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 Oggetto del messaggio: L'Universo Olografico
MessaggioInviato: 03/12/2012, 00:36 
Tratto da: http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8224

Godman, l’universo olografico, parte I
di Alessandro De Angelis e Michele Nardelli

Cari lettori,

il 20 novembre 2012 abbiamo tenuto – alla presenza di un sacerdote – una conferenza in una chiesa di Roma gremita di parrocchiani, dove abbiamo esposto le ultime ricerche di fisica quantistica e illustrato la teoria dell’olomultiverso digitale.

Nella conferenza, abbiamo inoltre presentato il nostro ultimo libro – la cui uscita è prevista per febbraio 2013 – “Godman, l’universo olografico. Oltre la mente di Dio vol. III” (edito dalla Uno Editori), incentrato sulle ultime scoperte della meccanica quantistica e dove, dopo la descrizione dell’esperienza premorte dell’autore (Alessandro De Angelis), si è cercato – in un tentativo che rasenta l’utopia – di fornire risposte a domande apparentemente impossibili, come «chi siamo?», «da dove veniamo?» e «cosa esiste oltre la nostra esperienza corporale?».

Nella stesura del libro ci siamo avvalsi della collaborazione di valenti fisici, tra i quali il matematico Michele Nardelli, che ha risolto l’equazione della teoria del tutto (riportata nel nostro libro), riuscendo a unificare le tre forze fondamentali della fisica con la gravità.

Lascio l’incombenza di questo compito all’amico Michele, non prima di avere analizzato una dimensione esclusa dalla teoria del tutto: il tempo.

Cosa è il tempo?

Per molti secoli filosofi e scienziati di varie branche hanno cercato di fornire risposta senza giungere a un punto d’intesa. Sappiamo, come ci ha mostrato Albert Einstein, che esso varia a seconda dell’osservatore e che avvicinandosi sull’orizzonte degli eventi di un buco nero esso rallenta, fino ad arrestarsi del tutto. Per definizione, il tempo è dunque il susseguirsi degli eventi. Andando ancora più a monte, noi sosteniamo che esso sia la conseguenza dell’esistenza.

L’esistenza di ogni specie vivente è caratterizzata da eventi, dalle azioni che compiamo quotidianamente, dal battito del nostro cuore al movimento degli atomi e delle particelle subatomiche di cui siamo composti.

Se il tempo si fermasse e se tutta la variabilità di ciò che ci circonda, che genera movimento, si arrestasse, il nostro cervello non percepirebbe più i bit d’informazione che decodifica attraverso i sensi, arrestandosi con esso tutti gli impulsi elettrochimici da esso prodotti per decifrare la nostra realtà. È dunque il movimento e la variabilità degli eventi che ci permette di assaporare la nostra esistenza.

Ora, se tutto questo fosse il risultato prodotto da una intelligenza creatrice superiore – che gli uomini chiamano Dio –, anch’esso sarebbe collocabile all’interno del tempo?

Lo stesso atto di creazione attraverso l’esplosione del Big Bang è di per sé un evento che lo collocherebbe all’interno di esso, creando un prima e un dopo l’evento stesso. Se inoltre con “Dio” vogliamo intendere il dio della Bibbia, esso compie azioni come entità fisica addirittura in prima persona (si veda l’omicidio del figlio di Davide in II Samuele 12:14-18; l’uccisione di un uomo reo di avere tagliato la legna durante lo shabbat in Numeri 15-32-36 ecc.), rapportandosi e relazionandosi con il genere umano.

Ma un dio, sicuramente più trascendente di quello veterotestamentario, prima della creazione sarebbe stato soggetto all’incedere del tempo?

Abbiamo detto che qualsiasi movimento e variabilità esistenziale collocherebbe qualsiasi soggetto all’interno del tempo. Ora ipotizziamo che “Dio” sia una entità energetica. Se questa fosse quieta e immobile, non estrinsecherebbe neanche più la sua stessa esistenza, annichilendosi. Se alla sua energia fosse legata anche una frequenza di vibrazione, e se questa frequenza fosse fissa e non variabile, giungerebbe a un punto dove questa non sarebbe più percepibile.

Un po’ come un massaggiatore che, sfregando le mani sul nostro corpo, ci trasmette calore e piacere tramite l’attrito generato, mentre se le sue mani fossero ferme sul nostro corpo, alla fine non lo percepiremmo nemmeno più.

Quindi questa frequenza di vibrazione deve essere legata a una variabilità, come ho visto nell’esperienza premorte da me vissuta all’età di 17 anni e che apre il percorso del libro Godman.

Ma andiamo oltre. Se noi dovessimo supporre l’esistenza di una entità creatrice, dovremmo concepirla perfetta, in quanto se non lo fosse potrebbe esplicare una presunta creazione in maniera sbagliata o addirittura malvagia. Tuttavia se fosse perfetta dovrebbe avere tutto e non essere mancante di nulla, mentre prima della creazione sarebbe stata mancante di questa.

La dottrina della Chiesa, per uscire da questa incongruenza, risponde che “Dio” crea per amore, perché la sua stessa essenza è amore e quindi connotata esistenzialmente. Questo comporterebbe che “Dio” dovrebbe creare sin dalla sua origine esistenziale, ma, essendo esso eterno, e dunque andando il suo tempo indietro all’infinito, anche la nostra esistenza dovrebbe volgere indietro all’infinito fino a coincidere la sua: mai creati e sempre esistiti. Noi saremmo Dio.

Lasciamo la parola al fisico teorico Michele Nardelli che esporrà le sue analisi scientifiche sulla questione del tempo e la sua implicazione nella meccanica quantistica.

Tempo e gravità quantistica

In fisica il tempo di Planck è l'unità naturale del tempo. È considerato il più breve intervallo di tempo misurabile. Esso è uguale a 5,391X10 alla-44s ~ 10 alla-43s . Il tempo di Planck è il tempo che impiega un fotone che viaggia alla velocità della luce per percorrere una distanza pari alla lunghezza di Planck.

È il "quanto del tempo", la più piccola misurazione del tempo che abbia qualche significato. L'età stimata dell'universo (4,3 · 1017 s) è di circa 8 · 1060 tP.

La lunghezza di Planck è, invece, uguale a 1,616252X10 alla -35m ~ 10 alla -35m .

Essendo la distanza (o lunghezza) di Planck Dp uguale a 1,616252 * 10-35 m, e la velocità della luce avendo un valore nel vuoto pari a c0 = 299 792 458 m/s, il tempo di Planck Tp finisce con l'essere:

Tp = Dp / 299 792,458 = 1,616252 * 10-35 / 299 792 458 #8776; 5,391 * 10-44 sec #8776; 10-43 sec.

Notiamo che il valore 5,391 è praticamente uguale a 5,39344663 che è una frequenza del sistema musicale Aureo, praticamente un sistema musicale le cui “frequenze” corrispondono a “potenze” di Phi che è il cosiddetto “rapporto aureo” che è uguale a 1,618033989… = (#8730;5 + 1) / 2. Anche il valore 1,616252 è praticamente uguale a 1,61607036, anch’esso corrispondente ad una frequenza del sistema musicale Aureo (il sistema musicale Aureo è stato concepito in quanto, secondo gli studi del Nardelli, le stringhe essendo delle “cordicelle” infinitesimali, “vibrano” come le corde di un violino e le “note” che emettono corrispondono alle moltissime particelle elementari reali e/o virtuali).

Ma cosa c’era prima del tempo di Planck? È possibile intravedere una teoria “unificata” sull’origine dell’Universo e sull’unificazione delle forze? Per rispondere a queste domande, prenderemo spunto dallo studio descritto nel libro dei fratelli Igor e Grichka Bogdanov: “Prima del Big Bang - L'origine dell'Universo”. È interessante, ai nostri scopi, come viene analizzata la questione del “tempo di Planck” e di cosa poteva esistere prima di esso.

Se alla scala di Planck il pre-spazio-tempo era in equilibrio, allora doveva necessariamente trovarsi in uno stato fisico molto speciale, denominato “stato KMS (Kubo, Martin, Schwinger)”: una condizione che dominò i primissimi istanti dell’universo nascente. Che cos’è lo stato KMS? La condizione KMS è fondamentale nella teoria quantistica. Essa permette di caratterizzare in modo completo gli stati di equilibrio termico di un sistema. La condizione KMS stabilisce una relazione naturale tra l’evoluzione del tempo – che è sottoposta alla metrica lorentziana (+++ –) – e lo stato di equilibrio, che è sottoposto alla metrica euclidea (++++). E questo ci porta molto semplicemente verso una metrica “sovrapposta” (+++±), vale a dire verso un tempo complesso che comporta una direzione reale ed una direzione immaginaria pura. La condizione KMS non è altro che questo: attraverso la relazione stabilita tra equilibrio ed evoluzione del sistema, conduce necessariamente verso un tempo complesso, lo stesso che dominava il “mondo” alla scala di Planck.

Quando raggiungiamo la scala di Planck, lo spazio si dissolve in una specie di “schiuma quantistica”. Le scoperte sulla “fluttuazione del tempo” cominciano a dirci che cosa contenga quel vuoto: qualcosa che potremmo paragonare ad una specie di “oceano scatenato”. A questa scala, la profondità dell’oceano quantistico è colossale: il fondo (ossia la scala 0) si trova ad una distanza che, per quanto sia finita, sembra in un certo senso infinita: migliaia di miliardi di anni luce. La cosa interessante è che l’espansione che permette di passare dalla scala zero alla scala di Planck è di tipo logaritmico. In altre parole, l’espansione dell’universo prima del Big Bang segue una spirale logaritmica che in matematica viene definita “spirale aurea”. È interessante evidenziare anche che 43, quindi l’esponente del “tempo di Planck” 10-43, è dato dalla somma delle seguenti potenze di Phi: 0,2229 + 7,8541 + 10,4721 + 12,7082 + 11,7446 = 43,0019 #8776; 43. (Difatti se approssimiamo alle due cifre decimali otteniamo: 0.22 + 7.85 + 10.47 + 11.75 + 12.71 = 43).

I matematici hanno dimostrato che anche se giriamo un numero infinito di volte intorno al Punto Zero, la distanza percorsa resta finita. E questo spiega che anche se il Punto Zero sembra trovarsi a una distanza infinita dal “Muro di Planck” (quanto di spazio-tempo più piccolo possibile del nostro universo fisico), è comunque possibile raggiungerlo. L’oceano quantistico è un ambiente instabile a cinque dimensioni: la dimensione supplementare raccoglie le fluttuazioni della quarta coordinata, che si trasforma alternativamente in coordinata di genere spazio e/o di genere tempo.

Questo “oceano” a cinque dimensioni è fatto di quella sostanza primordiale che dominava all’epoca di Planck: metriche libere, estremo supporto dello spazio e del tempo. Che cosa sono queste metriche? In effetti, bisogna vederle come “atomi”: le metriche sono “atomi” di spazio o di tempo. Ne esistono soltanto due classi: innanzitutto, i “monopoli” (cariche magnetiche o gravitazionali che hanno non due, ma un solo polo) che troviamo nello spazio-tempo e la cui segnatura è (+++ –), ma anche i cosiddetti “istantoni”, la cui segnatura è euclidea (++++). Contrariamente ai monopoli, che sono dotati di un’energia, gli istantoni contengono esclusivamente “informazione”.

Sono compatti (chiusi), dotati di un’elevata simmetria e totalmente statici. L’informazione che trasportano è contenuta in quella che la fisica-matematica definisce “carica topologica”. Li si incontra soltanto nell’Altrove (ossia, dall’altra parte del cono di luce). È stato notato che esiste, a 4 dimensioni, una relazione di “dualità” fra monopoli ed istantoni. In prossimità del Muro di Planck, a dominare è l’azione (ossia l’energia) dei monopoli; il tempo “scorre” ed è reale. Al contrario, intorno al Punto Zero ad avere la meglio è l’azione euclidea degli istantoni; il tempo cessa di scorrere e diviene immaginario.

Più ci spingiamo in profondità nell’”oceano quantistico”, più lo spazio delle metriche si fa “agitato”. Per via delle fluttuazioni della curvatura dello spazio primigenio, i monopoli si trasformano in istantoni prima di tornare ad essere monopoli; la metrica comincia a fluttuare fra le due configurazioni. Poi, via via che progrediamo verso gli “abissi”, i vortici (mulinelli) quantistici si fanno più imponenti: a metà strada fra la superficie (la scala di Planck) ed il fondo (la scala zero), fluttuazioni gravitazionali molto violente aprono immensi vortici nell’oceano quantistico, nei quali “sprofondano” monopoli ed istantoni in un turbinio che oscilla fra correnti di energia e di informazione. Al centro di questa spaventosa “tempesta” primordiale, onde di metriche degenerate si spingono nel vuoto per mescolare monopoli ed istantoni in una “schiuma quantistica” in cui l’informazione diviene energia.

Questo formidabile passaggio tra informazione primordiale ed energia è, in fondo, legato alla trasformazione del tempo immaginario in tempo reale. Tutto questo avveniva nell’epoca lontanissima in cui l’universo primigenio era sottoposto, nella sua totalità, alla supersimmetria della condizione KMS. Là, nel cuore dell’oceano quantistico, monopoli ed istantoni erano in numero uguale, le metriche lorentziane ed euclidee erano completamente sovrapposte.

Questo spazio di sovrapposizione era uno spazio complesso a 5 dimensioni la cui quarta coordinata (a seconda delle fluttuazioni della curvatura) si trasformava alternativamente in tempo reale (lorentziano) e/o in tempo immaginario puro (euclideo). Vi fu quindi un tempo in cui i lampi di energia altro non erano che nubi d’informazione. Poi a mano a mano che ci si spinge verso lo zero, verso il fondale estremo del nostro oceano, le fluttuazioni perdono progressivamente intensità.

A poco a poco, gli istantoni divengono più stabili, cessano di trasformarsi in monopoli così che, nel momento in cui finalmente ci avviciniamo al fondo, esiste soltanto qualche rarissimo monopolo: gli istantoni euclidei dominano interamente il paesaggio. E qui, quando finalmente siamo in vista della scala zero, scopriamo qualcosa di straordinario: tutti gli istantoni convergono in una spirale (aurea) verso il Punto Zero dove si sovrappongono, si confondono e si fondono in un unico istantone a quattro dimensioni: l’istantone gravitazionale singolare di dimensione zero.

Quella che i fisici teorici chiamano “densità di carica topologica”, per quell’istantone di dimensioni nulle, è infinita. Quella configurazione primordiale, allo stesso tempo infinitamente semplice ed infinitamente complessa, contiene da sola tutta l’informazione dell’intero universo, da zero all’infinito. Si tratta di un oggetto puramente topologico, che vive fuori dal tempo reale e che racchiude in sé tutta l’evoluzione dell’universo in tempo immaginario. Tali istantoni hanno la forma di una “palla” a quattro dimensioni il cui bordo consiste in una sfera a tre dimensioni.

Di recente, soprattutto sotto l’impulso di S. Hawking, è stato sviluppato il modello degli “istantoni gravitazionali”, in cui il campo di forza considerato è la supergravità (connessa alla teoria delle stringhe ed alla M-Teoria). Questo è il tipo di istantone che viene considerato in tale ricerca, cioè gli istantoni che poterono essere implicati nei dintorni della Singolarità Iniziale dello spazio-tempo, quando l’intensità della gravitazione era equivalente a quella delle altre tre forze dell’universo.

Gli istantoni gravitazionali possono anch’essi essere definiti dalla loro azione. Essa si presenta sotto forma di una somma che vede come addendi da una parte l’integrale (calcolato in uno spazio a quattro dimensioni) del quadrato della curvatura del pre-spazio-tempo e, dall’altra parte, ciò che definiamo “carica topologica della configurazione” (che, per definizione, è un invariante). Il primo termine, che per costruzione è finito, misura quindi l’intensità dell’”effetto tunnel” caratterizzante l’istantone.

La soluzione istantone può essere vista come una traiettoria tunnel fra due stati di energia nulla separati da una barriera. In questo senso, un istantone gravitazionale può collegare istantaneamente due punti dello spazio-tempo lontanissimi l’uno dall’altro, quale che sia la loro distanza. L’effetto tunnel è molto grande (in pratica massimo) nei pressi della Singolarità Iniziale, laddove la barriera fra due punti raggiunge la sua massima altezza per via della fenomenale entità della curvatura.

Diminuisce poi a mano a mano che si considerano scale di spazio-tempo via via più grandi (e quindi curvature sempre meno forti), fino a diventare praticamente nulla alle scale ordinarie che caratterizzano l’universo odierno (vale a dire, nello spazio-tempo piatto). Il secondo termine, a differenza del primo, è indipendente dalla scala spazio-temporale. Si tratta della carica topologica dell’istantone, che è in relazione con il prodotto della curvatura dello spazio-tempo per il suo duale. Essa rappresenta una proprietà globale della configurazione, del tutto indipendente dalla scala (ossia dalla dimensione dell’istantone). Questo significa che la carica topologica è conservata dappertutto, anche nel momento in cui l’istantone raggiunge una dimensione nulla.

L’istantone gravitazionale singolare è un punto: la sua dimensione è zero, non occupa alcun volume nello spazio, né alcun istante nel tempo.

L’energia dell’istantone è immaginaria. Questa straordinaria “pseudo-particella” è caratterizzata da una specie di carica astratta che gli esperti hanno chiamato “carica topologica” e che è invariante. Si potrebbe paragonare questa carica ad una quantità invariante di informazione, come quella contenuta in un DVD.

Al Punto Zero esiste un “potenziale topologico” (descritto dalla funzione delta); quest’ultimo propaga all’infinito la carica topologica dell’istantone iniziale di dimensione nulla. Il Punto Zero può così essere visto come un’infinità di istantoni di dimensioni nulle raccolti su di un unico punto (un po’ come oggi milioni di libri sono compattati nei minuscoli solchi di un DVD). Allo stesso modo, un’infinità di istantoni si trovano sovrapposti al Punto Zero, conferendogli una ricchezza infinita in termini di informazione.

Più precisamente, la densità della carica topologica, che aumenta con il numero di istantoni, diviene qui infinita. Ed ecco dove sta il segreto dell’espansione topologica che precedette l’espansione fisica dell’universo: per ritrovare il suo stato fondamentale (corrispondente ad una densità di carica topologica nulla), il raggio dell’istantone deve diventare infinito. Anche qui, ritroviamo nuovamente questa “legge algebrica” che spinge lo zero verso l’infinito.

Come concepire la nascita del tempo? A mano a mano che la spirale aurea degli istantoni si svolge, nuovi numeri fanno la loro comparsa, a partire da 0, poi 1, poi 2, ecc..., fino all’infinito: il raggio della bolla cambia, così che essa cresce e dà l’avvio a una formidabile espansione. E all’infinito, il raggio è infinitamente grande. Come bolle di sapone di tutte le dimensioni, le sfere si propagano verso l’infinito, spinte unicamente dalla dinamica dei numeri reali. Grandi o piccole che siano, le bolle sono lì, tutte allo stesso istante, tutte equivalenti.

Quando la bolla cresce ed il suo raggio diventa infinito, significa che il suo bordo si è infinitamente allontanato dal centro (il punto che rappresenta l’origine). Visto dal bordo, il centro è talmente lontano da essere scomparso: togliendo il centro abbiamo soppresso in un colpo solo tutto l’interno della bolla. Questo perché una bolla è ciò che in topologia si definisce “spazio connesso” ed un punto qualsiasi preso dal suo interno non ha quindi alcuna scala: può essere “grande” quanto la bolla stessa.

Di conseguenza, una volta tolto il centro della bolla, resta soltanto il bordo, ossia la sfera a tre dimensioni che chiamiamo S3. L’interno della sfera non esiste più: è diventato immaginario. Come per la sfera normale S2 (un pallone da calcio) l’interno era la terza dimensione dello spazio, nel caso di S3 l’interno che abbiamo tolto altro non era che la quarta dimensione.

Questo significa allora che la quarta dimensione spaziale della bolla è divenuta immaginaria. Ma che cos’è una dimensione di spazio immaginario? Molto semplicemente, è la dimensione del tempo reale. All’interno della bolla a quattro dimensioni, la quarta dimensione spaziale è stata sostituita dall’unica direzione che possa trovarsi “nella bolla” senza comunque occupare spazio alcuno, la dimensione del tempo reale.

Togliendo il nostro punto sul raggio della bolla, quest’ultimo ha ruotato su se stesso di 90° all’interno, diventando una retta immaginaria (ossia il tempo, che come sappiamo è misurato con numeri immaginari). Da qui in poi, gli istantoni (che sono oggetti compatti, ossia chiusi su se stessi) scompaiono. Allo stesso modo, il gruppo di simmetria che li governava (il gruppo SO(4), anch’esso un gruppo compatto) “esplode”, perde la sua simmetria fondamentale e si apre improvvisamente su SO(3,1), cioè il gruppo di simmetria di Lorentz, non compatto, il gruppo dello spazio-tempo, quello che ci permette, in ogni istante, di misurare le trasformazioni nel tempo reale.

È dunque dall’”esplosione” della metrica euclidea che nasce la metrica lorentziana: quella in cui abbiamo il ricordo del passato ed il desiderio del futuro. In conclusione, togliere alla bolla dei numeri un punto significa aprirla nella direzione del tempo. Significa, cioè, portarla a non essere più statica (chiusa nella direzione del tempo immaginario), ma renderla dinamica (aperta nella direzione del tempo reale).

Quando togliamo un punto alla nostra bolla, essa “cambia di scala”: il tempo reale comincia a fare il proprio lavoro ed i numeri si aggiungono agli altri senza più fermarsi. Il risultato è che la bolla dei numeri cresce e la vediamo crescere, cambiare di scala ad ogni istante: ormai il tempo è nato. Il sorprendente fenomeno che è stato appena descritto mostra dunque come, all’infinito del tempo immaginario, nasca il tempo reale. Ed è quando il tempo “si apre” che comincia quella famosa “oscillazione della metrica” fra tempo reale e tempo immaginario: è l’era del tempo “complesso” in cui lo spazio-tempo evolve su cinque dimensioni, contemporaneamente tempo reale ed immaginario.

È qui, all’infinito rispetto a zero, che avviene il fenomeno di “decompattazione” del tempo: la fisica definisce quel momento “istante di Planck” (o tempo di Planck). Solo in quell’istante comincia l’ultima tappa: il tempo immaginario è scomparso, l’energia immaginaria si converte in energia reale ed il “Big Bang caldo” prende l’avvio. Con esso, comincia l’espansione dell’universo, che avviene soltanto nel tempo reale. È questo, quindi, il fantastico potere dello zero, il suo mistero affascinante: dispiegare tutta l’informazione numerica che contiene in potenza.

E se supponiamo che il punto della Singolarità Iniziale altro non sia che l’immagine dello zero, allora la rappresentazione “geometrica” di quel che abbiamo appena visto ci ha permesso di assistere all’espansione fredda, silenziosa, della sfera originale da zero all’infinito. Un’espansione che, tenuto conto di quanto appena visto, non è soltanto naturale: è inevitabile, inscritta nell’esistenza stessa dello zero. Questo è il segreto del primo Big Bang, quello che ha permesso la transizione da zero verso l’infinito proiettato sul Muro di Planck. Un Big Bang freddo e buio, grazie al quale c’è stato qualcosa a partire dal nulla; attraverso il quale l’infinito è sbocciato dallo zero. E l’essere dal nulla.

Tratto dal libro "Godman, l’universo olografico"
di Alessio e Alessandro De Angelis
con collaborazione
e prefazione di Michele Nardelli, fisico e matematico



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MessaggioInviato: 03/12/2012, 00:46 
Negli ultimi anni della sua vita, Albert Einstein cercò di risalire a una formula matematica che portasse all'unificazione di tutte le interazioni fondamentali, facendo interagire il campo elettromagnetico con il campo gravitazionale e descrivendole in un’unica formulazione, più semplice e completa che mai. Il suo tentativo, purtroppo, non andò a buon fine. Il perché va ricercato nell'assenza di una matematica in grado di descrivere adeguatamente questa «Teoria del Tutto». Lo stesso Einstein lo riconobbe, scrivendo in una sua lettera:

«A causa di difficoltà matematiche, non ho ancora trovato il modo pratico di controllare i risultati della mia teoria tramite una dimostrazione sperimentale».

Ebbene grazie alla collaborazione con Michele Nardelli, si è riusciti a risalire a questa formula matematica, che sarà riportata in anteprima mondiale nel libro: "Godman, l'universo olografico".

Immagine

Per semplificare si può immaginare questa formula come l’equazione di Einstein riscritta in termini di teoria delle stringhe. Infatti, nel membro di sinistra vi è l’azione di stringa bosonica, quindi l’energia, mentre nel membro di destra vi è l’azione di superstringa contenente i fermioni, quindi la materia, la massa.

(Alessio de Angelis)


Ultima modifica di Atlanticus81 il 03/12/2012, 00:52, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 03/12/2012, 03:34 
L'ipotesi dell'universo olografico mi affascina molto, c'è un esempio che ho letto e che esemplifica al massimo questa teoria che spiegherebbe il perché di alcuni fenomeni come la correlazione quantistica davvero illuminante...

In soldoni se l'universo fosse un acquario e piazzassimo due telecamere ad osservarlo ed il nostro unico punto di vista su questo universo fossero le due telecamere, vedremmo i pesci muoversi attraverso uan di esse e contemporaneamente muoversi anche nell'altra, penseremmo che i due fenomeni sono istantanei e ci chiederemmo in che modo l'informazione viaggia abbattendo il muro della luce, senza renderci conto di osservare lo stesso fenomeno da due punti di osservazione diversa... Magari l'ho spiegato male ma il senso dovrebbe essere chiaro :P

Edit: ho trovato l'articolo a cui facevo riferimento:

http://www.invasionealiena.com/scienza/ ... e/934.html

ed ecco la parte che ho scimmiottato prima:

Cita:
Per Bohm il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Era infatti convinto che, ad un livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Bohm semplificava con un esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate che l'acquario non sia visibile direttamente, ma solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario.
Guardando i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Essendo all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo credere che i due pesci comunichino tra loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica che esiste un livello di realtà del quale non siamo consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare, che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l'Universo stesso è una proiezione, un ologramma.


Ultima modifica di MaxpoweR il 03/12/2012, 03:35, modificato 1 volta in totale.


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Questa idea mi ha sempre affascinato...

L’Universo è un enorme cervello? Internet, Facebook, il nostro cervello e l’Universo crescono tutti nello stesso modo

Immagine

Un punto a favore di chi sostiene il disegno universale (cioè che l’Universo è un’entità senziente, con un obiettivo preciso e che tutto accade per una ragione) arriva da una fonte improbabile: lo studio Network Cosmology co-pubblicato su Nature journal (Scientific Reports) dal fisico Dmitri Krioukov della University of California San Diego.

Naturalmente Krioukov non arriva certo a sostenere l’esistenza di un vero e proprio disegno universale nè, tantomeno, quella di un dio onnipotente che lo controlla, ma si limita a rilevare attraverso complesse formule matematiche che tutti i grandi network, come la rete dati globale, i social network, il nostro cervello e l’Universo stesso crescono e si sviluppano in maniera simile e quindi potrebbero essere regolati da una stessa legge universale che ancora non abbiamo scoperto.

Lo studio di Krioukov si basa su ricerche precedenti che avevano evidenziato similitudini funzionali tra il cervello e Internet, a cui aggiunge l’elemento universale. L’esistenza del cosmo, infatti, parte da un singolo evento – il Big Bang – e da allora ha continuato ad espandersi per circa 14 miliardi di anni.

Il team ha quindi creato una simulazione in cui l’universo primordiale è stato suddiviso nelle unità più basilari - i quanta di spazio-tempo - e ha collegato ogni quantum in relazione causale con un altro. A causa del limite imposto dalla velocità della luce, quindi, gli elementi troppo lontani tra loro non sono stati collegati causalmente. Mano a mano che la simulazione progrediva, sono aumentate anche le connessioni tra la materia presente nello spazio.

Comparando questo sviluppo a quello conosciuto dei social network e dei circuiti cerebrali, gli scienziati hanno osservato che tutti si espandono nello stesso modo. Per esempio le cellule encefaliche si collegano a quelle più vicine ma anche ad altre cellule - delle specie di “cellule Google” - che le collegano ad altre più lontane. Questa similitudine sembrerebbe indicare che esiste un collegamento profondo tra tutti i network complessi, da quelli microscopici a quelli galattici e, secondo Krioukov, è giunta l’ora di individuarlo.



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MessaggioInviato: 10/12/2012, 22:35 
Credo che questa idea è quello piu vicino alla realtà. L'universo nel suo insieme è un qualcosa di vivente. Credo che presto si potra mettere giu basi migliori su questo.

L'universo è un mistero quanto lo è il nostro cervello infondo.



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MessaggioInviato: 14/12/2012, 20:20 
Magari il nostro universo è in realtà il cervello di un altro essere vivente ed a nostra volta nei nostri cervelli abbiamo esseri intelligenti e via così all'infinito come le matriosche -_- Se si parte con ragionamenti del genere si finisce col prendersi un bel mal di testa -.-



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Qualcosa di simile [:D]



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MessaggioInviato: 03/04/2013, 00:00 
Traggo spunto da quanto riportato in un altro thread per rilanciare l'ipotesi dell'universo olografico dove vado ad evidenziare in grassetto una mia personale considerazione che mi piacerebbe molto approfondire con voi.

Cita:

...

La risposta a se o non siamo soli nell’universo potrebbe essere proprio sotto il nostro naso, o, più letteralmente, all’interno di ogni cellula del nostro corpo.

Immagine

I nostri geni potrebbero avere un design intelligente con il “marchio del produttore” al loro interno, scritto milioni di fa altrove nella nostra galassia? Tale “griffe” sarebbe un timbro indelebile di una civiltà extraterrestre che ci ha preceduto da molti milioni o miliardi di anni. Come la loro eredità, e l’immagine biologica.

Qui siamo oltre l'ipotesi di ibridazione avanzata dal Progetto Atlanticus, visto che anche gli Anunnaki avevano un DNA (e sostanzialmente tutti gli esseri viventi terrestri ed extraterrestri ce l'hanno) ritengo che identificare chi abbia per così dire inventato la formula magica del DNA significa in sostanza individuare DIO.

E se questo DIO fosse al di fuori del nostro universo?

Così come un programmatore informatico "crea" un mondo virtuale attraverso un software così ciò che immaginiamo essere Dio potrebbe avere "creato" l'attuale universo come un incredibilmente complesso ologramma virtuale in cui extraterrestri, Anunnaki, esseri umani e più in generale tutti gli esseri viventi siano parte di questo programma esperimento in cui osservare se singoli impulsi elettronici dotati di coscienza (gli esseri viventi senzienti) siano in grado di capire di "non essere".

Lo capirono gli Anunnaki durante la loro esperienza materiale durante la quale ebbero la balzana idea di crearci per ibridazione con i Sapiens? Lo capiranno gli esseri umani risultato di quella decisione presa da Enki solo centinaia di anni fa?

Immagino questo Dio programmatore osservarci come noi facciamo quando giochiamo a un gioco di simulazione. Praticamente siamo i Sims di Dio...


Un po' come accade nel film del 1999 "Il Tredicesimo Piano" di Josef Rusnak che consiglio a tutti di vedere e che, per ovvi motivi, non vi svelo la trama...

Tornando al contenuto dell'articolo Vladimir I. sh Cherbak di al-Farabi Kazakh National University del Kazakistan, e Maxim A. Makukov dell’Istituto di Astrofisica Fesenkov, ipotizzano che un segnale intelligente incorporato nel nostro codice genetico sarebbe un messaggio di matematica e semantica che non può essere rappresentato dall’evoluzione darwiniana. Lo chiamano “SETI biologico.” Che cosa c’è di più, sostengono che questo tipo di messaggio abbia una longevità e una possibilità maggiore di essere rilevato rispetto ad una trasmissione radiofonica transitoria extraterrestre.

Scrivendo sulla rivista Icarus , affermano: “Una volta fissato, il codice potrebbe rimanere immutata nei tempi cosmologici, infatti, è il più durevole costrutto conosciuto. Quindi rappresenta una memoria eccezionalmente affidabile per una firma intelligente. Una volta che il genoma è opportunamente riscritto il nuovo codice con una firma rimarrà congelato nella cellula nella sua progenie, che potrebbe poi essere consegnato attraverso lo spazio e il tempo. “

Per superare il griffe test, eventuali modelli nel codice genetico devono essere statisticamente molto significativi e in possesso di significato intelligente-come le caratteristiche che sono incompatibili con qualsiasi processo naturale, dicono gli autori.

Continuano a sostenere che la loro analisi dettagliata, del genoma umano (mappa qui) mostra una approfondita di precisione dell’ ordine nella mappatura tra i nucleotidi del DNA e aminoacidi.”Accorgimenti semplici del codice rivelano un insieme di modelli aritmetici e ideografici di linguaggio simbolico.” Si dice che questo include l’uso di notazione decimale, trasformazioni logiche, e l’uso del simbolo astratto. ”Accurata e sistematica, questi modelli di fondo appaiono come un prodotto della logica di precisione informatica non banale”, affermano.

Immagine

Analisi:viviamo in un ologramma?

Questa interpretazione li porta ad una conclusione inverosimile: che il codice genetico, “sembra che sia stato inventato al di fuori del sistema solare già diversi miliardi di anni fa.” Questa dichiarazione appoggia l’idea della panspermia , l’ipotesi che la Terra è stata seminata con la vita interstellare. E ‘sicuramente un approccio nuovo e coraggioso di conquista della galassia se immaginiamo che questo era un deliberato da super-esseri.

Tuttavia, ci sono anche altre possibilità. Ho già scritto a proposito del far-out l’idea che l’universo che osserviamo è stato costruito solo per noi ed esiste all’interno di un programma per computer. Pertanto, l’idea che qualche programmatore ha scritto da qualche parte il codice genetico per la vita del loro modello di universo è coerente con i suggerimenti degli autori.

Il SETI Biologica sa inevitabilmente di un’idea che è completamente antitetico alla scienza: il concetto di disegno intelligente (ID). La proposizione di ID è che la nostra biologia è così complessa che deve essere stata progettata da un potere superiore.

Ad oggi, l’ID è stato altro che il creazionismo biblico. Fondamentalisti cristiani lo usano per spingere l’insegnamento del creazionismo nelle scuole come alternativa alla evoluzione “secolare”.

Può la richiesta di una firma aliena nel nostro codice genetico essere più credibile, o dimostrabile che ID biblico?

Sappiamo così poco circa l’origine della vita sulla Terra, sembra una presuntuoso pensare di identificare una struttura genetica che sfida presumibilmente una spiegazione naturale. Anche la scoperta di vita altrove nel sistema solare non fornirebbe un test indipendente di questa idea. La panspermia avrebbe potuto verificarsi naturalmente tra i pianeti e le lune.

E, anche se il codice genetico è in ultima analisi, considerato l’impronta di un designer extraterrestre grande, poi chi ha progettato il progettista?

Di Ray Villard

http://news.discovery.com/space/alien-l ... 130401.htm




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MessaggioInviato: 03/04/2013, 00:21 
Cita:
Un po' come accade nel film del 1999 "Il Tredicesimo Piano" di Josef Rusnak che consiglio a tutti di vedere e che, per ovvi motivi, non vi svelo la trama...


Mi soffermo su questa frase, perchè è proprio pensando a questo film che ti ho fatto la domanda dall'altra parte.
Mi chiedo: se davvero fosse tutto una simulazione il solo fatto di avere la parvenza di una coscienza (o una coscienza simulata) come dei sims evoluti basterebbe per poterci definire davvero coscienti? E se la nostra è solo coscienza simulata com'è la vera coscienza e\o consapevolezza di se?

Ma soprattutto se noi fossimo all'interno della simulazione non lo potremmo mai scoprire perchè agiremmo su di essa con i soli strumenti che la simulaizone ci rende disponibili, non credo esistano pillole blu in stile matrix o qalche modo per craccare il sistema. Ma chi gestisce il tutto potrebbe avere la possibilità DI DISCENDERE nel nostro universo e dettarci le linee guida per vedere l'effetto che fa per poi ASCENDERE al cielo e scomparire :]

In fondo il nostro universo è formato da 4 pixel che sono le 4 particelle principali che si combinano tra loro... come i pixel di uno schermo ^_^

avrebbero senso i tunnel di luce ela reincarnazione che fondamentalmente sarebbe una riprogrammazione ed un reinserimento nel sistema...


Ultima modifica di MaxpoweR il 03/04/2013, 00:23, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 03/04/2013, 01:36 
A questo proposito risegnalo un articolo evidenziato gia' a suo tempo sia da TTe che da Atlanticus:

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=176036

PS: Consiglio anche di rileggere tutta la discussione relativa. [;)]



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MessaggioInviato: 19/05/2013, 16:35 
In questi post abbiamo parlato di Akasha e dei Registri Akashici.

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=283933
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=283938

Se è vero che l'universo è un ologramma... I "Registri Akashici" potrebbero rappresentare l'accesso al 'codice sorgente' del software che governa l'intero creato, dal tempo t0 a oggi.

Sembra esserci un legame tra questa realtà metafisica e la realtà materiale. Un legame che scienziati del passato del calibro di Einstein e Tesla hanno cercato di cogliere.

Accedere al "codice sorgente", al linguaggio del software... potremmo diventare il virus nel software di Dio che ha generato l'Universo intero e il tempo da miliardi di anni... [}:)]



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MessaggioInviato: 19/05/2013, 18:00 
Mi consola il fatto che,teorie o meno,l'universo o ,almeno,quello che noi chiamiamo universo,sembra ESISTERE.

Questa,forse,è la sola cosa sicura.

Come sia,come sia nato,sempre che sia nato e non ci sia sempre stato,come cambi,
che fine possibile potrebbe avere,sempre che ne debba avere una...non lo sa nessuno veramente.

E sapete perchè?

Perchè per capirlo bisognerebbe avere la mente di Dio,e siccome Dio è Dio e noi umani siamo della scartine intellettuali al confronto,al massimo riusciremo a tracciare
una visione umana del cosmo sistematizzata in teorie ,modelli e pratiche.

Quindi,forse,è meglio lasciar perdere la mente di Dio,per non fare figuracce,e accontentarsi della nostra,evitando naturalmente quella dei...lux.

eh eh eh...amichevolmente,ciau



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IL MIO SITO SPACEART:
http://thesky.freeforumzone.leonardo.it ... 1&f=183131

Inoltre,un ottimo sito per scrivere quello che volete!

http://www.scrivendo.it

eheheh....la verità prima o poi viene a galla no?!
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Universi Simulati

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E se vivessimo in una simulazione? Dopo aver visto il film Matrix, tutti abbiamo riflettuto almeno per un po' su questa fastidiosa eventualità. La cosa sorprendente è che, mentre noi riprendevamo la vita di tutti i giorni come se niente fosse, qualcuno ha continuato a rimuginare seriamente sulla questione. Quali sono le probabilità che l'universo che conosciamo non sia altro che una complicata messa in scena, un mondo virtuale estremamente ben realizzato? Sembrano chiacchiere da dopocena, ma dietro c'è Nick Bostrom, un filosofo dell'università di Oxford. Nel 2003 ha pubblicato un articolo che, in estrema sintesi, sostiene che le probabilità di vivere in una simulazione sono piuttosto alte.

Essenzialmente, l'argomento di Bostrom fa leva sul fatto che noi stessi siamo ormai in grado di produrre simulazioni molto realistiche di aspetti più o meno complessi della realtà: simulazioni usate per scopi scientifici (ad esempio quelle che tentano di riprodurre l'evoluzione della struttura su grande scala dell'universo) oppure per intrattenimento (nei film di animazione, oppure in videogiochi come The Sims o Second Life). Potremo mai essere in grado di spingere le simulazioni a livelli di realismo tale da contenere al loro interno entità autocoscienti? Questo è evidentemente un quesito senza risposta, per il momento. Ma se avremo mai questa possibilità, la quantità di mondi simulati inizierebbe a moltiplicarsi con un ritmo molto rapido. Secondo il ragionamento di Bostrom, allora, un osservatore (cioè un'entità autocosciente) scelto a caso avrebbe molte più probabilità di trovarsi in una simulazione, piuttosto che nel mondo reale.

L'articolo di Bostrom ha scatenato un certo dibattito, e c'è una pagina web che segue tutti gli sviluppi. Si tratta, ovviamente, di speculazioni filosofiche, che coinvolgono campi molto complessi come la logica, la computazionabilità, il calcolo delle probabilità, e persino la natura della realtà e delle leggi fisiche. Secondo il cosmologo John Barrow, ad esempio, se davvero vivessimo in una simulazione dovremmo notare strane variazioni nelle leggi fisiche o nelle costanti di natura, scaturite dalla necessità di aggiornare le simulazioni per mantenerle ben funzionanti (nello stesso modo in cui un programma di computer ha bisogno di manutenzioni periodiche e di interventi di upgrade che non erano stati previsti al momento del suo lancio).

Ma se tutto questo vi disturba, sappiate che Bostrom suggerisce che, fino a che non dovesse comparirvi davanti una finestra che vi avvisa che siete davvero in una simulazione, la strategia migliore è continuare a vivere come se niente fosse.

http://www.keplero.org/2006/11/universi-simulati.html



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Il programma dell'universo

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In ogni epoca storica la visione dell’universo è, in qualche modo, dettata dal contesto.

I miti arcaici narravano l’origine e l’evoluzione del cosmo con i soli strumenti che avevano a disposizione: l’azione di dèi, l’antropomorfizzazione dei fenomeni naturali. Agli albori della scienza moderna le descrizioni del cosmo erano più rigorose, facevano uso della matematica e della fisica conosciuta. Le metafore usate erano diverse, l’universo era visto, in un certo senso, come un congegno meccanico, una specie di orologio. Oggi, nell’epoca dell’informatica e della computazione, qualcuno ha cominciato a descrivere il cosmo come un computer.

Nel libro "Il programma dell'universo", Seth Lloyd del MIT, uno dei pionieri della computazione quantistica, divulga l’idea che ogni componente fondamentale dell’universo, ogni particella elementare, sia in ultima analisi un bit di informazione. Un bit quantistico, per l’esattezza, cioè non uno 0 o un 1, come in un computer digitale normale, ma contemporaneamente uno 0 e un 1, secondo l’idea della sovrapposizione di stati della meccanica quantistica. Proprio perché lo stato di una particella in meccanica quantistica non è definito fino al momento in cui lo si misura, poche particelle elementari possono essere usate per compiere un numero enorme di operazioni “in parallelo”, cioè contemporaneamente, e possono essere usate per simulare sistemi fisici complicati, cosa che richiederebbe tempi lunghissimi per un computer ordinario. La possibilità di usare singoli elettroni per compiere semplici calcoli (per esempio la fattorizzazione di numeri primi) è stata già dimostrata da Lloyd e da altri ricercatori, e c’è grande attività per fare in modo che la computazione quantistica diventi una realtà tangibile nei prossimi anni.

Spingendo molto oltre la faccenda, Lloyd è convinto che l’universo stesso non sia niente altro che un enorme computer quantistico, e che la riformulazione di alcuni concetti della fisica in termini di teoria computazionale (un esempio ben noto è il parallelo tra entropia di un sistema e quantità di informazione) possa spiegare fenomeni come l’emergere della complessità che osserviamo nel cosmo, a partire da condizioni iniziali estremamente semplici. Un bell’esempio è quello delle scimmie calcolatrici. Fu Boltzmann a far notare che l’emergere per puro caso della complessità nell’universo sembra una cosa estremamente improbabile, più o meno come se alcune scimmie, battendo dei tasti a caso su una macchina da scrivere, scrivessero l’intera Divina Commedia.

Ma Lloyd fa giustamente notare che l’universo potrebbe funzionare in modo diverso: le scimmie batterebbero sui tasti di un calcolatore, non di una macchina da scrivere, e la probabilità di scrivere casualmente sequenze di software, anche molto brevi, che diano risultati sensati, diventa non trascurabile.

A loro volta, i compiti svolti da queste sequenze sensate potrebbero includere la produzione di ulteriori sequenze, in una complessità via via crescente, che una volta creata verrebbe auto-preservata. Una specie di meccanismo di selezione naturale per frammenti di informazione, che dà vita alla ricchezza e alla differenziazione di strutture che osserviamo nel cosmo. Lloyd pensa che dietro la visione computazionale dell’universo possa esserci addirittura la soluzione al problema della gravità quantistica: la ricerca, finora senza successo, di una teoria che unifichi le quattro interazioni fondamentali in un unico modello.

http://www.keplero.org/2007/04/il-progr ... verso.html



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Con l'avvento dei computer quantistici (il primo acquistato da NASA e Google) potremo spingersi molto oltre sia per quel che riguarda l'intelligenza simulata sia la intelligenza artificiale vera e propria. LA capacità di calcolo a più stati simultanei ci darà la possibilità di generare simulazioni praticamente reali,a quel punto capiremo davvero se siamo anche noi una simulazione...



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