c’è una percentuale di teschi, vale a dire quelli che si trovano a Paracas, in Perù, che sono anatomicamente diversi e non possono essere spiegati come i prodotti di pratiche d’appiattimento. Questi crani, ha detto, “hanno un volume cranico che è del 25% più grande dei teschi umani convenzionali (la deformazione cranica non aumenta il volume), e pesano il 60% in più”. Brien Foerster illustra altre differenze: “contengono due piccoli fori nella parte posteriore del cranio, perpendicolari alla sutura cranica presente nella piastra parietale del cranio. Ogni normale cranio umano è composto di tre principali placche ossee; la piastra frontale, che termina in corrispondenza della parte superiore della fronte e le due piastre parietali che si trovano alla base di questo, intersecando la piastra frontale producendo una forma a “T”. Ogni mascella umana ha un piccolo foro su entrambi i lati, che serve a far passare i nervi e i vasi sanguigni che alimentano il tessuto; questi due fori nella parte posteriore del cranio, possono svolgere la stessa funzione per il cranio allungato. L’altro fattore è che vi è una sola piastra parietale, dove dovrebbero essercene due”.

La maggior parte degli scienziati ignorano quest’informazione in quanto non si trova in sintonia con la loro versione accettata della storia antica.

Fortunatamente, ci sono alcune aree della scienza che stanno iniziando a recuperare il ritardo con la verità. Ad esempio, il seguente estratto è preso da un recente articolo dell’Huffington Post intitolato “Gli esseri umani hanno fatto sesso con Specie Misteriose. Un nuovo studio sul DNA lo dimostra”:

Antichi genomi, uno proveniente dall’uomo di Neanderthal e uno da un gruppo umano arcaico detto “I Denisoviani”, sono stati presentati il 18 novembre in una riunione presso la Royal Society di Londra. Essi suggeriscono che si ebbero incroci tra membri di diversi gruppi umani che vivevano in Europa e in Asia più di 30.000 anni fa.

“Quello che si comincia a intravedere è un mondo tipo quello del ‘Signore dell’Anello’, popolato da diverse popolazioni di ominidi”, ha spiegato Mark Thomas, un genetista evolutivo presso l’University College di Londra, presente alla riunione ma non coinvolto nel lavoro.

Sì, il mondo antico era sicuramente molto più vicino al tipo di quello del “Signore dell’Anello” di quanto la maggior parte delle persone avrebbe mai osato immaginare.

Attualmente gli scienziati ancora non afferrano completamente ciò che i dati stanno dicendo loro. Le teorie che presentano ai media come “fatti” sono in realtà solo teorie che hanno tirato fuori dalla loro immaginazione.

Ma quello che questi scienziati stanno iniziando a capire è che cose davvero strane sono accadute al genoma umano nel mondo antico, ed è anche, quello che gli antichi testi raccontano.

Molti testi antichi (tra cui la Bibbia) ci dicono che molto tempo fa un gruppo di angeli caduti accoppiati con donne umane hanno prodotto una razza di creature ibride conosciute come Nephilim.

Oltre all’incredibile testimonianza contenuta in questi antichi testi, abbiamo anche prove fisiche dell’esistenza di questa razza di creature. Oltre agli scheletri e crani abbiamo anche impronte giganti, tra cui una in particolare di una mano gigante che è stata conservata in una grotta del Nevada.

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La realtà è che un gruppo di giganti potrebbe effettivamente suonare alla porta di casa vostra in questo momento ed ancora molta gente non ci crederebbe.

Perché?

Perché semplicemente non si adatta con quello che ci è stato insegnato durante tutta la vita. Secondo i libri scolastici, nessuna di queste prove dovrebbe esistere. Così la maggior parte della gente continuerà a ignorare ciò che è proprio davanti ai loro occhi.

http://luniversovibra.altervista.org/13 ... n-messico/


Ultima modifica di Atlanticus81 il 23/11/2013, 15:11, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 23/11/2013, 16:44 
caro Atlanticus
Cita:
Alcuni dei teschi hanno anche una grande cresta pronunciata e una cupola a forma di cuore nella parte posteriore che non può essere podrotta dal cradle-boarding


come questo

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visibile al link
http://www.bibliotecapleyades.net/cienc ... neos02.htm

e altri a Malta

ciao
mauro


Ultima modifica di mauro il 23/11/2013, 16:45, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 16/12/2013, 00:13 
“Cugino” dei Denisova, ha 400mila anni: scoperto Dna del progenitore più antico

Ha 400mila anni (il che riconduce alle tavolette sumere e all'arrivo dei primi Anunnaki), è vissuto in Europa, è “cugino” dell’homo di Denisova ed è il più antico antenato che l’homo Sapiens abbia mai “conosciuto”.

Il sorprendente Dna è stato trovato in un femore rinvenuto in uno scavo nel nord della Spagna (il che si ricollega al popolo basco, all'rh negativo e alle ricerche sui cro-magnon) e sposta indietro di 200mila anni la ricostruzione dell’evoluzione umana, che oggi si fonda su basi genetiche.

Il Dna non solo ha una forte importanza nella ricostruzione delle specie che hanno portato fino all’homo Sapiens, ma ha messo in evidenza una stretta parentela tra l’homo misterioso e i Denisoviani, mentre i ricercatori avrebbero pensato di vedere una parentela più stretta con l’homo di Neanderthal.

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La ricerca che ha portato alla scoperta arriva dal gruppo coordinato da Svante Paabo, dell’Istituto Max Planck di Antropologia Evolutiva, ed è stata pubblicata sulla rivista Nature. Gli scienziati hanno inoltre sviluppato un nuovo metodo per l’estrazione di Dna dai fossili, che ha permesso una ricostruzione più accurata del genoma analizzato.

I ricercatori hanno così estratto il Dna che si eredita per via materna, cioè il Dna mitocondriale, dai resti di un ominide scoperto nella grotta di Sima de los Huesos, nella Sierra di Atapuerca. Il fossile, datato a circa 400.000 anni fa, è classificato come Homo heidelbergensis, ma ha anche molti tratti simili ai Neanderthal.

Il suo genoma mitocondriale è stato poi confrontato con il Dna mitocondriale di Neanderthal, Denisoviani, uomini moderni e scimpanzé. È stato così scoperto che l’ominide ha delle affinità genetiche con l’uomo di Denisova, tali da supporre che i due abbiano un antenato in comune.

Matthias Meyer, primo autore dello studio e ricercatore del Max Planck Institute, ha detto: “Questo è solo l’inizio di quello che possiamo fare con la nuova tecnica e i fossili rinvenuti. Dobbiamo ammettere che la scoperta ci ha colto di sorpresa. Ora nuovi e approfonditi studi ci permetteranno di stabilire se questo ominide è stato il progenitore dei Neanderthal e dei Denisoviani, o addirittura un ominide completamente differente”.

Il 18 novembre i ricercatori hanno presentato alla Royal Society di Londra un nuovo studio di alta qualità del genoma dei Neanderthal e dei Denisova, evidenziando come alcune sequenze di Dna dei due estinti progenitori presentassero tracce di un’altra popolazione ancor più arcaica e sconosciuta, che sarebbe vissuta tra Europa e Asia oltre 30mila anni fa.

Neaderthal, Denisova e un “homo” misterioso condivisero il letto e non certo per dormire. Lo studio del genoma dei nostri antichi ed estinti progenitori che vissero oltre 40mila anni fa mostra segni di un Dna ancora più antico e misterioso.

I ricercatori dell’Harvard Medical School, guidati da David Reich, hanno collaborato con Svante Pääbo del Max Plack Institute for Evolutionary Anthropology e hanno scoperto la traccia del Dna di un altro progenitore dell’homo Sapiens nel genoma dell‘homo di Denisova e di Neanderthal recuperato nella grotta di Denisova.

Che l’homo Sapiens avesse “dormito” con Neanderthal e Denisova non è certo un segreto: il Dna umano delle popolazioni originate dai progenitori provenienti dall’Africa ha in comune con i Neanderthal circa il 2% del genoma, mentre il 4% del genoma delle popolazioni aborigene dell’Oceania, dalla Papua Nuova Guinea all’Australia, è condiviso con i Denisova.

Mark Thomas, genetista dell’evoluzione dello University College London ha commentato la ricerca: “Ciò che i risultati suggeriscono è che stiamo osservando una sorta di mondo simile a quello del “Signore degli Anelli” dove diverse popolazioni di ominidi convivevano tra loro”.

Chris Stringer, paleoantropologo del London Natural History Museum, ha commentato la notizia: “Non abbiamo idea di quale popolazione possa trattarsi”. Ma allo stesso tempo lancia la sua ipotesi e parla di homo Heidelbergensis, specie che lasciò l’Africa mezzo milione di anni e che diede vita ai Neanderthal in Europa e che potrebbe aver raggiunto anche l’Asia. L’identità del terzo “homo” nel letto di Neanderthal e Denisova per ora rimane un mistero.

http://www.blitzquotidiano.it/scienza-e ... e-1723213/

http://www.blitzquotidiano.it/scienza-e ... o-1737794/

L'identikit di questo terzo "homo" potrebbe corrispondere al profilo genetico degli "Antichi dei", ovvero i famosi "giganti" dell'antichità?



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MessaggioInviato: 24/12/2013, 01:16 
Posto una domanda che ho fatto in privato ad Atlanticus81 (ovviamente con la sua benedizione e che ringrazio :) ) con la sua relativa risposta :)

Dato che non so per quale motivo il messaggio privato nel quale ho scritto la domanda non è presente nell'elenco la sintetizzo: (rileggendo più che sintetizzarla l'ho allungata ma vabbè -.-)

Praticamente tra un post e l'altro mi è iniziata a frullare per la testa una domanda semplicissima:

A che cavolo serve l'oro?

Ovviamente mi son dato delle risposte, senza però riuscire ad auto convincermi della loro bontà ^_^

La prima risposta, forse la più ovvia vista l'epoca tecnologica in cui viviamo è stata:

1. FESSO, SERVE PER USI TECNOLOGICI; l'oro è uno straordinario conduttore elettrico ed ha fantastiche capacità infrarosse, oltre alla sua facile lavorabilità e la durata infinita nel tempo.
immediatamente una vocina mi ha detto:
perfetto! Solo che l'oro si estrae da migliaia di anni, decine di migliaia, forse ancor prima di estrarre ferro estraevamo oro, ed in più la sbandierata funzione tecnologica è una banalità vista l'enorme massa d'oro estratta a fronte di una quantità infinitesimale effettivamente usata, nonchè il fatto che l'oro ci serve per usi tecnologici da 100\150 anni, e prima?

Conclusione mia personale, l'utilità tecnologica per spiegare la passione per l'oro è una fesseria -.-

La seconda risposta è stata:

2. L'oro dura in eterno, non si deteriora e quindi può essere accantonato ed usato come surrogato delle merci, in sostanza una sorta di MONETA.
il punto è che a prescindere dal fatto che l'oro non è più collegato alla VALUTA e quindi non è più garanzia di scambio da diversi decenni questa risposta genera un'altra domanda:

PERCHE' L'ORO?

L'unica sua caratteristica che potrebbe giustificarne tale uso è la sua durabilità, ma fondamentalmente non ha altre doti appetibili all'uomo (considerato il lungo periodo di estrazione che di fatto comincia con la nostra comparsa, altra cosa abbastanza strana), e ci sono altri metalli che oltre alla durabilità hanno anche caratteristiche fisiche migliori come la resistenza meccanica, in più per quanto raro non è così raro come sembra, ci sono materiali ben più rari e più UTILI.

Dunque perchè questa passione sfrenata ED INNATA nella nostra specie nel cercare un metallo che nei primi 3\4 mila anni dalla sua estrazione non aveva alcun tipo di utilità? E per i successivi secoli, fino ad ora ha assunto utilità MARGINALI per le attività umane nel concreto assumendo solo valore simbolico (sia quello monetario che estetico).

Mi sono sforzato di trovare una risposta che potesse soddisfarmi ma non l'ho trovata, quindi ho mandato il messaggio ad Atlanticus chiedendogli se lui AL NETTO DEGLI ANTICHI DEI riuscisse a trovare una spiegazione logica.

A me gira e rigira e la spiegazione che chiama in causa gli antichi dei è l'unica che mi da un senso di compiutezza logica sotto tutti i punti di vista.

Vi posto la sua risposta nel post che segue.


Ultima modifica di MaxpoweR il 24/12/2013, 01:24, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Ciao Max... perchè non posti questa domanda nel thread dedicato all'oro intitolato appunto "L'oro il metallo degli dei"?

Intanto provo a risponderti sommariamente qui... effettivamente una risposta logica senza tirare in ballo gli "Antichi Dei" faccio fatica a trovarla.

Economicamente potrei dirti che avere una scorta d'oro rappresenta un potere enorme perchè esso non si svaluta a differenza della moneta...

Ma anche questa è una visione parziale in quanto anche l'oro assume valore solo ed esclusivamente perché siamo noi a darglielo.

La stessa cosa la potremmo fare con le conchiglie... i romani se ci pensi lo facevano con il sale (da cui il termine salario)

Se poi consideri che presso i popoli mesoamericani precolombiani l'oro non veniva utilizzato come merce di scambio, ma solo ed esclusivamente a titolo diciamo cerimoniale... eppure quando è arrivato Cortes non hanno esitato un istante a consegnare tutto l'oro nelle mani di ciò che loro avevano confuso come il ritorno di un dio.

Mi spiace Max, ma non riesco a risponderti senza tirare in ballo gli "Antichi Dei"... forse perchè la risposta è proprio lì.

------------------------------------------------------------------------------

questa parte direi che è abbastanza eloquente e riflette anche il mio pensiero.

Cita:
Atlanticus81 ha scritto:
eppure quando è arrivato Cortes non hanno esitato un istante a consegnare tutto l'oro nelle mani di ciò che loro avevano confuso come il ritorno di un dio.


Se è una bene così prezioso perchè consegnarlo nelle mani del primo straniero "alieno-bianco" che te lo chiede? Forse perchè sapevi che quel materiale era per il tuo dio bianco in procinto di tornare?

Quindi la sua utilità era semplicemente per ottemperare a precise indicazioni e non in relazione ad un qualche utilità materiale come il resto di tutte le attività estrattive umane.

Come del resto accade ora.
L'oro estratto non è usato su ampia scala per usi tecnologica anche se lo si potrebbe fare, non è alla base di una economia se non fine a se stessa, viene estratto e stoccato, spostato da una parte all'altra ma sempre immobilizzato...

A me sta cosa mi puzza e pure molto, mi piacerebbe ricevere una risposta esaustiva che non chiami in causa gli antichi dei, perchè a me onestamente non viene in mente.


Ultima modifica di MaxpoweR il 24/12/2013, 01:23, modificato 1 volta in totale.


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Mi sono permesso di riportare questo nostro scambio di battute anche nel thread intitolato "L'oro: il metallo degli dei"

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12279

[;)]



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IL MISTERO DELLA LUNA

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La Luna resta un enigma per gli scienziati in molti aspetti, più la si studia, più diventa una sfera del mistero. Un grande ciclope luminoso che gira intorno alla terra, come fosse un occhio celeste sulle vicende umane. La Luna è più complicata di quanto ci si aspettasse, non è semplicemente una sorta di palla da biliardo congelata nello spazio e nel tempo, come molti scienziati avevano creduto.

Alcune delle domande hanno avuto risposta, ma le rocce lunari portate dall’ Apollo e le registrazioni, hanno generato alcuni misteri davvero incredibili. Tra questi misteri c’è il fatto che la Luna è molto più antica di quanto si immaginava, forse anche molto più vecchia della Terra e del Sole.

La Luna ha almeno tre livelli distinti di rocce. Contrariamente all’idea che gli oggetti più pesanti affondino, le rocce più pesanti si trovano sulla superficie, e c’è una disparità nella distribuzione dei minerali. Se veramente la Terra e la Luna si sono formate nello stesso periodo tempo, una accanto all’altra, perché la Terra ha un forte contenuto di ferro mentre la luna no?

Le differenze suggeriscono che la Terra e la Luna si siano formate l’una lontano dall’altra, il che fa discutere la spiegazione degli astrofisici, su come la Luna divenne un satellite della Terra.

Gli astronauti dell’ Apollo 16, hanno si trovato alcune rocce lunari che contengono pezzi di ferro arrugginito, ma poiché l’ossidazione richiede ossigeno e idrogeno libero, questa ruggine indica che ci dovrebbe essere dell’acqua da qualche parte sulla Luna. Lo sapevate che il lato opposto della Luna contiene molti più crateri e zone montuose di quella visibile?

Isaac Asimov ha scritto oltre 500 libri di fantascienza e scienza in genere.

Asimov scrisse nel 1963: Che diamine ci fa la nostra luna là fuori? È troppo lontana per essere un vero satellite della Terra, e troppo grande per essere stata catturata dalla terra.

Le probabilità di una cattura da parte della Terra, su un’orbita quasi circolare, è una eventualità poco credibile.

Ma se la luna non è un vero satellite della terra né è stata catturata da essa, che cos’è?

Il 20 novembre 1969 l’equipaggio dell’Apollo 12 per la fretta di lasciare il suolo lunare, sganciarono lo stadio di ascesa del modulo, causando un impatto sulla luna, ad una velocità di circa 75 km/h, creando un lunamoto artificiale, con caratteristiche sorprendenti, la luna avrebbe risuonato come un campana per più di un’ora. Secondo la NASA, la Luna avrebbe reagito come un gong.

Gli strumenti sismici registrarono riverberi che sono durati per tre ore e 20 minuti, viaggiando ad una profondità di circa 40 km. Ciò significa che la luna ha un nucleo insolitamente leggero, o addirittura cavo.

Nel corso di una conferenza stampa Maurice Ewing, uno dei co-direttori della sperimentazione sismica, ha dichiarato ai giornalisti che gli scienziati non sapevano spiegare il suono dei riverberi, affermando:

“Per quanto riguarda il loro significato,preferisco non dare un’interpretazione in questo momento. Ma per fare un esempio, è come se qualcuno avesse colpito la campana di una chiesa, un solo colpo ha causato un riverbero continuato per 30 minuti. “

Indiscusse osservazioni.

1. Le rocce lunari riportate a terra sono state datate a circa 5,3 miliardi di anni, e la polvere lunare su cui erano adagiate, è stata datata a circa 6,3 miliardi di anni. Ciò significa che la luna non può provenire dalla terra, datata solo 4,54 miliardi anni.

2. La densità media della luna è di 3.34 g/cm3 (3,34 volte la densità di un uguale volume di acqua), mentre la densità media della Terra è 5.5 g/cm3.

Cosa significa questo? Nel 1962, lo scienziato della NASA Dr. Gordon MacDonald ha dichiarato: “Se i dati astronomici sono ridotti, si è constatato che i dati richiedono che l’interno della Luna è più come una cavità che una sfera omogeneo. “

3. Il satellite della Terra è l’unica luna del sistema solare che ha una orbita circolare quasi perfetta, (anche se ancora tecnicamente ellittica). Un’orbita quasi circolare indica che la luna probabilmente non è stata catturata naturalmente dalla terra, perché l’orbita di un satellite, catturato in modo naturale, è sempre sostanzialmente ellittica.

4. La luna terrestre è l’unica luna del sistema solare che non ruota su se stessa, e mostra sempre lo stesso lato rivolta verso la Terra.

5. Il centro massa della Luna, rispetto alla Terra, è di circa 6.000 metri meno vicino al suo centro geometrico, e dovrebbe causare oscillazione, allora la domanda è: Quale forza o intelligenza ha messo la luna in orbita quasi circolare, con la mancanza di rotazione su se stessa, e senza oscillazioni visto il suo nucleo decentrato? La Teoria che la Luna possa essere o essere stata in un lontano passato, una enorme Astronave, è una teoria supportata da molti dati, come anche per il satellite di Marte Fobos, dal libro: Strani fatti della Luna di “Ronald Regehr” .

Un’altro importante libro sul tema dell’arrivo della luna in orbita attorno alla Terra, con ere cosmologiche e glaciali, è di Henry Kroll, David Hatcher Childress.

Immagine

La nostra Luna è stata preceduta da una Luna più piccola?

A Tiahuanaco (Bolivia), su una parete nel Cortile delle Kalasasaya, vicino alla città di Tiahuanaco, si afferma che la luna arrivò in orbita intorno alla Terra circa 11.500 e 13.000 anni fa, poiché in quel tempo la luna non era ancora in orbita attorno alla Terra.

Il Calendario di Tiahuanaco (noto anche come Porta del Sole), è stato decodificato nel 1940 e nei primi anni 1950 da P. Allan e HS Bellamy. Il libro, “Il Calendario di Tiajuanaco , “è stato pubblicato da Faber and Faber nel 1956.

Il Calendario o Porta del Sole, racconta la storia di una precedente luna più piccola.

Immagine

L’attuale luna non era ancora la compagna della nostra terra, ma era un pianeta esterno indipendente. Ci sarebbe stato un altro satellite intorno alla nostra terra, piuttosto vicino. A causa della sua vicinanza con essa (la luna precedente) si sarebbe spostata intorno alla terra più velocemente di quanto ruoti il nostro pianeta. (come il satellite di Marte ‘Phobos), causando un gran numero di eclissi solari, 37 al mese, 447 in un “anno solare”.

Tali raggruppamenti (37, 447) sono riportati nella scultura, corroborando anche riferimenti incrociati. Simboli diversi mostrano che queste eclissi solari, erano di una certa durata, verificandosi: all’alba, a mezzogiorno, al tramonto. “(Il calendario) indica anche l’inizio dell’anno, i giorni degli equinozi e dei solstizi, l’incidenza dei due giorni intercalari, informazioni sull’ obliquità dell’eclittica (quindi circa 16,5 gradi, ora 23,5) e la latitudine di Tiahuanaco (quindi circa 10 gradi, ora 16,27), e molti altri riferimenti astronomici e geografici presso il quale possono essere calcolati dati interessanti ed importanti o dedotti.

La leggenda Zulu sulla Luna

Il popolo Zulu crede che la luna sia vuota. Secondo la leggenda Zulu, la luna sarebbe stata portato qui centinaia di generazioni fa da due fratelli, Wowane e Mpanku. Questa storia è simile ai racconti Mesopotamici e sumeri, su due fratelli, Enlil ed Enki. La leggenda Zulu narra di Wowane e Mpanku che rubarono la luna sotto forma di un uovo di un “Grande Drago di Fuoco” svuotandone il tuorlo fino a quando non fu vuota, rotolando poi la luna nel cielo alla terra, e causato eventi catastrofici su questo pianeta (la fine dell’età d’oro). La leggenda Zulu dice che la terra era molto diversa prima che la luna arrivasse.

Non c’erano le stagioni e il pianeta era circondato in permanenza da uno strato di vapore acqueo. La gente non sentiva il bagliore del sole come ora, ma potevano solo vederlo attraverso una nebbia acquosa.

La terra era un posto bellissimo, un luogo dolce, lussureggiante e verde con un filo delicato di nebbia, e la furia del sole non c’era. Questo corrobora la prova geologica e paleontologico che il deserto del Sahara una volta era verde.

Lo strato di vapore acque cadde a terra come un diluvio di pioggia, quando la luna fu messa nell’orbita terrestre, in correlazione con la pioggia biblica di 40 giorni e 40 notti.

http://laconsapevolezza.wordpress.com/2 ... ella-luna/


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MessaggioInviato: 20/01/2014, 16:25 
Incredibili concomitanze tra miti lontani migliaia di kilometri... in un tempo in cui la Luna non esisteva ancora nel cielo notturno...

La leggenda di Maui - Leggenda polinesiana

Sono passati ormai tanti secoli da quando il dio Ka-Le, adirato con gli uomini ch'erano diventati malvagi e crudeli, sommerse le terre, innalzandosi sopra le montagne e devastando ogni cosa col suo furore. Solo a un uomo Ka-Le concesse la salvezza: si chiamava Maui ed era così buono e generoso che il dio gli permise di allestire un grande vascello capace di navigare sulle acque infuriate, in attesa che l'oceano si placasse.

Maui ottenne dal dio di portare con sé sull'imbarcazione la gente e gli animali del suo villaggio. E quando Ka-Le, implorato lungamente da Maui, fece tornare il sereno, l'uomo inviò sopra il mare un uccello dalle candide piume. Dopo poco il grazioso animale tornò, portando nel becco un ramoscello. Maui capì allora che la terra era riaffiorata e che di lì a poco anche la loro isola sarebbe tornata ad emergere.

Lentamente le acque si ritirarono e il vascello potette ancorarsi nella baia. I superstiti del diluvio tornarono alle loro terre, a cui il sole pian piano ridonava la vita. A poco a poco tutto tornò come prima e gli uomini cominciarono a ricostruire le case e i villaggi.

Qualche tempo dopo Maui sistemò nella sua canoa delle noci di cocco e due splendide tortore e andò in cerca della dimora del dio Ka-Le, verso il quale sentiva un debito di riconoscenza. Navigò a lungo sulle acque che avevano ripreso il loro colore smeraldino, salutato dagli ultimi voli dei gabbiani e degli albatros che andavano a raggiungere i loro nidi sulle scogliere. Ad un tratto nel cielo apparve la Luna e Maui, che non la conosceva ancora, pensò che si trattasse del volto del dio Ka-Le.

La Luna si avvicinava sempre di più e proiettava sull'acqua cupa dell'oceano un raggio d'argento che sembrava indicare una strada. Maui pensò di seguire quella scia luminosa, per arrivare alla dimora di Ka-Le. Diresse la sua imbarcazione in quella direzione; remò e remò finché non approdò al regno della Luna.

Lassù aprivano le loro corolle meravigliosi fiori che scintillavano nell'oscurità come pietre preziose. Maui si avvicinò alla riva, scese dalla canoa e si avviò portando con sé i doni per Ka-Le.

Tutto intorno era soffuso di un pallido chiarore. Le colline sembravano di cristallo e qua e là occhieggiavano lucenti laghetti su cui biancheggiavano candidi cigni. Le foreste erano di smeraldo e tra gli alberi si udiva una dolce e lontana melodia. Maui guardava estasiato il bellissimo paesaggio e pensava con vergogna alla povertà dei doni che stava recando al re dell'incantevole regno. Al limitare della foresta uno stormo di stupendi uccelli si levò in volo; Maui li seguì e, dopo aver percorso lunghi argentei sentieri, si trovò sulla soglia di uno strano palazzo.

D'improvviso una cascata di luce inondò il cielo e nello stesso istante le porte del palazzo si spalancarono e apparve la Luna. Aveva il volto di perla ed era avvolta in uno splendido manto di pizzo nero tempestato di stelle luccicanti. Maui, tremante di emozione, si inginocchiò davanti a lei e le disse:

- O potente Ka-Le, sono venuto a portarti i miei umili doni e a ringraziarti di aver salvato me e la mia gente dal diluvio.
- lo non sono Ka-Le, ma la Luna, regina del cielo notturno, e questa è la mia dimora - rispose l'astro d'argento.

Maui si scusò e le chiese timidamente se poteva indicargli la strada per raggiungere il regno di Ka-Le.

- È troppo tardi - rispose la Luna. E lentamente svanì insieme al suo palazzo incantato.

Il chiarore delle prime luci del mattino si diffuse d'intorno. Maui tornò triste alla riva, salì sulla canoa e ricominciò a remare. Pensava che il dio Ka-Le non volesse mostrarsi perché non gradiva i suoi doni. Invece Ka-Le aveva seguito dal cielo il viaggio di Maui, ma era rimasto turbato vedendolo approdare al regno della Luna. Quand'ebbe capito il suo errore, volle aiutarlo. Raccolse una manciata di raggi di sole e la gettò sulle goccioline che erano ancora sospese nell'aria. Queste si impadronirono dei raggi, vi si riflessero con tutti i colori e in pochi attimi finirono di tessere una magnifica strada.

Maui alzò lo sguardo e riconobbe, splendente di mille colori, la strada del dio. Riprese a remare con tutte le sue forze e finalmente giunse al suo cospetto. Il dio l'accolse con gioia e lo ringraziò per i doni, che gradì moltissimo. Poi lo salutò con dolcezza. Prima d'andar via Ka-Le finse di dimenticare la luminosa strada sospesa nell'aria, così Maui potette tornare senza fatica alla sua isola.

Questa strada possiamo ancor oggi vederla a volte nel cielo quando, dopo la pioggia, le goccioline sospese nell'aria catturano i raggi del sole: si tratta della lucente strada di Ka-Le, che tutti chiamiamo arcobaleno.

http://www.riflessioni.it/miti-leggende ... a-maui.htm

Quello stesso arcobaleno con cui il dio biblico sancisce il "patto di non aggressione" dopo il Diluvio?
(vedasi l'incipit di Sumeri e Maya: modelli della "Rinascita" http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12280)

La Luna come "dono di dio" in grado di 'stabilizzare' la Terra di modo che non fosse più soggetta a cataclismi come quello che mise fine alla glaciazione di Wurm 12mila anni fa?
(vedasi il thread di E se fossimo qui "a scadenza" http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12199)

[;)]


Ultima modifica di Atlanticus81 il 20/01/2014, 16:31, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 21/01/2014, 14:31 
Riporto un estratto dal seguente sito

http://www.coscienza.org/Diavolo.htm

Per riproporre un quesito la cui risposta e comprensione è fondamentale, dal mio punto di vista, per poter accettare di guardare le cose da un altro punto di vista

[;)]

Cita:

... E Azazel inse­gnò agli uo­mini a far spade, coltello, scudo, corazza da petto e mostrò loro i me­talli e il modo di lavorarli: braccialetti, ornamenti, tingere e a­bbellire le ciglia, pietre, più di tutte le pietre, le pie­tre pre­ziose e scelte, tutte le tinture e (gli mostrò anche) il cambia­mento del mondo... Amezarak istruì tutti gli incantatori ed i tagliatori di radici. Armaros (insegnò) la soluzione degli incantesimi. Baraqal (istruì) gli astrologi. Kobabel (insegnò) i segni degli astri; Temel insegnò l'astrologia e Asradel insegnò il corso della luna...

Per punire tante nefandezze il Signore fa investire la Terra dal Diluvio. I segreti della magia, dell'astrologia, dell'er­bo­risteria e della metallurgia, nonché l'arte della lavora­zione delle pie­tre preziose e quella della preparazione delle tin­ture alchemiche, sono accomunati nella categoria delle conoscenze maledette, rivelate agli uomini dagli angeli corrotti...


Perché quel Signore (che erroneamente identifichiamo con DIO) aveva una paura infinita del fatto che l'Uomo apprendesse queste conoscenze, tanto da tentare di cancellare il tutto approffittando del Diluvio? Perché quei soggetti che si prodigarono a insegnarcele vennero denigrati come angeli corrotti addirittura demoni?

Qual è il nome di quel Signore e la sua collocazione nella "Scacchiera"?

Ecco la mia risposta: Enlil, Player A, che aveva una fo**uta paura che con quelle conoscenze l'Uomo sarebbe stato in grado di abbattere il potere centrale Anunnako e inoltre di distruggere il pianeta e autoannientarsi...

(Yahweh non ha ancora fatto la sua comparsa sulla scena, ma la farà presto...)



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