Caro Stato, io smetto di pagare le tassePubblichiamo la lettera-sfogo di un piccolo imprenditore: "Non sono un ladro né un evasore, ma mi rifiuto di continuare a contribuire al mantenimento della classe politica parassitaria che ci governa". La stessa che "tassa dopo tassa mi ha portato allo stremo"
di
Giuseppe Barresi
Mi chiamo
Barresi Giuseppe, lavoratore e prima ancora padre e nonno di famiglia, dichiaro apertamente di
non riuscire più a pagare, con i miei incassi, tutte quelle tasse che lo Stato mi chiede. Mi appello ai principi dello stato di necessità e della
capacità contributiva proporzionale al proprio
reddito, stabiliti rispettivamente dagli Art. 54 c.p. e 53 Cost. per legittimare il mio
rifiuto categorico di continuare a contribuire, attraverso le tasse, alle spese per il mantenimento dei privilegi della classe politica che ci governa, vera protagonista di questa crisi economica.
Con le loro scelte hanno mantenuto uno
Stato parassitario, e scaricato le proprie responsabilità verso le categorie più deboli, in particolare piccoli
commercianti e
artigiani. Tassa dopo tassa ci hanno portato allo stremo e oltre, spesso inducendoci a pensare seriamente al
suicidio. E questa è l’accusa maggiore che faccio ai nostri governanti:
induzione al Suicidio. In questi anni ho cercato di pagare le bollette, che sono quadruplicate, ho cercato di pagare le tasse comunque quadruplicate, ho cercato di mantenere in vita la mia attività portando al minimo i
costi di gestione e riducendo le mie entrate, perché costretto ad
abbassare i prezzi (nonostante l’
Iva) per mantenere la clientela.
Di conseguenza ribadisco apertamente di non poter più pagare ulteriori tasse:
non sono un delinquente, non sono un ladro e
non voglio essere un evasore, ma davanti a una politica che continua insensatamente a mantenere privilegi e
costi sproporzionati, vergognosi e irrispettosi nei confronti di tutti i lavoratori di questo paese, inizio questa protesta economica appellandomi ai due sopracitati principi:
Art. 54 co.1 del Codice penale: stato di necessità. Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Il vertiginoso e incontrollato aumento delle tasse ha prodotto un danno grave e attuale alla mia famiglia mettendo in pericolo soprattutto il futuro dei miei figli e nipoti.
Art.53 co.1 della Costituzione italiana: tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Io
non incasso abbastanza per pagare tutte queste tasse e se non incasso abbastanza vuol dire che c’è qualcosa nei conti dello Stato che
non funziona e quindi essendo cittadino italiano esigo che lo
Stato si faccia garante della mia condizione familiare. #IOnonMIammazzo.
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ho cercato di mantenere in vita la mia attività portando al minimo i costi di gestione e riducendo le mie entrate, perché costretto ad abbassare i prezzi (nonostante l’Iva) per mantenere la clientela.
Questo lo dovrebbe fare anche lo stato invece di sperperare soldi dei contribuenti allo stremo per opere non prioritarie.