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 Oggetto del messaggio: La vita dopo la morte è inevitabile.
MessaggioInviato: 18/05/2013, 12:02 
LA NUOVA FISICA CI DICE CHE LA VITA DOPO LA MORTE
E' "INEVITABILE" PER CONSEGUENZA LOGICA E STATISTICA.


http://www.metafonicamente.it/la_nuova_fisica.html

Quella che segue non è proprio una lettura semplice ed immediata, lo ammetto, magari dovrete ritornare su certi concetti, rileggerli più volte per "digerirli", ma vi assicuro che è un efficace compendio delle nuove acquisizioni a cui ci sta conducendo la cosiddetta "nuova fisica", figlia di una scienza senza condizionamenti o paraocchi ideologici, nè stupidi e sorpassati pregiudizi materialistici, ormai stantio retaggio ottocentesco. Essa ci conduce ad implicazioni davvero fondamentali per la nostra esistenza ed il nostro modo di guardare alla vita, e che in futuro certamente modificheranno radicalmente culture, costumi, mentalità e modi di vivere. Pertanto vi consiglio di leggere con cura questa "gemma" che contiene la sintesi scientifica fatta dal fisico teorico Frederik Van Der Veken che io ho semplicemente tradotto dall'inglese.



Nel corso degli ultimi 100 anni abbiamo assistito a grandi cambiamenti nei paradigmi scientifici, e grandi e numerose scoperte hanno scosso le fondamenta del nostro modo di vedere la realtà al punto che, alcune di esse, possono sembrarci addirittura fantascientifiche: noi sappiamo oggi che la materia è costituita per il 99% da spazio vuoto e che le particelle quantistiche sono punti zero-dimensionali. E’ verificabile sperimentalmente che il viaggio nel futuro è possibile viaggiando ad altissime velocità ed esistono particelle quantistiche in grado di teletrasportarsi attraverso muri impenetrabili e di essere in due posti contemporaneamente e, inoltre, di cambiare il proprio comportamento in presenza di un osservatore cosciente. La meccanica quantistica è molto di più di un insieme di teorie ed interpretazioni, essa ci fornisce l’innegabile prova che tutto ciò che conosciamo, le opere e l’esperienza, si strutturano in modi che possiamo definire “surreali”, e non è l’unico campo della scienza che ci fa riflettere a fondo circa il vero senso e la vera natura della realtà. Anche le neuroscienze, che studiano il nostro sistema nervoso, ci inducono a riflessioni profonde sul mistero più grande e tuttora irrisolto della scienza: la coscienza. Il concetto di coscienza proposto nel corso del 2012 è che essa sia il risultato delle scariche elettriche che si verificano nel sistema nervoso e lo fanno funzionare; quando questa attività diventa irregolare o insolita a causa, per esempio, di lesioni cerebrali, sperimentiamo le cose in maniera diversa dal solito. Ad esempio, esiste una malattia rara che può verificarsi come conseguenza di emicrania e diabete e che si chiama “sindrome di Capgras” (detta anche sindrome del sosia); detta malattia fa si che chi ne è colpito si convinca profondamente che tutti i propri cari, familiari ed amici, siano degli impostori, dei sosia che fingono di essere suoi familiari. Per il resto essi si comportano in modo del tutto normale, ma anche di fronte a ragionamenti logici e ferrei che vengono ad essi fatti per dimostrargli che i loro parenti non sono affatto degli impostori, essi continuano ad articolare altrettanti complessi ragionamenti per spiegare in che modo quegli “impostori” si siano sostituiti ai propri familiari. Anche altri disturbi possono, per esempio, causare nei pazienti la perdita della capacità di descrivere o percepire la metà destra del volto delle persone, ma essi non saranno mai consapevoli di questa loro condizione e non accetteranno mai il fatto di soffrire effettivamente di questa malattia. Noi siamo convinti che le nostre capacità matematiche e razionali ci permettano di fare distinzioni oggettive, e che il nostro intelletto sia il “motore” delle nostre incredibili conquiste scientifiche e del nostro progresso tecnologico: ciò è certamente vero, ma le stesse capacità intellettuali che possediamo in vario grado, possono portarci anche a convincerci della realtà di pure illusioni e a restare bloccati in esse (la profezia Maya vi ricorda forse qualcosa a livello planetario? ndr). Come accade ai malati della sindrome di Capgras. In poche parole possiamo dire che sono i modelli alla base della nostra coscienza a definire la nostra percezione dell’intera realtà. Sembra, inoltre, che la nostra coscienza funzioni più come un orologio digitale che come uno analogico: invece di un flusso costante di esperienza, le nostre esperienze possono essere suddivise in intervalli di “quanti” di tempo equivalenti a 0,042 secondi, ciascuno dei quali corrisponde a un momento di coscienza. Questo si chiama “quantizzazione” e significa che qualcosa può essere suddiviso fino a giungere ai più piccoli blocchi che compongono un “edificio”. Ogni stato di coscienza consiste di un certo numero di informazioni che potrebbero, teoricamente, essere registrate in un “disco rigido” che, non è ancora alla portata delle odierne conoscenze; nonostante ciò, si sta assistendo nei laboratori di tutto il mondo ad enormi progressi nel campo della ricerca che ha lo scopo di creare un simulatore del cervello umano il più perfetto possibile.
Ad oggi non sono state ancora assorbite completamente dall’opinione pubblica alcune delle più grandi e sconvolgenti scoperte della ricerca scientifica del secolo scorso, e quello che la scienza ha scoperto nel campo della conoscenza della coscienza umana negli ultimi decenni sta appena iniziando a farsi strada faticosamente tra le tante informazioni senza importanza che ogni giorno ci bombardano. Ciò che la scienza sta scoprendo sulla coscienza umana cambierà di sicuro in futuro il nostro modo di guardare la vita….Nel 2007 il pioniere della ricerca sulle cellule staminali Robert Lanza, ha elaborato una teoria che postula che il tempo, lo spazio ed anche la nostra intera realtà, non sono affatto ciò che noi da sempre crediamo che siano seguendo la semplice evidenza che i nostri sensi ci rimandano ogni giorno. Sebbene ancora incompleta, questa teoria è stata accettata come promettente e foriera di futuri rivoluzionari sviluppi da molti fisici premi Nobel e dagli astrofisici della NASA. Questa teoria, detta del “biocentrismo”, descrive la realtà come un processo che coinvolge profondamente la nostra coscienza e spiega che, senza l’intervento, appunto, della nostra coscienza, tutta la materia si trova in uno stato indeterminato di probabilità, il tempo non ha esistenza reale e lo spazio è solo un concetto che usiamo per dare un senso alle cose. Se guardiamo alla meccanica quantistica e alle neuroscienze per riempire i vuoti di questa teoria, tutto ciò che ci rimane altro non sono che stati quantizzati di coscienza; la realtà, come la conosciamo non esiste, e se avesse un qualsiasi tipo di esistenza che si potesse “visualizzare”, essa si presenterebbe ai nostri ipotetici occhi come un mare infinito di informazioni statiche nelle quali tutte le probabilità esistono contemporaneamente. Immaginare tutte queste probabilità in uno spazio zero-dimensionale e senza tempo non è facile per noi e la nostra mente che è, per l’appunto, spazio-temporale, e forse mai riusciremo a capire cos’è la realtà in realtà (scusate il gioco di parole). Ogni più piccola parte di informazione esiste, compresi i “blocchi” di informazioni che descrivono perfettamente i momenti di coscienza che noi sperimentiamo da un momento all’altro. Nella meccanica quantistica è stata elaborata la teoria dell’universo olografico nella quale l’intero universo può essere visto come una struttura bidimensionale contenente tutte le informazioni che ci sembra di percepire in maniera tridimensionale. In un nuovo modello tutta l’esistenza è codificata nei momenti quantizzati di coscienza che contengono tutte le nostre esperienze. Ogni momento di coscienza è una realtà in sé, e abbiamo esperienza del tempo come ovvia e semplice, ma ogni momento di coscienza contiene un diverso insieme di memorie ed esperienza, indipendentemente dalla nostra sensazione di “linea temporale”. Domani potrebbe accadere prima di ieri….dai nostri ricordi dipendono le informazioni codificate in ogni istante di coscienza ed essi possono dirci solo qualcosa circa la realtà che viviamo in questo momento; ogni percezione del tempo come una “continuità” è, in realtà, un’illusione. Per questo l’astrofisico della NASA David Thompson ha definito la teoria di Lanza una “sveglia” data all’umanità che soggiace dormiente all’illusione della realtà come connaturata dallo spazio e dal tempo. Quando guardiamo al Big Bang o quando osserviamo le particelle quantistiche saltare avanti e indietro nel tempo, abbiamo l’arroganza di presumere che il tempo si muova solo in avanti ed in linea retta, e quella di considerare queste anomalie temporali come insolite e intuitive. In realtà non vi è alcuna indicazione del fatto che la nostra percezione e la memoria definiscano la direzione del tempo. Tutto ciò sembra suggerire che la nostra realtà sia sempre sul punto di disintegrarsi completamente o che, almeno, essa sia altamente incoerente e casuale in qualsiasi momento. Ma il motivo per cui noi sperimentiamo un mondo rigido, con leggi naturali profondamente strutturate è perché modelli coerenti evolvono secondo principi matematici. Dal momento che ogni modello possibile può esistere all’interno di un infinito, l’unico collegamento tra due momenti indipendenti quantizzati di coscienza è l’informazione nuova che si sovrappone ad essi. Le leggi secondo le quali noi realizziamo la nostra realtà sono semplicemente quelle più probabili a realizzarsi fra le infinite altre. Del resto modelli strutturati e coerenti si possono trovare anche nel caos, essi sono necessari all’esistenza della coscienza e la realtà che viviamo si evolve lungo i rami più probabili del proprio modello specifico. Se i disturbi neurali come la sindrome di Capgras ci hanno insegnato qualcosa è che abbiamo una capacità incredibile di razionalizzare le stranezze nella nostra realtà. C’è una evidenza, però, che diventa difficile confutare: che il modello di momenti quantizzati di esperienza è intrinsecamente infinito e, statisticamente, dunque, una vita dopo la morte è semplicemente inevitabile.



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MessaggioInviato: 18/05/2013, 13:03 
PERCHE 'gli scettici di mentalità chiusa' rifiutano di accettare la PROVE a favore del paranormale e dell'Aldilà secondo alcuni diversi punti di vista:



1. Difesa psicologica: 'razionalizzazione attraverso la dissonanza cognitiva': si tratta di una difesa che la mente scettica innalza contro informazioni che sono fondamentalmente in contrasto con le convinzioni care e che lo condizionano da sempre. La mente dello scettico razionalizza le informazioni incoerenti con ciò che egli ritiene essere giusto, e ciò perchè se egli dovesse accettare quelle nuove informazioni che contrastano i suoi principi, ciò causerebbe una 'dissonanza', un conflitto interiore, e una grande ansia per lo scettico costretto a lasciare quella che gli psicologi chiamano 'comfort zone', uno spazio interiore fatto di opinioni e certezze costruite nel tempo e che danno sicurezza. Quando ciò accade, nello scettico che si trova a dover rivedere le sue credenze il cuore batte più velocemente, la pressione arteriosa aumenta, e la sudorazione si intensifica'. Così la mente scettico dice NO e subito adotta la tecnica della negazione totale dicendosi che quell'informazione non può essere giusta, e respinge le informazioni, anche se si è dimostrato che le prove sull' esistenza dell'aldilà sono scientificamente corrette.

2. La "catessi" : con questo termine si indica l'inestimento "emotivo" che una persona ha fatto nei confronti di un'idea, una persona, un'azione. Più alto è stato questo investimento e più forte sarà l'attaccamento che quella persona avrà nei confronti del suo "totem ideologico". Nella mente dello scettico irrazionale e fortemente irrigidito, si crea un atteggiamento tale da costituire come una "super-colla" che lo tiene legato alla chiusura mentale dello scetticismo e che costituisce una parte fondamentale della sua identità. Rinnegare il proprio "autoindottrinamento" culturale o religioso crea ansia nel soggetto duro a cambiare idea, lo destabilizza e lo mette di fronte a troppi nuovi interrogativi.

3. Programmazione neurolinguistica (PNL) parla di 'eliminazione' quando le informazioni nuove sono fondamentalmente incompatibili con la visione del mondo dello scettico. Tutto ciò allora viene automaticamente cancellato senza sottoporlo ad alcun esame. Secondo la PNL nello scettico prevale sopra ogni altra esigenza (anche di conoscenza ed evoluzione) la volontà di 'cancellare' le informazioni che contrastano le proprie idee e visione del mondo per mantenere la mente e il corpo nello stato dil 'omeostasi', ovvero una pacifica condizione che evita ansia, stress e assicura allo scettico stesso calma, tranquillità, e lo lascia indisturbato nella sua "comfort zone".

4. Credenze di un determinato ambiente : se lo scettico dalla mentalità chiusa nasce da una devota famiglia indù in India, è garantito che lo scettico avrà fede nella religione indù. Se nasce in Iraq o in Iran o in qualsiasi paese islamico, questo stesso scettico avrà fede islamica. Se nato in Israele da una famiglia ebraica ortodossa, lo scettico avrà credenze ebraiche ecc .... Così la sfida per lo scettico è quella di superare il suo condizionamento che nasce nell'infanzia, di rimuovere i blocchi mentali e imparare a percepire tutte le informazioni in modo scientificamente bilanciato.



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MessaggioInviato: 18/05/2013, 14:57 
Oltre alla Rivelazione di Gesù cristo, l'uomo ha sempre avuto questo ... "sentore", perché da sempre potremo dire, ha effettuato le esperienze "pre morte", per cui ......[;)]



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MessaggioInviato: 10/10/2013, 13:28 
La morte non esiste! Il biocentrismo quantico del dott. Lanza

Molti di noi, a buona ragione, temono la morte. Noi crediamo nella morte perchè così ci è stato detto: “noi moriremo”!

Siccome identifichiamo la nostra persona con il corpo, e sappiamo che gli organismi biologici sono destinati a morire, ci siamo sempre più convinti che la morte del corpo sia anche la fine della nostra coscienza.

Ma una nuova teoria scientifica suggerisce che la morte corporale non è l’evento terminale che pensiamo. Scopriamo l’affascinante teoria del “Biocentrismo”.

Il dott. Robert Lanza è attualmente direttore scientifico presso l’Advanced Cell Technology ed è professore aggiunto presso la Wake Forest University School of Medicine.

Ha pubblicato centinaia di articoli scientifici e numerose invenzioni e ha scritto, fino ad ora, più di 30 libri, tra i quali “Principles of Tissue Engineering” (Principi di ingegneria dei tessuti) e “Essentials of Stem Cell Biology” (Fondamenti di biologia delle cellule staminali), due pubblicazioni che sono riconosciute come riferimenti definitivi in campo scientifico.
In un articolo scritto per l’Huffington Post, il dott. Robert Lanza descrive un’affascinante teoria scientifica che è stata definita “biocentrismo” e che potrebbe offrirci una visione completamente nuova, dal punto di vista scientifico, della morte e del destino della coscienza umana dopo la morte.

Come abbiamo già scritto in un recente post, la fisica quantistica è alla base di questa rinnovata attenzione che la scienza sta dedicando alla coscienza umana, tanto da far definire “l’anima” come una delle strutture fondamentali dell’Universo.
La fisica quantistica potrebbe spiegare l’esistenza dell’anima

La coscienza non è più solo un problema per i biologi, i filosofi e i teologi, ma lo è diventata anche per la fisica. Ad oggi, nella fisica moderna non esiste nessuna spiegazione valida che giustifichi come un gruppo di molecole in un cervello possa creare la coscienza.

La bellezza di un tramonto, il sapore di un pasto delizioso o l’innamoramento, sono tutti misteri ai quali la scienza non è ancora in grado di dare una spiegazione convincente.

Certo, la biologia e la neurologia possono spiegare i meccanismi che regolano il funzionamento del cervello rispetto agli stimoli ricevuti dai sensi, ma non siamo ancora in grado di spiegare, dal punto di vista scientifico, la soggettività dell’esperienza sensoriale.

Quel che è peggio, è che nessuna disciplina scientifica è capace di spiegare in che modo la coscienza possa emergere dalla materia. La nostra comprensione dell’enigmatico fenomeno della coscienza è praticamente nulla.

La teoria scientifica, chiamata biocentrismo, cerca di raffinare queste considerazioni. Uno degli aspetti più noti della fisica quantistica sta nel fatto che certi fenomeni non possono essere previsti in maniera assoluta.

L’unica possibilità che abbiamo è quella di calcolare le probabilità che un determinato evento si verifichi. Secondo l’interpretazione offerta della Teoria del Multiverso, a ciascuno di questi eventuali eventi corrisponde un universo differente.

Esiste un numero infinito di universi, e tutto ciò che potrebbe accadere, si verifica in qualche universo. Tutti gli universi possibili esistono simultaneamente, indipendentemente da ciò che accade in ciascuno di essi.

Quindi significa che le leggi che regolano gli infiniti universi possono essere, appunto, infinite. Chi o cosa pone le regole che sono alla base di questi infiniti universi?

Ora, un noto esperimento di fisica quantistica, dimostra che l’osservatore è in grado di determinare il comportamento delle particelle. Cosa significa ciò? Qual è la relazione che c’è tra la percezione del mondo e il mondo in sè?

E’ possibile che il mondo che abbiamo sotto gli occhi sia determinato, in larga parte, dalla nostra mente? Lo spazio è il tempo sono dimensioni che esistono a prescindere dall’osservatore, oppure il nostro cervello, in qualche modo, li determina?

Secondo il biocentrismo, lo spazio e il tempo non sono quelle dimensioni immutabili e rigide che abbiamo sempre pensato. Secondo le considerazioni degli esperimenti di fisica quantistica, tutta la nostra esperienza sensoriale non è altro che un vortice di informazioni che si verificano nella nostra mente.

Lo spazio e il tempo sono semplicemente “regole” create dal nostro cervello attraverso le quali la nostra coscienza cerca di dare un “ordine” a quella esperienza che chiamiamo “realtà”.

Come già scriveva Ralph Waldo Emerson nel 1844 in Experience:

“Abbiamo capito che non vediamo la realtà direttamente, ma mediatamente e che non abbiamo alcuna possibilità di modificare o correggere le lenti colorate attraverso le quali vediamo il mondo, nè di calcolare l’entità dei loro errori. Forse queste lenti hanno un potere creativo, forse non esiste nessun oggetto”.

Chiaramente, tutto ciò trascende le nostre idee classiche di spazio e tempo.


Già, ma allora che cosa è la coscienza?

Secondo Robert Lanza, sebbene i singoli corpi siano destinati alla morte e alla disintegrazione, la coscienza viva dell’individuo – il “chi sono” – esiste come forma di energia (circa 20 watt) che opera all’interno del cervello.

Siccome il Secondo principio della Termodinamica (uno degli assiomi più sicuri della scienza) afferma che l’energia non si può nè creare, nè distruggere, ma solo trasformare, dobbiamo concludere che questa “energia di coscienza” che opera nel cervello non scompare con la morte del corpo.
L’esperienza di premorte di un neurochirurgo: sono stato in paradiso

Se è vero che spazio e tempo sono “filtri” posti dal cervello alla nostra coscienza, dobbiamo concludere che in un territorio senza tempo e senza spazio la morte non può esistere. L’immortalità non significa una vita perpetua nel tempo, ma risiede piuttosto in una realtà totalmente al di là dello spazio e del tempo.
Conclusioni

Per molti secoli, a partire dal Rinascimento e con la rivoluzione scientifica, una visione rigida del cosmo ha dominato il pensiero scientifico. Questo modello ci ha portato innumerevoli intuizioni sulla natura dell’universo e numerose applicazioni tecnologiche che hanno trasformato ogni aspetto della nostra vita.

Ma questo modello, inizia a manifestare tutti i suoi limiti nel riuscire a spiegare in maniera esaustiva la complessità della realtà. Il vecchio modello cosmologico propone l’immagine di un universo come una immensa collezione senza vita di particelle che rimbalzano l’una contro l’altra, obbedendo a leggi fisiche predeterminate dalle origini misteriose.

L’avvento della fisica quantistica ha portato una ferita nel modello dell’universo-orologio, che da una prospettiva prevedibile dei fenomeni fisici, si sta addentrando in una prospettiva semi-prevedibile.

Tuttavia, con l’attuale paradigma cosmologico, rimangono aperti ancora molti problemi, alcuni ovvi, altri raramente citati, ma altrettanto fondamentali. Ma il problema di fondo riguarda la vita che, sin dalla sua comparsa, rimane ancora un processo scientificamente sconosciuto, sebbene alcuni meccanismi di sviluppo possono essere compresi tramite i meccanismi della Teoria di Darwin.

Il problema più grande è che in una particolare forma di vita, quella umana, esiste un fenomeno come quello della coscienza, la cui comprensione rimane ancora, a dir poco, un mistero.

Se il 20° secolo è stato dominato dalla fisica, il 21° secolo si configura come l’epoca della convergenza tra diverse discipline, fino ad oggi ancora in apparente conflitto tra loro, quali la fisica e la filosofia, la biologia e la teologia. Tutto sembra convergere in una unificazione dei saperi.

Forse è questo il tentativo più qualificante di una teoria come quella del biocentrismo, secondo la quale la vita precede l’esistenza dell’Universo. E’ un concetto semplice ma sorprendente: la vita determina l’universo, anziché il contrario.

http://www.ilnavigatorecurioso.it


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MessaggioInviato: 10/10/2013, 14:38 
Laddove misticismo e scienza, mito e storia si uniscono ritorniamo all'Alchimia e all'antico sapere delle civiltà perdute antidiluviane.

Ed ecco che le credenze, i miti e i testi sacri antichi (penso ai Veda) di culture a noi lontane nello spazio e nel tempo, così ricche di concetti misteriosi e storie incredibili assumono tutto un altro significato!

La "vita" eterna di cui tutti parlavano potrebbe essere realtà, certo non come siamo abituati a pensare o meglio, come ci hanno fatto credere. E non si tratta di religione, di fede, ma è la scienza ad affrontare il discorso in questi termini.

Il che mi fa pensare che quei lontani autori di testi finora ritenuti mitologia o leggenda avessero ben altro valore.

E personalmente non ho dubbi al riguardo.

I tasselli pian piano vanno al loro posto e iniziamo ad avere una visione di insieme del meraviglioso disegno della Verità il quale ci fornirà quelle risposte che andiamo cercando da sempre...

[:)]



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MessaggioInviato: 11/10/2013, 10:18 
Il pensiero orientale (in particolare l'advaita vedanta) predica da sempre l'illusorietà di una linea temporale che procede e la giustifica con l'inganno della memoria che crea un precedente.
Tempo e spazio sono apparizioni nella coscienza senza alcun riscontro oggettivo. Placato il "chiacchericcio" della mente si apre la Verità.
Ma è proprio nella mente che l'occidente pianifica la sua efficienza e chissà ancora per quanto il suo ricatto ci terrà dentro Maya.


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Cita:
tom ha scritto:
Placato il "chiacchericcio" della mente si apre la Verità. Ma è proprio nella mente che l'occidente pianifica la sua efficienza e chissà ancora per quanto il suo ricatto ci terrà dentro Maya.

Eh già......



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 26/10/2013, 09:27 
Personalmente penso che ormai il famoso "velo" sia bello che andato. E non parlo solo di me o per me. Da Wiki- La parola apocalisse deriva dal greco #7936;#960;#959;#954;#940;#955;#965;#968;#953;#962; (apokalypsis), composto di apó ("separazione", usato come prefissoide anche in apostrofo, apogeo, apostasia) e kalýptein ("nascosto", come in Calipso), dunque significa un gettar via ciò che copre, un togliere il velo, letteralmente scoperta o rivelazione - Come direbbe l'agente Smith "E' inevitabile,Sig. Enderson!" [}:)]
Vorrei aggiungere che il supremo principio della filosofia Vedanta consiste non nel negare l'esistenza della materia (solidità,impenetrabilità,estensione) ma nel trasformare la concezione popolare (la più diffusa, potremmo dire) di materia, sostenendo cioè che la materia non ha un esistenza indipendente dalla percezione mentale (dell'anima) perchè esistenza (materia) e percettibilità (anima) sono termini equivalenti! Consiglio a tutti di leggere "Il mondo come volontà e rappresentazione" di Schopenhauer, libro tosto per carità, ma se lo si capisce, solo nelle prime 5-6pagine ci dice TUTTO,ogni cosa vi sarà molto più chiara! [^]


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Le enigmatiche esperienze di quasi-morte: potrebbe la morte essere solo un’illusione?

Perchè viviamo? E ancor di più, perchè moriamo? Ogni essere umano, di ogni tempo e di ogni luogo, percepisce la morte come l'ultimo predatore a cui far fronte, l'inesorabile varco che attende ogni uomo di qualsiasi condizione sociale, qualsiasi latitudine e di qualsiasi credo filosofico o religioso. E ognuno di noi, nella parte più recondita del proprio essere, si chiede se la morte è l'esperienza definitiva con la quale veniamo consegnati al nulla assoluto, oppure se si tratti solo di un passaggio verso una nuova condizione esistenziale.
Tutte le culture umane che si sono succedute nella storia, fin dalla loro comparsa, hanno considerato la morte come il passaggio verso un’oltrevita.

Le culture preistoriche la pensavano come un ricongiungimento con i propri antenati.

Le culture antiche più evolute, come quella sumera, egizie e greca, credevano che la morte fosse l’inizio di un viaggio che portasse il defunto in un luogo fisico, nel quale cominciare il nuovo stato di vita.

Bisognerà attendere le religioni orientali, come l’induismo e il buddismo per assistere ad una concezione più spirituale della vita oltre la morte, fino a quando il cristianesimo parlerà addirittura di “risurrezione dei corpi”.

Forse l’unica cultura ad aver smarrito la domanda fondamentale sulla morte, e quindi sulla vita, è proprio quella contemporanea. Intriso di materialismo scettico, generato da una parziale interpretazione della rivoluzione scientifica e dell’illuminismo, l’uomo del nostro tempo non pensa più alla morte, e se ci pensa, tende a considerarla come il definitivo disfacimento dell’esperienza esistenziale.

Con la perdita del significato della morte, paradossalmente assistiamo ad una perdita del senso della vita. Eppure, potrebbe essere proprio la scienza a gettare nuova luce sul mistero della morte, a partite dai più recenti studi sulle esperienze di premorte e della fisica quantistica.


La “quasi-morte”

L’esperienza di premorte è uno degli eventi più enigmatici che possa capitare nella vita di una persona. I pazienti che hanno vissuto questa esperienza la descrivono come una sensazione di pace e l’inizio di un viaggio verso una fonte di luce intensa, spesso accompagnata dall’incontro con alcuni familiari defunti che raccomandano alla persona il ritorno alla vita terrena, per completare il proprio ciclo esistenziale.

La fisica quantistica potrebbe spiegare l’esistenza dell’anima


Incuriositi da questi racconti, diversi scienziati hanno cominciato a compiere delle ricerche sul fenomeno, cercando di capire quale possa esserne l’origine. Ciò che più stupisce è la somiglianza delle visioni raccontante dai pazienti in stato di premorte: a prescindere dall’età, dalla provenienza e dalla culture, tutti raccontano grosso modo la stessa visione.

Tra gli studi più interessanti sull’argomento ci sono quelli cella dottoressa Laura Wittman, ricercatrice presso l’Università di Stanford, la quale ha analizzato tutta la letteratura prodotta a partire dal 1880 sulle esperienze di premorte, fino a giungere alle sceneggiature di film contemporanei come Brainstorm (1983) e Linea Mortale (1990), e alle opere di fantascienza di Bernard Werber, come Les Thanatonautes (1994) e Passage (2001) di Connie Willis.

Comparando i dati ottenuti dalla letteratura con quelli della scienza, la Wittman ha individuato una sostanziale somiglianza con i racconti di quasi-morte dei romanzi con quelli descritti dai pazienti. La ricercatrice ne ha tratto alcune conclusioni:

“La codificazione letteraria di tali esperienze, ci permette di guardare i racconti di quasi-morte nel contesto dell’evoluzione della ricerca scientifica su questo argomento”, spiega la Wittman. “Nel corso dei decenni, le narrazioni di quasi-morte sono state inserite in decine di romanzi e film, quasi a voler combattere la crescente invisibilità della morte nella nostra cultura, dove la morte è diventata un affare essenzialmente privato, spesso consumato in una terribile solitudine”.

Laura Wittman, laureata in lingua italiana e francese e titolare della cattedra in Studi Italiani, prima di dedicarsi all’esperienza di quasi-morte, si è dedicata allo studio della storia biblica della risurrezione di Lazzaro trattata da alcuni autori del 19° e 20° secolo.

Nel racconto biblico, Lazzaro è un uomo che tramite l’intervento di Gesù ritorna in vita, senza dire una parola su quanto vissuto. Wittman ha scoperto che il silenzio di Lazzaro ha affascinato e perplesso numerosi scrittori europei.

Nelle opere letterarie di D.H. Lawrence, Luigi Pirandello, Graham Greene, Andrè Malraux e Eugene O’Neil, gli autori hanno riesaminato la vicenda di Lazzaro, facendone diventare l’emblema degli studi sulle esperienze di pre-morte.

“Lazzaro esprime in modo univoco le ansie moderne sulla morte e il morire. Si avverte il desiderio di dare un senso alla morte, facendola diventare un viaggio di trasformazione piuttosto che un minaccioso varco verso il nulla”, continua la Wittman.

Approfondendo la questione, la ricercatrice si è accorta che l’interesse letterario per la storia di Lazzaro è coincisa con una crescita dell’interesse scientifico in materia, quando alla fine del 1880 i medici hanno cominciato a raccogliere le testimonianze di visioni e di viaggi dai loro pazienti. “Circa un secolo dopo, i neuroscienziati hanno cominciato a interessarsi al fenomeno, aprendogli una finestra sul funzionamento del cervello”.

Proprio sul nostro blog, qualche tempo fa, abbiamo parlato dell’esperienza vissuta dal dottor Eben Alexander, un neurochirurgo di Harvard ricoverato nel 2008 per un attacco di meningite http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/ ... -paradiso/
Entrato in stato vegetativo, al suo risveglio ricordava di un viaggio in una “dimensione più alta”. Quella di Alexander è un’esperienza che ha modificato profondamente una radicata visione scientifica della coscienza umana. “Come neurochirurgo, non credevo alle Nde (Near Death Experience)”, dichiarò lo scienziato su Newsweek, “avendo sempre preferito le ipotesi scientifiche”.

Il dottore specificò anche di non avere credenze religiose e di non credere nella vita eterna. Ma poi ha sperimentato “qualcosa di così profondo”, da fargli riconsiderare le esperienze NDE in chiave scientifica.


http://www.ilnavigatorecurioso.it


Ultima modifica di nemesis-gt il 26/10/2013, 11:05, modificato 1 volta in totale.

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