Sceicchi su Marte

Entro il 2021 gli Emirati, che vogliono un’agenzia panaraba in stile Esa, avranno una sonda sul Pianeta rosso. L’emiro di Dubai: “Il nostro destino è, ancora una volta, esplorare, creare, costruire e civilizzare”




Dopo l’energia, la moda, le architetture impossibili e il calcio che conta gli sceicchi si preparano a sbarcare su Marte. Entro il 2021, infatti, la prima sonda degli Emirati Arabi Uniti – che da anni spingono per la creazione di un’agenzia panaraba sulla falsa riga dell’Esa – potrebbe approdare sul Pianeta rosso: sarebbe la prima missione di un Paese arabo ad arrivare con un mezzo di questo tipo su un altro pianeta.

A lanciare la corsa è stato l’emiro di Dubai, nonché attuale primo ministro e vicepresidente degli Emirati, Sheik Mohammed bin Rashid Al Maktoum. Big Mo, come lo chiamano i suoi sostenitori locali, si è detto convinto che l’iniziativa proverà come il mondo arabo sia in grado di dare il proprio contributo alla scienza internazionale nonostante i tanti conflitti che infiammano il Medio Oriente.

“La nostra è una regione di civilizzazione – ha dichiarato l’emiro, appassionato di corse di cammelli – il nostro destino è, ancora una volta, esplorare, creare, costruire e civilizzare”. Gli ha fatto eco il presidente Khalifa bin Zayed Al Nayhan: “La sfida marziana rappresenta l’ingresso del mondo islamico nell’era dell’esplorazione spaziale. Lo scopo degli Emirati Arabi Uniti è quello di costruire nel Paese capacità tecniche e intellettuali nei settori aerospaziale e dell’esplorazione dello spazio e di entrare nel comparto attraverso la tecnologia in modo da aumentare i piani di sviluppo”.

D’altronde il 2021 non è stato scelto a caso: sarà il cinquantenario della singolare monarchia federata della penisola araba. E l’anno prima Dubai avrà ospitato l’Expo internazionale.

Tuttavia, a ben vedere, diversi Paesi a maggioranza musulmana hanno programmi spaziali o addirittura agenzie dedicate, dall’Algeria alla Turchia passando per l’Egitto e, come noto dalle cronache quasi più di costume che scientifiche, l’Iran. Che non la smette di spedire scimmie in orbita. Così come non sono mancati astronauti arabi e musulmani: il primo fu il membro della famiglia reale saudita Salman bin Abdelaziz Al-Saud nel 1985.

Per la missione su Marte sarà dunque messa in piedi un’agenzia spaziale che, secondo Arabian Business, sarà indipendente sia sotto il profilo amministrativo che finanziario. E infilerà gli Emirati nell’elenco dei pochi Paesi (otto) che puntano a Marte. Curiosity – che fra l’altro ha appena trovato il primo meteorite curiosamente ribattezzato Lebanon – potrebbe presto avere compagnia. Ammesso che regga ancora sette anni.

L’obiettivo appare però molto complicato. I programmi spaziali sono il più delle volte uno stillicidio di tentativi, fallimenti e ripartenze. Spesso solo per arrivare nell’orbita terrestre senza (troppi) problemi. Puntare a Marte – il cui margine di successo nell’approdo delle sonde internazionali è del 50% – ha dunque un sapore quasi fantascientifico per un Paese con scarsa storia spaziale, presente sì con cospicui investimenti ma solo per questioni satellitari e di comunicazione.

Basti pensare, tornando all’insidioso Pianeta rosso, che il migliore margine di successo appartiene ovviamente alla Nasa ed è del 70%: delle 21 missioni dagli anni Sessanta ne sono fallite sei. Ma certo le risorse non mancano, dalle parti di Dubai e Abu Dhabi.