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Forte sisma scuote la Svezia, possibile un “terremoto interplacca”?
Nel pomeriggio odierno una intensa quando anomala (vista l’aerea ipocentrale) scossa di terremoto è stata rilevata dal Centro Euro-Mediterraneo alle ore 13:08 (15:08 italiane) in Svezia, nell’area a 33 km a Nord-Est da Älvdalen. La scossa si è verificata ad una profondità di 5 km. Secondo le prime stime preliminari la scossa avrebbe avuto una magnitudo di ben 4.9 Richter, quindi piuttosto intensa, anche se rimaniamo al di sotto della soglia del danno. Ma l’energia liberata da questo movimento tellurico è stata sufficientemente elevata, provocando un ampio risentimento su gran parte del territorio svedese. Come è noto i terremoti avvengono ai margini delle placche tettoniche, dove queste scorrono le une accanto alle altre, e viceversa. Ai confini tra le placche, a causa di questi movimenti che comprimono le masse rocciose, si accumulano, anno dopo anno, gli sforzi determinati dal movimento di questi grandi blocchi, fintanto che l’energia accumulata non è tale da superare la resistenza delle rocce, generando i terremoti. Possiamo definire questi “terremoti interplacca”. I “terremoti intraplacca” non si localizzano ai margini delle placche, ma in mezzo ad una placca.
Le ragioni dello svilupparsi di tali terremoti di solito stanno nella storia geologica antica dell’area colpita. Spesso l’area colpita da un “terremoto intraplacca”, pur non essendo oggi un’area vicino ad un margine di placca, o era area di margine in tempi remoti e la sua antica attività tettonica viene alla luce di tanto in tanto ancora oggi (ad esempio terremoti dell’area degli Appalachi sulla costa orientale degli Stati Uniti o quelli ultimamente registrati nell’entroterra desertico australiano). Ma “terremoti interplacca” di una certa consistenza si possono innescare in seno ad una zona di debolezza nella crosta, come nel caso di un antico “rift”, ossia un sistema di faglie estensionali non più attivo, ma che è in grado di rilasciare più facilmente gli sforzi trasmessi all’interno della placca. Quindi i “terremoti intraplacca” spesso accadono nelle zone dove sono localizzate antiche faglie o rift dovuti ad assestamenti su una vecchia frattura. Altra ragione teorica dello svilupparsi dei “terremoti interplacca” potrebbe essere la nascita di un nuovo margine, ossia di una nuova zona di rift a causa della separazione di una placca in due placche distinte. Questo è il caso dei terremoti dell’area di New Madrid in nord America o dell’area della Rift Valley nell’Africa orientale.
http://www.meteoweb.eu/2014/09/forte-sc ... ca/324093/ Cita:
Un terremoto catastrofico potrebbe colpire Istanbul?
È la conclusione di un’équipe di ricercatori del Mit: la capitale turca potrebbe essere colpita da un grande terremoto nei prossimi decenni
Per evitare spiacevoli equivoci, è bene ribadirlo dall’inizio. I terremoti, purtroppo, non si possono prevedere. Checché ne dicano i vari Raffaele Bendandi, Luke Thomas e Giampaolo Giuliani, la scienza è chiara in merito. Al momento – e forse per sempre – non è possibile costruire un modello attendibile in grado di stabilire con precisione dove e quando la Terra deciderà di svegliarsi. Quello che si può fare, invece, è elaborare delle mappe di rischio sismico e studiare le serie storiche del passato per determinare quali sono le regioni che corrono più pericoli. Esattamente quello che hanno appena fatto i ricercatori del Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences al Mit di Boston assieme ai colleghi del Kandilli Observatory and Earthquake Research Institute di Istanbul: gli scienziati hanno analizzato i dati satellitari relativi agli ultimi vent’anni della faglia nord anatolica, che si estende per circa 900 chilometri attraverso la Turchia settentrionale e il mar Egeo, una delle zone sismiche più energetiche al mondo, determinando che un terremoto di forte intensità potrebbe colpire, prima o poi, la capitale turca. Le conclusioni dello studio sono state pubblicate sulla rivista Geophysical Research Letters. Lo scenario descritto dagli scienziati ricorda molto il Big One che si attende a San Francisco: la scossa dovrebbe verificarsi lungo il gap sismico (un segmento di faglia) nel mar di Marmara, cinque chilometri a est di Istanbul. E sarà terribile, con magnitudo 7 o addirittura superiore. Tanto per fare un confronto, il terremoto che colpì L’Aquila nel 2009 aveva magnitudo 6,3. La scossa in Emilia nel 2012 aveva magnitudo 5,9.
Acqua cheta scava i ponti: quando un segmento di faglia resta tranquillo per troppo tempo, i sismologi tendono a drizzare le orecchie. Secondo gli scienziati, la quiescenza può significare due cose: il gap sismico può semplicemente essere inattivo – ovvero, le placche scivolano impercettibilmente l’una accanto all’altra, senza provocare scosse catastrofiche – oppure il segmento sta accumulando tensione che, inevitabilmente, esploderà in un forte terremoto. I ricercatori del Mit hanno osservato entrambi i comportamenti in punti diversi della faglia nord anatolica, acquisendo dati da circa cento posizioni Gps diverse, tra cui stazioni di monitoraggio continuo e siti in cui vengono posti periodicamente dei marcatori al suolo, le cui posizioni sono registrate per misurare lo spostamento progressivo della crosta terrestre. “Monitorando il movimento”, spiega Michael Floyd, ricercatore del Mit, “possiamo prevedere quali porzioni della crosta terrestre si sposteranno rispetto ad altre. La faglia nord anatolica ha un moto relativo rispetto alla crosta più o meno uguale alla velocità di crescita delle unghie umane”. Il terremoto più recente nella zona è avvenuto nel 1999 a Izmit, poco a est di Istanbul, e le serie storiche indicano una progressione da est a ovest, secondo una specie di effetto domino. La scossa iniziale, allora, durò poco meno di un minuto e uccise migliaia di persone: dal momento che Istanbul si trova sull’estremità occidentale della faglia, gli scienziati ritengono che la prossima scossa avrà epicentro proprio nella capitale.
Come spiega a Wired.it Alessandro Amato, del Centro Nazionale Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, non coinvolto nello studio, “lo studio dei dati Gps aiuta a vincolare la quantità di slip, cioè di spostamento durante un terremoto, dei futuri sismi. Analizzando due faglie del mar di Marmara, la Princes’ Islands Fault (Pif) e la Cenrala Marmara Fault (Cmf), i ricercatori propongono che quella più orientale abbia accumulato più slip (2,5-3,7 metri) ed è quindi più probabile un terremoto su quest’ultima [la più vicina a Istanbul, nda], nonostante l’ultimo grande evento sia del 1766 mentre nella Cmf sia avvenuto molti secoli prima, ne 1343. Questo perché identificano sulla Cmf delle ‘aseismic crepe’, ossia scivolamento asismico, meccanismo che comporta uno scorrimento senza terremoti, che riduce quindi lo slip accumulato. Per questa ragione, i ricercatori considerano per la Pif un probabile scenario con un terremoto di magnitudo superiore a 7”.
In altre parole, i ricercatori hanno stimato che la faglia nord anatolica deve muoversi di circa 25 millimetri l’anno. L’équipe ha identificato un segmento della faglia sotto il mar di Marmara, a ovest di Istanbul, essenzialmente bloccato da circa 250 anni (l’ultimo terremoto del 1766). Se la tensione accumulata dalla faglia negli ultimi due secoli e mezzo dovesse esplodere all’improvviso, il segmento si sposterebbe di circa 3 metri in pochi secondi. È facile immaginare le conseguenze, tanto più che “il 90% degli edifici di Istanbul non soddisfa i requisiti di emergenza, e l’aeroporto internazionale è posizionato in un’area dove il movimento del suolo sarebbe molto forte, quindi sarebbe difficile far arrivare truppe d’emergenza nella zona”, racconta Marco Bohnhoff, professore del German Research Center for Geosciences di Potsdam, che a giugno 2013 aveva già pubblicato uno studio con conclusioni più o meno analoghe.
“I terremoti non sono regolari né prevedibili”, conclude Floyd. “Si può trascorrere una vita intera senza mai provarne uno. Ma ne basta uno per cambiare molte vite. In una città come Istanbul, nota per essere teatro di grandi terremoti, il messaggio che possiamo dare è uno solo: siate preparati”. In ogni caso, ci precisa ancora Amato, “il fatto che avverrà un terremoto di magnitudo sette o oltre a poca distanza da Istanbul, una città di 13 milioni di abitanti, è molto probabile, anzi certo. Potrà avvenire domani o tra vent’anni. È importante rilevare che, mentre per la città di Istanbul esiste un grande programma di riduzione del rischio, attraverso il rinforzo e l’abbattimento e ricostruzione degli edifici non a norma, da noi questo non viene neanche immaginato”. Siamo avvisati.
http://www.wired.it/scienza/2014/09/16/ ... -istanbul/