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Alla ricerca di "anomalie" sui vari corpi celesti del nostro sistema solare. Strutture artificiali o naturali?
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IO,inferno e paradiso

18/05/2010, 07:07

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Mentre si parla dei futuri progetti da finanziare per il prossimo decennio(2013-2023),torna con forza l’idea di un orbiter dedicato interamente ad uno dei posti più particolari ed eccitanti del intero Sistema Solare: Io. Io,la quarta più grande luna del Sistema Solare, e la più vicina a Giove delle 4 galileane,è, con i suoi oltre 400 vulcani attivi, il corpo più attivo geologicamente che conosciamo. Per planetologi, e geologi, Io rappresenta davvero il sacro graal, in quanto offre la possibilità di studiare dinamiche geologiche che non solo non si trovano da nessun’altra parte, ma è come un enorme enciclopedia aperta su com’erano i pianeti agli inizi del Sistema Solare.
Tuttavia, per quanto Io possa essere davvero interessante, i fondi sono limitati, ed i candidati per le future missioni di esplorazione sono centinaia. Ci sarà una lotta durissima, che però, il progetto del “Io Volcano Observer” ha le carte in regola per poter vincere. Prima conosciamo meglio questo paradiso geologico,e inferno per qualsiasi esploratore.

Io fu per la prima volta vista da Galileo Galilei, nel 1609/1610, quando fu scoperta insieme a Ganimede, Callisto, ed Europa. Il nome era stato proposto da Simon Marius,astronomo tedesco, che nel 1614,aveva proposto di chiamarla Io, con il nome,cioè, di una ninfa,sacerdotessa di Era ad Argo, che aveva sedotto Zeus(Giove).Tuttavia rimase soltanto un puntino fino ai tempi dell’esplorazione contemporanea.

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questa fu la prima immagine in assoluto, ripresa da una sonda spaziale,di Io. Era il 1974, e fu rimandata dalla sonda Pioneer 11. Per gli astronomi aumentarono di molto i misteri e le domande riguardo a questo piccolo mondo di cui non si sapeva nulla

Grazie alle missioni di Pioneer e Voyager nei anni ’70, e del orbiter Galileo, si riuscì finalmente a capire meglio la natura tanto particolare di questo mondo.
La cosa principale che si noto furono i numerosissimi vulcani che a diferenza di quelli terrestri, emettono zolfo e biossido di zolfo.

L’origine del vulcanesimo su Io è da cercarsi molto probabilmente nella forza di marea sprigionata dall’interazione tra io, Giove, e altri due satelliti,Ganimede ed Europa, con cui è legato in risonanza orbitale reciproca, fatto che provoca oscillazioni che finiscono per causare allungamenti e contrazioni di Io fino a variare il suo diametro anche di 100 metri, e generano calore a causa della frizione interna.

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sonda Voyager I, le prime conferme del vulcanesimo attivo, con enormi penacchi sulla superficie di Io,1979

Tuttavia, c’è anche un’altra ipotesi riguardo alla causa del vulcanesimo,che si basa sul moto di Io all’interno del intenso campo magnetico di Giove,che cosi induce notevoli correnti elettriche nel suo mantello liquido. Anche se poco rilevanti rispetto all’energia derivante dal riscaldamento per la forza di marea, queste correnti possono teoricamente trasferire fino a 1000 gigawatt di potenza, con una differenza di potenziale di 400 000 volt. Esse sottraggono ad Io atomi ionizzati ad un ritmo di una tonnellata al secondo. Un ulteriore fenomeno fisico che coinvolge la magnetosfera gioviana è la sua interazione con il plasma eiettato dalle bocche vulcaniche: il materiale espulso va ad alimentare un toro di intensa radiazione che circonda Giove, e risulta visibile in modo evidente nell’ultravioletto.

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Grafico della complessa interazione tra l'enorme campo magnetico di Giove(più grande persino di quello del Sole), e Io. I circoli di plasma che Io rilascia si vedono in rosso,in giallo la nube neutra,mentre in verdastro si vede il circolo che unisce Io e Giove.

Le particelle che sfuggono da questo toro sono parzialmente responsabili dell’insolita dimensione della magnetosfera di Giove, perché contribuiscono ad aumentarne l’estensione esercitando una pressione radiativa dal suo interno. I dati rilevati dalla sonda Galileo sembrano indicare che Io possieda un campo magnetico proprio. Ma sarà da verificare, e una sonda dedicata come “IVO”(Io Volcano Observer) potrebbe essere l’ideale.

Alcuni dei pennacchi vulcanici di Io sono stati visti estendersi per oltre 300 chilometri al di sopra della superficie prima di ricadere; il materiale espulso può raggiungere la velocità di circa un chilometro al secondo. Le eruzioni vulcaniche cambiano rapidamente: nei quattro mesi trascorsi fra l’arrivo del Voyager 1 e quello del Voyager 2 alcune eruzioni si erano placate, mentre ne erano iniziate delle nuove. Anche i depositi piroclastici circondanti i pennacchi erano cambiati. Per questo quindi, l’IVO dovrà avere una potenza di calcolo non indifferente,abbinata ad una fotocamera progettata apposta, e un banco di dati, e potenza di trasferimenti di dati enorme. Tale,insomma, da garantire di osservare i fenomeni dinamici sulla superficie. Serviranno filmati in grande dettaglio e foto in rapida sequenza.

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Nel 1997,la sonda Galileo, osserva Io, e riprende questa foto in cui si vede benissimo il vulcano pele,con intorno un enorme distesa rossa composta dal materiale eiettato da Pele stesso. Fu da Pele, che Voyager I osservo il pennacchio di 300 km

A differenza delle altre lune galileiane,Io non possiede praticamente acqua. Probabilmente per via del calore eccessivo causato da Giove,che surriscaldando il satellite,durante la sua formazione, ha fatto espellere tutti gli elementi volatili. Ci sono altri che suggeriscono che l’acqua deve esistere nel mantello, perché altrimenti non sarebbe liquido abbastanza da poter dar vita al vulcanesimo. Tuttavia, alcuni recenti studi hanno mostrato che il ruolo dell’acqua nel vulcanismo di Io viene svolto dal biossido di zolfo, che interagendo con i magmi in risalita,favorisce processi di vulcanismo freatomagnetico. Anche per questo dubbio, l’IVO potrebbe avere uno spettrometro di massa in grado di rilevare la densità esatta dei materiali nel mantello, e dare delle risposte decisive.

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Sequenza rapida di 5 immagini, ripresa dalla sonda New Horizons, in cui si vede un eruzione del vulcano Tvashtar, con un pennacchio alto 330 km. Cliccateci sopra per visualizzare la sequenza

Oltre agli edifici vulcanici, la superficie di Io ospita alte montagne la cui genesi non è ancora ben compresa, numerosi laghi di zolfo fuso, caldere vulcaniche profonde anche chilometri, ed estese colate, lunghe anche centinaia di chilometri, di fluidi a bassa viscosità (forse qualche forma di zolfo o silicati fusi). Lo zolfo e i suoi composti presentano una grande varietà di colori, e sono responsabili della colorazione inusuale di Io. Alcune ipotesi sostengono che le montagne potrebbero essere degli enormi plutoni affiorati in superficie in seguito alle continue spinte tettoniche derivanti dalla fuoriuscita di lava dai principali centri vulcanici.

Le montagne di Io non hanno le caratteristiche tipiche dei vulcani e, sebbene molti siano ancora i dubbi sulla loro formazione, forniscono interessanti indicazioni sull’entità dello spessore crostale che le contiene.

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Boosaule Montes, è la montagna più alta sulla superficie di Io, con i suoi 17.500 metri circa.

Per essere in grado di contenere le profonde radici di questi rilievi si è stimato uno spessore della crosta non inferiore a 30 km. Sono in fase di studio alcune interessanti correlazioni con alcune caldere situate nelle loro immediate vicinanze. Fra i rilievi degni di nota possiamo citare Boosaule Montes (17,5 km), Euboea Montes (13,4 km), Ionian Mons (12,7 km), Hi’iaka Montes (11,1 km) ed Haemus Montes (10,8 km). Sembra che gli Euboea Montes si siano formati per l’innalzamento di un enorme plutone poi inclinatosi di circa 6 gradi. Questa inclinazione avrebbe poi favorito la formazione di frane sul loro versante settentrionale anche grazie alla continua erosione causata dalla sublimazione di biossido di zolfo durante le ore diurne.

L’analisi dei dati spettroscopici e delle immagini inviate a Terra dalle sonde Voyager verso la fine degli anni settanta del XX secolo portò a concludere che le colate di lava sulla superficie di Io erano composte da vari derivati dello zolfo fuso. Osservazioni successive, condotte da Terra nella banda dell’infrarosso, hanno rivelato che esse sono troppo calde per essere costituite da zolfo liquido: i punti più caldi possono raggiungere i 1700 C° (anche se la temperatura media è prossima ai 1000 C°). Un’ipotesi è che le lave di Io siano composte di rocce silicee fuse con composizione che può variare dal basalto alla komatiite. Recenti osservazioni condotte col Telescopio Spaziale Hubble indicano che il materiale potrebbe essere ricco di sodio. Non è escluso che le diverse regioni di Io possano essere caratterizzate dalla presenza di differenti materiali.

L’atmosfera di Io, estremamente sottile, consiste principalmente in diossido di zolfo (SO2, comunemente indicato come anidride solforosa). Alla superficie è stimata una pressione di un miliardesimo di atmosfere.

Un’atmosfera così sottile non comporta alcuna protezione dalle potenti radiazioni presenti nella magnetosfera gioviana. Questo dato dovrà essere tenuto in considerazione dai progettisti di future missioni spaziali come quella del “Io Volcano Observer”.
Le stesse radiazioni (nella forma di un plasma) depredano l’atmosfera dei suoi costituenti, che devono essere costantemente riforniti. La principale fonte di SO2 è il vulcanismo presente su Io, sebbene una fonte secondaria, ma comunque importante, sia la sublimazione del diossido di zolfo congelato sulla superficie, indotta dall’incidenza della radiazione solare. L’atmosfera è concentrata principalmente in corrispondenza dell’equatore della luna, dove la superficie è più calda e dove sono collocati i principali coni vulcanici. Ulteriori differenze sono state osservate, con le densità più alte misurate in corrispondenza delle bocche vulcaniche (in particolare in presenza di episodi eruttivi) e nell’emisfero opposto rispetto a quello che Io mostra a Giove,dove l’SO2 congelato è più abbondante.

Immagini ad alta risoluzione scattate mentre sul satellite il Sole è eclissato da Giove, hanno rivelato una luminescenza simile a quella prodotta da un’aurora polare sulla Terra. Come accade sul nostro pianeta, questo fenomeno deriva dall’impatto della radiazione con l’atmosfera.
Ecco un video, ripreso dalla sonda Cassini, mentre passava vicino a Giove, ed Io, nel suo viaggio verso Saturno.Si vedono le aurore, e (macchia bianca) un eruzione vulcanica. Tutto durante un eclissi.




Io,inferno e paradiso, e la missione “Io Volcano Observer” Parte-I

17 maggio 2010 di Adrian


Mentre si parla dei futuri progetti da finanziare per il prossimo decennio(2013-2023),torna con forza l’idea di un orbiter dedicato interamente ad uno dei posti più particolari ed eccitanti del intero Sistema Solare: Io. Io,la quarta più grande luna del Sistema Solare, e la più vicina a Giove delle 4 galileane,è, con i suoi oltre 400 vulcani attivi, il corpo più attivo geologicamente che conosciamo. Per planetologi, e geologi, Io rappresenta davvero il sacro graal, in quanto offre la possibilità di studiare dinamiche geologiche che non solo non si trovano da nessun’altra parte, ma è come un enorme enciclopedia aperta su com’erano i pianeti agli inizi del Sistema Solare.
Tuttavia, per quanto Io possa essere davvero interessante, i fondi sono limitati, ed i candidati per le future missioni di esplorazione sono centinaia. Ci sarà una lotta durissima, che però, il progetto del “Io Volcano Observer” ha le carte in regola per poter vincere. Prima conosciamo meglio questo paradiso geologico,e inferno per qualsiasi esploratore.

Io,visto dalla sonda New Horizon, in viaggio verso Plutone, mentre passa davanti a Giove nel 2007

Io fu per la prima volta vista da Galileo Galilei, nel 1609/1610, quando fu scoperta insieme a Ganimede, Callisto, ed Europa. Il nome era stato proposto da Simon Marius,astronomo tedesco, che nel 1614,aveva proposto di chiamarla Io, con il nome,cioè, di una ninfa,sacerdotessa di Era ad Argo, che aveva sedotto Zeus(Giove).Tuttavia rimase soltanto un puntino fino ai tempi dell’esplorazione contemporanea.

questa fu la prima immagine in assoluto, ripresa da una sonda spaziale,di Io. Era il 1974, e fu rimandata dalla sonda Pioneer 11. Per gli astronomi aumentarono di molto i misteri e le domande riguardo a questo piccolo mondo di cui non si sapeva nulla

Grazie alle missioni di Pioneer e Voyager nei anni ’70, e del orbiter Galileo, si riuscì finalmente a capire meglio la natura tanto particolare di questo mondo.
La cosa principale che si noto furono i numerosissimi vulcani che a diferenza di quelli terrestri, emettono zolfo e biossido di zolfo.

Mosaico di foto ottenute nel 1979 dalla sonda Voyager 1 Finalmente questo mondo si faceva vedere bene, e tutti gli astronomi rimasero a bocca aperta davanti ad un tale spettacolo geologico

L’origine del vulcanesimo su Io è da cercarsi molto probabilmente nella forza di marea sprigionata dall’interazione tra io, Giove, e altri due satelliti,Ganimede ed Europa, con cui è legato in risonanza orbitale reciproca, fatto che provoca oscillazioni che finiscono per causare allungamenti e contrazioni di Io fino a variare il suo diametro anche di 100 metri, e generano calore a causa della frizione interna.

Sempre della sonda Voyager I, le prime conferme del vulcanesimo attivo, con enormi penacchi sulla superficie di Io,1979

uno dei vulcani più attivi sulla superficie, si tratta della Culann Patera

Tuttavia, c’è anche un’altra ipotesi riguardo alla causa del vulcanesimo,che si basa sul moto di Io all’interno del intenso campo magnetico di Giove,che cosi induce notevoli correnti elettriche nel suo mantello liquido. Anche se poco rilevanti rispetto all’energia derivante dal riscaldamento per la forza di marea, queste correnti possono teoricamente trasferire fino a 1000 gigawatt di potenza, con una differenza di potenziale di 400 000 volt. Esse sottraggono ad Io atomi ionizzati ad un ritmo di una tonnellata al secondo. Un ulteriore fenomeno fisico che coinvolge la magnetosfera gioviana è la sua interazione con il plasma eiettato dalle bocche vulcaniche: il materiale espulso va ad alimentare un toro di intensa radiazione che circonda Giove, e risulta visibile in modo evidente nell’ultravioletto.

Grafico della complessa interazione tra l'enorme campo magnetico di Giove(più grande persino di quello del Sole), e Io. I circoli di plasma che Io rilascia si vedono in rosso,in giallo la nube neutra,mentre in verdastro si vede il circolo che unisce Io e Giove.

Le particelle che sfuggono da questo toro sono parzialmente responsabili dell’insolita dimensione della magnetosfera di Giove, perché contribuiscono ad aumentarne l’estensione esercitando una pressione radiativa dal suo interno. I dati rilevati dalla sonda Galileo sembrano indicare che Io possieda un campo magnetico proprio. Ma sarà da verificare, e una sonda dedicata come “IVO”(Io Volcano Observer) potrebbe essere l’ideale.

Alcuni dei pennacchi vulcanici di Io sono stati visti estendersi per oltre 300 chilometri al di sopra della superficie prima di ricadere; il materiale espulso può raggiungere la velocità di circa un chilometro al secondo. Le eruzioni vulcaniche cambiano rapidamente: nei quattro mesi trascorsi fra l’arrivo del Voyager 1 e quello del Voyager 2 alcune eruzioni si erano placate, mentre ne erano iniziate delle nuove. Anche i depositi piroclastici circondanti i pennacchi erano cambiati. Per questo quindi, l’IVO dovrà avere una potenza di calcolo non indifferente,abbinata ad una fotocamera progettata apposta, e un banco di dati, e potenza di trasferimenti di dati enorme. Tale,insomma, da garantire di osservare i fenomeni dinamici sulla superficie. Serviranno filmati in grande dettaglio e foto in rapida sequenza.

Nel 1997,la sonda Galileo, osserva Io, e riprende questa foto in cui si vede benissimo il vulcano pele,con intorno un enorme distesa rossa composta dal materiale eiettato da Pele stesso. Fu da Pele, che Voyager I osservo il pennacchio di 300 km

A differenza delle altre lune galileiane,Io non possiede praticamente acqua. Probabilmente per via del calore eccessivo causato da Giove,che surriscaldando il satellite,durante la sua formazione, ha fatto espellere tutti gli elementi volatili. Ci sono altri che suggeriscono che l’acqua deve esistere nel mantello, perché altrimenti non sarebbe liquido abbastanza da poter dar vita al vulcanesimo. Tuttavia, alcuni recenti studi hanno mostrato che il ruolo dell’acqua nel vulcanismo di Io viene svolto dal biossido di zolfo, che interagendo con i magmi in risalita,favorisce processi di vulcanismo freatomagnetico. Anche per questo dubbio, l’IVO potrebbe avere uno spettrometro di massa in grado di rilevare la densità esatta dei materiali nel mantello, e dare delle risposte decisive.

Sequenza rapida di 5 immagini, ripresa dalla sonda New Horizons, in cui si vede un eruzione del vulcano Tvashtar, con un pennacchio alto 330 km. Cliccateci sopra per visualizzare la sequenza

Oltre agli edifici vulcanici, la superficie di Io ospita alte montagne la cui genesi non è ancora ben compresa, numerosi laghi di zolfo fuso, caldere vulcaniche profonde anche chilometri, ed estese colate, lunghe anche centinaia di chilometri, di fluidi a bassa viscosità (forse qualche forma di zolfo o silicati fusi). Lo zolfo e i suoi composti presentano una grande varietà di colori, e sono responsabili della colorazione inusuale di Io. Alcune ipotesi sostengono che le montagne potrebbero essere degli enormi plutoni affiorati in superficie in seguito alle continue spinte tettoniche derivanti dalla fuoriuscita di lava dai principali centri vulcanici

Immagine ripresa nel emisfero nord di Io, al centro si vede Loki Patera(in nero) un lago di zolfo liquido con una "zattera" di zolfo solido in mezzo.

Le montagne di Io non hanno le caratteristiche tipiche dei vulcani e, sebbene molti siano ancora i dubbi sulla loro formazione, forniscono interessanti indicazioni sull’entità dello spessore crostale che le contiene.

Boosaule Montes, è la montagna più alta sulla superficie di Io, con i suoi 17.500 metri circa.

Per essere in grado di contenere le profonde radici di questi rilievi si è stimato uno spessore della crosta non inferiore a 30 km. Sono in fase di studio alcune interessanti correlazioni con alcune caldere situate nelle loro immediate vicinanze. Fra i rilievi degni di nota possiamo citare Boosaule Montes (17,5 km), Euboea Montes (13,4 km), Ionian Mons (12,7 km), Hi’iaka Montes (11,1 km) ed Haemus Montes (10,8 km). Sembra che gli Euboea Montes si siano formati per l’innalzamento di un enorme plutone poi inclinatosi di circa 6 gradi. Questa inclinazione avrebbe poi favorito la formazione di frane sul loro versante settentrionale anche grazie alla continua erosione causata dalla sublimazione di biossido di zolfo durante le ore diurne.

Monte Haemus, fotografato da Voyager I su Io.Alto quasi 10 km ha una base di 200 x 100 km

L’analisi dei dati spettroscopici e delle immagini inviate a Terra dalle sonde Voyager verso la fine degli anni settanta del XX secolo portò a concludere che le colate di lava sulla superficie di Io erano composte da vari derivati dello zolfo fuso. Osservazioni successive, condotte da Terra nella banda dell’infrarosso, hanno rivelato che esse sono troppo calde per essere costituite da zolfo liquido: i punti più caldi possono raggiungere i 1700 C° (anche se la temperatura media è prossima ai 1000 C°). Un’ipotesi è che le lave di Io siano composte di rocce silicee fuse con composizione che può variare dal basalto alla komatiite. Recenti osservazioni condotte col Telescopio Spaziale Hubble indicano che il materiale potrebbe essere ricco di sodio. Non è escluso che le diverse regioni di Io possano essere caratterizzate dalla presenza di differenti materiali.

L’atmosfera di Io, estremamente sottile, consiste principalmente in diossido di zolfo (SO2, comunemente indicato come anidride solforosa). Alla superficie è stimata una pressione di un miliardesimo di atmosfere.

Questa foto di Io, mostra un vulcano che rilascia gas(la macchia blu). Nella foto c'è anche una rete di vulcani con i fondali neri collegati da materiale rosso chiaro. La caldera vulcanica più a nord ha una macchia blu sopra. Gli scienziati credono che siano nubi di gas condensato in particelle estremmamente fini.Questo principalmente compone l'atmosfera,di biossido di zolfo. la foto è del 5 marzo 1979

Un’atmosfera così sottile non comporta alcuna protezione dalle potenti radiazioni presenti nella magnetosfera gioviana. Questo dato dovrà essere tenuto in considerazione dai progettisti di future missioni spaziali come quella del “Io Volcano Observer”.
Le stesse radiazioni (nella forma di un plasma) depredano l’atmosfera dei suoi costituenti, che devono essere costantemente riforniti. La principale fonte di SO2 è il vulcanismo presente su Io, sebbene una fonte secondaria, ma comunque importante, sia la sublimazione del diossido di zolfo congelato sulla superficie, indotta dall’incidenza della radiazione solare. L’atmosfera è concentrata principalmente in corrispondenza dell’equatore della luna, dove la superficie è più calda e dove sono collocati i principali coni vulcanici. Ulteriori differenze sono state osservate, con le densità più alte misurate in corrispondenza delle bocche vulcaniche (in particolare in presenza di episodi eruttivi) e nell’emisfero opposto rispetto a quello che Io mostra a Giove,dove l’SO2 congelato è più abbondante.

Immagini ad alta risoluzione scattate mentre sul satellite il Sole è eclissato da Giove, hanno rivelato una luminescenza simile a quella prodotta da un’aurora polare sulla Terra. Come accade sul nostro pianeta, questo fenomeno deriva dall’impatto della radiazione con l’atmosfera.
Ecco un video, ripreso dalla sonda Cassini, mentre passava vicino a Giove, ed Io, nel suo viaggio verso Saturno.Si vedono le aurore, e (macchia bianca) un eruzione vulcanica. Tutto durante un eclissi.

I colori che notate nel video corispondo all’emissione di particolari elementi chimici. Il verde corisponde all’emissione di Sodio, il rosso invece corisponde all’ossigeno, il blu infine a gas emessi da vulcani, come il diossido di zolfo.

Le aurore generalmente si manifestano attorno ai poli magnetici di un pianeta, ma su Io esse sono più luminose in prossimità dell’equatore. Io, immersa nella magnetosfera di Giove, non possiede un campo magnetico proprio. Gli elettroni presenti nella magnetosfera del pianeta, quindi, collidono senza essere deviati sull’atmosfera della luna. Un numero maggiore di collisioni, generando aurore più luminose, si verifica laddove le linee di campo sono tangenti al satellite (cioè in corrispondenza dell’equatore), perché lì la colonna di gas che attraversano è maggiore. Le aurore corrispondenti a tali punti su Io son viste “dondolarsi” al cambiare dell’orientazione del dipolo magnetico inclinato di Giove.

Questo è Io, un vero “inferno dantesco” in quante condizioni(in diretta competizione con Venere, l’altro grande “inferno” del Sistema Solare). Come dicevo, studiarlo rappresenta tuttavia un occasione unica e importantissima. Perché ci aiuterebbe a capire molto sulla formazione dei pianeti terrestri e perché ci offrirebbe un importante chiave di lettura per capire il meccanismo di riscaldamento del nucleo per forza di marea, il che si rifletterebbe inevitabilmente su come capiamo i mondi come Europa,Ganimede e Encelado, dove si pensa ci siano grandi oceani d’acqua liquida mantenuta proprio per via di questo effetto.

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modello del oceano sotteraneo tenuto vivo dal vulcanesimo creato dalla forza di marea di Giove, su Europa e Ganimede

Ma non finisce qui. Nei ultimi anni, l’idea di “zona abitabile” intorno ad una stella, si è estesa di molto, includendo, con la scoperta di oceani sotto la superficie di Europa,Ganimede e Encelado, forse anche altri come Calisto e Titano,per non parlare del misterioso Tritone, anche alle lune dei giganti gassosi. E cosi, mentre la fuori siamo alla ricerca della vita su esopianeti,sarà molto importante capire dove intorno ad esse potrebbero esistere lune in grado di sostenere condizioni per la vita. Insomma, quello che vediamo nel film Avatar, che succede con Pandora.

http://www.lpi.usra.edu/opag/march09/presentations/10Ivo.pdf

http://solarsystem.nasa.gov/planets/pro ... ect=Jup_Io


Fonte: http://link2universe.wordpress.com/2010 ... r-parte-i/

18/05/2010, 07:17

Nella prima parte, vi ho presentato il mondo di Io, nella sua enorme complessità, e nella diversità della superficie, per quanto fino ad ora abbiamo conosciuto. Io è sicuramente uno dei posti più importanti da esplorare nel Sistema Solare. Ma farlo non è facile, data l’enorme attività del pianeta,si richiederebbe una sonda potentissima, per riuscire a registrare eventi molto dinamici, che cambiano anche in termini di minuti.Inoltre, data la peculiare posizione nel campo magnetico di Giove, e data la radiazione di Io stesso, una sonda sarebbe sicuramente a rischio. Queste difficoltà tuttavia sono state affrontate e previste dal team dell’Università di Arizona che ha lavorato al progetto Io Volcano Observer, che adesso è in fase di concept, riuscendo a renderlo abbastanza convincente da essere accettato nel concorso come uno dei favoriti. Ma la corsa verso il finanziamento ufficiale è ancora lunga e piena di ostacoli

La missione è proposta e portata avanti da Alfred McEwen, dell’Università di Arizona, ed è candidata come una missione “New Frontiers”(missioni di grande importanza e di medio costo,non oltre il 700 milioni di dollari). Tuttavia potrebbe volare come una missione del programma “Discovery”(missioni a basso costo, non oltre i 450 milioni).

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Questa scelta è data dal tipo di alimentazione energetica che si pensa di usare per la missione IVO. Si tratta degli ASRG(Advanced Stirling Radioisotope Generator).
Per far capire meglio,quando si manda una sonda nello spazio, le modalità con cui poterle fornire energia principalmente sono due: Nel primo caso, i panelli solari. Questa scelta comporta la necessità di essere sempre in una buona posizione per prendere in pieno la luce solare. E nel caso si studi pianeti molto lontani dal Sole, servono panelli molto grandi e di altissima capacità. La seconda opzione è un generatore radioisotopico che usa il decadimento di un isotopo del plutonio,(Pu238)che fornisce grandi quantità di energia.
Questi ultimi sono sempre stati usati la dove la richiesta di energia era maggiore di quanto poteva garantire il sistema di panelli solari. Il sistema usato ad ogni modo era quello dei RTG classici(radioisotope thermoelectric generator).Alcuni esempi di missioni che hanno usati RTG sono Viking, Pioneer, Voyager, Galileo, Ulysses,Cassini e New Horizon.

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Ora il problema sta nel fatto che l’isotopo di plutonio usato è quasi finito, e dato l’altissimo costo di produrne altro nuovo, non ci saranno nuove scorte presto. La poca quantità di Pu238 rimasto va usato con molta cura, ed è per questo che la lotta tra le missioni che lo possono usare si fa ancor più feroce.
E qui che le ASRG vengono in aiuto. Si tratta di un nuovo sistema che usa sempre lo stesso principio dei RTG, e si basa sullo stesso combustibile, tuttavia usa ben 6 volte meno plutonio per W di potenza elettrica prodotta di quanto invece usano i convenzionali RTG.

La durata di vita di un generatore ASRG è di circa 14 anni, con una potenza nominale di 140 W elettrico, e circa 100 W termali. Ha una massa di circa 20 kg, e userebbe soltanto 0,8 kg di Pu238.
Il problema è che questo sistema non è mai stato messo alla prova nello spazio, e quindi la NASA ha chiesto la progettazione di una missione a basso costo, che usi gli ASRG per poterli mettere alla prova.
L’affidabilità è già stata dimostrata in laboratorio e test, e le prime unità pronte per il volo saranno pronte nel 2014. In tempo per il previsto potenziale lancio del “Io Vulcano Observer” previsto nella finestra del 2015. Inoltre, l’idea di usare dei panelli solari per il Io Volcano Observer sono da escludere sia perché si rovinerebbero in un ambiente cosi radioattivo, sia perché cercare di tenerli sempre puntati verso il Sole, complicherebbe moltissimo le possibilità di manovra durante le osservazioni.
I costi saranno intorno ai 450 milioni massimo, e in questi sono inclusi anche i costi per il lancio(ma non per le ASRG).Il lancio dovrebbe avvenire a bordo di un Atlas V 401. In caso di lancio nel 2015,l’arrivo a destinazione sarebbe nel 2021. Una volta arrivato orbiterà una volta Io, per poi iniziare le manovre di inserimento in orbita polare intorno a Giove, che dureranno circa 6 mesi. Successivamente ci saranno almeno altri 6/7 sorvoli ravvicinati di Io nei successivi 10 mesi.

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Nel momento di massimo avvicinamento IVO arriverà a soli 100 km dalla superficie del satellite. Sono previsti anche passaggi in mezzo ai pennacchi dei vulcani, ma probabilmente,se averanno, sarà nella parte del estensione della missione.
La missione riporterà più di 20 Gb di dati riguardo ad Io, ad ogni sorvolo(cento volte di più di quanto fecce Galileo nell’intera missione).
IVO finirà poi con una prevista collisione sulla superficie di Io.

Esplorare Io è di fondamentale importanza per tutti grandi obiettivi di esplorazione scientifica che la NASA si è proposta.

Studiare il primo miliardo di anni della storia del Sistema Solare
– I processi geologici e vulcanici che hanno guidato la formazione della Terra, la Luna Mercurio e Marte nei primi anni della loro formazione, sono tutti attivi
adesso su Io.

Studiare gli Elementi Volatili e Organici: I “mattoni per la vita”
– Dobbiamo capire come mai Io è privo di acqua(e forse carbonio) ma non ha perso lo zolfo. Lo studio della chimica interna di Io è fondamentale per riuscire
a rispondere a tante domande anche riguardo alla formazione dei pianeti terrestri e affinare la mira nella ricerca della vita su esopianeti.

Studiare Origine ed Evoluzione dei Mondi Abitabili.
– Il riscaldamento per forza di marea determina una zona abitabile nel Sistema Gioviano e analoghi processi possono essere applicati anche nella ricerca
di vita in sistemi planetari extrasolari.

Studiare i processi di geologia planetaria
– Un mondo cosi iperattivo come Io, è un target ideale per studiare come i pianeti funzionano.
– Io è un po come le Isole Hawai’i del Sistema Solare.

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Galileo riprende un flusso di lava sulla superficie di Io. La foto è fatta ad una risoluzione di 12 m/pixel

Un altra importante caratteristica del Io Vulcano Observer, è la Jupiter Polar Mission. Lo studio di Giove, e in particolare della sua magnetosfera è di fondamentale importanza, e sarà studiato anche con una missione dedicata(Juno).Tuttavia, come disse il grande astronomo Lou Frank, “Io è il polso della magnetosfera gioviana”.
Le interazione tra Io e il campo magnetico di Giove sono conosciute e rimangono un mistero da chiarire.

Tuttavia un altro grande vantaggio con IVO offrirebbe è la sua orbita intorno a Giove, che è altamente inclinata,il che permetterebbe lo studio approfondito e da vicino dei poli del pianeta, e delle aurore.

IVO è studiato per portare alcuni dei strumenti più al avanguardia mai pensati per una sonda. Iniziando dal suo scudo da oltre 200 kg, che dovrà proteggerlo dall’intensissima radiazione, con una copertura di 100 krad.

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grafico del decadimento dello scudo protettivo di IVO

La camera usata(la Radiation-hard camera)RCam, avrà un un unità di gestione dedicata(Digital processing unit), NAC a 10 urad/pixel(in pratica mostra 1km/pixel se si osserva da 100.000 km di distanza, e mostra 10 m/pixel se si osserva da 1000 km di distanza) , e bande a 15 colori, che spazieranno in lunghezze d’onda tra i 200 e 1100 nm. Questa camera è fondamentale per monitorare le eruzioni, monitorare i tori di plasma intorno a Io, misurare le temperature di picco della lava, ottenere immagini stereo della topografia, ottenere filmati dei pennacchi e dei laghi di lava, ottenere immagini durante le eclissi, e per la navigazione ottica.
Per riuscire a fare questo, la camera sarà estremamente veloce, intorno 240 Mb/s per ADC, per minimizzare cosi qualsiasi rumore nelle immagini causato dalla radiazione.
Inoltre la camera sarà in grado di ottenere misurazioni multi-spettrali quasi in simultanea(differenze sopra i 0.1 secondi di tempo,rovinerebbe le misurazioni, dato che la lava calda è cosi dinamica.

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Ottenuta da Galileo nel 1999, questa è la foto in più alta risoluzione mai presa della superficie di Io

Le misurazioni possibili vanno dal vicino infrarossi al ultravioletto, e riusciranno ci saranno bande spettrali dedicate a riconoscere misurare ossigeno e zolfo. Sarà anche in grado di misurare sodio e ossigeno che fuoriescono da Europa come da Io, offrendo cosi l’occasione per paragoni unici.
Per un eventuale approfondimento della mineralogia di Io, si possono aggiungere altre fasce spettrali dedicate.
La RCam sarà in grado di fare osservazioni in 15 lunghezze d’onda con 64 linee e vettori di 2.000 x 2.000. Qualità senza precedenti nell’osservazione spaziale.

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Immagine ottenuta da Galileo, di eruzioni vulcaniche su Io, durante un eclissi,una delle foto in alta risoluzione

Un ulteriore strumento presente a bordo sarà il THEMIS, Thermal Mapper. Strumento che servirà a misurare con grande precisione la temperature presenti sulla superficie di Io. Tenete in mente che variano moltissimo. Per esempio, Mercurio, cosi vicino al Sole, ha un escursione termica che va dai -183°C ai 426°C. Io invece, ha un escursione termica che va dai -203°C ai 1526°C. Il Thermal Emission Imaging System(THEMIS) otterrà misurazioni fino a 1 km/pixel su una superficie di 8000 km, in ben dieci lunghezze d’onda diverse.

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La sua missione sarà quella di creare complesse mappe termiche dinamiche del intero satellite, e distinguere l’emissione termica in base a diversi silicati mineralogici. Si pensa che la lava sarà vetrata, il che potrebbe essere un problema per i classici strumenti, ma per le osservazioni di THEMIS non c’è rischio.

Oltre a questi, sarà equipaggiato anche con un Spettrometro di Massa Neutrale e Ionica(INMS), costruito da Nick Thomas dell’Università di Berna, Peter Wurz del Istituto Svedese per la Fisica Spaziale, e Martin Weiser della Stas Barabash.

Gli spettri di massa registrati saranno 1 ogni 5 secondi(in modalità di sorvolo), che offre dati scientifici ad una velocità di 19.200 bit/s.

Ecco I Dati Raccolti in Una Tipica Orbita di IVO

– Monitoraggio del Sistema Gioviano
– Immagini dell’intero emisfero illuminato di Io ad una risoluzione <1 km/pixel in 8 colori,delle caratteristiche principali a 10-100 metri/pixel in 4 colori, e a <10
metri a filtro chiaro.
– Immagini dell'attività ad alta temperature nella parte notturna di Io, in 4 color, a <100 m/pixel per misurare la temperature della lava liquida.
– Mappe termali regionali ad una risoluzione tra 0.1 e 100 km/pixel
– Due immagini stereo NAC e due filmati di vulcanesimo attivo.
– Immagini di eclisse di Io, per la mappa globale con THEMIS a <200 km/pixel, e misurazioni con la RCam delle emissioni a frequenze tra 200-1000 nm, a <16
km/pixel.
– Misurazioni continue del campo magnetico.
– Dati del INMS(centinaia di spettri) nei punti di avvicinamento massimo ad Io, e in altri punti chiave lontani a Io.
– L'equivalente di circa 5000 immagini di Cassini(1000 x 1000 pixel).

E queste sono quindi le caratteristiche principali della sonda IVO, nella prossima ed ultima parte verranno elencati i principali obiettivi scientifici e tecnologici e come questi verranno raggiunti.

http://www.lpi.usra.edu/opag/march09/presentations/10Ivo.pdf

http://solarsystem.nasa.gov/planets/pro ... ect=Jup_Io


Fonte: http://link2universe.wordpress.com/2010 ... -parte-ii/

18/05/2010, 07:21

In quest’ultima parte, dopo aver scoperto Io e viaggiato attraverso la storia della sua esplorazione, dopo aver poi nella seconda parte conosciuto le principali caratteristiche della sonda IVO, concluderemmo con un’approfondita descrizione dei suoi obiettivi scientifici e tecnologici. Non solo, analizzeremo passo per passo le varie sfide e come verranno affrontate, insieme alle difficoltà e possibili aggiunte.

Gli obiettivi scientifici che l’Io Volcano Observer si propone sono i seguenti(per ognuno viene specificato come verranno realizzati):

Capire i meccanismi di eruzione della lava ed i pennacchi di Io, e le implicazioni dei processi presenti riguardo gli altri pianeti terrestri.

– immagini ad altissima risoluzione a lunghezze d’onda che vanno dal ultravioletto a termico-infrarosso(RCam e THEMIS) insieme al monitoraggio
di elementi in fuga dal satellite, tramite il INMS.
– Filmati di fenomeni dinamici come pennacchi,venti, e laghi di lava(RCam).
– Richiede un capacità e velocità molto alta di gestione dei dati.

Io è impossibile ? Determinare la struttura interiore di Io, specialmente la frazione fusa del mantelo

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– le misurazioni che abbiamo(grafico sopra) indicano una temperatura del mantelo cosi alta che il mantelo dovrebbe essere relativamente molto liquido,
ma se cosi fosse,
questo porterebe ad un insuficiente riscaldamento per via della marea e lo farebbe diventare instabile. Le nostre misurazioni potrebbero essere sbagliate,
o ci possono essere meccanismi che non conosciamo che portano a questi apparenti paradossi.
Io Volcano Observer sarà in grado di dare finalmente delle risposte usando sia lo spettrometro di massa, che le misurazioni con THEMIS.
– Usando la RCam avremmo misurazioni della lava in vari punti della luna, inoltre usando rilevazioni a colori avremmo modo di osservare molto meglio le differenze
– Misurazioni dell’induzione elettromagnetica di un segnale per cercare di capire se esiste un oceano di magma sotto la superficie.
– Migliori misurazioni della forma e grandezza di Io, e ricerca di moti asincroni (RCam).

Determinare le esatte proprietà ed i meccanismi che regolano il riscaldamento per forza di marea di Io, e le implicazioni per l’evoluzione di satelliti come Io ed Europa

– Verrà mappato e monitorato l’intero flusso di calore globale,specialmente durante le eclissi per minimizzare il calore radiato dal sole, e specialmente delle
regioni polari (THEMIS)
– Questo richiederà una vista polare delle eclissi.

Studiare i processi di formazione delle montagne e le implicazioni per la tettonica in condizioni estreme,simili a quelle agli inizi della storia dei altri pianeti

– Ripresa di immagini e misurazioni topografiche delle principali strutture tettoniche.(RCam)
– Copertura da polo a polo di almeno qualche zona,ad una risoluzione di 25m/pixel per almeno 200 km.
– immagini a colori dei elementi volatili associati alle strutture tettoniche.

Capire l’atmosfera di Io, e la sua ionosfera,insieme ai meccanismi dominanti che regolano la perdita di massa ed i possibili legami con il vulcanesimo di Io

– determinare la composizione, e variabilità spazio-temporale dei elementi in fuga da Io(INMS,RCam,FGM)
– Ottenere direttamente porzioni dei pennacchi di Io, e della sua atmosfera.(INMS).Cosa che accadrà molto probabilmente solo nel caso di un estensione.

Determinare l’eventuale presenza di un campo magnetico di Io, e le implicazioni per il suo nucleo

– Misurazioni delle impronte magnetiche con il FGM(strumento per la rivelazione magnetica)
– La sonda Galileo non aveva trovato un campo magnetico molto forte, ma uno di solo qualche centinaio di nT, tuttavia le dinamiche del nucleo potrebbero
essere molto più complesse di quanto immaginiamo portando non ad un campo magnetico dipolo ma quadrupolare o octopolare.
– Sorvoli a diverse latitudini magnetiche e una varietà di longitudini di Io. Questi dati insieme a quelli di Galileo e del futuro JEO(Jupiter Europa Orbiter)
permetteranno di creare modelli molto accurati dei campi magnetici eventuali di Io.
– Il nucleo di Io potrebbe mancare di una convezione significativa se il mantello è caldissimo.

Capire la chimica della superficie di Io, inclusi gli elementi volatili ed i silicati.Valutare le implicazioni per la differenziazione della crosta e la perdita di massa

– Immagini in Ultravioletto, e vicino-Infrarosso (RCam) per misurare le emissioni termo-spettrali(THEMIS), e determinare la composizione delle specie in fuga
(INMS).
– Sarebbe importante per questo obiettivo avere in aggiunta un Micron Imaging Spectrometer(da 2 a 5 micron)JIRAM.

Migliorare le nostre conoscenze del Sistema Gioviano,incluse le strutture meteorologiche e atmosferiche,il fenomeno delle aurore, composizione e variabilità della esosfera di Europa, e i processi della magnetosfera di Giove. Inoltre sarebbe una fantastica occasione per osservare molto meglio le lune più piccole e interne di Giove, ed i suoi anelli.

– Osservazione con “tutte le armi” quando non in missione diretta intorno ad Io.

Oltre agli obiettivi scientifici ci sono in ballo anche importanti obiettivi tecnologici:

Test a lungo termine dei ASRG
– test dei microfoni usando le immagini NAC
– Assicurarsi che la missione può continuare anche nel caso uno dei 4 ASC falisce.

La NASA ha annunciato la missione Jupiter Europa Orbiter(JEO)

– Potrebbe aumentare l’attrattiva di una missione come IVO per la NASA, dato che reduce i rischi per il JEO
– JEO potrebbe usare gli ASRG, data la scarsità di Pu238.
– IVO metterebbe a disposizione preziosa esperienza nel uso degli ASRG nel ambiente di Giove.
– Una missione IVO lanciata nel 2015 fornirebbe diversi anni di test in volo ed esperienza nel uso dei ASRG, prima del lancio di JEO.
– IVO fornirebbe importante esperienza dei ASRG nella cintura di radiazione di Giove più o meno in contemporanea con il lancio di JEO, ma molto in anticipo del
suo arrivo a Giove, fornendo cosi l’occasione di preparare eventuali operazioni in caso di problemi, con largo anticipo.
– Nuove informazioni riguardo al ambiente radioattivo di Giove, e nuovi modelli sulle mappe stellari nella zona da seguire per non perdersi.
– Nel caso IVO non fosse scelto, JEO compierà comunque almeno 4 sorvoli approfonditi di Io.
– IVO riuscirebbe a dare risposte a domande a cui JEO non potrebbe darle, come modelli legati al flusso di calore polare, chiave per riuscire a distinguere tra
riscaldamento mareale profondo o superficiale. Ma sia Galileo, che JEO che gli osservatori terrestri hanno una visione equatoriale di Io. IVO invece potrebbe
mappare i poli.
– Mandarli entrambi non è sicuramente uno spreco. JEO intanto avrà un spettrometro a ultravioletti che permetterà di fare analisi in UV di Io, a differenza di
IVO. Inoltre più dati ci sono meglio è, dato che Io cambia in continuazione(Galileo per esempio scoprì le grandi eruzioni polari soltanto alla fine della sua
missione)

In conclusione, la missione Io Volcano Observer è esattamente quello che serve sia alla NASA che alla comunità scientifica. Un nuovo target eccitante in grado di infiammare(mai parola fu più appropriata) gli animi di giovani ricercatori e studenti, con immagini,video e dati affascinanti e di una qualità senza precedenti. Inoltre la NASA guadagnerebbe molto dal uso delle ASRG, e dei studi del loro comportamento in ambienti estremi. Anche nei peggiori casi, IVO fornisce un periodo di 6 anni di di volo in cui mettere alla prova le nuove tecnologie. Se la missione si conclude con un sucesso, allora si possono aprire nuove prospettive per missioni future verso Saturno,Urano e Nettuno.

http://www.lpi.usra.edu/opag/march09/presentations/10Ivo.pdf

http://solarsystem.nasa.gov/planets/pro ... ect=Jup_Io


Fonte: http://link2universe.wordpress.com/2010 ... parte-iii/

18/05/2010, 21:22

Fantasico!
Grazie 2di7 [:)]
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