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MessaggioInviato: 01/08/2014, 17:18 
sinceramente l'ucraina non ha molto da saltare:Allo stato attuale infatti, non vi è alcun accordo sul gas. Le forniture di gas in Ucraina si stanno esaurendo e potrebbero esaurirsi del tutto prima dell'inizio del prossimo inverno, il che significherebbe la rovina economica e sociale per il paese.,quindi una situazione non esaltante

la notizia wallstreetitalia


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MessaggioInviato: 01/08/2014, 18:39 
Cita:
nemesis-gt ha scritto:

Soros ammette: "ci sono io dietro golpe ucraino"


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A cura di Staff nocensura.com

Il magnate criminale internazionale George Soros ha ammesso ai microfoni della CNN di aver finanziato il golpe in Ucraina "per insediare una giunta amica degli USA", che certamente non mancherà di restituire il favore allo speculatore:

GEORGE SOROS ALLA CNN: ''E' VERO, HO FINANZIATO IO IL COLPO DI STATO IN UCRAINA PER INSEDIARE UNA GIUNTA AMICA DEGLI USA''

NEW YORK - Lo scorso fine settimana il miliardario americano George Soros ha rivelato a Fareed Zakaria della CNN di essere responsabile della creazione di una fondazione in Ucraina che ha contribuito al colpo di Stato contro il presidente Viktor Ianukovitch e all’insediamento di una giunta sostenuta dagli Stati Uniti.

“Ho creato una fondazione in Ucraina prima che il paese diventasse indipendente dalla Russia. Questa fondazione ha continuato a operare e ha avuto un ruolo importante negli eventi recenti – ha spiegato Soros.

E’ noto, malgrado non se ne parli, che George Soros ha lavorato in stretta collaborazione con l’USAID, la National Endowment for Democracy (Fondazione nazionale per la democrazia, che fa il lavoro che una volta veniva fatto dalla CIA), l’International Republican Institute, il National Democratic Institute for International Affairs e la Freedom House allo scopo di far scoppiare una serie di rivoluzioni nell’Europa dell’est e nell’Asia centrale, dopo il crollo programmato dell’Unione ovietica.

Molti partecipanti alle manifestazioni di Piazza Maidan a Kiev erano membri delle ONG fondate da Soros o addestrati da queste stesse ONG in seminari e conferenze sponsorizzate dall’International Renaissance Foundation (IRF) di Soros e dai suoi numerosi istituti e fondazioni Open Society.

L’IRF, fondata e finanziata da Soros, si vanta di aver ricevuto più donazioni di tutte le altre organizzazioni per attuare la trasformazione “democratica” dell’Ucraina.

In aprile era stato annunciato che Andriy Parubiy e altri leader implicati nel colpo di Stato lavoravano con la CIA e l’FBI per sconfiggere e uccidere i separatisti che si opponevano alla giunta di Kiev. Attualmente Parubiy è capo del Consiglio di sicurezza e di difesa nazionale dell’Ucraina.

Ora che il miliardario Petro Poroshenko è il nuovo presidente del paese, i tentativi di schiacciare l’opposizione nell’est si intensificheranno. Poroshenko è quasi la scelta perfetta per i mondialisti e l’Unione europea. Faceva parte del Consiglio della Banca nazionale ucraina e ha collaborato con il Fondo monetario internazionale.

“Il posizionamento delle forze aeree e terrestri della Nato vicino alla frontiera russa nell’Europa dell’est e il viaggio di Barack Obama, destinato a rinforzare l’influenza americana in Asia, hanno un solo obiettivo – scriveva il giornalista Wayne Madsen all’inizio di luglio – Le forze visibili e invisibili che dettano la politica a Washington, Londra, Parigi, Berlino e altre capitali servili, hanno deciso di schiacciare i BRICS, l’emergente blocco finanziario che raggruppa Brasile, Russia, India, Cina e sud Africa.”

Fonte notizia: hangthebankers.com - CNN -
http://informatitalia.blogspot.it/2014/ ... to-io.html

Questo conferma ciò che negli ambienti della contro-informazione è sostenuto da tempo; George Soros è uno dei massimi sostenitori (finanziatori) delle cosiddette "rivoluzioni colorate" e delle "primavere arabe", alimentate per defenestrare governi legittimi che vengono sostituiti da governi fantoccio manovrati dagli USA. Ne avevamo parlato anche in questo recente articolo.

C'è la regia americana anche dietro alla nascita del "califfato" degli orrori (ISIS) di Al Baghdadi, finanziato e armato dagli USA, che non sembrano affatto preoccupati delle crocifissioni di cristiani, dalle lapidazioni di donne e dalle esecuzioni sommarie di cui si stanno macchiando gli estremisti islamici.

Il Califfo Al Baghdadi, come ha confermato anche l'ex NSA Edward Snowden, è stato addestrato dal Mossad e dalla CIA, che ne hanno favorito l'ascesa al potere destituendo Saddam (se c'era quest'ultimo il califfo non avrebbe mai conquistato metà territorio iracheno) e lo hanno armato contro Assad, che solo nel 2010 veniva premiato da Napolitano e considerato da tutta l'Europa "un modello" di democrazia mediorientale. Se i terroristi del Califfo hanno conquistato metà Siria, è solo grazie al sostegno USA, di cui parla Tiscali in questo articolo.


Staff nocensura.com
Fonte: ilnord.it


Difficile credere che possa aver fatto una simile affermazione, a meno che non sia così sicuro del buon esito dei vari progetti portati avanti dai nostri comuni amici illuminati. [8D] O magari è solo arroganza accentuata da demenza senile.



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MessaggioInviato: 01/08/2014, 19:19 
Poi, notizie lette in "rete" ....



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U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
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MessaggioInviato: 02/08/2014, 13:50 
Ultimamente,si legge sempre più frequentemente,le forze militari ucraine avrebbero ripetutamente colpito il territorio russo di confine.Il giorno che un solo proiettile dovesse uccidere soldati russi,vedrete che dall'Ucraina non volerà nemmeno più un insetto verso la Russia.



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MessaggioInviato: 04/08/2014, 21:39 
Gli Stati Uniti cercano la guerra per salvare la loro economia
4 agosto 2014

Il debito pubblico e privato degli Stati Uniti ha raggiunto proporzioni tali che una semplice azione aleatoria potrebbe rovinare l’economia a livello globale. La situazione attuale mostra che il paese cerca una soluzione e questa soluzione – secondo gli specialisti – è una guerra.

I politici americani “falchi della guerra” e i militari concentrano il loro sguardo verso la Russia, come mostra la recente conferenza stampa del capo dello Stato maggiore dell’esercito statunitense Martin Dempsey.
E’ la prima volta che questo generale evita di abbordare le questioni su Iran e Afghanistan, dove la progressione dell’estremismo islamico chiama in causa la fattibilità di un ritiro parziale delle truppe americane. Dempsey si è invece concentrato su temi quali la Russia e le sue forze armate e sulla riduzione dei fondi dell’esercito.

Seguendo la linea politica di Washington, Dempsey accusa il governo russo di aver deciso di applicare la forza militare in Ucraina e avverte : “E ‘il primo caso dal 1939. L’esercito americano non ha paura della guerra. Il paese può pensarla diversamente, ma noi eseguiremo tutti gli ordini.”

Sul portale d’informazione Vest.ru, il giornalista Konstantin Siomin scrive : “Né i tassi d’interesse a zero, né quelli negativi, né l’incessante stampa di moneta hanno risolto la crisi che dura da sei anni. La continua iniezione di liquidità sui mercati ha creato un aumento del prezzo delle azioni ma non ha stimolato né la produzione né la domanda, non ha ridotto la disoccupazione. L’economia mondiale si è trasformata in un gigantesco casinò.”

“Quando i benefici nel sistema capitalistco cadono, è necessario mantenerli e aumentarli in due modi : captando nuovi mercati e ottenendo accesso a risorse naturali meno care – spiega la politologa Veronika Krasheninnikova.

Il progetto di legge sulla “prevenzione dell’aggressione russa” presentato al Congresso degli Stati Uniti dal senatore repubblicanop Bob Kocker, dà l’impressione che le grandi compagnie del settore dell’armamento, come Boeing, Lockheed Martin, Northrop Grumman o General Dinamics, partecipano alla sua elaborazione.
Ci si può ricordare dell’esperienza della Seconda guerra mondiale, che aveva dato un impulso all’economia e specialmente al settore finanziario. Un impulso talmente importante che gli Stati Uniti avevano potuto mettere fine alle conseguenza della Grande Depressione.

All’inizio di luglio il governo americano e la presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, hanno pubblicamente dichiarato che non sanno come risolvere il problema del debito del paese e del settore bancario.
Yellen aveva precisato che “il problema del debito è un’enorme sfida per il governo e anche se sono state introdotte restrizioni legislative, è probabile che la situazione sfuggirà al controllo senza che ce ne renderemo conto.”

(Fonte : actualidad.rt.com)

[align=right]Source: Gli Stati Uniti cercano la gue... la loro economia - Ticinolive [/align]



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MessaggioInviato: 04/08/2014, 22:47 
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Crisi ucraina, la Germania "molla" la Russia

Disdetto l'accordo per il progetto di equipaggiamenti militari concluso tra Berlino e Mosca


BERLINO - La Germania ha deciso di rinunciare ad un vasto progetto di equipaggiamenti militari concluso tra l'industria di armamenti Rheinmetall e la Russia, già sospeso da marzo a causa della crisi ucraina. Lo riporta oggi la Süddeutsche Zeitung.

Il ministro dell'economia e vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel "ha ritirato la sua autorizzazione" al progetto di un campo di addestramento interamente equipaggiato per formare le truppe russe, afferma il quotidiano citando un "documento scritto" che ha potuto consultare.

4.08.2014 - 07:36

[align=right]Source: CdT.ch - Mondo - Crisi ucraina... la Germania "molla" la Russia [/align]



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MessaggioInviato: 04/08/2014, 23:01 
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Svizzera contro l’Ue: No a sanzioni alla Russia

agosto 4, 2014


A pochi giorni dalla folle ratifica dell’inasprimento delle sanzioni alla Russia, il Consiglio Federale ( l’organo di Governo del paese elvetico) fa sapere che la Svizzera non ha intenzione di piegarsi al volere della Ue; e che dunque non entrerà a far parte del consesso delle nazioni che “hanno deciso” di penalizzare i propri interscambi commerciali con il paese slavo.

Con un’ottima mossa diplomatica, il Consiglio federale, forte della neutralità e dell’indipendenza che la Svizzera può vantare rispetto a qualsiasi paese europeo, se da un lato rifiuta di colpire la Russia, dall’altro ha anche motivato tale rifiuto con la proposta di porsi come intermedio tra le posizioni di Kiev e dei filo-russi. Operazione che ovviamente non sarebbe possibile, se la Svizzera prendesse esplicitamente posizione sul conflitto in corso, attraverso la condivisione delle sanzioni.

Con questa mossa si vuole anche evitare di farsi prendere in giro dalla più che chiacchierata trattativa “segreta” tra Putin e la Merkel, per arrivare ad un compromesso sulla situazione della Crimea e dell’Ucraina orientale.
Trattative che nascerebbero dalla volontà della Germania, di non farsi ridimensionare ulteriormente dalla crisi internazionale in corso, cui è già stato addebitato il calo della crescita nel secondo trimestre dell’anno.

IL ministro svizzero dell’economia Schneider-Amman, ha comunque sottolineato quanto altri ministri in giro per l’Europa, sembrano aver troppo trascurato:

L’Europa ha bisogno di relazioni regolari con Mosca. Non sottovalutiamo le conseguenze economiche che ci potrebbero essere imponendo sanzioni alla Russia.

Parole sicuramente condivisibili. Ancor più se pensiamo che il punto focale delle penalizzazioni, specie promosse da Obama, si concentra proprio nell’embargo alla Russia relativo ai più moderni prodotti tecnologici che le aziende occidentali forniscono al paese, per estrarre le diverse risorse energetiche di cui è ricco: come petrolio, o ancor più gas naturale. E l’Italia sarebbe tra i primi paesi a rimetterci soltanto, di un’improvvisa “scarsità” di tali risorse, specie del gas. E tutto per i pruriti ideologici dei burocrati dell’Ue.

[align=right]Source: Svizzera contro l’Ue: No a s...oxNews - VERSIONE MANUTENZIONE [/align]


Ultima modifica di Wolframio il 04/08/2014, 23:06, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 11/08/2014, 00:37 
La crisi in Ucraina: quale democrazia?

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=NKuDzXAgdf4[/BBvideo]

"Documentario sulla rinascita del fascismo. I guerrafondai statunitensi insieme con la NATO e l’Unione europea hanno instaurato un governo fascista in Ucraina, dopo una rivoluzione violenta e pilotata. Adesso cercano di innescare una guerra civile nel paese. Oltre 900.000 ucraini hanno già lasciato il paese e hanno trovato rifugio in Russia. 2.500 sono fuggiti in Bielorussia. Questo è solo l’inizio".



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MessaggioInviato: 13/08/2014, 17:58 
Nel Donbass in guerra a rischio il deposito di ammoniaca più grande del mondo

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I convogli umanitari per gli abitanti del sud-est dell'Ucraina sono partiti dalla regione di Mosca. Il Comitato internazionale della Croce Rossa è pronto a contribuire a questa missione. Nel frattempo Kiev prosegue le operazioni militari nella regione. Sotto attacco sono finiti anche gli impianti chimici nei sobborghi di Donetsk.

Per molto tempo ci sono stati negoziati attivi tra Mosca e Kiev, in merito alla possibilità stessa di trasferire medicinali, acqua e cibo necessari alla popolazione che soffre per le conseguenze delle ostilità militari. I Paesi occidentali hanno offerto resistenza, afferma il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov:

Se è vero che i servizi stampa di Londra, Washington e Berlino ribadiscono che, in base alle dichiarazioni dei loro leader, non vi è alcuna necessità di assistenza umanitaria nel sud est dell’Ucraina perché sono già state prese tutte le misure necessarie, ciò è una palese manifestazione di cinismo. Penso che i colleghi occidentali stanno cercando di distorcere l'immagine reale di ciò che sta accadendo, al fine di distogliere l'attenzione dalle azioni che le autorità di Kiev hanno adottato per reprimere coloro che non sono d'accordo con il colpo di stato armato del febbraio 2014, avvenuto in violazione ai valori europei e della Costituzione dell'Ucraina.

Mosca con il supporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa è riuscita a convincere Kiev a ricevere il convoglio umanitario. 280 "KAMAZ", con tonnellate di cereali, zucchero, alimenti per l'infanzia, medicinali, sacchi a pelo e centrali elettriche, andranno in Ucraina attraverso il percorso concordato con Kiev. I residenti del Donbass, rimasti a seguito dell'operazione militare in esecuzione delle autorità di Kiev, senza elettricità, acqua, servizi igienici, cure mediche e un tetto sopra la testa, sopravvivono in condizioni disumane.

Tuttavia, tutti questi aiuti potrebbero risultare inutili qualora nella regione, oltre alla catastrofe umanitaria, scoppi anche quella ecologica. Le truppe ucraine continuano a bombardare zone residenziali. I proiettili pesanti non volano solo sui quartieri residenziali, ma anche sugli stabilimenti industriali. Sin dai tempi sovietici nel Donbass si trovano impianti chimici. Sebbene le salve dei missili sulle loro localizzazioni non abbiano causato molti danni, sono comunque scoppiati degli incendi. Ma un attacco ben assestato potrebbe rappresentare una minaccia mortale diffusa per centinaia di chilometri oltre l’est dell'Ucraina, dice Pavel Brykov, un portavoce della società, "Stirol", che produce fertilizzanti chimici, ammoniaca e prodotti in plastica:

Un incidente alla Stirol comporterebbe perdite dallo stabilimento chimico di Gorlovka, che conserva ancora il cosiddetto "veleno del sangue" il mononitro clorbenzolo. Il raggio minimo di distruzione, tenendo conto dei venti prevalenti, dei bacini fluviali e del Mar d'Azov, sarebbe di non meno di 300 chilometri.

Questa sostanza appartiene alla 2° classe di pericolosità. Attraverso il tratto respiratorio entra nel flusso sanguigno e colpisce subito tutti gli organi. L’esito è letale per l'uomo.

Inoltre nella regione vi è il più grande deposito di ammoniaca del mondo, avverte il presidente del rappresentante della Lega Verde Sergey Simak:

L’ ammoniaca, è un componente che quando si scioglie in acqua produce alcali caustici. Immaginiamo di respirare gli alcali che la pioggia ci fa cadere addosso, sul suolo, sull'acqua tutto diventa basico. Inoltre, la concentrazione sarebbe enorme. Di per sé, l'ammoniaca è altamente tossica ed infiammabile. C'è una tubazione, dove è possibile possa sprigionarsi un potente fuoco. E le conseguenze di questo fuoco si svilupperebbero su una vasta area.

Ma le autorità di Kiev stanno sottovalutando il pericolo pubblico non solo nel sud-est dell'Ucraina, ma anche nelle altre regioni e persino per i Paesi limitrofi. Per pagare la mancanza di buon senso sarebbero necessari anche i discendenti: la contaminazione chimica del suolo può avere un impatto negativo per diverse generazioni.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_08_12/La-ca ... tale-3019/


Ultima modifica di Werther il 13/08/2014, 17:58, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 20/08/2014, 22:03 
Questo è un fondamentale dato oggettivo incontrovertibile che tutti dovremmo tenere sempre ben presente nell'analisi del quadro geopolitico...

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Ultima modifica di Atlanticus81 il 20/08/2014, 22:05, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 20/08/2014, 23:30 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Questo è un fondamentale dato oggettivo incontrovertibile che tutti dovremmo tenere sempre ben presente nell'analisi del quadro geopolitico...

...

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è ben chiaro fidati *_*



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MessaggioInviato: 21/08/2014, 00:33 
Ucraina: inviato britannico nel Donbass smentisce le menzogne dei media.

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=deIy7PUWvWw[/BBvideo]



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interessanti le facce dei politici in studio, sprezzanti e snobbanti...



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L'Occidente sulla strada sbagliata
Il più grande quotidiano economico tedesco rovescia tutte le idee USA per l'Ucraina, e indica una strada all'Europa per evitare la guerra. L'esempio di Brandt


Nota introduttiva di Pino Cabras:
Gabor Steingart, il direttore editoriale del più importante quotidiano economico tedesco, Handelsblatt, nonché autore di svariati bestseller e notevoli saggi di politica internazionale, in questo articolo offre forti argomenti in favore di un'Europa che faccia il contrario di quanto fatto finora in Ucraina.
Naturalmente nessun giornale italiano ha pubblicato sinora questo potente editoriale, rivelatore di quanto le forzature antirusse imposte dagli USA alle classi dirigenti tedesche ed europee tocchino i loro nervi scoperti e stiano portandole a un bivio drammatico.
Il linguaggio di Steingart è a tratti felpato, molto attento al pubblico cui si rivolge, che sicuramente ricomprende tutta l'élite. Ma ha frequenti guizzi in cui richiama ironicamente la vera portata mondiale della partita ucraina, come quando invita ad avere «la capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri. Dovremmo smetterla di accusare 143 milioni di russi di guardare al mondo in modo diverso rispetto a John McCain».
Proponiamo questo articolo (che Handelsblatt ha pubblicato in tedesco, inglese e russo) all'attenzione dei nostri lettori raccomandandone, oltre alla lettura, la massima diffusione.

*********************

Alla luce degli avvenimenti in Ucraina, il governo e molti media sono passati dalla modalità "equilibrato" alla modalità "agitato". Lo spettro delle opinioni è stato ridotto alla visuale di un fucile di precisione. La politica dell'escalation non ha un obiettivo realistico e nuoce agli interessi tedeschi.

di Gabor Steingart.

Düsseldorf - Ogni guerra è accompagnata da una sorta di mobilitazione mentale: la febbre di guerra. Nemmeno le persone intelligenti sono immuni da attacchi controllati di questa febbre. «Questa guerra, in tutte le sue atrocità, è tuttora una cosa grande e meravigliosa. Si tratta di una esperienza che vale la pena vivere», esultava Max Weber nel 1914 mentre le luci si spegnevano in Europa. Thomas Mann sentiva un senso di «pulizia, liberazione, e di una grandissima speranza».

Persino quando erano già in migliaia a giacere senza vita sui campi di battaglia belgi, la febbre di guerra non si placava. Esattamente 100 anni fa, 93 pittori, scrittori e scienziati composero l'«Appello al mondo della cultura». Max Liebermann, Gerhart Hauptmann, Max Planck, Wilhelm Röntgen, e altri ancora, incoraggiavano i loro connazionali a impegnarsi in crudeltà da infliggere al prossimo: «Senza il militarismo tedesco, la cultura tedesca sarebbe stata spazzata via dalla faccia della terra già molto tempo fa. Le forze armate tedesche e il popolo tedesco sono una cosa sola. Questa consapevolezza rende 70 milioni di tedeschi fratelli senza distinzioni di istruzione, di status, o di partito.»

Interrompiamo il nostro stesso processo di pensiero: «La storia non si ripete!»
Ma possiamo esserne così sicuri anche in questi giorni? Se si osservano gli eventi della guerra in Crimea e nell'Ucraina orientale, i capi di Stato e di governo dell'Occidente improvvisamente non hanno più domande e hanno tutte le risposte. Il Congresso USA sta discutendo apertamente di dare armamenti all'Ucraina. L'ex consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski raccomanda di armare i cittadini laggiù per i combattimenti casa per casa e in strada. La Cancelliera tedesca, come è sua abitudine, è molto meno esplicita ma non meno inquietante: «Siamo pronti a prendere misure severe».
Il giornalismo tedesco è passato dalla modalità "equilibrato" alla modalità "agitato" nel giro di poche settimane. Lo spettro delle opinioni è stato ridotto al campo visivo di un fucile di precisione.
I quotidiani che credevamo fossero fatti in tutto e per tutto di pensieri e idee, ora marciano allo stesso passo con i politici nei loro appelli per sanzioni contro il presidente russo Putin. Anche i titoli tradiscono una tensione aggressiva, la stessa che di solito caratterizza gli ultrà quando fanno il tifo per le loro rispettive squadre.
Il Tagesspiegel: "Basta parole!" Il FAZ: "Mostrare la forza". La Süddeutsche Zeitung: "Ora o mai più" Lo Spiegel tuona: "Finiamola con la vigliaccheria": «Ecco l'intrico di menzogne, propaganda e inganni di Putin. Il relitto del volo MH 17 è anche il frutto di una diplomazia sfracellata».
La politica occidentale e i media tedeschi sono d'accordo.
Ogni stringa riflessiva delle accuse finisce allo stesso modo: senza che ci sia il tempo, le accuse e le contro-accuse si attorcigliano a tal punto che i fatti risultano quasi completamente oscurati.
Chi ha ingannato per primo?
È iniziato tutto con l'invasione russa della Crimea oppure è stato prima l'Occidente a promuovere la prima destabilizzazione dell'Ucraina? La Russia vuole espandersi a Ovest o è la NATO che intende allargarsi verso Est? O forse le due potenze mondiali si incontrano alla stessa porta nel bel mezzo della notte, guidate da intenzioni molto simili verso un terzo indifeso che adesso paga il prezzo del risultante intralcio con le prime fasi di una guerra civile?
Se a questo punto state ancora aspettando una risposta che dica di chi è la colpa, potreste anche semplicemente smettere di leggere. Non vi mancherà nulla. Non stiamo mica cercando di portare alla luce questa verità nascosta. Noi non sappiamo come è iniziata. Né sappiamo come finirà. E siamo seduti proprio qui, in mezzo a tutto questo. Almeno Peter Sloterdijk ha poche parole di consolazione per noi: «Vivere nel mondo significa vivere in mezzo all'incertezza»
Il nostro scopo è quello di spazzare via una parte della schiuma che si è formata sulle bocche di chi discute, per togliere di bocca le parole sia di chi stuzzica sia di chi è stuzzicato, e mettervi invece nuove parole. Una parola entrata in disuso negli ultimi tempi è questa: realismo.
Le politiche di escalation dimostrano che all'Europa manca gravemente un obiettivo realistico.
È una cosa diversa negli USA. Minacce e posture bellicose sono semplicemente parte dei preparativi elettorali. Quando Hillary Clinton paragona Putin a Hitler, lo fa solo per attrarre il voto repubblicano, cioè le persone che non possiedono un passaporto. Per molti di loro, Hitler è l'unico straniero che conoscono, onde per cui Adolf Putin risulta una figura immaginaria molto gradita per una campagna elettorale. A questo proposito, la Clinton e Obama hanno un obiettivo realistico: fare appello al popolo, per vincere le elezioni, per conquistare un'altra presidenza democratica.
Angela Merkel può difficilmente chiedere queste attenuanti per sé. La geografia obbliga ogni Cancelliere tedesco ad essere un po' più serio. Come vicini di casa della Russia, in qualità di membri della comunità europea cui siamo vincolati dal destino, come destinatari di energia e fornitori di ogni ben di dio, noi tedeschi abbiamo un evidente interesse vitale ad avere stabilità e a comunicare. Noi non possiamo permetterci di guardare alla Russia attraverso gli occhi del Tea Party americano.
Ogni errore inizia con un errore nel pensiero. E stiamo facendo questo errore, se crediamo che solo le altre parti si avvantaggino delle nostre relazioni economiche e perciò solo loro debbano soffrire quando queste relazioni si interrompono. Se i legami economici erano stati mantenuti per una reciproca convenienza, il loro aggravamento porterà a perdite reciproche. Punizione e auto-punizione sono la stessa cosa, in questo caso.
Anche l'idea che la pressione economica e l'isolamento politico mettano la Russia in ginocchio non è stata davvero meditata fino in fondo. Perfino nell'ipotesi che potessimo avere successo: cosa ci porterebbe di buono il mettere la Russia in ginocchio? Come puoi voler vivere insieme nella casa europea con un popolo umiliato la cui leadership eletta viene trattata come un paria e i cui cittadini potresti doverli sostenere nel prossimo inverno.
Naturalmente, l'attuale situazione richiede una forte presa di posizione, ma soprattutto una forte presa di posizione contro noi stessi. I tedeschi non hanno né voluto né causato questa realtà, ma nondimeno ora questa è la nostra realtà. Considerate solo quel che Willy Brandt dovette ascoltare quando il suo destino di sindaco di Berlino lo pose all'ombra del Muro. Quali sanzioni e quali punizioni gli furono suggerite. Ma decise di saltare a pie' pari questa sagra degli indignati. Non ha mai dato un solo giro di vite alla volontà di rappresaglia.
Quando gli è stato conferito il Premio Nobel per la Pace ha messo in luce quel che gli capitava intorno nei giorni frenetici in cui il muro fu costruito: «C'è ancora un altro aspetto, quello dell'impotenza mascherata da verbosità: nell'assumere posizioni giuridiche che non possono diventare una realtà e nel pianificare contromisure per situazioni contingenti che sono sempre diverse da quelle a portata di mano. Nei momenti critici fummo lasciati soli con i nostri mezzi; i parolai non avevano nulla da offrire».
I parolai sono tornati e il loro quartier generale si trova a Washington DC. Ma nessuno ci costringe a piegarci ai loro ordini. Il seguire questa guida - sebbene in un modo furbesco e in qualche modo riluttante come nel caso di Merkel - non protegge il popolo tedesco, ma semmai lo mette in pericolo. Questo fatto resta un fatto, anche se non fossero stati gli americani ma i russi ad essere responsabili del danno originale in Crimea e in Ucraina orientale.
Willy Brandt decise in modo chiaramente differente da quello scelto dalla Merkel al giorno d'oggi, e ciò avvenne durante una situazione indubbiamente più acuta. Come ricorda, si era svegliato la mattina del 13 Agosto 1961 «ben desto e insensibile al tempo stesso». Era fermo ad Hannover per una sosta durante un viaggio quando ricevette segnalazioni da Berlino sul fatto che si stavano realizzando dei lavori di costruzione di un vasto muro che separava la città. Era una domenica mattina e l'umiliazione difficilmente avrebbe potuto essere più grande per un sindaco in carica.
I sovietici glielo presentarono come un fatto compiuto. Gli americani non lo avevano informato, anche se probabilmente avevano ricevuto alcune informazioni da Mosca. Brandt ricorda che una "rabbia impotente" si era impadronita di lui. Ma cosa fece? Trattenne i suoi sentimenti di impotenza e palesò il suo grande talento di uomo politico ancorato alla realtà, che più tardi lo avrebbe portato a essere per un certo tempo Cancelliere e infine anche Premio Nobel per la Pace.
Con la consulenza di Egon Bahr, accettò la nuova situazione, sapendo che nessuna dose di indignazione proveniente dal resto del mondo avrebbe abbattuto di nuovo quel muro ancora per un bel po'. Addirittura ordinò alla Polizia di Berlino Ovest di utilizzare manganelli e idranti contro i manifestanti vicino al muro in modo che non si scivolasse dalla catastrofe della divisione verso la catastrofe ancora più grande della guerra. Si adoperò per il paradosso che Bahr espresse più tardi come segue: «Abbiamo riconosciuto lo Status Quo al fine di cambiarlo».
E sono riusciti a compiere questo cambiamento. Brandt e Bahr fecero gli interessi specifici della popolazione di Berlino Ovest per la quale erano al momento responsabili (da giugno 1962 in poi questa comprendeva chi scrive) nella misura della loro politica.
A Bonn negoziarono le agevolazioni per Berlino, una sovvenzione esentasse dell'otto per cento sui salari e sull'imposta sul reddito. In gergo fu chiamato il "premio per la paura". Negoziarono inoltre un trattato sui permessi di viaggio con Berlino Est che rese il muro nuovamente permeabile appena due anni dopo la sua edificazione. Tra il Natale 1963 e il Capodanno 1964, 700mila abitanti di Berlino visitarono i loro parenti nella parte orientale della città. Ogni lacrima di gioia si trasformò in un voto per Brandt poco tempo dopo.
Gli elettori si resero conto che qui c'era qualcuno che voleva influire sul modo in cui vivevano ogni giorno, non solo generare un titolo di giornale per la mattina dopo. In una situazione quasi del tutto senza speranza, quest'uomo della SPD combatté per i valori occidentali - in questo caso i valori della libertà di movimento - senza megafoni, senza sanzioni, senza la minaccia della violenza. L'élite di Washington cominciò a sentire parole che non erano mai state sentite prima in politica: Compassione. Cambiamento attraverso il riavvicinamento. Dialogo. Riconciliazione di interessi. E questo nel bel mezzo della Guerra Fredda, quando si pensava che le potenze mondiali si sarebbero attaccate reciprocamente con il veleno, quando il testo della trama conteneva solo minacce e proteste; impostare ultimatum, applicare blocchi navali, condurre delle guerre per procura, questo è il modo in cui si pensava che la guerra fredda dovesse essere messa in atto.
Una politica estera tedesca che si impegnava per la riconciliazione - all'inizio solo la politica estera di Berlino - non solo appariva coraggiosa ma anche assai strana.
Gli americani - Kennedy, Johnson, e poi Nixon - andarono dietro ai tedeschi; questo diede il via a un processo che è senza precedenti nella storia di nazioni nemiche. Infine, ci fu un incontro a Helsinki, finalizzato a fissare le regole. All'Unione Sovietica era garantita la «non ingerenza nei suoi affari interni» che riempì di soddisfazione il capo del partito Leonid Brezhnev e fece ribollire invece il sangue di Franz Josef Strauss. In cambio, la direzione del partito comunista di Mosca doveva garantire all'Occidente (e quindi alle sue società civili) «il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, compresa quella di pensiero, coscienza, religione o credo».
In questo modo la "non interferenza" fu acquistata attraverso il "coinvolgimento". Il comunismo aveva ricevuto una garanzia eterna per il suo territorio, ma all'interno dei suoi confini i diritti umani universali improvvisamente cominciarono a fermentare. Joachim Gauck ricorda: «La parola che ha consentito alla mia generazione di andare avanti era Helsinki».
Non è troppo tardi per il duo Merkel/Steinmeier usare i concetti e le idee di quel tempo. È senza senso limitarsi ad assecondare un Obama del tutto privo di idee strategiche. Tutti possono notare come lui e Putin stiano guidando come in un sogno direttamente verso un cartello con scritto: Vicolo Cieco.
«Il test per la politica non è il modo in cui qualcosa comincia, ma come va a finire», così ha sentenziato Henry Kissinger, anch'egli un vincitore del premio Nobel per la pace. Dopo l'occupazione della Crimea da parte della Russia ha dichiarato: dovremmo volere la riconciliazione, non il dominio. Demonizzare Putin non è una politica. E un alibi per la sua mancanza. Da qui il consiglio di condensare i conflitti, vale a dire rimpicciolirli, ridurli, e poi distillarli in una soluzione.
Al momento (e ormai da lungo tempo) l'America sta facendo il contrario. Tutti i conflitti sono sistematicamente intensificati. L'attacco di un gruppo terroristico chiamato Al-Qa'ida è trasformato in una campagna globale contro l'Islam. L'Iraq viene bombardato con motivazioni dubbie. Poi l'aeronautica militare USA vola in Afghanistan e Pakistan. Le relazioni con il mondo islamico possono tranquillamente essere considerate compromesse.
Se l'Occidente avesse giudicato l'allora governo USA che marciò sull'Iraq senza una risoluzione dell'ONU e senza uno straccio di prova sull'esistenza di "Armi di Distruzione di Massa" con gli stessi criteri oggi usati contro Putin, in tal caso George W. Bush sarebbe stato bandito all'istante dal metter piede nell'Unione Europea. Gli investimenti esteri di Warren Buffett avrebbero dovuto essere congelati, l'esportazione di veicoli con marchi GM, Ford e Chrysler vietata.
La tendenza americana a imprimere un'escalation dapprima verbale e poi anche militare, l'isolamento, la demonizzazione, e l'attacco ai nemici non si è dimostrata efficace. L'ultima grande azione militare di successo condotta dagli Stati Uniti è stata lo sbarco in Normandia. Tutto il resto - Corea, Vietnam, Iraq e Afghanistan - sono stati un evidente fallimento. Lo spostamento di unità NATO verso il confine polacco e l'idea di armare l'Ucraina è la continuazione di una mancanza di diplomazia con i mezzi militari.
Questa politica basata sul lanciare la vostra testa contro il muro - per giunta esattamente verso il punto più spesso della parete - vi regala solo un mal di testa e poco altro. E questo avviene considerando che il muro ha in realtà un'enorme porta nella relazione dell'fra Europa e Russia. E la chiave di questa porta ha un'etichetta con scritto "riconciliazione degli interessi".
Il primo passo è quello che Brandt chiamava "compassione", cioè la capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri. Dovremmo smetterla di accusare 143 milioni di russi di guardare al mondo in modo diverso rispetto a John McCain.
Ciò che è necessario è un aiuto per modernizzare il paese, nessuna sanzione che diminuisca ulteriormente la ricchezza de danneggi i legami delle relazioni. Anche le relazioni economiche sono relazioni. La cooperazione internazionale è simile a una tenerezza tra nazioni perché tutti si sentono meglio dopo.
È ben noto che la Russia sia una super-potenza energetica e al tempo stesso una nazione in via di sviluppo industriale. La politica di riconciliazione e di reciproci interessi dovrebbe cominciare da qui. L'aiuto allo sviluppo in cambio di garanzie territoriali; il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier disponeva perfino delle parole giuste per descrivere tutto ciò: partenariato di modernizzazione. Deve solo rispolverarle e usarle come parole di buon auspicio. La Russia dovrebbe essere integrata, non isolata. Piccoli passi verso questa direzione sono meglio della grande assurdità rappresentata dalla politica di esclusione.
Brandt e Bahr non sono mai giunti allo strumento delle sanzioni economiche. Sapevano perché: non ci sono casi registrati in cui i paesi sottoposti a sanzioni si siano scusati per il loro comportamento e abbiano poi obbedito in seguito. Al contrario: i movimenti collettivi iniziano a sostenere chi subisce le sanzioni, come avviene oggi in Russia. Il paese non è quasi mai stato unificato intorno al proprio presidente quanto adesso. Questo potrebbe quasi portarvi a pensare che i sobillatori occidentali sono sul libro paga dei servizi segreti russi.
Un ulteriore commento lo merita il tono del dibattito. L'annessione della Crimea era in violazione del diritto internazionale. E nemmeno il sostegno ai separatisti in Ucraina orientale riesce a conciliarsi con le nostre idee sulla sovranità statale. I confini degli stati sono inviolabili.
Ma ogni atto richiede un contesto. E il contesto tedesco è che siamo una società in libertà vigilata che potrebbe non agire come se le violazioni del diritto internazionale fossero iniziate con gli eventi in Crimea.
La Germania ha mosso guerra contro i suoi vicino orientali due volte negli ultimi 100 anni. L'anima tedesca, che in genere pretendiamo stia sul lato romantico, ha mostrato il suo lato crudele.
Naturalmente, noi che siamo venuti dopo possiamo continuare a proclamare la nostra indignazione contro lo spietato Putin e appellarci al diritto internazionale contro di lui, ma per il modo in cui sono le cose, questa indignazione arriverebbe con un leggero rossore di imbarazzo. O, per usare le parole di Willy Brandt: «le pretese assolute minacciano l'uomo».
Alla fine, anche gli uomini che avevano ceduto alla febbre della guerra nel 1914 se ne resero conto. Dopo la fine della guerra, i penitenti stilarono un nuovo appello, questa volta mirante alla comprensione tra nazioni: «il mondo civilizzato è diventato un terreno di guerra e un campo di battaglia. È tempo che una grande marea di amore sostituisca l'onda devastante dell'odio.»
Dovremmo cercare di evitare la deviazione attraverso i campi di battaglia del XXI secolo. La storia non deve ripetersi. Forse possiamo trovare una scorciatoia....


Fonte: http://www.handelsblatt.com/meinung/kom ... 08844.html


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MessaggioInviato: 23/08/2014, 21:30 
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Merkel: pieno appoggio all'Ucraina

La cancelliera tedesca incontra Poroshenko - Sostegno all'integrità del Paese e 500 milioni di euro


MOSCA - Primo leader europeo a sbarcare a Kiev dall'inizio della crisi, la cancelliera tedesca Angela Merkel vola dal presidente ucraino Petro Poroshenko. Conferma il sostegno di Berlino e di Bruxelles al Paese e alla sua integrità territoriale e promette anche una sorta di piano Marshall europeo da 500 milioni di euro. Un piano da varare con una conferenza di donatori a settembre per la ricostruzione del Donbass, la regione industrial-mineraria dell'Ucraina orientale martoriata dal conflitto con i separatisti filorussi.

All'indomani delle roventi accuse occidentali per l'ingresso non autorizzato del controverso convoglio di aiuti umanitari alle popolazioni civili che Mosca ha fatto rientrare velocemente oggi a "missione compiuta", la cancelliera tedesca continua pazientemente a tessere la sua tela diplomatica, come principale interlocutore tra Russia e Ucraina.

Invoca una tregua bilaterale, ma con un controllo effettivo della frontiera, anche tramite l'uso di droni. Annuncia una riunione a breve del "gruppo di contatto", con negoziatori del governo ucraino e dell'est del paese, e la supervisione di Heidi Tagliavini, rappresentante speciale dell'Osce per l'Ucraina.

Ma soprattutto con un gesto distensivo la Merkel esclude, almeno per ora, dopo lo schiaffo degli aiuti umanitari unilaterali russi, nuove sanzioni contro Mosca. Al momento non sono la questione principale all'ordine del giorno, sottolinea, pur non escludendo che potrebbero essere introdotte in caso di un peggioramento del conflitto ucraino.

"Non possiamo escludere un progresso nei negoziati, ma da parte nostra faremo di tutto per fare almeno un passo avanti durante l'incontro a Minsk", aggiunge la cancelliera, riferendosi al vertice del 26 agosto tra Unione doganale (Russia-Bielorussia-Kazakhstan), Ue e Ucraina, durante il quale ci sarà probabilmente un faccia a faccia tra il presidente russo Vladimir Putin e Poroshenko.

"Dobbiamo trovare una soluzione accettabile per le due parti mantenendo l'integrità territoriale dell'Ucraina", Crimea compresa, insiste la Merkel. E "l'integrità territoriale dell'Ucraina è uno degli obiettivi essenziali della politica tedesca", ammonisce infine.

Le fa eco, nella conferenza stampa congiunta, Poroshenko, che all'arrivo l'aveva accolta con un mazzo di fiori: "è tempo che la pace si instauri nel Donbass. Il potere ucraino farà di tutto, con i nostri partner europei, perché essa arrivi. Ma non a spese della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'indipendenza dell'Ucraina".

La Merkel ha approfittato dell'occasione per correggere il suo vicecancelliere e leader socialdemocratico Sigmar Gabriel, che in un'intervista al giornale "Welt am Sonntag" anticipata oggi ha auspicato un'Ucraina "federale", soluzione sostenuta anche da Mosca ma avversata da Kiev: il federalismo, così come è inteso in Germania, ha spiegato, equivale a decentramento.

La visita della Merkel, che ha incontrato anche il premier Arseni Iatseniuk e alcuni sindaci (Kiev, Donetsk, Lugansk e Leopoli), cade non solo nel giorno della vigilia dell'indipendenza ucraina, ma anche in quello del 75. anniversario del patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, tra l'Urss di Stalin e la Germania di Hitler.

"La Germania non vuole creare nuovi disastri politici, ha imparato bene le lezioni della propria storia", ha osservato la cancelliera ricordando quel patto. "La mia presenza qui è una testimonianza che il cambiamento nelle relazioni politiche tra due paesi è possibile", ha aggiunto.

Appare però difficile intravvedere al momento una svolta nelle relazioni tra Kiev e Mosca, che sembra interessata a mantenere la destabilizzazione del paese in mancanza di garanzie geopolitiche al confine, soprattutto contro una espansione della Nato.

Intanto nell'est ucraino si continua a combattere ferocemente, con ripetuti bombardamenti anche di Lugansk e Donetsk, città quest'ultima dove oggi sono morti sei civili, tra cui una famiglia con un bambino.

23.08.2014 - 20:31

ats

[align=right]Source: CdT.ch - Mondo - Merkel: pieno appoggio all'Ucraina [/align]



Ma cosa mi tocca leggere ...



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