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 Oggetto del messaggio: Il Lapis Exillis: alla ricerca del Graal
MessaggioInviato: 09/09/2012, 20:05 
Non è facile parlare di un mito tanto discusso e sviscerato nei suoi possibili significati come quello del Graal. Su di esso sono già state impiegate fin troppe parole, e forse, più cerchiamo di spiegarlo, più rischiamo di allontanarci dal suo vero significato. Ma il fascino di questa leggenda, che ha infiammato i cuori di non pochi scrittori e ispirato saghe e simbolismi di varie e contrastanti culture, pare che abbia il potere di rimanere inalterato nel tempo.

Il Graal è comunemente accostato al contenitore che raccolse e conservò il sangue di Cristo, ma in realtà si tratta di un mito molto più antico. L’accostamento con il simbolismo cristiano è nato nel medioevo, quando il mito conobbe momenti di grande gloria e i racconti sul Graal fiorirono e sbocciarono come dal nulla. Nel periodo che va dalla fine del XII secolo alla metà del XIII comparve in tutta Europa un vasto corpus di testi che proponevano il Graal in tutte le sue possibili varianti. Tra queste, l’interpretazione dei monaci cristiani ebbe il sopravvento sull’anima celtica della leggenda, e l’errore storico fu perpetrato e ratificato dalla cultura ufficiale.

L’origine del termine “Graal” si fa risalire al termine latino Gradalis, che vuol dire scudella lata et aliquantun profunda, cioè una scodella o un vaso: questi oggetti nella mitologia classica simboleggiavano il potere benefico delle forze superiori… basta pensare alla Cornucopia dei Greci e dei Romani. Ma cos’è fisicamente il Graal? Il primo a nominarlo fu Chretien de Troyes nella sua opera “Perceval le Gallois ou le Compte du Graal” nel 1190: viene visto come una coppa, ma non ci sono riferimenti di un suo legame con Gesù.

Solamente nel 1202 Robert de Baron nella sua opera Joseph d’Arimathie legherà in maniera indissolubile il Graal con il calice dell’Ultima Cena, nel quale in seguito Giuseppe d’Arimatea raccolse il di Gesù crocifisso.
Verso il XIII secolo, sua concezione muta radicalmente: il Graal viene addirittura associato ad un libro che scrisse Gesù stesso e che poteva essere letto solamente da qualcuno eletto da Dio. Questo perché le verità scritte se narrate agli uomini potevano sconvolgere i quattro elementi e scatenare un terribile potere!

Intorno al 1210 si assiste ad una nuova rivisitazione del Graal: il tedesco Wolfram Von Eschenbach nella sua opera Parzifal lo descrive come una pietra purissima, chiamata lapis exillis: il suo potere era tale che “se un uomo continuasse a guardarla per duecento anni, il suo aspetto non cambierebbe: forse solo i suoi capelli diverrebbero grigi”. Leggendo questo incredibile potere si è pensato che il termine lapis exillis derivasse dal latino lapis ex coelis, cioè “pietra caduta dal cielo”.

Se si tratta di una pietra caduta dal cielo, assai simile dunque alla pietra nera custodita nella Ka'Ba alla Mecca, le caratteristiche del Graal cambiano decisamente. Come la pietra di Fal, il Graal diviene non strumento di immortalità ma mezzo per trasmutare la materia vile in materia divina: il ferro in oro, o meglio, sviscerando il significato esoterico dell’atto della trasmutazione, l'anima umana in essenza divina. La coppa-pietra assume così un ruolo cristico-gnostico, è essa stessa Gesù: anzi, è lo strumento che manca a Satana per conquistare il mondo e il suo possesso è in grado di decidere le sorti del mondo e dell'universo.

I romanzi successivi del ciclo del Graal, come il Lancelot di Rober de Boron o il Peredur e il Perlesvaus, accentuano questo aspetto. Si torna al concetto di oggetto magico, in grado di stabilire le sorti del mondo, ed è questo il significato che nel Romanticismo diede alla coppa dell'eucarestia il musicista Richard Wagner nell'opera Parsifal che tanta influenza ebbe sui Nazisti il secolo dopo. E in effetti, la musica wagneriana portò alle forsennate ricerche del Graal in stile Indiana Jones da parte delle SS di Himmler comprensive di resoconti sognati fatti al "povero" Adolf Hitler rimasto orfano della sua arma definitiva per la conquista della Terra.

Ma forse la chiave di volta del Graal è proprio l'interpretazione ultima dei Nazisti; non è il riferimento alla coppa dell'Ultima Cena, ma a qualcosa di più antico e veramente esplosivo in grado di cambiare le sorti di una guerra. Il costante e continuo riferimento delle cattedrali gotiche che mettono il relazione la coppa ai cavalieri Templari fa pensare al Graal a qualcosa di legato al tempio di Salomone a Gerusalemme: l'Arca dell'Alleanza, che non dimentichiamo era in grado di distruggere intere città o di folgorare chi la toccava senza protezioni! E' questo il vero aspetto del Graal, un oggetto tecnologico che secondo alcuni studiosi eterodossi era custodito ai tempi dei Faraoni nella Grande Piramide di Giza e che Mosé rubò al momento della fuga degli Ebrei dall'Egitto?

Forse abbiamo tutti ragione, nel senso che il Graal è contemporaneamente sia strumento che simbolo; strumento tecnologico di una civiltà perduta donata agli uomini affinché ne facciano buon uso, ovvero per percorrere il cammino della Conoscenza, il processo alchemico-esoterico che porta al corpo di luce, massima consapevolezza della propria essenza divina us cui il messaggio cristiano originale voleva condurre gli uomini; conoscenza che il Graal stesso simboleggia.

In realtà il mito che segnò così profondamente la cultura dell’Europa medievale era di chiare origini pagane. Quando Chretien de Troyes, intorno al 1181, introdusse il Graal nel suo “Perceval”, nessuno aveva mai sentito ancora nominare questo strano oggetto, e di certo, nel suo romanzo, Chretien non fornisce alcun elemento per poter accostare il Graal all’esoterismo cristiano.

Si sa che Chretien de Troyes basava i suoi romanzi sul background folklorizzato di leggende mantenutesi nelle aree celtiche fino ad allora sopravvissute, come l’antica Armorica (l’attuale Bretagna), la Cornovaglia, il Galles.

Il “Perceval” è una sorta di iniziazione cavalleresca incentrata sul mistero del Graal; ma nonostante il romanzo ruoti attorno al Graal, il significato di quest’ultimo rimane oscuro, e l’autore non fornisce alcun elemento per farsene anche solo una remota idea.

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L’apparizione del Graal alla Tavola Rotonda in un dipinto medievale. Il dipinto evidenzia la forma della tavola forata al centro, secondo l’antico simbolismo della ruota forata dei Celti

Il Graal fa la sua comparsa in una strana processione, nel bel mezzo di un banchetto regale: i valletti del Re portano una lancia bianca, un candeliere d'oro fino, un piatto d’argento e infine il regalo più prezioso, il Graal. “Quando il Graal fu portato nella stanza, da esso si diffuse un tale chiarore che le candele persero la loro luce come le stelle quando si leva il sole o la luna.”

Da questi scarni e oscuri accenni al misterioso oggetto chiamato Graal scaturirà una ricca letteratura che segnerà profondamente la cultura medievale. Il romanzo di Chretien, pur se incompiuto, ebbe uno straordinario successo, ed ebbe il merito (o il demerito?) di creare una moda. Tra i testi più famosi: il “Parzival” di Wolfram von Eschenbach, il “Peredur”, un racconto gallese della raccolta dei Mabinogion, e il “Roman de l’Estoire du Graal” di Robert de Boron.

Nel XIII secolo il mito era ormai famoso, e la “cerca del Graal” era definitivamente identificata come la missione spirituale dei Cavalieri della Tavola Rotonda: una via mistica, costellata di prove iniziatiche, che aveva come obiettivo la conquista dell’ambito oggetto, fonte di conoscenza e benessere spirituale. Una leggenda simbolica di cui molte scuole spirituali si attribuirono la paternità, sfruttando a proprio uso e consumo l’obiettivo finale.

L’opera di cristianizzazione in atto in Europa convertì la leggenda secondo criteri cristici, e così il Graal divenne il contenitore che raccolse il sangue di Cristo, e la cerca del Graal fu tradotta nel misticismo cristiano.

Cercare di addentrarsi nel significato del Graal secondo le leggende celtiche, e nel mondo celtico in generale, tuttavia non è facile né a portata di tutti. Le fonti e le testimonianze originali giungono da quegli autori che rappresentano la cultura che ha cancellato i Celti dalla storia, ovvero i romani e i monaci medievali; facile immaginare come tali fonti risentano dell’influenza della storia narrata dai vincitori.

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La Tavola Rotonda dove è rappresentato il ritratto di Re Artù in un grande dipinto su legno conservato nel castello normanno di Winchester

Ma il patrimonio dell’umanità non è costituito solo dai monumenti architettonici del passato: esiste un grande patrimonio tramandato dalla memoria storica dell’umanità, costituito dai miti e dalle leggende di tutti i popoli della terra, che ostinatamente accompagna la storia dell’uomo, pronto per essere interpretato e ricomposto come un enorme puzzle, e geloso custode di millenari miti e di ancestrali insegnamenti.

E’ proprio da tale patrimonio che possiamo attingere per eludere la censura della storia, per provare a farci un’idea dell’insegnamento conservato nel Graal. Ed è proprio così che di fatto inizia un percorso, quel percorso che anticamente venne definito come la “Cerca del Graal”: un sentiero individuale, personale, alla ricerca del Graal ma anche alla scoperta di se stessi.

Che cosa spinse Chretien de Troyes ad introdurre il Graal nei suoi racconti? E da quali fonti attingeva per le sue ispirazioni? E ancora: che cosa rappresentano quei quattro elementi che ricorrono nella processione del Graal?

Per quest'ultimo quesito, dall'antica tradizione irlandese arriva uno spunto che ci viene in aiuto riproponendoci quattro elementi sotto forma di altrettanti "doni" che venivano fatti agli ancestrali Re d'Irlanda, gli Ard-Rì, provenienti dai mitici Tuatha De Danann: la lancia, la spada, la coppa e la pietra. Un'usanza che ancora oggi viene in parte conservata nel Regno Unito: la "Stone of Scone", la pietra su cui vengono incoronati i reali d'Inghilterra, è appunto uno di questi quattro doni e, secondo la leggenda, viene tramandata da tempi immemorabili. Quattro doni che ovviamente avevano un significato altamente simbolico, e che forse ci possono aiutare per iniziare ad addentrarci nel segreto del Graal.

Secondo l’esoterismo del Graal, questi quattro elementi costituiscono altrettante esperienze formative che hanno lo scopo di forgiare spiritualmente l'iniziato nelle sue conquiste metafisiche. Una sorta di cammino mistico che necessita di strumenti, come i sopracitati quattro "doni", per poter essere realizzato nella maniera idonea.

Se Chretien introdusse e sottolineò questi quattro capisaldi della via mistica del Graal, non lo fece certo per caso: in un momento in cui la conversione cristiana era dilagante, egli sentì l'impulso di dare una provocazione introducendo elementi pagani raccolti da tradizioni precedenti. Forse non riuscì nel suo intento, vista l'interpretazione che ne fu data in seguito, ma di sicuro lasciò una traccia indelebile che pose l'accento su un mito universale che mal si prestava ad essere strumentalizzato, e che di sicuro fa riflettere gente di ogni tempo e luogo.

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Il Calderone di Gundestrup conservato nel Museo Nazionale Danese di Copenhagen, una coppa di argento massiccio con un diametro di 69 cm.
Il Calderone è stato ritrovato nel II secolo a.C. nello Jutland, ma proviene dal Mar Nero. E’ composto da 13 placche che rappresentano altrettante etnie, lontane tra di loro migliaia di chilometri. Il Calderone ha evidenziato contatti culturali che si estendevano per almeno 6000 chilometri e rappresenta la celebrazione dell’unione di culture diverse


Nelle leggende celtiche appare evidente come il Graal sia un oggetto immateriale, esperienza e insieme cammino iniziatico, una via mistica alla ricerca della conoscenza. Tutte le leggende celtiche, di qualsiasi paese, risentono fortemente del simbolismo del Graal; si può dire che in questo mito ci sia il senso stesso della spiritualità del mondo celtico. Ma ciò che colpisce nel corpus delle leggende celtiche legate al Graal è la somiglianza con altri miti, lontani tra di loro nello spazio e nel tempo.

Se proviamo a tracciare una scheda dei punti salienti della leggenda, potremo confrontarla con altri miti storici per penetrarne il significato. I punti salienti sono:
. il Graal è un oggetto immateriale, talvolta raffigurato come una coppa, talvolta come una pietra preziosa;
. il Graal è stato donato agli uomini da una stirpe divina in un’epoca primordiale;
. il Graal proviene da un altro mondo e compare periodicamente nella storia dell’uomo;
. il Graal è dispensatore di benessere e di conoscenza;
. il Graal rappresenta una porta verso un piano di realtà normalmente inaccessibile all’uomo.

In molte leggende dei popoli della terra possiamo trovare gli stessi elementi: il Graal, sotto forma di coppa o di pietra (per la maggior parte dei casi uno smeraldo o una pietra verde), emerge da un mondo parallelo al nostro e dispensa conoscenza e benessere a chi ne entra in possesso.

Possiamo citare la coppa donata dai mitici Tuatha De Danann della mitologia irlandese agli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda; oppure la cornucopia della mitologia greca, ovvero il corno proveniente dalla capra di Zeus, con proprietà simili ai calderoni della mitologia celtica; oppure la coppa della mitologia nordica ricavata dal cranio del gigante Ymir, vista la sede dove ha avuto luogo la nascita dell’Uomo Primordiale. Ma anche la pietra verde raffigurante una divinità precolombiana, la dea dell’acqua Chalchihuitli; o la divinità peruviana Pachacaman, raffigurata come “luminosa e verde”, o ancora lo smeraldo con cui il sacerdote Quetzalcoatl otteneva la propria potenza dalle stelle.

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Statua preistorica del popolo Yoruba dell’Africa del Nord, raffigurante una figura femminile che tiene in mano la Coppa della Conoscenza

Frammenti di un puzzle che ci fa intuire qualcosa che trapela al di là dell’apparente puerilità di leggende giunte a noi frammentate e oscure. Pezzetti di una storia che ci parla di un’era in cui l’umanità conobbe antichi splendori e lascia trapelare una realtà posta al di là dell’ovvietà.
Presso gli aborigeni australiani questa dimensione viene chiamata “alcheringa”, tradotta con il termine di “dreamtime”, il Tempo del Sogno.

Il dreamtime è una dimensione parallela che trae le sue origini da un’esperienza vissuta dall’umanità dei primordi, manenuta viva, in modo segretissimo, dalla tradizione sciamanica delle società iniziatiche degli aborigeni. Una condizione di eterno presente, tra visibile e invisibile, che si proietta tra passato e futuro, in continuum esperienziale a cui si può accedere solo con la chiave adatta.

Una credenza analoga la troviamo presso gli indiani Hopi, che periodicamente si recano nei posti sacri per incontrarsi spiritualmente con i loro antenati totemici, i mitici Katchina, molto simili per significato e funzione ai Tuatha De Danann della tradizione celtica. E proprio il mito dei Tuatha De Danann ci offre la chiave di volta per capire qualcosa di più del significato del Graal.

La leggenda racconta del mitico incontro tra esseri divini provenienti dalle terre “a nord del mondo”, i Tuatha De Danann, e gli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda. Questi mitici esseri regalarono agli Ard-Rì il Graal. Da questo incontro, secondo la leggenda, nacque la tradizione druidica che diede vita a tutta la cultura celtica e costituì il collante essenziale per popoli diversi e lontani fra loro.

Una pietra esile, fragile, magari un computer ante-litteram che contiene nozioni di altri mondi, un oggetto difficile da comprendere per menti semplici come quelle dei servi della gleba medievali ma che oggi anche per i comuni cittadini potrebbe assumere un senso compiuto. E chissà, forse potrebbe anche essere un oggetto piccolo, come la scatola che Berengere Saunière, parroco di Rennes-le-Château, consegnò ad Antoni Gaudì nel 1896 affinché fosse murata nella cripta della Sagrada Familia di Barcellona.

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La Sagrada Famiglia

Nella cripta della Sagrada Familia di Barcellona sarebbe nascosta una scatola consegnata da Berengere Saunière, parroco di Rennes-le-Château, ad Antoni Gaudì nel 1896. Il parroco francese era divenuto estremamente ricco dopo aver trovato, durante i lavori di ristrutturazione della sua chiesetta sui Pirenei, documenti e pergamene estremamente antichi che nascondevano un segreto inconfessabile. In pochi anni il prete divenne amico di nobili e uomini della massoneria e strinse un profondo legame con la cantante lirica Emma Calvé, appassionata di esoterismo e legata a molti circoli culturali.

La Calvé era anche amica di Gaudì, architetto visionario che in quegli anni stava cambiando il volto a Barcellona: e così Saunière decise di affidare all'architetto catalano un importante oggetto, custodito in un involucro delle dimensioni di una scatola di scarpe, che egli aveva rinvenuto nella cripta segreta della sua chiesa.

Gaudí sperimentò una via autonoma nel terreno della spiritualità, situata, c'è da dire, nell'ambito della ortodossia cattolica, ma con una pratica che andava aldilà del cattolicesimo. Infatti nelle costruzioni gaudiniane abbondano segni e simboli che sono patrimonio di determinate società segrete. Tutti i biografi di Gaudí coincidono nel segnalare che, nella giovinezza, l'architetto si sentì attratto dalle idee sociali avanzate da Fourier e Ruskin, e che mantenne rapporti con i movimenti sociali più avanzati dell'epoca.

La sua amicizia con socialisti utopici e anarchici, che avevano rapporti con gli ambienti massonici, evidente nei suoi primi lavori, ci spinge a pensare che forse fu in questi ambienti dove Gaudí venne a contatto con una loggia. Si conosce persino la sua appartenenza a curiose associazioni di escursionismo dell'epoca (la cui finalità andava oltre le semplici gite e i picnic campestri). Alcuni dei suoi biografi adducono che Gaudí fu massone e che alcune delle sue opere come '"La Sagrada Familia" e il "Parque Güell" hanno molteplici simboli della massoneria.

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Gaudì

Di che si trattava? Documenti segreti della dinastia dei Merovingi, che a Rennes-le-Château avevano un'importante sede? Qualcosa proveniente dalla presunta tomba di Gesù? Oppure il misterioso oggetto che custodivano i Catari durante la Crociata contro gli Albigesi e che quattro fedeli portarono via durante l'ultima battaglia dalla fortezza di Montsegur, calandosi per centinaia di metri negli strapiombi intorno alla montagna?
L'intera area era stata poi secoli dopo ultimo rifugio dei Catari, la setta gnostica completamente annicchilita alle forze cristiane che per estirparla indissero perfino una crociata, quella celebre "degli Albigesi".

Cosa trovò Sauniere? Un segreto così importante che fu convocato d'urgenza a Parigi, dal cardinale di Francia, per discuterne. Dopo numerosi conciliaboli con il Vaticano, gli fu ordinato di chiudere e sigillare il tutto. Ma evidentemente qualcosa non riposizionò al suo posto, poiché Sauniere divenne ricchissimo e su consiglio della cantante lirica Emma Calvé, donò appunto l'oggetto misterioso a Gaudì.

Cosa poteva essere quell'oggetto? Certo era qualcosa di piccolo, non superiore in dimensioni a una scatola di scarpe, probabilmente…
Escludendo che fosse qualcosa di visigotico, magari qualche ornamento d'oro depredato dai barbari nelle loro razzie, occorre pensare ai Catari e alla crociata che subirono. Certo, politicamente in quella guerra c'era la questione del controllo del meridione della Francia da parte di stirpi rivali: da una parte le eretiche Provenza e Linguadoca, libertarie e tolleranti verso religione e cultura e di impostazione filo-catara, e dall'altra il nord assolutista e filo-cattolico.

La crociata si risolse a favore dei secondi, ma fu di una brutalità inaudita, si videro episodi inumani e i roghi degli adepti dell'eresia catara illuminavano a decine le notti. Si andò avanti così per trent'anni, anche se le persecuzioni non finirono certo con la tregua delle armi: le comunità catare dovettero rifugiarsi sulle vette più alte, come la celebre fortezza di Montsegur, a poca distanza da Rennes-le-Château, per resistere strenuamente alle forze crociate. In pochi ricordano che l'Inquisizione fu "inventata" in questa circostanza…

Per quale motivo la Chiesa di Roma aveva così tanta paura di questa setta ereticale che era diffusa, sì, ma che comunque era alquanto circoscritta alle zone più meridionali della Francia? La guerra distrusse la maggioranza delle roccheforti catare ma servì ad ottenere l'effetto opposto, spargendo sia nell'Italia settentrionale che in Catalogna e Aragona i profughi catari, che ebbero modo di fondersi con la popolazione e di diffondere segretamente il loro credo in quelle terre.

Questo accadde nel XIII Secolo: vale la pena dire come a questa crociata non parteciparono né i Templari né i cavalieri Ospitalieri, l'odierno Ordine di Malta; e anche che in soccorso ai Catari giunse l'aiuto (eccezionale nei termini) del re di Aragona Pietro II detto Il Cattolico. Il re, che fu scomunicato nonostanza la devozione dimostrata negli anni antecedenti, fu purtroppo ucciso nella battaglia di Muret del 1213.

Che dire di questo genocidio? E' bene ricordare come per i Catari Gesù non morì sulla croce e che non fosse figlio di Dio: ma un uomo illuminato, un re-sacerdote assimilabile a Melkisedek di Ur che scambiò con il profeta Abramo la Coppa della Conoscenza, ricavata dalla gemma che cadde a Lucifero durante la battaglia degli angeli decaduti. Per i Catari questa coppa era associabile al Santo Graal e passò di mano in mano a Giacobbe (quello della Porta Coeli), a Mosé, a Davide, a Salomone fino agli Esseni Genazeriti che lo passarono alla reincarnazione del Melkisedek originario: Gesù il re del mondo. Gesù che non morì sulla croce ma salvatosi dalla crocifissione grazie all'aiuto del fratello Giacomo, raggiunse la moglie-sacerdotessa Maddalena in Francia dove diede vita alla stirpe dei Merovingi.

Dopo lo spodestamento di questi ultimi ad opera di Carlo Martello, carolingio, i discendenti di Gesù migrarono al sud della Francia dove vivevano ancora a quel tempo…

Graal significherebbe, secondo questa tesi, "sangue reale": infatti solitamente la parola non è mai scritta senza l'epiteto "Santo", "Santo Graal": in latino medievale, San Graal oppure Sang Raal, "Sangue Reale". Il sangue dei re è quello di Re David di Israele, la stirpe davidica, la vera discendente dal primo uomo Adamo.

Le prove a sostegno di questa tesi sono tante e sorprendenti, a cominciare dal mai chiarito episodio delle nozze di Cana citato nei Vangeli. Se Gesù non è morto sulla croce, se si è sposato e ha generato figli, si comprende come il segreto del Santo Graal divenga il più esplosivo e potente strumento per disintegrare il mondo come lo intendiamo oggi.

Come si vede, una storia sufficiente a far bruciare sul rogo anche Dan Brown e il suo Codice da Vinci che ne narra le vicende, figuriamoci dei poveri contadini provenzali del 1200! Fatto sta che secondo queste tesi catare, il Graal inteso come coppa o gemma si è salvato nei secoli ed è stato nascosto da qualche parte proprio da quattro catari che calandosi come freeclimber dalle rocce a picco di Montsegur durante l'assedio crociato, riuscirono a sottrarsi al massacro degli uomini capitanati dal vile Simone di Monfort.

Ma dove era finito quell'oggetto? Ed era davvero la coppa-gemma di Melkisedek? La questione si complica alquanto "grazie" alla fantasia del trovatore Wolfram von Eschenbach, autore di uno splendido romanzo medievale sulla "qûete du Graal": il "Parzifal" è un'opera bella e misteriosa ambientata in un castello del Graal che sta sui Pirenei e che si chiama appunto "Montsalvesche", difeso da cavalieri che si chiamano "Templeisen" e che custodisce precisamente la reliquia, che non è la coppa del calice dell'Ultima Cena di Gesù (e in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue uscito dal costato dello stesso trafitto dalla lancia del centurione Longino), bensì una pietra, denominata "Lapis Exilis" (tradotto di volta in volta come "pietra esile" o "pietra del cielo").

Una pietra del cielo, come celeste era la gemma luciferina. Fatto sta che in tedesco Montsalvaesche vuol dire Monte Salvato, Monte Sagrato, Monte Serrato…

Seicento anni dopo, col rifiorire delle passioni romantico-esoteriche nell'800 tornò in auge il tema del Graal e della sua ricerca. Da qui nacquero gruppi occultistici anche inquietanti che diedero origine, tra gli altri al Nazismo; da qui il grande compositore tedesco Richard Wagner trovò ispirazione per creare un'opera splendida (per quanto tacciata di nazismo). Il "Parsifal" wagneriano riprendeva la storia duecentesca di Wolfram von Eschenbach e ambientava la ricerca del Santo Graal appunto nella Catalogna pirenaica… Anche se Montserrat non è a ridosso dei Pirenei, distante neppure è. E dunque quale posto era migliore di questo per custodirvi la reliquia delle reliquie?

Alla vicenda si interessò anni dopo uno schizoide fanatico di occultismo che però tanto lavoro a noi studiosi del mistero ha regalato: Heinrich Himmler, il capo delle Schutzstaffels, le famigerate SS dell'esercito hitleriano. Himmler per anni legò il suo nome alla ricerca di oggetti che confermassero le origini ariane (e dunque atlantideo-aghartiane) del popolo tedesco e come un vero pazzo girò il mondo, dal Tibet allo Yucatan, alla ricerca di reperti in grado di dimostrare questa superiorità.

Era ovvio che si interessasse (anche solo "per darvi un'occhiata") al Montsalvaesche wagneriano: perfino le leggende catalane dicevano che il Santo Graal era nascosto qui, sorvegliato dalla Moreneta.

Il Graal compare in tutte le saghe e le leggende celtiche, dove molto spesso le battaglie e le imprese cavalleresche sono simbolismi di un viaggio iniziatico, e dove la vita e la morte assumono lo stesso valore. Le prove, spesso sovrumane, a cui è sottoposto il cavaliere alla conquista del “suo” Graal, sono facilmente interpretabili come prove iniziatiche per raggiungere quello stato trascendente che è meta di ogni iniziato.

Man mano che ci si addentra nel percorso alla scoperta di questo mito ci si accorge che si ha a che fare con un simbolo universale, infinitamente più antico e più vasto del corpus di leggende medievali che lo hanno reso famoso.

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Una coppa preistorica ritrovata a Nazca, in Perù. Il simbolo della coppa è presente negli oggetti rituali dei ritrovamenti pre-colombiani

Paragonandone il significato con altre tradizioni, confrontandolo con simboli di altre culture, constatiamo che non si può restringere il Graal nella visione di un mito dell'Europa medievale, ma lo si deve collocare in un'accezione più ampia, sia storica che geografica; solo così si può cercare di avvicinarsi al suo reale significato. Occorre andare indietro nel tempo e, se i dati storici iniziano a sfumare nella leggenda, rivolgersi a quelle tradizioni mitiche apparentemente spazzate via dalla storia, ma che hanno lasciato profonde tracce nelle credenze popolari che in definitiva costituiscono la memoria storica dell'umanità.

Solo così potremo forse darci delle risposte su un mito apparentemente oscuro e misterioso, ed estrapolarlo da un contesto folkloristico fine a se stesso.

Quando ci si addentra nel mito del Graal, alla ricerca del suo vero significato, non è difficile trovarsi in una dimensione al di là del visibile. Inizia un percorso personale fatto di magia e mistero, e i confini tra conoscibile e inconoscibile diventano sempre più flebili. Il Graal è un mito senza tempo, un oggetto immateriale che ogni tanto sembra ricomparire dalle pieghe della storia per ricordarci il mistero della nostra esistenza.

Forse il Graal rappresenta l’esperienza evolutiva che è in ognuno di noi; forse è una profezia in attesa del suo inevitabile compimento.

Forse è la comune intuizione del Graal che ha guidato i Cavalieri di ogni tempo alla ricerca di un mondo migliore, in un percorso interiore verso il mistero più fitto; così come è stato per bardi e poeti di ieri e di oggi, attori inconsapevoli di un copione già scritto, tutti viandanti alla ricerca del Graal, la chiave per accedere a quella Conoscenza, la coppa da cui dissetarsi di quella “Eredità degli Antichi Dei” già presente in ciascuno di noi.


Fonti:

http://www.centrostudilaruna.it/wolfram ... graal.html

http://www.metamorfosi-aliene.it/argome ... graal.html

http://www.shan-newspaper.com/web/tradi ... cerca.html

http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.1791



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Un approfondimento sulla affiliazione di Gaudì alla massoneria.

GAUDÍ , LA MASSONERIA E L'ESOTERISMO

Che Gaudí fosse cattolico praticante e devoto, non c'è il minimo dubbio, e che alcuni dei simboli utilizzati dall'architetto siano, senza dubbio, cristiani, nemmeno. Tuttavia, esistono altri simboli nella sua opera (la X, i pennacchi, i compassi, elementi alchemici, il serpente ascendente, ecc.) che vanno oltre l'ambito della simbologia cattolica e la loro spiegazione non può rifarsi strettamente ad essa.

Quindi, si potrebbe dire che Gaudí sperimentò una via autonoma nel terreno della spiritualità, situata, c'è da dire, nell'ambito della ortodossia cattolica, ma con una pratica che andava aldilà del cattolicesimo. Infatti nelle costruzioni gaudiniane abbondano segni e simboli che sono patrimonio di determinate società segrete. Tutti i biografi di Gaudí coincidono nel segnalare che, nella giovinezza, l'architetto si sentì attratto dalle idee sociali avanzate da Fourier e Ruskin, e che mantenne rapporti con i movimenti sociali più avanzati dell'epoca.

La sua amicizia con socialisti utopici e anarchici, che avevano rapporti con gli ambienti massonici, evidente nei suoi primi lavori, ci spinge a pensare che forse fu in questi ambienti dove Gaudí venne a contatto con una loggia. Si conosce persino la sua appartenenza a curiose associazioni di escursionismo dell'epoca (la cui finalità andava oltre le semplici gite e i picnic campestri). Alcuni dei suoi biografi adducono che Gaudí fu massone e che alcune delle sue opere come '"La Sagrada Familia" e il "Parque Güell" hanno molteplici simboli della massoneria.

Lo scrittore Josep Maria Carandell analizza nel suo libro "El parque Güell, utopía de Gaudí", una grande quantità di dettagli di chiara radice massonica e respinge l'argomento di mancanza di prove, visto che si trattava di un'organizzazione segreta "probabilmente unita alla massoneria inglese". Ma Carandell non è l'unico che dipinge Gaudí sotto una luce non precisamente cattolica.

Il primo che evidenziò la massoneria di Gaudí fu lo scrittore anarchico Joan Llarch, nel suo libro "Gaudí, una biografía mágica". Llarch assicura che Gaudí, nel corso delle sue escursioni per la montagna, avrebbe ingerito il fungo allucinogeno Amamita muscaria, che tempo dopo porrà per bellezza in una delle casette situate all'entrata del Parque Güell. A quanto pare, questo fungo provoca stati alterati di coscienza ed il passaggio a un'altra realtà. È stato questo lo stato in cui Gaudí avrebbe 'allucinato' le forme caratteristiche della sua architettura?

Eduardo Cruz, un altro dei suoi biografi, assicura che fu rosacrociano, e altri insinuano persino che ebbe tendenze panteiste ed atee. I detrattori di queste teorie assicurano che un cristiano come Gaudí non poteva essere assolutamente massone, poiché alla massoneria non importa la chiamata a un'altra vita dell'anima, in quanto crede che il corpo morto non è né uomo, né anima. Da qui la contraddizione con la dottrina cattolica che crede alla trascendenza e alla resurrezione della carne.

Di certo c'è che, tenendo conto le contraddizioni segnalate, si osservano due tappe differenti nella vita di Gaudí. Da una parte abbiamo un Gaudí che in gioventù visse in un ambiente saturo di membri di società segrete ed iniziatiche (la cui compagnia non abbandonò mai completamente, come dimostra l'amicizia con il pittore uruguayano e noto frammassone neopitagorico Joaquim Torres García). E dall'altra, abbiamo un Gaudí che nella sua maturità, con il passare degli anni, accentuò il suo cattolicesimo, interiorizzandolo sempre di più.

L'architetto diventò un mistico, al margine di qualsiasi obbedienza, rito o disciplina.

I SIMBOLI

Come è stato menzionato precedentemente, nell'opera di Gaudí si trovano innumerevoli esempi di simbologia esoterica relazionata alla massoneria, l'alchimia e l'ermetismo. Questi sono alcuni dei più importanti:

FORNO DI FUSIONE O FORNELLO DA ALCHIMISTA

Sulla scalinata dell'entrata del Parque Güell ci imbattiamo in una struttura dalla forma di tripode che al suo interno contiene una pietra non lavorata, grezza. Questo elemento rappresenta la struttura basilare di un fornello da fusione alchimista ed è una copia del modello che compare su un medaglione del portico principale della cattedrale di Notre-Dame di Parigi.

L'atanor è formato da una parte esterna composta da mattoni refrattari o da cemento. L'interno è pieno di cenere che avvolge "l'uovo filosofico", la sfera di vetro al cui interno si trova la materia prima o pietra grezza. Un fuoco situato nella parte interna ha la funzione di riscaldare l'uovo, ma non direttamente, in quanto è filtrato dalla cenere.

L'alchimia, oltre ad essere una tecnica spirituale e una forma di mistica, si basava anche sul lavoro con i minerali e le operazioni fisiche concrete e si caratterizzava dall'equivalenza o parallelismo tra le operazioni del laboratorio e le esperienze dell'alchimista sul suo stesso corpo. In questo senso, il fornello rappresentava la riproduzione del corpo, lo zolfo era l'anima, il mercurio era lo spirito, il sole il cuore e il fuoco il sangue.

Le etimologie della parola atanor sono due: da una parte deriverebbe dall'arabo "attannûr", fornello e dall'altra proverrebbe dalla parola greca "thanatos", morte, che, con il prefisso "a", esprimerebbe il significato "non morte", cioè, vita eterna, ecc.

I TRE GRADI DI PERFEZIONE DELLA MATERIA

Facciamo qui riferimento alla pietra grezza che si trova all'interno del fornello. La pietra non lavorata rappresenta il primo grado di perfezione della materia, il secondo grado è rappresentato dalla pietra lavorata a forma di cubo, e il terzo un cubo finito a punta, cioè, con una piramide sovrapposta. Nella simbologia massonica queste tre forme rappresentano anche le tre posizioni che si possono assumere all'interno della Loggia: apprendista, compagno e maestro; che rispecchiano a sua volta i gradi tradizionali delle confraternite operaie medievali.

Gaudí plasmò nella torre Bellesguard, conosciuta anche come Casa Figueras, tutto questo simbolismo. La struttura dell'edificio, situato ai piedi della Sierra de Collserola e costruito di pietra e mattoni, è formata da un cubo coronato da una piramide troncata.

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L'ordine dei frammassoni dice che "ogni uomo deve scolpire la propria pietra". Detta pietra sarà, sia la pietra angolare del tempio e sia la pietra angolare della personalità del massone. L'ulteriore lavoro di perfezionamento consisterà nel sovrapporre una piramide sul cubo.

LA CROCE IN SEI DIREZIONI

Questo elemento, che si trova nella maggior parte delle costruzioni gaudiniane, in modo un po' ossessivo, è una rappresentazione di un principio radicato nelle credenze massoniche ma situato, almeno formalmente, all'interno del campo della Chiesa.

Gaudí utilizzò due tecniche per realizzare le croci in sei direzioni: -La prima la possiamo trovare nel Convento delle Teresine ed è uno sviluppo evidente della pietra cubica- si tratta della proiezione spaziale della pietra cubica.

Nel Turú de las Menas del Parco Güell figurano tre croci che non sono altro che due tau a cui sono stati sovrapposti i corrispettivi cubi coronati dalle piramidi. Queste tau indicano le direzioni nord-sud ed est-ovest che, incrociate tra loro, ci indicano i quattro punti cardinali. La terza croce, da parte sua, è una freccia che indica una direzione ascendente.

Iniziale della parola terra, la tau è un simbolo di origine remota che appare in monumenti megalitici delle isole Baleari in forma di taules (un piedistallo che sostiene una superficie di pietra).

All'interno della frammassoneria, la tau ha un simbolismo preciso. Da una parte, rappresenterebbe Matusael, il figlio di Caino che conierebbe queste simbolo per riconoscere i suoi discendenti e, dall'altra, sarebbe il segno di riconoscimento che realizzerebbe l'officiante con la mano destra nella cerimonia di acceso al grado di Maestro.

LA X

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Queste simbolo si trova nella Cripta della Colonia Güell, dove è ripetuta fino a tredici volte, e anche nel portico della Nascita della Sagrada Familia, nella croce che corona l'Albero della Vita, a cui si intreccia una grande X. Nella simbologia massonica, la X ha una grande importanza nella geometria sacra, in quanto questo simbolo si realizza sulla base di un esagono regolare e questo forma il perimetro interno di due triangoli equilateri intrecciati, i quali formerebbero la stella di Davide, che sarebbe la notazione alchimia dei quattro elementi basilari. L'esagono è una forma molto ripetuta nell'opera di Gaudí, dal quale si può persino estrarre un cubo volumetrico, se dividiamo esagono in tre rombi. Bisogna ricordare poi che la X, era la notazione alchimica del Crogiolo, uno strumento necessario per l'opera alchemica. Inoltre, la X per tradizione è anche legata all'apostolo Andrea, crocefisso su questa forma.

IL PELLICANO

Questo animale, simbolo di Cristo, lo possiamo trovare nel Museo della Sagrada Familia, era destinato al Portico della Nascita. Il pellicano è la rappresentazione della Morte e della Risurrezione, si diceva infatti che provasse un amore così forte per i suoi figli da lacerarsi il petto con il suo stesso becco per alimentarli, se avessero avuto fame.

Un'altra versione dice che, irritato perché i suoi piccoli lo colpivano con le ali, li uccideva e poi, pentito, si suicidava conficcandosi il becco nel petto. Nell'ultima versione del tema si scarta sia il suicidio e sia l'autolesione e si narra che le sue lacrime resuscitano i suoi piccoli morti.

Il grado 18º dell'ordine dei frammassoni, denominato "grado Rosacrociano", ha come simbolo il pellicano mentre si lacera il petto ed attorniato dai suoi figli; sulla sua testa c'è una croce con una rosa rossa incisa e la dicitura I.N.R.I.

Il pellicano rappresenta la scintilla divina latente che si annida nell'uomo, il suo sangue è veicolo di vita e di resurrezione e il suo colore bianco, simboleggia il superamento della prima fase dell'opera alchemica. La terza fase implica il passaggio attraverso l'esperienza del rosso, che è plasmata nell'esplosione di una grande rosa rossa nel centro del petto.

LA SALAMANDRA, IL SERPENTE E LE FIAMME

Del circolo situato sulla scalinata dell'entrata al Parque Güell è stata fatta un'interpretazione patriottico-nazionalista, ma non esiste nessuna ragione per cui Gaudí dovesse fare una dimostrazione pubblica di una cosa secondaria nella sua gerarchia di aspirazioni e convinzioni. Per questa ragione, è d'obbligo fare un'interpretazione ermetica della simbologia di questo elemento, che è l'unica integratrice del tutto: una testa di serpente situata nel centro di un grande disco, avvolta dalle fiamme e queste dall'acqua.

Gli ermetici erano conosciuti come "filosofi del fuoco" e lo scopo della loro opera era quello di ordinare il caos; siccome al principio dei tempi la rovina e il male si estesero per il mondo per opera del serpente, per ordinare questo caos è necessario bruciarlo. Quindi, il circolo simboleggia il caos, l'orifiamma è la fiamma che contiene lo zolfo e il serpente, è lo spirito mercuriale.

LA LUCERTOLA

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È l'animale che scende dal fornello da alchimista fino al disco descritto poc'anzi e che è stato interpretato come una salamandra, un'iguana, persino un coccodrillo, ma la sua caratteristica più importante è il suo dorso sinuoso. Si tratta di un'immagine statica che suggerisce una sensazione di movimento molto accentuata, una nuova rappresentazione del mercurio originario, una reiterazione delle funzioni del fornello da alchimista, ovvero, operare la separazione, decantare le parti fisse del minerale da quelle volatili.

Le scalinate del Parque Güell ci si presentano così come un paradigma ermetico che contiene i principi dell'opera e non in vano sono molti i testi alchemici che insistono che tutta l'opera si realizza attraverso il mercurio.

L'ALBERO SECCO E L'ALBERO DELLA VITA

L'amore di Gaudí nei confronti della natura fu sempre presente in tutta la sua opera. Le sue costruzioni sono piene di elementi ornamentali che fanno riferimento al regno vegetale. Il simbolismo alchemico è pieno di immagini che hanno attinenza con l'agricoltura e il regno vegetale.

L'Albero Secco rappresenta il simbolo dei metalli scevri dai loro minerali e fusi; la temperatura del forno gli ha fatto perdere la vita e, quindi, devono essere di nuovo tratti in vita. Nell'Albero Secco esiste sempre una scintilla di vita, quella che può rendere possibile la sua risurrezione; di fatto, in esso si possono sempre vedere alcune foglie che indicano la possibilità che rinverdisca di nuovo. L'immagine dell'Albero Seco venne posta da Gaudí nelle sue opere principali, come simbolo di una natura vegetale pietrificata che tuttavia mantiene un punto vitale. Molte di queste immagini si trovano a Parque Güell.

L'Albero della Vita, come indica il suo nome, è l'albero immortale, il simbolo della vita eterna. La rappresentazione iconografica più reiterata di questo tipo di albero è il cipresso. L'architetto catalano lo pone nel centro del portico della Nascita della Sagrada Familia, attorniato da colombe bianche, che a loro volta, simboleggiano le anime rinnovate che ascendono verso il cielo.

EL DRAGO IGNEO E IL LABIRINTO

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L'immagine del drago è una costante nell'opera di Gaudí. Certamente è un'immagine a cui associamo immediatamente la leggenda di San Giorgio, patrono della Catalogna, ma, a differenza di altri architetti modernisti, Gaudí lo rappresenta sempre da solo. Il drago, posto nel cancello dei padiglioni Güell, è ispirato da "La Atlantide" di Verdaguer; si tratta di un drago incatenato che custodisce l'acceso al giardino delle Esperidi.

Il drago è legato al simbolismo del serpente, non è altro che un serpente con ali che getta fiamme dalla bocca o dal naso. I rosacrociani introdussero immagini di cavalieri che trafiggevano con le loro lance draghi furiosi. Analizzando le caratteristiche mitiche di questo animale, il suo ardore igneo appare come la rappresentazione dei nostri istinti più incontrollabili. Vincere questa forza, dominare il nostro spirito, implica la possibilità di penetrare nei domini dell'Essere.


Tutto questo per dire che la possibilità che Gaudì fosse a conoscenza, o addirittura in possesso, di qualche importante reliquia di origine templare, forse il Graal stesso, non è così remota come sembra...



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MessaggioInviato: 10/09/2012, 02:02 
Ho letto in una pubblicazione che trattava del Graal, che esso sarebbe stato ricavato dalla pietra verde, lo smeraldo, che il Male, Satana, aveva sulla fronte e che gli fu fatto cadere da degli angeli, e da questo che era usato per separare fu ricavato, invece, ciò che unisce, ovvero il Graal, metafora per la coppa che riceve la grazia divina, e che tiene uniti gli opposti, ovvero il Sè (con lo gnosticismo molto vicino) come da trattazione da parte di Jung,
io ritengo che il Sè ha sede nel cuore (non un cuore qualsiasi) ed è ciò che informa la conoscenza...
per cui ciò che raccoglie il sangue di Gesù non è una coppa qualsiasi ma la propria come dire, compassione, per il sangue versato, e raccolto...

Inoltre noto sempre che si vuole accostare la tradizione cristiana come fosse una continuazione e una rilettura, come dire, una tra tante altre, di fatti pagani antecedenti;

Il graal, seppure con valenza gnostica, come può essere, secondo certo modo, il Sè, è invece una evoluzione di ciò che prima, l'uomo, i pagani, da soli, itineravano senza soluzione...

(nota: non ho letto interamente tutto il thread nè quello nell'indice del forum, tuttavia leggendo tutta la-le storia/e del graal ho avuto sempre l'impressione come ho detto poco sopra)


Ultima modifica di Zelman il 10/09/2012, 02:19, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 27/10/2012, 01:13 
C'è chi ritiene che il lapis exillis, fonte di saperi esoterici e conoscenze perdute, sia precipitato o stato trasportato nientemeno che nel Piemonte!!

IL MITO DI FETONTE E LA CITTA' DI RAMA

La regione del Piemonte teatro di un antico ed eccezionale evento celeste. Platone e il segreto del mito di Fetonte. Un principe egizio in Piemonte alla ricerca di antichi segreti. Fetonte e il mito del Graal

di Giancarlo Barbadoro

Fetonte e il mito celtico del Graal

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Una vasta regione, che oggi si estende dal Piemonte alla Savoia e alla Provenza fino a raggiungere la Liguria e la Valle d'Aosta, è stata testimone di eventi straordinari che rappresentano le radici culturali di queste stesse terre e di tutto il continente europeo.

Le leggende e le tradizioni di tutta Europa parlano della caduta dal cielo, nell'area della Valle di Susa, di un oggetto di origine divina, portatore di conoscenza sulla Terra, che avrebbe dato il via ad una tradizione iniziatica ancora esistente nel nostro tempo.

Queste leggende sembrano coincidere con il mito greco dei primi Dei che, come dice Platone, si divisero il nostro mondo in precise aree e le organizzarono per poter donare la loro conoscenza alle creature di allora. Mito che sembra riecheggiare in quello aborigeno riguardante la venuta sulla Terra, in tempi antichi, dei Signori della Fiamma che diedero vita al "Dreamtime", la dimensione segreta degli Aborigeni australiani, modificando l'ambiente del pianeta per adattarlo ai bisogni degli esseri umani.

Mito che si può anche riallacciare alle leggende nordiche relative alle vicende degli Asi, gli antichi Dei del Nord, progenitori dell'umanità.

Queste leggende parlano della sconfitta, da parte degli Asi, dei giganti che dominavano la Terra ai primordi della storia. Gli Asi furono aiutati da Loki, il figlio ardente del tuono e della tempesta caduti come un colpo di martello sulla terra. Insieme a Loki gli Asi liberarono il pianeta dai ghiacci e consentirono in seguito a Odino, il loro re, di creare un mondo che risultasse adatto per l'umanità a cui egli stesso aveva dato vita e che fu posta in una sorta di Eden, protetto da una muraglia circolare fatta di pietre.

Le leggende europee, confermando la narrazione di Platone circa gli Dei che si spartirono la Terra per allevare gli uomini, raccontano che in questa vasta zona la caduta dell'oggetto diede vita ad un "recinto", un'area protetta, in cui gli esseri viventi dell'epoca poterono accedere a conoscenze profonde della scienza e dello spirito. Qui nacquero le scuole iniziatiche dei grandi saggi che diedero vita alle tradizioni che si diffusero poi in tutta Europa e che continuerebbero ancora nel nostro tempo.

L'evento riguardante la caduta dell'oggetto di natura divina è riportato nella tradizione ellenica dalla leggenda di Fetonte, figlio del re Sole, il quale, non sapendo guidare il carro celeste del padre, sarebbe precipitato al suolo. Gli uomini, rinvenuti i resti del carro celeste, avrebbero tratto da essi la conoscenza divina che conteneva.

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La cima del Roc Maol, il monte Rocciamelone in Val di Susa. In epoca romana ospitava sulla sua cima un tempio dedicato a Giove

Nelle Metamorfosi di Ovidio, poeta latino di Sulmona vissuto intorno al 30 a.C., il testo cita l'avventura di Fetonte, figlio del dio Sole, che salì sul carro del padre per provare a guidarlo pur essendone incapace, e finì per perdere il controllo del mezzo celeste. Così si avvicinò troppo alla Terra che cominciò ad incendiarsi. Zeus, il sommo dio dell'Olimpo, accortosi di ciò che stava accadendo, per salvare la Terra dalla distruzione provocata dal calore emanato dal carro solare lanciò un fulmine sul figlio. Fetonte fu così sbalzato dal carro celeste e cadde sulla Terra precipitando nel fiume Eridano, l'antico nome del Po.

La tradizione druidica vuole che il carro di Fetonte non sia caduto, ma disceso con tutta la sua potenza divina in un luogo che si trovava all'incontro di due grandi fiumi, nella zona dove oggi si uniscono la Dora e il Po. Una zona identificabile nell'area che comprende l'attuale città di Torino e parte della Valle di Susa.

Fa eco al mito di Fetonte quello medievale relativo alla discesa del Graal. Il mito narra in termini di allegoria antropomorfa la vicenda di una creatura semidivina che in tempi molto antichi precipitò dal cielo finendo per cadere sulla Terra. Nella caduta, lo smeraldo che adornava la sua fronte si staccò precipitando al suolo. La leggenda narra che altre creature semidivine lo raccolsero modellandolo in forma di coppa e lo consegnarono ad Adamo nell'Eden, al fine che lo custodisse e se ne avvantaggiasse.
Quando Adamo dovette abbandonare l'Eden, portò la coppa con sé. Attraverso la sua discendenza, la coppa del Graal giunse nelle mani di Osiride, dio tutelare dell'Egitto.

Quando Osiride fu ucciso a sua volta per mano di Set e il suo corpo venne da questi smembrato e disperso per tutta la Terra, la coppa andò perduta. Così gli uomini persero la loro preziosa fonte di conoscenza e caddero nelle barbarie.

Molti secoli più tardi, nella città di Camelot in Armorica, re Artù, aiutato dal druido Merlino, radunò dodici cavalieri, riunendoli in cerchio attorno alla nota Tavola Rotonda, con lo scopo di ritrovare la preziosa coppa del Graal. Riportata la coppa a Camelot, re Artù cercò di utilizzarla per ricostruire un nuovo Eden, ma non tutti i Cavalieri erano capaci di sostenere la conoscenza che essa conteneva, tanto che il Graal appariva e scompariva nel centro vuoto della Tavola Rotonda.

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Parco di Dreamland, a nord di Torino. Una ricostruzione del grande cerchio di pietre che secondo l’antica tradizione druidica venne fatto costruire da Fetonte a mezzo dei suoi due aiutanti di metallo dorato

La ricerca moderna del Graal ha coinvolto organizzazioni iniziatiche di ogni genere, dai Templari sino ai gruppi esoterici più disparati.

Gli alchimisti di ogni tempo, nel segreto dei loro "athanor", i fornelli alchemici in cui trasmutavano le qualità dello spirito, cercarono di riprodurre la pietra filosofale che avrebbe consentito di accedere al segreto della "lapis exillis", la "pietra di conoscenza caduta dal cielo".

Platone, il filosofo ateniese del 400 a.C., in merito alla leggenda di Fetonte, che si riallaccia a quella del Graal, sostiene che essa, come tutte le leggende, non era altro che una favola per bambini che nascondeva un vero significato, ovvero la narrazione della caduta di uno dei tanti oggetti che navigano attorno alla Terra e che ogni tanto, a caso, cadono su di essa provocando morti e distruzioni.

In effetti, se si osservano le foto satellitari eseguite sul nord Europa, si può scorgere sul suolo piemontese l'impronta livellata dal tempo di un antico impatto avvenuto presumibilmente milioni di anni fa. In un'epoca in cui probabilmente vivevano ancora i dinosauri, prima della loro inspiegabile scomparsa.

Ma come valutare questo dato? Secondo la scienza a quel tempo non doveva ancora esistere la specie umana. Come ha fatto a sopravvivere il ricordo dell'accaduto? Chi ha perpetuato la narrazione di quello straordinario evento? Esistevano forse altre forme di vita intelligente che poi trasmisero le loro conoscenze alla successiva umanità?

C'è anche da chiedersi per quale motivo, se si fosse trattato solo della caduta di un asteroide, l'antica tradizione abbia attribuito a quell'oggetto un significato riferito a una fonte di conoscenza. Non va dimenticato che la parola GRAAL, secondo gli alchimisti medievali, è in realtà l'acronimo di "Gnosis Recepita Ab Antiqua Luce", ovvero "conoscenza ricevuta da una luce antica".
Forse la narrazione di Ovidio non rispondeva alla realtà dei fatti accaduti milioni di anni prima.

Dall’Egitto alla ricerca del Graal

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La tradizione dei salotti esoterici di Torino ritiene che il monumento del 1879, dedicato ufficialmente all’opera del Traforo del Frejus, sia attribuibile in realtà al mito di Fetonte, figura dominante nella cultura celtica del Piemonte. Un monumento che riprende tutti i simboli della saga dell’umanità come viene citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia: la forma piramidale, l’angelo alato che giunge dal cielo e i giganti prostrati sui fianchi del monumento

E' indubbio che questa zona dell'Europa fu teatro di un evento di portata significativa per l’umanità di quei tempi ed esercitò soprattutto un richiamo di interesse mistico per molte culture di tutti i tempi e di ogni luogo del continente europeo.

Non si deve dimenticare che proprio nella Valle di Susa, in Piemonte, subito dopo il diluvio ricordato in tutte le tradizioni del pianeta, e presumibilmente dopo la scomparsa della grande civiltà del bacino fertile del Mar Nero, venne edificata la misteriosa città ciclopica di Rama.

Le antiche cronache della Valle di Susa riportano l'esistenza, in epoche remote, di una città ciclopica chiamata Rama. La città, dalle descrizioni, potrebbe assomigliare alle fortezze megalitiche peruviane e dell'Oceania. Le leggende dei secoli successivi aggiungono che questa mitica città fu uno dei luoghi dove venne conservato per un certo periodo il Graal.

Il mito della città sopravvisse ai secoli a mezzo delle tradizioni orali del druidismo locale e grazie ai ricercatori di inizio secolo che raccolsero dati di prima mano e conferme documentate della sua esistenza.

Alcuni autori dell’800 riportano ad esempio che, molti secoli dopo l’evento attribuito alla figura di Fetonte, giunse in visita in Piemonte addirittura un principe egizio fratello di Osiride. Il fatto viene riportato anche in un testo precedente e risalente al 1679, "Historia dell'Augusta Città di Torino", ad opera del conte e cavaliere Emanuele Thesauro, dedicato al Reggente del Ducato sabaudo.

La leggenda vuole che il principe egizio, di nome Eridano, fosse detentore del segreto del Graal e si trasferisse in Piemonte dall'Egitto con il suo esercito personale per cercare le tracce della discesa di Fetonte e stabilire una colonia presso l’antica città di Rama che era stata edificata intorno al luogo dell’apparizione del dio celeste. Per questo suo compito gli venne poi dato il nome di Fetonte-Eridano.

Secondo le cronache dei salotti esoterici fu proprio questo personaggio ad introdurre in zona il culto del dio Api, il toro divino dell'antico Egitto, da cui derivò il nome dato alla popolazione celtica dei Taurini e alla stessa città di Torino che sarebbe sorta in quella zona secoli dopo.

La narrazione riporta ancora che il principe egizio, dopo aver provveduto a riedificare la città di Rama, un giorno, durante una corsa forsennata su una quadriga lungo le rive del fiume Po, perse il controllo, precipitò nelle acque del fiume e morì annegato. Dopo questo fatto venne dato al fiume il nome di Eridano per ricordare la tragica morte del principe egizio.

Esiste anche una vasta costellazione celeste che ricorda il fiume e questo antico evento. La costellazione è una delle quarantotto riconosciute ed elencate da Tolomeo e ancora oggi appartiene all’iconografia stellare moderna della volta celeste. Presso gli antichi greci la costellazione di Eridano rappresentava il fiume Po, conosciuto appunto con il nome di Eridano, mentre presso gli egizi voleva simboleggiare il fiume Nilo.

Se si vuole evincere una indicazione di valore esoterico da questo particolare, si può considerare che nella sua estensione la costellazione copre un grande arco di cielo unendo l’emisfero boreale a quello australe. La sorgente del fiume viene fatta nascere dalla stella Achernar che, quattromila anni fa, per via del fenomeno della precessione degli equinozi, costituiva la “stella polare” dell’emisfero australe. La sua luce brillava sul misterioso continente dell’Antartide, considerato dagli esegeti come la sede dell’antico Eden da cui era sorta l’umanità.

Presso gli antichi cinesi la stella Achernar veniva rapportata ad un ”impetuoso e tortuoso ruscello” da cui nasceva l’immenso fiume.

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I resti delle ciclopiche mura della città di Rama, sorta attorno al cromlech fatto erigere da Fetonte, attualmente esistenti in val di Susa

Il fiume-costellazione scorre nel cielo seguendo varie concatenazioni di stelle sino ad arrivare nell’emisfero boreale ai piedi della costellazione di Orione.

Il mito di Fetonte nelle leggende druidiche

Le antiche tradizioni druidiche del Piemonte interpretano la venuta del dio Fetonte in maniera diversa e con molti più particolari di quanto viene citato nelle Metamorfosi di Ovidio.

Secondo le leggende druidiche Fetonte non sarebbe caduto al suolo come vuole il mito greco, bensì sarebbe disceso dal cielo sul suo carro celeste costruito interamente in oro massiccio. E inoltre non avrebbe prodotto un terribile incendio come nel mito di Ovidio, a meno che non si intenda questo evento come un riferimento simbolico al culto del fuoco o alla diffusione di una nuova conoscenza venuta dal cielo che avrebbe coinvolto tutto il continente europeo.

Il dio sarebbe disceso con il suo carro di metallo dorato nella Valle di Susa, alle pendici del monte Roc Maol, l’attuale Rocciamelone, dove esisteva un’antica e mitica caverna sacra che si apriva sul fianco della montagna per inoltrarsi nelle sue viscere di roccia sino a raggiungere l’altro versante dell’area piemontese identificabile nelle Valli di Lanzo.

Nel luogo della sua discesa dal cielo, Fetonte avrebbe incontrato gli uomini che vivevano nei tempi antichi. Uomini che secondo la tradizione druidica erano ben diversi da quelli attuali, molto più alti, tanto da essere descritti come dei giganti con fattezze mostruose. Descritti alle volte anche come piccoli sauri e serpenti antropomorfi, ricoperti di piume variopinte e dal sangue caldo.

Secondo le leggende, il dio sceso nella Valle di Susa, dopo la sua venuta avrebbe incontrato una confraternita di uomini di quel tempo che praticava il culto del fuoco, ritenuto come una emanazione del Sole, la manifestazione della divinità che regnava sull’universo.

Fetonte aveva scelto una radura in una foresta della valle e per sacralizzarla si era fatto costruire dai suoi due assistenti di metallo dorato un grande cerchio di dodici enormi pietre erette.

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La costellazione di Eridano

Qui accoglieva i membri della consorteria del fuoco per insegnare loro i segreti del Cielo e della Terra, trasformandoli per merito della sua conoscenza in creature semidivine.

Il suo insegnamento riguardava le varie scienze, dall’agricoltura alla matematica, alla scrittura, alla medicina, all’astronomia e alla tecnologia della fusione dei metalli.

Da questo memorabile evento la originaria confraternita del fuoco che operava in lavori di metallurgica si trasformò in una Scuola iniziatica. La Scuola del Fuoco iniziò il suo operato formando i primi druidi, gli Ard-Rì, che avrebbero in seguito civilizzato tutto il continente europeo. Personaggi che più tardi, nel mito medievale del Graal, sarebbero stati identificati nelle creature semidivine che avevano raccolto la gemma verde per trasformarla in una coppa di conoscenza.

Fetonte, sempre secondo la leggenda, ampliò la sua Scuola iniziatica dando vita all’Ordine monastico-guerriero dello Za-basta che prendeva nome dal pettorale che ciascuno dei suoi appartenenti indossava. Un Ordine che per certi versi preannunciava quello che molti millenni dopo sarebbe stato l’Ordine dei Cavalieri del Tempio. E così come fece l’Ordine dei Templari in una Europa imbarbarita, anche lo Za-basta si impegnò ad una immane civilizzazione di un pianeta che, dopo la fine dell’era dei grandi sauri, era tutto da ricostruire e che avrebbe portato dopo peripezie di ogni genere su tutto il pianeta all’umanità del nostro tempo.

Secondo la tradizione druidica, Fetonte avrebbe portato in dono agli uomini un albero dai poteri particolari, l'Yggdrasil, l'Albero della Vita che si estende tra i mondi, in grado di donare benessere e conoscenza a chi lo seminava e lo coltivava. Un simbolismo che porta l’Yggdrasil a fondersi con l’esperienza introspettiva e creativa della meditazione, considerata la base fondamentale della Scuola iniziatica di Fetonte.

Nelle leggende del druidismo piemontese, Fetonte viene ritenuto infatti anche come il dispensatore dell'arte dell'Alchimia dell’interiore. Alcune antiche tradizioni bretoni confermano questa interpretazione ritenendo Fetonte il primo iniziatore dell’Alchimia, la cui provenienza di origine non sarebbe l’Egitto ma avrebbe avuto i natali sul continente europeo.

Fetonte avrebbe insegnato anche la scrittura e a lui sarebbero attribuite le 22 lettere dell’alfabeto sacro usato dai druidi e conosciuto come quello delle Rune e dell’alfabeto Oghamico.

Una circostanza che porta ad accostare la figura di Fetonte a quella del dio egizio Thot, dio delle scienze e ideatore della scrittura.

Composto da 22 lettere era anche l’alfabeto del re Kadmos, uno dei Pelasgi superstiti del diluvio ricordato da Deucalione che aveva distrutto il bacino fertile dell’attuale Mar Nero. Kadmos fece conoscere alle popolazioni dell’antica Grecia l’alfabeto ancestrale dei Pelasgi per ricostruire l’Eden perduto.

http://www.shan-newspaper.com/web/tradi ... ama-1.html



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Questo argomento non vi affascina?! A me molto, per la capacità di mettere in collegamento tanti temi diversi...

Il Lapis Exillis, dall’antico Egitto al Santo Graal, al nazismo magico alla ricerca della Forza Vril
Il Sacro Graal di Stefano Schiavi

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Il Graal ha da sempre affascinato e stimolato la mente di tutti noi. E’ un qualcosa che attraversa il tempo, le civiltà, le religioni, le culture e le leggende in maniera talmente trasversale da risultare un concetto universale che affonda le radici nei primordi delle civiltà. Da nord a sud, da est ad ovest, non c’è tradizione e cultura che non si intrecci inevitabilmente con il concetto di Graal.

Ma che cosa è realmente questo Graal? E’ un concetto? Un oggetto? Un pensiero o una pietra? Un qualcosa di tangibile o intangibile?

Difficile da dire, difficile solo immaginarlo. Probabilmente non è nulla di tutto questo se non una leggenda che si autoalimenta e viene alimentata ad arte, oggi, anche ad uso semplicemente commerciale.

Ma c’è una cosa di cui siamo perfettamente coscienti: tutto ciò che resiste al tempo e agli uomini ha, comunque, una base di verità. Per piccola o grande che sia questa verità merita comunque il rispetto della storia e l’analisi, più o meno approfondita. Per questo abbiamo deciso di affrontare la teoria del Graal da una angolatura che spesso viene dimenticata o poco affrontata: quella del Lapis Exillis o “pietra in esilio”.

La storia del Lapis Exillis

Ma che cos’è il Lapis Exillis di cui troviamo tracce nell’opera Parzival di Wolfram Von Eschenbach? Come nelle migliore delle tradizioni esistono tre versioni diverse se non contrastanti. Una prima versione sostiene che il Lapis Exillis sia un calice ed è di fatto la versione più conosciuta ed accreditata, specie nel mondo occidentale e cristiano. Ovviamente non stiamo parlando di un semplice calice ma di un calice sacro nel quale è stato raccolto il sangue di un grande Imperatore mentre era sul letto di morte. Imperatore o figura sacra come Gesù Cristo, che in fondo era il re dei re? Poco importa, se non altro perché la verità poi si adatta al periodo storico e alla storiografia ufficiale e vincente. L’importante è che sia comunque un qualcosa di importante, immutevole nel tempo e che alimenti le credenze popolari.

La seconda versione, anch’essa leggendaria, ma diffusa soprattutto nel nord Europa, sostiene che il Lapis Exillis sia una pietra. Ma una pietra anch’essa sacra ovviamente, nientemeno che la pietra della corona di Fenir che, per la sua superbia, era stato cacciato dal Valallah. Durante questa cacciata la pietra sarebbe caduta dalla sua corona.

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C’è poi una terza versione, quella più conosciuta da tutti noi, quella che vuol che il Lapis Exillis sia servito ad Artù, per il tramite del druido-mago Merlino, a conquistare il trono e dare vita a Camelot. E qui siamo di fronte al ciclo arturiano che affonda le radici nel primo medioevo cristiano ma anche alle lotte intestine che caratterizzarono i primi tre secoli del secondo millennio del cristianesimo, quelli che seguirono il famoso “mille e non più mille”. Secoli attraversati dai Templari, dalle crociate, dalla lotta senza quartiere tra cristianesimo e Islam, dalle eresie dei Catari e dai roghi dell’inquisizione.

Viaggio nel tempo, tra Catari, Templari, medaglioni e rune

Secondo questa terza teoria, il Lapis Exillis sarebbe appartenuto, appunto, al movimento dichiarato ereticale dalla Chiesa di Roma, dei Catari, una popolazione che viveva nella regione della Linguadoca. Centro nevralgico dell’eresia catara era la fortezza di Montsegur, dove gli ultimi credenti di un cristianesimo differente da quello stabilito e codificato dal concilio di Nicea, opposero l’ultima Fortezza di Montsegure strenua resistenza alle armate del Papa di Roma in attesa dell’arrivo in loro soccorso, mai avvenuto, dei cavalieri Templari.

Ma qual’era il legame che univa degli eretici con i Templari, cavalieri che combattevano per il salvamento della fede di Cristo e della Chiesa di Roma?

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Fu solo per questioni economiche che Filippo il bello, unitamente al Papato, mise la parola fine all’Ordine dei Poveri cavalieri di Cristo? O fu forse anche per il legame e i segreti che univano Templari e Catari? E di quali segreti erano a conoscenza entrambi? E il segreto da conservare e mai divulgare ma che avrebbe reso invincibile ed egemone la Chiesa cattolica apostolica romana risiedeva proprio nel Lapis Exillis?

Ovviamente siamo sempre nel campo delle ipotesi, della fantastoria, della leggenda anche se, come abbiamo già detto in precedenza, un fondo di verità esiste sempre. Del resto anche nel mondo della menzogna un fondo di verità, proprio per far si che la storia risulti veritiera e non facilmente scopribile, c’è sempre.

Così leggenda vuole che quando l'esercito del Papa arrivò sotto le mura della fortezza di Montsegur, i Catari inviarono alcuni soldati verso una Commenda dei Templari per affidargli il loro tesoro: il Santo Graal. Ma i Catari, probabilmente non fidandosi, non diedero il tesoro ai Templari ma un informazione che, se li avessero aiutati, gli avrebbe dato la chiave di lettura per decifrare il Medaglione di Montsegur dove erano incise rune nordiche, unica vera mappa per trovare il Lapis Exillis: il Santo Graal. Ma i Templari, come sappiamo, arrivarono troppo tardi e ottennero solo, forse, il Medaglione senza sapere però come decifrare il codice.

Tra storia, leggenda, astrologia e scienza

I latini dicevano che “Scientia potentia est” cioè che la Conoscenza è potere ed avevano ragione da vendere. Probabilmente quella Inquisizione contro i Catari del Santo Graal non è altro che la ricerca di questa Conoscenza antica andata perduta, non sappiamo come e perché, nel tempo.

Secondo Albert Pike, il più importante massone del XIX secolo “Chi acquisisce la scienza perduta potrà controllare il mondo”. Una ricerca spasmodica che va avanti fin dai tempi degli egizi e che, sembra, prosegua nel Terzo millennio. E’ il cammino dell’uomo e della civiltà che cerca disperatamente qualcosa di ancestrale perduto e sepolto nei meandri della memoria.

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Ma cosa lega gli antichi egizi ai Catari, ai Templari, ai massoni alla nazionalsocialista Ahnenerbe e magari alla Cia e al Mossad?

La prima cosa potrebbe essere la religione. Possibile? Almeno all’apparenza sì. E cosa potrebbe unire dei cristiani ai culti pagani egizi? Il culto di Iside. Nel IV secolo avanti Cristo, dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno, il culto di Iside si espanse in tutto il mondo greco-romano. Quattro secoli dopo il culto misterico era in stretta concorrenza con il Cristianesimo proprio come il culto Mitraico. Secondo molti, dopo l’offensiva dei Padri della Chiesa cristiana il culto di Iside non fece altro che trasformarsi nei culti mariani (Iside è spesso raffigurata che allatta Horus e secondo i suoi fedeli non era altro che l’originaria “ Madonna”).

Anche la simbologia risulta essere similare come ad esempio l’uso della colomba, simbolo di pace del cristianesimo ma simbolo sacro per Iside; per non parlare della croce catara di fatto simile alla Ankh la croce simbolo della vita egizia. Che i catari in realtà adorassero ancora Iside? Che il vero reato (nascosto) di eresia fosse quello di adorare in realtà gli antichi Dei e che facendo così avrebbero messo in pericolo l’intero impianto della religione cristiana che non aveva fatto altro che soppiantare, acquisendoli, gli antichi culti?

Probabilmente siamo di fronte soltanto a fantasie o teorie complottiste ma esiste sicuramente qualcosa che va al di là della religione dell’esoterismo. Forse, con più probabilità, la ricerca spasmodica ed il controllo della scienza perduta degli uomini che costruirono le Piramidi risiede in una sola cosa: il controllo della Forza Vril.

E cosa sarebbe questa Forza Vril? Di fatto l’unione tra due tipi di energie invisibili: l'energia astrale e l'energia terrena (tellurica). Una forza legata a doppio filo, e quindi inscindibili, derivanti dal cielo e dalla terra. Queste due "forze", come si può intuire, provengono rispettivamente da terra e cielo e qui entrano in gioco gli antichi Egizi.

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Andiamo comunque per gradi.

La Forza Vril, il Lapis Exillis, il nazismo esoterico e la linea millenaria che abbraccia l’umanità

Come abbiamo detto la Forza Vril non è altro che l’incontro tra l’energia astrale derivante dall'elevazione eliaca di Sirio, una stella grande quasi come il Sole. Questa elevazione sprigionerebbe l'energia astrale.

Ma che cosa è quest’Elevazione eliaca?

L’elevazione si ha quando Sirio, in primavera, si abbassa sotto l’orizzonte e sparisce dalla nostra vista per 70 giorni. Passato questo periodo si ha l’elevazione eliaca, cioè il risorgere di Sirio. Secondo i sacerdoti egizi alla sua levata, il Lapis Exillis, che funzionerebbe da catalizzatore perché contenente frammenti di minerali che assorbono e rilasciano una gran quantità di energia, avrebbe assorbito tutta l’energia astrale prodotta da Sirio.

All’energia astrale si deve aggiunge l’energia tellurica che deriva dai sistemi d’acqua primari che esistono nella terra sotto forma di minerali idratati. E’ considerato un fenomeno geofisico che emette radiazioni che può essere accresciuto da variazioni nel campo magnetico. L’unione di queste due forze darebbe vita alla forza Vril che, secondo alcuni studiosi, permetterebbe il viaggio nel tempo.

Ne erano convinti anche i vertici della Germania di Adolf Hitler, talmente convinti da creare una sezione speciale delle SS: l’Ahnenerbe, un ramo accademico, con sede nel castello di Wewelsburg, suddiviso in 50 sezioni e che aveva simbolo lo Schwarze Sonne, il Sole Nero, ovvero la forza Vril. Gli studi dell’Ahnenerbe, i cui membri erano fermamente convinti che le origini della Fisica, della Chimica e della biologia fossero codificati nei geroglifici, nei testi e nei monumenti degli antichi Egizi, furono molti e copiosi così come le spedizioni in giro per il mondo (le più note quelle in Tibet e a tal proposito non è irrilevante ricordare anche il sostegno, strano e particolare, di monaci tibetani e del Gran Muftì di Gerusalemme (una delle figure più importanti dell’Islam) al nazismo; purtroppo i suoi archivi ed i risultati delle ricerche non sono mai stati ritrovati. Distrutti o nascosti, trafugati o depositati negli scrigni segreti dei servizi di intelligence delle potenze vincitrici la Seconda Guerra Mondiale è difficile dirlo. Di fatto sono introvabili. A mistero si aggiunge mistero quindi. Proprio come le carte, le mappe e gli archivi che i Templari custodivano nella biblioteca nella roccaforte di Parigi scomparse per sempre poco prima della distruzione dell’Ordine.

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Siamo di fronte, quindi, ad una linea continua che attraversa la storia e lega civiltà, culture e religioni all’apparenza distinte e distanti tra loro ma che, probabilmente, hanno in comune molto più di quello che possiamo immaginare con la nostra mente fatta a compartimenti stagni.

Una linea che ha come principio immutabile l’antico Egitto che ha nelle Piramidi il fulcro della teoria astrale come "piste" per le due energie passando per il popolo ebraico, l’Arca dell’Alleanza, il tempio di Salomone, la comunità degli Esseni, i rotoli del Mar Morto, Gesù, il Cristianesimo i Templari e il lavoro effettuato per 9 anni sotto le rovine del Tempio di Gerusalemme,l’Islam, i Catari e la loro eresia, i Cavalieri di Cristo (templari fuggiti in Portogallo) la Scozia dei Saint Claire e della chiesa di Rosslyn (templari fuggiti dalla Francia di Filippo Il Bello con la flotta ancorata a La Rochelle), i viaggi in Islanda, e poi in Nuova Scozia e sull’isola di Oak (arrivo in America), i Rosacroce e la Massoneria, l’Ahnenerbe e l’Intelligence. Un viaggio lungo 3.000 anni ed ancora in alto mare, sempre ammesso che non si tratti di mera utopia.

Di certo c’è soltanto il fatto che questa Forza Vril, qualora fosse esistita, apparteneva una scienza egizia assai complessa i cui segreti risiedono, probabilmente tra le stelle e nei geroglifici o, addirittura, su iscrizioni ancor più antiche dei geroglifici e mai ritrovate.

L’Islam e il Lapis Exillis

Il rapporto stretto, che fu poi utilizzato come uno dei grimaldelli papali, tra i Templari e gli uomini del Saladino e dell’Islam in genere sono assai noti. Ma non quelli tra l’Islam e le scienze perdute dell’antico Egitto. In effetti poco si sa ma il fatto che gli Arabi, provenienti dalla penisola arabica e conquistatori dell’Egitto e di tutta l’area mediorientale da sempre culla delle civiltà, furono maestri e cultori delle scienze matematiche e astronomiche non può considerarsi un caso. E’ evidente che un popolo dedito alla pastorizia non può aver “sfornato” così all’improvviso teorie, dati e trattati. E’ evidente che ha invece acquisito una conoscenza “antica” e nascosta che poi nel tempo ha enunciato ai più.

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Abu Ali Alhazan, matematico arabo nel X secolo stabilì il nesso tra algebra e geometria, membro della Dar Ul Hikmat, l’Accademia egizia delle scienze fondata nel IX secolo dal Califfato dei Fatimidi, scrisse il Ghayat Al Hakim “Il fine del Saggio” un manoscritto che si basava su antiche scritture egizie andate distrutte o perse secoli prima e conteneva i disegni del Sacro asse di Tebe.

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L’Asse Sacro di Tebe e l’Axe Historique di Parigi

Nell’antica Tebe esisteva un asse che rappresentava il centro della scienza egizia senza il quale non era possibile convogliare l’energia astrale emanata da Sirio alla forza tellurica per dare origine alla Forza Vril. L’asse era costruito su un allineamento compreso tra i 26° nord-ovest in una direzione e 26° sud-est nell’altro. Era orientato verso il Sole eliaco di Sirio, stella della costellazione Canis Minoris, due volte più grande del sole e 20 volte più luminosa di esso e serviva ad unire il tempio di Luxor al tempio di Karnak e a convogliare la forza sprigionata da Sirio.

L’asse di Tebe, sembrerà assurdo ai più, ha un gemello in Europa, nella fattispecie a Parigi. Strano? Assurdo? Fantasioso? Tutto è possibile, ma quel che a noi oggi sembra assurdo e improponibile non lo era per gli antichi e per antichi intendo anche coloro che sono vissuti nei secoli non troppo distanti dal nostro.

E’ strano quindi se questo asse parigino o “Axe Historique” è costruito secondo lo stesso allineamento di Tebe?

L’inizio ufficiale dei lavori dell’Axe ebbe inizio nel 1564 quando Caterina de Medici ordinò la creazione dei Giardini Tuileries e ci sono voluti 400 anni per il suo completamento.

L’Asse ideale parte dal vertice della Piramide del Louvre (l’ex castello reale francese divenuto museo il 10 agosto 1793) voluta dall’allora Presidente Mitterand (noto massone), attraversa i Giardini Tuileries, Place de la Concorde fino a giungere agli Champs Elysees.

Altra particolarità, che evidentemente nasconde al suo interno qualche messaggio esoterico, è il fatto che dirigendosi verso ovest la distanza tra i monumenti presenti sull’asse raddoppia sempre e con esso raddoppiano anche le dimensioni di ognuno dei 3 archi presenti sul percorso che, ancora un caso, termina con le Grand Arché eretto nel 1989.

La Lapis Exillis secondo René Guénon

Nel poema Parzival, di Wolfram Von Eschenbach, si legge che non si tratta di una coppa ma bensì di "una pietra del genere più puro chiamata lapis exillis”.

Il termine lapis exillis è stato interpretato come "Lapis ex coelis", ovvero caduta dal cielo: e, difatti, Wolfram scrive che la pietra era uno smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero e portato a terra dagli angeli rimasti neutrali durante la ribellione.

La tradizione esoterica delle pietre sacre, tramiti fisici tra l'uomo e Dio, è tipicamente orientale: la pietra nera conservata nella Ka' ba è l'oggetto più sacro della religione islamica; i seguaci della Qabbalah ebraica utilizzano il termine "Pietra dell'esilio" per designare lo Shekinah, ovvero la manifestazione di Dio nel mondo materiale; ancora più a Oriente, l'Urna incastonata nella fronte di Shiva della tradizione induista, simboleggia il occhio della sapientia"Terzo Occhio", organo metafisico che permette la visione interiore.

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Quindi una tradizione trasversale come dicevamo in precedenza. Per quanto concerne il simbolismo del Graal, è importante notare che, benché quest’ultimo sia comunemente descritto come un vaso e sia dunque questa la sua forma più conosciuta, esso viene anche talvolta rappresentato in forma di pietra, come nel caso particolare in Wolfram von Eschenbach; d’altronde il Graal può essere nello stesso tempo l’uno e l’altra, poiché si dice che il vaso è stato intagliato in una pietra preziosa che, staccatasi dalla fronte di Lucifero durante la sua caduta, è anch’essa "caduta dai cieli".

D’altra parte, quanto stiamo per dire sembrerà aumentare ulteriormente la complessità di questo simbolismo, ma può in realtà dare la "chiave" di certe connessioni: come abbiamo già spiegato altrove, se il Graal è un vaso (grasale), è anche un libro (gradale o graduale); e in certe versioni della leggenda si tratta non propriamente di un libro, ma di una iscrizione tracciata sulla coppa da un angelo o da Cristo in persona. Ora, queste iscrizioni, di origine ugualmente "non-umana", appaiono anche in certe circostanze sul lapis exillis; esso era dunque una "pietra parlante", cioè, se vogliamo, una "pietra oracolare" poiché, se una pietra può "parlare" emettendo dei suoni, essa può anche farlo per mezzo di caratteri o di figure visibili sulla sua superficie (come lo scudo della tartaruga nella tradizione estremo-orientale).

Ora, da questo punto di vista è anche assai notevole che la tradizione biblica menzioni una "coppa oracolare", quella di Giuseppe, che potrebbe, almeno sotto questo profilo, essere considerata una delle forme del Graal stesso; e, fatto curioso, è detto che proprio un altro Giuseppe, Giuseppe d’Arimatea, divenne il possessore o il custode del Graal e lo portò dall’Oriente in Bretagna; è incredibile che non si sia mai prestato attenzione, a quanto sembra, a queste "coincidenze" piuttosto significative.

Per tornare al lapis exillis, segnaleremo che alcuni l’hanno accostato alla Lia Fail o "pietra del destino"; infatti, anche questa era una "pietra parlante", e, inoltre, poteva essere in qualche modo una "pietra venuta dai cieli", poiché secondo la leggenda irlandese i Tuatha di Danann l’avrebbero portata con sé dalla loro prima dimora, cui è attribuito un carattere "celeste" o almeno "paradisiaco". È noto che la Lia Fail era la pietra della consacrazione degli antichi re d’Irlanda, ed è divenuta in seguito quella dei re d’Inghilterra, essendo stata portata da Edoardo I nell’abbazia di Westminster, secondo l’ipotesi più comunemente accettata; ma può sembrare almeno singolare, da un lato, che questa stessa pietra venga identificata con quella che Giacobbe consacrò a Bethel.

Non è tutto: quest’ultima, secondo la tradizione ebraica, sembrerebbe essere stata anche quella che seguiva gli Ebrei nel deserto e da cui usciva l’acqua che bevevano, e che, secondo l’interpretazione di San Paolo, non è altro che Cristo stesso; essa sarebbe in seguito divenuta la pietra shethiyah o "fondamentale", posta nel Tempio di Gerusalemme sotto l’ubicazione dell’arca dell’alleanza, e che segnava quindi simbolicamente il "centro del mondo", così come lo segnava, in un’altra forma tradizionale, l’Omphalos di Delfi e, dal momento che tutte queste identificazioni sono evidentemente simboliche, si può dire con sicurezza che, in tutti questi casi, si tratta in realtà sempre di una sola e identica pietra.

Bisogna tuttavia notare, per quanto concerne il simbolismo "costruttivo", che la pietra fondamentale di cui si è parlato in ultimo luogo non deve assolutamente essere confusa con la "pietra angolare", poiché questa è il coronamento dell’edificio, mentre l’altra si situa al centro della sua base. Abbiamo detto che nelle pietre di base dei quattro angoli c’era quasi un riflesso e una partecipazione della vera "pietra angolare" o "pietra del vertice"; qui si può certo parlare ancora di riflesso, ma si tratta di una relazione più diretta rispetto al caso precedente, poiché la "pietra del vertice" e la "pietra fondamentale" in questione sono situate su una stessa verticale, di modo che quest’ultima è quasi la proiezione di quella sul piano della base. Si potrebbe dire che la "pietra fondamentale" sintetizza in sé, pur rimanendo sullo stesso piano, gli aspetti parziali rappresentati dalle pietre dei quattro angoli (questo carattere parziale è espresso dall’obliquità delle linee che le uniscono al vertice dell’edificio).

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Di fatto, la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" sono rispettivamente la base e il vertice del pilastro assiale, che quest’ultimo sia raffigurato visibilmente oppure esista soltanto "idealmente"; in quest’ultimo caso, la "pietra fondamentale" può essere una pietra di focolare o una pietra d’altare (che sono poi la stessa cosa nel loro principio), la quale, comunque, corrisponde in certo modo al "cuore" stesso dell’edificio.

Abbiamo detto, a proposito della "pietra angolare" che essa rappresenta la "pietra discesa dal cielo", ed ora abbiamo visto che il lapis exillis è più propriamente la "pietra caduta dal cielo", il che può del resto esser messo ancora in relazione con la "pietra che i costruttori avevano gettato via", se si considerano, dal punto di vista cosmico, questi "costruttori" come gli Angeli o i Dêva; ma siccome non ogni "discesa" è necessariamente una "caduta", è opportuno fare una certa distinzione fra le due espressioni.

In ogni caso, l’idea di "caduta" non potrebbe assolutamente più applicarsi quando la "pietra angolare" occupi la sua posizione definitiva al vertice; si può parlare ancora di "discesa" se si riferisce l’edificio a un insieme più esteso (in corrispondenza al fatto, abbiamo detto, che la pietra può essere posta solo dall’alto), ma, se si considera soltanto l’edificio in sé e il simbolismo delle sue diverse parti, la stessa posizione può esser detta "celeste", poiché la base e il tetto corrispondono rispettivamente, secondo il loro "modello cosmico", alla terra e al cielo.

Ora, bisogna aggiungere ancora, e su questa osservazione concluderemo, che tutto ciò che è situato sull’asse, a diversi livelli, può essere in certo modo considerato rappresentare le posizioni diverse di una sola e identica cosa, posizioni a loro volta in rapporto con diverse condizioni di un essere o di un mondo, a seconda che ci,si ponga dal punto di vista "microcosmico" o da quello "macrocosmico"; e a tale riguardo indicheremo solo, a titolo d’applicazione all’essere umano, che le relazioni fra la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" del vertice non mancano di presentare un certo rapporto con quel che abbiamo detto altrove sulle diverse "localizzazioni" del luz o "nocciolo d’immortalità".

Il Graal è collegato sia a tradizioni ebraiche sia islamiche: è infatti in relazione con una terra chiamata "Sarraz", impossibile da situare storicamente o geograficamente (non è in Egitto, ma si vede da lontano il Grande Nilo"; il suo Re combatte contro un Tolomeo, mentre la dinastia tolomaica si estinse prima di Cristo), ma situata comunque in Medio Oriente. Da essa, infatti ebbero origine i Saraceni.

http://www.iviagginellastoria.it/rubric ... -vril.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 31/12/2013, 18:32, modificato 1 volta in totale.


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Si, anche a me affascina ed è tutto estremamente collegato. Grazie. Leggerò con calma gli ultimi contributi. Buon anno.



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NICHOLAS ROERICH - LAPIS EXILLIS -

Nel 1933, quando la grande depressione stava soffocando lo spirito americano, con il paese sull’orlo della bancarotta, il presidente Franklyn Delano Roosevelt, deciso a realizzare un ordine nuovo e trasformare il Paese nella terra promessa, si avvalse della collaborazione di una persona che racchiudeva in sé ogni tipo di talenti: il russo Nicholas Roerich, pittore, poeta, diplomatico, filosofo, viaggiatore, fervente studioso.

Nei suoi diari del 1923-1926, parlava delle sue spedizioni attraverso il Tibet, lo Xinjiang e Altai, attratto dalla possibilità di trovare in Asia la mitica Shambala e in essa la Lapis Exillis, una pietra molto potente di origine extraterrestre.

Nel 1934 il Segretario dell’Agricoltura era Henry Wallace, amico e seguace di Roerich, e molte delle sue idee, inclusa quella del Gran Sigillo massonico ebbero, probabilmente origine dal “guru” russo.

Wallace sembrava conoscere quale tipo di potere avesse quella specie di Santo Graal che era la “ Lapis exillis” essendo, sia lui sia Roerich molto interessati alle conoscenze occulte.
Fu mentre si trovava nella zona degli Altai che Roerich seppe della “valle degli immortali”, dove una guida locale gli parlò d’immense caverne nascoste tra quelle montagne, nelle quali sin dalla notte dei tempi si conservavano tesori e conoscenze.

Era sua convinzione che Shambala fosse il collegamento fra Terra e Cielo e si trovasse in una valle segreta dell’Himalaya, dove i grandi Mahatma di ogni era custodivano i grandi segreti nell’attesa giungesse il Rigden Djapo, il leggendario governatore di Shambala che avrebbe guidato il suo imbattibile esercito di guerrieri contro le forze dell’oscurità.
In quel periodo apprese di un monastero racchiuso dentro la montagna, nella massa di roccia detta Kun-lu, sormontata da grandi volte ad arco.

Come scrisse nella sua opera “Shambala la Risplendente”, il filoso chiese a un lama se esistessero passaggi segreti o tunnel al di sotto del Po-tala a Lhasa, e se questi portassero a Shambala. Il lama, senza confermare o smentire, si limitò a esporre l’esistenza di luoghi dove nessuno osava avventurarsi.

Avvenne solo dopo molte spedizioni e ricerche, per le quali ricevette l’appoggio morale ed economico da parte di Henry Wallace che Roerich, finalmente in Tibet, ricevette la pietra da un lama che lo ritenne degno di stima, compassionevole e animato da serie intenzioni di ristabilire armonia nel mondo durante un periodo di crisi. Roerich, osservandola, dedusse fosse una forma di Moldavite con lucentezza strana, quasi cupa, un accumulatore in grado di rilasciare energie e informazioni in precedenza accumulate in essa.

Con la pietra in suo possesso, al ritorno in Occidente divenne uno dei personaggi chiave nella concezione e trasformazione della Lega delle Nazioni, originariamente stabilita nel 1919 dal gruppo di nazioni vincitrici nel primo conflitto mondiale. Un passo concreto al rinnovato accordo, il cui scopo era di alleanza tra l’umanità e i leader del mondo, fu il Patto di Roerich per la Pace (The Roerich Pact) che obbligava i governi dei paesi in stato di guerra a rispettare musei, cattedrali, università e siti culturali, firmato anche dal presidente Roosevelt nel 1935. Dieci anni dopo fu incluso nello statuto ufficiale dell’ONU.

Esaurita la sua missione con la Lega delle Nazioni Roerich decise di riportare la pietra in Tibet, dove il lama, in segno di riconoscenza gli donò un’altra pietra, confermando l’esistenza di diverse pietre.

Dopo la sua morte, avvenuta nel 1947, due anni dopo la fine della guerra che aveva sperato di prevenire, la pietra fu donata al Museo di Mosca, dove i visitatori possono ancora ammirare il cristallo che costò a Roerich sei anni di lavoro e 15.500 miglia di strada per trovarlo.

Nel frattempo il XIII Dalai Lama decise che mai più nessuna pietra doveva lasciare il Tibet, vennero perciò separate e nascoste in luoghi segreti.

http://blog.libero.it/annali/12087897.html



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Figli del sangue reale

“Figli del sangue reale – I segreti della dinastia merovingia” è un saggio di Carlos Cagigal ed Alfredo Ros. Entrambi storiografi e spagnoli, gli autori, stimolati dalle leggende sul Graal e persino dalla frode congegnata da Plantard, cui si deve il Priorato di Sion, hanno deciso di indagare circa la sopravvivenza sino ai giorni nostri della stirpe merovingia.

L’esoterismo per la massa (Dan Brown e stanchi epigoni) trova non pochi riscontri nelle rigorose ricerche degli storici iberici che, consultata una mole impressionante di documenti medievali (fonti storiografiche, letterarie, alberi genealogici, monumenti…), hanno potuto stabilire una scomoda verità: la Chiesa di Roma congiurò per detronizzare i Merovingi e consegnare il trono dei Franchi ai Pipinidi. E’ quanto, in modo indipendente, affermiamo da anni.

Quali furono le ragioni dell’usurpazione? In breve, la dinastia merovingia davvero riteneva di discendere dal Messia di David: la Chiesa di Roma, fondata sulla bugia petrina, non poteva tollerare una concorrenza tanto prestigiosa. Era vitale per la sopravvivenza del papato e del suo illegittimo potere non solo esautorare i “re fannulloni”, ma soprattutto eliminare fisicamente tutti i loro discendenti. Non vi riuscì.

Sino a non molto tempo fa, si pensava che i Merovingi si fossero estinti nel 755 d.C., laddove altre casate medievali (i Guglielmidi, il lignaggio di Tolosa, quello di Trencavel) ne perpetuarono l’eredità genetica e spirituale. I discendenti dei Merovingi vivono ancora oggi in Francia, sebbene come anonimi cittadini che non intendono rivendicare alcuna corona.

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Il Santo Graal è dunque il “sangue reale”, con buona pace di bigotti e di “storici” schifiltosi. Certo, i nostri autori non sembrano voler tirare le somme delle loro sorprendenti scoperte: non accennano al fatto che i Sicambri, uno fra i rami dei Franchi, erano (o asserivano orgogliosamente di essere) di ascendenza ebraica. Eppure questo è un tema cruciale che ci permetterebbe di gettare un po’ di luce persino sul motivo per cui Adolf Hitler, forse di origine giudea, perseguitò, fra gli altri, gli Ebrei.

Inoltre Cagigal e Ros non collegano l’usurpazione perpetrata dai Pipinidi alle condizioni attuali. Se, infatti, al giorno d’oggi persiste una fazione nefanda delle élites, essa non discende dai Merovingi, quanto dai Carolingi - Capetingi - Borbone. [1]

Comunque il lavoro in esame è istruttivo: opera una tabula rasa di vieti pregiudizi, additando nella Chiesa di Roma la responsabile di un pericoloso tornante storico che, dalla detronizzazione dei Merovingi, con la “provvidenziale” e coeva “donazione di Costantino”, si inerpica sino alla persecuzione dei Catari. La feroce crociata contro gli Albigesi sancì pure la fine della splendida cultura occitanica, con i suoi trovatori, i musici, i sublimi ideali della cavalleria.

Non sono conclusioni di poco momento. Sull’humus medievale crescono le piante moderne e, se non le vediamo, è perché siamo riluttanti ad accettare che sovente la storia è storia di intrighi. Ancora oggi molti “intellettuali” senza intelletto ed araldi del regime non vedono (o fingono?) alcuna trama governativa dietro l’inside job noto come “11 settembre”. Figuriamoci se sono capaci di compiere un’indagine ben più difficile sui secoli passati.

[1] Dante, circa cinque secoli dopo la deposizione di Childerico III, ultimo sovrano merovingio, celebra nel Cielo di Giove (Par. XVIII, 46) Guglielmo d’Orange, di schiatta merovingia, dimostrandosi consapevole di una veneranda tradizione. Nel contempo il sommo poeta in Purg. XX ha parole di fuoco contro i Capetingi… forse non solo perché dinastia esecranda per la sua cupidigia.

http://zret.blogspot.it/2013/09/figli-d ... reale.html



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MessaggioInviato: 17/05/2014, 10:49 
Dai commenti riportati sotto l'articolo sopraccitato veniamo a sapere inoltre che:

- "Il Merovingio" è il nome del mercante di informazioni nel secondo episodio della saga di Matrix (anche io credo che i fratello Cohen ne sappiano molto...

- I Merovingi erano gnostici e consideravano Gesù una creatura umana (il che li collega al movimento cataro della Linguadoca e ai Templari?)

- Merovee, il capostipite della casata sembra avesse poteri sovrumani per via della sua nascita e la stessa stirpe si dice avesse poteri taumaturghi

- Alla loro morte veniva praticato un foro sulla fronte per liberare l'anima dando alle loro sepolture un carattere esoterico.

Tanti tasselli che meritano un approfondimento... Qualcuno di voi conosce dei testi su cui poter approfondire questo tema?

Grazie in anticipo!

[^]



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MessaggioInviato: 17/05/2014, 13:50 
caro Atlanticus,

Cita:
Tanti tasselli che meritano un approfondimento


direi tantissimi!!! [;)] [:D]

poichè MEROVEO (in italiano) ci riporta in tante diramazioni, da Icke e i rettiliani, a Maddalena moglie di Gesù, a Rennes le Chateau, ai Templari
e altro
http://www.renneslechateau.it/index.php ... uida&id=11
da cui
Cita:
Intorno alla figura di re Meroveo sono nate molte leggende; la più celebre si trova sul Liber Historiæ Francorum, e racconta l'origine mitologica del sovrano che avrebbe avuto due padri. La madre, infatti, già incinta del marito - il re Chlodion - sarebbe andata a nuotare nell'oceano, dove sarebbe stata sedotta e violentata da un mostro marino descritto come una "bestia di Nettuno simile ad un Quinotauro" (1).


e il pdf di topic del forum
http://www.ufoforum.it/downloads/TOPIC_ ... ateaus.pdf

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Lapis Exillis: alla ricerca del Graal
MessaggioInviato: 18/02/2015, 22:25 
Lapsit exillis - Da Simboli di Scienza Sacra (René Guénon)

Parlando del simbolismo della "pietra angolare", abbiamo avuto occasione di menzionare incidentalmente il lapsit exillis di Wolfram von Eschenbach; può essere interessante tornare più dettagliatamente su tale questione, per i molteplici accostamenti ai quali dà luogo. Formulata in modo così strano, questa espressione può racchiudere più di un significato: è certamente, anzitutto, una specie di contrazione fonetica di lapis lapsus ex coelis, la "pietra caduta dai cieli"; inoltre, questa pietra è, per la sua stessa origine, come "in esilio" nella dimora terrestre, da cui essa deve del resto, secondo varie tradizioni che parlano di tale pietra o dei suoi equivalenti, risalire infine ai cieli.

Per quanto concerne il simbolismo del Graal, è importante notare che, benché quest’ultimo sia comunemente descritto come un vaso e sia dunque questa la sua forma più conosciuta, esso viene anche talvolta rappresentato in forma di pietra, come nel caso particolare in Wolfram von Eschenbach; d’altronde il Graal può essere nello stesso tempo l’uno e l’altra, poiché si dice che il vaso è stato intagliato in una pietra preziosa che, staccatasi dalla fronte di Lucifero durante la sua caduta, è anch’essa "caduta dai cieli".

D’altra parte, quanto stiamo per dire sembrerà aumentare ulteriormente la complessità di questo simbolismo, ma può in realtà dare la "chiave" di certe connessioni: come abbiamo già spiegato altrove, se il Graal è un vaso (grasale), è anche un libro (gradale o graduale); e in certe versioni della leggenda si tratta non propriamente di un libro, ma di una iscrizione tracciata sulla coppa da un angelo o da Cristo in persona.

Ora, queste iscrizioni, di origine ugualmente "non-umana", appaiono anche in certe circostanze sul lapsit exillis; esso era dunque una "pietra parlante", cioè, se vogliamo, una "pietra oracolare" poiché, se una pietra può "parlare" emettendo dei suoni, essa può anche farlo per mezzo di caratteri o di figure visibili sulla sua superficie (come lo scudo della tartaruga nella tradizione estremo-orientale).

Ora, da questo punto di vista è anche assai notevole che la tradizione biblica menzioni una "coppa oracolare", quella di Giuseppe, che potrebbe, almeno sotto questo profilo, essere considerata una delle forme del Graal stesso; e, fatto curioso, è detto che proprio un altro Giuseppe, Giuseppe d’Arimatea, divenne il possessore o il custode del Graal e lo portò dall’Oriente in Bretagna; è incredibile che non si sia mai prestato attenzione, a quanto sembra, a queste "coincidenze" piuttosto significative.

Per tornare al lapsit exillis, segnaleremo che alcuni l’hanno accostato alla Lia Fail o "pietra del destino"; infatti, anche questa era una "pietra parlante", e, inoltre, poteva essere in qualche modo una "pietra venuta dai cieli", poiché secondo la leggenda irlandese i Tuatha di Danann l’avrebbero portata con sé dalla loro prima dimora, cui è attribuito un carattere "celeste" o almeno "paradisiaco".

È noto che la Lia Fail era la pietra della consacrazione degli antichi re d’Irlanda, ed è divenuta in seguito quella dei re d’Inghilterra, essendo stata portata da Edoardo I nell’abbazia di Westminster, secondo l’ipotesi più comunemente accettata; ma può sembrare almeno singolare, da un lato, che questa stessa pietra venga identificata con quella che Giacobbe consacrò a Bethel.8 Non è tutto: quest’ultima, secondo la tradizione ebraica, sembrerebbe essere stata anche quella che seguiva gli Ebrei nel deserto e da cui usciva l’acqua che bevevano, e che, secondo l’interpretazione di san Paolo, non è altro che Cristo stesso; essa sarebbe in seguito divenuta la pietra shethiyah o "fondamentale", posta nel Tempio di Gerusalemme sotto l’ubicazione dell’arca dell’alleanza, e che segnava quindi simbolicamente il "centro del mondo", così come lo segnava, in un’altra forma tradizionale, l’Omphalos di Delfi; e, dal momento che tutte queste identificazioni sono evidentemente simboliche, si può dire con sicurezza che, in tutti questi casi, si tratta in realtà sempre di una sola e identica pietra.

Bisogna tuttavia notare, per quanto concerne il simbolismo "costruttivo", che la pietra fondamentale di cui si è parlato in ultimo luogo non deve assolutamente essere confusa con la "pietra angolare", poiché questa è il coronamento dell’edificio, mentre l’altra si situa al centro della sua base.

Abbiamo detto che nelle pietre di base dei quattro angoli c’era quasi un riflesso e una partecipazione della vera "pietra angolare" o "pietra del vertice"; qui si può certo parlare ancora di riflesso, ma si tratta di una relazione più diretta rispetto al caso precedente, poiché la "pietra del vertice" e la "pietra fondamentale" in questione sono situate su una stessa verticale, di modo che quest’ultima è quasi la proiezione di quella sul piano della base.

Si potrebbe dire che la "pietra fondamentale" sintetizza in sé, pur rimanendo sullo stesso piano, gli aspetti parziali rappresentati dalle pietre dei quattro angoli (questo carattere parziale è espresso dall’obliquità delle linee che le uniscono al vertice dell’edificio).

Di fatto, la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" sono rispettivamente la base e il vertice del pilastro assiale, che quest’ultimo sia raffigurato visibilmente oppure esista soltanto "idealmente"; in quest’ultimo caso, la "pietra fondamentale" può essere una pietra di focolare o una pietra d’altare (che sono poi la stessa cosa nel loro principio), la quale, comunque, corrisponde in certo modo al "cuore" stesso dell’edificio.

Abbiamo detto, a proposito della "pietra angolare" che essa rappresenta la "pietra discesa dal cielo", ed ora abbiamo visto che il lapsit exillis è più propriamente la "pietra caduta dal cielo", il che può del resto esser messo ancora in relazione con la "pietra che i costruttori avevano gettato via", se si considerano, dal punto di vista cosmico, questi "costruttori" come gli Angeli o i Dêva; ma siccome non ogni "discesa" è necessariamente una "caduta", è opportuno fare una certa distinzione fra le due espressioni. In ogni caso, l’idea di "caduta" non potrebbe assolutamente più applicarsi quando la "pietra angolare" occupi la sua posizione definitiva al vertice; si può parlare ancora di "discesa" se si riferisce l’edificio a un insieme più esteso (in corrispondenza al fatto, abbiamo detto, che la pietra può essere posta solo dall’alto), ma, se si considera soltanto l’edificio in sé e il simbolismo delle sue diverse parti, la stessa posizione può esser detta "celeste", poiché la base e il tetto corrispondono rispettivamente, secondo il loro "modello cosmico", alla terra e al cielo.

Ora, bisogna aggiungere ancora, e su questa osservazione concluderemo, che tutto ciò che è situato sull’asse, a diversi livelli, può essere in certo modo considerato rappresentare le posizioni diverse di una sola e identica cosa, posizioni a loro volta in rapporto con diverse condizioni di un essere o di un mondo, a seconda che ci,si ponga dal punto di vista "microcosmico" o da quello "macrocosmico"; e a tale riguardo indicheremo solo, a titolo d’applicazione all’essere umano, che le relazioni fra la "pietra fondamentale" del centro e la "pietra angolare" del vertice non mancano di presentare un certo rapporto con quel che abbiamo detto altrove sulle diverse "localizzazioni" del luz o "nocciolo d’immortalità".

http://www.gianfrancobertagni.it/materi ... lapsit.htm



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Lapis Exillis: alla ricerca del Graal
MessaggioInviato: 12/05/2015, 16:41 
Il Sacro Graal

"Le leggende cavalleresche esprimono, sotto il velo del mito, l'eterna ricerca della verità. Come i miti dell'antichità classica, questi racconti eroici sono rituali sacri, propri di fraternità segrete, che perpetuano dottrine esoteriche antichissime."

http://costellazionedeldraco.blogspot.i ... graal.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Il Lapis Exillis: alla ricerca del Graal
MessaggioInviato: 16/05/2015, 23:19 
temo che il cosiddetto santo Graal sia un termine utilizzato per esprimere concetti diversissimi tra loro.
Non escludo che siano state create delle leggende per sviare dal suo reale significato.
(ho letto da qualche parte che questo mito è stato diffuso da uno dei fondatori dell'ordine dei templari).

Ricordate quel gioco che si faceva da piccoli?
Si disegnava una casa a forma di chiave, con all'interno la piscina, il viale, la casetta vera e propria. E poi la domanda era: la padrona di casa ha perso la chiave, sai dirmi dov'è?


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Lapis Exillis: alla ricerca del Graal
MessaggioInviato: 20/09/2015, 11:32 
Il Santo Graal
di Ingrid H. Shafer

Le leggende del Graal rappresentano una fusione di elementi Cristiani e pre-Cristiani. Motivi comuni delle varie versioni della storia date da Chrétien de Troyes (ca. 1150-1190), Wolfram von Eschenbach (c. 1170-1220), ed altri, comprendono un castello magico, abitato dal castrato Re Pescatore, una vergine che porta il Graal, e un eroe maschile che ricerca il Graal. Il testo irlandese precristiano ''Adventures of Art, Son of Conn'' (Avventure di Art, figlio di Conn) già contiene la maggior parte dei temi della ricerca del Graal. Il Graal stesso è variamente identificato come una coppa luminosa, una boccia, un gioiello e (da Wolfram) una pietra, in grado di donare un'infinità di cibo e bevande.

E' una fonte di giovinezza e salute, sorgente di saggezza e verità. Durante una visita con il dio Manannan, il re Cormac (figlio di Art) e la sua famiglia si trovano ad un tavolo coperto da una tovaglia che - all'improvviso - inizia a produrre cibi e bevande a volontà. Nella sua forma cristianizzata, il Graal è stato identificato con la coppa usata da Cristo durante l'Ultima Cena, il contenitore in cui il suo Sangue è stato raccolto da Giuseppe d'Arimatea, e la coppa eucaristica. Il re Pescatore è generalmente associato ad una lancia sanguinante (che lo avrebbe ferito), a sua volta collegata con la lancia del dio celtico Lug e con la lama che ha trafitto il fianco di Gesù in croce.

Riflettendo su questi motivi, Roger Sherman Loomis ha concluso che la tradizione del Graal è celtica in origine, poiché "viola le più elementari regole dell'etica e dei rituali cristiani", e per questo "non sarebbe sorta in ambienti cristiani". Per sottolineare il concetto, egli chiede: ''Come è possibile che una sacra reliquia, o anche solo una comune patena o un ciborio, possa essere affidata ad una amabile fanciulla, e non ad un prete o un sacrestano?"

Rispondendo alla sua retorica domanda, egli conclude: "Non c'è da meravigliarsi se la Chiesa non ha mai riconosciuto i romanzi del Graal come autentici, anzi, ha mostrato sempre sospetto per il loro background non molto ortodosso".

Ovviamente, la storia del Graal, particolarmente nelle sue origini celtiche e secondo la versione di Wolfram, si sposa bene con una teologia che insiste sull'assoluta mascolinità di Dio, l'inferiorità della donna e su una morale che esalta l'ascetismo sessuale. La moderna tradizione cattolica, tuttavia, esalta il ruolo di Maria come "Madre di Dio" (con un termine greco theotokos o "Portatrice di Dio"), e le sue caratteristiche materne, che in passato erano viste nella antica Magna Mater. Ed oggi, trent'anni dopo il II Concilio Vaticano, le donne possono servire come ministri eucaristici.

I modi di interpretare e descrivere il Graal sono molti e controversi; ciò può essere giustificato dal fatto che il tema del Graal cominciò a diffondersi durante il Medioevo, periodo di intenso fermento in fatto religioso e agitazione intellettuale. Il Graal è un potente simbolo che rappresenta insieme la fecondità femminile, la saggezza, la divinità. Non soltanto la portatrice del Graal è quasi sempre una giovane fanciulla, ma il Graal stesso contiene la luminosa immagine di un bambino su di sé o sopra l'ostia che vi è contenuta.

Ci vuole un po' di immaginazione per vedere in questa immagine l'archetica connessione tra il Graal-grambo materno, e la storia cristiana dell'Incarnazione-Annunciazione, simboleggiata dalla coppa eucaristica. In questo contesto è interessante notare che Henry e Renée Kahane sostengono che Graal derivi dalla parola greca krater, concetto chiave per gli ermetisti.

E' sicuramente più di una semplice coincidenza il fatto che le leggende del Graal siano nate proprio in un periodo in cui i dibattiti più accesi dell'epoca concernevano il mistero dell'Eucarestia, una controversia che culminò nella promulgazione del dogma della transustanziazione del IV Concilio Laterano del 1215. Nella liturgia, l'Eucarestia diventa "Comunione", il sacro pane sacramentale, cibo spirituale nella forma di pane e vino. Questo sottolineò l'importanza dell'Incarnazione, e della presenza di Dio-nel-mondo, in contrasto con la posizione dei Catari, i quali sostenevano che il mondo e qualsiasi cosa in esso, compreso il matrimonio e la procreazione, erano il "male", e il corpo di Cristo soltanto un'illusione.

Per loro. come nelle leggende l'importante era vedere il Graal, così anche solo assistere all'elevazione dell'Ostia consacrata aveva lo stesso effetto di grazia della partecipazione alla Comunione. Dopo una durissima persecuzione, i Catari (anche chiamati Albigesi) furono sterminati. Ironicamente, la loro dottrina dualista non si estinse completamente, ma influenzò la frangia Neo-Platonica dei cattolici con la sua visione negativa della vita e del mondo.

Tra le numerose versioni medievali della Ricerca del Graal, Mircea Eliade considerò il Parzival di Wolfram von Eschenbach come ''la più completa storia e coerente mitologia del Graal''. Eliade fu colpita in particolare dal fatto che deliberatamente Wolfram incluse numerosi motivi orientali, e fece ciò con molto rispetto. Wolfram sostenne che la fonte originaria del suo racconto era una saga Ebraico-Musulmana; il padre di Parzival visse per un po' di tempo in Africa, dove si sposò con una musulmana ed ebbe un figlio; questi viaggiò a lungo in Asia ed Africa; il fratello di Parzival sarebbe presto diventato il celebre prete Gianni, monarca Indiano.

In breve, Eliade nota che

[...] è evidente che il simbolismo del Graal dell'opera di Wolfram e dei suoi successori e lo scenario da loro dipinto, rappresenta una sintesi spirituale che va oltre i contributi delle diverse tradizioni. Dietro il suo interesse nei confronti dell'Oriente, si può intravvedere la profonda disillusione causata dal fallimento delle Crociate, l'aspirazione ad una tolleranza religiosa che avrebbe incoraggiato un avvicinamento al mondo dell'Islam, una profonda nostalgia di una "cavalleria spirituale" [...]

Nella tradizione celtica originaria, tuttavia, e nel racconto di Wolfram, l'amore umano e l'aspirazione alla sessualità sono trattati come valori positivi. In contrasto con il Galahad di Chrétien (che raggiunge il Graal attraverso una vita di ascesi e di rinuncia ai piaceri della carne, mantenendosi un cavaliere vergine - e proprio per questo considerato perfetto), Parzival raggiunge il Graal spirituale pur con la sua amata Condwiramurs. Wolfram considera l'amore nuziale come un misterioso ed potentissimo sacramento.

Inoltre c'è un preciso passo in cui si evidenzia che proprio tramite il suo amore coniugale Parzival diventa degno del Graal. Il ricordo di sua moglie Condwiramurs non solo lo sostiene nel suo vagabondare, ma la sua elezione a Re del Graal è immediatamente seguita da una notte d'amore con la sua Condwiramurs in una tenda della foresta. Wolfram scrive: ''Così, io credo, si prese piacere fino a mezzo il mattino.

Da ogni parte l'esercito si fece da presso a guardare [...] Ora non era più tempo di dormire. Il re e la regina si alzarono. Un prete cantò la messa" (Wolfram 802). Dal passo pare ovvio che Wolfram consideri un atto d'amore tra il re e la regina come una valida ragione per ritardare la celebrazione. Qui, come in altre opere epiche, Wolfram rifiuta il fatto che la Chiesa sia la sola mediatrice tra Dio e l'umanità. Proprio questo anticlericalismo può spiegare l'insinuazione che Wolfram fosse in realtà un Cataro.

Così Wolfgang Spiewok, il traduttore tedesco, scrive nel suo commento: ''Wolfram trasforma l'amore romantico cortese (Minne) nel genuino amore coniugale: fondamento del matrimonio, che in questo trova compimento'' e, per Wolfram ''Dio non si incontra (come sostenuto da alcuni chierici) attraverso l'ascetismo e il rifiuto del mondo, ma attraverso le relazioni sociali vissute al servizio di Dio." Secondo Spiewok, è proprio questa visione non dualistica del mondo materiale l'elemento che assicurò a Wolfram una immensa popolarità delle sue opere durante i successivi secoli che precedettero la Riforma. Se Spiewok ha ragione, allora la storia raccontata da Wolfram rappresenta un antidoto popolare al prevalente dualismo del tardo Medioevo.

Fonte primaria:

Wolfram von Eschenbach. Parzival.
Fonti secondarie:

Eliade, Mircea. A History of Religious Ideas Volume 3: From Muhammad to the Age of Reforms. Trans. Alf Hiltebeitel and Diane Apostolos-Cappadona. Chicago: The University of Chicago Press, 1985.
Jungmann, Joseph A. The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Sollemnia). 2. Vols. Trans. Francis R. Brunner. Westminster, ML: Christian Classics, 1986.
Kahane, Henry and Renée. The Krater and the Grail: Hermetic Sources of the Parzival. Urbana: University of Illinois Press, 1965.
Loomis, Roger Sherman. Arthurian Tradition & Chrétien de Troyes. New York: Columbia University Press, 1961.
Markale, Jean. Women of the Celts. Trans. A. Mygind, C. Hauch and Peter Henry. London: Gordon Cremonesi, 1975.
Matarasso, Pauline M., trans. The Quest of the Holy Grail. New York: Penguin Books, 1984.
Matthews, John. The Grail: Quest for the Eternal. New York: Crossroad, 1981.
Neumann, Erich. Die Große Mutter: eine Phänomenologie der weiblichen Gestaltungen des Unbewußten. 1974. Olten: Walter-Verlag, 1985.

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