IO,inferno e paradiso
Inviato: 18/05/2010, 07:07

Mentre si parla dei futuri progetti da finanziare per il prossimo decennio(2013-2023),torna con forza l’idea di un orbiter dedicato interamente ad uno dei posti più particolari ed eccitanti del intero Sistema Solare: Io. Io,la quarta più grande luna del Sistema Solare, e la più vicina a Giove delle 4 galileane,è, con i suoi oltre 400 vulcani attivi, il corpo più attivo geologicamente che conosciamo. Per planetologi, e geologi, Io rappresenta davvero il sacro graal, in quanto offre la possibilità di studiare dinamiche geologiche che non solo non si trovano da nessun’altra parte, ma è come un enorme enciclopedia aperta su com’erano i pianeti agli inizi del Sistema Solare.
Tuttavia, per quanto Io possa essere davvero interessante, i fondi sono limitati, ed i candidati per le future missioni di esplorazione sono centinaia. Ci sarà una lotta durissima, che però, il progetto del “Io Volcano Observer” ha le carte in regola per poter vincere. Prima conosciamo meglio questo paradiso geologico,e inferno per qualsiasi esploratore.
Io fu per la prima volta vista da Galileo Galilei, nel 1609/1610, quando fu scoperta insieme a Ganimede, Callisto, ed Europa. Il nome era stato proposto da Simon Marius,astronomo tedesco, che nel 1614,aveva proposto di chiamarla Io, con il nome,cioè, di una ninfa,sacerdotessa di Era ad Argo, che aveva sedotto Zeus(Giove).Tuttavia rimase soltanto un puntino fino ai tempi dell’esplorazione contemporanea.

questa fu la prima immagine in assoluto, ripresa da una sonda spaziale,di Io. Era il 1974, e fu rimandata dalla sonda Pioneer 11. Per gli astronomi aumentarono di molto i misteri e le domande riguardo a questo piccolo mondo di cui non si sapeva nulla
Grazie alle missioni di Pioneer e Voyager nei anni ’70, e del orbiter Galileo, si riuscì finalmente a capire meglio la natura tanto particolare di questo mondo.
La cosa principale che si noto furono i numerosissimi vulcani che a diferenza di quelli terrestri, emettono zolfo e biossido di zolfo.
L’origine del vulcanesimo su Io è da cercarsi molto probabilmente nella forza di marea sprigionata dall’interazione tra io, Giove, e altri due satelliti,Ganimede ed Europa, con cui è legato in risonanza orbitale reciproca, fatto che provoca oscillazioni che finiscono per causare allungamenti e contrazioni di Io fino a variare il suo diametro anche di 100 metri, e generano calore a causa della frizione interna.

sonda Voyager I, le prime conferme del vulcanesimo attivo, con enormi penacchi sulla superficie di Io,1979
Tuttavia, c’è anche un’altra ipotesi riguardo alla causa del vulcanesimo,che si basa sul moto di Io all’interno del intenso campo magnetico di Giove,che cosi induce notevoli correnti elettriche nel suo mantello liquido. Anche se poco rilevanti rispetto all’energia derivante dal riscaldamento per la forza di marea, queste correnti possono teoricamente trasferire fino a 1000 gigawatt di potenza, con una differenza di potenziale di 400 000 volt. Esse sottraggono ad Io atomi ionizzati ad un ritmo di una tonnellata al secondo. Un ulteriore fenomeno fisico che coinvolge la magnetosfera gioviana è la sua interazione con il plasma eiettato dalle bocche vulcaniche: il materiale espulso va ad alimentare un toro di intensa radiazione che circonda Giove, e risulta visibile in modo evidente nell’ultravioletto.

Grafico della complessa interazione tra l'enorme campo magnetico di Giove(più grande persino di quello del Sole), e Io. I circoli di plasma che Io rilascia si vedono in rosso,in giallo la nube neutra,mentre in verdastro si vede il circolo che unisce Io e Giove.
Le particelle che sfuggono da questo toro sono parzialmente responsabili dell’insolita dimensione della magnetosfera di Giove, perché contribuiscono ad aumentarne l’estensione esercitando una pressione radiativa dal suo interno. I dati rilevati dalla sonda Galileo sembrano indicare che Io possieda un campo magnetico proprio. Ma sarà da verificare, e una sonda dedicata come “IVO”(Io Volcano Observer) potrebbe essere l’ideale.
Alcuni dei pennacchi vulcanici di Io sono stati visti estendersi per oltre 300 chilometri al di sopra della superficie prima di ricadere; il materiale espulso può raggiungere la velocità di circa un chilometro al secondo. Le eruzioni vulcaniche cambiano rapidamente: nei quattro mesi trascorsi fra l’arrivo del Voyager 1 e quello del Voyager 2 alcune eruzioni si erano placate, mentre ne erano iniziate delle nuove. Anche i depositi piroclastici circondanti i pennacchi erano cambiati. Per questo quindi, l’IVO dovrà avere una potenza di calcolo non indifferente,abbinata ad una fotocamera progettata apposta, e un banco di dati, e potenza di trasferimenti di dati enorme. Tale,insomma, da garantire di osservare i fenomeni dinamici sulla superficie. Serviranno filmati in grande dettaglio e foto in rapida sequenza.

Nel 1997,la sonda Galileo, osserva Io, e riprende questa foto in cui si vede benissimo il vulcano pele,con intorno un enorme distesa rossa composta dal materiale eiettato da Pele stesso. Fu da Pele, che Voyager I osservo il pennacchio di 300 km
A differenza delle altre lune galileiane,Io non possiede praticamente acqua. Probabilmente per via del calore eccessivo causato da Giove,che surriscaldando il satellite,durante la sua formazione, ha fatto espellere tutti gli elementi volatili. Ci sono altri che suggeriscono che l’acqua deve esistere nel mantello, perché altrimenti non sarebbe liquido abbastanza da poter dar vita al vulcanesimo. Tuttavia, alcuni recenti studi hanno mostrato che il ruolo dell’acqua nel vulcanismo di Io viene svolto dal biossido di zolfo, che interagendo con i magmi in risalita,favorisce processi di vulcanismo freatomagnetico. Anche per questo dubbio, l’IVO potrebbe avere uno spettrometro di massa in grado di rilevare la densità esatta dei materiali nel mantello, e dare delle risposte decisive.

Sequenza rapida di 5 immagini, ripresa dalla sonda New Horizons, in cui si vede un eruzione del vulcano Tvashtar, con un pennacchio alto 330 km. Cliccateci sopra per visualizzare la sequenza
Oltre agli edifici vulcanici, la superficie di Io ospita alte montagne la cui genesi non è ancora ben compresa, numerosi laghi di zolfo fuso, caldere vulcaniche profonde anche chilometri, ed estese colate, lunghe anche centinaia di chilometri, di fluidi a bassa viscosità (forse qualche forma di zolfo o silicati fusi). Lo zolfo e i suoi composti presentano una grande varietà di colori, e sono responsabili della colorazione inusuale di Io. Alcune ipotesi sostengono che le montagne potrebbero essere degli enormi plutoni affiorati in superficie in seguito alle continue spinte tettoniche derivanti dalla fuoriuscita di lava dai principali centri vulcanici.
Le montagne di Io non hanno le caratteristiche tipiche dei vulcani e, sebbene molti siano ancora i dubbi sulla loro formazione, forniscono interessanti indicazioni sull’entità dello spessore crostale che le contiene.

Boosaule Montes, è la montagna più alta sulla superficie di Io, con i suoi 17.500 metri circa.
Per essere in grado di contenere le profonde radici di questi rilievi si è stimato uno spessore della crosta non inferiore a 30 km. Sono in fase di studio alcune interessanti correlazioni con alcune caldere situate nelle loro immediate vicinanze. Fra i rilievi degni di nota possiamo citare Boosaule Montes (17,5 km), Euboea Montes (13,4 km), Ionian Mons (12,7 km), Hi’iaka Montes (11,1 km) ed Haemus Montes (10,8 km). Sembra che gli Euboea Montes si siano formati per l’innalzamento di un enorme plutone poi inclinatosi di circa 6 gradi. Questa inclinazione avrebbe poi favorito la formazione di frane sul loro versante settentrionale anche grazie alla continua erosione causata dalla sublimazione di biossido di zolfo durante le ore diurne.
L’analisi dei dati spettroscopici e delle immagini inviate a Terra dalle sonde Voyager verso la fine degli anni settanta del XX secolo portò a concludere che le colate di lava sulla superficie di Io erano composte da vari derivati dello zolfo fuso. Osservazioni successive, condotte da Terra nella banda dell’infrarosso, hanno rivelato che esse sono troppo calde per essere costituite da zolfo liquido: i punti più caldi possono raggiungere i 1700 C° (anche se la temperatura media è prossima ai 1000 C°). Un’ipotesi è che le lave di Io siano composte di rocce silicee fuse con composizione che può variare dal basalto alla komatiite. Recenti osservazioni condotte col Telescopio Spaziale Hubble indicano che il materiale potrebbe essere ricco di sodio. Non è escluso che le diverse regioni di Io possano essere caratterizzate dalla presenza di differenti materiali.
L’atmosfera di Io, estremamente sottile, consiste principalmente in diossido di zolfo (SO2, comunemente indicato come anidride solforosa). Alla superficie è stimata una pressione di un miliardesimo di atmosfere.
Un’atmosfera così sottile non comporta alcuna protezione dalle potenti radiazioni presenti nella magnetosfera gioviana. Questo dato dovrà essere tenuto in considerazione dai progettisti di future missioni spaziali come quella del “Io Volcano Observer”.
Le stesse radiazioni (nella forma di un plasma) depredano l’atmosfera dei suoi costituenti, che devono essere costantemente riforniti. La principale fonte di SO2 è il vulcanismo presente su Io, sebbene una fonte secondaria, ma comunque importante, sia la sublimazione del diossido di zolfo congelato sulla superficie, indotta dall’incidenza della radiazione solare. L’atmosfera è concentrata principalmente in corrispondenza dell’equatore della luna, dove la superficie è più calda e dove sono collocati i principali coni vulcanici. Ulteriori differenze sono state osservate, con le densità più alte misurate in corrispondenza delle bocche vulcaniche (in particolare in presenza di episodi eruttivi) e nell’emisfero opposto rispetto a quello che Io mostra a Giove,dove l’SO2 congelato è più abbondante.
Immagini ad alta risoluzione scattate mentre sul satellite il Sole è eclissato da Giove, hanno rivelato una luminescenza simile a quella prodotta da un’aurora polare sulla Terra. Come accade sul nostro pianeta, questo fenomeno deriva dall’impatto della radiazione con l’atmosfera.
Ecco un video, ripreso dalla sonda Cassini, mentre passava vicino a Giove, ed Io, nel suo viaggio verso Saturno.Si vedono le aurore, e (macchia bianca) un eruzione vulcanica. Tutto durante un eclissi.
Io,inferno e paradiso, e la missione “Io Volcano Observer” Parte-I
17 maggio 2010 di Adrian
Mentre si parla dei futuri progetti da finanziare per il prossimo decennio(2013-2023),torna con forza l’idea di un orbiter dedicato interamente ad uno dei posti più particolari ed eccitanti del intero Sistema Solare: Io. Io,la quarta più grande luna del Sistema Solare, e la più vicina a Giove delle 4 galileane,è, con i suoi oltre 400 vulcani attivi, il corpo più attivo geologicamente che conosciamo. Per planetologi, e geologi, Io rappresenta davvero il sacro graal, in quanto offre la possibilità di studiare dinamiche geologiche che non solo non si trovano da nessun’altra parte, ma è come un enorme enciclopedia aperta su com’erano i pianeti agli inizi del Sistema Solare.
Tuttavia, per quanto Io possa essere davvero interessante, i fondi sono limitati, ed i candidati per le future missioni di esplorazione sono centinaia. Ci sarà una lotta durissima, che però, il progetto del “Io Volcano Observer” ha le carte in regola per poter vincere. Prima conosciamo meglio questo paradiso geologico,e inferno per qualsiasi esploratore.
Io,visto dalla sonda New Horizon, in viaggio verso Plutone, mentre passa davanti a Giove nel 2007
Io fu per la prima volta vista da Galileo Galilei, nel 1609/1610, quando fu scoperta insieme a Ganimede, Callisto, ed Europa. Il nome era stato proposto da Simon Marius,astronomo tedesco, che nel 1614,aveva proposto di chiamarla Io, con il nome,cioè, di una ninfa,sacerdotessa di Era ad Argo, che aveva sedotto Zeus(Giove).Tuttavia rimase soltanto un puntino fino ai tempi dell’esplorazione contemporanea.
questa fu la prima immagine in assoluto, ripresa da una sonda spaziale,di Io. Era il 1974, e fu rimandata dalla sonda Pioneer 11. Per gli astronomi aumentarono di molto i misteri e le domande riguardo a questo piccolo mondo di cui non si sapeva nulla
Grazie alle missioni di Pioneer e Voyager nei anni ’70, e del orbiter Galileo, si riuscì finalmente a capire meglio la natura tanto particolare di questo mondo.
La cosa principale che si noto furono i numerosissimi vulcani che a diferenza di quelli terrestri, emettono zolfo e biossido di zolfo.
Mosaico di foto ottenute nel 1979 dalla sonda Voyager 1 Finalmente questo mondo si faceva vedere bene, e tutti gli astronomi rimasero a bocca aperta davanti ad un tale spettacolo geologico
L’origine del vulcanesimo su Io è da cercarsi molto probabilmente nella forza di marea sprigionata dall’interazione tra io, Giove, e altri due satelliti,Ganimede ed Europa, con cui è legato in risonanza orbitale reciproca, fatto che provoca oscillazioni che finiscono per causare allungamenti e contrazioni di Io fino a variare il suo diametro anche di 100 metri, e generano calore a causa della frizione interna.
Sempre della sonda Voyager I, le prime conferme del vulcanesimo attivo, con enormi penacchi sulla superficie di Io,1979
uno dei vulcani più attivi sulla superficie, si tratta della Culann Patera
Tuttavia, c’è anche un’altra ipotesi riguardo alla causa del vulcanesimo,che si basa sul moto di Io all’interno del intenso campo magnetico di Giove,che cosi induce notevoli correnti elettriche nel suo mantello liquido. Anche se poco rilevanti rispetto all’energia derivante dal riscaldamento per la forza di marea, queste correnti possono teoricamente trasferire fino a 1000 gigawatt di potenza, con una differenza di potenziale di 400 000 volt. Esse sottraggono ad Io atomi ionizzati ad un ritmo di una tonnellata al secondo. Un ulteriore fenomeno fisico che coinvolge la magnetosfera gioviana è la sua interazione con il plasma eiettato dalle bocche vulcaniche: il materiale espulso va ad alimentare un toro di intensa radiazione che circonda Giove, e risulta visibile in modo evidente nell’ultravioletto.
Grafico della complessa interazione tra l'enorme campo magnetico di Giove(più grande persino di quello del Sole), e Io. I circoli di plasma che Io rilascia si vedono in rosso,in giallo la nube neutra,mentre in verdastro si vede il circolo che unisce Io e Giove.
Le particelle che sfuggono da questo toro sono parzialmente responsabili dell’insolita dimensione della magnetosfera di Giove, perché contribuiscono ad aumentarne l’estensione esercitando una pressione radiativa dal suo interno. I dati rilevati dalla sonda Galileo sembrano indicare che Io possieda un campo magnetico proprio. Ma sarà da verificare, e una sonda dedicata come “IVO”(Io Volcano Observer) potrebbe essere l’ideale.
Alcuni dei pennacchi vulcanici di Io sono stati visti estendersi per oltre 300 chilometri al di sopra della superficie prima di ricadere; il materiale espulso può raggiungere la velocità di circa un chilometro al secondo. Le eruzioni vulcaniche cambiano rapidamente: nei quattro mesi trascorsi fra l’arrivo del Voyager 1 e quello del Voyager 2 alcune eruzioni si erano placate, mentre ne erano iniziate delle nuove. Anche i depositi piroclastici circondanti i pennacchi erano cambiati. Per questo quindi, l’IVO dovrà avere una potenza di calcolo non indifferente,abbinata ad una fotocamera progettata apposta, e un banco di dati, e potenza di trasferimenti di dati enorme. Tale,insomma, da garantire di osservare i fenomeni dinamici sulla superficie. Serviranno filmati in grande dettaglio e foto in rapida sequenza.
Nel 1997,la sonda Galileo, osserva Io, e riprende questa foto in cui si vede benissimo il vulcano pele,con intorno un enorme distesa rossa composta dal materiale eiettato da Pele stesso. Fu da Pele, che Voyager I osservo il pennacchio di 300 km
A differenza delle altre lune galileiane,Io non possiede praticamente acqua. Probabilmente per via del calore eccessivo causato da Giove,che surriscaldando il satellite,durante la sua formazione, ha fatto espellere tutti gli elementi volatili. Ci sono altri che suggeriscono che l’acqua deve esistere nel mantello, perché altrimenti non sarebbe liquido abbastanza da poter dar vita al vulcanesimo. Tuttavia, alcuni recenti studi hanno mostrato che il ruolo dell’acqua nel vulcanismo di Io viene svolto dal biossido di zolfo, che interagendo con i magmi in risalita,favorisce processi di vulcanismo freatomagnetico. Anche per questo dubbio, l’IVO potrebbe avere uno spettrometro di massa in grado di rilevare la densità esatta dei materiali nel mantello, e dare delle risposte decisive.
Sequenza rapida di 5 immagini, ripresa dalla sonda New Horizons, in cui si vede un eruzione del vulcano Tvashtar, con un pennacchio alto 330 km. Cliccateci sopra per visualizzare la sequenza
Oltre agli edifici vulcanici, la superficie di Io ospita alte montagne la cui genesi non è ancora ben compresa, numerosi laghi di zolfo fuso, caldere vulcaniche profonde anche chilometri, ed estese colate, lunghe anche centinaia di chilometri, di fluidi a bassa viscosità (forse qualche forma di zolfo o silicati fusi). Lo zolfo e i suoi composti presentano una grande varietà di colori, e sono responsabili della colorazione inusuale di Io. Alcune ipotesi sostengono che le montagne potrebbero essere degli enormi plutoni affiorati in superficie in seguito alle continue spinte tettoniche derivanti dalla fuoriuscita di lava dai principali centri vulcanici
Immagine ripresa nel emisfero nord di Io, al centro si vede Loki Patera(in nero) un lago di zolfo liquido con una "zattera" di zolfo solido in mezzo.
Le montagne di Io non hanno le caratteristiche tipiche dei vulcani e, sebbene molti siano ancora i dubbi sulla loro formazione, forniscono interessanti indicazioni sull’entità dello spessore crostale che le contiene.
Boosaule Montes, è la montagna più alta sulla superficie di Io, con i suoi 17.500 metri circa.
Per essere in grado di contenere le profonde radici di questi rilievi si è stimato uno spessore della crosta non inferiore a 30 km. Sono in fase di studio alcune interessanti correlazioni con alcune caldere situate nelle loro immediate vicinanze. Fra i rilievi degni di nota possiamo citare Boosaule Montes (17,5 km), Euboea Montes (13,4 km), Ionian Mons (12,7 km), Hi’iaka Montes (11,1 km) ed Haemus Montes (10,8 km). Sembra che gli Euboea Montes si siano formati per l’innalzamento di un enorme plutone poi inclinatosi di circa 6 gradi. Questa inclinazione avrebbe poi favorito la formazione di frane sul loro versante settentrionale anche grazie alla continua erosione causata dalla sublimazione di biossido di zolfo durante le ore diurne.
Monte Haemus, fotografato da Voyager I su Io.Alto quasi 10 km ha una base di 200 x 100 km
L’analisi dei dati spettroscopici e delle immagini inviate a Terra dalle sonde Voyager verso la fine degli anni settanta del XX secolo portò a concludere che le colate di lava sulla superficie di Io erano composte da vari derivati dello zolfo fuso. Osservazioni successive, condotte da Terra nella banda dell’infrarosso, hanno rivelato che esse sono troppo calde per essere costituite da zolfo liquido: i punti più caldi possono raggiungere i 1700 C° (anche se la temperatura media è prossima ai 1000 C°). Un’ipotesi è che le lave di Io siano composte di rocce silicee fuse con composizione che può variare dal basalto alla komatiite. Recenti osservazioni condotte col Telescopio Spaziale Hubble indicano che il materiale potrebbe essere ricco di sodio. Non è escluso che le diverse regioni di Io possano essere caratterizzate dalla presenza di differenti materiali.
L’atmosfera di Io, estremamente sottile, consiste principalmente in diossido di zolfo (SO2, comunemente indicato come anidride solforosa). Alla superficie è stimata una pressione di un miliardesimo di atmosfere.
Questa foto di Io, mostra un vulcano che rilascia gas(la macchia blu). Nella foto c'è anche una rete di vulcani con i fondali neri collegati da materiale rosso chiaro. La caldera vulcanica più a nord ha una macchia blu sopra. Gli scienziati credono che siano nubi di gas condensato in particelle estremmamente fini.Questo principalmente compone l'atmosfera,di biossido di zolfo. la foto è del 5 marzo 1979
Un’atmosfera così sottile non comporta alcuna protezione dalle potenti radiazioni presenti nella magnetosfera gioviana. Questo dato dovrà essere tenuto in considerazione dai progettisti di future missioni spaziali come quella del “Io Volcano Observer”.
Le stesse radiazioni (nella forma di un plasma) depredano l’atmosfera dei suoi costituenti, che devono essere costantemente riforniti. La principale fonte di SO2 è il vulcanismo presente su Io, sebbene una fonte secondaria, ma comunque importante, sia la sublimazione del diossido di zolfo congelato sulla superficie, indotta dall’incidenza della radiazione solare. L’atmosfera è concentrata principalmente in corrispondenza dell’equatore della luna, dove la superficie è più calda e dove sono collocati i principali coni vulcanici. Ulteriori differenze sono state osservate, con le densità più alte misurate in corrispondenza delle bocche vulcaniche (in particolare in presenza di episodi eruttivi) e nell’emisfero opposto rispetto a quello che Io mostra a Giove,dove l’SO2 congelato è più abbondante.
Immagini ad alta risoluzione scattate mentre sul satellite il Sole è eclissato da Giove, hanno rivelato una luminescenza simile a quella prodotta da un’aurora polare sulla Terra. Come accade sul nostro pianeta, questo fenomeno deriva dall’impatto della radiazione con l’atmosfera.
Ecco un video, ripreso dalla sonda Cassini, mentre passava vicino a Giove, ed Io, nel suo viaggio verso Saturno.Si vedono le aurore, e (macchia bianca) un eruzione vulcanica. Tutto durante un eclissi.
I colori che notate nel video corispondo all’emissione di particolari elementi chimici. Il verde corisponde all’emissione di Sodio, il rosso invece corisponde all’ossigeno, il blu infine a gas emessi da vulcani, come il diossido di zolfo.
Le aurore generalmente si manifestano attorno ai poli magnetici di un pianeta, ma su Io esse sono più luminose in prossimità dell’equatore. Io, immersa nella magnetosfera di Giove, non possiede un campo magnetico proprio. Gli elettroni presenti nella magnetosfera del pianeta, quindi, collidono senza essere deviati sull’atmosfera della luna. Un numero maggiore di collisioni, generando aurore più luminose, si verifica laddove le linee di campo sono tangenti al satellite (cioè in corrispondenza dell’equatore), perché lì la colonna di gas che attraversano è maggiore. Le aurore corrispondenti a tali punti su Io son viste “dondolarsi” al cambiare dell’orientazione del dipolo magnetico inclinato di Giove.
Questo è Io, un vero “inferno dantesco” in quante condizioni(in diretta competizione con Venere, l’altro grande “inferno” del Sistema Solare). Come dicevo, studiarlo rappresenta tuttavia un occasione unica e importantissima. Perché ci aiuterebbe a capire molto sulla formazione dei pianeti terrestri e perché ci offrirebbe un importante chiave di lettura per capire il meccanismo di riscaldamento del nucleo per forza di marea, il che si rifletterebbe inevitabilmente su come capiamo i mondi come Europa,Ganimede e Encelado, dove si pensa ci siano grandi oceani d’acqua liquida mantenuta proprio per via di questo effetto.

modello del oceano sotteraneo tenuto vivo dal vulcanesimo creato dalla forza di marea di Giove, su Europa e Ganimede
Ma non finisce qui. Nei ultimi anni, l’idea di “zona abitabile” intorno ad una stella, si è estesa di molto, includendo, con la scoperta di oceani sotto la superficie di Europa,Ganimede e Encelado, forse anche altri come Calisto e Titano,per non parlare del misterioso Tritone, anche alle lune dei giganti gassosi. E cosi, mentre la fuori siamo alla ricerca della vita su esopianeti,sarà molto importante capire dove intorno ad esse potrebbero esistere lune in grado di sostenere condizioni per la vita. Insomma, quello che vediamo nel film Avatar, che succede con Pandora.
http://www.lpi.usra.edu/opag/march09/presentations/10Ivo.pdf
http://solarsystem.nasa.gov/planets/pro ... ect=Jup_Io
Fonte: http://link2universe.wordpress.com/2010 ... r-parte-i/