La recente polemica sui cosiddetti "UFO ex-terrestri" e quella riguardo i contattisti come Adamski, mi hanno ispirato questo breve racconto che ho la vanteria di presentarvi per far vedere come, nel momento in cui si accetta l'ipotesi della possibilità di viaggi spazio-temporali, si può immaginare gli scenari più stupefacenti e paradossali. Persino che gli Ufo vengano da Venere! Che possibilità avremo mai di scoprire la verità? Solo quando anche noi avremo le navi spazio-temporali, forse, e magari allora scopriremo che gli UFO... siamo noi! Ecco dunque a voi il mio
RACCONTO VENUSIANO
Fu nel 2084 che finalmente si riuscì a stabilire la prima colonia umana sul pianeta Venere, grazie all’invenzione dei nuovi supermateriali resistenti alla grande pressione, alle temperature infernali e alle piogge di acido solforico che avrebbero investito le installazioni non appena temperatura e pressione avessero cominciato a calare. La prima colonia fu costituita come colonia penale, in prossimità del Polo Sud del pianeta, e fu chiamata Dispolis, in onore della dantesca Città di Dite. La sua principale funzione era produrre il fibradamant, la nuova fibra al carbonio, più resistente del diamante, creata per costruire navi spaziali, stazioni e colonie orbitanti. La colonia doveva produrre miliardi di tonnellate all’anno per costruire le grandi colonie orbitanti della Terra. Estraeva l’anidride carbonica dalla densissima e rovente atmosfera venusiana, scindeva le molecole di anidride in carbonio e ossigeno. Il carbonio veniva trasformato in fibradamant, l’ossigeno in parte veniva utilizzato per la colonia stessa, in parte inviato nello spazio, per rifornire navi, stazioni e colonie. L’industria del fibradamant esplose letteralmente sul pianeta Venere, nel giro di un secolo la colonia si era espansa, e non era più solo popolata di criminali che dovevano ripagare il danno fatto alla società con il loro infernale lavoro, ma anche da operai emigrati là, poiché ora c’erano molte confortevoli strutture in grado di permettere loro di vivere quasi come sulla Terra e su Marte, i soli due pianeti abitabili del Sistema Solare. Marte era già stato in gran parte terraformato. L’Oceano Boreale si stendeva di nuovo, come milioni di anni fa, sull’emisfero boreale del pianeta rosso da cui prendeva il nome, le foreste e le tundre di muschi e licheni che prima della venuta dei terrestri crescevano solo in prossimità del Polo Sud, ora si erano diffusi su quasi tutte le terre emerse del pianeta, e una grande quantità di ossigeno si era liberata nell’atmosfera. Oramai si poteva viverci quasi come sulla Terra, ma per Venere ci sarebbe voluto molto, molto più tempo. Passarono i secoli, la pressione e la temperatura su Venere scese progressivamente, finché nel XXVIII finalmente raggiunsero livelli paragonabili a quelli terrestri. Le nubi di acido solforico erano piovute ovunque, e l’acido si era combinato con le rocce del suolo, dopo averle erose. Microrganismi vari prosperavano nel suolo, ossigeno e azoto, grazie all’azione dell’uomo, avevano fatto la comparsa nell’’atmosfera, mentre l’anidride carbonica, dopo l’intensissimo sfruttamento durato secoli, era calata a livelli bassissimi. Ora Venere era popolata da milioni di abitanti, ma aveva esaurito la sua funzione di produttrice di fibradamant, che tra l’altro era stato sostituito da materiali più innovativi. Ora la popolazione venusiana, divenuta un gruppo etnico a parte, doveva trovare risorse differenti. La grande esplosione colonizzatrice si era calmata, ora i popoli discendenti dai terrestri cercavano non più l’espansione illimitata nello spazio, ma una vita razionale e pacifica. Venere ora non aveva molti ostacoli per diventare come la Terra, bastava deviare alcune comete verso di essa e poi farle esplodere in frammenti un attimo prima di scontrarsi con il pianeta. Allora i frammenti di ghiaccio sarebbero precipitati nell’atmosfera, dissolvendosi in vapore che avrebbe formato nubi immense che avrebbero investito Venere di piogge continue, trasformando i suoi aridi deserti in pianure verdeggianti, fino a quando si fossero formati vasti mari. Ma c’era un ostacolo: il periodo di rotazione era troppo lento, e i lunghi giorni e le lunghe notti che duravano ben 58 giorni terrestri non permettevano a forme di vita evolute di sopravvivere. Tale era stata la peggiore conseguenza del cataclisma cosmico che, milioni di anni prima, aveva distrutto l’ambiente del pianeta, quel planetoide che aveva letteralmente frantumato la superficie, fondendola, ne aveva fermato la rotazione e l’aveva costretta a girare lentamente in senso retrogrado. Ma nel frattempo, nei lunghi secoli di progresso, si era scoperto il modo di accelerare il moto planetario e addirittura spostare l’orbita di un pianeta. Le quattro colonie orbitanti, simili a quattro grandi lune sferiche, avevano formato una sorta di raggio magnetico continuo, servendosi dell’immensa energia proveniente dal Sole e da nuclei di fusione nucleare al loro interno, e avevano “tirato” il mantello metallico del pianeta, smuovendolo e imprimendo al globo un moto più veloce. L’operazione richiese molti anni, a partire dal 2906 al 3112, ma alla fine, in quell’anno, Venere venne dichiarata Pianeta Pienamente Terraformato, entrando nella lunga lista di pianeti resi simili alla Terra. Era stata dura, ma l’uomo aveva sconfitto l’ostile e infernale ambiente venusiano. Passarono i secoli, i millenni. Su Venere si erano formati gli oceani, e tre continenti emergevano dalle acque: l’Astartia a nord, l’Afrodisia nelle regioni tropicali, e la Ladia nell’emisfero australe, in prossimità dell’Antartide venusiana, oltre a una grande quantità di isole. Da inferno, Venere era diventata un paradiso. Molto afoso, certo, ma magnifico, coperto di foreste lussureggianti, di campi ubertosi e con molte bianche città, solari e magnificamente ornate, dove venivano milioni di turisti da tutta la Federazione Interstellare. Genti bionde, anche se con la pelle scura, popolavano pacificamente il pianeta, così come pacifiche erano ormai tutte le popolazioni umane diffuse nello spazio. Fu nel XLIV secolo che cominciarono le esplorazioni temporali sistematiche. Il segreto dei viaggi nel tempo era già conosciuto, ma non era mai stato usato su larga scala, ma solo per esplorazioni occasionali. Dietro questi invii di massa ci stava un progetto grandioso: recuperare tutti i reperti della civiltà del passato, e recuperare le innumerevoli forme di vita estinte sulla Terra a causa dell’inquinamento del XX e del XXI secolo, che aveva eliminato il 90% delle forme di vita della Terra. I Venusiani vollero partecipare in grande stile al progetto: volevano che il loro splendido pianeta potesse accogliere molte delle forme di vita distrutte dai loro antenati terrestri, per rendere ancora più bello il loro pianeta. Molte cosmonavi venusiane partirono alla volta della Terra del passato, con i loro equipaggi di uomini e donne alti e biondi, ma dagli occhi scuri e dalla carnagione bronzea. I loro antenati erano stati soprattutto indiani, con minoranze europee e australiane, e le mescolanza avevano generato quello strano tipo razziale. Poiché il loro aspetto fisico era un po’ particolare, si erano decolorati la pelle artificialmente per adeguarsi ai tipi razziali terrestri, per cui, nella maggior parte dei casi, a capelli chiari corrispondevano occhi ed epidermide chiari. Così avrebbero potuto mescolarsi ai loro antenati senza minimamente dare nell’occhio. Un giorno, un giovane astronauta venusiano ebbe un’avaria alla sua navicella e dovette fare un atterraggio di emergenza dalle parti del Monte Palomar. Si trovava più o meno a metà del secolo XX. Mentre riparava la sua navicella, si accorse, dallo schermo periscopico, che un terrestre dell’epoca, un uomo di mezza età proprietario di un locale di ristorazione là vicino, si stava avvicinando incuriosito dalla navicella, che doveva aver visto atterrare. «Oh, corpo d’un razzo!» si disse il giovane «Non ci voleva! Non riuscirò a ripartire prima che quello là non dia l’allarme e attiri l’esercito o la polizia. Calma, ricordati l’addestramento! Ricordati cosa hanno detto gli istruttori: “se venite in qualche modo scoperti, disorientateli. Inventate storie che siano credibili per loro, ma non per gli esperti!». Il giovane fu bravo a recitare: uscì dalla nave con le bionde chiome al vento, e camminò serenamente incontro all’uomo, rivolgendoglisi in perfetto inglese antico. Gli raccontò la verità: disse che veniva dal pianeta Venere, omettendo però che veniva dal futuro. Poi cominciò a raccontare un po’ di balle. Il sistema migliore per nascondere la verità, è mescolarla con le bufale più gigantesche. Nessuno sarà in grado di riconoscerla. Disse che era venuto in pace e che gli uomini della Terra dovevano piantarla con la guerra e le armi atomiche, o si sarebbero autodistrutti. Il giovane sapeva che erano quelle le grandi paure di quel tempo. Bastava dire loro quello che volevano sentirsi dire, e il gioco era fatto. Disse all’uomo di raccontare a tutti quello che gli aveva detto, e che era il messaggero degli “alieni” sulla Terra. Il giovane rientrò ridacchiando sulla sua navicella, pensando alle conseguenze di ciò che gli aveva detto. «Poveraccio…. Se sarà astuto non lo dirà a nessuno, così eviterà il manicomio. Oh beh… non potevo farci niente!». Quando fu tornato nella sua nave madre in orbita attorno alla Terra, fece rapporto al suo comandante. «Cosa gli hai raccontato? Mi raccomando, ragazzo mio, sai che non dobbiamo lasciargli indizi per capire la verità… il nostro intervento deve essere minimo. Anche se questa è una linea temporale diversa dalla nostra, non abbiamo il diritto di interferire». «Tranquillo! Gli ho detto la verità! Gli ho detto che venivo da Venere…. Anche se poi ho aggiunto che ero venuto per mettere in guardia l’umanità dalla minaccia atomica. Una mezza verità con una bugia intera… la menzogna perfetta!» «Che testa di razzo che sei! Già, quando lo sentirà qualcuno che conosce l’astronomia si farà delle grasse risate! Il nostro pianeta in questa epoca è un vero inferno inabitabile, nessuno sarà disposto a crederci! Benissimo, allora, e speriamo che nessuno metta quel poveretto in manicomio….». Qualche tempo dopo, il comandante convocò il giovane cosmocrononauta. «Senti, quel tizio che hai incontrato sul Monte Palomar… si chiamava George Adamski per caso?» «Credo di sì…perché? E’ successo qualcosa?». «Oh no… niente di grave. Solo che è diventato un personaggio famosissimo dopo aver raccontato la storia dell’incontro con te e dopo averci condito attorno parecchie storie…. Ha scritto anche dei libri. E c’è un sacco di gente che gli crede e pensa che davvero gli UFO, come chiamano loro le nostre navi spazio-temporali, vengano da Venere….». «Ma… come fanno a crederci? La scienza di questa epoca sa già che Venere non è abitabile… non è credibile questo. Gli scienziati dovrebbero aver smentito le sue storie….». «L’avevo detto che sei una testa di razzo! E lo sono anche io! Non avevamo capito niente di questa epoca… la scienza qui non viene tenuta in gran conto dalle masse! La gente di questa epoca è ancora primitiva, irrazionale, non è come noi. Noi siamo abituati a ragionare scientificamente, loro no. Credono quello che vogliono credere, e vedono solo quello che vogliono vedere. Sai che cosa si sono inventati alcuni di loro? Che noi in realtà siamo forme di vita “eteriche”, praticamente una specie di fantasmi se ho capito bene, il che spiega come facciamo a vivere su di un pianeta inabitabile…. Oh be, che importanza ha? Quel tizio farà un sacco di soldi con i suoi libri, poi dopo che sarà morto, verrà dimenticato, perché sappiamo come sono le mode qui… vanno e vengono. Ma tieni in mente una cosa, per il futuro. Cerchiamo di non correre il rischio di fondare per caso nuove religioni, mentre siamo qui, ok? In fin dei conti, questi non ci considerano in modo molto diverso da come ci hanno considerati gli antichi Maya o gli antichi Indiani e Tibetani: Dei celesti, anche se provenienti da Venere. La prossima volta che incontri uno di loro nel momento sbagliato, sparagli un colpo con la pistola paralizzante e mettilo a dormire, è meglio!». Il giovane fece tesoro del consiglio del suo comandante, e provò un pizzico di nostalgia per le missioni passate, sulle rive dell’Indo e nelle foreste dello Yucatan, quando folle festanti di scuri indigeni avevano adorato gli Dei del pianeta Venere dai capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle bianca… Bei tempi quelli, in cui ci si poteva confondere con le mitologie locali, sapendo che nessuno con la zucca a posto avrebbe sospettato la verità nei secoli seguenti….
|