11/06/2014, 09:47
11/06/2014, 09:58
Alieno di Atacama: difficile stabilire la sua vera natura
La piccola mummia ritrovata nel deserto del Cile secondo alcune analisi avrebbe un Dna di "sconosciuta classificazione"
Un fagotto scoperto tra l'immondizia di una città abbandonata del Cile. Ecco la storia di Ata, la piccola e misteriosa creatura alta poco più di 12 centimetri, al centro di una diatriba tra chi sostiene che sia un essere umano dalle sconcertanti e finora inspiegabili mutazioni genetiche e chi invece insiste nel ritenerlo un alieno.
A raccontarla, è stato l'ultimo proprietario di questa piccola mummia, che deve il suo soprannome al deserto di Atacama e la sua fama al film-documentario Sirius appena uscito nelle sale americane. Ramon Navia-Osorio Villar, presidente di un gruppo ufologico denominato Istituto di Investigazione e Studi di Esobiologia di Barcellona, dopo vari passaggi di mano è entrato in possesso di quello stranissimo reperto. Sapeva che era stato trovato nelle vicinanza di La Noria, a 56 chilometri da Iquique, ed è andato ad investigare.
L'autore dell' eccezionale scoperta, secondo le cronache dei quotidiani locali, si chiama Oscar Muñoz. Faceva il "ferrovecchio": andava in giro, per le periferie dei centri abitati, alla ricerca di bottoni, pezzi di metallo e altri scarti da rivendere poi nei mercati paesani. Un giorno del 2003, aveva appena infilato la sua pala tra i rifiuti di una vecchia chiesa abbandonata versandone il contenuto nel setaccio, quando vide rotolare qualcosa avvolto in panno e stretto con un fiocco viola.
Aprì l'involucro e si trovò di fronte ad un corpicino scheletrico, dall' aspetto mai visto: una testa oblunga e deformata, arti esili, una cassa toracica con nove costole. Emanava un cattivo odore, ma non per la decomposizione: era rimasto a lungo sepolto tra la spazzatura. Muñoz buttò via il panno sporco e lo avvolse in un telo pulito. La notizia si diffuse rapidamente e anche la tv cilena si occupò di quello strano, piccolo umanoide che venne chiamato "l'extraterrestre di La Noria"
Curioso di vedere con i propri occhi il luogo del ritrovamento, poco tempo dopo Navia-Osorio si fece accompagnare nella cittadina-fantasma da un amico cileno. E con sua stessa sorpresa, si imbatté proprio in Muñoz: era tornato tra le rovine della chiesa e gli indicò il punto esatto nel quale aveva recuperato il fagotto. L'ufologo spagnolo contattò poi Ricardo Clotet, il barista che aveva acquistato il piccolo scheletro, e glielo ricomprò: voci non confermate parlano di parecchie centinaia di dollari.
A partire dal 2004, decise di sottoporre ad esami approfonditi quel reperto biologico per appurarne la reale natura. Incontrò subito molte difficoltà a trovare medici disponibili ad associare i loro nomi a quella presunta creatura aliena: nessuno voleva metterci la faccia ed apporre la propria firma sul rapporto. Anzi, alcuni luminari dell'Università Complutense di Madrid e di altre istituzioni accademiche in privato avrebbero ammesso di trovarsi di fronte a qualcosa di assolutamente unico ed inspiegabile, rifiutandosi però di ripetere le stesse parole in pubblico.
Alla fine, la minuscola mummia venne esaminata da un team di dottori, biologi e zoologi dell'Accademia reale delle Scienze di Barcellona. Navia-Osorio ha reso note due relazioni scientifiche. La prima riguarda l'esame radiologico effettuato da tre dottori: è una dettagliata descrizione della creatura dal punto di vista morfologico, ma non contiene alcuna ipotesi sulla sua origine. Nel rapporto tuttavia i tre escludevano in modo categorico che si trattasse di un falso, come avevano invece ipotizzato i ricercatori della Complutense per i quali quel corpo era stato assemblato con ossa di uccello.
Il secondo documento è invece il rapporto redatto dal dottor Francisco Etxeberria Gabilondo, professore di medicina legale e forense presso l'Università della regione basca, nonchè specialista di antropologia forense presso l'Università Complutense. Per il dottor Etxeberria, quel corpo scheletrito aveva le tipiche caratteristiche di un feto. Scriveva infatti: "Le proporzioni delle strutture anatomiche, il livello di sviluppo di ogni singolo osso e la sua macroscopica configurazione ci permette di identificarlo senza alcuna ombra di dubbio come un normale feto mummificato. Basandosi sulla lunghezza del corpo e delle ossa, si può supporre una gestazione di 15 settimane."
Nessuna indicazione precisa sulla datazione del reperto. Secondo il medico legale, non sarebbe però molto antico- non nell'ordine di centinaia di anni, per intenderci- ma solo "abbastanza vecchio". Per l'assenza di flora batterica nel tubo digerente, da dove ha inizio la putrefazione, quel piccolo feto si sarebbe conservato meglio di un corpo adulto. Inoltre, a preservarlo dalla decomposizione sarebbe stato il clima estremamente secco del deserto di Atacama. Senza risposta, ovviamente, anche come poteva essere finito lì, avvolto con cura in un telo, tra i resti di una chiesa abbandonata.
La parte finale del lungo articolo dell'ufologo spagnolo, pubblicato da un sito argentino (Evidencia Ovni) descrive come sia entrato in contatto con il ricercatore americano Steven Greer, grazie ad una comune amica, una dottoressa di Dallas. Dalla loro collaborazione sono scaturiti quegli ulteriori esami condotti sul misterioso corpicino negli Stati Uniti- gli stessi diventati parte integrante del documentario Sirius - dai risultati contrastanti. Perchè se da un lato il biologo molecolare Garry Nolan afferma che Ata sia umano- ma non un feto, essendo vissuto sicuramente qualche anno dopo la nascita- Greer nel film sostiene che il DNA sia di "sconosciuta classificazione".
Un'opinione, sembra, non completamente condivisa da Ramon Navia-Osorio Villar: dopo quasi 10 anni di inutili tentativi e di ricerche, mantiene infatti un atteggiamento di estrema cautela. "Io non sono tra coloro che ritengono questa creatura un extraterrestre, anche se dal punto di vista morfologico è assai simile ad alcuni di essi. Non lo possiamo negare, ma prima di dirlo dobbiamo considerare anche altre possibilità. In sostanza, non abbiamo prove conclusive che possano stabilire la reale natura del reperto."
http://scienza.panorama.it/spazio/extre ... tacama-dna
13/06/2014, 01:27
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I NANI "GOLLUTS" DEI PIRENEI
Siamo nella Valle del Ribes, una zona dell’Alta Catalogna, esattamente nella regione del Ripollés, nell’ambito dei Pirenei spagnoli. Qui, fino agli inizi del XX secolo, visse con certezza una comunità di nani umani deformi - come del resto in altre località della Penisola Iberica - detti "golluts".
I "golluts" salirono alla ribalta delle cronache alla fine dell’Ottocento, allorquando i giornali e gli abitanti locali alimentarono una vivace polemica circa l’origine di questi sventurati, indulgendo in certi casi ad irrazionali e campanilistiche venature di razzismo, che fornirono il pretesto per portare successivamente a compimento le vicende di una tragedia umana.
Quella dei "golluts" rimane a tutt’oggi una questione tutt’altro che risolta; essa continua ad alimentare un alone di mistero circa l’origine di quelli che qualcuno ribattezzò "il popolo maledetto dei Pirenei" (1).
Com’è noto, agli inizi del XIX sec. l’antropologo svedese A.A. Retzius, sulla base degli studi sul cranio umano, giunse alla conclusione che i primitivi insediamenti etnici in Europa fossero stati di origine tartara o mongolica.
Successivamente, lo studioso Miguel Morayta, mentre trascorreva le vacanze nella Valle del Ribes nel 1885, scoprì l’esistenza di una specie particolare di nani deformi, che egli volle identificare - coerentemente con gli studi del Retzius - con gli ultimi discendenti, affetti da cretinismo, di una razza tartara stabilitasi nei Pirenei da tempo immemorabile.
Ciò sollevò i termini di una successiva polemica che contrappose l’opinione pubblica catalana dell’epoca, relativamente all’origine dei nani (2).
Particolarmente attivo e fecondo fu il settimanale "El Taga", pubblicato a Ripoll, una cittadina di campagna alle soglie dei Pirenei caratterizzata dalla presenza di un interessante Museo Etnografico (oggi peraltro chiuso) e dello storico Monastero di Santa Maria del sec. IX, realizzato da Goffredo il Peloso, sui resti di un precedente luogo di culto fondato dai Visigoti (3).
Ho rinvenuto sul posto tre numeri del settimanale in questione, grazie all’aiuto dei funzionari (ed in particolare del Dr. Agustì Dalmau) dell’Archivio Storico di Ripoll, dipendente dalla Generalitat de Catalunya.
Il numero del 19-12-86 pubblicò una lettera in cui si affermava che i "golluts", lungi dall’essere una razza speciale, avrebbero costituito il frutto di un regolare processo di decadenza fisica dovuto essenzialmente ad un’insufficienza alimentare ed allo stato di degrado in cui essi vivevano; pare inoltre che i nani si abbeverassero alla Fonte della "Margarideta", situata nella località turistica detta Ribes de Freser, che secondo la gente del posto dell’epoca causava il rachitismo; in realtà - secondo l’articolista - un certo tipo di acqua sarebbe stata fatale per persone soggette ad una cattiva dieta, ma sarebbe risultata particolarmente ricca per uno stomaco ben nutrito (4).
Il num. del 01-01-1887 pubblicava il seguito dell’articolo, confermando il rifiuto degli Autori di considerare l’esistenza di una vera a propria "razza cretina" (5).
Analoghe argomentazioni sono contenute in un articolo pubblicato sul numero del 28-01-87, in cui gli Autori dei pezzi precedenti si rifiutavano di considerare la Valle del Ribes il "focolaio del cretinismo", adducendo la circostanza che esseri simili ai "golluts" esistessero anche in altre zone della Spagna (6).
In effetti, è documentato che la Spagna, almeno fino ai primi anni del XX secolo fosse caratterizzata dalla presenza di luoghi endemici del "cretinismo", anche al di fuori della Catalogna; si pensi alla "Cuenca del Rio Turòn" nelle Asturie. Comunque, la maggior parte di questi luoghi (Montseny, Les Guilleries, La Garrotxa) erano concentrati proprio in Catalogna (7).
Perché?
Ma come erano fatti, questi infelici? E come vivevano?
Innanzi tutto, il nome derivava dal "goll", una sorta di tumore nella regione anteriore del collo, al quale si accompagnavano manifestazioni di cretinismo, che potevano essere più o meno accentuate.
Inoltre, le caratteristiche fisiche principali erano le seguenti:
statura variante da m.1,10 a m.1,15
cute fina, ricoperta di pelo finissimo, e di colore rossiccio
occhi obliqui
narici affondate
bocca grande
mandibole molto sviluppate, quasi di forma quadrata
mani e piedi piccoli, con il metacarpo eccessivamente sviluppato
dita più corte del normale
piedi con polpaccio arrotondato
petto poco sviluppato nelle donne
spalle larghe
aspetto strano, quasi da "fenomeno umano"
rachitismo fisico
cretinismo psichico (8)
Un’immagine è qui riprodotta (9).
La loro vita era condotta in modo quasi miserabile. Vivevano generalmente abbandonati a sé stessi, accudendo specialmente alla cura dei maiali; uomini e donne conducevano una vita in comune, nella più grande promiscuità e senza osservare le minime prescrizioni in materia d’igiene, in gran povertà; si nutrivano essenzialmente di patate e pane nero.
Una cospicua colonia di "golluts" viveva a Vila D’Amunt, nei paraggi del castello diroccato di Sant Pere, abbeverandosi - come si è detto - alla Fonte della "Margarideta", che erogava un’acqua ricca di sostanze minerali (10).
Come ho detto sopra, alla fine del secolo XIX i "golluts" risaltarono agli onori della ricerca scientifica, tanto da essere menzionati in un opuscolo pubblicato a Bruxelles nel 1895. Tuttavia, il dibattito dell’epoca circa l’origine dei "nani" è per buona parte da inquadrare all’interno di una polemica dai risvolti fortemente provinciali e campanilistici. Infatti, da un lato a Ripoll si sosteneva che i "golluts" fossero il frutto di una piaga endemica localizzata in un punto specifico dei Pirenei (connessa ad un processo fisiologico di decadenza); dall’altro, nella vicina località di Ribes de Freser - dove, come si è visto, viveva una cospicua comunità di "nani" - veniva vivamente sostenuta l’ipotesi dell’origine tartara degli stessi, forse per non compromettere l’immagine di una regione - la Valle del Ribes, appunto - che si avviava ad un florido destino di sviluppo turistico, grazie alla presenza di numerose fonti di acque termali.
Ai primi del secolo XX un raggruppamento di "golluts", proveniente dal massiccio roccioso del Montseny (Valli Orientali, Barcellona) ma anche da altre zone, fu trasferito nella regione della Valle del Ribes, dove i "nani" vissero isolati ed emarginati fino all’estinzione della specie (una fotografia che ritrae l’ultimo "gollut" di cui si abbia notizia è del 1938).
In Spagna in quegli anni - a differenza che in altri Paesi, come la Francia o l’Italia - non furono attuati piani preventivi di sradicamento, con supporto di aiuti sanitari; anzi, fu attuata una vera e propria politica di "cover up" (silenzio), facendo sì che il problema dei "nani golluts" divenisse un puro dato di rilevanza sociologica o statistica (11).
Inoltre, a Pardines, nella Valle del Ribes (nei paraggi di Ribes de Freser), un ricercatore fu fermato tempo fa da un vecchio abitante del luogo che gli riferì che, ai tempi della sua giovinezza, viveva sul posto una famiglia di presunti "golluts" che conducevano un’esistenza disumana e che successivamente sarebbero stati sepolti a pochi metri dal centro abitato. Il vecchio gli disse anche che, durante una fase di ristrutturazione urbanistica del villaggio, furono disseppellite ossa umane in gran quantità, al di fuori del cimitero consacrato. L’Autore ha ipotizzato che, qualora le suddette ossa umane fossero appartenute ai "golluts", sarebbe stato lecito ipotizzare una ulteriore forma di persecuzione religiosa ai danni di questi infelici (12).
Concludo la presente ricerca elencando le varie ipotesi circa l’origine dei "golluts", che sono state formulate nel corso degli anni, sulla base di quanto scrive Miguel G. Aracil (13):
Si sarebbe trattato della stirpe di cartaginesi stabilitisi nei Pirenei all’epoca della guerra di Annibale contro i Romani; l’Autore ritiene però che una tale comunità si sarebbe facilmente integrata con gli abitanti del posto.
Sarebbero stati gli esponenti di comunità giudaiche; Aracil parimenti lo esclude, ritenendo che storicamente gli Ebrei della zona ebbero rapporti con altri gruppi.
Sarebbero stati dei gitani; effettivamente, è documentato che nell’anno 1757 questi ultimi erano presenti a Ribes de Freser.
Come abbiamo visto, alla fine del secolo XIX ricevette un particolare credito la tesi secondo cui si sarebbe trattato degli ultimi discendenti di un’etnia tartara.
Lo studioso Faustì Puigderejols ha ipotizzato che i "golluts" potessero essere stati i discendenti di una comunità di Vandali, l’etnia che attraversò nel V secolo d.C. i Pirenei, Ciò potrebbe trovare una giustificazione al fatto che, secondo le testimonianze, i "nani" fossero caratterizzati dall’esistenza del pelo rossiccio (infatti i Vandali erano di ceppo germanico). Inoltre, si ha notizia che nell’anno 460 d.C. un capo vandalo di nome Guido Ubaldo si assentò dal posto che ospitava la propria tribù, scomparendo senza lasciare traccia, a Ribes de Freser.
Fin qui le ipotesi menzionate da Aracil.
Tuttavia, se si vuole seguire un filo coerente con quanto detto sopra (relativamente alle testimonianze secondo cui i "golluts" erano di pelle rossiccia) si potrebbero identificare - a sommesso parere dello scrivente - in un ramo decaduto della stirpe (ugualmente germanica e nordica) dei Visigoti, i quali a quanto pare si caratterizzarono per una presenza rilevante nella zona. Com’è noto, infatti, il Monastero di S. Maria a Ripoll, costruito da Goffredo il Peloso nell’aanno 880 d.C. dove prima c’era un antico luogo di culto visigotico, presenta strane immagini di animali molto deformati (14).
Che l’Autore del bassorilievo del portale avesse voluto rappresentare simbolicamente forme di rachitismo comuni ad una categoria di persone che popolavano la zona in gran quantità?
Fin dalla remota antichità il fenomeno del nanismo ha intrigato l’immaginazione umana.
Dalla sfera del divino, dominata dal dio nano Bes, diffuso nell’Egitto faraonico e nell’antico Mediterraneo Orientale, a quella del mito, con le tradizioni medioevali sul "piccolo popolo", nel corso della storia riscontriamo altresì la presenza di uomini e donne di tali caratteristiche presso varie corti reali, come documentato da una vasta iconografia e dalla stessa storia della pittura.
A livello popolare, talvolta, il fatto di vedere i nani come dei "diversi" magari da temere in quanto tali ha purtroppo invece creato resistenze ad una loro assimilazione nella società, generando talvolta fenomeni di vera e propria ghettizzazione.
14/07/2014, 20:50
MaxpoweR ha scritto:
beh stando a quanto tramandatoci pare che fossero molto molto simili, addirittura compatibili al punto da poter procreare e generare una razza "mista"
14/07/2014, 21:43