Time zone: Europe/Rome




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Marziano
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MessaggioInviato: 30/12/2012, 15:22 
"voi non pensante quadrimensionalmente!" - Direbbe Doc Brown!

L'umanità (si spera che) avrà migliaia di anni davanti a sé per sviluppare di quelle tecnologie che ci permetteranno di terraformare pianeti, spostarci in altri sistemi/galassie e crearne dal nulla pure! È solo questione di tempo... peccato che io non ci sarò, mi sarebbe piaciuto assistere. Speriamo nella reincarnazione dai!


Ultima modifica di DarthEnoch il 30/12/2012, 15:23, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 29/01/2013, 12:50 
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La Venus Express dell'ESA ha fornito una visione unica di Venere durante un periodo di riduzione della pressione operata dal vento solare, scoprendo che la ionosfera del pianeta assume i connotati di una scia cometaria nella zona non illuminata dal Sole.
La ionosfera è la regione sopra l'atmosfera caratterizzata da gas debolmente carico dal punto di vista elettrico e la sua forma e densità sono controllate in particolare dal campo magnetico interno del pianeta.
Per la Terra, che ha un campo magnetico molto forte, la ionosfera è relativamente stabile sotto un determinato range di condizioni di vento solare. per confronto, Venere non possiede un proprio campo magnetico interno e lascia quindi che sia il vento solare a conformarne la ionosfera.
La forma viene quindi a dipendere dal vento solare, ma i modelli sono controversi. Tuttavia nuovi risultati della Venus Express rivelano per la prima volta l'effetto di un vento solare molto debole sulla ionosfera di un pianeta privo di magnetosfera.
Le osservazioni sono state effettuate ad Agosto 2010, nel momento in cui Stereo-B della NASA ha registrato una caduta nella densità di vento solare durata circa 18 ore.
A questa significativa riduzione la ionosfera del pianeta Venere è sbalzata fuori in direzione della parte non illuminata assumendo le sembianze di una coda di ioni tipica delle comete.
La coda ha iniziato a formarsi dopo circa un'ora rispetto alla caduta di pressione del vento solare per dar vita alla "coda" in un tempo di circa due giorni terrestri per una lunghezza pari a due raggi venusiani.
Un fenomeno simile, a questo punto, è atteso anche intorno a Marte, altro pianeta non magnetizzato del sistema solare interno.

ESA

sara' una peculiarita'venusiana oppure la medesima cosa puo' essere su marte?


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MessaggioInviato: 29/04/2013, 13:23 
Circa 30 anni fa, un paio di palloni aerostatici volarono nell'atmosfera di Venere e secondo delle nuove analisi dei vecchi dati, potrebbero aver osservato della pioggia sull'invernale gemella del nostro pianeta, dove la pressione in superficie è come sulla Terra a 900 metri sott'acqua e le temperature medie sul pianeta bastano per fondere il piombo (470°C sia ai poli che all'equatore). In simili condizioni, una piccola pioggia rinfrescante potrebbe sembrarvi ideale, ma per completare il quadro di "pianeta infernale", questa pioggia che le missioni Vega 1 e Vega 2 potrebbero aver rivelato, è fatta di acido solforico! La scoperta potrebbe rappresentare il primo storico caso del rilevamento di precipitazioni su un altro mondo!

Ma andiamo con ordine. Di che missioni si trattava?
Nel 1984, l'Unione Sovietica, insieme a diversi paesi Europei, costruì e lancio due complesse missioni (Vega 1 e 2) che prevedevano due nuovi lander sulla superficie e due palloni per esplorare l'atmosfera venusiana. A questo si aggiungevano anche due sonde che dopo aver portato le sonde vega su Venere, sarebbero andate ad incontrare la cometa Halley! Nessun'altra missione da allora è riuscita in un tentativo così complesso di multi-esplorazione robotica contemporanea, ne è mai stato tentato di usare palloni aerostatici in altri posti.

I due palloni avevano un diametro di circa 3.5 metri e hanno galleggiato nell'atmosfera di Venere per circa 2 giorni, ad una quota di 55 km dalla superficie. Diversamente dall'ambiente infernale sulla superficie, questa zona dell'atmosfera è un paradiso! Le temperature e pressioni sono simili alla media trovata sulla Terra e c'è persino abbondante luce solare! Se solo non fosse per le nubi di acido solforico ed i continui venti di centinaia di km all'ora, l'atmosfera Venusiana in questa regione sarebbe quasi confortevole.

Ma tornando alle missioni, le precedenti analisi avevano fatto notare che i palloni hanno cominciato a perdere elio e poi hanno cominciato una lenta discesa nel viaggio fino a quando le condizioni tremende non le hanno distrutte. Ma le sonde erano costruite benissimo, con un materiale di notevole resistenza, impregnato in teflon e "sarebbe stato molto difficile iniziare a perdere elio" spiega l'ingegnere aeronautico Graham Dorrington, del Royal Melbourne Institute of Technology, Australia, autore principale del nuovo lavoro di ricerca, pubblicato su "Advances in Space Research".

Guardando nuovamente ai vecchi dati, Dorrington ha notato che uno dei palloni, Vega 2, sembra aver ridotto la percentuale di elio perso ad un certo punto, come se si fosse riparato da solo. "Ho pensato che fosse divertente." racconta lo scienziato.

Una spiegazione alternativa di questa caduta è il fatto che semplicemente erano diventati più pesanti perché tanto liquido si era accumulato sulla loro superficie esterna. L'acido solforico potrebbe precipitare dalle nuvole di Venere e coprire con una pattina l'intera superficie dei palloni per poi cadere giù lentamente. Nel caso del pallone Vega 2, i sensori indicano che ad un certo punto, l'equilibrio idrostatico della sonda è cambiato rapidamente, nell'arco di un minuto, e questo poteva succedere se per esempio il pallone fosse passato in una pioggia rapida.

"Questo nuovo lavoro di ricerca è molto credibile ed interessante, ma speculativo" ha spiegato invece Kevin McGouldrick, dell'Università del Colorado.
Le nuvole sono fatte di gocce estremamente piccole che sono sospese nell'atmosfera. La pioggia avviene quando abbastanza di queste gocce si uniscono insieme per formare gocce tanto grosse da precipitare verso la superficie.


Se da una parte è teoreticamente possibile che piccole gocce di acido solforico potrebbero formarsi nelle nubi di Venere, è ancora una domanda aperta se è o no possibile fisicamente che si uniscano e cadano come pioggia. La sonda Pioneer Venus, della NASA, che lasciò cadere una sonda tra le nuvole di Venere per misurarne le proprietà,nel 1978, non trovo gocce di acido solforico durante la caduta.

Dorrington spiega invece che anche sulla Terra le tempeste di pioggia non sono eventi così frequenti e globali. Le probabilità che la sonda lasciata da Pioneer Venus possa aver mancato semplicemente l'incontro con una nube in tempesta, sono alte. Un'altra sonda della NASA, per esempio, la Mariner 10, aveva trovato segni di tempeste intense, ma non riuscì a trovare prove definitive della pioggia.

Probabilmente per risolvere la questione ci vorranno altre nuove missioni più elaborate e con più sensori.


http://www.link2universe.net/2013-04-29 ... su-venere/

sarebbe una notizia di grande interesse,ma il tutto deve esere suffragato da prove inconfutabili,e quindi di nuove e piu' approppriate missione x rilevarne l'autenticita' [;)]


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 Oggetto del messaggio: Re: Attività vulcanica su Venere
MessaggioInviato: 19/06/2015, 18:04 
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Grazie ai dati dalla sonda dell'ESA Venus Express, "Venere potrà essere ufficialmente incluso nel piccolo club di corpi vulcanicamente attivi del Sistema Solare", ha dichiarato Håkan Svedhem, project scientist della missione

Venere potrebbe essere definito un pianeta schivo: la sua superficie è, infatti, molto difficile da osservare a causa della spessa atmosfera.
Le sue dimensioni e massa sono simili a quelle della Terra, così è probabile che possieda una fonte interna di calore proprio come il nostro pianeta.
Questo calore deve essere sfuggito in qualche modo, magari sotto forma di eruzioni vulcaniche. D'altra parte i radar delle sonde che lo hanno visitato hanno mostrato un mondo caratterizzato da vulcani ed antiche colate laviche.
Alcuni modelli ipotizzano, anche, che Venere sia stato completamente rimodellato da un diluvio catastrofico di lava circa mezzo miliardo di anni fa ma il suo vulcanesimo moderno è sempre rimasto in discussione.

La sonda dell'ESA Venus Express, che ha concluso la sua missione a gennaio 2015, ha studiato il pianeta per otto anni a diverse lunghezze d'onda per riuscire ad affrontare la questione.

Uno studio pubblicato nel 2010, segnalava che la radiazione infrarossa proveniente da tre regioni vulcaniche era differente da quella dal terreno circostante. Questi spot furono interpretati come flussi di lava relativamente recenti, ancora non influenzati dalle intemperie. Furono datati a 2,5 milioni di anni ma la ricerca fu in grado di stabile se fossero eventi attivi ancora oggi.
Ulteriori prove furono trovate nel 2012, quando fu identificato un forte aumento dell'anidride solforosa nell'atmosfera superiore avvenuto tra il 2006 ed il 2007, con una graduale diminuzione nei cinque anni seguenti. Il fenomeno osservato poteva essere la conseguenza di una diversa circolazione dei venti ma l'ipotesi più intrigante era che, episodi vulcanici in corso, stessero rilasciando grandi quantità di biossido di zolfo in atmosfera.

Ora, grazie al canale nel vicino infrarosso della Venus Monitoring Camera (VMC), in grado di crearsi "un varco" tra le nuvole e mappare l'emissione termica della superficie, i ricercatori hanno scoperto dei cambiamenti in luminosità localizzati tra immagini scattate a pochi giorni di distanza l'una dall'altra.

"Abbiamo visto molti eventi in cui i punti in superficie diventano molto caldi e poi si raffreddano di nuovo", ha detto Eugene Shalygin del Max Planck Institute for Solar System Research (MPS) in Germania, autore principale del documento pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.

"Questi quattro punti caldi si trovano in zone note per essere di rift [fratture tettoniche] ma questa è la prima volta in cui li abbiamo visti caldi e cambiare temperatura ogni giorno. E' la prova più allettante per il vulcanesimo attivo trovata finora".

Le regioni interessate sono Ganiki Chasma, già considerata una zona geologicamente recente, Ozza Mons e Maat Mons, aree dove spaccature in superficie potrebbero consentire la risalita del magma da sotto la crosta.

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"Queste osservazioni erano al limite della capacità del veicolo spaziale", ha spiegato il co-autore dello studio Wojciech Markiewicz. La VMC doveva fare i conti con le nuvole, mentre i punti caldi potevano essere anche molto piccoli rispetto alle aree di 100 chilometri di diametro monitorate costantemente. Ad esempio, il team ha stimato che l'"Object A" è una caratteristica di appena un chilometri quadrato, con una temperatura di 830° C, molto più alta rispetto alla media globale di 480 ° C.
http://aliveuniverseimages.com/flash-ne ... us-express


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 Oggetto del messaggio: Re: Attività vulcanica su Venere
MessaggioInviato: 27/06/2015, 16:16 
Quanto è grande il pianeta Venere? Dipende. Dipende dalla lunghezza d'onda della luce utilizzata per misurare il suo raggio.

Se si osserva nell'ottico, infatti, il raggio del pianeta è di 6130 chilometri, circa 80 chilometri più del corpo planetario solido, in accordo con le misurazioni fatte dalla sonda Venus Express nell'ottico e con lo spettrometro VIRTIS (InfraRed Thermal Imaging Spectrometer). Ma se le osservazioni vengono fatte nell'ultravioletto estremo o nella banda dei raggi X molli (di lunghezze d’onda maggiori), il raggio aumenta, rispettivamente, di 40-50 chilometri e di 70-100 chilometri. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Palermo, dell'INAF/Osservatorio Astronomico di Palermo e dell'INAF-IAPS di Roma, che firmano un articolo su “Nature Communications”.
Fabio Reale e colleghi hanno studiato le immagini nel visibile, nell'ultravioletto e nell'ultravioletto estremo riprese dal telescopio spaziale SDO (Solar Dynamics Observatory) della NASA e dall'X-Ray Telescope a bordo della sonda giapponese Hinode.

Le immagini erano state ottenute durante il transito di Venere davanti al Sole del 2012, che ha permesso di sfruttare lo sfondo della nostra stella per misurare chiaramente il raggio del pianeta usando diverse lunghezze d'onda. L'occasione era unica, perché i transiti di Venere sono eventi piuttosto rari (si verificano in media ogni cento anni circa), e quello del 2012 era l'ultimo previsto per tutto il XXI secolo.

La scoperta offre nuovi dati che perfezionano i modelli della struttura dell'atmosfera superiore di Venere e quindi sulla resistenza che l'atmosfera planetaria esercita sulle sonde spaziali in orbita attorno al pianeta. In particolare, lo studio indica la densità della ionosfera alle diverse quote, un'informazione essenziale per stabilire la quota minima a cui potranno avvicinarsi futuri veicoli spaziali o il migliore angolo d'ingresso di sonde destinate a visitare Venere.

In prospettiva, lo studio potrà essere utile anche per programmare misurazioni a più lunghezze d'onda degli esopianeti: misure che oggi sono ai limiti delle possibilità tecniche, ma diverranno fattibili con gli strumenti di osservazione spaziali e terrestri di prossima generazione.

http://www.lescienze.it/news/2015/06/25 ... 26-06-2015


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