Estesi fronti di franamento formati da valanghe di detriti e ghiaccio sono stati individuati sui pendii di
alcune formazioni geologiche di Giapeto – la terza luna di Saturno per dimensioni (1471 km di diametro) – a forma di nocciolina e divisa in un emisfero chiaro ed un emisfero scuro.
Le slavine, che si presentano a blocchi compatti o lungo fronti lobati, sono state rilevate sul cratere Malun (riquadro A) e sui bacini Engelier (B) e Gerin (C): sono fenomeni particolari, generati da rotolamenti di materiali per lunghe distanze in lunghi periodi di tempo, capaci di alterare significativamente la morfologia dei terreni attraversati.
Immagine: 101,89 KBLe due immagini di Giapeto mostrano le differenze della superficie della luna, occupata per il 40% circa da un terreno scuro (albedo 0,03–0,05) e per il resto da uno molto brillante (albedo 0,5). Cortesia Cassini Imaging Team- NASA/JPL/Space Science Institut
Nonostante questi smottamenti ricordino gli analoghi fenomeni che si osservano sui pendii delle montagne terrestri all’arrivo del disgelo o quando l’accumulo del manto nevoso diventa di peso eccessivo, l’ampiezza e la portata delle valanghe di Giapeto non trova al momento riscontri sul nostro pianeta; neanche le slavine riprese in azione nei dirupi dei canyon della Valles Marineris di Marte raggiungono l’intensità mostrata da queste valanghe.
Immagine: 70,93 KBCortesia: McKinnon et. al, LPSC, 2012.
Le valanghe si formano per fluidizzazione (formazione di letti liquidi o bolle di vapore all’interno di strati solidi) della parte a contatto col suolo di una massa di detriti: la diminuzione della densità provoca il crollo dei materiali sovrastanti e, se i detriti si trovano sulle pareti scoscese di una scarpata, ne deriva il caratteristico slittamento verso il basso con formazione di fronti di avanzamento e tendenza ad autorigenerarsi, amplificandosi fino all’esaurimento della massa detritica.
Poiché il suolo di Giapeto, data la bassa densità media del satellite, è probabilmente costituito per la maggior parte di ghiaccio d’acqua (circa 80% di ghiaccio e 20% roccia) i ricercatori pensano che il sottosuolo della luna produca una certa quantità di calore, capace di sciogliere il ghiaccio superficiale, con fluidizzazione conseguente: l’evidenza di numerosi fenomeni periodicamente ricorrenti nelle medesime aree confermerebbe la sistematicità di questo processo.
Non è però assolutamente chiaro come una quantità di calore tale da fluidizzare, o almeno rendere scivoloso, il ghiaccio superficiale possa essere prodotta dalla piccola luna: il periodo di rotazione sull’asse è molto lento (79 giorni), quindi l’emisfero “scuro” del satellite potrebbe teoricamente avere il tempo di assorbire il calore solare per rilasciarlo verso l’emisfero “ghiacciato”, innescando il disgelo e gli smottamenti. Ma le temperature medie stimate per le regioni equatoriali dei due emisferi sono troppo basse: – 143°C sul lato chiaro, e – 173°C sul lato scuro…un nuovo rompicapo per i planetologi, che hanno contemporaneamente annunciato la scoperta di evidenze di fenomeni simili in atto anche su Callisto e Phoebe
notizia da coelum
un altro enigma del sistema solare da risolvere,diciamo pure ke le ns teorie del sistema solare sono in gran parte da rivedere