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11/01/2011, 15:37

Hannah ha scritto:

bleffort ha scritto:

Mi domando che fine ha fatto il risultato di un secolo di lotte,per acquisire il diritto di lavorare senza essere schiavi del lavoro,credo che in questa vita che viviamo si dovrebbe lavorare per vivere e non il contrario.
I grandi Capitalisti finalmente nel loro modo di vedere hanno trovato ( o hanno fatto in modo) la soluzione per far ritornare indietro nel tempo e mettere le catene a quelli che lavorano,pigliando sempre come spunto 11 Settembre, la Globalizzazione e il confronto con paesi del Terzo Mondo,situazioni che sono state create ad oc da loro stessi.


Oltretutto, queste persone, essendo costrette a lavorare di più, saranno più insoddisfatte, avranno meno tempo da passare in famiglia, meno tempo per riflettere, meno tempo per pensare, si ammaleranno di più, statisticamente vivranno meno e così avranno risolto il problema delle pensioni nel futuro. E, comunque, spero di essere smentita, io credo che la Fiat nei prossimi 5 anni andrà via lo stesso. Oltretutto, le Fiat non si vendono: è quello il vero problema. Basta andare per strada per rendersene conto. A che serve produrne di più?

Verissimo come dici tu, Marchionne anche se passa il " si "rimarrà qualche anno e poi dirà agli operai che deve delocalizzare la fabbrica e che se vogliono mantenere il posto di lavoro devono venire dietro fin dove la ricollocherà,altro che "mobilità"!!.

11/01/2011, 17:48

io avrei votato sicuramente no, meglio disoccupato che schiavo.

11/01/2011, 18:31

keiji ha scritto:

io avrei votato sicuramente no, meglio disoccupato che schiavo.



Schiavo è una parola grossa.

11/01/2011, 21:08

Immagine

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 66023.html

12/01/2011, 08:35

greenwarrior ha scritto:
Schiavo è una parola grossa.

Appunto,gli schiavi sono altri non manchiamo di rispetto a chi veramente nel 2011 ancora é schiavizzato.
Ultima modifica di robs79 il 12/01/2011, 08:35, modificato 1 volta in totale.

12/01/2011, 11:54

è una schiavitù moderna, togliere tutti quei diritti e minacciare per far votare si è una cosa inaccettabile, altro che difenderlo smerdchionne.

12/01/2011, 13:20

marchionne..
il ragioniere contabile..
(e codesto sarebbe filosofo diplomato..)
non ha capito che
se gl iitaliani realizzano che
le macchine fiat vengono prodotte all'estero,
le vendite qui colano a picco..

12/01/2011, 20:36

Dal Paese dei burattini.....

Immagine

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 66023.html

12/01/2011, 21:18

Nell' attuale sistema di gestione del lavoro, il compromesso è la miglior soluzione.
CGIL ricatta, Marchionne ricatta e chi ci rimette sono i soliti.
Forse è il caso di aspettare tempi migliori per le proprie rimostranze e accontentarsi della pagnotta che viene offerta.
Le altre sigle sindacali hanno mostrato buon senso, CGIL vive ancora all' epoca di Carlo Codega.[:D]

12/01/2011, 22:17

Thethirdeye ha scritto:

Hannah ha scritto:

Alla faccia del progresso e dell'utopia che le macchine avrebbero lavorato al posto degli uomini lasciandoli più liberi di istruirsi, di divertirsi, di socializzare, ecc. .



Questo non accadrà mai. Siamo stati creati per essere schiavi (in data non sospetta) e continueremo ad esserlo grazie ad un manipolo di criminali. Almeno sino a quando non capiremo che esiste un limite alla decenza che non deve essere superato.

Il bello di questo ricatto della Fiat è racchiuso nella affermazioni di una buona parte degli operai quando dicono...." ho una famiglia, un mutuo da pagare.... non posso fare altrimenti....". Non puoi fare altrimenti? Sei un'ameba se pensi di non poter fare altrimenti. Ma non si rendono conto questi qui che così facendo daranno il "La" a tutta una serie di imprenditori che in futuro applicheranno la stessa tecnica? Non si rendono conto che i loro figli saranno ancora più schiavi di quanto non lo sono loro?


Sono d'accordo con te.Infatti in questo paese tutti parlano parlano ma alla fine nessuno fa niente.Come quando qualcuno fa sciopero.Sciopero per 24 ore e poi alla fine in quelle 24 ore ci sono sempre Krumiri che mandano avanti l'azienda.Quindi,mi domando,ma che razza di sciopero e'?
Qualche anno fa all'azienda dove lavoravo il sindacato aveva indetto uno sciopero per 24 ore.Praticamente nell'azienda il 90% dei lavoratori erano tutti raccomandati quindi stavano bene.Quelli che stavano male,come il sottoscritto,erano il 10 %(non raccomandati).Ma allora che cavolo di sciopero vuoi fare se poi in azienda ci sono le solite pulci che la mandano avanti anche per quel giorno.
Che paese di m...da [:(]

02/02/2011, 00:48

Oggi e domani ultime assemblee

[color=blue]Mirafiori discute il nuovo contratto


I metalmeccanici torinesi strìngono i tempi sulla piattaforma contrattuale. Oggi e domani si conclude alla Fiat la seconda (e ultima ) tornata di assemblee; mercoledì e giovedì si riuniranno in un cinema di via Nizza i 700 delegati provinciali; venerdì e sabato, infine, sarà la volta deil'assemblea regionale: Le posizioni che emergeranno da questo giro di consultazioni (che sono state talora piuttosto vivaci) verranno portate dagli 89 rappresentanti torinesi all'assemblea generale dei quadri di martedì, mercoledì e giovedì prossimi a Bari.
Un momento importante, dunque, visto il peso che Torino e la Fiat hanno sul piano nazionale. E bisogna anche tener conto che uno dei nodipiii difficili da sciogliere all'interno della stessa categorìa è quello dell'orario nel settore auto.

Dall'esecutivo del Coordinamento Fiat non era emersa una posizione definita. II successivo direttivo nazionale della Flm, però, ha fatto sue le indicazioni formulate dal segretario nazionale della Flm, Veronese, proprio nell'ambito del Coordinamento Fiat.

Si tratta, sostanzialmente, di una posizione diversa sia da quella della Fim-Cisl (riduzione d'orario generalizzata) che da quella della Fiom-Cgil (riduzioni d'orario limitate al massimo): una linea molto vicina a quella della Uilm.

Dovrebbero lavorare solo più 36 ore alla settimana gli operai degli stabilimenti del Sud con casa madre in Settentrione (Fiat e Alfa Romeo); si passerebbe a 38 ore nelle fabbriche, del Nord con sedi distaccate anche al Mezzogiorno. Inutile nascondersi che si tratta di un argomento scabroso e di grosso rilievo politico.

E' possibile, infatti, che ci siano proteste da parte di chi continuerà a lavorare 40 ore. Né mancano resistenze tra coloro che dovrebbero lavorare al sabato. Infine l'orario ridotto è difficile da far passare nella trattativa con gli imprenditori: si tratta dì dare una decisa svolta all'equilibrio produttivo e industriale del Paese utilizzando, con molta elasticità strumenti come il contratto e andando al di là di quelli che ne sono stati i normali contenuti rivendicativi.

[/color]

06/02/2011, 20:48

I metalmeccanici torinesi, a quanto pare, ormai possono stringere solo le chiappe. Sarebbe curioso (ma in settimana credo che non mancherà) vedere cos'hanno da dire, nell'ordine:

- la CISL
- la UIL
- gli impiegati di Mirafiori
- un paio di utenti di ufoforum

[8]

FIAD, Fabbrica Italiana Automobili Detroit

Elkann e Marchionne pronti al trasloco: “La sede negli Usa”. Governo e Pd in imbarazzo, Sacconi tenta di rassicurare: "L'ad mi ha detto che non c'è nulla di deciso, la direzione resta a Torino"
I grandi sostenitori della “rivoluzione” imposta da Sergio Marchionne adesso sono in imbarazzo: ma come, tutto il sistema delle relazioni industriali si adegua alle sue esigenze e lui annuncia che la sede del gruppo che nascerà dalla fusione tra Fiat e Chrysler sarà a Detroit? Maurizio Sacconi, il ministro del Welfare che tifava Fiat contro Fiom nella vertenza sindacale, dopo una telefonata con Marchionne riferisce una mezza smentita: “Mi ha spiegato il senso delle ipotesi formulate con esclusivo riferimento a futuri e possibili, ma assolutamente non decisi, assetti societari, senza alcun riferimento né per l’oggi né per il domani a una diversa localizzazione delle funzioni direzionali e progettuali della società”. Ma davanti al pubblico americano il capo della Fiat e della Chrysler ha detto ben altro.

Il disagio degli entusiasti
La notizia arriva nella tarda serata di venerdì, da uno scarno resoconto di Automotive news sulla fiera dell’auto di San Francisco: “Il gruppo Chrysler e la divisione auto della Fiat potrebbero diventare un’unica compagnia, lo ha detto l’amministratore delegato di Chrysler e Fiat, Sergio Marchionne”. Piero Fassino, candidato sindaco di Torino per il Pd, sostenitore delle ragioni dell’azienda durante il referendum a Mirafiori, commenta subito: “Credo che Marchionne debba dare un chiarimento sul senso delle sue parole”. A Susanna Camusso, della Cgil, il senso sembra già abbastanza chiaro e quindi chiede al governo di convocare i vertici Fiat. Sergio Chiamparino, il sindaco uscente di Torino, che nel Pd è sempre stato quello più allineato sulle esigenze di Marchionne, annuncia: “Il presidente John Elkann mi ha spiegato che ci saranno più centri direzionali nelle aree dove c’è una forte presenza di mercato: una a Torino per l’Europa, una Detroit per gli Usa, una in Brasile e se possibile una in Asia”. Che non è molto più rassicurante dell’annuncio americano.

In attesa che Marchionne “chiarisca” (cosa che finora non ha mai voluto fare sui punti ambigui della sua strategia), le fonti ufficiali Fiat minimizzano ma non smentiscono: trasferire l’headquarter, come si chiama già all’americana il quartier generale, non sarebbe poi un trauma. Qualche centinaia di posti in meno, certo, ma la Fiat è già un’impresa globale e che le decisioni vengano prese a Torino o a Detroit poco importa, dicono dal Lingotto. “Ma non scherziamo, è chiaro che se la sede è in America e un domani arriva un governo democratico di Cuba che offre condizioni vantaggiose, Marchionne non ci penserebbe due volte a spostare la produzione da Torino all’Avana. L’Italia sarà alla pari della Polonia o del Brasile: una colonia”, dice un ex dirigente Fiat. Il piano industriale di Marchionne per l’Italia, in fondo, si concentra solo sul massimo utilizzo degli impianti, che ora vengono sfruttati solo al 37 per cento (anche perché produrre più auto non servirebbe, visto che la Fiat non le vende). Nessun accenno a dove si prendono le decisioni, visto che l’Italia è considerata come una grande catena di montaggio più che un sistema industriale che pensa, progetta e costruisce.

Spostare il centro decisionale a Detroit significa accentrare lì tutte le decisioni strategiche. E questo avrebbe anche un senso visto che l’attuale struttura di Fiat-Chrysler è un po’ ridondante. “Come fai a gestire 23 persone che riferiscono a te a Detroit e altre 25 a Torino?”, si chiede Robert Kidder, presidente di Chrysler sentito dal Wall Street Journal. Più semplice condensare tutto in Michigan, usando l’Italia come reparto assemblaggio. Ma questo significa per Torino perdere tutta la parte a più alto valore aggiunto, quella che fa la differenza. Lo certifica un recente (2009) studio della Banca mondiale, “Crisi e protezione nell’industria dell’auto”. I due autori, Timothy Sturgeon e Johannes Van Biesebroeck sostengono che “la parte preponderante del lavoro di progettazione del veicolo, nella quale i concetti si traducono in componenti, rimane centralizzato o nei dintorni dei centri design che sono sorti intorno ai quartier generali delle principali imprese”. Fuori dal gergo: dove c’è il centro decisionale, lì si concentrano ingegneri, progettisti, esperti di marketing, economisti d’impresa.

Addio alla colonia Italia
“L’Italia è una colonia con dei problemi, se ci va bene arrivano i tedeschi dell’Ovest a mettere ordine, se va male quelli dell’Est”, diceva Gianni Agnelli ai suoi collaboratori. Alla fine è arrivato Marchionne l’americano, ma l’ordine rischia di assomigliare al famoso deserto chiamato pace di Tacito. Certo, restano alcune questioni in sospeso prima di recidere ogni legame con Torino: dal destino dell’altra metà di Fiat, il ramo camion e trattori che non si fonderà con la Chrysler, alle partecipazioni storiche come quella nel Corriere della Sera (ma ci vuole un attimo a liberarsene, anche se con pesanti minusvalenze) o la quota di controllo della Stampa. Poi, certo, bisognerebbe anche vendere qualche auto, visto che il bilancio 2010 della Chrysler è ancora in rosso di 652 milioni di dollari e quello di Fiat Auto è in utile di 600 milioni soprattutto grazie ai tassi di cambio che gonfiano i profitti brasiliani tradotti in euro.

da il Fatto Quotidiano del 6 febbraio 2011

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/02 ... zzo/90448/
Ultima modifica di eSQueL il 06/02/2011, 20:50, modificato 1 volta in totale.

06/02/2011, 21:06

eSQueL ha scritto:

Elkann e Marchionne pronti al trasloco: “La sede negli Usa”.



E già.... è meglio abbandonare la nave, prima che affondi.

Elkann e Marchionne, la sanno davvero lunga sul destino
di questo paese....... mi sbaglierò.....

PS: emhm.... ma tutti i soldi che la Fiat ha preso dai contribuenti
itaGliani, prima del trasloco, ci verranno restituiti? [}:)]

06/02/2011, 22:19

Thethirdeye ha scritto:

eSQueL ha scritto:

Elkann e Marchionne pronti al trasloco: “La sede negli Usa”.



E già.... è meglio abbandonare la nave, prima che affondi.

Elkann e Marchionne, la sanno davvero lunga sul destino
di questo paese....... mi sbaglierò.....

PS: emhm.... ma tutti i soldi che la Fiat ha preso dai contribuenti
itaGliani, prima del trasloco, ci verranno restituiti? [}:)]

m'mah!!..meglio che non parlo. [8]

19/02/2011, 19:58

Ecco cosa succede ai "bambini cattivi"....... [:246]




Schiaffo russo alla Fiat

di: Stefano Feltri

Pubblicato il 19 febbraio 2011

http://www.wallstreetitalia.com/article ... ge=1083803

(WSI) – Milano - La Fiat globale di Sergio Marchionne perde un pezzo, quello russo. La linea ufficiale del Lingotto è minimizzare: è soltanto saltato un progetto di joint venture con l’impresa semipubblica Sollers, niente in tutto. Le cose, però, sono un po’ più serie. "Marchionne rilancia sulla Russia", titolava La Stampa un anno fa, il 12 febbraio. Questa la notizia sul quotidiano controllato dal gruppo torinese: "La Fiat si allea con la Sollers di Mordashov: nasce un polo da 500 mila auto l’anno".

Il flop di una "alleanza globale"

I toni erano quelli delle grandi occasioni, adatti a raccontare un’impresa presentata come analoga a quella del 1966, quando la Fiat si alleò con l’Urss per produrre a Togliattigrad l’indimenticata (nonostante la sua bruttezza) Zigulì. Questa volta il prodotto al centro dell’intesa italorussa non era un’utilitaria ma i veicoli più importanti nella strategia Fiat-Chrysler, cioè le auto dal segmento B al segmento D, dalle grosse ciy car ai Suv e alle Jeep (specialità della Chrysler). La Sollers sembrava un partner solido, dal 2005 assembla alcuni modelli Fiat (come l’Albea, in dotazione alla polizia russa) per il mercato locale. E l’oligarca che controlla tramite la Severstal anche la Sollers, cioè Alexei Mordashov, si interessa parecchio di business italiani, ha anche acquisito la Lucchini, nel settore siderurgico che è quello principale in cui opera il suo gruppo.

L’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, all’epoca della firma era entusiasta: "Hanno scelto noi riconoscendo le nostre capacità, è una vera alleanza globale". Gli obiettivi dell’operazione da 2,4 miliardi di euro erano ambiziosi: mezzo milione di vetture prodotte nel 2016, di cui il 10 per cento per l’esportazione.

Numeri stellari, ma non impossibili visto che le stime prevedono che il il mercato russo possa raggiungere i 4 milioni di vetture nei prossimi dieci anni, superando il picco toccato nel 2008 di 2,8 milioni, secondo il Boston Consulting Group nel 2018 sarà un mercato più importante di quello tedesco. E tutta l’operazione di conquista si sarebbe dovuta svolgere a costo zero, secondo il più puro stile Marchionne che prevede che i soldi li rischino sempre i partner: "Il progetto includerà nuovi impianti produttivi e un parco tecnologico per la produzione di componenti.

Si prevede che il governo russo supporti l’attuazione del progetto della joint venture attraverso l’erogazione di prestiti agevolati a lungo termine che coprano l’intero ammontare degli investimenti necessari, stimati in 2,4 miliardi di euro", si legge nella relazione semestrale di Fiat. Comprensibile quindi che Marchionne, un anno fa manifestasse un certo entusiasmo per il regime autocratico di Vladimir Putin e Dmitri Medvedev. A proposito di Putin diceva: "Mi piace ‘a panza’, mi pare una persona che ha fatto e sta facendo molto per la Russia".

Meglio scegliere la solida Ford

Ora tutto è cambiato. Lo scarno comunicato di Fiat Auto si limita a dire che "Fiat e Sollers hanno deciso di seguire strategie indipendenti per sviluppare ulteriormente le rispettive presenze in Russia. Di conseguenza, le parti hanno concordato di terminare le trattative in corso che miravano ad ampliare la portata delle attività".

Fonti aziendali, ora, ridimensionano la portata dell’accordo di un anno fa: era solo un percorso, un tentativo, un fidanzamento che non si è concluso con il matrimonio.

Peccato che, nel giro di un’ora, la Sollers annuncia la firma di un memorandum of understanding (primo passo per un accordo vero) con la Ford, con l’obiettivo di produrre e distribuire veicoli Ford in Russia. E il gruppo di Detroit, l’unico che sta uscendo dalla crisi senza aiuti del governo americano, è già molto forte in Russia dove è il primo produttore straniero dal 2002. I tempi sono rapidi, si legge nel comunicato di Sollers che la produzione partirà alla fine di quest’anno.

E la Fiat? Nessun problema, rispondono dal Lingotto, perché i vecchi accordi di assemblaggio con Sollers restano in vigore. Certo, a giudicare dal sito dell’azienda i modelli Fiat non sono quelli che tirano il mercato: a gennaio Sollers ha annunciato forti sconti sui modelli Fiat che assembla – Albea, Doblò Panorama, Linea – per renderli "pià attraenti".

Per Marchionne la sconfitta russa sui Suv è la seconda rilevante da questa parte dell’Atlantico dopo quella (molto più importante) relativa alla tentata acquisizione dell’Opel che il governo tedesco preferì consegnare ad una cordata russo-canadese guidata da Magna (anche se l’affare non andò poi a conclusione). L’amministratore delegato della Fiat, però, potrebbe discolparsi citando un recente rapporto di Credit Suisse: "Crediamo che la recente vittoria del managment Fiat nei negoziati con i sindacati significhi che l’azienda ha più abilità di muovere gli investimenti, anche fuori dalle joint venture non consolidate come quella con Sollers". La Fiom tradurrebbe così: se gli operai di Mirafiori lavorano alle condizioni di quelli russi, non è più necessario andare in Russia.
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