Archeologia, mistero di Ustica: 3.000 anni la “fuga” di un’operosa comunità, indagini in corso
Quale fu l'evento traumatico che causò la fuga dell'operosa comunità che viveva ad Ustica nella Media Età del Bronzo? Ripartite sull'isola le indagini per scoprirlo
Oltre tremila anni fa ad Ustica, l’isola al largo della Sicilia, prosperava un piccolo villaggio della Media Età del Bronzo, popolato da un centinaio di persone. Si trattava di una popolazione dedita all’agricoltura e alla pesca, che per proteggersi dalle insidie aveva costruito un possente muro fortificato: lungo 250 m, alto 5 e rafforzato da 13 torrioni.
Improvvisamente, però, avvenne un evento traumatico e la vita di quella comunità molto operosa s’interruppe. L’evento avvenne nella zona denominata Tramontana, dove attualmente si trovano i resti di capanne con arredi e suppellettili abbandonati nella loro posizione d’uso, come quando si fugge senza avere il tempo di portar via nulla.
Si trattò di un disastro naturale, o forse di una deportazione di massa, o ancora di una crisi ambientale. Ancora oggi la vera causa non è nota, ma ciò che è certo è la comunità era uno degli insediamenti dell’età del bronzo meglio conservati nel Mediterraneo. Le ricerche per svelarne il mistero, sono appena ripartite al Villaggio preistorico dei Faraglioni di Ustica, e si sono concentrate sull’imponente fortificazione dell’età del Bronzo con una campagna di prospezioni geofisiche.
In questi giorni una squadra di ricercatori delle sezioni di Napoli e Roma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha iniziato sistematici rilievi georadar e geoelettrici sull’area, portando avanti il progetto di ricerca sulle fortificazioni avviato negli scorsi anni da un team composto da alcuni studiosi tra cui Franco Foresta Martin, Pierfrancesco Talamo, Stefano Furlan, Mauro A. Di Vito, Sandro De Vita, Anna Russolillo. Le tecniche d’indagine utilizzate dai ricercatori permetteranno di esplorare il terreno sottostante, fino alla profondità di qualche metro, senza ricorrere a scavi, per verificare l’esatta collocazione di un doppio muro difensivo oltre ad ambienti, strutture e oggetti sepolti.
Obiettivo principale dell’indagine, in questa prima fase delle ricerche, è proprio il grande muro difensivo del Villaggio, che si sta rivelando un complesso sistema fortificato, composto da varie strutture interconnesse che si sviluppano su una vasta area all’esterno della muraglia. “L’occasione di questa ricerca – commenta il direttore del parco archeologico di Himera, Domenico Targia, annunciando anche il rilancio delle strutture espositive e di accoglienza turistica esistenti all’interno del villaggio archeologico – è propizia per rilanciare, anche dal punto di vista della fruizione e della conoscenza a un più vasto pubblico, questo gioiello del patrimonio archeologico di Ustica che merita di essere ulteriormente indagato e valorizzato“.
Ustica: indagine geologica per esplorare il sottosuolo del Villaggio dei Faraglioni
I ricercatori dell’INGV sono stati chiamati ad esplorare il terreno sottostante il Villaggio dei Faraglioni, ad Ustica, con l'intento di scoprire ambienti, strutture e oggetti dell'Età del Bronzo

Sono iniziate le operazioni di esplorazione del sottosuolo del Villaggio dei Faraglioni dell’isola di Ustica in Sicilia a cura dei geologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con alcuni studiosi accreditati dal Parco archeologico di Himera Solunto Iato di Santa Flavia (PA).
Il Villaggio, infatti, contiene un insediamento preistorico dell’Età del Bronzo conservato al meglio nell’area del Mediterrano. Più di tremila anni fa, il villaggio era popolato da qualche centinaio di persone che si era insediate in un fazzoletto di terra affacciato sul mare. Dedita all’agricoltura e alla pesca, la popolazione costruì un possente muro fortificato, lungo 250 metri, alto 5 metri e rafforzato da 13 torrioni, a causa delle insidie dell’epoca. Tuttavia, all’improvviso la vita della comunità s’interruppe e oggi si ritrovano i resti di capanne con arredi e suppellettili abbandonati nella loro posizione d’uso, come quando si fugge senza avere il tempo di portar via nulla.

E’ un mistero finora irrisolto cosa rese improvvisamente impossibile la sopravvivenza in quel luogo: un disastro naturale, una deportazione di massa, una crisi ambientale?
Per scoprirne di più ed indagare su eventuali cause naturali, gli archeologi hanno chiamato in soccorso i ricercatori dell’INGV che, con gli esperti della Sezione ‘Osservatorio Vesuviano’ di Napoli e della Sezione di Roma 1, hanno iniziato una campagna di prospezioni geofisiche sulle fortificazioni. Le operazioni di ricerca faranno sistematici rilievi georadar e geoelettrici utilizzando tecniche d’indagine in grado di esplorare il terreno sottostante senza ricorrere a scavi, fino alla profondità di qualche metro, con l’intento di scoprire gli ambienti, le strutture e gli oggetti sepolti.
L’obiettivo principale dell’indagine è, nella prima fase, il grande muro difensivo del Villaggio, che si sta rivelando un complesso sistema fortificato, composto da varie strutture interconnesse che si sviluppano su una vasta area all’esterno della muraglia.

L’architetto Domenico Targia, neodirettore del Parco, ha fortemente voluto questa collaborazione per dare un importante impulso alla valorizzazione dei Beni Culturali di Ustica.
La ricerca è il frutto di una stretta collaborazione tra il Parco archeologico di Himera Solunto Iato e l’INGV che si rafforzerà attraverso la formalizzazione di un accordo interistituzionale, allo scopo di dare continuità alle ricerche già avviate dalla dott.ssa Anna Russolillo, dal dott. Franco Foresta Martin e dall’archeologo Pierfrancesco Talamo.