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Ufetto
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 Oggetto del messaggio: Criptozoologia e animali sconosciuti
MessaggioInviato: 16/07/2010, 22:25 
Cos'è la criptozoologia?
Si tratta di una branca della zoologia, non ancora riconosciuta dalla scienza ufficiale, che si propone di verificare l'esistenza di animali biologicamente possibili (chiamati "criptidi")sconosciuti alla scienza, ma di cui si hanno prove materiali o testimonianze dei locali. L'ideatore di tale disciplina è lo zoologo belga Bernard Heuvelmans (1916-2001), che nel 1955 scrisse il best-seller "Sur La Piste Des Betes Ignorees" (purtroppo non tradotto in italiano).
Tra i criptidi rientrano presunte creature molto famose come il mostro di Lochness, lo Yeti, il bigfoot, il Mokele-Mbembe ecc...Oltre che animali estinti in tempi recenti ma che potrebbero essere sopravvissuti (come il tilacino), ma non il Chupacabras, il Mothman, il diavolo del Jersey e altri mostri della cultura popolare.
Qui una definizione più dettagliata (vi consiglio di fare un giro sul sito, l'unico serio sul tema in italiano)
A questo link altro sito molto interessante sull'argomento, in francese e inglese.
Spero di avervi stuzzicato, ditemi cosa ne pensate [8D].


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MessaggioInviato: 01/07/2013, 14:13 
caro Glypto,
Cita:
Spero di avervi stuzzicato, ditemi cosa ne pensate


magari mettendo qualcosa in italiano [;)]
http://www.criptozoo.com/
o
http://www.criptozoologia.it/

ciao
mauro



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sono lo scuro della città di Jaffa
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MessaggioInviato: 11/11/2013, 00:11 
Cita:
IL MITICO "KRAKEN" FORSE E' REALMENTE ESISTITO

Immagine

Il mitico Kraken è la piu' infame delle creature marine. E' stato oggetto del folklore popolare per secoli. Spesso è stato raffigurato come un gigantesco calamaro che attaccava dal basso le navi stritolandole con i suoi tentacoli per cibarsi del loro contenuto.

Da oggi queste storie sempre relegate nella leggenda e nei racconti del terrore potrebbero avere una solida base scientifica.

Il paleontologo Mark McMenamin crede di aver trovato i resti di una grande creatura polpo analizzando i resti degli ittosauri della lunghezza di 14 metri esposti a Nevada Berlino-Ichthyosaur State Park.

Questi resti fossili sono ormai diventati roccia, ma in questa roccia si vede distintamente il "rostro" di una piovra gigante. La forma e le caratteristiche di questo "becco" con quelli dei calamari attuali son molto simili, anche se questo "becco fossile" è molto piu' grande. Facendo i dovuti raffronti si è scoperto che il becco del calamaro preistorico porterebbe alla grandezza del calamaro preistorico a dimensioni che ricordano molto da vicino il mitico Kraken.

Il mito quindi si basa sulla possibilità che qualche esemplare di queste incredibili creature possa essere sopravvissute sino a qualche secolo fa...tanto da alimentare la leggenda dello sterminatore delle navi e dei loro occupanti.


http://www.antikitera.net/news.asp?id=12838&T=5


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Astronave
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MessaggioInviato: 11/11/2013, 08:08 
Che dire, la criptozoologia mi ha sempre affascinato e cerco di tenermi aggiornato.
Per quanto mi riguarda credo che la ricerca piu' interessante sia quella del Mokele-Mbembe.
Che caso interessante?



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Marziano
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MessaggioInviato: 14/11/2013, 20:16 
Cita:
Semeru ha scritto:

Che dire, la criptozoologia mi ha sempre affascinato e cerco di tenermi aggiornato.
Per quanto mi riguarda credo che la ricerca piu' interessante sia quella del Mokele-Mbembe.
Che caso interessante?



Questo è un criptide molto plausibile; più volte osservato dai pigmei, che dicono anche di essersene mangiato uno [:D] che gli aveva rotto le reti da pesca.


Potrebbe essere un varano molto grosso, oppure anche un piccolo dinosauro; furono mostrati ai pigmei disegni di varani e dinosauri di vario tipo, la risposta cadeva sempre sulla forma del brontosauro; la vegetazione del Congo non ha mai subito l'attacco del ghiaccio, niente ere glaciali lì. Paludi infestate da sabbie mobili, vegetazione impenetrabile, rettili velenosi, guerre civili non molto distanti da lì, chilometri e chilometri quadrati di paludi, laghi scoperti soltanto negli anni '90 (una ventina di anni fa), c'è una certa probabilità che da quelle parti viva una qualche specie animale non ancora classificata.


Ultima modifica di quisquis il 14/11/2013, 20:19, modificato 1 volta in totale.


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Stellare
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MessaggioInviato: 14/11/2013, 20:50 
Ottimo argomento, peccato fosse sfuggito all' attenzione finora, ma gli ultimi link sembrano molto interessanti [:264]


Ricordiamo la lezione del celacanto,

il pesce della più antica linea evolutiva nota, che si credeva estinto dal tempo dei dinosauri, fino a che non venne pescato ai giorni nostri:

http://it.wikipedia.org/wiki/Latimeria

O della piovra gigante, immaginata ( [?]) da Jules Verne nel suo "20.000 leghe in fondo ai mari", ma che venne effettivamente scoperta in seguito.


Non si dovrebbe essere troppo frettolosi nel seppellire sotto una lapide ideale l' esistenza di creature straordinarie, mitiche o ritenute da tempo perdute...

...perchè poi... tornano in superficie.


Ultima modifica di Aztlan il 14/11/2013, 20:51, modificato 1 volta in totale.


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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 21/04/2014, 01:05 
Cita:
L'ombra nelle immagini satellitari
L'ultimo avvistamento del mostro di Loch Ness? Solo su Apple
Se fosse vero, significherebbe che la mitica Nessie si fa immortalare solo dal satellite del colosso di Steve Jobs e non da tutti gli altri. Entusiasmo del Fan Club, scetticismo degli altri: la scia di una nave oppure correnti

Immagine

L'elusivo mostro di Loch Ness potrebbe preferire la mela morsicata di Steve Jobs, tanto da farsi immortalare solo da lei. O meglio, solo dalle sue Apple Maps, snobbando tutti i competitor.

Nessie in esclusiva per Apple?
E' una battaglia - tra mitologia e tecnologia - della guerra tra immagini satellitari tra Apple e Google: per ora, sembra, solo gli smartphone e tablet di Jobs possono fregiarsi del titolo, ipotetico, di riuscire a fotografare la mitica Nessie.

Gli avvistamenti su smartphone
Due persone, separatamente, stavano guardando le immagini satellitari della loro città quando hanno visto il profilo dell'ineffabile Nessie. Andrew Dixon, riporta il Daily Mail, non ha avuto dubbi dal primo istante: "Questo è il mostro di Loch Ness", ha esclamato quando i suoi occhi hanno visto quella figura comparire tra le acque dello schermo sul suo iPhone.

Le speranze del Nessie Fan Club
A quel punto parte un'indagine con tutti i crismi. Andrew Dixon avvisa il Fan Club ufficiale di Nessie che decide di analizzare le immagini per sei mesi. Il presidente del Fan Club, Mr Campbell, studia le possibilità: "Potrebbe trattarsi della scia lasciata da una nave, ma la nave non c'è - commenta al Daily Mail - a meno che non ci sia un sottomarino segreto potrebbe trattarsi di Nessie". Per l'increspatura sull'acqua, per ora, esclude altre ipotesi "logiche". Ma si emoziona quando dice che, se Nessie è fotografabile dal satellite, è lì sotto la superficie, "si può trovare". Non nasconde il suo disappunto per l'anno passato: il primo in 90 anni senza avvistamenti di Nessie, ignotata dai cercatori di mostri per 18 mesi.

E se non fossero altro che correnti marine?
Un'altra verità, difficile da digerire per i soci del Fan Club, è che Apple abbia fotografato correnti marine, o la scia di una nave, niente di più di un sogno (per chi a Inverness ha lasciato il cuore).

Gli avvistamenti nel tempo
Quello tramite le Apple Maps è l'ultimo avvistamento di una lunga serie. Il primo a parlare di una "selvaggia bestia marina" uscita dalle acque e scacciata dalle sue preghiere è un monaco irlandese che nel 565 riporta l'evento nella sua Vita Sancti Columbae mentre dal 1930 il mostro si sarebbe fatto vedere anche sulla terraferma, dando inizio alla leggenda.





http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... dbabf.html


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MessaggioInviato: 21/04/2014, 03:02 
al limite sembrerebbe un pesce gigante più che il classico plesiosauro di solito associato a nessie. Propendo per la scia di navigazione ^_^



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MessaggioInviato: 28/04/2014, 14:20 
Dinosauri a becco d'anatra avvistati in Australia 170 anni fa? [8]

http://scienzamarcia.blogspot.it/



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MessaggioInviato: 28/04/2014, 23:24 
Magari era solo una descrizione un pò ingigantita e immaginifica di un ornitorinco. Immagino l'effetto che possa aver fatto sui primi esploratori un animale che sembra una kimera.



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MessaggioInviato: 29/04/2014, 00:59 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:

al limite sembrerebbe un pesce gigante più che il classico plesiosauro di solito associato a nessie. Propendo per la scia di navigazione ^_^


Cita:
MOSTRO DI LOCH NESS/ Ecco spiegata la foto scattata dal satellite

Immagine

Nei giorni scorsi una immagine fotografica catturata da un satellite del lago di Ness in Scozia, ha improvvisamente risvegliato la caccia all'ipotetico mostro che si nasconderebbe nelle sue acque. Da alcuni anni infatti anche i più accaniti ricercatori di Nessie, come è stato amichevolmente battezzato l'animale preistorico che è stato avvistato, poi perso, poi ancora avvistato nelle acque del lago, avevano smesso di comunicare avvistamenti. Che poi vengono sempre regolarmente smentiti dagli studi scientifici. La foto in questione raffigurava una figura apparentemente sotto la superficie dell'acqua con grandi pinne laterali e coda, e vista la mancanza di alcuna imbarcazione si era detto che non poteva trattarsi di onde lasciate appunto da una barca. Una creatura dunque così grande da poter essere avvistata addirittura dallo spazio. Ma ogni speranza di aver finalmente individuato Nessie è stata smentita anche questa volta. Si tratta infatti soltanto di una foto in bassa definizione, insomma di scarsa qualità, di una imbarcazione e delle scie che essa ha lasciato sulle acque del lago. C'è anche un nome: si tratta della Jacobite Queen e qualcuno è anche stato in grado di postare la foto della nave e quindi comparandola con quella del satellite si è ricostruita l'esatta immagine. Ma gli accaniti ricercatori non si sono dati per vinti e continuano a sostenere che l'oggetto che si vede è sotto la superficie delle acque: dunque o è un sottomarino o è Nessie.


http://www.ilsussidiario.net/News/Scien ... te/493807/


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MessaggioInviato: 29/04/2014, 01:02 
Cita:
ESISTONO ANCORA DRAGHI E DINOSAURI?

Tutti conoscono la leggenda di San Giorgio che affronta e uccide il drago per salvare la vita di una bella principessa che sta per esserne divorata.

Essa è riportata dal vescovo Jacopo da Varazze (o da Varagine), vissuto nel XIII secolo, nel suo celeberrimo libro "Legenda aurea", raccolta di vite di santi che fu letta e riletta dai devoti cristiani per secoli e secoli.
Narra Jacopo da Varazze che Giorgio di Cappadocia, tribuno militare romano, arrivò un giorno alla città di Silene, in Libia.
Presso la città si estendeva uno stagno "vasto come il mare" dal quale usciva un drago orrendo che divorava uomini e armenti e il cui fiato micidiale uccideva perfino coloro che cercavano rifugio sulle mura. Gli abitanti, dopo aver fatto alcuni inutili tentativi per ucciderlo, si eran visti costretti a offrirgli in pasto ogni giorno due pecore; poi, venendo meno gli animali, una pecora e un uomo, estratto a sorte fra gli infelici cittadini. Un giorno le sorti caddero sull'unica figlia del re. Egli tentò in ogni modo di salvare la fanciulla dall'orribile fine, ma gli abitanti, essendo entrato ormai il lutto in ogni famiglia, lo forzarono a rassegnarsi. Così la giovinetta, chiesta la benedizione del padre, uscì tutta sola dalla, città incontro al suo destino, mentre il popolo si accalcava sulle mura. Fu proprio in quel momento che sopraggiunse Giorgio sul suo cavallo. Vedendola in lacrime, e notando la folla sui bastioni, le domandò che cosa avesse. Ella per tutta risposta lo invitò a fuggire via subito, ma così non fece altro che accrescere la curiosità di Giorgio. Mentre parlavano ancora, il mostro emerse dalle acque del lago, e subito la fanciulla esortò il santo a fuggire finché era in tempo. Ma Giorgio partì lancia in resta contro il drago e lo affrontò tutto solo.
Qui Jacopo fornisce due versioni della lotta.
Secondo la prima, egli ferì il drago gravemente, tanto che la figlia del re fu in grado di portarlo in città mansueto come un cagnolino. Il popolo ne fu atterrito, ma poi, tranquillizzato da Giorgio, ricevette in massa il battesimo cristiano; dopo di che il santo uccise il drago.
Secondo l'altra versione, Giorgio, fattosi il segno della croce, partì al galoppo contro il mostro e lo uccise al primo assalto. Ci vollero quattro paia di buoi per portare via il corpo del drago caricato su un carro. Poi Giorgio ripartì, rifiutando dal re una forte somma di denaro e dicendogli di distribuirla ai poveri. Prima di andarsene, diede al re questi quattro ammaestramenti: di curare le nuove chiese, onorare il clero, ascoltare la messa e assistere gli indigenti.
In quel giorno avevano ricevuto il battesimo ventimila maschi adulti e il re aveva ordinato la costruzione di una chiesa dedicata alla Madonna e al beato Giorgio, dalla quale scaturì poi una fonte miracolosa.
Qui finisce il raccolto del drago. (1)

Naturalmente è possibile interpretare la leggenda in chiave puramente allegorica e cioè come una raffigurazione della lotta fra il Bene e il Male che mescola motivi egizi (il dio Horus, a cavallo, che trafigge un coccodrillo del Nilo), persiani (l'eterno conflitto fra il principio della luce, Ahura Mazda, e quello delle tenebre, Ahriman), greci (Perseo che libera Andromeda uccidendo il dragone che emerge dalle acque del Mar Rosso) e cristiani (il governatore provinciale Daciano che, per la sua ferocia nella persecuzione dei credenti, era denominato "draco abyssorum").
Tuttavia, è appena il caso di ricordare che l'archeologo tedesco Koldewey, ai primi del Novecento, rimase profondamente colpito, negli scavi di Babilonia, dai rilievi di creature rettiloidi che ricordavano gli antichi dinosauri e che ciò diede origine all'ipotesi che gli antichi Mesopotamici, per i loro riti religiosi, allevassero qualche esemplare di sauriani giganteschi, sopravvissuti all'estinzione della loro specie.
Analoga impressione paiono suggerire le raffigurazioni delle tavolette dei cosmetici del re Narmer, conservate presso il Museo Egizio del Cairo. (2)
Tutto questo senza contare l'enigma delle cosiddette "pietre di Ica", nel Perù, che raffigurano esseri umani e dinosauri come se fossero contemporanei; delle quali è stato dimostrato che una parte sono sicuramente dei falsi, ma per un'altra parte non è ancora possibile esprimere un giudizio scientifico definitivo.
Certo, secondo le nostre attuali conoscenze, i dinosauri si sono estinti decine di milioni d'anni fa; ma non potrebbe darsi che alcune specie siano sopravvissute fino a tempi storici?
Dopotutto, dopo che nel 1938 è stato ripescato vivo e vegeto, belle acque del Sud Africa, il pesce "Celachantus", che la scienza "ufficiale" sosteneva estinto da milioni di anni, bisognerebbe essere molto cauti nell'escludere una eventualità del genere, per quanto remota e improbabile essa possa apparire a prima vista.

Dobbiamo adesso ricordare le sporadiche segnalazioni, da parte di viaggiatori ed esploratori europei, nel XIX e all'inizio del XX secolo, di animali mostruosi che vivrebbero nelle paludi e nei laghi dell'Africa centrale. (3)
Gli avvistamenti avrebbero avuto luogo nel Camerun, nel lago Vittoria, nel Lago Bangweolo (Zambia), dunque attraverso una vastissima fascia di territorio dall'Oceano Atlantico fino in prossimità dell'Indiano (4); fra i testimoni oculari citiamo esploratori più o meno noti, come l'inglese Sir Clement Hill, il tedesco Alfred Aloysius Horn, mentre altri ne raccolsero notizie indirette (tracce nella foresta, racconti degli indigeni).
Secondo tali descrizioni, specialmente quelle dello Hill, che disse di aver visto l'animale da vicino, nel Lago Vittoria, esso aveva approssimativamente l'aspetto e le dimensioni di un dinosauro erbivoro. (5)
Ora, fra i laghi e le foreste dell'Africa centrale e le regioni vicine al Mediterraneo si estende l'immenso Deserto del Sahara, che costituirebbe una barriera invalicabile a un eventuale rettile di grandi dimensioni; ma, in tempi antichi, esso era ricoperta da foreste o, quanto meno, da praterie; il processo d'essiccamento non era ancora del tutto concluso nei primi secoli dell'era cristiana.
La fauna dell'odierno Sahara era quella della foresta o della steppa, come è testimoniato in maniera diretta dai graffiti del Tibesti e di altre zone riproducenti bufali, giraffe, elefanti (6); e in maniera indiretta dalle fiere che i Romani catturavano per gli spettacoli del circo.
Il leone oggi è scomparso a nord del Sahara (7), come lo è pure l'ippopotamo dall'Egitto.

Tornando alla leggenda di San Giorgio, la tradizione afferma che il drago da lui ucciso era un mostro acquatico, che viveva in un vasto lago. Una coincidenza invero notevole coi racconti di Hill, Gratz, Schonburgk, Glober.
Una ricerca in questa direzione sarebbe interessante, perché consentirebbe di affacciare l'ipotesi di una interpretazione non allegorica, ma naturalistica del racconto della lotta fra San Giorgio e il drago, anche se, per ovvie ragioni, ben difficilmente potrebbe uscire dal campo delle mere ipotesi.
Tuttavia, per scrupolo di completezza, vogliamo suggerire anche questa possibilità.
Né si creda che solo dall'Africa centrale giungano notizie di avvistamenti di animali mostruosi simili a dinosauri: in effetti, esse provengono da tutto il mondo.
Nel lago Labynkyr, In Siberia, un rettile gigantesco fu avvistato fin dal 1953 ed il protagonista dello strano incontro fu proprio uno scienziato: il geologo V. Tjerdokherbov. (8)
Si può dire anzi che ogni continente vanti il suo "mostro acquatico", o anche più di uno: il Nord America il mostro del lago Champlain, al confine tra Canada e Stati Uniti (9), quello del Manipogo (Canada e quelli di Slimey Slim (in due diverse località degli Stati Uniti occidentali); il Sud America, il mostro del Lago Bianco, in Cile; l'Oceania, il mostro di Waitoreke, nell'Isola del Sud della Nuova Zelanda.
L'Europa ne vanta almeno cinque: il famosissimo "Nessie" del Lago di Loch Ness (Scozia), il serpente del Lago Storsjö (Svezia), quello del Hvler (Norvegia) e addirittura due la piccola Irlanda: quello di Pooka e quello di Piast. (10)
I "mostri" europei potrebbero salire a sei (e anche di più) tenendo conto, ad esempio, del serpente mostruoso che fu visto in Friuli, presso Sarone, nel 1963 e di cui si occupò anche la stampa, nell'estate del 1963. (11)
In realtà, l'elenco completo degli avvistamenti sarebbe lunghissimo e potrebbe continuare per pagine e pagine.
Ancora nel XVII secolo, un illustre scrittore italiano, il padre gesuita Daniello Bartoli (1608-1685), ferrarese, aveva raccolto la tradizione relativa a un drago che, in passato, infestava le contrade dell'isola di Rodi, uccidendo uomini e bestie, finché un cavaliere gerosolimitano non l'aveva affrontato e ucciso, dopo essersi lungamente preparato al cimento.

«Assai delle volte avrete udito mentovare il famoso dragone apparito nelle campagne di Rodi mentre quell'isola si teneva da cavalieri ora di Malta, e la spaventosa bestia ch'egli era. D'un informe corpaccio grande quanto un mediocre cavallo; l'orribil capo tutto cosa di drago; bocca grande e squarciata, denti acutissimi, occhi focosi e sanguigni, due grandi orecchie spenzolate, e un fiato di mortalissimo veleno. Del corpo, il dosso bigio; e ne spuntavan due ali carnose e unghiute, che dibatteva e svolazzava per ispavento, non perché punto il levasser da terra. Tutto era macchiato di rotelle, verdi, nere, sanguigne, fosche: segni e fior di veleno. Armato poi d'un cuoio a modo di corazza, impenetrabile ad ogni arme, perocché tutto era un commesso di piastrelle e di maglie di durissima tempra, fuor solamente il gran ventre livido e gialliccio. Andava su quattro piedi e le due branche aveva armate di terribili unghie. Dietro si traeva una lunghissima coda, che non gli era punto oziosa, o inutile al danneggiare; che d'essa, come d'una serpe, valevasi ad avvinghiare e stringere con più giri evolute; oltre alle forti percosse, con che atterrava chi d'alcuna incogliesse.
Solitudine e desolazione era tutto il paese a grande spazio intorno al colle di S. Stefano, alle cui falde egli abitava dentro una palude, ivi medesimo ove era nato, d'un marciume d'acqua scolatavi e imputridita: e in mostrarsi colà intorno uomo o animale, il dragone assassino gli era sopra a sbranarlo, e pascersi delle sue carni. Un tal mostro, che il capriccio de' dipintori e de' romanzieri nol saprebbono fantasticare a fingerlo più spaventoso, ebbe cuore e spirito di assalirlo fra' Diodato da Gozzone, quegli che poscia fu il ventesimosesto gran Maestro dell'Ordine di que' cavalieri. Ma non fu, perciò, che il desio della gloria per sé e del ben pubblico (ch'era liberar l'isola da una si nocevole pestilenza) il rendesse più animoso che consigliato, portandolo via come di lancio ad avventurarsi a quell'impresa. Egli venne da Rodi al suo castello Gozzone; e quivi apparecchiatosi d'un caval generoso e di due gran cani da presa, ogni dì per più ore isperimentava se ed essi davanti ad un dragone posticcio, ma quanto il più far si poté, lavorato a somiglianza del vero; e dentrovi un uomo ben destro a maneggiarlo, imperversando, avventandosi, impennando, gittando le branche, e facendo quelle terribili forze in difese e in assalti che poscia il vero dragone. Intanto il cavaliere, armeggiandogli intorno col buon cavallo, e aizzandogli i cani, toglieva a questi il timore e dava loro ardire, e sé addestrava, in una finta schermaglia, al come di poi far davvero. Così stato in quella scuola finché gli parve poterne oramai uscire al fatto, navigò col cavallo e i cani a Rodi, e occultamente ad ogni altro (a cagion del divieto che ve ne avea) fuor solo a due servidori, che lasciò dalla lungi a cedere il fatto e null'altro, presentossi alla disfida del drago. E ben s'avvide ai fatti quanto l'essersi addestrato per così lungo tempo gli tornasse giovevole; perocché bastò, ma in verità appena.
Incontrollo a tutta corsa del cavallo con un ben assestato colpo di lancia; ma, come l'avesse corsa in uno scoglio, non fe' piaga, e si fe' ella scheggia. Dunque smontato a pie' gli fu mestieri di prender la zuffa con lo scudo imbracciato e la spada in pugno a faccia a faccia col drago: il quale, tutto dirittosi sopra i due ultimi piedi, tal gli menò d'una branca un colpo sopra lo scudo con cui il cavaliere si riparò che ne vinse il braccio e disarmoglielo; ma come volle Iddio, l'assannare che un di que' valorosi cani fe' il drago in parte dove orribilmente gli dolse, e al medesimo tempo, entrargli il cavaliere con due penetranti stoccate dentro alla gola, gliel batté a' piedi vinto: anzi il vinto e il vincitore, quello addosso a questo e presso a schiacciarlo col peso, caddero amendue sul campo; ma riscosso a gran pena di sotto l'orribil fiera, il valoroso tornossene con la vittoria re col merito di quel degno titolo d'"Extintor draconis", che di poi ebbe ad eterna sua lode incisogli nel sepolcro fra' gran Maestri di Rodi.» (12)

Certo, si può immaginare che, per il Bartoli, tutto l'episodio non sia altro che un'allegoria dell'uomo giunto in punto di morte (il cavaliere) che deve affrontare le ambasce della morte corporea (il drago), allenandosi adeguatamente dal punto di vista spirituale; ma è altrettanto possibile, per non dire probabile, che egli abbia raccolto una tradizione esistente sulle sponde del Mediterraneo orientale, forse di origine bizantina o magari ancora più antica, e che su di essa abbia poi costruito la sua parabola morale.
Il che ci riporterebbe, ancora una volta, nell'ambito geografico dell'Asia Minore e in quello della Cristianità d'Oriente, donde appunto la leggenda di San Giorgio e il drago aveva preso le mosse.

Se poi vogliamo risalire ancora più indietro, scopriremo - non senza una certa sorpresa - che l'esercito romano di Attilio Regolo, sbarcato in Africa (odierna Tunisia) durante la prima guerra punica, aveva avuto a che fare con un immenso serpente che molestava l'accampamento delle legioni presso le sponde del fiume Bagradha; al punto che, per averne ragione, non bastando lance e spade fu necessario far entrare in azione addirittura le balliste.
L'episodio di cui ci occupiamo si colloca nel 256 o 255 a.C., quando, nella fase iniziale della Prima guerra punica, i consoli M. Attilio Regolo e L. Manlio Vulsone, sconfitta una flotta cartaginese al Capo Ecnomo, erano sbarcati in Africa con un esercito e avevano marciato audacemente contro la capitale nemica.
Richiamato Vulsone in Sicilia per ordine del Senato, Regolo con 40 navi e 15.000 uomini aveva proseguito da solo le operazioni, battendo i Cartaginesi e inducendoli a chiedere la pace. (13) Questa non venne conclusa perché il comandante romano, imbaldanzito dai successi, volle porre condizioni eccessivamente dure: le vicende belliche subirono poi un capovolgimento e l'esercito romano andò incontro a un tragico destino.
Questo però esula dal nostro orizzonte: noi faremo un passo indietro e torneremo all'inverno 256-55, quando i legionari, sbarcati a Clypea (o Clupea), a est di Cartagine, erano impegnati nelle operazioni d'assedio della capitale punica.
Racconta dunque Valerio Massimo che "in Africa, apud Bagrada flumen, tantae magnitudinis anguem fuisse tradunt, ut Atilii Reguli exercitum usu prohibèret".
Il passo completo è tratto da un libro perduto di Tito Livio (14) e recita così: "In Africa, sulle rive del fiume Bagrada, v'era un serpente d'una tale mole che impediva all'esercito di Attilio Regolo dei servirsi di quell'acqua; molti soldati erano stati presi dalle sue enormi fauci e in maggior numero strozzati dalle spire della sua coda. Le frecce che gli lanciavano non riuscivano a ferirlo. Alla fine con le balestre lo si finì facendo piovere sul suo corpo da ogni parte gran quantità di pesanti pietre: A tutte le coorti e le legioni era apparso oggetto di terrore assai più della stessa Cartagine e quando il suo sangue si mescolò all'acqua del fiume e le esalazioni pestifere del suo cadavere infestarono tutta la regione, l'esercito fu costretto a spostare il campo. Aggiunge, inoltre, Tito Livio che la pelle del serpente, che misurava centoventi piedi, fu mandata a Roma." (15)
Questo incontro fra gli esseri umani e una creatura animale mostruosa è uno dei meglio documentati dell'antichità, per cui ci soffermeremo un po' su di esso. Ne parlano, infatti, moltissimi autori latini.
Aulo Gellio, l'autore delle celeberrime "Notti attiche", da parte sua, nel riferirlo dice di averlo trovato nelle "Storie" di Quinto Elio Tuberone: "Tuberone lasciò scritto (...) che avendo il console Attilio Regolo, durante la prima guerra punica, posto i propri accampamenti sulle rive del fiume Bagrada, dovette ingaggiare un combattimento lungo e aspro contro un serpente di inusitata grandezza, il quale aveva la propria dimora in quei luoghi; dopo una lunga lotta di tutto l'esercito per mezzo di balestre e catapulte, avendolo ucciso, ne mandò a Roma la pelle lunga 120 piedi." (16)
Ora, poiché noi sappiamo che un piede romano era una misura di lunghezza equivalente a circa 30 cm., se ne ricava che la pelle del "serpente" ucciso dai legionari di Regolo doveva misurare 120x30 = 3.600 cm., ossia 36 metri!
Prima di domandarci a che razza di creatura dovesse appartenere una pelle di tali dimensioni, diamo la parola a quello, fra gli autori antichi, che si diffonde con la maggiore abbondanza di particolari su questo episodio, cioè lo spagnolo Paolo Orosio (inizi del V secolo d.C.), amico e collaboratore di Sant'Agostino.
Nelle sue "Storie contro i pagani" (Orosii historiarum adversus paganos libri septem), egli scrive: "Il console Manlio lasciò l'Africa con la flotta vittoriosa e fece ritorno a Roma con ventisettemila prigionieri e grandi prede. Regolo, al quale era stato conferito l'incarico di continuare la guerra, marciò con l'esercito e pose il campo non lontano dal fiume Bagrada. Qui molti soldati, che erano scesi al fiume per rifornirsi d'acqua, furono divorati da un serpente di eccezionale grandezza: perciò Regolo decise di andare con l'esercito a combattere la bestia. Ma a nulla servirono i giavellotti e ogni sorta di proiettili che gli scagliavano addosso, giacché, come se avessero colpito una "testuggine" formata dagli scudi inclinati, i giavellotti scivolavano sulla mostruosa compagine delle squame, respinti in modo sorprendente dal corpo della bestia, che non riuscivano minimamente ad offendere. Perciò Regolo, vedendo che un gran numero dei suoi soldati era dilaniato dai morsi del serpente o atterrato dai suoi attacchi furibondi o anche tramortito dall'alito pestilenziale, fece entrare in azione le balliste, le quali, colpendo con sassi grossi come macine la spina dorsale della bestia, spezzarono tutta l'articolazione del suo corpo. Questa infatti è la natura del serpente, che mentre sembra privo di piedi, è però provvisto di squame e di costole, che sono disposte uniformemente dalla sommità del collo fino in fondo al ventre e che, quando si muove, gli servono le prime quasi da unghie e le seconde da zampe. (...) Questa conformazione fa sì che in qualunque parte del corpo, dal ventre fino alla testa, il serpente sia colpito, rimane paralizzato e non è più capace di muoversi, giacché, dovunque il colpo arrivi, esso gli spezza la spina dorsale, che imprime il movimento alle costole e a tutto il corpo. Perciò anche questo serpente, che per tanto tempo nessun giavellotto aveva potuto scalfire, fu immobilizzato dal colpo di un sasso, di modo che i romani poterono attorniarlo e ucciderlo facilmente con le armi. La sua pelle - a quanto si dice, misurava centoventi piedi - fu portata a Roma e per qualche tempo suscitò la meraviglia di tutti." (17)
Prima di Orosio e prima di Aulo Gellio, ma un po' dopo Valerio Massimo (che dedica la sua opera all'imperatore Tiberio), il filosofo Lucio Anneo Seneca aveva anch'egli ricordato il mostro del fiume Bagrada. "Quel feroce serpente dell'Africa - scrive - che le legioni romane temevano più della stessa guerra, fu preso invano di mira con frecce e con frombole. Non l'avrebbe ferito neppure l'arco di Apollo. La durezza del suo corpo mostruoso non era scalfita né dal ferro né da qualunque proiettile scagliato da mano d'uomo. Alla fine fu schiacciato sotto pesanti macigni". (18)

Che conclusioni possiamo trarre da tutto quanto fin qui esposto?
Forse la scienza ufficiale, la biologia in primo luogo, dovrebbe essere cauta prima di liquidare come "impossibili" gli indizi della sopravvivenza, in epoca storica, di grandi rettili di cui la leggenda di San Giorgio e il drago, il racconto del dragone di Rodi e i più recenti avvistamenti in numerosi luoghi del pianeta potrebbero essere altrettanti segnali.
Prudenza e puro amore per la ricerca, per i fatti: anche se i fatti sembrano smentire un aspetto significativo del paradigma evoluzionistico oggi imperante. Perché dare torto ai fatti per preservare le teorie scientifiche è il modo più sicuro per andare incontro a delle brutte figure; ciò che - negli ultimi decenni - non è certo accaduto poche volte.



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MessaggioInviato: 29/04/2014, 01:03 
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MA QUALI MILIONI DI ANNI...
I DINOSAURI PASCOLAVANO BEATI MENO DI 20.000NNI FA

La scienza "ufficiale", ossia quella condivisa dalla comunità accademica internazionale, debitamente evoluzionista e darwiniana, sostiene, come è noto, che i dinosauri si estinsero sessantacinque milioni di anni fa: forse per la caduta di un meteorite ed i successivi sconvolgimenti climatici (ipotesi catastrofista), forse per la silenziosa concorrenza dei mammiferi, che ne divoravano le uova (ipotesi gradualista) o per altre cause ancora.

Quanto all'uomo, della cui discendenza da un antico primate parente della scimmia, probabilmente il Ramapiteco, non dubita affatto, essa ne colloca l'origine all'incirca un milione di anni or sono; al massimo, a due milioni di anni, stando alla scoperta di un nuova specie di ominide, avvenuta nel 2003 in una caverna dell'isola indonesiana di Flores, che non appartiene né alla specie "Homo sapiens", né a quella dell'"Homo neanderthalensis" e che è stata ribattezzata, appunto, "Homo florensis".
La logica conseguenza dell'accostamento di questi due dati è che l'uomo e i dinosauri non poterono in alcun modo vivere insieme, perché separati da una distanza temporale di oltre sessanta milioni di anni: e la scienza ufficiale ammette, tutt'al più, margini di errore di qualche centinaia di migliaia d'anni, forse di un milione o due; mai e poi mai, però, ammette la possibilità di un errore così macroscopico, che, oltretutto, rivoluzionerebbe tutte le nostre conoscenze sulle condizioni di vita dei nostri lontanissimi antenati.
E se invece le cose stessero altrimenti e l'uomo avesse coabitato con i dinosauri, a dispetto di quello che affermano e che credono di sapere gli scienziati accademici?
Il sospetto si era già affacciato nell'anticamera della comunità scientifica con il ritrovamento di alcuni reperti fossili anomali, ad esempio l'impronta di un piede umano, anzi di mocassino con tanto di cuciture, in una roccia del Nevada antica duecento milioni di anni; e poi, con più insistenza, con il ritrovamento delle cosiddette "pietre di Ica", in Perù, nelle quali sono raffigurati, tra l'altro, uomini e dinosauri insieme, ma che vennero prontamente dichiarate un clamoroso falso (anche se permane il dubbio che una parte almeno di esse non lo siano affatto).
Ora, però, le cose stanno cambiando, perché proprio alcuni scienziati della stimata comunità accademica internazionale hanno rivoluzionato tutte le nostre certezze in materia, perfezionando la tecnica della datazione al radiocarbonio sulle ossa contenenti ancora quantità considerevoli di collageno, che non si deteriora con il tempo; tecnica che ha prodotto dei risultati a dir poco sensazionali.
In base a tale sistema, risulta che gli ultimi dinosauri sarebbero scomparsi solamente una ventina di migliaia d'anni fa e che, di conseguenza, essi certamente convissero con la specie umana: come potrebbero suggerire alcune raffigurazioni, peraltro controverse, provenienti dal mondo antico, ad esempio certi bassorilievi dell'area mediorientale e nordafricana che, finora, erano stati interpretati in senso puramente simbolico o allegorico; valga per tutti il caso delle tavolette di Narmer, nel Basso Egitto, in cui compaiono due stranissimi animali dal collo smisuratamente lungo, tenuti al guinzaglio da sorveglianti umani.
Una ulteriore conseguenza di tali nuove misurazioni è che tutto il castello dell'ipotesi evoluzionista - ché di una semplice ipotesi si tratta, non scordiamocelo mai, oltretutto seriamente messa in dubbio dalla sopravvivenza di piante e animali, come il Gingko Biloba o il Celacanto, antichi di oltre trecento milioni di anni e dunque rimasti identici a se stessi dal Carbonifero ad oggi - viene a franare miseramente, perché non ci sarebbero più quei tempi lunghissimi di cui gli esseri viventi necessitano, secondo gli evoluzionisti, per trasformarsi incessantemente, dando origine a sempre nuove specie.
Riportiamo una parte dell'intervista concessa dal paleontologo Hugh Miller ad Augusto de Izcue per la rivista mensile "Radici cristiane" e dell'intervento di Josef Holzschuh, Jean Pontcharra e dello stesso H. Miller (1):

«...L'evidenza è ormai schiacciante. Nei miei 25 anni e più di ricerche, sia sul campo che in diversi laboratori, sono arrivato alla conclusione che tutti quegli anni [cioè i tempi lunghissimi postulati dalla teoria dell'evoluzione] semplicemente non esistono. E questo, a mio parere, è una delle falle più vistose dell'evoluzionismo. Cioè, fisicamente non è esistito il tempo necessario per portare avanti il processo evolutivo, come loro lo propongono.
Per esempio, mi richiamo a ciò che ho detto nella mia relazione sulla datazione al C14 di ossa di dinosauri, che è la mia specialità. Essa mostra senza ombra di dubbio che i dinosauri non hanno più di 22-30.000 anni, anziché i 65-225 milioni suggeriti dagli evoluzionisti. Questo è un tempo troppo breve per un processo di macro-evoluzione. In conclusione possiamo dire che in assenza di lunghi periodi di tempo, l'ipotesi evoluzionista perde tutto il suo valore scientifico.
Non solo, ma credo che sia una teoria molto dannosa per la scienza, una teoria che ha fatto molto male perché ha impedito che certi orizzonti venissero esplorati, proprio perché contraddicevano quest'ipotesi.
Ecco il problema. I dinosauri sono spariti appena poche migliaia di anni fa. Veda, per esempio, quei tanti disegni antichi, e che vanno dal 5.000 a.C. fino a non più di 2.000 anni fa, ove sono rappresentati dinosauri esattamente come noi, paleontologi, li conosciamo. Solo che noi li conosciamo dallo studio delle ossa.
Perché persero i dinosauri il loro posto nel nostro ecosistema? L'ipotesi che si fa largo è l'azione dell'uomo. Gli uomini si sono moltiplicati fino a coprire la Terra, mentre i dinosauri sono spariti.
Il fatto è che l'uomo è intelligente. Prenda, per esempio, un tirannosauro rex. Era una creatura assolutamente terrificante, alta quattro metri, ma bastava tenderle un agguato, per esempio con una corda fra due alberi, per farlo cadere rompendosi il collo. Ed ecco hamburger di tirannosauro rex per qualche settimana...!
Se l'uomo decideva che non gli piacevano i dinosauri, li faceva fuori e basta. Di quanti animali selvaggi e dannosi si è liberato l'uomo nel corso della storia? Veda, per esempio, le fortificazioni di epoca romana e medievale in Europa. Erano costruite non solo per difendersi dal nemico umano, ma anche da animali selvaggi, che oggi quasi non esistono più.
Mi ha sempre molto attirato la letteratura sui draghi. Per esempio, san Giovanni Damasceno, siamo quindi nel secolo VIII, dedica diverse pagine ai draghi, descrivendoli in termini che coincidono con alcune specie di dinosauri. [...]
Nel 2005 la rivista "Science" dava una notizia quasi incredibile: a Hell Creek, nello Stato del Montana, USA, scienziati del "Glendive Dinosaur & Fossil Museum" avevano trovato ossa di dinosauro in eccellente stato di conservazione. Si trattava di due enormi femori di triceratopo e di adrosauro.
L'importanza di questo ritrovamento consisteva nel fatto che queste ossa contenevano ancora quantità rilevanti di collageno, il che permise una datazione al radioisotopo molto accurata, visto che il collageno non si altera col tempo. Il risultato fu sbalorditivo: 30.000 anni per il triceratopo, 23.000 per l'adrosauro.
La datazione del collageno osseo è una pratica molto diffusa, appunto perché offre un'altissima percentuale di certezza. Datazione di questo tipo, per esempio, ha mostrato età comprese tra i 12.000 e i 28.000 anni per gli smilodon, ovvero le famose tigri dai denti a sciabola. Però finora quasi nessuno l'aveva applicata alle ossa di dinosauro, giacché si supponeva che questi si erano estinti 65 milioni di anni fa, troppo vecchi per permettere una datazione affidabile al radioisotopo.
Dalla scoperta di Hell Creek, altre datazioni di collageno osseo nonché di bioapatita in diversi campioni di ossa di dinosauro hanno mostrato età comprese fra i 16.000 e i 46.000 anni. Poco più dell'età mostrata dai resti di mammut dei quali, come sappiamo, sono stati ritrovati addirittura congelati e, dunque, perfettamente conservati.
Tra gli scienziati esiste il consenso che eventi catastrofici causarono l'estinzione dei dinosauri, così come di altra megafauna come i mammut. La domanda è quando. Gli evoluzionisti affermano che, dopo aver dominato l'ecosistema terrestre per oltre 165 milioni di anni, i dinosauri si estinsero 65 milioni di anni fa. Le recenti datazioni di collageno e di bioapatita ossea smentiscono clamorosamente quei numeri.
D'altronde, si moltiplicano le prove archeologiche sul fatto che i dinosauri forse sono sopravvissuti fino a tempi non molto lontani dai nostri.
Nel 1997, l'archeologo francese Claude Jacques ha scoperto dipinti di uno stegosauro, insieme ad animali moderni, sulle mura del tempio buddista di Ta Prohm, in Cambogia, risalente all'anno 1200 d.C..
In un mosaico del II secolo a.C., trovato in Israele, si può vedere chiaramente un torosauro assalito da un uomo. In un tempio in Siria del II secolo a.C. è raffigurato chiaramente un criolofosauro. Forse si trattava di animali ormai estinti, il cui ricordo però perdurava nella memoria degli uomini.
In ogni caso, quei milioni di anni vantati dagli evoluzionisti sono vistosamente assenti.»

Tutto questo è a dir poco sconvolgente; e sconcerta il fatto che i mass media, sempre così solerti nell'informarci di ogni nuova acquisizione, vera o presunta, della scienza "ufficiale", in questo caso abbiano brillato per il loro mutismo.
Evidentemente esiste una congiura del silenzio, volta a mettere a tacere tutti quei risultati scientifici che non collimano con i dogmi stabiliti da una scienza materialista, meccanicista e riduzionista; specialmente quando a sostenerli non sono pseudoscenziati o fantasiosi scrittori e giornalisti, privi di una vera competenza specifica, ma scienziati che appartengono alla cultura accademica, pur se non condividono tali dogmi.
Mentre i biologi e i paleontologi evoluzionisti trovano sempre case editrici e riviste specialistiche pronte ad accogliere e pubblicare i loro libri ed articoli, quelli che non condividono tale ipotesi - e sono più numerosi di quanto non si creda - stentano a raggiungere il grande pubblico e non vengono ascoltati nemmeno dai loro più influenti colleghi, sicché i loro argomenti non riescono ad accendere un dibattito e tanto meno a penetrare la dura scorza del conformismo culturale.
L'onestà intellettuale vorrebbe che la comunità scientifica discutesse, senza pregiudizi, ogni nuova ipotesi, purché supportata da una seria documentazione; mentre così non avviene, perché si preferisce dare torto ai fatti, piuttosto che mettere in discussione le teorie dominanti, silenziosamente promosse allo status di verità definitive.
Se pure, qualche rara volta, gli scienziati seguaci del Pensiero Unico neodarwinista si degnano di spiegare perché rifiutano il confronto con ipotesi di lavoro diverse dalla loro, sostengono che ciò avviene perché la scienza non può rimettere ogni volta in dubbio le proprie acquisizioni, ricominciando sempre daccapo, perché, in questo modo, essa non avanzerebbe mai.
Eppure, a ben guardare, si tratta di un ben singolare ragionamento, in base al quale è più importante che la scienza proceda comunque, magari lungo una strada sbagliata, piuttosto che "perdere tempo" per verificare se le sue costruzioni teoriche sono realmente in linea con tutti i nuovi dati offerti dalla ricerca e se non dovrebbero essere riviste e ripensate, alla luce di questi ultimi.

Se la datazione proposta dal paleontologo Hugh Miller venisse presa seriamente in considerazione dall'establishment accademico, non solo la biologia e la paleontologia, ma anche la preistoria e, forse, la stessa storia antica dovrebbero venire totalmente riscritte.
L'ipotesi evoluzionista cadrebbe definitivamente, dopo essere già stata messa fortemente in crisi dalla mancata scoperta di tutta una serie di pretesi "anelli mancanti"; e tutti i nostri libri di testo, tutti i saggi scientifici e le riviste specialistiche dovrebbero subire una radicale revisione.
Ora, la domanda è: possiede un tale coraggio, un tale rigore morale, l'odierna cultura accademica?



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MessaggioInviato: 29/04/2014, 01:14 
Cita:
vimana131 ha scritto:

Cita:
L'ombra nelle immagini satellitari
L'ultimo avvistamento del mostro di Loch Ness? Solo su Apple
Se fosse vero, significherebbe che la mitica Nessie si fa immortalare solo dal satellite del colosso di Steve Jobs e non da tutti gli altri. Entusiasmo del Fan Club, scetticismo degli altri: la scia di una nave oppure correnti
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Vedo solo ora questa ennesima "boiata". [8)] [8)] [xx(] [xx(]

A parte il fatto che gia' l'aver visto il nome "Apple" associato a questa "notiziona" mi aveva suggerito di cestinare immediatamente il tutto, devo dire che sempre piu' mi rendo conto di quanto sia immenso il livello di trash con cui hanno inquinato il mondo dell'informazione.

Oramai, siamo talmente abituati a vedere enormi cumuli di immondizia che non saremo piu' capaci di individuare una eventuale notizia genuina.

Vabbe', sfogo a parte, direi che si tratta di una banalissima scia di una nave:

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La scia di poppa e' quella dell'elica e l'onda di prua e' generata dal bulbo immerso:

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Bulbo che francamente spero finisca con lo speronare l'autore dello scoop.



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"Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te hanno perso la testa, forse non hai afferrato bene la situazione" - Jean Kerr

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"Chi e' disposto a dar via le proprie liberta' fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non otterra' né la liberta' ne' la sicurezza ma le perdera' entrambe" - Benjamin Franklin

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