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Astronave
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 Oggetto del messaggio: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 21/01/2023, 18:33 
MISTERI DELLA TERRA, MISTERI DEL COSMO
Marco Zagni

Ci si sente francamente schiacciati da enormi difficoltà quando si ha l’intenzione, sia pure con il concorso di altri autori, di dare un quadro plausibile delle possibili influenze “esterne” sullo sviluppo storico-sociale, oserei dire antropologico, dell’Umanità sulla Terra. Eppure questo immodesto scopo il nostro gruppo di ricerca se lo è proposto. Partendo da alcuni spunti, che in queste righe verranno esposti, durante la fase creativa del saggio ci si era resi conti che il discorso tendeva generalmente a crescere troppo, giungendo a livelli di multidisciplinarietà che potevano portare a continui nuovi problemi interpretativi ed esplicativi. Il nostro limite di esseri umani, l’impossibilità di andare “oltre” certe questioni filosofiche e tecnologiche, ha preso alla fine il sopravvento, facendoci rimanere ai fatti presentati nell’opera. Siamo convinti però di aver fatto tutto il possibile per rendere di dominio pubblico determinati argomenti che definire “scottanti” sarebbe il minimo. Ma, almeno per chi sta scrivendo questa Introduzione, come ha avuto realmente inizio tutta questa storia? Nel 1998 ero stato il primo italiano a raggiungere sulle Ande del Perù Centrale lo straordinario altopiano di Marcahuasi, meraviglioso affresco roccioso amerindio, i cui misteri preistorici vennero in seguito da me descritti nel saggio L’impero Amazzonico.4 Le enormi strutture a forma umana e di animali, abbozzate sulle rocce dell’altipiano probabilmente da un’antichissima civiltà sconosciuta, mi avevano enormemente impressionato. Avendo scattato diverse fotografie di queste strutture “organiche”, così chiamate dal primo scopritore dell’altipiano, il dottor Daniel Ruzo nel 1952, cercavo in quel periodo delle conferme geologiche sulla possibilità che gli esecutori di questi notevoli “affreschi” megalitici potessero appartenere, a quanto si diceva in Perù, a un’epoca antidiluviana. Tramite una mia conoscente scrittrice, L. Bat Adam, entrai in contatto nella primavera del 2000 con il prof. Floriano Villa, un Geologo molto famoso (è deceduto nel 2014), discepolo del grande Ardito Desio, di cui tutti hanno sempre ammirato le numerose gesta in giro per il Mondo e sull’Himalaya (io stesso, tra le altre cose, avevo conosciuto personalmente Desio, diversi anni prima, per motivi legati alla mia Tesi di Laurea in Storia Economica). L’incontro con Villa avvenne così nell’aprile del 2000 nel suo studio di Milano centro. Un resoconto di questo incontro si può leggere nell’articolo L’ultima Civiltà pubblicato sulla rivista Nexus nei nn. 60 e 61 ma, nella sostanza, si verificò questo: il professore, dopo aver appreso delle mie indagini peruviane e dopo alcuni minuti di tensione (reciproca) e di timore, capì che ero un esploratore puro, semplicemente appassionato dei tanti misteri del nostro Mondo, senza alcun secondo fine e, dopo aver fatto uscire il suo assistente dalla stanza, mi disse che, dalla sua attività professionale e dalle stranezze che gli erano capitate nel corso di una vita intera, era rimasto assolutamente convinto che le civiltà umane fossero cicliche, si ripresentavano a distanza di centinaia di migliaia, milioni di anni, e pertanto si erano verificate delle diverse fasi umane di ascesa e declino culturale, nel corso di tempi immemorabili. Lui stesso, mi disse per esempio, era rimasto personalmente coinvolto in quello che chiamava il “Caso Nizza”, quando negli Anni Sessanta, da giovane Geologo, durante degli scavi per costruzioni a Nizza — si voleva costruire un centro commerciale — aveva assistito al ritrovamento di resti di case ed appartamenti di tipo moderno, con tanto di servizi igienici, esistenti in strati argillosi vergini sotto la città, strati datati di almeno 600.000 (seicentomila) anni. Naturalmente l’intervento di componenti dei “Servizi segreti” occidentali aveva impedito che la notizia trapelasse… Tutto questo, ovviamente, Villa non aveva mai potuto riferirlo durante le sue lezioni universitarie: erano argomenti Top Secret, ma ora che aveva lasciato l’ambiente accademico dopo decine d’anni di insegnamento (quarant’anni circa) nel corso di nostri successivi incontri riservati che avvennero praticamente a cadenza annuale, il professore mi riassunse le sue idee e le sue esperienze, che oggi si possono descrivere con i concetti seguenti, che ritengo essere degni di nota.

Primo punto — Le civiltà umane sono di carattere ciclico. Esse si sviluppano e poi scompaiono, si auto-distruggono o vengono distrutte da catastrofi naturali terrestri o provenienti dallo spazio (impatti di asteroidi e comete), a distanza di enormi intervalli di tempo. Infatti sono stati ritrovati crani umani di tipo moderno (del tipo sapiens-sapiens), in strati geologici definiti “certi” dalla Scienza — e cioè non ci sono state intrusioni da altri strati geologici — di milioni di anni fa, anche in Italia. (Un caso clamoroso fu il ritrovamento a Castenedolo in provincia di Brescia, nella seconda metà dell’Ottocento, di un cranio femminile moderno in uno strato di almeno due milioni di anni fa, se non addirittura cinque milioni). Sarebbe un buon esempio di quello che l’Archeologia misterica definisce come OOPART (Out Of Place Artifacts , cioè gli “Oggetti Fuori Posto”).

Secondo punto — I convegni tra scienziati “a porte chiuse”. Diversi scienziati ne parlano tra di loro, in incontri a livello internazionale, ma mantenendo il più assoluto riserbo. Alcuni incontri hanno riguardato la “non spiegabilità” in termini convenzionali della formazione preistorica di alcune catene montuose (generalmente montagne “giovani”, come le Ande, per esempio, o le nostre stesse Alpi) presenti sulla Terra: alcune incredibile spiegazioni emerse in questi incontri Top Secret hanno chiamato in causa concetti impressionanti come quello della “orografia artificiale” (e cioè la formazione di catene montuose come fenomeni voluti da un “disegno intelligente” di tipo umano o preterumano), o addirittura le cronache indiane vediche — forse le più fedeli rappresentazioni della Storia antica della Terra e degli esseri umani, come mi disse Villa — dove esplosioni atomiche di enorme potenza, per causa di guerre atomiche del passato, avevano contribuito ad innalzare dalle acque marine alcune delle catene montuose più note.

Terzo punto — Nella nostra attuale civiltà “tecnologica” gli equilibri non devono essere alterati. Questo lo vuole chi detiene il “vero potere” — tutti possono capire a quali settori ci si riferisce, soprattutto di questi tempi. Gli “equilibri” sono di ogni genere, sociali, culturali, storico-religiosi, ma soprattutto economico-tecnologici, anche a scapito dell’ambiente terrestre, dell’amore per il vero progresso e della vera scienza (che ormai non esisterebbe più, dato che ormai anche la “ricerca pura” risentirebbe esclusivamente del fattore economico). Di conseguenza, come puro esempio, con il petrolio come fonte energetica dovremmo andare avanti ancora per un pezzo — almeno un secolo — perché lo sviluppo tecnologico ed i suoi relativi salti, con l’utilizzo di altre forme di energia più pulite e più a basso costo, è in realtà già stato programmato solamente tramite passaggi tecnologici, distanti tra loro centinaia di anni. I passaggi di tecnologia verrebbero quindi programmati da “chi comanda” e sarebbero il frutto di “accordi” con chi può cedere nuove tecnologie, già ora esistenti, ma per il momento ritenute proibite. Leonardo da Vinci, Nikola Tesla, Viktor Schauberger, Wilhelm Reich e, nello specifico caso che affronteremo, l’Ingegner Alessandro Porro, insieme a tanti altri, hanno tentato in verità nel corso della Storia di accorciare questi tempi lunghissimi già programmati e concordati dai potenti, ma non ci sono riusciti pienamente, o gli è stato addirittura impedito di farlo. Con ogni mezzo. In ogni caso, nell’autunno del 2005, le mie ricerche personali, nonostante gli incontri annuali con il professore, erano giunte ormai ad un punto morto: Villa aveva certo collaborato segretamente negli Anni Sessanta con un gruppetto di ricercatori “di frontiera” che comprendeva, oltre a lui, un Ingegnere, un Giornalista, un Medico e un’Artista che fungeva da segretaria del gruppo e pochissime altre persone, ma in ogni caso privatamente e nell’ambito comunque delle rispettive famiglie. Le “scoperte” di questo manipolo di cercatori erano state strabilianti, incredibili, forse troppo. Il problema era che tutto questo lavoro enorme di ricerca era stato “secretato” dagli stessi attori in gioco ed inoltre, a partire da metà degli Anni Settanta, il gruppo si era sciolto e dei suoi vecchi amici il professore aveva perso ogni traccia. Che fare, allora? Ero molto indeciso e amareggiato. Dietro consiglio del Direttore della rivista Nexus, Tom Bosco, decisi di far pubblicare l’articolo L’ultima Civiltà, sopra citato, a mo’ di “esca”. Se qualcuno degli amici del professore fosse stato ancora in vita, leggendo Nexus (rivista leader nel settore delle pubblicazioni alternative, e di diffusione internazionale) avrebbe potuto tentare di mettersi in contatto con il sottoscritto. Avevo apportato alcune leggere modifiche cronologiche rispetto a quanto mi era stato riferito da Villa proprio per attirare maggiore attenzione dagli attori principali, e farmi magari correggere. Fui fortunato: nel giro di poco tempo mi contattò la signora Luciana Petruccelli (scomparsa nel 2010), che era stata la “segretaria” del gruppo segreto di ricerca. In un nostro incontro nel 2006 in Liguria (Sori), Luciana mi confermò tutto: ogni cosa che mi era stata raccontata dal professor Villa era assolutamente vera, in più lei stessa aveva conservato parte della documentazione classificata di quel periodo, e infine poteva farmi incontrare con il Giornalista che per quasi dieci anni aveva allora seguito e annotato tutte le ricerche in un “Diario”: Mario Miniaci, Giornalista per Il Corriere della Sera e La Domenica del Corriere, ai tempi delle “ricerche segrete”. Questo fu il mio successivo, e definitivo, contatto. Mario Miniaci da più di trent’anni viveva isolato in una villetta tra i bei boschi del Varesino, nei pressi del Lago di Varese: un personaggio notevole e affascinante, un vero galantuomo d’altri tempi di cui diventai ben presto amico. Aveva allora già più di novant’anni, ma li portava ancora benissimo (è deceduto alla fine del 2009, e lo andai a trovare per l’ultima volta una ventina di giorni prima che se ne andasse). Certamente, Miniaci ricordava tutto: il “Caso Porro”, così come lo chiamava lui, era stato l’avvenimento più impressionante della sua vita, ed anche per questo motivo aveva deciso di eclissarsi e starsene in pace e discrezione per ben trentacinque anni… Ma certo, mi disse, gli avrebbe fatto piacere rivedere il professor Villa. Erano troppi anni che non si vedevano più… Si organizzò così una cena, a casa di Miniaci, con i suoi figli, il professor Villa e chi vi scrive. Fu un evento emozionante, e non solo per il sottoscritto. Una storia nascosta, misteriosa, perduta e dimenticata dell’Italia della metà del secolo scorso, ma che, se vera, poteva interessare tutta la Storia della Terra, dello scibile umano e dell’intero nostro Cosmo, ritornò alla luce nei ricordi di quelle persone fuori dall’ordinario, in quella serata varesina di ottobre del 2007. Il fulcro di tutta la faccenda, mi dissero, era stata l’invenzione di uno straordinario strumento rabdomantico, chiamato “rabdomante elettronico”, un apparecchio inventato dall’Ingegner Alessandro Porro alla fine degli Anni Cinquanta. Tramite alcuni articoli di Mario Miniaci apparsi su La Domenica del Corriere (vedi tra i Documenti a fine testo) nei primi Anni Sessanta, il “rabdomante elettronico” di Porro aveva goduto di una certa notorietà, e lo strumento, nelle mani del suo creatore, aveva contribuito alla scoperta di alcuni importanti ritrovamenti archeologici e a ricerche petrolifere, gassose e idrogeologiche. Ma, improvvisamente, così come la notorietà popolare era comparsa, tutto era ritornato nell’ombra. Cos’era successo? Questo: secondo l’Ingegner Porro, lo strumento funzionava “troppo” bene, poteva “vedere” e sondare rabdomanticamente sino a 800-1000 metri di profondità, una cosa impensabile anche per i nostri attuali “geo-radar”, rivelando così un incredibile trascorso preistorico per la nostra Italia, per l’Europa ed il Mondo intero. Tracce di una “Umanità” di decine di milioni di anni fa, tracce di sconvolgimenti geologici tremendi, di “Guerre fra mondi”, di declino culturale e di nuove “Umanità”. Insomma, la nostra società attuale è veramente l’“Ultima Civiltà” in ordine di tempo, ma vi sono state altre precedenti, favolose civiltà, e ve ne saranno molte altre… E sempre sarà così, sino alla fine fisica del nostro Pianeta quando, tra cinque miliardi di anni, il nostro attuale Sole, mutatosi in Stella gigante, ci divorerà, letteralmente… Un’alternanza di cosmici alti e bassi cronologici, così sulla Terra come in tutta la Storia dell’Universo. Le “scoperte” erano state ovviamente troppo invasive e sconvolgenti, colpendo alla radice l’esistenza stessa del gruppo di ricerca, che si era di fatto sciolto intorno al 1974 dopo uno shoccante “incontro sul Lago di Garda” con dei misteriosi “Guardiani” dell’Evoluzione di questa attuale Società umana (vedi al Capitolo 2). Questi “Veglianti” sarebbero delle persone speciali, esseri umani che nascono, vivono e muoiono esattamente come noi, ma che allo stesso tempo sono dotati di “Memoria Ereditaria”: eredi genetici (per via paterna, in questo caso specifico) non solo del patrimonio ereditario genetico dei genitori come tutti noi, ma anche della memoria della vita vissuta e del sapere raggiunto dai loro Antenati, sino a centinaia di migliaia, milioni di anni or sono. Persone troppo importanti per i Gruppi di potere mondiale, con i quali collaborano e di cui essi stessi fanno, a volte, parte. Uomini destinati al controllo evolutivo/tecnologico del nostro Pianeta, che portano la Scienza verso “nuove” grandi scoperte per il nostro Mondo solo quando si ritiene che sia arrivato il momento giusto. Proviamo allora a cercare di descrivere una recente storia segreta del secolo scorso sulla base di tutto questo. A partire dai primi decenni del XX Secolo è plausibile che alcuni scienziati abbiano cominciato a rendersi conto che “qualcosa non quadrava” nella storia ufficiale della Terra e dei suoi abitanti più preziosi, gli esseri umani. È possibile che qualche scienziato tra quelli più capaci abbia cominciato a rendersi conto che, per vari motivi, dietro leggende come la Terra cava, i più antichi racconti storico religiosi conosciuti (per esempio le Guerre Vediche), i racconti di esploratori sopravvissuti a situazioni apparentemente impossibili, all’apparizione di misteriosi fenomeni celesti, potesse esistere un’altra verità storica e scientifica. Un personaggio ancora oggi carismatico e misterioso come Georges I. Gurdjieff e alcuni suoi discepoli, come il francese René Daumal per esempio, o una normale attività di intelligence investigativa, potrebbe aver rivelato qualche segreto a qualche scienziato, o per via iniziatica a qualche politico, a qualche imprenditore propenso al credere, di più ampie vedute e con grossi mezzi finanziari da impiegare in ricerche segrete. Dall’esperienza personale dello scrivente ci si è assolutamente resi conto di come campi apparentemente così lontani come la Scienza, la Politica, la Religione, la Storia e l’Esoterismo siano in realtà collegati da persone, situazioni e vicende quanto mai contigue anche se insospettabili o ritenute impossibili. Tutto questo potrebbe allora dare una spiegazione, per esempio, alle ricerche apparentemente assurde di alcuni scienziati ed esploratori tedeschi compiute sotto il nazismo (per esempio i ricercatori Otto Rahn ed Edmund Kiss), impegnati nella ricerca di sacre reliquie, ansiosi di scoprire “mondi sotterranei”, pronti ad impostare vie per una nuova scienza radicalmente conflittuale con quella riconosciuta ed ufficiale a quel tempo. In sostanza, dietro tutto questo, partendo dal mistero degli UFO (dischi volanti “terrestri” o “extraterrestri”) fino a giungere all’inizio degli Anni Cinquanta, con il controverso caso Adamsky per esempio, si ritiene che ci sia stata una sorta di “fuga di notizie” non meglio definita e qualificata, ma importante. Qualcosa poteva essere effettivamente successo e qualcun altro poteva essersi reso conto dell’esistenza di una più sconvolgente realtà che riguardava la Storia della Terra e la reale situazione attuale. Arriviamo quindi ai primi Anni Sessanta: è da questo periodo postbellico che partono le testimonianze dirette di coloro con cui si era entrati in contatto. Nei primi Anni Sessanta, appunto, durante le opere di sbancamento nella città di Nizza in Costa Azzurra, necessarie per la costruzione di un centro commerciale, si verificò una clamorosa scoperta: in uno strato geologico sicuramente vecchio di almeno 600.000 anni, i tecnici coinvolti assistettero sgomenti al ritrovamento di resti di caseggiati ed appartamenti architettonicamente di tipo moderno, con tanto di tracce di servizi igienici, ma dall’età, infatti, spaventosamente antica. Era una conferma certa della teoria ciclica delle civiltà. Il Geologo Villa là intervenuto, come abbiamo già letto, voleva divulgare la clamorosa notizia ai media, ma fu prima bloccato e poi minacciato dai Servizi segreti occidentali — probabilmente francesi ed americani congiuntamente — di non osare fare una cosa simile. Egli sarebbe stato ritenuto pazzo e la sua carriera sarebbe finita. Il Geologo tenne così forzatamente la bocca chiusa. Passiamo oltre. Sulla scorta del fatto che ci si era accorti che le prime sonde lunari che si schiantavano sul nostro satellite in diversi casi, al momento dell’impatto, facevano risuonare la Luna (secondo i sismografi terrestri) come una “campana”, e quindi rivelavano l’esistenza di enormi cavità al suo interno, congiuntamente al fatto che si verificavano registrazioni di misteriosi lampi luminosi sul suolo lunare, forse dovute ad esplosioni (provocate?) od impatti di meteoriti, la NASA decise — fu questo il vero motivo? — di organizzare delle missioni lunari con esseri umani a bordo. Quanto è stato riferito dal gruppo di ricerca indipendente corrisponde in gran parte con quanto già testimoniato su una rivista già da diversi anni dall’ex tecnico della NASA Richard Hoagland: si scoprirono resti di una misteriosa antichissima civiltà sulla Luna, e furono presi dei reperti che poi servirono per lo sviluppo tecnologico attuale della Terra per gli Anni Ottanta, Novanta e Duemila.5 Veniamo adesso ad alcune connessioni. Negli Anni Settanta Neil Armstrong, il “primo” uomo a camminare sulla Luna, si ritrovò catapultato in una missione tra le Ande e le foreste dell’Ecuador, con una improvvisa missione occidentale (scozzese) per visitare una strana grotta, la Cueva de los Tayos, a trecento metri di profondità e lunga circa 10 chilometri, per visionare strane formazioni megalitiche trovate sul fondo di questo tunnel naturale Sud Americano. A Neil Armstrong sarebbe stato fatto vedere e confrontare quanto aveva visto sulla Luna con quello che esisteva all’interno della Cueva de los Tayos sulla Terra.6 In ben determinati livelli accademici e di potere costituito ci si interrogava così su quale tipo di azioni prendere per fare in modo che la gente comune non potesse indagare ulteriormente e si ponevano seri dubbi sul fatto se o no l’umanità dovesse venire a conoscenza di determinate scoperte. Il caso che mi era stato riferito riguardava così, in particolare, l’Ingegner Alessandro Porro, deceduto ormai da tempo (nell’estate del 1976). Negli Anni Sessanta questa persona, insieme ad altri tecnici, sulla scorta di ricerche sotterranee compiute per conto di grossi Trusts economici internazionali, compiva i suoi studi analizzando il sottosuolo della Valle Padana e delle Prealpi: diverse volte, a centinaia di metri di profondità lo strumento da lui creato (il rabdomante elettronico) rivelava l’esistenza di decine e decine di grosse sfere metalliche, forse cave all’interno. In altri casi era impossibile descrivere quello che si trovava se non ricorrendo ad una spiegazione paradossale: sembravano essere stati sotterrati enormi macchinari sconosciuti, dalle strutture arditissime, o ci si trovava di fronte a caverne che sembravano ospitare vere e proprie “città” sommerse da decine di metri di terra e pietre. In altri casi i sonar di ricerca impazzivano letteralmente, i raggi di ricerca venivano deviati da forze telluriche contrarie inspiegabili. Sembravano forze provenienti da macchinari sconosciuti “ancora in attività”. Questo Ingegnere, preso dall’inquietudine si confidò con altri suoi colleghi e venne così deciso di continuare queste ricerche “in privato”, anche per il fatto che, saltuariamente, diverse di quelle misteriose sfere di metallo e cemento, dopo qualche mese che venivano scoperte, esplodevano sottoterra e si distruggevano (o venivano distrutte). Si era ormai nei primi Anni Settanta, e il risultato di questo pool di ricercatori fu incredibile, ma per loro vero: delle “intelligenze” agivano sulla Terra, mandando probabilmente degli impulsi da una non meglio specificata “base” sulla Luna, distruggendo le sfere metalliche, per non farle recuperare e studiare meglio da questi ricercatori. Questo scienziato fu poi contattato improvvisamente sul Lago di Garda nel 1974 da dei misteriosi personaggi. Facevano parte di un gruppo di persone dalle particolari capacità tendenti a preservare “geneticamente” la memoria atavica di tutte le conoscenze scientifiche e filosofiche apprese in milioni di anni dell’alternarsi delle varie civiltà umane. Erano loro che, periodicamente e purtroppo, erano costretti, in varie parti del mondo, a far saltare quelle sfere metalliche cave, che contenevano in realtà uomini messi in ibernazione da tempo immemorabile, da altre civiltà precedenti: in alcuni casi erano riusciti a “risvegliare” questi esseri ibernati facendoli rivivere con loro ma, in altri casi, per timore che fossero scoperte, eliminavano le sfere ed il loro “contenuto”. Fu detto a questo Ingegnere che, dato il verificarsi di varie situazioni di pericolo, nel giro di milioni di anni qualsiasi corpo celeste, come la Terra ad esempio, corre, per causa di enormi catastrofi, di subire terremoti o impatti di asteroidi dall’esterno, e così le varie civiltà umane più evolute saltuariamente avevano trasferito uomini e mezzi sulla Luna, o su Marte o all’interno di tunnel nella Terra stessa per preservare la specie e, passato il pericolo, o verificatosi l’evento tragico, dopo millenni ritornavano sulla Terra o sulla sua superficie. Era sempre stato così, così come da decenni vigeva un accordo con le autorità più importanti del Pianeta di questa attuale civiltà per non divulgare queste notizie, in cambio di una “graduale cessione” di tecnologie innovative. Una loro “base” era ancora attiva, ma celata, sulla Luna , ed era stato questo avamposto a far esplodere altre basi sulla superficie lunare negli anni precedenti, nel tentativo (infruttuoso) che le missioni NASA non le scoprissero. Ma gli astronauti le scoprirono. Questo gruppo di “Guardiani” contava infine sulla “discrezione” ed il senso di responsabilità dell’Ingegnere per mantenere il segreto, e così fu, almeno per il grande pubblico sino ad oggi. Ma, appunto in questi ultimi anni, altri studiosi che facevano parte del gruppo “dissidente” di ricerca universitario, per ragioni che io ignoro, hanno deciso di rivelare tutto quanto ho riferito in questa breve Introduzione. Per dovere di nota, in un incontro dell’anno 2005 ci si chiese se dietro tutto questo non ci fossero anche altri accordi o, piuttosto contatti esterni, con civiltà aliene o “extraterrestri” o “infraterrestri” ma chi ha risposto ha detto che non lo sapeva, anche se non lo escludeva, vista l’incomparabile realtà che si era rivelata, dopo decine d’anni di pericolose indagini. Ecco un estratto degli appunti presi durante l’incontro del 2005.

INCONTRO IN MILANO del 30 settembre 2005 h.08.30. Quarto (o quinto) incontro con il prof. Villa, Geologo dell’Unione Europea, in cinque anni. L’incontro è stato molto interessante: conferma quanto detto fondamentalmente da Richard Hoagland nell’intervista con Tom Bosco pubblicata su Nexus n. 53 del gennaio 2005… Anzi, ha detto che sarebbe meglio ricontattarlo fino a che “Hoagland rimane vivo” e di mandargli le fotocopie dell’articolo… Nel giro di milioni e milioni di anni, mi ha detto, si sono alternate varie specie umane che hanno raggiunto enormi gradi di civiltà… Nell’impossibilità, in alcuni casi di evitare enormi catastrofi naturali esogene o endogene la Terra, si erano trasferiti, in alcuni casi, e alternativamente, su Marte e sulla Luna… La NASA e i Poteri Forti sanno tutto, ma non rivelano, non possono farlo… perché esiste “un Cerchio interno dell’Umanità” di eredi genetici di queste antiche specie umane (per esempio, forse Leonardo da Vinci era uno di questi), in grado di padroneggiare varie discipline “scientifiche diverse” acquisite in milioni di anni di cultura e che ha raggiunto una forma di accordo con i “Grandi” padroni della nostra civiltà attuale… Alcuni di questi uomini vivono sotto terra, altri ancora sulla Luna, dove hanno qualche centro di controllo… Furono loro a far saltare molte delle cupole vetrose di cui parla Hoagland nei primi Anni Sessanta per tentare di cancellare determinate tracce agli astronauti americani che stavano arrivando… Ma la cosa non ha funzionato ed alla fine si è arrivati ad un accordo di “congiura del silenzio”… Armstrong andò nel 1975-1976 a visitare la Cueva (grotta) de los Tajos in Ecuador proprio per trovare riscontri a tutta questa faccenda… La storia del tesoro all’interno delle grotte è tutto un depistaggio. Il suo amico Ing. Porro, da tempo deceduto in strane circostanze… (aveva saputo da personaggi misteriosi quando sarebbe morto ed in quale giorno), aveva rintracciato sottoterra in provincia di Bergamo grazie ad un suo apparecchio, nelle valli Bergamasche, strane sfere metalliche che probabilmente contenevano altri di questi antichi esseri umani ibernati… Sfere che, in alcuni casi o vengono distrutte da questi esseri quando si teme che vengano scoperte durante scavi di varia natura o che contengono uomini vengono riportati in vita dallo stato di ibernazione… Questi uomini “risvegliati” vengono posti tra noi con lo scopo di controllarci… Sono praticamente uguali a noi, abbastanza alti con la testa un po’ grande, quasi sproporzionata (solo come esempio mi disse di vedere il film Cittadino dello Spazio, degli Anni Cinquanta). In altri casi sono uomini della nostra civiltà attuale che invece lavorano per loro… Il professore ha confermato ancora tutto il resto..cioè tutto quanto mi disse nel corso degli scorsi anni e si è accommiatato dicendomi di stare molto attento e di contattare ancora Richard Hoagland … del quale comunque non aveva mai sentito parlare… Aspettava da me le fotocopie dell’articolo di Nexus e l’indirizzo e-mail del sito web di Hoagland.

Sarà meglio concludere così questa Introduzione, senza gettare troppa “carne al fuoco” del sapere. Per i dettagli specifici si vedrà ai Capitoli successivi descritti dal nostro attuale gruppo di indagine, un Team che molto temerariamente si è messo in testa di attualizzare le ricerche di un gruppo di coraggiosi studiosi, oggi purtroppo tutti scomparsi, che negli Anni Sessanta portarono alla luce una delle vicende più controverse del nostro tempo.


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 24/01/2023, 16:03 
BREVE RIASSUNTO DELLA NOSTRA STORIA
Marco Zagni

Dove si fornisce un breve riassunto della documentazione conosciuta come il “Diario” di Mario Miniaci. Lo scritto, ordinato cronologicamente dalla segretaria del gruppo Luciana Petruccelli dopo la morte dell’Ing. Porro (1976), si compone di 170 cartelle di fogli A4, spazio 1.

Parte delle informazioni contenute in questo Capitolo, provengono principalmente, ma non solo, dal “Diario” che il Giornalista del Corriere della Sera e della Domenica del Corriere Mario Miniaci, deceduto da diversi anni, stilò a macchina da scrivere in un periodo compreso tra il 1965 ed il 1970 (erano però apparsi alcuni suoi articoli a stampa già dal 1963), seguendo, passo dopo passo, le ricerche segrete dell’Ingegner Alessandro Porro con l’appoggio del Professor Floriano Villa. La fiducia e l’amicizia che Miniaci e la sua famiglia mi concessero mi ha permesso di entrare in possesso di questi documenti inediti. In questo Capitolo si è deciso, di comune accordo con gli altri Autori di questo saggio, di fornire un semplice quadro di base di questa storia, mentre nei Capitoli successivi verranno affrontate alcune tematiche più specifiche che possono essere di maggiore utilità ed interesse per i lettori di oggi, in un periodo storico-economico così difficile come quello in cui stiamo vivendo ora. Il “cronista” Mario Miniaci, così come amava definirsi, conobbe l’Ingegner Porro nel marzo del 1963, sul sagrato del Duomo di Milano. Porro era giunto in Italia da non molto tempo, dopo aver vissuto per anni in Brasile (San Paolo), per far conoscere anche nel nostro Paese questo suo apparecchio per la rilevazione sotterranea, chiamato informalmente “rabdomante elettronico” (il termine corretto sarebbe “Frequenziometro per la Spettroscopia molecolare”), strumento che già da tempo gli aveva procurato diverse soddisfazioni oltreoceano. Ancora oggi non vi è completa certezza sulla vera origine dell’apparecchio: il Prof. Villa mi disse di essere abbastanza sicuro che il rilevatore “elettronico” (di misteriose onde provenienti principalmente dal sottosuolo, chiamate dall’Ingegnere “neutroonde”) derivasse in realtà da un precedente modello “meccanico” ideato dal padre dell’Ingegner Porro, il famoso Geologo Cesare Porro, conosciuto in tutto il Mondo per le sue capacità ed il suo lavoro, deceduto poi nel 1940. Un appunto del Diario di Miniaci rivelava piuttosto che in una “biblioteca di San Paolo” l’Ing. Porro, nel 1961, trovò documentazione con un’indicazione Top Secret stampata dalla NASA, che gli servì per la creazione del “rabdomante elettronico” (sul funzionamento dello strumento vedi il Capitolo 3 e l’Appendice 2, a cura del Fisico Phd Diego Marin). Qualunque fosse la vera origine dello strumento elettronico di rilevazione sotterranea, vero antesignano degli attuali “Geo-radar”, l’apparecchio pare funzionasse benissimo, questo deve essere sottolineato, e non si contavano i casi ufficiali in cui il “rabdomante elettronico”, sotto la maestria del suo inventore, diede allora il meglio di sé nel campo delle ricerche idrogeologiche e archeologiche, e infatti non mancano gli articoli di giornale o di riviste dell’epoca che riportano questi successi (vedi tra i Documenti). Solo per fare un esempio concreto, Porro era stato chiamato dalla Soprintendenza alle Antichità di allora (Prof. Mirabella Roberti) per far ispezionare con l’apparecchio i sotterranei del Duomo di Milano e far disegnare su una mappa i resti della zona Sud dell’antica Basilica di Santa Tecla, a causa degli invasivi lavori della Metropolitana Linea 1 (Rossa) allora in costruzione, che avrebbero potuto creare dei problemi a questi resti archeologici. Incarico che l’Ing. Porro svolse alla perfezione. Come è stato già detto, i risultati positivi per gli incarichi “ufficiali” di quel periodo risultano numerosi.7 Il fatto è che, contemporaneamente, vennero effettuate delle ricerche “private” o, per meglio dire, “non ufficiali” o “segrete” che fornirono dei risultati strabilianti e “ai confini della realtà”. Risultati che ci accingiamo ad esporre. Il complesso della documentazione scritta del Diario nelle nostre mani si può grosso modo suddividere in tre grosse parti, una nostra scelta per spiegare meglio il tutto: una Prima Parte più “semplice”, con un’impronta simile a quella degli studiosi di “Archeologia di Frontiera” di quel tempo (come Peter Kolosimo, per esempio, tra le altre cose citato nel Diario), una Seconda Parte dalla quale traspare una sgomenta consapevolezza (con non pochi problemi di approccio interpretativo) della plausibile esistenza di un’antichissima civiltà umana (si parla di Eocene, un’Era del passato esistita circa 30 milioni di anni fa), sepolta centinaia di metri sotto la superficie terrestre e infine una Terza Parte, non particolarmente chiara, legata anche ai tentativi di comprendere una supposta raccolta di “Archivi” appartenuti a questa lontanissima specie umana. Chi scrive, a livello personale, non si è fatto ancora un’idea precisa di tutta questa faccenda: pur rimanendo imparziale, l’autore si rende perfettamente conto di come certi risultati raggiunti a quel tempo siano scarsamente accettabili a livello scientifico generale ancora oggi. Rimane il fatto però, e non se ne capisce la ragione, che quando determinate analisi dell’apparecchio rientravano nei canoni della “Storia ufficiale” o della Geologia riconosciuta, il “rabdomante elettronico” diventava un valido strumento di analisi del sottosuolo, per diventare invece totalmente inaffidabile e quindi portatore di risultati non divulgabili (secretati) quando le conclusioni rientravano in un “campo minato”. Delle due l’una: un qualsiasi apparecchio funzionante o è affidabile sempre, oppure non lo è mai. Prendere in considerazione delle ipotesi solo quando sono conformi a quanto ritenuto “in linea” con l’ufficialità scientifica, scartandone a priori altre solo perché sono “scomode” e “non rientrano” negli usuali parametri cognitivi, è un’ottica prudenziale troppo limitante, univoca e senza alcuna possibilità di far evolvere la conoscenza umana nel corso del tempo.

Prima parte
Questa Prima Parte del Diario comprende grosso modo una settantina di pagine per il periodo 1965-1966, con riferimenti anche agli anni 1963-1964. Dopo che Mario Miniaci era uscito con un articoletto apparso sul Corriere della Sera del 25 marzo 1963, riguardante le ricerche di Porro in Piazza del Duomo a Milano, che abbiamo brevemente descritto in precedenza, era stato lo stesso Ingegnere a contattarlo con una telefonata, tempo dopo. Porro si dilettava, nel tempo libero, a fare delle sue personali ricerche col suo apparecchio nelle zone tra il Comasco e il Varesino, a Nord di Milano, e il Rabdomante aveva individuato una zona interessante dal punto di vista archeologico, e suscettibile di ulteriori indagini. Miniaci poteva aiutarlo a fare il punto della situazione. E così avvenne. Ben presto però apparvero delle “incongruenze” temporali. Nella sostanza, a detta dell’Ingegnere, il Rabdomante poteva funzionare sino a sondare centinaia di metri di profondità del terreno, risalendo indietro nel tempo di centinaia di migliaia di anni della Storia della Terra, se non addirittura di milioni di anni, pertanto intere Ere geologiche precedenti la nostra attuale venivano interessate. In una zona corrispondente ad una antica fascia costiera appartenente ad un antico “Mare Padano” (come è risaputo, un tempo al posto della Pianura Padana vi era il mare), l’apparecchio di Porro aveva identificato resti di “corpi umani [mummie?], oro, gioielli, scudi, scritture sugli scudi e mura massicce” di abitazioni. «Trova dunque la conferma?», chiedeva insistentemente Miniaci. «Sì, inoppugnabile, assolutamente…Il guaio è che tutto quadra, tornano i conti. Tornano sempre. Ragione per cui non resta che domandarsi: ci si può fidare del razionale, oppure no?», rispondeva l’Ingegnere (p. 11 del Diario). Con l’individuazione di resti lignei di grandi imbarcazioni — sui 70 metri di lunghezza — (zona di Saronno, p. 39) si era pure pensato, ovviamente, all’Atlantide di Platone, o meglio alla “Tirrenide”, cioè a quella parte dell’Italia che Platone aveva effettivamente descritto essere stata conquistata dagli Atlantidi durante il loro tentativo di assoggettamento dell’Europa e dell’Asia nel corso della loro grande invasione del 10.000 a. C. circa. Così raccontava la leggenda, almeno. Si era pensato infine di far effettuare degli scavi per ottenere delle conferme, e in località Caslino al Piano era stato affittato un terreno (novembre 1965) che il “rilevatore sotterraneo di neutroonde” dava come particolarmente promettente. Il Professor Villa, che collaborava alle ricerche, rimaneva però particolarmente scettico sulla possibilità che degli scavi, sia pneumatici che manuali, potessero dare risultati concreti e soddisfacenti in breve tempo. In effetti, quando personalmente mi incontrai ancora con Villa dopo che avevo ottenuto il Diario di Miniaci, Villa mi disse che la sua precedente esperienza a Nizza (vedi l’Introduzione) e un’analisi del terreno di Caslino gli avevano fatto capire subito che, in quel particolare caso, l’eventuale strato corrispondente all’antica civiltà del Nord Italia identificata da Porro doveva essere antichissimo e situato a grande profondità. Infatti, giunti a 33 metri di profondità dello scavo,

[…] Villa riconosce le varve e senza esitazione parla di un milione di anni… Le varve sono sedimenti riconoscibili che distinguono le successive Glaciazioni… Un grande ciclo di vita umana: poi tutto è ricominciato. Come Geologo non può pensare diversamente. [Diario di Miniaci, 6 gennaio 1966]

Villa non si sbagliava, infatti gli scavi sarebbero continuati a Caslino sino a superare i 50 metri di profondità per poi interrompersi, per paura di crolli, all’inizio di marzo del 1966, senza alcun esito. Le evidenze di questa “civiltà” dovevano allora trovarsi molto più in profondità, e pertanto si dovevano impiegare dei sistemi molto costosi, fuori della normale portata di un privato gruppo di ricerca, che esercitava oltretutto questa attività nel tempo libero e a proprie spese. Infatti l’Ingegnere, di lì a poco tempo, sarebbe partito per lavoro all’estero, per star via diversi mesi. Prima di concludere questa Prima Parte del Capitolo si ritiene di riportare questa importante esperienza. Porro e il suo apparecchio vennero messi alla prova da una specie di Commissione Universitaria. Si trattava di

Professori del Politecnico di Torino… L’intesa era che Porro desse davanti alla Commissione una dimostrazione delle risorse del suo metodo, e i tre Professori per conto loro avevano incaricato un inserviente di scendere negli scantinati a nascondere due o tre oggettini di metallo, oro e argento… Poi, in pochi minuti, Porro muovendo dai piani superiori con i suoi strumenti in mano aveva rintracciato gli oggettini nei relativi nascondigli. Al momento gli astanti erano allibiti. Ma l’accademia era subito passata alla riscossa. Tutto chiaro! E venne steso un verbalino, scritto proprio, cosa del tutto inusitata in certi ambienti e circostanze. Spiegazione: Porro aveva letto nel pensiero di quell’inserviente, che all’esperimento era stato presente. Uno dei tre professori firmò il verbalino, gli altri preferirono esimersi. Ma tutti e tre erano dell’identico parere. Questo il sapiente verdetto, che Porro accolse senza replica… Porro [in seguito] argomenta: quando si tratta di ammettere che il nuovo esiste, si riesce a fare gli accomodanti… perché no? Purché si tratta di un nuovo che non disturba da vicino. Che non venga a pestare i calli… Quando urti l’establishment delle nostre competenze e qualificazioni; delle nostre preferenze e bravure, dei nostri assiomi. Allora no, sono barriere queste che non si varcano. [Diario di Miniaci, 27 novembre 1965]

Prima di concludere questa Parte iniziale, inseriamo un breve ricordo dell’Ingegnere da parte di Luciana Petruccelli:

[L’Ingegner Porro] racconta[va] della sua scoperta e del suo timore che l’apparecchio che aveva costruito, e che era in grado di rilevare l’esistenza di qualsiasi materiale nel sottosuolo, potesse diventare oggetto di interesse, per scopi bellici, di una delle due Potenze che in quel periodo erano in tensione (erano gli anni della Guerra Fredda fra Russia e Stati Uniti). Questo timore gli era nato dopo le prime prospezioni fatte in Brasile per ricerche d’acqua e di altri materiali pregiati, quando era stato contattato da persone che gli avevano fatto proposte che lo avevano allarmato. Gli venne il sospetto di poter essere prelevato e scomparire, com’era avvenuto per altri scienziati in quegli anni. Aveva deciso di tornare in Italia, dove pochi ormai si ricordavano di lui, per dedicarsi a un lavoro molto tranquillo ed anonimo…

Seconda parte
Questa Seconda Parte del Diario comprende circa cinquanta pagine (da 70 a 120) del periodo 1966-1968. Il frequenziometro di Alessandro Porro rilevava le emissioni organiche e inorganiche provenienti dal sottosuolo e, sulla base di alcune supposizioni, l’Ingegnere riusciva a ricavare le fisionomie ed in seguito le forme degli oggetti, degli attrezzi, dei “macchinari”, le mummie dei corpi degli animali e degli “umanoidi” sepolti, che poi Porro trasformava in disegni, grafici e altre immagini di vario tipo. A partire dal 1966 si era proposto come aiuto un certo Dottor Sergio Alberti, medico, per fornire maggior supporto allo studio dei vari resti umani che venivano rintracciati dall’apparecchio. Alberti si era offerto volontario dopo aver letto alcuni articoli apparsi sulla Domenica del Corriere, scritti da Miniaci. Come abbiamo fatto per la Prima Parte, ci atterremo a fornire un semplice riassunto schematico, asettico, di questa Seconda Parte del Diario. Di fatto, è proprio in questo periodo che va dal 1966 al 1968 dove verranno effettuate le “scoperte” più impressionanti e, francamente, preoccupanti. Una sorta di sgomento pervade continuamente le pagine del Diario, impressioni di sbigottimento, se non di vero e proprio terrore, che colpivano tutti i membri di queste indagini segrete, nessuno escluso. In sostanza, il rilevamento di corpi umani, mummie che, a detta del Prof. Villa, si trovavano a profondità “Terziarie” (e cioè prima delle ultime Glaciazioni, che indicano il passaggio dal Terziario al Quaternario, cioè l’Era attuale), gettava ombre sinistre sulla datazione degli esseri ritrovati. Ma erano, o erano stati, veramente, esseri umani? Inseriamo queste brevi impressioni di Mario Miniaci, degne forse delle migliori pagine di H. P. Lovecraft:

Se provo a rappresentarmi quei corpi, c’è qualcosa che fugge con orrore, e sono io a fuggire…Sfingi corpose, sinistre, agghiaccianti. Infinitamente più remote di prima. A parte il trauma c’è da rimanere interdetti anche per la quantità supplementare di millenni che viene a caricarsi su quei corpi, sulla materialità così opinabile e assurda di quei corpi. Nemmeno i sassi durano così a lungo nel tempo. La incredibilità di questa storia si eleva a potenze astronomiche: questa del tempo, della caterva inconcepibile di millenni che quei corpi rappresentano, diventa uno scoglio più insormontabile degli altri. [Diario di Miniaci, 26 luglio 1966]

Miniaci è troppo scosso da questi avvenimenti, che si succedono senza soluzione di continuità e decide, per il momento, di rinunciare a continuare a seguire il gruppo e a scrivere il Diario. D’altra parte, l’Ingegner Porro dovrà assolvere degli incarichi ufficiali di ricerche sotterranee che lo porteranno in Africa Orientale per circa un anno… Sul finire dell’agosto del 1967, Porro ritorna in Italia dall’Asmara (ex Colonia italiana in Africa Orientale) dove ha compiuto varie ricerche tra i vecchi bunker dell’Esercito Italiano, cercando tesori su commissione. Tornato a casa, decide di riprendere delle indagini nella zona di Erba. Leggendo il Diario si comprende che Mario Miniaci si era un po’ ripreso dalle paure dell’anno precedente, e non vedeva l’ora di collaborare ancora con l’Ingegnere. Ma ecco che, nel giro di breve tempo, il livello dei rilevamenti raggiunge il suo apice, e il Diario di Miniaci si trasforma poco a poco in una sorta di “romanzo” noir di fantascienza. Ma si trattava purtroppo, a parer loro, di una tremenda realtà, episodio angoscioso che scatenava effetti psicologici mal sopportabili da tutti gli attori di questa impressionante storia. Tutto era nato dalla percezione, da parte del rabdomante elettronico, del funzionamento sotterraneo di misteriose fonti di energia, forse “pile atomiche”, la cui emissione energetica serviva per diversi tipi di “sostentamento”. Porro non ha dubbi, a centinaia di metri sottoterra si trovano centinaia, forse migliaia di esseri “ibernati” o in attesa di “risveglio”, la cui animazione sospesa è dovuta ad apparecchi energetici, e il tutto si trova all’interno di centinaia di “Sfere” corazzate di decine di metri di diametro, disposte a schiere ordinate di tipo militare, tra la Pianura Padana, la Svizzera e sicuramente in molti altri Paesi del Mondo (Brasile, Venezuela?). In più, altre onde sconosciute e misteriose provengono dalla Luna, da Marte e forse da altri pianeti. Il frequenziometro non si sbaglia, mai. Quest’attività elettromagnetica (o meglio delle “neutroonde”) si intensificava infatti durante gli avvistamenti in Italia dei dischi volanti, le cui apparizioni ufologiche a quei tempi, come è noto, si susseguivano intensissime non solo nel nostro Paese o in Europa, ma in tutto il Mondo. La profondità di queste sfere? Variava ma, in genere, nella zona a Nord di Bergamo, era sui 380-400 metri nel sottosuolo. I geologi in genere parlano di 30-40 milioni di anni fa con queste cifre, in pieno periodo dell’Eocene. Secondo Porro, in una sua testimonianza del periodo, si poteva indagare ancora, perché il suo strumento poteva arrivare a scandagliare sino a 800- 1000 metri di profondità. Ma, forse, non sarebbe stato meglio fermarsi? Ecco un commento di Miniaci a caldo:

Queste cose venute fuori certificano la presenza di un mondo che convive con noi completamente ignorato, conosciuto in segreto chissà da chi. È un ignoto che dà prove fisiche della sua esistenza meno confutabili di tante confutazioni sbrigative di cui vado prendendo atto. Ragione e buon senso? Sono queste le parole d’ordine venerate da quelli che si affidano semplicemente alla supremazia glorificata che l’animale umano avrebbe di decidere tra ciò che è vero e ciò che è falso. Lo dichiara un veggente inglese, Wellesley Tudor Pole. [Diario di Miniaci, 29 agosto 1967]

E Porro, piuttosto, come la pensava in questi frangenti? Ecco un suo commento, riportato sul Diario:

Quella gente… non sono mai stati gli Atlantidi. Quelli sono di un altro Mondo incastrato nel nostro e non ce ne siamo mai accorti… Una parte di loro erano fuggiti su altri pianeti quando la Terra stava per essere sconvolta dai terremoti e dalle eruzioni. Quelli dei Dischi, dei Dischi che si vedono da noi, sono in comunicazione con i loro simili lasciati a vegetare sottoterra ibernati, in attesa del risveglio, e del resto per loro il tempo non conta… Hanno trovato l’immortalità. Questi qui che dormono però dovevano essere svegliati prima, chissà quanto prima, appena finiti i cataclismi… Ma il seppellimento era troppo profondo. E oggi poi siamo qui noi Uomini, a disturbare l’operazione. Quelli dei Dischi così ci spiano, girano al largo per adesso. Ma loro del resto sanno prevedere i cataclismi, li avevano ben previsti ai loro tempi. E magari ne prevedono per noi?… E poi qui ti voglio: gli UFO vengono solo da altri pianeti, o ce ne sono che hanno basi sulla Terra? [Diario di Miniaci, 1 settembre 1967]

E ancora Miniaci chiedeva: «Ma com’è che le sfere sono da datare all’Eocene?». E l’Ingegnere rispondeva:

Per forza: le sfere stanno affondate nel terreno che faceva da fondale al mare dell’Oligocene, ed è un terreno ricoperto in buona parte da uno strato di tufi, cioè da materiale vulcanico. Chiaro quindi, le sfere con gli ibernati stanno nel terreno che è stato sconvolto poi dai cataclismi tellurici, e le lave vulcaniche lo hanno ricoperto, lave e ceneri: così ci sono i tufi. E sopra le marne depositate dal mare. Quindi le catastrofi che loro prevedevano e che li hanno indotti a costruire le sfere per scampare furono proprio di natura vulcanica… Così dicono i geologi. Il sollevamento delle Alpi e dei sistemi montuosi dell’Europa sono più recenti, ma stanno tra l’Eocene e l’Oligocene: in quei periodi si levarono sino a 10.000 metri, poi in periodo posteriore, nel Pliocene, c’è stato un altro sussulto con un’aggiunta di un altro migliaio di metri di quota, che fu l’assestamento definitivo. Ma che il paesaggio al tempo della costruzione delle Sfere fosse ancora pianeggiante lo dimostra la carta geografica che ho rilevato l’altro giorno, quella che ha i mari interni e le ingolfature profonde… [Diario di Miniaci, 10 settembre 1967]

Le ultime venti pagine di questa Seconda Parte del Diario si concentrano sul tentativo di Porro di comprendere la costituzione, l’essenza e il funzionamento di queste misteriose sfere corazzate di sostentamento vitale e degli esseri che vi si troverebbero all’interno in animazione sospesa, macchine che però, a volte, non sono perfette, dato che, per cause non ben precisate, saltuariamente “esplodono” sottoterra, causando nel nostro mondo di superficie impressioni di veri e propri piccoli terremoti:

Porro mi porge un ritaglio di giornale incollato su un foglio, con delle annotazioni. — Aveva letto ieri del terremoto? Terremoto? No. Do un’occhiata al titolo: “Terremoto stanotte a Bergamo. Panico in città e nelle valli” [Corriere d’Informazione, 25-26 settembre 1967]. L’Ingegnere incalza: Sono andato a vedere, è ‘partita’ una sfera… Sì, scoppiata una pila. Saltato tutto. C’è da giurarci. Ma prima legga… Da come dice il giornale è chiarissimo. Non è un terremoto da cause sismiche. Quello è uno scoppio. E fortuna che è avvenuto in profondità, se no chissà che sconquasso. [Diario di Miniaci, 26 settembre 1967]

La seconda parte si chiude, in pratica, con un tentativo di descrizione di queste sfere, e con il presentimento che la loro dislocazione sotterranea abbia pure dei fini militari, difensivi, di fronte ad un nemico proveniente da fuori, dallo spazio esterno:

Così abbiamo il nemico. Sappiamo con chi ce l’avevano quelli dell’Eocene, sappiamo a chi erano destinati i loro missili e siluri… Era un nemico che per competere con gli Eocenici e metterli alle corde doveva avere potenza di mezzi bellici senza scampo. Se non nelle sfere bunker. [Diario di Miniaci, 28 settembre 1967]

Ma come funzionano le sfere? Ecco un piccolo assaggio:

[…] del diametro di 40, alcune, e di 70 metri altre, oltre ad altre di diverse dimensioni per scopi speciali. Nelle sfere vi è acqua fino a circa metà altezza, e sopra questa uno strato di materiale (piante o sintetico non lo so) in cui, per effetto di una forte illuminazione nella parte superiore della sfera, avviene la fotosintesi. Nella vasca galleggia una struttura di cemento armato anch’essa, in cui, oltre a complicati meccanismi tra cui le famose pile atomiche, sono ibernati da quel po’ di milioni di anni gli antichi abitanti. Si tratta di un’ibernazione molto complessa, con pacemaker a quattro elettrodi per il cuore, tubo di arrivo (all’entrata del fegato) per il cibo (qualcosa a base di H-CH-OH come glucosio o zuccheri) e altri complicati tubi collegati con lo stomaco, i reni, e nei posti più adatti per i necessari scarichi. Il metabolismo è lentissimo, un battito ogni circa 30 minuti primi per il cuore per gli adulti […]. [Diario di Miniaci, 18 ottobre 1967]

Questa Parte si conclude con delle preoccupate riflessioni da parte di Miniaci, mentre sta guidando per l’ennesima volta, a Nord di Milano, per incontrare l’Ingegnere:

Mai come adesso che mi sto dirigendo alla verifica di non so bene che cosa di strategico, mai la pianura mi aveva fatto l’impressione di una immensa colmata geologica di materiale scaraventato a seppellire il paesaggio di allora, gli abitati, le strade, tutta l’opera e le testimonianze dell’Uomo di quell’altra Era… La pianura diventa una maschera geologica sterminata e massiccia che ha seppellito con l’inesorabilità di un evento apocalittico una realtà umana che viveva e costruiva a cielo aperto. [Diario di Miniaci, 12 novembre 1967]

Prima di partire per l’Italia Meridionale e compiere altre ricerche personali sui generis, Porro trova una “Supersfera” di circa 90 metri di diametro, che lui chiamerà “la Sfera del Re”, che si trova in mezzo a quello che sembra un “apprestamento militare”. Ma, in seguito, ci sarà poco tempo per compiere ricerche più dettagliate, lo aspettano infatti dei lavori su commissione in Piemonte (Castello di Belveglio — ricerca di una presunta tomba dei Farnese) e importanti ricerche petrolifere in Sud Africa. Terza parte La Terza Parte, che chiude il Diario, comprende circa 50 pagine per il periodo 1968-1970. Miniaci si ritirò a quel tempo dalla professione di Giornalista, andando a vivere in una zona isolata e boscosa in Provincia di Varese. Quest’ultima Parte è stata letta più volte, ma non c’è dubbio che risulti piuttosto ostica, slegata e non facile da comprendere. Evidentemente lo stesso Miniaci si trovava in difficoltà a raccogliere le nuove testimonianze del gruppo di indagine. Ci riferiremo alle note più importanti. Di fatto l’Ing. Porro si era reso conto che, all’interno delle sfere che lui analizzava con l’apparecchio, si trovavano “Archivi” di questa antichissima civiltà dell’Eocene, che contenevano le informazioni più diverse. Porro si diceva finalmente in grado di tradurre tutte queste informazioni in qualcosa di comprensibile. Ecco un commento del Miniaci cronista:

Intanto rimane accertato che anche in Piemonte ci sono sfericoli ibernati, sicché gli orizzonti sotterranei, se è lecito chiamarli orizzonti comunque, si allontanano di un centinaio di chilometri. Altro che Brianza e Bergamasco. Del resto già risultava che alla Svizzera arrivano le strade [sotterranee], ed è verosimile che comunicassero fra centri abitati, il che equivale ad un forte indizio di rifugi sotterranei. In proposito Porro mi ha comunicato un passo rilevato testualmente [in corsivo nel Diario]: “Nelle zone interne della Terra la protezione delle sfere dalle astronavi straniere è completa, potendo ad esse causare pericoli unicamente i moti della Terra, oppure il nascere di altri animali i quali pure abbiano la possibilità di guidare dalla Terra ad altri pianeti i loro veicoli.” Negli “altri animali” sono da riconoscere uomini di un imprecisato futuro, la misura della cui pericolosità può essere vista nella capacità di viaggiare sino ad altri pianeti; ciò che comporterebbe un dato livello di avanzamento tecnico-scientifico anche in termini di mezzi bellici. [Diario di Miniaci, 17 maggio 1968]

In sostanza, come mi comunicò il prof. Villa nell’anno 2000, al nostro primo incontro, Atlantide era solo “la punta dell’iceberg”; infatti le indagini del gruppo segreto avevano rivelato la presenza di una civiltà esistente sulla Terra 30 milioni di anni fa. Una civiltà terrestre, tra le altre cose, in preda ad una guerra interplanetaria molto pesante, sulla difensiva contro un attacco di una razza di mostri spaziali a “sei braccia”, come dei polipi cosmici intelligenti, di Lovecraftiana memoria. C’erano tutti i particolari di un “terrore” di genere archetipo. Ecco una descrizione tratta dal Diario:

Eravamo a quegli esseri contorti tipo arte peruviana, a sei braccia: quelli di Ganimede [satellite del pianeta Giove]… Ma perché è di scena Ganimede? È appunto da questo satellite di Giove che sono partiti i nemici degli Eocenici con astronavi, a bombardare le miniere della Luna… Lì c’è il Mare Imbrium. «Le miniere di sua maestà [il Re degli Eocenici] sono partite [nel senso di esplose]. Un bel colpo.» [Diario di Miniaci, 23 agosto 1968]

Queste affermazioni ci avevano enormemente colpito perché vi era un’indiretta conferma di quello che il famoso ricercatore archeo-spaziale ed ex dipendente della NASA Richard Hoagland (che abbiamo debitamente informato, durante la stesura di questo saggio) avrebbe proclamato, ma solo decenni più tardi: l’esistenza di resti di un’antichissima civiltà sulla Luna, con cupole vetrose trasparenti distrutte, proprio nella zona lunare del Mare Imbrium… (articolo su Nexus n. 53, intervista a Hoagland). Francamente una bella coincidenza, se di coincidenza si trattava. La cultura Eocenica avrebbe approntato decine di milioni di anni fa delle basi e delle miniere sulla Luna, attaccate in seguito da questa genia di mostripolipi provenienti da Giove:

«Sono miniere, non c’è alcun dubbio.» Le calotte di copertura, semisferiche, rammentano quelle riprodotte su un libro di Kolosimo, Ombre sulle Stelle. Qui nel rilievo le calotte sono due, una più grossa, ed è precisato che sono di quarzo. L’Atmosfera interna, lo si apprende dalle sigle, è fatta di Elio e Ossigeno. L’opera è colossale, le calotte saranno state fuse a pezzi sulla Terra, e poi trasportate e montate sulla Luna. [Diario di Miniaci, 23 agosto 1968]

Da rilevare che questa nota è del 27 agosto 1968, mentre l’ex tecnico NASA Hoagland avrebbe rivelato la sua scoperta ai media quasi 40 anni più tardi. In margine a questa singolarità è degno di nota il dover rimarcare il fatto che, nonostante il Prof. Villa nel 2007 avesse manifestato l’intenzione, dopo aver letto l’intervista ad Hoagland su Nexus, di contattare l’ex tecnico della NASA per conoscerlo (non ne aveva infatti mai sentito parlare), la cosa non ebbe seguito dato che, proprio recentemente, Hoagland ci ha confermato di non essere mai stato contattato da Villa. Ad ogni buon conto, ritornando con le nostre vicende di fine Anni Sessanta, l’Ingegner Porro si rendeva ben conto di trovarsi quanto mai in una situazione poco credibile, col proseguire delle sue indagini, e così affrontava la scottante quotidianità:

Bisogna cercare la prova, una prova indipendente da quello che può attestare il mio apparecchio. Dovrebbe essere facile il sondaggio con altri metodi che diano modo di accertare la presenza delle sfere e la loro posizione. C’è il metodo geoelettrico, c’è la gravimetria, c’è il metodo sismologico, e anche il sondaggio con gli ultrasuoni. Prima di tutto verificare se l’esistenza di queste presunte sfere dà anomalie magnetiche e geoelettriche. Le sfere dovrebbero darne… Tanto più che le sfere sono disposte regolarmente una in fila all’altra, a plotoni: caverne disposte così in ordine nessun naturalista o geologo le ammetterebbe… Se l’esito è concomitante, almeno dovrebbe venire la curiosità di vedere che cosa c’è di vero nella spiegazione che di quel vuoto, di quei vuoti sotterranei dà il mio apparecchio. Le risultanze dei metodi in uso non danno certo elementi sufficienti per concluderne che sotto ci sono le sfere con gli ibernati dentro. Ma allora si cerca, si scava. [Diario di Miniaci, 5 settembre 1968]

La “storia” degli Eocenici si ricavava interpretando le numerose scritte, quadri e tavole, che si trovavano all’interno delle sfere, poste di fianco ai vari loculi degli “ibernati”. Una tomba in particolare riguardava “Il Re”, che si trovava in animazione sospesa all’interno della “Supersfera” gigante ritrovata in località “Peltraio” (non meglio definita). Ma, nel periodo delle Missioni Apollo della NASA, si era verificato un evento inspiegabile: la “tomba del Re” risultava vuota. Il “Re” ibernato si era “rianimato” ed era improvvisamente scomparso. Miniaci, emozionato, incalzava l’Ingegnere:

Ma adesso mi dica, Ingegnere, che cosa l’aveva spinta a venire per verificare se il Re era al suo posto, oppure no? Ecco la risposta: Sì effettivamente lo sospettavo, è stato quel fatto del Sacromonte di Varese [avvistamento di un UFO in quel periodo]. Sa, quando i cosmonauti dell’Apollo erano andati a fare il giro attorno alla Luna, non ha letto i giornali? Una specie di Disco Volante o di palla che si mascherava stava avvolta in una cortina nebbiosa, non si vedeva bene e non si poteva fotografarla. Ma io ho pensato che stesse comunicando col Re, che avesse seguito le mosse dell’Apollo e dovesse avvertirne il Re. Loro fanno conto che questi terrestri che cominciano con l’arrivare alla Luna bisogna tenerli d’occhio. E il Re va avvertito. Come De Gaulle — ‘Se c’è la guerra svegliatemi’. Adesso chissà il Re dove è andato, che cosa sta facendo… [Diario di Miniaci, 4 marzo 1969]

Il “Re”, in seguito, tornerà al suo posto… Nelle diverse pagine successive del Diario vi è un elenco delle invenzioni e dei ritrovati della tecnica e della medicina utilizzati dagli Eocenici, tutto questo secondo l’interpretazione delle tavole che si troverebbero dentro le sfere. Tra questi, sistemi di controllo climatico e l’utilizzo a fini militari e non di un non meglio specificato “raggio della morte”. In più, un ricordo degli Eocenici per la loro antica terra madre, un’isola dalla forma triangolare (vedi il Capitolo 4 di Diego Marin). Infine, una scoperta che sembra di tipo para-religioso: l’evidenza dell’esistenza di un “Ente che ha potere sugli Uomini. C’è scritto dove ha la sede. Ha sede dentro il Globo terrestre, è una sfera concentrica alla Terra, la sua superficie dista dalla crosta esterna quanto dista dal centro, il suo diametro è quindi la metà di quello terrestre” (p. 151). L’Ing. Porro la battezzerà “la Grande Sfera” (vedi i Capitoli 6 di Loris Bagnara e 9 di Andrea Lontani). Un altro punto interessante riguarda la conferma che le “neutroonde” non provengono solo dal terreno, ma anche dallo spazio (in particolare dalla Luna) con una frequenza e un ritmo di tipo “intelligente”:

Quella correzione automatizzata che scatta subito è una delle prove più incontestabili che sulla Luna c’è qualcuno, c’è qualcuno che opera, vivo. Miniaci investe Porro con una domanda cruciale (siamo nel novembre del 1969): Lei è anche convinto che sia la stessa gente, quella qua sotto e quella dei dischi volanti, migrata su altri pianeti: ma che ancora si serva di stazioni sulla Luna? L’Ingegnere replica: Non c’è dubbio che siano gli stessi e che siano in comunicazione ancora…Lo dimostra il flusso di collegamento con la Luna [rilevato dal rabdomante elettronico], e più ancora le radiazioni intermittenti che piovono dalla Luna sulle sfere, solo sulle zone in cui si trovano i gruppi di sfere…Non c’è dubbio. [Diario di Miniaci, 4 novembre 1969]

Forse erano loro a provocare eventualmente l’esplosione delle sfere, per evitare che venissero scoperte ai giorni nostri. A questo proposito può essere interessante ricordare il fatto che solo pochi anni più tardi (1976), uscirà un titolo dal libro eloquente, Qualcun altro è sulla Luna, scritto dal ricercatore George H. Leonard, che giungerà altre stesse conclusioni del gruppo italiano, basandosi però su basi totalmente diverse (in particolare, fotografie NASA del nostro satellite). Tra le ultime situazioni degne di nota che vogliamo riferire, la ricerca di petrolio nella zona di Morazzone (Varese), dove però le trivelle si erano imbattute in uno zoccolo durissimo e sotterraneo, posto a difesa dell’integrità delle sfere, un “piastrone unico di sette chilometri per sette”. Vi erano anche in atto “perturbazioni create dal sistema difensivo” perché solo a una ventina di metri dal pozzo principale c’era “una sfera di quelle grandi, 70 metri di diametro, ma che la direzione dello scavo stava deviando dalla parte opposta, inspiegabilmente”. In sostanza lo scavo era capitato in “piena zona militare”. Dopo diverse altre peripezie, il superamento del piastrone difensivo, (80 metri di spessore) e il raggiungimento di una zona a 1200 metri sottoterra dove vi si troverà pietra dolomia — ricca di petrolio — le ricerche petrolifere verranno interrotte per limiti tecnici nella capacità di perforazione (dal Diario di Miniaci, gennaiofebbraio 1970). Il Diario si interrompe in pratica nel 1970 dove, tra le altre cose, vi si legge un importante ricordo di Porro di quando si trovava ancora in Brasile, nell’anno in cui Marte si trovava molto vicino alla Terra (il fenomeno si è verificato anche recentemente, nel 2003) e si erano moltiplicati gli avvistamenti dei dischi volanti. Solamente che l’Ingegnere ricordava di “aver letto allora su un settimanale Cruzeiros, le dichiarazioni di un certo colonnello secondo il quale i dischi volanti provenivano da sfere che sono nel sottosuolo della Terra” [Diario di Miniaci, 4 giugno 1970]. Altri argomenti, più specifici, il lettore potrà approfondirli nei Capitoli scritti da Bagnara, Lontani e Marin. Si vuole concludere invece questa Terza Parte con la presentazione di una “lettera aperta” dell’amico Ingegnere Mauro Quagliati al Professor Villa, che fu consegnata da chi scrive al Professore nel 2003, nel corso di uno dei nostri incontri:

Professore, le scoperte in cui Lei e alcuni Suoi colleghi vi siete imbattuti costituiscono un vero e proprio patrimonio dell’Umanità. Noi non pretendiamo da Lei di diventare un martire del potere costituito divulgando la notizia di Nizza o altre informazioni simili. Ci chiediamo solo se Lei abbia in qualche modo predisposto una sorta di cassetta di sicurezza per i posteri che contiene informazioni recuperabili e certificabili, da aprire eventualmente quando l’establishment militare-scientifico sarà pronto ad accettarle o per lo meno quando la Sua persona non avrà più nulla da perdere dalla divulgazione di queste informazioni “eretiche”. Sappia, ma credo lo sappia già, che Lei si trova in buona compagnia: Archeologia Proibita di Michael Cremo e Richard Thompson contiene un repertorio vastissimo di scoperte censurate analoghe alla Sua e a quella avvenuta vicino a Brescia (a Castenedolo nel 1860 vennero rinvenuti dal Geol. Giuseppe Regazzoni scheletri sapiens nelle marne plioceniche, proprio come a Savona nel 1852, scoperta sostenuta dall’esimio Arthur Issel)… Sarebbe magnifico se si potesse alimentare una rete riservata di informazioni tra esponenti notevoli della cultura accademica che non muoia con i suoi rappresentanti. Non so se conosce la storia del genetista Giuseppe Sermonti e del paleontologo Roberto Fondi (Università di Siena) che nel 1980 scrissero “Dopo Darwin” un’opera splendida che le suggerisco con tutto il cuore di cercare alla Biblioteca Braidense di Milano (via Brera, 28). Loro sono ovviamente ostracizzati dai canali di divulgazione scientifica italiana ma portano avanti la ricerca (Dimenticare Darwin di Sermonti — 1999 — è in commercio). Sarebbe molto utile che il materiale sperimentale del tutto ignoto anche ai pensatori eterodossi fosse messo a conoscenza anche per via informale, orale, come Lei dice capiti ai convegni di geologia. Noi speriamo che Lei abbia comunque il coraggio di far conoscere una realtà dei fatti che è stata nascosta per anni, dall’alto dell’esperienza e della credibilità che un professionista si è guadagnato sul campo. Magari come ha fatto Antonio Lima-de-Faria citogenetista portoghese, padre della biologia molecolare, decano e pluripremiato da una carriera scientifica ortodossa, che a 70 anni se n’è uscito con un tomo meraviglioso Evoluzione senza Selezione — Autoevoluzione di forma e funzione (Ed. Nova Scripta, Genova 2003), che semplicemente demolisce tutto l’edificio del neodarwinismo.”


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 24/01/2023, 19:05 
cari amici, vedere anche
https://traterraecieloblog.wordpress.co ... ro-remoto/

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 26/01/2023, 23:01 
Posto un articolo postato tempo fa

Potrebbe essere esistita milioni di anni sulla Terra fa una civiltà di cui non sappiamo nulla?


Un ricercatore dell’Università tecnica di Berlino, Dirk Schulze – Makuch, torna su un argomento che non molto spesso è affrontato quando parliamo della possibilità che, oltre alla nostra, potrebbe essere esistita un’altra civiltà a noi non collegata. E non parliamo di civiltà extraterrestri ma di una che potrebbe essere esistita sul nostro pianeta in un lontano passato, così lontano che le tracce potrebbero essere quasi tutte scomparse.



Se una civiltà è esistita milioni di anni fa avremmo difficoltà trovarne le tracce

Come fa notare il ricercatore su Big Think, se una civiltà, ossia una società di esseri viventi in grado di modificare il proprio ambiente su una scala abbastanza ampia, è esistita decine di milioni di anni fa, probabilmente avremmo delle difficoltà trovarne le tracce. Tuttavia se non crediamo che questa civiltà sia esistita, e quindi neghiamo la possibilità in partenza, molto probabilmente queste tracce non le troveremo mai.
L’esempio dei Neandertal e delle società precolombiane

Ad esempio ci rimane molto poco dei Neandertal, una società di umani vissuta solo poche decine di migliaia di anni fa in Europa. E, considerando anche civiltà fatte da Homo sapiens, basta andare un po’ più indietro nel tempo solo di qualche migliaio di anni per capire che le tracce scompaiono molto presto. Il ricercatore fa l’esempio delle civiltà dell’America precolombiana. Con non poche difficoltà abbiamo acquisito informazioni sulle società precolombiane. Le loro città, per esempio, sono quasi tutte state “sommerse” dalla vegetazione e anche quelle che siamo riusciti a scoprire non sono proprio in buone condizioni. C’è da specificare che queste società per le loro costruzioni usavano spesso il legno, un materiale che dopo pochi secoli tende praticamente a decomporsi e a scomparire.
E se i dinosauri non si fossero estinti?

Il ricercatore poi accenna alla possibilità, forse un po’ più remota, relativa al fatto che i dinosauri, o almeno qualche specie, se non si fossero estinti avrebbero potuto sviluppare, con il passare dei milioni di anni, un livello di intelligenza tale da poter creare vere e proprie civiltà. A tal proposito il ricercatore cita i Troodon.
I Troodon erano dinosauri teropodi simili agli uccelli vissuti intorno a 77 milioni di anni fa, durante il campaniano, nell’area dell’attuale Nordamerica. Secondo quanto riferisce Schulze – Makuch, questi dinosauri del tardo cretaceo erano molto intelligenti (considerando le dimensioni del cervello) e anche molto socievoli. Inoltre avevano delle zampe con all’estremità delle mani e dita con le quali potevano forse manipolare anche gli oggetti. Questi dinosauri si sono estinti, così come gli altri, 65 milioni di anni fa a seguito dell’impatto dell’asteroide al largo della costa dell’attuale Messico. E se questo asteroide non fosse arrivato sulla Terra? Come si sarebbero evoluti i Troodon?


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 26/01/2023, 23:28 
Un po di topic a tema, cercando nel Forum ce ne saranno altri...

viewtopic.php?f=12&t=20661&hilit=+sabbie

viewtopic.php?p=529414#p529414

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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 29/01/2023, 14:54 
L’INCONTRO SUL LAGO DI GARDA DEL 1974
Marco Zagni

Si racconta l’episodio descritto dal Professor Villa dove, insieme all’Ingegner Porro, vennero avvicinati da misteriosi “Emissari”.

Il “rabdomante elettronico” aveva già ottenuto notevoli successi nel campo delle ricerche idrogeologiche, petrolifere e di quelle archeologiche ufficiali come, per esempio, il ritrovamento di una tomba, che si pensa longobarda, presso Offanengo (nel Cremasco, vedi tra i Documenti) nel 1963. Si sottolinea questo per riconoscere il notevole grado di affidabilità dell’apparecchio tra le mani dell’Ing. Porro. Si deve comunque ricordare che lo stesso Ingegnere ammetteva di aver posseduto delle capacità rabdomantiche sin dalla prima giovinezza. Come dire, che il rilevatore potesse fungere da amplificatore di certe sue particolari capacità personali. Il prof. Villa ne era assolutamente certo. Egli mi disse, tra le varie cose, come testimonianza:

Durante une delle nostre escursioni nelle zone di specifico interesse, mi si allentò il cinturino del mio orologio d’oro senza che me ne accorgessi, e così, in un campo d’erba alta dove eravamo passati, pensavo di averlo perso. Mi si era sfilato dal polso. Con il Rabdomante l’Ingegnere, usandolo sulla frequenza dell’oro, come fosse un cerca-metalli moderno, nel giro di breve tempo mi disse di aver individuato la neutroonda dell’oro che fuoriusciva da una certa area del campo, e così ritrovammo il mio orologio in men che non si dica. Ecco una cosa davvero notevole!

Per tornare piuttosto all’argomento principale del nostro Capitolo, sulla base della nostra documentazione ci pare di poter dire che, per vari motivi, anche di carattere privato, Mario Miniaci aveva cominciato ad allentare la sua permanenza nel gruppo di ricerca già dalla fine del 1970. Il Diario in nostro possesso si interrompe, per esempio, dall’estate del quell’anno. Non vi erano stati contrasti particolari con gli altri, piuttosto Miniaci era andato in pensione, andando a vivere in una zona isolata vicino al Lago di Varese. Ma sappiamo per certo che, almeno nel tempo libero, Porro e Villa si frequentavano, continuando le loro ricerche insieme ad altri professionisti, come il già citato Dottor Alberti. Quello che si sta per raccontare deriva piuttosto da appunti presi negli incontri con il Prof. Villa. Infatti, a parte quanto annotato a suo tempo da chi scrive, non si trovano altre testimonianze originali, battute a macchina o su dischetto. Lo stesso Miniaci non ne era al corrente, e venne informato da Villa, se ricordo bene, direttamente nel corso della famosa cena del 2007 (vedi Introduzione) organizzata nel Varesino. Le cose si erano svolte così. Nella primavera del 1974, l’Ing. Porro, venne contattato per telefono da una persona a lui sconosciuta, la quale dimostrò all’Ingegnere di essere perfettamente al corrente delle ricerche più segrete da lui intraprese, insieme agli altri del cosiddetto “gruppo” di studio. Non che l’Ingegnere non fosse una persona conosciuta, anzi. Sia per gli articoli apparsi sulla Domenica del Corriere, sia per la sua attività professionale, era un personaggio abbastanza in vista. A metà degli Anni Sessanta, per esempio, Porro si era incontrato a Torino, Villa presente, con alti Dirigenti di una grande Società privata italiana, che voleva acquisire i diritti esclusivi di utilizzo dell’apparecchio brevettandolo, si pensava. Solo che Porro, all’ultimo momento, ci aveva ripensato e di questa grande opportunità di guadagno si era deciso di non farne nulla. Le indagini su quello che diventerà la scoperta della civiltà perduta Eocenica erano già in corso da due anni, e molto probabilmente l’Ingegnere desiderava che solo poche persone venissero a diretta conoscenza delle enormi capacità esplorative del rabdomante elettronico. Nel 1974 però si presentò improvvisamente la sconvolgente novità che “qualcun altro” sapeva…Ma come era possibile? L’Ingegnere rimaneva molto turbato. Ma cosa pretendeva questa gente? Venne fissato un incontro, nel giro di breve tempo, sulla sponda Occidentale del Lago di Garda, quella zona lacustre che, tanto per intendersi, dipende per gran parte dalla Provincia di Brescia. Porro impose al misterioso personaggio telefonico che dovesse partecipare al fatidico incontro anche il Prof. Villa, come testimone. Villa ricordò così l’incontro:

Ci era stato dato un appuntamento presso un ristorante sul Lago di Garda. Quel posto era stato un luogo famoso più che altro perché, dato che vi era annesso un campo per il gioco delle bocce, nel periodo in cui Mussolini si trovava in residenza a Gargnano (Villa Feltrinelli), il Duce stesso vi si recava a giocare. Era un discreto giocatore. Purtroppo non mi rammento il nome di questo locale. Si presentarono due curiosi personaggi. Uno, di corporatura media, era praticamente quello che sostenne la conversazione con noi per tutta la durata del pranzo. L’altro, molto alto e con una strana conformazione cranica, piuttosto squadrata, pareva sempre assente, parlava a monosillabi e, molto spesso, guardava distratto fuori dal locale per diversi minuti, osservando il cielo… Il tipo “normale” disse all’Ingegnere che erano ormai diversi anni che “loro” sapevano della nostra attività di ricerca segreta per mezzo dello strumento rabdomantico. La scoperta di Porro dell’antica civiltà Eocenica anticipava di 4-5.000 anni il normale percorso di conoscenza evolutiva che era stato ‘programmato’ per l’attuale civiltà umana, ed il divulgare risultati archeologici simili avrebbe creato molti problemi e incomprensioni. Quelli come ‘lui’, dotati di ‘memoria ereditaria’ [vedi all’Introduzione] ritenevano che una situazione del genere avrebbe sicuramente creato una soluzione di continuità molto pericolosa per il futuro dell’Uomo, potendo provocare degli shock a livello planetario, con possibilità di nuovi confronti militari, a livello globale, o ‘interventi’ di forze esterne la Terra. In sostanza, l’attività dell’Ingegnere non era stata “prevista”, in questa fase storica, così come la messa a punto del Rabdomante. Era pertanto meglio sospendere ogni tipo di indagine e distruggere gli apparecchi [Porro era giunto a costruirne ben tre]… D’altra parte, concluse l’uomo, la faccenda si sarebbe risolta da sola nel giro di un paio d’anni, lasciando intendere che l’Ingegnere sarebbe morto due anni dopo [Porro morirà infatti nel 1976].

A domanda dell’Ingegnere, continuò Villa, i due tizi risposero che, ufficialmente, lavoravano per un’impresa di pompe funebri della zona ma, nella sostanza, facevano parte di una “catena” di “Osservatori” distribuita su tutto il globo terrestre che, da tempo immemorabile, passandosi questa responsabilità così importante di padre in figlio da generazioni, facevano il possibile perché le civiltà umane si potessero sviluppare in modo armonico. Purtroppo i fallimenti erano stati numerosi, ma questa volta, in questo periodo dell’Era attuale, non ce lo si poteva permettere, pena il rischio dell’intera estinzione della Specie umana, per sempre. I due uomini, finito il discorso, salutarono e se ne andarono, senza che Porro e Villa potessero approntare una replica concreta. Questo, in breve, il ricordo del Professor Villa di quell’incontro sul Garda veramente impressionante. Il Professor Villa mi aveva pregato di divulgare queste notizie, facendo il suo nome, soltanto dopo la sua scomparsa, che è avvenuta nell’estate del 2014. Nel settembre del 2014 mi sono recato per alcuni giorni sulla sponda Bresciana del Garda, tra San Felice del Benaco sino a Toscolano Maderno, cercando il famoso ristorante di questo pranzo Top Secret, ma purtroppo senza esito. D’altra parte, cosa che sino a questo momento non ho potuto verificare, questo locale potrebbe trovarsi proprio presso Gargnano. Che dire di tutta questa faccenda? Senza dubbio l’incontro del 1974, per quanto si è potuto verificare, segnò la definitiva fine delle ricerche sotterranee del rabdomante elettronico, così come, ovviamente, del suo gruppo di studio: “Di queste cose non me ne occupai più dopo”, così mi disse il Professor Villa. L’Ingegner Porro decise di sospendere ogni tipo di attività relativa alle ricerche sulle sfere sotterranee e gli Eocenici, morendo nell’estate del 1976, così come gli era stato predetto. Ma chi erano realmente, ce lo si lasci dire, i due Men in Black del Garda? Veramente erano dei “Veglianti”, dei “Custodi” della nostra civilizzazione attuale, così come si erano presentati? Uomini particolari, dotati di “Memoria ereditaria”, facoltà in effetti plausibile e che da tempo viene effettivamente studiata a livello scientifico… Oppure erano elementi dei “Servizi”, inviati apposta per “sabotare” le ricerche? Sul discorso delle “intercettazioni ambientali”, già negli Anni Settanta si era perfettamente in grado di venire a sapere tutto di tutti, dal controllo telefonico, dai microfoni direzionali, dai tabulati ecc. ecc. Il famoso film La Conversazione (del regista l’italo americano Francis Ford Coppola), proprio di quel periodo (1973), è emblematico in argomento. Forse non sapremo mai chi fossero veramente i due “Custodi” dell’attuale civiltà. Rimane il fatto che, da quello che abbiamo appreso, il Lago di Garda, come tanti altri specchi lacustri sparsi per il Mondo, si presta a diversi misteri. Sino a una quindicina d’anni or sono era operativa una base statunitense situata tra le viscere delle montagne intorno al Lago. Ci siamo infatti recati davanti al suo ingresso, ormai chiuso da tempo, dove abbiamo scattato alcune fotografie. In più, da tempo si vocifera di una base segreta tedesca (delle SS) esistente sino alla fine della Seconda guerra mondiale tra le viscere del Monte Baldo (sponda Orientale del Lago), ma mai ritrovata, a parte un ospedale sotterraneo per i militi delle SS, scovato nel 2013, che però si trova sulla sponda Occidentale del Lago. Da non dimenticare inoltre la Base dell’Aeronautica Militare di Brescia- Ghedi, una delle più importanti d’Italia. Diverse volte gli ufologi italiani hanno parlato piuttosto di una base segreta (extraterrestre) per i Dischi Volanti esistente sul Garda, cosa che però riteniamo del tutto improbabile, per non parlare infine degli avvistamenti di “Benny”, il “mostro del Lago di Garda”, la cui tana dovrebbe trovarsi nei fondali dell’Isola del Garda, isolotto che abbiamo visitato e che si trova di fronte a San Felice del Benaco. A conclusione di questi Capitoli che mi hanno interessato direttamente, voglio rammentare che:

- L’Ingegnere aveva sempre cercato delle conferme con altri metodi empirici di tutto quello che riteneva di aver scoperto con il Rabdomante, ma queste conferme non arrivarono, soprattutto perché si decise di mantenere segrete le ricerche sugli “Eocenici”, pertanto nessuno al di fuori del “gruppo di indagine” venne per esempio informato sui luoghi esatti della posizione sotterranea delle supposte “sfere” (eccetto la zona Bergamasca di Villa d’Almè e nell’area di Pontida).

- La decisione di Mario Miniaci di non proseguire più nella stesura del Diario delle ricerche è, molto probabilmente, un altro elemento che influì sullo “scioglimento” definitivo del gruppo;

- Il Professor Villa rivestiva una grande importanza, e influenza, nel gruppo: era l’unico, grazie alla sua esperienza di Geologo, in grado di datare gli strati geologici del terreno in base alla loro profondità. Questo fu il fattore determinante per valutare l’appartenenza delle sfere corazzate di ferro-cemento ad un periodo così lontano nel tempo.

- L’ipotesi di una teoria “ciclica delle civiltà” non è per nulla un’ipotesi remota o improbabile. La recente scoperta in Turchia del portentoso sito megalitico di Göbekli Tepe,8 databile intorno all’anno 10.000 a. C. ci riporta direttamente, e definitivamente, a datazioni di antiche culture umane organizzate paragonabili al periodo della mitica Atlantide descritta da Platone. Questo è un dato di fatto ormai accertato scientificamente, ma poco divulgato.

- Per quanto ci è stato dato di sapere, i tre apparecchi rabdomantici costruiti dall’Ing. Porro non vennero mai “distrutti” dal suo inventore, pertanto potrebbero ancora esistere, forse, da qualche parte, abbandonati da tempo e inutilizzati…


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 29/01/2023, 19:24 
cari amici,
in questo sito riporta il testo sopra citato, ma con foto:

https://portalemisteri.altervista.org/b ... rte-terza/

ma anche il link al nostro forum [:296]

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 30/01/2023, 09:48 
mauro ha scritto:
link al nostro forum [:296]

ciao
mauro


non lo vedo [8] dove?



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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 30/01/2023, 11:09 
cara catwalk,
scorri l'articolo del mio link e arrivi alla frase:
Cita:
– Per quanto ci è stato dato di sapere, i tre apparecchi rabdomantici costruiti dall’Ing. Porro non vennero mai “distrutti” dal suo inventore, pertanto potrebbero ancora esistere, forse, da qualche parte, abbandonati da tempo e inutilizzati…

viewtopic.php?f=12&t=21586&p=563823#p563823


con riferimento al nostro forum appena sotto

ciao
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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 16/02/2023, 14:49 
STRUTTURE A CUPOLA IN SIBERIA
Diego Marin

Le sfere sotterranee descritte dall’Ing. Porro richiamano la scoperta di misteriose strutture a cupola, semisepolte nel terreno, in diversi luoghi della Siberia.

Per quanto ci è dato sapere, fatto quindi salvo per nuove scoperte, per trovare qualcosa di somigliante alle “sfere” di Porro bisogna percorrere la bellezza di 6.500 km verso oriente. Numerose leggende siberiane fanno infatti riferimento a strutture metalliche semisepolte, strutture che trovano conferma e sono descritte nei diari di esploratori che hanno percorso i distretti orientali della Russia. Sono a forma di cupola, tali che potrebbe trattarsi delle parti superiori di enormi sfere, simili a quelle riscontrate in Lombardia. In base ai racconti popolari, dove si parla di luci, lampi provenienti dal basso ed esplosioni sopra il suolo siberiano, molti investigatori si sono convinti che le cupole costituissero un antico sistema di difesa che impedirebbe ad oggetti esterni (armi o meteoriti) di raggiungere il suolo. In poco più di un secolo si contano quattro eventi di questo tipo, in cui meteoriti di qualche decametro di diametro sono di fatto scomparsi nel nulla (o ridotti in frammenti di dimensioni trascurabili) in seguito a un esplosione a pochi chilometri da terra, “limitando” i danni all’incendio di 100-200.000 ettari di foresta. I quattro eventi annoverati sono il meteorite di Tunguska (il 30 giugno 1908 – vedi approfondimento alla fine del Capitolo), quello di Chulym (il 26 febbraio 1984), quello di Vitim (il 25 settembre 2002) e quello di Čeljabinsk (il 15 febbraio 2013). Per la precisione ci muoviamo in Yakutia (nota anche come Sakha), una mega-regione a sud della tundra artica russa, comprendente la parte orientale dell’altopiano della Siberia centrale, i monti di Verkhojansk e Čerskij e una sezione degli Stanovoj. La Yakutia è oggi il luogo abitato più freddo del pianeta. Sul settore occidentale si stende la taiga siberiana, un entroterra di oltre 100.000 chilometri quadrati a clima prevalentemente arido, completamente incontaminato e inesplorato come la giungla amazzonica; completamente disabitato e privo di qualsiasi strada, il territorio è in gran parte coperto da una fitta foresta di conifere, con numerosi alberi sradicati, ampie paludi e consistenti sciami di zanzare. Presso il corso superiore del fiume Viliuy si trova una zona difficile da raggiungere che gli Yakuti chiamano Uliuiu Cherkechekh (Valle della Morte). Qui troviamo i segni di un tremendo cataclisma che circa 800 anni fa sradicò praticamente l’intera foresta, spargendo frammenti di roccia su un raggio di centinaia di chilometri. Gli Yakuti sostengono sia estremamente difficile attraversare la Valle restando tutti d’un pezzo. Essi riferiscono che l’intera area sarebbe piena zeppa di strutture metalliche a forma di cupola, la maggior parte delle quali collocate in profondità nel permafrost ma localizzabili dalla superficie per la loro azione alterante sul suolo e la vegetazione. La minoranza che si mostra in superficie emergerebbe da pozze paludose profonde fino a 3 metri, tenendo comunque il proprio nucleo saldamente infisso nel terreno perennemente ghiacciato. I cacciatori nomadi le chiamano kheldyu (lett. “grandi case di ferro”). Alcuni di loro vi avrebbero cercato riparo per la notte, mostrando l’indomani vistose perdite di capelli e strane ustioni sul corpo. Altri sarebbero morti in breve tempo dopo avervi trascorso più notti di seguito. Effetti devastanti sarebbero stati riscontrati parimenti sulla vegetazione circostante. Per tali motivi gli anziani delle tribù locali hanno dichiarato queste zone “maledette” e quindi proibite. Chiamano le strutture olgius ma ne ignorano l’origine, anche se esistono leggende che assegnano la costruzione delle cupole ai demoni della taiga, Niurgun Bootur e Tong Duurai. Il chimico Costantino Paglialunga, noto frequentatore dell’ambiente cosmonautico russo, raccolse la testimonianza del generale Vasily Alekseev dell’aeronautica russa, un ex agente del KGB:

Mi disse che nella zona più disabitata della Siberia esistevano costruzioni metalliche che non erano terrestri. Mi raccontò che i militari russi sono da molti anni al corrente dell’esistenza in Siberia di strane costruzioni metalliche non terrestri. La zona è stata per molto tempo sotto segreto militare con il divieto di sorvolo. E quella zona è tuttora superprotetta perché vi sono stati trovati importanti giacimenti di diamanti e d’oro.

Le cupole sarebbero fatte di un metallo simile al rame nell’aspetto ma che a differenza del rame non può essere scalfito o danneggiato (titanio?). Nessuno è mai riuscito a tagliarne anche solo un frammento. Nonostante i -40° gradi esterni, i cacciatori sostengono che gli interni siano piacevolmente caldi. Alcune di queste cupole presentano un’apertura nella parte superiore, con una scala a chiocciola che conduce a una galleria circolare sotterranea su cui si affacciano diverse camere interne. Anche Porro — ricordiamo — descrisse una scala a chiocciola a giro singolo che partiva dalla parte alta delle sfere, subito oltre il cancello di platino e rame, e che dava quindi accesso ad una delle cripte. Per la precisione Porro parlò di due scale, una per ciascuna cripta presente nella sfera.

Cronistoria
Nel XVII secolo la Valle della Morte era parte di un percorso migratorio battuto dai nomadi Evenchi che portava da Bodaybo (sulle sponde del fiume Vitim all’estremo sud-occidentale della Yakutia) fino al Mare di Laptev, a nord; l’esistenza delle cupole era nota a loro soltanto. La prima testimonianza indiretta arrivò nel 1853 dalla penna del botanico e naturalista Ričard Karlovič Maak (1825-1886). Nato in Estonia, allora parte dell’Impero Russo, Maak assunse notorietà negli anni ’50 dell’Ottocento per una serie di esplorazioni condotte in Siberia, tra le prime in assoluto, in particolare nelle valli dell’Amur (1855-1856) e dell’Ussuri (1859). Tra il 1853 e il 1856 prese parte a una spedizione della Società Geografica Russa (di cui era membro) avente l’obiettivo di descrivere l’orografia, la geologia e la popolazione dei bacini dei fiumi Viljuj e Chona. Il primo accenno noto alle cupole si trova nel suo resoconto di questa missione:

A Suntar, un insediamento Yakut, mi è stato detto che nel corso superiore del fiume Viliuy si trova un enorme cupola di metallo affondata nel terreno. [...] La sua dimensione è sconosciuta in quanto è visibile solo il cerchio che emerge dal terreno [così che potrebbe essere una sfera – NdA]

Nel 1936, lungo il fiume Olguidakh (lett. “luogo del calderone”), un geologo incaricato dagli anziani indigeni si imbatté in un’enorme cupola di metallo liscio, di colore rossastro, sporgente dal suolo e con un bordo scoperto affilato. In base alla relazione ufficiale, le pareti dell’oggetto erano spesse all’incirca due centimetri ed era possibile vedere l’interno della cupola attraverso un foro situato sulla parte posteriore. Il 1949 fu la volta di Vadim Kolpakov dell’Instituto di Geologia e Geochimica del ramo uralico dell’Accademia Russa delle Scienze (UB RAS). Nella regione di Irkutsk, alle longitudini yakute ma più a sud, quasi al confine con la Mongolia (59° 17’ 4 ,70” N; 116° 35’ 23,30” W), il geologo russo accettò di visitare una strana formazione di calcare grigio che risaltava nel verde della taiga. Si trovò così di fronte a un enorme cono convesso con un incavo a forma di imbuto e una collina arrotondata nel centro, simile a un nido d’aquila con un uovo conservato all’interno. La gente del posto lo chiamava appunto “il nido dell’aquila di fuoco”. Il diametro esterno della cresta è di circa 76 metri e si eleva mediamente di 40 metri dal suolo circostante. La collina nel centro si alza dal fondo di 12 metri per un diametro di oltre 35, il ché significa che se fosse la sezione alta di una sfera, quest’ultima avrebbe un diametro tra i 38 e i 40 metri, più o meno quello delle “sfere” di Porro. In seguito il cratere fu chiamato Patomskiy dal nome del fiume che vi scorre nei paraggi. Varie missioni accademiche hanno studiato il sito e raccolto campioni, fino a stabilire una data di formazione tra i 300 e i 350 anni fa. La suddivisione del cratere in zone fa pensare a processi geologici tuttora in corso, forse causati da gas che si sprigionano dalla base del cratere. La maggior parte dei geologi ritiene che il nido d’aquila sia il risultato di un impatto meteoritico, anche se il materiale analizzato non sostiene né contraddice questa teoria. Alcuni di loro hanno suggerito che il cratere sia stato causato da un frammento del meteorite di Tunguska. I geofisici dell’Istituto di Geofisica di San Pietroburgo e dell’Istituto Yekaterinburg sostengono però che i crateri meteoritici debbano avere necessariamente una forma diversa. Dello stesso parere è Viktor S. Antipin, dottore in geologia e mineralogia, a capo del Dipartimento di Geochimica dei Processi Endogeni dell’Istituto di Geochimica di Vinogradov, del ramo siberiano dell’Accademia Russa delle Scienze (IG SB RAS). Dopo aver preso parte a tre spedizioni sul cratere, Antipin si è trovato a propendere largamente per un’origine endogena. Così si è espresso infatti nel 2010 in occasione della conferenza “Patom Crater-2010” all’Istituto Minerario di San Pietroburgo:

Dal momento che la spedizione del 2006 è giunta a conclusione, riteniamo che l’origine del cratere di Patomskiy sia il risultato di processi geologici. Certamente non ci sono argomenti validi sul fatto che il cratere sia il frutto di un impatto con un meteorite.

Nemmeno Antipin ha però un’idea precisa di quali siano i processi geologici che si celano dietro la comparsa del cratere siberiano. Viene esclusa la natura vulcanica, poiché la regione non è interessata da fenomeni simili. Il cratere è comunque “vivo”, nel senso che la sua forma cambia continuamente, innalzandosi e abbassandosi, mentre gli alberi nelle vicinanze del sito sembrano crescere molto più velocemente degli altri. Nonostante le numerose spedizioni e la grande quantità di campioni (basti pensare che nel 2013 è stata raccolta mezza tonnellata di detriti), le origini e la natura del cratere Patomskiy rimangono un enigma. Uno dei più famosi aforismi di Sherlock Holmes, ci insegna che “quando si elimina l’impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità”. E tra quanto rimane c’è certamente l’ipotesi di una sfera sotterranea, impegnata in qualche tipo di attività che si manifesta in superficie nella formazione di un “nido d’aquila”. Del resto le dimensioni sono compatibili. Nel 1979, intanto, una spedizione archeologica era partita da Yakutsk con l’intenzione di individuare il luogo descritto dal “geologo del 1936”, ma 40 anni di mutamenti nel territorio e nella vegetazione non consentirono di ritrovare l’oggetto misterioso. Da allora il tema delle cupole rimase in sordina fino al 1989, quando riapparve in un lavoro di Nikita Deevich Arkhipov, antropologo specializzato nella cultura yakuta:

Tra la popolazione del bacino del Viliuy esiste una leggenda che risale ai tempi antichi e che narra dell’esistenza, nella parte alta di quel fiume, di enormi cupole di bronzo od olguis.

Nel 1996 un nativo di Vladivostok, Mikhail Koretsky, inviò una lettera al quotidiano russo Trud in cui affermava di essere stato nella Valle della Morte per ben tre volte. La prima era stata col padre nel 1933, quando aveva 10 anni; la seconda da solo nel 1937 e infine nel 1947 con alcuni amici. Koretsky affermava di avere individuato sette cupole tra i 6 e i 9 metri di larghezza al livello del terreno. Nell’ultima visita alle cupole, Koretsky e i suoi amici avevano trascorso la notte in una di esse. Benché quella notte non fosse successo nulla di particolare, nei giorni seguenti uno dei suoi compagni perse rapidamente quasi tutti i capelli, mentre lo stesso Koretsky sviluppò tre piccole pustole sulla guancia che non si sono mai più rimarginate. Segue un estratto della lettera al Trud:

La “Valle della Morte” si estende lungo un affluente di destra del fiume Viliuy. A dire il vero si tratta di una catena di valli lungo le sue terre alluvionali. Tutte e tre volte sono stato lì con una guida yakuta. Non siamo certo andati lì perché le condizioni di vita sono buone, ma perché laggiù si poteva cercare l’oro senza il timore di venire derubati a fine stagione o di prendersi un proiettile nella nuca. Per quanto riguarda gli oggetti misteriosi, lì probabilmente ce ne sono un sacco, visto che in tre stagioni ho visto sette di quei “calderoni”. Tutto di essi mi ha lasciato completamente perplesso, a cominciare dalla dimensione, tra i sei e i nove metri di diametro. In secondo luogo, sono fatte di qualche strano metallo. Tutti hanno scritto che sono fatte di rame, ma sono sicuro che non è rame. Il fatto è che sui “calderoni” uno scalpello a freddo affilato non lascia segni (abbiamo provato più di una volta). Il metallo non si rompe e non può essere martellato. Sul rame, un martello avrebbe certamente lasciato ammaccature evidenti. Ma questo ’rame’ è ricoperto da uno strato di materiale sconosciuto simile a smeriglio. Eppure non è un strato di ossidazione e non si scrosta, e non può essere nemmeno scheggiato o graffiato. Non siamo andati attraverso i pozzi che scendono nel terreno verso le camere. Ma ho notato che la vegetazione intorno ai calderoni era anomala — totalmente diversa da quanta cresceva più in largo. E più opulenta: bardana a foglia larga, vimini molto lunghi, erba strana, una volta e mezza-due volte l’altezza di un uomo. Il nostro gruppo al completo (sei persone) ha trascorso la notte in uno dei “calderoni”. Non abbiamo percepito nulla di negativo e abbiamo lasciato il posto tranquillamente senza alcun tipo di eventi spiacevoli. In seguito nessuno si ammalò gravemente. Ma uno dei miei amici ha perso tutti i capelli. E sul lato sinistro della mia testa (il lato su cui ho dormito) sono apparse tre piccole nevralgie della dimensione di capocchie di fiammiferi. Ho cercato di sbarazzarmi di loro per tutta la mia vita, ma sono ancora con me oggi. Nessuno dei nostri sforzi per asportare anche un piccolo pezzo dagli strani “calderoni” ha avuto successo. L’unica cosa che sono riuscito a portare via era una pietra. Non una qualsiasi comunque: la metà di una sfera perfetta, sei centimetri di diametro. Era di colore nero e recava segni visibili di lavorazione, ma era molto liscia, come se fosse stata lucidata. L’ho presa da terra all’interno di uno di quei calderoni. Ho portato con me il mio souvenir della Yakutia al villaggio di Samarka, distretto di Chuguyevka nella regione Primorsky (estremo oriente russo), dove i miei genitori vivevano nel 1933. Ero stato licenziato e non ebbi niente da fare finché mia nonna non decise di costruire una casa. Avevamo bisogno di mettere vetri alle finestre e non c’era un tagliatore di vetro in tutto il paese. Ho provato a segnarlo con il bordo di quella mezza sfera di pietra, e si è scoperto capace di tagliare con sorprendente facilità. Dopo di ciò il mio reperto venne usato spesso come diamante da tutti i nostri parenti e amici. Nel 1937 diedi la pietra a mio nonno, ma quell’autunno fu arrestato e condotto a Magadan dove sopravvisse senza processo fino al 1968 quando morì. Ora non lo sa nessuno dove è finita la mia pietra… Nel 1933 la mia guida yakuta mi disse che cinque o dieci anni prima aveva scoperto diversi ‘calderoni’ sferici — assolutamente rotondi — che emergevano dal terreno per poco di più dell’altezza di uomo. Sembravano nuovi di zecca. Più tardi il cacciatore li aveva visti di nuovo, ora rotti e sparsi.

La testimonianza di Koretsky è essenziale per i nostri raffronti, in quanto per la prima volta si parla di “pozzi che scendono nel terreno verso le camere”, esattamente come descritto da Porro, e per la prima volta si dice esplicitamente che le strutture siberiane sono sferiche, e che appaiono come cupole solo perché sporgono limitatamente dal terreno. Ma allora perché le sfere italiane si trovano a 300 metri di profondità mentre tra le sfere siberiane ce ne sono addirittura alcune che spuntano in superficie? La risposta è semplice e sta nella velocità di sedimentazione che in Siberia è cento volte più lenta che in Italia, così che centinaia di metri si riducono a pochi metri! A. Gutenev e Y. Mikhailovsky, due ricercatori che abitavano a Mirny, in Yakutia, nel 1971 raccolsero la strana testimonianza di un vecchio cacciatore evenco. Nella zona tra i fiumi Niugun Bootur (“campione ardente”) e Atadarak (“luogo dell’arpione a tre punte”), riferiva la presenza di un arpione gigante di ferro a tre punte da cui il corso d’acqua prenderebbe il nome. Similmente, nella zona tra due fiumi chiamati entrambi Kheliugur (“gente di ferro”), ci sarebbe una tana di ferro nel terreno, dentro la quale il cacciatore avrebbe trovato i corpi di “strani esseri dal corpo sottile con un occhio solo, vestiti con una sorta di costume nero di ferro”. Malgrado si fosse reso disponibile ad accompagnare chiunque al misterioso sito, nessuna autorità volle credere al suo racconto.

Strani fenomeni
Le leggende Yakute sulla Valle della Morte contengono molti riferimenti a esplosioni, trombe d’aria e sfere di fuoco fiammeggianti che volteggiano in aria, fenomeni che secondo gli stessi racconti sarebbero connessi alle “cupole”. Una di queste storie riguarda una sfera di fuoco incandescente che all’inizio del secolo scorso sarebbe emersa dal foro principale di una delle cupole e sarebbe salita verso l’alto sotto forma di una sottile colonna di fuoco. Accompagnata da un boato sordo, la sfera incandescente avrebbe raggiunto una notevole altezza e sarebbe quindi schizzata lontano, di lato, lasciando dietro di sé una lunga “scia di fumo e fuoco”. L’ufologo russo Valery Mikhailovich Uvarov (Capo del Dipartimento di Ricerche Ufologiche, Paleoscienza e Paleotecnologia al National Security Academy di San Pietroburgo Russia) ha ipotizzato che le cupole possano essere un’antica arma costruita da extraterrestri per proteggere il nostro pianeta da eventuali pericoli esterni, tipo meteoriti o altri alieni ostili. Secondo Uvarov, il sistema di difesa sarebbe composto da numerose cupole interrate e sarebbe capace di operare automaticamente. Se i rilievi di Porro risultassero attendibili, allora Uvarov si troverebbe incredibilmente vicino alla verità. Uvarov è convinto che il sistema di difesa sia entrato in funzione tre volte negli ultimi cento anni: nel 1908 abbattendo il famoso meteorite di Tunguska; nel 1984 distruggendo il bolide di Chulym, penetrato nell’atmosfera fino all’altezza di circa 100 chilometri; e il meteorite Vitim nel 2002. Uvarov avanzò la sua ipotesi proprio in coincidenza dell’evento Vitim, rilevando in quel periodo un aumento significativo dei livelli di radiazione nella Valle della Morte e un progressivo abbandono dei boschi da parte della fauna selvatica. Il ricercatore russo maturò l’impressione che il sistema si stesse preparando a scongiurare una minaccia imminente. Alla luce del quasi impatto meteoritico registrato il 15 febbraio 2013 sopra il cielo degli Urali, qualcuno ipotizza che il sistema sia entrato in funzione una quarta volta, così da scongiurare un impatto che poteva risultare catastrofico. È il solito Uvarov a collegare Tunguska con le cupole yakute:

Probabilmente il macchinario ottiene la distruzione dei corpi celesti utilizzando enormi globi di plasma. Quel giorno del 1908 il loro volo fu osservato da migliaia di persone; molte li credettero fulmini globulari e pensarono che fossero stati loro a produrre l’evento. Gran parte degli osservatori asserisce di aver visto volteggiare i globi di plasma sopra il sito dello schianto sino a tarda sera. Secondo i testimoni intervistati da Uvarov, […] a nord-ovest comparve una colonna infuocata di circa 6 metri di diametro. Una volta scomparsa, si udirono cinque forti e secche detonazioni, come colpi di cannone, distinte e a breve distanza le une dalle altre. Dalla stazione commerciale di Teteria furono avvistate colonne di fuoco in direzione nord. Colonne di fuoco furono osservate anche da altri luoghi (Kezma, Nizhne-Ilimsk, Vitim) che non si trovano lungo un’unica direttrice. Presso la miniera di Stepanovsky (vicina alla città di Yuzhno-Eniseisk), trenta minuti prima della caduta del meteorite iniziò un terremoto… In quell’istante un testimone che si trovava nei pressi di un piccolo lago vide improvvisamente questo prosciugarsi e dal fondo aprirsi come dei battenti di una porta. Sui bordi delle due gigantesche ante erano visibili delle dentellature. Il testimone fuggì preso dal panico e percorse una considerevole distanza; poté però osservare da lontano che al posto del lago si innalzava una “colonna di luce splendente”, alla cui sommità si trovava una sfera, il tutto accompagnato da un terribile rimbombante ronzio.

Approfondimento sull’evento di Tunguska
La mattina del 30 giugno 1908 un meteorite di circa 30 metri di diametro esplose a un’altitudine tra i 5 e i 10 chilometri sopra la località di Tunguska, nella taiga yakuta. Per un raggio di circa 700 km i cieli siberiani diventarono la sorgente di un bagliore accecante. L’effetto dell’esplosione sugli alberi è stato replicato attraverso dei test atmosferici nucleari eseguiti negli anni 1950 e 1960. Gli alberi direttamente sotto l’esplosione sono rimasti in piedi ma sono stati spogliati poiché l’onda d’urto si muove inizialmente in verticale verso il basso; gli alberi più lontani sono invece caduti in quanto una volta toccata terra l’onda d’urto prosegue in orizzontale. Alle ore 7:14 locali in pochi istanti furono neutralizzati tra i 60 e gli 80 milioni di alberi su una superficie di 2.150 chilometri quadrati. Il rumore dell’esplosione venne udito a mille chilometri di distanza. A 65 chilometri il testimone Semen Semenov raccontò di avere visto il cielo spaccarsi in due e un grande fuoco coprire la foresta; in un secondo tempo il cielo si era richiuso e Semenov aveva udito un boato fragoroso prima di sentirsi sollevare e scagliare a qualche metro di distanza. L’onda d’urto fece quasi deragliare alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana a 600 km dal punto di impatto. La potenza dell’esplosione viene calcolata in base agli effetti tra i 10 e 15 megatoni, equivalente circa a mille bombe di Hiroshima messe insieme. Persino il cielo di Londra, pur essendo mezzanotte, era talmente chiaro e illuminato da poter leggere un giornale senza l’ausilio della luce artificiale. Il fenomeno fu dovuto alla massiccia quantità di vapore acqueo filtrato nell’alta atmosfera (una sorta di “effetto fibra ottica”) e si ripeté in tutta Europa per diverse serate dopo il giorno dell’impatto. Il mineralologo russo Leonid Alekseevič Kulik andò alla ricerca di un cratere d’impatto in una foresta abbattuta presso il bacino del Podkamennaja Tunguska alle coordinate 60°53′40″N 101°53′40″E. Kulik organizzò quattro spedizioni tra il 1927 e il 1939, ma non fu mai trovato il cratere o altre evidenze dell’impatto. Nel 1938, a bordo del dirigibile LZ 127 Graf Zeppelin, Kulik diresse la prima ripresa aerofotografica della zona colpita dalla catastrofe. Sul posto sono state organizzate numerose spedizioni scientifiche dal 1950 fino ai nostri giorni. Le analisi chimiche hanno rilevato la presenza di polveri con tracce di Nichel e Iridio. Ciò è particolarmente interessante se ricordiamo che l’Iridio è uno dei tre metalli rari che si presenta abbondante nelle “sfere” di Porro. Due crateri generati da altrettanti frammenti sopravvissuti all’esplosione sono stati riconosciuti nel 1991 (Lago di Cheko) da una spedizione del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bologna, e nel 2010 (cratere Suslov) da una spedizione dell’Innovazione Troitsk e Nucleare Research Institute (TRINITY).


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 20/02/2023, 18:33 
LA DIVINITA' DEGLI EOCENICI
Loris Bagnara

Gli Eocenici ritenevano che un misterioso ente, denominato “Grande Sfera”, risiedesse al centro della Terra e condizionasse l’esistenza degli esseri umani.

Tra le informazioni fornite da Porro ve ne sono numerose che richiamano le tematiche tipiche della letteratura ufologica del suo tempo: si parla di dischi volanti, di conflitti con popolazioni extraterrestri, di rifugi sotterranei, di tecnologie evolute per la creazione di materiali speciali, per l’effettuazione di viaggi spaziali, per l’elaborazione dei dati, per la cura della salute, e altro ancora. Accanto a tutto questo, però, vi sono anche informazioni che, in maniera altrettanto evidente, richiamano concetti tipici delle letteratura esoterica e occultista prodotta a partire dalla seconda metà del sec. XIX. Si potrebbe quasi dire che una buona parte delle rivelazioni di Porro si siano formulate modellandosi — non sappiamo quanto consapevolmente da parte di Porro — su alcuni precisi archetipi fondamentali tanto dell’ufologia quanto dell’esoterismo. Sono appunto tali riferimenti archetipici che, in questo capitolo e nei due successivi, intendiamo esplicitare attraverso un’analisi delle rivelazioni di Porro con i filtri della letteratura ufologica ed esoterica. Le informazioni che ci interessano, ai fini del discorso, sono riportate nel Diario di Miniaci (essenzialmente in tre date: 24 ottobre 1969, 2 luglio 1970 e 13 luglio 1970), e soprattutto in un curioso documento denominato Tavole di Fisica (in breve, di qui in avanti, TF), rilevato da Porro con la medesima tecnica già descritta, trascrivendo e poi traducendo il contenuto (scritto nell’originale lingua eocenica) di decine di tavole appese alle pareti di alcune delle sfere sotterranee. Questo documento, redatto da un individuo di quell’antica razza, aveva evidentemente lo scopo di condensare tutta la conoscenza della loro civiltà, affinché non andasse perduta in seguito al lungo periodo di ibernazione. Nelle lettere citate Miniaci riportava quanto Porro gli andava riferendo in merito a una scoperta desunta, appunto, dalla lettura delle TF, e che riguarda qualcosa che tanto fisico non è, almeno se pensiamo alla fisica tradizionale.

La Grande Sfera
In quelle tavole si parla dell’esistenza di un “Ente”, chiamato “Grande Sfera” (GS per brevità), che ha sede dentro il globo terrestre: una sfera concentrica alla Terra e di diametro pari alla sua metà. L’importanza della GS sta nell’influenza che essa può esercitare sugli uomini eocenici, tramite effettive “radiazioni” (non meglio precisabili) che investono particolari organi, all’interno delle cellule, sensibili ad esse. L’uomo eocenico era stato capace di schermarsi completamente da tali influenze, ma a quanto pare una tale prassi doveva aver avuto applicazione così generale da provocare conseguenze fatali. Viene asserito precisamente che “per volere della GS erano arrivati alla Terra dal terzo satellite di Giove [Ganimede] quegli stranieri che all’uomo hanno causato la necessità di rifugiarsi nelle sfere sotterranee”. Tale schermatura — lascia intendere il testo — potrebbe persino essere tuttora attiva, ai tempi dell’umanità attuale. A questo proposito, è bene subito precisare che in TF il temine “uomo” sta sempre ad indicare l’uomo eocenico, antropologicamente distinto dall’umanità attuale; a questa — cioè a noi — le profezie (lo vedremo) si riferiscono usando l’espressione “ viventi futuri”, o simili. Stando a quanto scrive l’anonimo autore delle TF, il problema della GS — e cioè della sua effettiva natura e funzione nell’universo — era ritenuto molto importante, ma non era stato possibile arrivare a conclusioni certe. Tra gli Eocenici, infatti, non vi era uniformità di opinioni riguardo alla GS. Alcuni pensavano che essa fosse giunta alla Terra proveniente da un luogo lontano dello spazio, e che qui avesse trovato il modo di influenzare gli individui e costringerli ai suoi voleri. Il controllo esercitato dalla GS sul comportamento degli individui si basa su principi etici che, sembra di capire leggendo le TF, in generale non si discostano molto da quelli delle religioni attuali; in particolare, sembrano evidenti le somiglianze con le dottrine del karma e del dharma che troviamo oggi nell’induismo e nel buddhismo. Infatti, possono incorrere nelle sanzioni della GS non solo coloro che causano del male ad altre persone, ma anche coloro che, pur potendo causare del bene (o anche del male) ad altre persone che dovrebbero riceverlo, tuttavia non lo fanno. Altre colpe sono il mangiare più del giusto, l’eccessivo desiderio sessuale, la bramosia di denaro e di beni materiali. L’intenzione o il desiderio sono un demerito tanto quanto l’atto eseguito. È bene precisare che è lo stesso autore delle TF a presentare il tema della GS come un elemento di spaccatura nella società degli Eocenici, divisi fra “fedeli alla Grande Sfera” e tutti gli altri che erano fedeli al Re, e agnostici nei confronti della GS, se non apertamente ostili ad essa. Ancora, è lo stesso autore delle TF a suggerire una contrapposizione radicale e manichea fra i fedeli alla GS, con la loro etica spiritualista, altruista, ecclesiale, e tutti gli altri che perseguivano valori di stampo materialista ed individualista, anche abbastanza crudeli per la nostra moderna sensibilità. Ribadiamo questo affinché sia chiaro che non si tratta di una nostra arbitraria rilettura, ma che sono proprio le parole dell’autore a descrivere la GS e la cerchia dei suoi fedeli con connotazioni che oggi ascriveremmo alla polarità positiva (dell’unione), mentre gli altri, oppositori alla GS, con connotazioni ascrivibili alla polarità negativa (della separazione). Va detto, peraltro, che proprio a questi ultimi vanno le simpatie dell’anonimo autore eocenico. Raccogliendo le informazioni riportate in TF si può ben vedere che i principi dettati dalla GS e quelli dettati dal Re differivano o addirittura contrastavano in molti punti, ad esempio:

la GS non prescriveva il dovere di effettuare i pagamenti al Re;

i fedeli alla GS erano liberi di disporre del proprio denaro come volevano, anche donarlo ai bisognosi, quando invece le leggi del Re prescrivevano, ad esempio, che non dovesse essere dato agli operai un pagamento maggiore di quanto dovuto, perché ciò costituiva un disincentivo al lavoro;

secondo i principi dettati dalla GS la famiglia doveva fondarsi su una coppia stabile, a differenza del Re che non solo permetteva, ma favoriva il cambiamento nella composizione delle famiglie.

L’autore delle TF osserva che in tal modo la GS sembrava voler delegittimare il Re agli occhi dei suoi sudditi. Forse la GS sperava — suppone l’autore — che quando gli Eocenici usciranno dalle sfere, molti di essi si uniranno ai “viventi futuri” (cioè gli attuali esseri umani, noi) per combattere contro il Re. Torneremo a breve sul tema della guerra fra Eocenici e umanità attuale.

Libero arbitrio ed etica
Un altro degli argomenti discussi nelle TF riguarda il libero arbitrio; in sintesi, l’autore scrive quanto segue. Premesso che gli “uomini”, a differenza degli animali, hanno libertà di scelta fra diverse linee di condotta, i fedeli alla GS ritenevano che ciò comportasse la responsabilità dell’agire: per coloro che agivano male vi era un castigo, come affermavano le “comunicazioni” (medianiche) della GS stessa. Gli oppositori alla GS sostenevano, invece, che la scelta di una linea di condotta errata si pagasse per conseguenza diretta delle azioni stesse, senza dover pensare a un castigo futuro. Vi erano individui il cui comportamento era ligio ai principi etici dettati dalla GS, altri invece il cui comportamento era esattamente il contrario. L’intelligenza e neppure l’istinto interiore bastavano a risolvere il problema di comprendere quale delle due linee di pensiero fosse quella giusta. Per questo era difficile credere che gli individui dopo la morte potessero essere premiati o puniti per aver scelto l’una o l’altra linea di pensiero. E a questo proposito, vi era divergenza di opinioni anche per quanto riguarda l’esistenza di una vita dopo la morte, affermata da alcuni sulla base della diversità fra uomini e animali, negata invece da altri che ravvisavano piuttosto una grande somiglianza comportamentale fra uomini e animali. In poche parole, come ai nostri tempi, mancavano prove definitive in un senso e nell’altro, ed era in atto una disputa fra materialismo e spiritualismo; fra gli esponenti del primo si vedeva con diffidenza, se non con aperta ostilità, la presenza e l’influenza della GS.
In alcuni capitoli delle TF si parla di tecnologie per la salute dell’uomo, e curiosamente si afferma che il bilancio dei meriti e demeriti dell’individuo poteva avere un riflesso diretto sulla possibilità di ricorrere a certe potenti apparecchiature terapeutiche per la cura di malattie o per il ringiovanimento. L’utilizzo di tali apparecchiature era strettamente soggetto a controllo da parte dei funzionari del Re e al pagamento di tasse, in mancanza di che era prevista la pena di morte; ma a parte tale questione amministrativa, sarebbe stato l’impiego stesso dell’apparecchiatura — benché non tecnicamente difficile — a risultare pericoloso, se il bilancio morale dell’aspirante alla cura fosse stato negativo. Questo perché il pensiero della GS — secondo l’autore delle TF — si poneva in diretta relazione con l’impiego di tali apparecchiature.

Profezie della Grande Sfera
In numerosi capitoli delle TF si parla di ciò che sarebbe accaduto nel futuro, rispetto al tempo della civiltà eocenica. I fedeli alla GS ritenevano che i viventi del futuro (cioè noi moderni esseri umani) sarebbero stati aiutati, dalla stessa GS, a leggere proprio quelle tavole. Si arguisce che il Re avrebbe voluto evitare che le informazioni contenute nelle tavole cadessero nelle mani dei viventi futuri, ma evidentemente non poteva schermare le tavole, né renderne più di tanto difficoltosa la lettura. In una comunicazione della GS si legge una sorta di profezia relativa al cosiddetto “primo leggente”, cioè colui che nel futuro, per primo, sarebbe stato in grado di decifrare le TF medesime (lo stesso Alessandro Porro?). Un’altra comunicazione della GS pone il primo leggente in un futuro distante 32 milioni di anni dall’età eocenica, quando fra l’altro vi sarebbe stata una forte diminuzione del campo magnetico terrestre. Se assumiamo che il primo leggente sia Porro, 32 milioni di anni fa corrisponde abbastanza bene alla transizione fra Eocene e Oligocene (33,9 milioni di anni fa, secondo le attuali conoscenze).
In molte comunicazioni della GS si afferma che i futuri viventi avrebbero scoperto l’energia atomica dopo circa 32 milioni di anni dall’entrata degli Eocenici nelle sfere. In altre comunicazioni si arguisce che in un tempo futuro (è da intendersi nella nostra epoca) la GS avrebbe esercitato una influenza diretta sugli avvenimenti della Terra, e di questo il Re era grandemente preoccupato, temendo di essere sconfitto nella guerra che gli Eocenici, una volta riemersi dalle sfere, avrebbero dovuto combattere contro i viventi futuri. Questa futura guerra è oggetto di molte comunicazioni della GS. L’autore delle TF riferisce l’opinione secondo cui proprio attraverso tale guerra la GS intenderebbe punire più compiutamente la superbia degli Eocenici. Infatti, secondo le profezie, gli Eocenici saranno sconfitti, e la sconfitta ad opera di una razza meno evoluta sarà in tal modo ancora più bruciante per loro. Che siano questi i piani della GS sembra dimostrato dal fatto che gli Eocenici poterono costruire in soli dodici anni, senza essere ostacolati, una base militare su Marte, per difendersi da quelli di Ganimede. Poiché era opinione prevalente — scrive l’autore delle TF — che quelli di Ganimede fossero stati chiamati dalla GS per punire la superbia degli uomini, ci si potrebbe chiedere per quale motivo, allora, la GS avesse consentito la costruzione della base su Marte. La risposta starebbe, appunto, nell’intenzione della GS di perfezionare in futuro la punizione degli Eocenici. Alcuni obiettavano — scrive sempre l’autore — che l’idea della “guerra punitiva” fosse poco credibile, perché se la GS volesse davvero punire gli “uomini”, potrebbe farlo in qualunque momento: prima, durante o dopo la loro permanenza nelle sfere, ad esempio attraverso movimenti geologici o altro genere di catastrofi naturali; o perfino ricorrendo a malattie, che peraltro offrono il vantaggio di poter colpire selettivamente gli avversari e risparmiare le forze amiche. Tuttavia, i fedeli alla GS rispondevano che essa forse voleva che fossero i fedeli stessi a combattere contro il Re, magari perdendo la vita in guerra e per questo meritandosi una seconda vita. Tale guerra tuttavia non poteva essere condotta allora, perché la vittoria non sarebbe stata possibile; per tale motivo era rimandata ad un tempo a venire, quando i fedeli alla GS avrebbero potuto unirsi ai viventi del futuro. Nelle comunicazioni della GS si afferma che la razza dei futuri viventi della Terra (cioè, ripetiamolo, l’umanità attuale) avrebbe avuto origine dagli individui maschi di una popolazione proveniente da un pianeta non precisato ed evolutosi fino al punto da realizzare, anche se solo in parte, una mente collettiva. La possibilità di dare luogo ad una vera e propria mente collettiva dipenderebbe dalla presenza di un numero sufficiente di individui che abbiano elevata “frequenza di emissione cardiaca”, caratteristica questa che si riscontrava nel popolo che abitava la Luna, oltre che nei popoli di molti altri pianeti, e che sarebbe indice di un elevato grado evolutivo; tale caratteristica, inoltre, renderebbe quei popoli molto compatti, forti e pressoché invincibili. Tuttavia un simile esito dell’evoluzione di un popolo sembra essere escluso dalle comunicazioni della GS, in cui si parla solo della seconda vita che i buoni riceverebbero, e mai si parla di una comunione delle menti. Nelle numerose comunicazioni della GS, riguardanti il futuro, si rilevano anche molte contraddizioni, che l’autore delle TF spiega in questo modo: solo i fenomeni della realtà fisica possono essere certi, a differenza degli eventi che dipendono dalla libera volontà di esseri coscienti e intelligenti; e poiché le conseguenze di eventi determinati dalla libera volontà di esseri coscienti si vanno accumulando sempre più nel tempo, si restringe così moltissimo il campo concesso agli avvenimenti futuri prevedibili con certezza. Questa spiegazione, però, — osserviamo noi — viene senza dubbio a incrinare l’attendibilità delle profezie stesse, soprattutto di quelle che riguardano la guerra fra gli “uomini” e i viventi futuri, in cui la sconfitta degli “uomini” è data per certa. Come può esservi certezza in tali profezie, se gli eventi di cui si tratta sono inestricabilmente intrecciati con le libere scelte individuali di milioni, miliardi di individui? Si può tentare di rispondere in due modi, o per meglio dire, con due aspetti consequenziali.
Innanzitutto gli Eocenici, con la loro scelta di rifugiarsi nelle sfere per milioni di anni, lasciano campo libero all’evoluzione del pianeta, si sottraggono alla storia della Terra; in altri termini, neutralizzano gli effetti del proprio libero arbitrio, per il semplice motivo che, scendendo nelle sfere, smettono di esercitarlo. Il secondo aspetto, consequenziale al primo, è che in tal modo la GS può predisporre le condizioni ottimali, senz’alcun intralcio, affinché l’evoluzione della Terra proceda fino al compimento dell’esito finale desiderato. Se a ciò si aggiunge che i poteri della GS sarebbero incomparabilmente superiori anche a confronto di quelli d’una collettività di individui, ne consegue che l’“infallibilità” delle profezie relative alla guerra e alla sconfitta degli Eocenici può essere ragionevolmente accettata (nel quadro, beninteso, descritto dalle TF).

Esperimenti genetici
Nelle TF si parla di esperimenti per ottenere una razza “umana” fisicamente migliore; in particolare era desiderio del Re poter disporre di migliori soldati. Si erano ottenuti buoni risultati sotto il profilo fisico, tuttavia accompagnati da un peggioramento del cervello e del sistema nervoso, con minori prestazioni intellettuali, minore acutezza dei sensi e minore prontezza di reazioni. Poiché non si riusciva a capire la ragione biologica di questo, alcuni ritenevano che la ragione del fenomeno stesse nell’influenza della GS, la quale evidentemente non desiderava sperimentazioni del genere. Allora altri esperimenti furano fatti in ambienti schermati dalle “onde delta veloci” inviate dalla GS; il risultato, tuttavia, fu una completa sterilità degli organismi soggetti alla sperimentazione. Si ipotizzava che la schermatura avesse eliminato non solo le onde delta veloci provenienti dalla GS, ma anche tutte le altre di diversa provenienza, fra le quali potevano esservene di necessarie al formarsi di una nuova vita. A quanto sembrava, il problema si presentava solo con gli esseri “umani”, e ciò potrebbe dimostrare che l’organismo degli esseri “umani” è diverso da quello degli animali, forse anche a causa dell’azione della GS.
Quando divennero pubblici i risultati di questi esperimenti, — nonostante che il Re avesse ordinato di tenerli segreti, — ne furono molto soddisfatti coloro che sostenevano la necessità di obbedire alla GS, poiché ciò appariva ad essi un’indiscutibile prova della sua volontà e del suo intervento. Tali fatti alimentavano le discussioni fra sostenitori e avversari della GS. Questi ultimi, pur ammettendone la grande potenza, obiettavano che, di per sé, la potenza non implicava il diritto di comandare sugli “uomini”; tale diritto potrebbe sussistere solo se la GS avesse creato gli esseri “umani”, ma ciò non era dimostrato, conclude l’autore delle TF.

Materiali intelligenti
Nelle TF si parla abbastanza estesamente dei cosiddetti “matinte”, termine che nasce come acronimo dell’espressione “materiali intelligenti”: si tratta cioè di materiali che, pur non costituendo organismi viventi, denoterebbero un comportamento intelligente e la capacità di comunicare con gli esseri umani, influenzandoli o essendone comandati. Alcuni ipotizzavano che i matinte non possedessero propriamente intelligenza, ma che fossero azionati da una intelligenza universale, di cui non si sapeva nulla; e neppure si sapeva quali fossero gli eventuali rapporti di questa intelligenza con la GS. I matinte potevano essere controllati da individui il cui cuore fosse in grado di emettere determinate frequenze; ciò risultava ancora più facile in un ambiente privo di gravità. Si ipotizzava che i matinte ricevessero informazioni dalla GS. Tuttavia, non era a favore di tale ipotesi il fatto che l’utilizzazione dei matinte fosse collegata alla frequenza delle emissioni del cuore, poiché non si ravvisava l’opportunità di una limitazione di questo tipo: per i fini della GS sarebbe stata certamente più consona una limitazione in rapporto al profilo etico della persona. Un’altra limitazione nell’uso dei matinte si riscontrava in assenza di gravità, da cui l’ipotesi che in tali condizioni i matinte non potessero ricevere informazioni dalla GS; ma neppure tale limitazione sembrava coerente con gli scopi della GS, essendo più ragionevole pensare che essa volesse semplicemente premiare i “buoni” e non i “cattivi”. Comunque, il problema nel suo insieme rimaneva insoluto e fonte di divisione fra gli “uomini”, — conclude l’autore, — come sempre avveniva per questo genere fenomeni. In alcune comunicazioni della GS è detto che sarebbe apparso, in futuro, un individuo in grado di preparare preparare oro e platino e altri metalli preziosi; e ciò agendo non per mezzo dei matinte, ma invece con la forza della propria mente, o meglio, con la forza che la mente di quell’individuo avrebbe ricevuto dalla GS stessa. Non è chiaro se tale profezia si riferisca anch’essa alla figura quasi messianica del “primo leggente”, a cui si è già accennato.

Fenomeni super-fisici e parapsichici
Scrive l’autore delle TF che alcuni fra gli Eocenici sostenevano una concezione dello spazio-tempo con un maggior numero di dimensioni (“multiverso”) rispetto a quelle che normalmente si sperimentano; questa teoria, che non poteva essere né contraddetta né provata, era respinta dai fedeli alla GS, i quali attribuivano all’azione della stessa i fenomeni che sembravano provenire da un altro universo, teoria anche questa che non poteva essere né provata né confutata. Alcuni ritenevano che l’energia della GS fosse di natura magnetica, e che la GS determinasse la distribuzione dell’energia magnetica nella Terra. Tuttavia non vi erano prove di questo, né che i campi magnetici delle diverse galassie fossero fra loro dipendenti, come sostenuto da alcuni. Nelle TF si parla di una determinata caratteristica dell’organismo umano, e specificamente del cuore, a cui si è accennato anche poco fa. Si tratta della frequenza di emissione cardiaca (f.e.c.) delle onde delta veloci. Tale frequenza poteva innalzarsi ad un certo punto della vita, senza ragioni apparenti; ma in certi casi ciò sembrava correlato col fatto che l’individuo asserisse di aver ricevuto incarichi dalla GS. L’aumento della f.e.c. Si traduceva anche in aumentati poteri parapsichici, fino alla possibilità di uccidere a distanza altre persone, come alcuni affermavano, cosa peraltro palesemente incompatibile con la natura della GS, osserva l’autore. Quando una persona aveva f.e.c. > 3,5x68, poteva venire a conoscenza di qualunque fatto del passato: era sufficiente che scrivesse la domanda (non importava in quale lingua) e avrebbe ricevuto la risposta come comunicazione per mezzo di onde delta. Si doveva presumere che la risposta giungesse da un ente, collocato in un altro universo o in un’altra dimensione, che registrava tutti gli eventi, oppure che poteva viaggiare nel tempo e verificare gli eventi accaduti. Si potevano in tal modo conoscere anche eventi precedenti l’esistenza della razza “umana”, il che consentiva di escludere l’identificazione dell’ente di cui sopra con una presunta mente collettiva della razza “umana”, ma lasciava aperta l’ipotesi di una mente collettiva associata alla totalità della vita sulla Terra. Era possibile conoscere, nel modo sopra descritto, tutta la storia di un altro pianeta purché un vivente terrestre visitasse quel pianeta, intendendosi per “viventi” esseri umani e animali, anche microrganismi, ma non vegetali. Ciò avvalorava senz’altro l’idea dell’esistenza di un qualche tipo di collegamento fra tutte le forme di vita di un pianeta, e che anche nella più piccola cellula vivente fosse presente in potenza tutta la futura evoluzione, completamente predeterminata. Come si poteva conoscere il passato, si poteva conoscere allo stesso modo anche il futuro, ma solo per quegli aspetti che non dipendevano dalle libere scelte di individui coscienti e intelligenti; un concetto che l’autore delle TF tiene a precisare anche altrove, come già si è detto.


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MessaggioInviato: 03/03/2023, 10:57 
LA SCIENZA OCCULTA DEGLI EOCENICI
Loris Bagnara

Il complesso delle rivelazioni di Porro viene a costituire un quadro che non manca di una sua coerenza, per quanto a prima vista possa apparire incredibile e slegato da ogni altra testimonianza precedente e posteriore. Infatti, a ben vedere, sono forti gli elementi che inducono a ipotizzare una stretta parentela (di che genere, vedremo in seguito) fra molti elementi forniti da Porro e alcuni concetti che ritroviamo nelle dottrine orientali, nella scienza occulta e in ciò che la tradizione esoterica si tramanda in merito alla storia remota della Terra e dell’umanità. Che una tale parentela sussista è del tutto evidente quando si considerino con maggiore attenzione alcune delle informazioni, apparentemente bizzarre, fornite da Porro. Ad esempio la questione dei “matinte”, i “materiali intelligenti”, descritti nelle TF. L’idea che la materia possa agire con una sorta di intelligenza inconscia richiama una concezione ben nota nell’occultismo e in molte tradizioni esoteriche, dalla teosofia all’ermetismo rinascimentale, fino a risalire agli albori dell’umanità: si tratta della concezione relativa agli Elementali, o Spiriti degli Elementi. Le tradizioni popolari identificano gli Elementali in creature semi-intelligenti di diversa natura, ciascuna legata, appunto, ad uno dei quattro elementi: Terra (Gnomi), Acqua (Ondine), Fuoco (Salamandre), Aria (Silfidi). Ma se andiamo oltre a questa visione un po’ ingenua, possiamo vedere in essi le forze della Natura, o meglio, le cause secondarie che operano in Natura come forze; in altri termini, gli Elementali sarebbero gli agenti che traducono in atto gli impulsi provenienti dalle cause prime. È implicita in questa concezione l’idea opposta a quella imperante nella scienza meccanicista che ha dominato in Occidente dal sec. XVII ad oggi: l’universo non è una macchina morta mossa da impulsi ciechi e governata da leggi impersonali, ma un organismo vivente retto da un’Intelligenza onnipervasiva (Anima Mundi è una delle sue designazioni) che si avvale di un numero infinito di creature semplici per muovere e governare tutti i fenomeni, indirizzandoli nel senso evolutivo previsto dal Piano che Essa ha concepito. Secondo Helena Petrovna Blavatsky (1831- 1891), gli Elementali “dimorano nell’etere e possono maneggiare e dirigere la materia eterica per produrre effetti fisici, con la stessa facilità con cui l’uomo può comprimere dell’aria con un apparecchio pneumatico”: essi, cioè, creano la materia grezza, visibile, comprimendo o condensando quella sottile o invisibile, modellandola secondo le immagini che ricevono dall’ambiente circostante, o dalle forme-pensiero di spiriti superiori. In tal modo vive e cresce la natura, da quella inorganica nei suoi aspetti solido, fisico e gassoso, fino a quella organica, costituita dalle piante e dagli animali. Gli Elementali operano integrando la loro coscienza dentro le rispettive creazioni fisiche, seguendo le direttive di esseri superiori, conosciuti in India come deva, che forniscono loro un’impronta-pensiero derivante a loro volta da gerarchie superiori. Ogni deva consiste in una sorta di “anima collettiva”, che unifica o raggruppa più esseri viventi, come piante o animali, i quali non posseggono un “io” individuale come quello umano. È chiaro, dunque, come questa visione sia assai affine a quella descritta dalle rivelazioni di Porro, dove troviamo i “matinte” (analoghi agli Elementali) che, guidati dalla “Grande Sfera” (analoga all’Anima Mundi), possono realizzare fenomeni e creare oggetti utili agli esseri umani. Un altro aspetto delle rivelazioni di Porro, che può prestarsi ad essere interpretato alla luce della scienza occulta, è quello relativo alla “frequenza di emissione cardiaca delle onde delta veloci” (f.e.c.). Se ci atteniamo alle nozioni della scienza attuale, è difficile dare un senso a queste parole; ma se le ricolleghiamo alla costituzione occulta dell’uomo — come la si trova ad esempio nelle dottrine orientali e nella teosofia — con le nozioni di chakra, prana e “corpi sottili”, allora un senso è forse possibile darvelo. La f.e.c. potrebbe corrispondere alla frequenza vibrazionale del chakra del cuore, che tradizionalmente è associato al 2° aspetto (o “raggio”, nel sistema di Alice Bailey) della manifestazione divina, quello di Amore-Saggezza; così come il 1° aspetto (raggio), quello della Volontà-Potenza, è legato al chakra della testa (“il terzo occhio”), mentre il 3° aspetto (raggio), quello dell’Attività Intelligente, è legato al chakra della gola. In questa chiave di lettura, un’elevata f.e.c. corrisponderebbe ad un’elevata frequenza vibrazionale del chakra del cuore, indice di un elevato livello spirituale dell’individuo, che solitamente implica anche il possesso di certe capacità o poteri (siddhi, in sanscrito) di ordine fisico, psichico e parapsichico, di cui gli individui ordinari sono privi. Un altro ambito che sarebbe interessante approfondire — ma non in questa sede — è quello delle nozioni di “chimica occulta” riportate nelle TF. Uso l’espressione “chimica occulta” perché esattamente questo è il titolo di un testo che i due illustri teosofi Annie Besant (1847-1933) e Charles Webster Leadbeater (1854-1934) pubblicarono nel 1908. In questo libro i due autori riportano le loro investigazioni, tramite visione chiaroveggente, sulla struttura intima della materia, arrivando a formularne una descrizione che ha poco a che fare con le conoscenze fisiche e chimiche del tempo, ma molto invece — come hanno potuto realizzare alcuni fisici del nostro tempo — con le più moderne teorie quali la teorie delle stringhe. Il fatto è che le TF sono zeppe di nozioni fisiche e chimiche piuttosto astruse e apparentemente incompatibili con le attuali conoscenze. Eppure Alessandro Porro era assolutamente competente e ben preparato in queste materie, e non poteva non rendersi conto delle bizzarrie che andava riferendo... A meno che Porro non fosse del tutto convinto di non far altro che riportare fedelmente le informazioni lette con l’ausilio del suo strumento, così come avevano fatto la Besant e Leadbeater con le loro straordinarie doti di chiaroveggenti. Se non altro questo è un punto a favore della buona fede dell’Ing. Alessandro Porro. Dunque, spunti per riflessioni di carattere esoterico ve n’è più d’uno nelle rivelazioni di Porro, ma il più importante — su cui intendiamo ora soffermarci — è senza dubbio quello della Grande Sfera. Questa misteriosa entità, che abbiamo descritto nelle pagine precedenti, presenta innegabilmente forti analogie con il concetto di “Logos planetario”, quale si ritrova nella letteratura teosofica. Prendiamo qui come riferimento un’altra opera di Annie Besant e Charles W. Leadbeater, Man: Whence, How and Whither (1913), dove concetti espressi in precedenza dalla Blavatsky nella Dottrina segreta si trovano qui riformulati e ampliati. Il tema del libro, come il titolo suggerisce, è l’antropogenesi, ossia l’origine dell’uomo all’interno del grande processo evolutivo delle forme viventi che popolano la Terra. Il momento fondamentale del processo antropogenetico è collocato nel momento in cui le potenzialità evolutive del regno animale si erano esaurite, e per effettuare il salto al regno umano occorreva un intervento specifico e mirato. Così il Logos, la Coscienza Divina creatrice, attraverso la gerarchia dei sub-logoi che da Lui discendono, dispose che, in aiuto dell’evoluzione terrestre, giungessero i cosiddetti “Signori della Fiamma”. Provenienti dal pianeta Venere, (dove avevano completato il loro percorso evolutivo, similmente a quanto dovrà fare l’umanità sulla Terra), queste entità avevano il compito di “accelerare l’evoluzione mentale, fondare la Gerarchia Occulta e assumere il governo del globo”. Il seme della consapevolezza e della mente era già presente nelle creature animali che si apprestavano ad entrare nel nuovo regno, ma senza l’intervento dei Signori della Fiamma il seme non avrebbe potuto germogliare, esattamente come il seme di una pianta, nella terra, non può germogliare in assenza di calore e acqua, pur avendone le potenzialità. La discesa dei Signori della Fiamma si colloca intorno a sei milioni e mezzo di anni fa (altre fonti parlano di diciotto milioni di anni fa); la loro “prodigiosa influenza accelerò a tal punto i germi della vita mentale che questi scoppiarono a crescere [...] producendo la formazione del corpo causale, la ’nascita’ o ’discesa dell’ego’ per tutti coloro che erano saliti dal regno animale”. L’arrivo dei “Signori della Fiamma” è così descritto:

Allora, con il possente ruggito della rapida discesa da incalcolabili altezze, circondato da masse sfolgoranti di fuoco che riempivano il cielo con guizzanti lingue di fiamma, balenò attraverso gli spazi aerei il carro dei Figli del Fuoco, i Signori della Fiamma da Venere; si fermò, librandosi sopra l’“Isola Bianca”, che giace sorridente nel seno del Mare di Gobi [...]. Là si erse [...] Sanat Kumara, il nuovo Sovrano della Terra, giunto nel Suo regno. I Suoi Discepoli, i tre Kumara, con Lui, i Suoi Aiutanti intorno a Lui; vi erano trenta possenti Esseri [...] la prima Gerarchia Occulta [...] il vivaio dei futuri Adepti, il centro di tutta la vita occulta. La loro dimora era ed è la Terra Sacra Imperitura, sulla quale splende sempre la Stella Sfolgorante, il simbolo del Monarca della Terra, il Polo immutabile intorno a cui la vita della nostra Terra ruota perennemente.

È la stessa Besant a mettere in guardia il lettore (come pure fece anche Guénon in Il Re del Mondo) dal fraintendere il significato di “Polo” e di “Stella”: questi non vanno intesi in senso fisico come Polo Nord e Stella Polare, ma nel senso simbolico di “centro spirituale”. Ma chi è Sanat Kumara, il capo della gerarchia? Egli altro non è che l’incarnazione del Logos planetario, cioè quell’entità — emanazione del Logos solare — deputata a governare l’intera evoluzione del pianeta, sin dalle sue remote origini. A questo punto, come dicevamo, l’identificazione della GS con il Logos planetario della terra è inevitabile.


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MessaggioInviato: 12/03/2023, 11:33 
LE RIVELAZIONI DELL'ING. PORRO FRA UFOLOGIA ED ESOTERISMO
Loris Bagnara

Lo scenario evocato dalle rivelazioni dell’ing. Porro sulla civiltà eocenica richiama l’archetipo della “terra nascosta” caro all’esoterismo, e anche, per certi aspetti alcune tematiche della letteratura ufologica e fantascientifica.

Riprendiamo ora il filo e torniamo alle ricerche dell’Ing. Porro. Vediamo brevemente come egli era arrivato a intraprenderle. Dal Diario di Miniaci apprendiamo che Alessandro Porro ha vissuto e lavorato come ingegnere edile a San Paolo, dal 1949 al 1963, occupandosi di fondazioni in calcestruzzo armato. Qui in Brasile, cominciò ad interessarsi di spettri molecolari, già almeno dal 1960. L’Ingegnere voleva sapere come fosse fatto un radar, ma non di quelli soliti. Cercava dati su un super-radar che captasse onde ultracorte, ne aveva bisogno per realizzare un rivelatore di onde elettromagnetiche: il suo obiettivo erano gli spettri molecolari. Gli servivano nozioni tecniche e costruttive, e consultando numerosi cataloghi ebbe la fortuna di trovare quel libro che faceva davvero al caso suo: era l’unico esemplare di una serie stampata dalla NASA negli Stati Uniti, con stampigliato sopra Top secret. Si era nel 1961.

Suggestioni ufologiche
Negli anni precedenti, in tutto il Brasile, si contarono numerose segnalazioni di avvistamenti di presunti dischi volanti. Porro riferisce di aver letto, a quei tempi, sul settimanale O Cruzeiro, alcune dichiarazioni secondo cui i dischi volanti proverrebbero da “sfere che sono nel sottosuolo della Terra”. Nel ricordo di Porro tale lettura sarebbe da collocare nell’anno in cui Marte si era trovato più vicino alla Terra; tale circostanza si verificò il 10 settembre del 1956, ma è probabile che in questo caso il suo ricordo, rievocato molti anni dopo, sia stato leggermente impreciso, perché quelle dichiarazioni sulla provenienza sotterranea degli UFO risalgono all’anno precedente, quando O Cruzeiro pubblicò un rapporto dalle vaste ripercussioni, intitolato “Il mistero dei mondi sotterranei — I dischi volanti provengono dall’interno della Terra”. Il rapporto uscì in tre puntate, nei numeri del 5, 12 e 19 febbraio del 1955. Vi si sosteneva che i dischi volanti provenivano dall’interno della Terra: era questa l’unica soluzione ammissibile, una volta escluse tutte le altre possibilità. Si argomentava, infatti, che tali veicoli non potevano essere opera né degli americani né dei russi, perché chiunque avesse avuto a disposizione un simile strumento ne avrebbe tratto immediatamente vantaggio, se non direttamente a livello militare, almeno a livello propagandistico, strategico e politico. Quanto all’altra possibilità, che i dischi volanti provenissero da altri sistemi planetari, sembrava incompatibile con le attuali conoscenze in merito alla fattibilità di viaggi spaziali così straordinariamente lunghi. Autori di queste sorprendenti affermazioni erano il Prof. Henrique José de Souza e il Comandante Paulo Justino Strauss. Il primo era Presidente della Società Teosofica brasiliana, che aveva la sua sede a San Lorenzo nello stato di Minas Geiras, dove c’è un immenso tempio in stile greco dedicato al regno sotterraneo di Agartha. Fra gli studenti del Professore c’era appunto il Comandante Paulo Justino Strauss, ufficiale della marina brasiliana e membro del Consiglio d’Amministrazione della Società Teosofica brasiliana, il quale aveva anche tenuto diverse conferenze a Rio de Janeiro su questo argomento. Studente del Prof. de Souza fu pure O. C. Huguenin, autore di un libro pubblicato in Brasile nel 1956, mai tradotto in altra lingua, il cui titolo in italiano sarebbe Dal mondo sotterraneo al cielo: dischi volanti. Questo libro riporta le tesi dell’autore secondo cui dischi volanti furono costruiti dagli Atlantidi più di 12.000 anni fa, appena prima che il loro continente sprofondasse nell’oceano. Alcuni Atlantidi sarebbero sfuggiti alla distruzione grazie ai dischi volanti con cui riuscirono a trasferirsi, attraverso le aperture polari, nel mondo interno. Dopo aver dichiarato che “l’ipotesi dell’origine extraterrestre dei dischi volanti non sembra accettabile”, Huguenin afferma:

Dobbiamo prendere in considerazione la più recente e interessante teoria proposta come spiegazione dell’origine dei dischi volanti: l’esistenza di un grande Mondo Sotterraneo con innumerevoli città in cui vivono milioni di persone. Questa umanità separata da quella di superficie ha raggiunto un alto grado di civiltà, di organizzazione economica e sociale, di sviluppo spirituale e culturale, unitamente a uno straordinario progresso scientifico, a paragone del quale l’umanità che vive sulla superficie della Terra, può essere considerata barbara. Stando alle informazioni fornite dal comandante Paulo Strauss, il Mondo Sotterraneo non si limita a caverne, ma è molto più esteso, occupando un’enorme cavità nel cuore della Terra, abbastanza ampia da contenere città e campi, dove vivono esseri umani e animali, il cui aspetto fisico è simile a quelli della superficie.

Huguenin racconta poi che questo popolo, molto più progredito del resto dell’umanità per quanto attiene allo sviluppo scientifico, costruì macchine chiamate “vimana”, che

[…] volavano nei cieli e nei tunnel come aeroplani, utilizzando una forma di energia ottenuta direttamente dall’atmosfera. […] Sono identici a quelli che noi chiamiamo dischi volanti. […] Prima della catastrofe che distrusse il loro continente, gli Atlantidi crearono rifugi nel Mondo Sotterraneo, che raggiunsero a bordo dei loro vimana, o dischi volanti. Da allora i dischi volanti sono rimasti all’interno della Terra, ed essi se ne servono per spostarsi da un luogo all’altro.

Nel 1957 si imbatté per caso in questo libro lo scrittore statunitense Walter Siegmeister (1901-1965), che l’anno prima si era trasferito nello Stato brasiliano di Santa Caterina, a Joinville, per fondarvi una comunità idealista e mettersi al sicuro dalle conseguenze di una guerra nucleare che egli prevedeva sarebbe scoppiata nel 1956. Fu proprio il libro di Huguenin a dargli la prima ispirazione sul tema della terra cava che poi, dietro lo pseudonimo di Raymond W. Bernard, avrebbe sviluppato nel libro The Hollow Earth del 1964, riprendendo anche le precedenti opere di William Reed e di Marshall Gardner. Raymond Bernard (alias Walter Siegmeister) era convinto che gli UFO provenienti da Agartha (che egli scrive “Agharta”) potessero utilizzare una forza di propulsione antigravitazionale chiamata “Vril”:

La tragica morte e scomparsa del capitano Mantell, che inseguì un disco volante finché quest’ultimo perse la pazienza e lo fece svanire disintegrandolo, starebbe a indicare che quella razza padroneggia una forma di energia superiore, che Bulwer Lytton chiamò “Vril”, che aziona i loro velivoli; essi se ne servono a fini distruttivi quando sono costretti a farlo per autodifesa.

Si deve probabilmente a Siegmeister l’idea che l’interno del globo — da dove vanno e vengono i dischi volanti di una sconosciuta civiltà tecnologica — sia proprio Agartha, e che Shambhala sia la sua capitale. Tuttavia, il primo a formulare l’idea dell’origine sotterranea dei dischi volanti non fu Huguenin, né il Comandante Strauss, ma proprio il Prof. De Souza, il quale si era interessato per anni alla leggenda di Agartha. Mentre rifletteva sul regno sotterraneo e la sua rete di gallerie — e su come qualcuno potesse servirsene senza disporre di adeguati mezzi di trasporto, — egli si convinse che i dischi volanti appartenessero ad una civiltà avanzata: se erano in grado di vivere e prosperare sotto terra potevano aver sviluppato mezzi di trasporto molto più sofisticati di quelli concepiti da coloro che vivono sulla superficie del pianeta.

Centri occulti
Con il Prof. De Souza, grande studioso di teosofia e occultismo, si entra nel pieno della più antica tradizione esoterica, che ci parla del regno immateriale di Shambhala, del regno sotterraneo di Agartha e di un favoloso sovrano chiamato il Re del Mondo. Entriamo dunque in una materia molto intricata, dalle numerosissime ramificazioni e contaminazioni, per tentare di seguire la genesi e lo sviluppo di due potentissimi archetipi: quello della “città celeste” e quello del “regno sotterraneo”. In realtà è bene fare subito delle opportune distinzioni fra Shambhala, Agartha e il Re del Mondo: se Shambhala appartiene alle più antiche tradizioni orientali (indù e buddhista), non è così per Agartha, che è una creazione occidentale relativamente recente, e nemmeno per il Re del Mondo, che sembra essere frutto di manipolazioni, anche queste relativamente recenti, dell’antica tradizione che si richiama a Sanat Kumara (a cui si è accennato). Ciò che le accomuna è l’archetipo del centro spirituale nascosto, la fonte del potere occulto che dirige lo sviluppo del mondo e il destino dell’umanità. Il tema è molto complesso e articolato, e per tentare di uscire dal groviglio delle sue innumerevoli versioni e sfaccettature, seguiremo il percorso suggerito da Joscelyn Godwin nel suo fondamentale lavoro sul “mito polare”, pubblicato nel 1993. Cominceremo dunque con Agartha.

Agartha
L’uso del termine “Agartha” (in questa o in una qualunque altra delle numerose varianti foneticamente simili), per indicare una terra nascosta e misteriosa, è sorprendentemente recente, e si può far risalire al francese Louis Jacolliot (1837-1890). Fra il 1865 e il 1869 Jacolliot svolse l’attività di magistrato nelle colonie, prima a Tahiti e poi in India meridionale, dove i suoi interessi lo spinsero a raccogliere molto materiale, che poi confluì in una trilogia sulla religione e sulla mitologia indù e i suoi rapporti con il Cristianesimo; in uno di questi libri, Le Fils de Dieu (1873), l’autore riporta la storia di “Asgartha”, come gli fu narrata dai bramini locali. L’Asgartha di Jacolliot era la splendida capitale di una grande civiltà dell’antico Indostan, non meglio ubicata: una sorta di “Città del Sole”, sede della massima autorità sacerdotale e civile, il Brahmatma, che viveva in un immenso palazzo e si mostrava al popolo una volta all’anno. La successione dei Brahmatma governò l’India dal 13.300 a.C. circa (data fissata astronomicamente, corrispondente al primo grado dell’era precessionale della Bilancia) fin verso il 10.000 a.C., dopo di che seguì un periodo in cui l’autorità passò ad un’altra fazione interna alla classe dominante; questo, fino al 5.000 a.C. circa, quando gli antichi popoli norreni, guidati dai fratelli Ioda e Skandah, invasero l’Indostan e distrussero Asgartha. I norreni, tornati poi alle loro terre, avrebbero conservato il ricordo della splendida Città del Sole nel nome dato alla dimora degli dèi, Asgard. È curioso rilevare come proprio negli stessi anni un altro autore, indipendentemente, andasse a collocare una “Asgaard” nell’Asia centrale: si tratta di Ernest Renan, in uno dei suoi dialoghi filosofici intitolato Rêves (1876). Il racconto di Jacolliot fa derivare “Asgard” da “Asgartha”, come abbiamo visto, ma poiché non sembra di poter ravvisare alcun fondamento storico nella narrazione riferitagli dai suoi bramini, è più probabile che il rapporto debba essere rovesciato, e che cioè sia il termine “Agartha” ad essere derivato dall’“Asgard” della mitologia nordica. Dunque Agartha è solo una derivazione, o meglio, un’invenzione, come detto, storicamente collocabile nel sec. XIX? Prima di trarre delle conclusioni, facciamo un passo avanti. Intanto, negli stessi anni, una singolare rivisitazione del tema del centro spirituale nascosto è quella che si trova in una strana opera anonima intitolata Ghostland, or Researches into the Mysteries of Occultism (1876), pubblicata a cura di Emma Hardinge Britten (1823-1899), nota medium e tra i fondatori della Società Teosofica. Si parla di una certa “Confraternita di Ellora”, il cui segreto luogo d’incontro si troverebbe appunto in un immenso tempio sotterraneo nei pressi del famoso complesso di templi rupestri che è meta di pellegrinaggio di tre religioni: brahmanesimo, buddhismo e giainismo. In Ghostland non compare il nome di Agartha (in alcuna delle sue varianti), e manca la figura del Signore del Mondo, Brahmatma o comunque lo si voglia chiamare; ma si afferma espressamente che dalla Confraternita si irradia una forza sconosciuta in grado di influenzare psichicamente tutto il mondo. Il passo avanti successivo ci porta a Mission de l’Inde di Joseph Alexandre Saint-Yves marchese d’Alveydre (1842-1909). Si può dire che senza Saint-Yves si sarebbe tentati di liquidare l’Asgartha di Jacolliot, senza troppi scrupoli, come pura invenzione. Saint-Yves afferma di aver potuto attingere informazioni dirette in merito alla “Terra Santa di Agarttha” (così lui la scriveva) e al suo protettore “Signore dell’Universo”: la prima fonte è costituita dal suo insegnante di sanscrito, un certo Haji Sharif (1838-?); la seconda fonte, è costituita dalle sue dirette esplorazioni di Agartha mediante viaggi nel corpo astrale. In Mission de l’Inde (stampato nel 1886, subito ritirato, poi ripubblicato postumo nel 1910) si apprende che Agartha è una terra nascosta da qualche parte in Asia, sotto la superficie, dove una popolazione di milioni di individui è governata da un “Sovrano Pontefice” denominato (come in Jacolliot) il “Brahmatma”, insieme con i suoi due assistenti, il “Mahatma” e il “Mahanga” (assenti invece in Jacolliot). Il regno di Agartha, che disponeva di una tecnologia molto più avanzata della nostra, si trasferì nel sottosuolo all’inizio del Kali Yuga, che l’autore fa risalire al 3200 a.C. circa. La sua forma di governo era la sinarchia, un sistema di tipo gerarchico basato sull’intelligenza, sulle conoscenze e sui meriti individuali. Questa era la forma di governo adottata anche in superficie, prima che andasse perduta a seguito dello scisma che ruppe l’Impero Universale, nel IV millennio a.C.; quando il mondo adotterà nuovamente la sinarchia, i tempi saranno maturi affinché Agartha ritorni alla luce e porti all’umanità i suoi doni materiali e spirituali. Negli archivi di Agartha è conservata l’intera saggezza di millenni, scolpita su pietra con i 22 caratteri alfabetici della lingua “Vattan”, la lingua originaria dell’umanità. Tra i suoi segreti vi sono quelli relativi al rapporto tra l’anima e il corpo e al modo di mantenere il contatto con le anime disincarnate. Ora, è evidente che la narrazione di Saint-Yves è in rapporto sia con il racconto di Jacolliot, sia con il romanzo fantascientifico di Edward Bulwer- Lytton (1803-1873), The Coming Race (1871), che narra di un regno sotterraneo di esseri altamente evoluti che posseggono la misteriosa “forza Vril”; questi esseri un giorno riemergeranno in superficie per dominare l’umanità e il mondo, anche se per il nostro stesso bene. Per inciso, Saint- Yves fu amico intimo del figlio di Bulwer-Lytton, il Conte di Lytton, già ambasciatore in Francia e viceré dell’India. Tuttavia, è da escludere — afferma Godwin, e noi con lui — che un’opera come Mission de l’Inde si possa spiegare semplicemente in base a influenze e suggestioni letterarie. L’estrema serietà del personaggio, le pubblicazioni e la corrispondenza nell’intero arco della sua vita sono una prova che Agartha e il Brahmatma venissero considerate da Saint-Yves alla stregua di indiscutibili realtà. Naturalmente, credere nella sua buona fede (e non vi è motivo per non farlo), non significa accettare Agartha in tutta la realtà e la concretezza che egli vi attribuì. Non si sa che sorte avrebbero avuto le rivelazioni di Saint-Yves, se non avessero incontrato un inaspettato sostegno nello scienziato polacco Ferdinand Ossendowski (1876-1945) e nel suo libro Beasts, Men and Gods (1922). L’opera è un resoconto dei suoi viaggi in Asia centrale, effettuati fra il 1917 e il 1920. Qui l’autore riferisce i racconti, da lui personalmente ascoltati in Mongolia, in merito a un regno sotterraneo di 800 milioni di abitanti chiamato “Agarthi”, guidato dal “Brahytma — il Re del Mondo”, dal “Mahytma” e dal “Mahynga”; molti altri dettagli, fra cui la lingua sacra parlata nel regno, il “Vattanan”, sembrano confermare la testimoniananza di Saint-Yves. Il libro terminava con la profezia, riferita a Ossendowski da un suo informatore, che un giorno il popolo di Agarthi sarebbe riapparso sulla superficie della Terra; e quel giorno ormai non è molto lontano, trattandosi dell’anno 2029... Sarebbe facile liquidare la storia di Ossendowski come un plagio di quella di Saint-Yves, ma è lo stesso Ossendowski a negarlo, oltremodo indignato, affermando di non avere mai sentito parlare di Saint-Yves d’Alveydre prima del 1924. Tale affermazione è fatta in presenza di René Guénon (1886-1951), il quale, tirato in ballo, sente il dovere di dire qualcosa; prima, nel 1925, quando scrive di non avere motivo di dubitare della sincerità di Ossendowski; e poi, nel 1927, con un intero libro dedicato all’argomento, Le Roi du Monde. Nel libro, senza dubbio uno dei più affascinanti di Guénon, l’autore tesse una stupefacente rete di rapporti, corrispondenze e simboli tratti dai miti e dalle religioni di Oriente e Occidente, per affermare che, indipendentemente dalle testimonianze riportate da Ossendowski, si sa da altre fonti che racconti del genere sono frequenti in Mongolia e in tutta l’Asia centrale (anche se poi Guénon non precisa quali siano queste fonti, né il grado di somiglianza con il racconto di Ossendowski). L’Agartha di Guénon, il cui nome significa “l’inviolabile”, è il centro spirituale del mondo, governato da un “Re del Mondo” (da non confondere con Satana “Princeps huius mundi”). Ma dietro tutto ciò, si può affermare la realtà concreta di Agartha, come asserivano Saint-Yves e Ossendowski? In esoterismo, questo è un falso problema, come spiega lo stesso Guènon verso la fine del libro:

Ora, la sua localizzazione in una determinata regione deve essere considerata come letteralmente effettiva, oppure soltanto simbolica, o l’una e l’altra cosa insieme? A tale domanda risponderemo semplicemente che, per noi, i fatti geografici e quelli storici hanno, come tutti gli altri, un valore simbolico che, del resto, non toglie nulla della loro realtà propria in quanto fatti, e anzi conferisce loro, oltre a questa realtà immediata, un significato superiore.

In definitiva, Guénon non esclude la realtà geografica di Agartha: questa, se dimostrata, non farebbe altro che rinforzare la superiore realtà del simbolo. Si può concludere, allora, che le due interpretazioni, simbolica e materiale, non sono affatto contraddittorie, ma anzi, si completano l’un l’altra. Ritroviamo Guénon anche in un altro contesto che chiama in causa Agartha, ossia la Confraternita dei Polari. La vicenda è lunga e complessa, ma qui basti ricordare quella che è la ragione fondativa di tale Confraternita: la preservazione e l’uso di un “Oracolo dell’Energia Astrale” che costituisce un canale di comunicazione con il “Centro Iniziatico Rosacrociano dell’Asia Misteriosa”. Il testo fondamentale della Confraternita, Asia Mysteriosa (1929), fu pubblicato a Parigi con il sostegno e la fattiva collaborazione di diversi intellettuali ed esoteristi. Fra questi, Maurice Magre, poeta e romanziere, il quale equipara implicitamente la fonte dell’Oracolo a quella della Teosofia, cioè la Grande Loggia Bianca, o Fratellanza Bianca. Un altro è Jean Marquès-Rivière, giornalista e studioso di dottrine esoteriche, il quale scrive:

Ora il centro della potenza sovrumana ha un suo riflesso sulla Terra. C’è una tradizione costante in Asia e questo Centro (terrestre? Non so fino a che punto) viene chiamato in Asia Centrale Agarttha. Porta anche diversi altri nomi che è inutile riportare qui. Questo Centro ha come missione, piuttosto come “ragione d’essere”, il dirigere le attività spirituali della Terra.

Dicevamo del coinvolgimento di Guénon nella vicenda dei “Polari”, che si manifesta inizialmente con un vivo interesse per la Confraternita e in particolare per l’Oracolo, anche se poi egli ne prende le distanze, deluso dalle risposte dell’Oracolo a sue precise domande su questioni dottrinali. Lo sviluppo del mitologema di Agartha, dopo la vicenda dei “Polari”, prosegue per tutto il ’900, fino ai nostri giorni si può dire, arricchendosi di sempre nuovi particolari e contaminazioni (lo abbiamo già visto con Raymond Bernard e la sua Terra cava), ma ormai non più così significativi ai nostri fini.

Shambhala
È utile, invece, proseguire la nostra disamina andando a vedere come l’idea di Agartha si completi con quella di Shambhala. Shambhala (che come Agartha presenta numerose varianti fonetiche) deriva da un termine sanscrito il cui significato è “luogo di pace/felicità/tranquillità”. L’attuale 14º Dalai Lama ne diede la seguente descrizione nel 1981, rivolgendosi a un gruppo di persone che stavano per essere iniziate al Kalachakra Tantra:

Il Kalachakra Tantra […] è strettamente connesso al paese di Shambhala: ai suoi novantasei distretti, ai suoi re e ai loro séguiti. Eppure, se consultate una carta geografica e cercate Shambhala, non la troverete; si tratta infatti di una terra pura che, salvo coloro il cui karma e i cui meriti li hanno resi degni, non può essere vista né visitata. [...] Ciononostante Shambhala è una vera terra — una terra pura, in effetti — che non è immediatamente tangibile da parte di persone ordinarie, così come si compra un biglietto aereo per recarsi in qualche posto.

Le parole del Dalai Lama fanno comprendere che Shambhala non è un posto materiale nel significato normale o geografico del termine. Lo stesso Kalachakra Tantra, “un sistema per trasformare mente e corpo cosicché diventino puri”, viene adoperato da alcuni dei suoi numerosi iniziati al fine di assicurarsi una futura rinascita nella pura terra di Shambhala. Uno dei segretari del Dalai Lama, Khamtul Jhamyang Thondup, affermò che la comparsa di Shambhala “dipende dalle condizioni spirituali di una persona […] dunque è difficile definirla con esattezza”. Queste parole sono la chiave per comprenderla. Quel che viene detto di Shambhala è altrettanto vero di ciò che si potrebbe dire di una qualunque città reale, come New York o Londra: la qualità storica, culturale, umana, che impregna la loro realtà fisica, fatta di strade ed edifici, la si può percepire nella misura in cui la propria condizione spirituale permette di percepirle. Poiché per il buddismo tutte le esistenze, incluse quelle degli dèi nel loro cieli, sono illusorie, la distinzione fra una città “reale”, che si può rintracciare sulla carta geografica, e una “irreale”, come Shambhala, non è così netta come sembrerebbe ai materialisti. Né altrettanto netta vi è la distinzione tra ciò ch’è materiale e ciò ch’è immateriale, tra il mondo fisico e quello mentale: alla fin fine, una città è anche il il risultato di centinaia di anni di pensieri su di essa da parte di milioni di persone. Sicché, da un certo punto di vista, sia New York che Shambhala sono ugualmente reali per coloro i quali le percepiscono, o ugualmente irreali per coloro i quali non siano ingannati dal velo del Samsara. Nella pratica dei Tantra tibetani, la persona immersa in meditazione può evocare simili luoghi in tutti i loro particolari e far assumere loro un’apparenza di realtà che può persino diventare tangibile per altri. Lo stesso Kalachakra Tantra è una complessa pratica di meditazione di questo tipo. Da tali premesse, si può pensare che Shambhala non sia mai esistita come luogo fisico, ma che la possibilità, persino la frequenza, di viaggi immaginari l’abbiano resa familiare agli iniziati ai Tantra. Nessuna meraviglia, dunque, che i tibetani non diano una precisa indicazione della localizzazione geografica di Shambhala. Eppure se oggi Shambhala è situata in una dimensione immateriale, forse non è sempre stato così. Il 3° Panchen Lama ne fornisce diverse differenti indicazioni geografiche, con particolari tali da far capire chiaramente che si tratta di un mondo mitico; ma forse è utile tentare di circoscrivere l’area verso cui puntano tali sia pur vaghe indicazioni. Egli afferma che il vasto regno di Shambhala si estende fra il monte Kailas, a sud del Tibet, e “il vicino fiume Sita”, che si ritiene essere il Tarim, il grande corso d’acqua che scorre verso est attraversando il deserto di Taklamakan, nel Turkestan cinese (Sinkiang), a nord del Tibet. Il monte Kailas dista dal Tarim circa 1100 km, e Shambhala sarebbe dunque da localizzare in questa area. Esaminando ora le fonti occidentali, troviamo che i teosofi sono unanimi nell’identificare Shambhala con una perduta civiltà del deserto di Gobi (che si trova circa 2000 km più ad est del deserto di Taklamakan). In Isis Unveiled (1877) e poi in The Secret Doctrine (1888) la Blavatsky ne parla, affermando che in un tempo remoto esistette un vasto mare interno nell’Asia centrale, e che in quel mare sorgeva un’isola, abitata dagli ultimi superstiti della razza lemuriana scampati al cataclisma che aveva sconvolto la terra “per la terza volta”. Altrove dichiara che quest’isola sacra esisterebbe tutt’ora, come un’oasi circondata dalla desolazione del deserto. Per inciso, la scienza moderna conferma l’esistenza di un mare interno nell’Asia centrale, qualche decina di milioni di anni fa, esteso probabilmente fino al territorio dell’attuale deserto di Taklamakan, ma in ogni caso non fino al Gobi. Dopo la Blavatsky, anche Annie Besant e Charles W. Leadbeater (che guidarono insieme la Società Teosofica di Adyar nei primi decenni del ’900) parlarono di Shambhala, sulla base di informazioni che lo stesso Leadbeater attingeva con le sue doti di chiaroveggente. Secondo i risultati delle loro ricerche (riportate in Man: Whence, How and Whither, già citato), Shambhala appare come una città fondata circa 72.000 anni fa dal Manu (fondatore e reggente) della Razza Ariana, sulle rive del mare di Gobi, con l’Isola Bianca situata davanti ad essa. Tuttavia, vi è almeno un elemento di perplessità nelle informazioni fornite dai due teosofi: infatti, da quanto detto sopra, non vi è mai stato un mare nel territorio del Gobi, tanto meno “solo” 72.000 anni fa (se le nostre attuali conoscenze non sono completamente errate). Forse in questa circostanza qualcosa ha tratto in inganno o deviato le facoltà psichiche di Leadbeater, peraltro straordinarie e, nel loro complesso, autorevoli; lo abbiamo visto quando si è accennato al lavoro, da lui condotto con Annie Besant, sulla Chimica occulta. Anche Alice Ann Bailey (1880-1949), fondatrice della Scuola Arcana e ispirata dal maestro tibetano Djwal Khul, parlò di Shambhala in un suo libro pubblicato nel 1922, riferendosi ad essa come alla sede della Fratellanza Bianca:

La sede originaria di questa Gerarchia si trova a Shambhala, del deserto di Gobi, chiamata negli antichi libri l’Isola Bianca. Essa esiste ed è fatta di materia eterica, e quando la razza degli uomini sulla terra avrà sviluppato una visione eterica la sua localizzazione verrà riconosciuta e la sua realtà accettata.

La Shambhala della Bailey è la sede del “Signore del Mondo”: questo è forse il primo uso documentato di tale titolo con riferimento all’essere spirituale che presiede all’evoluzione umana da un centro invisibile, per quanto geografico. L’analogia con l’Agartha e il “Re del Mondo” di René Guénon, sia nel luogo che nella funzione, è del tutto evidente (anche se è vero che il termine Shambhala, in alcuna delle sue varianti fonetiche, non compare mai in Le Roi du Monde). Nessuna meraviglia, allora, che da questo momento si cominci a parlare di Shambhala e di Agartha come della stessa cosa, forzando la prima ad essere qualcosa di più di una localizzazione eterica sulla terra.

Infinite contaminazioni degli archetipi
Di forzature Shambhala ne ha conosciute parecchie. Si può quasi dire che ogni ricercatore si sia scelto il tipo di Shambhala che preferiva; ma di tutti i tipi possibili, probabilmente il più distante dal modello tibetano è quello di Louis Pauwels (1920-1997) e Jacques Bergier (1912-1978), nel loro Le Matin des magiciens, pubblicato nel 1960. Nell’opera di questi due autori si assiste ad un singolare quanto incomprensibile rovesciamento: la pura terra dei Tantra tibetani, Shambhala, diventa un luogo violento e di potere terreno, mentre la materialistica Agartha di Saint-Yves diventa un luogo di immota meditazione. Si giunge quindi ad affermare la realtà di entrambe, Shambhala e Agartha: la realtà dell’una come contraltare dell’altra e viceversa.

[...] Dopo il cataclisma del Gobi i signori e maestri di questo grande centro di civiltà, gli Onniscienti, i figli delle Intelligenze provenienti dal Difuori, presero dimora in un immenso sistema di caverne sotto l’Himalaya. Qui, nel cuore di queste caverne, si scissero in due gruppi, seguendo l’uno la “Via della Mano Destra”, l’altro la “Via della Mano Sinistra”. La prima via avrebbe avuto il suo centro ad Agarthi, luogo di meditazione, città nascosta del Bene, tempio della non partecipazione alle cose del mondo. La seconda sarebbe passata per Schamballah [sic], città della violenza e del potere le cui forze comandano agli elementi e alle masse umane, e affrettano l’arrivo della razza umana alla “cerniera dei tempi”.

Non è stato possibile individuare la fonte originaria da cui Pauwels e Bergier traggono questo singolare scenario che mette in campo Agartha contro Shambhala e viceversa. Più semplice da comprendere è lo scenario proposto da Siegmeister, come si è visto, il quale mette insieme l’uno e l’altra, il regno sotterraneo e materiale di Agartha con la sua capitale Shambhala, forse più spirituale che concreta. Si assiste insomma ad una degradazione del mitologema, che raggiunge forse il suo punto più basso nel romanzo The Spear of Destiny (1973) di Trevor Ravenscroft (in edizione italiana Hitler e la lancia del destino), dove Agartha e Shambhala diventano rispettivamente i centri di influenza luciferina e ahrimanica, l’uno complementare dell’altro, secondo la cosmologia di Rudolf Steiner (evidentemente distante dalla cultura tibetana) che identifica in Lucifero e in Ahriman le due fonti gemelle del male. È vero che la pubblicazione del libro di Ravenscroft è posteriore al periodo delle ricerche di Porro, ma è comunque indice dell’incessante vitalità del mitologema di Agartha-Shambhala e delle molteplici trasformazioni e contaminazioni che esso ha subito nel corso del ’900. In precedenza, tuttavia, si deve registrare un contributo di ben diverso spessore sul tema del rapporto fra Agartha e Shambhala, quello portato dalla famiglia Roerich: Nicholas (1874-1847), pittore ed operatore di pace; la moglie Helena, medium del maestro Morya; e il loro figlio George, in seguito professore alla Yale University. Dopo aver intrapreso una spedizione attraverso Cina e Mongolia, fino ai confini del Tibet (tra 1925 e il 1928), i Roerich pubblicarono numerosi libri di viaggio e riflessioni, uno dei quali, opera di Nicholas, era intitolato appunto Shambhala. A proposito di questa scrive Roerich:

La stessa Shambhala è un Luogo Santo, dove il mondo terreno si congiunge con i più alti stati di coscienza. In Oriente si sa che esistono due Shambhala: una terrena e una invisibile. Molte congetture sono state fatte sulla localizzazione della Shambhala terrena. Secondo certuni essa si troverebbe all’estremo nord, e aggiungono che i raggi dell’aurora boreale sono quelli dell’invisibile Shambhala.

Poi si precisa che ciò non è esatto, e che Shambhala è localizzata a nord solo in rapporto all’India, trovandosi forse nel Pamir, nel Turkestan o nel Gobi centrale. Roerich scoprì l’esoterismo attraverso la Società Teosofica, e rimase sempre fedele agli insegnamenti dei suoi Maestri, i quali erano, per lui, strettamente connessi con Shambhala. Roerich collegava a Shambhala anche la città sotterranea di Agarthi e l’Isola Bianca: questo, insieme al passo precedentemente citato, sembra portare alla conclusione che per Roerich il luogo invisibile, immateriale, è propriamente Shambhala, mentre il luogo visibile, materiale, terreno, anzi sotterraneo, è Agarthi, con il suo avamposto in superficie costituito dall’Isola Bianca. Le caverne sotterranee dell’Asia centrale sono ancora oggi abitate, egli dice, da un popolo chiamato Agarthi o Chud; e l’Isola Bianca, l’isola-rifugio descritta dalla Blavatsky, nel Mare di Gobi, era raggiungibile soltanto attraverso passaggi sotterranei. In tutta l’Asia aveva udito racconti su questo popolo scomparso, pacifico e civilizzato, che era stato costretto a cercare rifugio nel sottosuolo; ma dal sottosuolo riemergerà, e in tutta la sua gloria, quando giungerà il tempo della purificazione. Questi sono, tuttavia, racconti e miti che Roerich riporta, con vivo interesse e con mentalità aperta, ma senza la credulità di un Ossendowski riguardo alla storia dell’Agartha sotterranea. In questa, come in tutte le storie favolose concernenti tribù perdute e sotterrane, secondo Roerich si riconoscono le tracce di remoti eventi storici, fatti di guerre e migrazioni di popoli; si potrebbe dire che, per Roerich, l’Agartha sotterranea sarebbe, in definitiva, un mitologema sviluppatosi intorno alla realtà spirituale di Shambhala, venendo a rappresentarne una sua sfaccettatura. Un altro aspetto del pensiero di Roerich, che è utile evidenziare, riguarda gli insegnamenti del Kalachakra Tantra (la religione di Shambhala), che sarebbero incentrati sul Fuoco, in diretta connessione con gli antichi culti del Fuoco e del Sole, di cui la svastica è un simbolo.

Come il Treatise on Cosmic Fire di Alice Bailey e Djhwal Khul, i libri di Helena Roerich e Morya sull’“Agni Yoga” sono dedicati a spiegare [...] cosa sia l’Agni o Fuoco di Shambhala, e come esso operi nella Nuova Era: è la “grande ed eterna energia, questa impalpabile materia imponderabile che è sparsa in ogni dove e che noi possiamo usare in ogni momento”.

È evidente l’analogia con la “forza Vril” descritta da Edward Bulwer- Lytton nel romanzo The Coming Race (già citato), in termini di un particolare fluido energetico tale da permettere, ad una misteriosa civiltà residente nella Terra cava, di possedere poteri magici che renderebbe gli individui simili a divinità. Dall’altra parte, però, non si può fare a meno di associare l’Agni di Roerich alle energie dell’atomo, grande scoperta del secolo scorso, e a cui profeticamente gli Eocenici davano grande importanza, dato che il loro ritorno in superficie e il conflitto con gli “uomini futuri” (cioè noi) si sarebbe verificato subito dopo la (ri)scoperta e l’uso dell’energia atomica da parte dell’umanità attuale. Forse Roerich avrebbe esitato ad identificare Agni col nocciolo della religione di Shambhala, se avesse visto in quale forma l’uomo l’avrebbe costretto a manifestarsi nel 1945... Lo stesso celebre avvistamento ufologico avvenuto il 5 agosto 1927, nel distretto di Kukunor, da parte della carovana di Roerich, fu interpretato dai protagonisti quasi come un evento escatologico. Il lama che viaggiava con la carovana lo giudicò un segno molto buono, un segno di protezione da parte del “Signore del Mondo”. Nei libri di Roerich si parla delle profezie secondo cui il Signore del Mondo, identificabile con il bodhisattva Maitreya, il Signore della Nuova Era di Shambhala, sta preparando un invincibile esercito con cui condurrà al termine l’età oscura del Kali Yuga e darà inizio a un nuovo Satya Yuga. L’evento apocalittico era atteso dai Roerich come davvero imminente: questione di pochi anni, e gli araldi di Shambhala si sarebbero fatti vedere... La spedizione dei Roerich potrebbe perfino aver avuto un ruolo attivo in questo cambiamento di ere. Nelle opere dei Roerich si accenna infatti ad una Pietra che appartiene a Shambhala (proveniente da una stella lontana, forse Sirio) e che manifestamente si ricollega al lapis exillis (la Pietra del Graal del Parzival di Wolfram von Eschenbach) e alla pietra filosofale degli alchimisti.

La porzione più grande di questa pietra rimane a Shambhala, mentre parti di essa circolano sulla terra, conservando il proprio legame magnetico con la pietra principale.

Quanto alla pietra principale, questa si troverebbe nella torre del Signore del Mondo, da dove emette radiazioni benefiche per l’umanità. Lo studioso Andrew Thomas ritiene, da alcuni accenni sparsi nelle opere dei Roerich, che un piccolo frammento della pietra principale fu inviato in Europa per favorire la fondazione della Lega delle Nazioni, e che fu quindi riportata a Shambhala dalla spedizione dei Roerich. Il tema di una pietra dalle virtù straordinarie si trova anche in Ossendowski, il quale cita una leggenda mongola su una Pietra Nera oracolare che il Re del Mondo avrebbe inviato al Dalai Lama, e che sarebbe stata conservata a Urga (oggi Ulan Bator, capitale della Mongolia), almeno fino a cento anni fa; e a questo punto, come non ricordare anche quella pietra che, secondo la leggenda, appartenne al Re Salomone, all’imperatore Akbar, a un imperatore cinese e a Tamerlano il Grande? Se ha qualche fondamento la storia della pietra riportata dai Roerich in Asia centrale, è possibile che il luogo della riconsegna fosse proprio Urga, dove Nicholas donò al governo mongolo il suo quadro intitolato Il Signore di Shambhala, che il governo fece installare in un piccolo altare costruito appositamente; forse l’altare era destinato ad ospitare qualcosa di più di un semplice quadro...

Mitostoria
Tirando le fila di questa breve disamina del mitologema di Agartha/Shambhala, possiamo dire, citando direttamente Godwin:

[...] Pare proprio che teosofi, quasi teosofi e persino anti-teosofi, come René Guénon, qualunque fossero i loro dissensi interni, costituissero un gruppo votatosi all’ideale di Shambhala, nella sua accezione più vasta: quella del rispetto e della deferenza per un centro in Oriente da cui proviene l’impulso per l’imminente rinnovamento dell’umanità, e per un Signore, Re o Governante del Mondo che non è Cristo né Lucifero.

Leggendo questo, è quasi inevitabile il richiamo al concetto di “mitostoria”, termine coniato dallo storiografo William McNeill nel 1985: la storia diviene mito e il mito agisce nella storia influenzando i comportamenti umani, e quindi, in qualche modo, autorealizzandosi. Senza dubbio il mitologema di Agartha/Shambhala è un chiaro esempio di questa potente interazione fra mito e storia, con questo senza voler negare una base di fondatezza nella realtà; realtà che, tuttavia, potrebbe anche trovarsi su piani differenti dalla realtà materiale concreta delle scienze fisiche: i cosiddetti “piani sottili” di cui parla l’esoterismo.

Conclusioni
È giunto il momento di tirare le fila di tutte le considerazioni fatte negli ultimi tre capitoli. L’osservazione fondamentale che ci sentiamo di poter esprimere, a questo punto, è la seguente: la rappresentazione fornitaci da Porro della civiltà eocenica e dei suoi rapporti con la GS presenta forti e varie analogie con le infinite contaminazioni degli archetipi della Città Celeste, del Regno Sotterraneo, del Signore del Mondo e del Logos planetario, con suggestioni che si ritrovano anche nella letteratura ufologica, fantascientifica e fantastica (a questo proposito, il nome di Lovecraft è inevitabile – cfr. Appendice 5). Per comodità del lettore sintetizziamo qui di seguito le informazioni principali relative alla GS (informazioni desunte, come detto, dalle TF):

- La GS arrivò sulla Terra (non si sa da dove), quando la civiltà eocenica era già evoluta (non si dice da quanto tempo).

- La GS è descritta come una sfera concentrica alla Terra, e di diametro pari alla metà.

- La GS era ed è interconnessa con tutto ciò che esiste sul pianeta e può esercitare la propria influenza su qualunque fenomeno, non solo nell’ambito naturale, ma anche in quello umano.

- La GS promuove, oggi come allora, un’etica fondata sulla fratellanza umana, mentre la civiltà eocenica era caratterizzata da uno spiccato atteggiamento prevalentemente materialista, individualista, autoritario.

- La presenza della GS produsse una scissione fra gli Eocenici: da una parte, coloro che ne avevano accolto i dettami etici e ne riconoscevano la suprema autorità; dall’altra, coloro che non avevano mutato visione e continuavano a riconoscere l’autorità assoluta del Re.

- I fedeli al Re cercarono di schermare l’influenza della GS, il che indusse la GS a chiamare una popolazione extraterrestre (da Ganimede) per attuare un intervento punitivo nei confronti dei ribelli; fu proprio l’arrivo degli extraterrestri a costringere i fedeli al Re a scendere nelle sfere sotterranee, in attesa di poter risalire al momento opportuno.

- Nelle sfere sotterranee sono conservati i corpi dormienti del Re e dei suoi fedeli, ed è custodita tutta la conoscenza dell’antica civiltà eocenica.

- Vi era una profezia secondo cui in un tempo a venire i fedeli al Re si sarebbero risvegliati per risalire in superficie e combattere una battaglia contro i fedeli alla GS, alleati con i “viventi del futuro” (gli uomini di oggi).

- Si deve arguire, da tale profezia, che anche i fedeli alla GS sopravviverebbero per milioni di anni, come i fedeli al Re; ma non si dice se all’interno di strutture simili alle sfere, o in qualche altro modo.

Nel capitolo precedente si sono già evidenziate le analogie fra la GS e il concetto di Logos planetario nella letteratura teosofica; ma è altrettanto evidente il parallelismo fra l’arrivo della GS e quello dei Signori della Fiamma, con connotazioni ascrivibili alla polarità positiva (dell’unione) e pertanto riferibili all’archetipo spirituale di Shambhala, cui fa da contraltare l’archetipo materiale di Agartha (vedi l’interpretazione dualistica di Pauwels e Bergier, ma rovesciata nella polarità) incarnato dalla civiltà degli Eocenici, con connotazioni ascrivibili alla polarità negativa (della separazione). Che la civiltà degli Eocenici rappresenti il regno sotterraneo dell’Agartha è confermato dal fatto, naturalmente, che furono gli Eocenici a rifugiarsi sottoterra, nelle sfere; nonché dal fatto che di loro si attende il ritorno in superficie, proprio come nella tradizione relativa all’Agartha. Un altro tratto in comune fra gli Eocenici e tale tradizione è il tema dell’archivio, custodito nel sottosuolo, di straordinarie conoscenze, di cui un giorno l’umanità potrà beneficiare. Dall’altra parte, la GS come i Signori della Fiamma o il Logos planetario esercita un’influenza determinante nella vita e nell’evoluzione del pianeta, in tutti i suoi aspetti, incarnando in tal modo la suprema autorità del pianeta stesso. Non vi sono solo analogie, naturalmente. Ad esempio, la GS sembra essere un ente privo di individualità, che da solo esercita la sua attività; a differenza dei Signori della Fiamma, costituenti una Gerarchia Occulta con a capo il Re del Mondo (Sanat Kumara). E a questo proposito, anche nelle rivelazioni di Porro troviamo un sovrano assoluto, il Re degli Eocenici; ma se il Re del Mondo della tradizione occulta è riferibile, come detto, alla polarità positiva, il Re degli Eocenici è riferibile alla polarità opposta. Si assiste, insomma, ad un ennesimo rimescolamento delle carte, ad una nuova contaminazione dei medesimi archetipi fondamentali. Non si vuole dire con questo che Porro abbia consapevolmente plagiato tali archetipi e tali tradizioni. Abbiamo già espresso la nostra assoluta convinzione circa la sua buona fede, e circa la “realtà” di quanto egli rilevò, anche se il concetto di “realtà” va inteso in senso lato, ossia: Porro certamente ebbe modo di entrare in contatto con una sorgente di informazioni, e fedelmente riportò quanto riuscì ad apprendere; ma questo non implica necessariamente che le tali informazioni abbiano una precisa corrispondenza in oggetti materiali rinvenibili da noi, oggi, nel sottosuolo. Per essere più espliciti, forse Porro — attraverso il suo metodo che unisce ibridamente la sensibilità di uno strumento a quella dell’uomo — potrebbe avere attinto ad una sorgente di informazioni situata nei piani più sottili della manifestazione, dove per “manifestazione” si intende la totalità della realtà, di cui la realtà fisica è solo una parte, quella più grossolana. Proprio come un medium, Porro potrebbe essersi collegato agli archivi dell’akasha, o ad una possente eggregora stazionante nel piano mentale, creata non si sa quando né da chi... Del resto, per quanto questa possa sembrare un’affermazione gratuita e provocatoria, il passato non è un libro scritto che noi si debba solamente aprire e leggere, per averne conoscenza: il passato è un libro le cui pagine sono bianche, o meglio, si scrivono nel momento in cui si apre il libro, in cui si “va a vedere” (come nel poker). Solo allora il passato si scrive come eggregora creata da una collettività di individui che condivide una determinata interpretazione della realtà. La nostra ricostruzione della Seconda Guerra Mondiale, o della caduta dell’Impero Romano, o delle migrazioni dell’Homo sapiens, sono tutte eggregore quanto lo è la storia degli Eocenici raccontata da Porro; e se un buon numero di individui cominceranno a credervi, quelle sfere sotterranee potremmo perfino ritrovarle (come non citare, a questo punto, il racconto Tlön, Uqbar, Orbis Tertius di Jorge Luis Borges, meravigliosa rappresentazione letteraria di questo concetto?).


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 26/03/2023, 12:34 
GRANDE SFERA E MISTERIOSI MAGNETI
Andrea Lontani

La funzione di controllo esercitata dalla Grande Sfera (il “magnete terrestre”) degli Eocenici, potrebbe ricollegarsi alle particolari proprietà di alcune rocce magnetiche. Misteriosi magneti sono presenti sia in antiche tradizioni religiose che nell’esoterismo/occultismo del nostro tempo.

Nel Diario di Miniaci sono presenti alcuni riferimenti molto interessanti circa le proprietà dei magneti, tra i quali viene compreso anche il “Magnete Terrestre” (che potrebbe corrispondere al nucleo centrale magnetico della Terra), denominato dagli Eocenici “Grande Sfera”. La considerazione (unita certamente a timore) che avevano di essa era talmente elevata da averla addirittura divinizzata. Il culto della GS ci risulta essere addirittura l’unica manifestazione religiosa registrata dalle scoperte dell’Ing. Porro riguardo alla remota civiltà eocenica. A mio avviso, di quanto riportato nel Diario di Miniaci, gli accenni riguardanti i magneti (e di conseguenza anche la GS) e la Luna sono quelli che riescono a creare il collegamento più interessante tra le incredibili scoperte dell’Ing. Porro, seppellite — letteralmente! — da milioni di anni di oblio, e il nostro mondo attuale. Soprattutto perché forniscono riscontri sorprendentemente coerenti con alcune attuali tematiche “di confine” che, come vedrete, ci condurranno in luoghi (intesi anche in senso letterale) molto interessanti. Ho usato la definizione “tematiche di confine” perché conoscenze e aspetti ritenuti scomodi sia del passato che della nostra realtà attuale, con la complicità degli organi d’informazione accreditati, delle accademie scientifiche e dei programmi d’istruzione, vengono tenuti nascosti ai cittadini. Una imposta “realtà” frammentaria, manipolata e incompleta è di conseguenza quella che viene comunemente accettata, e che ormai da tanto, tanto tempo identifichiamo con il mondo normale, vero, nel quale viviamo. Il collegamento con le scoperte dell’Ing. Porro è quindi ovviamente possibile se il presente lo si osserva da un punto di vista non semplicemente “istituzionale”, “ufficiale”, ma prendendo anche in considerazione le sempre più numerose informazioni e conoscenze che non rientrano nei ristretti steccati imposti dall’autorità, o che semplicemente vengono da questa volutamente ignorate. Nella nostra società se un’informazione, di qualunque natura essa sia, non viene adeguatamente riportata dai media ufficiali, allora semplicemente non esiste. Succede anche che avvenimenti, scoperte, rivelazioni ritenute non in sintonia con le conoscenze “ufficiali” della nostra epoca vengano sì riportate da questi, ma in maniera volutamente distorta e alterata, per screditarle e renderle così innocue. Nonostante le apparenze infatti la società moderna in generale, non solo quella italiana, è sempre più controllata. I media mainstream privati sono in mano a un numero progressivamente sempre minore di holdings, che a loro volta sono controllate da un numero sorprendentemente esiguo di “famiglie”; mentre quando sono pubblici (es: la RAI) sono sotto il controllo diretto degli apparati politici (di governo o di opposizione non fa differenza), nei fatti asserviti ai cosiddetti “poteri forti”. Questi, di cui si accenna appena sui giornali senza che però venga mai approfondito l’argomento, sono espressione dello stesso tipo di “famiglie”. Dopo la lunga premessa, che ho ritenuto necessaria vista la natura di alcune informazioni riportate qui di seguito, possiamo finalmente partire.

Radiazioni magnetiche in grado di influenzare gli esseri umani
In data 29 ottobre 1969 del Diario di Miniaci, riguardo allo strumento creato dagli Eocenici per aumentare l’intelligenza, è scritto che: [...] l’azione dell’apparecchio si riferisce non tanto all’aumento dell’intelligenza, quanto all’aumentata efficienza di ricezione del magnete. Anche dal magnete terrestre [la GS – NdA], dice Porro, evidentemente. E si parla della capacità di determinare l’azione degli uomini. Quindi le radiazioni emesse dalla GS, che “investono gli emettitori contenuti nelle cellule dell’organismo umano” (Diario, 24/10/1969) e per mezzo delle quali essa riesce a imporre la propria influenza, direi che sono in realtà radiazioni magnetiche. In data 24 ottobre 1969 del Diario è riportato un dialogo telefonico intercorso fra l’Ing. Porro e Miniaci:

Una cosa piuttosto importante… È saltato fuori che esiste un Ente” — e Porro nella voce dà vigore alla parola Ente — “che ha potere sugli uomini. C’è anche scritto dove ha sede. Ha sede dentro il Globo terrestre, è una sfera concentrica alla terra, la sua superficie dista dalla crosta esterna quanto dista dal centro, il suo diametro è quindi la metà di quello terrestre”. Un tale argomento emerge inaspettatamente in una tavola della Fisica, e quella che viene chiamata la Grande Sfera ha dunque una dimensione misurabile materialmente, anche se non ci sia da attendersi che la forma si lascerebbe sintonizzare sotto la specie di radiazioni riconducibili a elementi della scala di Mendeleev. L’Ingegnere non se lo domanda neanche. Eppure è anche vero che quando si tratta della influenza che in tanti modi la Grande Sfera può esercitare sugli uomini si parla di radiazioni effettive che investono “gli emettitori” contenuti nelle cellule dell’organismo umano”.

Anche la nostra scienza ufficiale ipotizza che è dal nucleo del nostro pianeta che si dovrebbe generare il campo magnetico terrestre.,In un altro passo del Diario (7 ottobre 1969), parlando di un’altra invenzione degli Eocenici, il “calcolatore senario”, Miniaci afferma che si tratta di

[…] un apparecchietto semplicissimo che si riduce in sostanza a un magnete che, azionato da un motorino elettrico, è in grado di girare su un asse, a destra e a sinistra. Il calcolatore trasmette i risultati delle operazioni al cervello direttamente”. […] il magnete è provvisto di intelligenza vitale e le operazioni matematiche [...] vengono eseguite in un attimo e trasmesse al cervello [...].

Essendo in possesso di una propria intelligenza, dotata anche di memoria, l’operatore deve istruire il magnete su come si effettuano le operazioni di calcolo. Davanti allo stupore di Miniaci, Porro ribatte che il magnete possiede “solamente” un’intelligenza matematica:

I segnali sotto forma di oscillazioni ondulatorie vengono comunicati al cervello che li registra come un apparecchio radio, tanto per fare un paragone.

Magneti leggendari
In effetti anche per la nostra attuale umanità, da sempre, determinati magneti, in genere particolari pietre meteoriche, hanno rivestito un ruolo molto importante. Qui di seguito sono riportati tre macroscopici esempi.

Benben
Patrimonio dell’antica civiltà egizia, il “Benben” sarebbe stato un meteorite composto di minerali ferrosi caduto sulla Terra in epoca prestorica. Le tradizioni egizie affermano stranamente che la sua forma era conica. Si ipotizza che fu proprio grazie a questa sua particolarità che venne preso come modello per la realizzazione delle famose piramidi egizie fatte non a gradoni, ma caratterizzate dai quattro lati lisci. Per assolvere tale funzione però la sua forma conica originale venne artificialmente smussata e trasformata in piccola piramide, il pyramidion. Questo sarebbe poi diventato un elemento architettonico molto diffuso nell’antico Egitto. Veniva generalmente ricavato da un unico blocco di pietra (sempre in ricordo del Benben), e posto sulla sommità delle piramidi e degli obelischi, costituendone il coronamento e la sintesi. Oltre a rappresentare un chiaro simbolo solare, queste piccole piramidi poste al vertice si riteneva fungessero da particolari antenne per catturare e diffondere determinate energie cosmiche. Infatti si pensa che il termine “Benben” significhi “radiante”… Spesso sulle 4 facce veniva rappresentato il culto solare, oppure queste erano rivestite di lamine dorate. L’esempio più eclatante probabilmente era rappresentato dal pyramidion che faceva da vertice alla Grande Piramide della piana di Giza (oggi conosciuta come piramide di Cheope). Si presume dovesse pesare circa 7 tonnellate, ed era tutto rivestito d’oro. Si narra che il bagliore generato dai raggi solari che vi si riflettevano sopra fosse in certi momenti impressionante e visibile da notevole distanza. Il simbolismo del vertice staccato della piramide (es. famoso quello presente sul retro della banconota da 1 dollaro), caro alla Massoneria, prende proprio origine dal pyramidion, e quindi in realtà dalla sua matrice originale, l’antico meteorite ferroso-magnetico chiamato Benben. Già venerato dagli Shemsu-Hor [“seguaci di Horus” in antico egizio – NdA], la civiltà dominante nell’antico Egitto predinastico e vera responsabile della nascita dell’Egitto classico che conosciamo, il Benben venne da loro trasferito nel luogo che grazie a questo evento sarebbe stato conosciuto col nome di Heliopolis (versione greca del termine “Città del Sole”), situato su un rialzo nel delta del Nilo. Strettamente connesso a tale meteorite è l’uccello sacro Bennu (o Benu, o Benhu, o Benev, a seconda delle trascrizioni dall’antico egiziano), chiamato poi “Phoenix” (Fenice) da Greci e Latini. Il nome di questo essere divino è probabilmente da collegare con il verbo egiziano W(e)B(e)N, che significa “brillare”, “risplendere”. Avrebbe quindi la medesima etimologia del termine Benben, però in questo caso lo si può associare anche al significato di “sorgere” e “librarsi in volo verso il cielo”.

Qaaba
Famosissima pietra nera meteorica che si trova alla Mecca, simbolo e asse cardine della religione islamica attorno al quale ogni fedele deve ruotare (gravitare…) almeno una volta nella vita, e in direzione del quale per tutta la vita deve pregare. Il motivo? Semplice tradizione religiosa o perché così ogni musulmano viene più efficacemente influenzato (attratto…) da questo particolare magnete?

Chintamani
La straordinaria storia di questo leggendario magnete meteorico merita un particolare approfondimento. Nell’estate del 1926 Nicholas Roerich, figura unica di artista, mistico, archeologo, umanista e diplomatico di origini russo-baltiche, durante la grande spedizione da lui iniziata nel 1925 nel centro dell’Asia, mentre col suo gruppo si trovava nei pressi di Shara-Gol vide sfrecciare nel cielo a notevole velocità un oggetto di forma ovale la cui superficie rifletteva la luce del sole, proveniente apparentemente dai monti Altai e diretto a sud. Dopo aver virato improvvisamente in direzione sud-ovest, l’oggetto volante scomparve rapidamente dietro i monti Humboldt (sono una diramazione della grande catena montuosa Nan-Shan, posizionata fra il Gobi e il Tibet). In pratica si trattò di un vero e proprio avvistamento UFO ante-litteram, ventun’anni prima che si verificasse il primo episodio “ufficiale”, che diede il via alla saga degli oggetti volanti non identificati. Dal libro di Nicholas Roerich Shambhala la risplendente, Volume 2, capitolo V Luce nel deserto (pubblicato nel 1930):

Ma che cos’è quello, lassù, in cielo? Un oggetto brillante, che vola da nord a sud. Il binocolo è a portata di mano. È un grosso oggetto. Un lato scintilla sotto il sole. È di forma ovale. Poi punta in qualche modo in un’altra direzione, e scompare verso sud-ovest, dietro Ulan-Davan, il rosso passo della catena Humboldt. [...]. Poi il lama mormora: “Un buon segno. Un ottimo segno. Siamo protetti. Rigden-Jyepo [leggendario Re di Shambhala – NdA] stesso bada a noi!” [...]. Ora, è la storia della famosa pietra nera. [...] in tempi immemorabili, proveniente da un altro mondo, cadde una pietra miracolosa: la Chintamani degli Indù e la Norbu-rinpoche dei Tibetani e dei Mongoli. Da allora, una parte della pietra viaggia sulla Terra manifestando la nuova era e i più grandi eventi del mondo. Un certo Reggente ha posseduto questa pietra e le forze dell'oscurità hanno cercato di rubarla. [...] La pietra è nera, “vile” e “fetida”, e viene chiamata origine del mondo. Ed essa sorge come le cose che germogliano. Così sognò Paracelso. [...]. Lapis Exillis, la Pietra Errante del Maestro Cantore [si tratta di Wolfram Von Eschenbach, autore del Parzifal, dove il Graal è chiamato appunto anche “Lapis Exillis” – NdA]. [...] attraverso manifestazioni di ogni sorta, tale pietra indica ogni tipo di evento, nonché la natura dell’esistenza. [...]. Questa pietra, non è forse sulla Torre di Rigden-Djapo, i cui raggi compenetrano tutti gli oceani e tutte le montagne per il bene dell’umanità? [...]. La pietra nera erra sul pianeta. Sappiamo che un imperatore cinese e Tamerlano l’hanno posseduta. E fonti autorevoli sostengono che il grande Salomone e Akbar la ebbero in loro possesso e che, grazie ad essa, la loro potenza fu aumentata. Questa pietra è chiamata “Tesoro del Mondo”.

Lo scopo reale di questa particolare spedizione intrapresa nel 1925 e durata tre anni, durante i quali sono stati attraversati il Tibet, il deserto del Taklamakan, quello del Gobi e la regione dell’Altai, non è mai stato chiaramente spiegato dai suoi protagonisti, ma quel che è certo è che era stata organizzata con l’appoggio delle istituzioni americane, e infatti procedeva sotto la bandiera degli Stati Uniti. Una volta portata a termine, nel 1929 Nicholas Roerich venne addirittura ricevuto dall’allora presidente americano Hoover. C’è chi sospetta che egli fosse in missione per restituire un oggetto sacro alla “Torre del Re”, posta al centro della leggendaria Shambhala.93 L’oggetto sacro, la “famosa pietra nera” citata dallo stesso Roerich, sarebbe stato un frammento della mitica Pietra Chintamani, il cui blocco principale si troverebbe, secondo le leggende dell’Asia centrale, proprio su tale Torre. La tradizione, conosciuta benissimo da Roerich e da lui stesso più di una volta riportata, dice che il Chintamani è un antico meteorite, molto magnetizzato e dotato di straordinarie proprietà, proveniente dalla zona di cielo in cui risplende la costellazione di Orione, più precisamente in direzione della stella Sirio. Il corpo principale della Pietra, una volta precipitato sulla Terra, sarebbe sempre stato conservato nella Torre del Re di Shambhala, anche se a volte pezzi piccoli furono temporaneamente trasferiti in altre parti del mondo, si dice durante i periodi di grandi cambiamenti, e comunque essenzialmente per “attivare” energeticamente determinati individui. Spesso tali personaggi, che grazie a questo strano evento sono poi diventati importanti figure storiche, prima di aver ricevuto (da chi?) il frammento del Chintamani erano ancora dei perfetti anonimi. Alcuni di loro sarebbero stati: un non meglio specificato imperatore cinese, Salomone, Alessandro Magno, Maometto, Gengis Khan, Tamerlano, Akbar il Grande e Napoleone. A proposito di quest’ultimo la moglie di Nicholas Roerich, Helena, la fondatrice dell’Agni Yoga che riteneva di essere in contatto con i “Grandi Maestri” Morya e Koot Hoomi, affermava che un frammento del prezioso blocco meteorico fu portato a Marsiglia da una persona sconosciuta che la diede a Giuseppina Bonaparte mentre contemporaneamente il Conte di Saint Germain affiancava — ovviamente in modo molto discreto — Napoleone. Il fatto sarebbe avvenuto durante la Rivoluzione Francese, nel 1795, quando Napoleone era ancora un giovane sconosciuto generale. Perché la Pietra venne consegnata a Giuseppina Bonaparte? Perché nella tradizione è sempre una donna che porta al destinatario finale la Pietra per eccellenza, il Graal ( = Lapis Exillis). Nel Parzifal di Wolfram Von Eschenbach è scritto: “Nel corso della Cerimonia del Sole, una giovane portava il Graal su un cuscino verde.” Ma soprattutto perché Napoleone e Giuseppina, nonostante all’epoca non fossero ancora sposati, formavano già — da inizio 1795 — un’unità (la stessa formata da Nicholas ed Helena Roerich, sempre assieme nella vita, viaggi compresi). Quando Napoleone, annebbiato dal demone del potere e dell’ambizione, non ascoltò più i consigli che gli venivano “dall’alto”, si separò da Giuseppina (quindi simbolicamente anche dalla Pietra) e, abbandonato anche da Saint Germain, iniziò a commettere i fatali errori strategici che in breve tempo segnarono la sua fine. Il frammento della speciale Pietra meteorica sarebbe quindi stato recuperato dalla manifestazione occidentale dell’organizzazione che custodisce il Chintamani nell’Asia centrale (probabilmente quella che si è fatta conoscere anche col nome di Rosa+Croce). La caratteristica che accomuna tutti i personaggi che hanno ricevuto un frammento del Chintamani, e che si è sempre riflettuta pure nelle vicende dei territori dove questo è apparso, è stata una grande spinta all’evoluzione del processo storico, spesso addirittura caratterizzata da aspetti rivoluzionari, che ha cancellato l’ordine costituito preesistente per imporne uno completamente inedito, nuovo. Questo straordinario magnete extraterrestre avrebbe quindi la capacità di catalizzare e irradiare intorno a sé una potentissima e particolare energia che destabilizza le secolarizzate strutture sociali e religiose con le quali viene a contatto, per instaurare un qualcosa di inedito che ha però sempre la caratteristica di tendere ad unificare una pluralità di stati e uniformare le diverse società, razze, tradizioni e religioni di questi ad un nuovo ordine delle cose. Un nuovo ordine (novus ordo) che nel tempo si è rivelato essere un vero e proprio progetto man mano più organizzato e definito per la realizzazione di un Nuovo Ordine Mondiale. Riguardo al frammento del Chintamani che Nicholas Roerich sarebbe stato incaricato di riportare alla Torre del Re, si dice che fosse stato prelevato dalla Società delle Nazioni (d’ora in poi abbreviata in SdN), lì posizionato (da chi?) nei primissimi anni della sua pur breve esistenza. Guarda caso la SdN è stata storicamente la prima grande struttura sovranazionale che negli intenti avrebbe dovuto rappresentare tutte le nazioni del mondo, poi sostituita dall’ONU. Roerich era infatti anche un diplomatico, e non dimentichiamo che la sua grande spedizione del 1925 era appoggiata e sostenuta dagli Stati Uniti (grandi sponsor della SdN pur non avendone mai fatto ufficialmente parte). Nella postfazione all’edizione italiana del libro Lettere dall’India — 1929/1955 di Helena Roerich, Anton Malyguine afferma che la famiglia Roerich si trasferì nel 1919 a Londra (erano quindi a Londra quando, il 10 gennaio 1920, nella capitale inglese ebbero ufficialmente inizio i lavori della SdN), e che proprio a Londra sarebbe avvenuto il primo incontro di Helena Roerich con i “Grandi Meastri” Morya e Koot Hoomi. Helena e Nicholas Roerich adottarono quindi la veste di ambasciatori di Shambhala e della “Grande Fratellanza Bianca” nel mondo. Nel 1920 tutta la famiglia Roerich si trasferì a New York. Nel 1923 Helena e Nicholas Roerich tornarono in Europa, visitando l’Italia, la Svizzera (dal 1° novembre 1920 la sede della SdN era stata trasferita a Ginevra) e la Francia. A Parigi, nell’autunno del 1923, i “Maestri” avrebbero consegnato ai Roerich la “Sacra Pietra”, cioè un frammento del Chintamani. Nel dicembre dello stesso anno si stabilirono in India, ai piedi dell’Himalaya, e due anni dopo intrapresero la grande spedizione nel centro dell’Asia. Sempre secondo Malyguine, loro due furono gli ambasciatori di Shambhala nel secondo quarto del XX secolo. Perciò, se così fosse, si potrebbe pensare che un’ignota “Organizzazione”, principale promotrice, seppur occulta, del primo grande organismo sovranazionale e in grado di mantenere i contatti con la leggendaria centrale asiatica, avesse posizionato il frammento del Chintamani nel quartier generale della SdN per darle forza e condizionarla secondo il volere di… chi? Di “Superiori Sconosciuti” appartenenti all’”organizzazione”? Di un antichissimo “Ente”, per usare le parole dell’Ing. Porro? Passarono pochi anni e la stessa Organizzazione sottrasse il frammento dalla SdN, segnandone così la fine prematura, che sarebbe infatti arrivata non molti anni dopo, dopo aver perso progressivamente sempre più forza e autorità. Era già stata prevista la II Guerra Mondiale, che avrebbe cambiato gli equilibri mondiali, o era stata addirittura programmata? Dalle ceneri della SdN e della II Guerra Mondiale nascerà l’ONU, e qui entra in gioco la strana “Camera di Meditazione” presso la sede mondiale di questa organizzazione che riunisce le nazioni della Terra, il famoso “Palazzo di Vetro” a New York. Entra in gioco perché in questa piccola “Camera di Meditazione” stranamente è stato posizionato un grande blocco di Magnetite (il più grande frammento naturale mai estratto), senza nessun apparente motivo. Da notare che si tratta dell’unico luogo di culto esistente nella sede dell’ONU, gestito ufficialmente (altra stranezza) da una particolare organizzazione esoterica chiamata “Lucis Trust” (vedi Appendice 4). Quindi, se fosse vera la storia del frammento del Chintamani posizionato presso la sede della SdN durante il suo primo periodo di vita, il grande blocco di Magnetite che attualmente si trova presso la strana saletta di meditazione della sede mondiale dell’ONU non sarebbe altro che l’evidentemente necessario suo sostituto magnetico. E la Lucis Trust risulterebbe essere senza ombra di dubbio un emissario diretto dell’Organizzazione (o “Ente”?) di cui si è appena parlato. Le coincidenze non sono poche.

La “Meditation Room” all’ONU
Tra la miriade di associazioni, fondazioni ed enti che, a livello internazionale, perseguono apparentemente nobili cause, ce n’è una, la Lucis Trust (nata nel 1920 come “Lucifer Trust Publishing”), che attraverso il suo organo editoriale ha il privilegio di essere la casa editrice ufficiale delle Nazioni Unite, presso le quali gestisce anche la strana “Meditation Room” (“Camera di Meditazione”), l’unica cappella di culto del Palazzo dell’ONU (New York City). In questa saletta, con soli 10 posti a sedere, si sono raccolti in meditazione moltissimi politici e magnati, tra cui i Bush e i Rockefeller, ma anche leaders spirituali quali il Dalai Lama, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. È da ricordare che le Nazioni Unite, dal momento che rappresentano (quasi) tutte le nazioni della Terra, non riconoscono ufficialmente nessuna religione. Infatti nella “Camera di Meditazione” non è presente nessun simbolo che riconduca esplicitamente a una qualsiasi confessione religiosa. Questa è di forma trapezoidale, è insonorizzata e si presenta priva di finestre. La sua forma è un trapezio isoscele coricato ed estruso verso l’alto, con la base minore occupata da un affresco murale. Esso è composto (vedere foto) da 72 tra figure e ombre geometriche. Al di là dei numerosi significati esoterico-simbolici di questo numero, nel Diario di Miniaci è scritto che Porro si è imbattuto spesso proprio nel numero 72 (e nei suoi multipli) studiando la civiltà eocenica, che adottava il sistema numerico senario (6 x 6 x 2 = 72). È evidente che specialmente tale numero doveva rivestire una particolare importanza per loro.
Anche per la nostra attuale umanità, fin dall’antichità, il 72 risulta essere un numero speciale essendo, fra le altre cose, strettamente collegato alla precessione degli equinozi. Infatti ogni 72 anni (per l’esattezza 71,6 circa) avviene lo spostamento degli equinozi di un grado 1° in senso orario. Anche però per altri motivi il 72 risulta essere un numero molto importante per alcune tradizioni dell’attuale umanità. Nella cabala ebraica esso indica, sin dai tempi antichi, tutti i 72 nomi della Divinità. Questo numero deriva dalla permutazione dei valori assegnati alle quattro lettere del Tetragrammaton (YHWH, il nome cabalistico del Dio ebraico). Comunque, grazie forse anche alla particolare simbologia numerica, tale affresco servirebbe a “donare energia agli uomini lì presenti per mettersi più facilmente in contatto con la verità esoterica”. Vi sarebbe stilizzato anche un serpente dorato trafitto da una freccia. I Sabbataisti usavano questo antico simbolo identificando nella Freccia la legge mosaica e nel Serpente l’insegnamento del nuovo Messia (anche Cagliostro lo scelse per il suo celebre sigillo). Il trapezio che costituisce il pavimento della camera ha all’incirca le seguenti misure: base maggiore = 6 mt, base minore = 3 mt e lati lunghi = 9 mt. Prolungando idealmente i due lati obliqui del trapezio oltre lo spazio dell’affresco, essi si incrociano a definire il vertice di un triangolo (vedi il disegno a lato). Al centro della saletta è posto il vero protagonista di questo strano luogo di culto: un grande blocco-altare di magnetite squadrato (il più grande frammento naturale di magnetite mai estratto), dono della casa reale di Svezia, del peso di 6,5 tonnellate e dimensioni all’incirca di metri 1,70x1,20x0,60. Io ritengo che si tratti proprio del “generatore minerale” che l’Organizzazione ha posto nei “primi Templi della religione mondiale”, come è scritto in un testo esoterico anonimo dal titolo Banshei. In questo stesso inquietante testo è riportato che la conoscenza delle potenzialità di determinate forme di radiazione minerale, che possono essere usate come “potentissimi trasmettitori energetici”, nel mondo esoterico occidentale “sono oggi tramandate soprattutto nei sottogruppi dei Paesi Scandinavi”. Ora è necessario aprire una parentesi per spiegare cos’è il Banshei.

Banshei
Nel giugno del 2012 viene pubblicato da una piccola libreria esoterica italiana il primo libro di una collana che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere di sette volumi. Nella realtà non si è andati oltre il quarto poiché il misterioso autore (si sa solo che era un francese originario di Marsiglia), che si firmava con lo pseudonimo di “Ermete Trismegisto”, sarebbe deceduto nel settembre del 2013. Il titolo di ognuno dei quattro volumi è Banshei (o la Suprema Legge del Sette), e non si trovano nel catalogo di nessun distributore di libri. In pratica in questo testo riservato viene descritta l’esistenza di un’organizzazione che guida — da sempre — l’evoluzione umana alla quale le élite del potere sovranazionale sarebbero direttamente sottomesse, che agisce sulla nostra realtà materiale per condizionare la nostra evoluzione secondo il proprio volere. Se dai suoi sconosciuti vertici si scende verso l’umanità “normale”, si incontrano i suoi diversi sottocentri. Questi agiscono più direttamente nel nostro mondo e si distinguono per le loro specializzazioni. Esistono infatti sottocentri politici, economici, religiosi, scientifici, esoterici, ecc. Anche se qui l’argomento viene trattato da un punto di vista soprattutto esoterico, e lo sconosciuto autore non si limita a descrivere i livelli più bassi dell’organizzazione, cioè appunto i sottocentri che operano direttamente nella società umana, mi è sembrata evidente l’analogia di questa Organizzazione con la “struttura” (chiamata anche “sub-struttura”) descritta ne L’Altra Europa da Paolo Rumor. L’Altra Europa è infatti un altro libro molto interessante dove, nonostante evidenti e comprensibili reticenze da parte dell’autore, questi, basandosi su documenti molto riservati ricevuti da suo padre Giacomo Rumor, ha descritto l’esistenza di un’organizzazione che guiderebbe da tempi molto antichi (qui l’inizio si fa risalire alla ripartenza della civiltà umana dopo il grande diluvio di circa 12.000 anni fa) l’evoluzione dell’umanità, in special modo quella occidentale. Suo padre Giacomo (cugino del 5 volte Presidente del Consiglio Mariano Rumor) aveva ricevuto queste conoscenze negli anni 1950, in occasione degli incontri fra i politici delle diverse nazioni che avrebbero dato vita al primo nucleo dell’Europa Unita, sfociati poi nel “Trattato di Roma” del 1957. Daniele Mansuino, che tramite il suo blog è stato il primo a dare pubblicamente notizie del Banshei, avendone anche curato la traduzione dal francese, afferma che tra i più importanti sottocentri esoterici si può considerare proprio la Lucis Trust (e anche l’Ordo Templi Orientiis — O.T.O. — fondato da un certo Aleister Crowley…).97 In estrema sintesi, nel Banshei è scritto che un aspetto fondamentale per la realizzazione della “Grande Opera” da parte dell’organizzazione che domina il mondo sarebbe stato, fin dal più remoto passato, la guida (io la chiamo interferenza) dell’evoluzione umana finalizzata a condizionarla verso una sua identificazione sempre di più totale e uniforme nella “realtà” fisica, oggettiva. Quindi, per essere chiari, noi siamo stati indotti a scendere sempre di più nella densa materia, perdendo progressivamente i contatti con i piani di realtà più sottili. Questi sono oggi considerati solamente sogno, irreali, ma in una remota antichità conosciuta nei miti come “età dell’oro” erano ritenuti reali come per noi oggi lo è il mondo materiale. In altre parole la “realtà” nella quale interagiva l’umanità di allora era molto più vasta e articolata di quella attuale. Tappa fondamentale di tale processo fu l’antico impianto nelle nostre menti (corrispondente all’inserimento di un nuovo programma nel software di un computer) della “coscienza collettiva” (termine introdotto per la prima volta nell’800 dai teorici dell’ideologia comunista), che nel tempo da embrionale si è progressivamente più strutturata e definita, condizionandoci ad interagire sempre di più in maniera uniformemente preimpostata, meccanica, agli input esterni. Questa opera di vera e propria manipolazione delle coscienze (nonostante lo sconosciuto autore del Banshei la presenti come positivo processo evolutivo) è in pieno atto anche e soprattutto ai giorni nostri, dominati da una crescente omologazione-globalizzazione di tutti gli aspetti della vita umana — informazione / intrattenimento / alimentazione / istruzione / linguaggio / aspirazioni / mode — e proprio il misterioso testo afferma che i (da “loro”) programmati “Nuovo Ordine Mondiale” e “Religione Unica Mondiale” saranno soprattutto funzionali proprio a farle compiere un ulteriore, decisivo balzo in avanti. Altro piccolo particolare: la ristretta realtà oggettiva, materiale, nella quale siamo stati progressivamente sempre più intrappolati, è proprio quella che qualche autore chiama Matrix (sì, è la griglia di realtà limitata e condizionata descritta nella famosa trilogia di film intitolata appunto Matrix). Tornando ai nostri magneti, nel Banshei è scritto:

[...] quando si trattò di creare i primi Templi della religione mondiale si installarono in essi grandi generatori minerali [poiché] determinate forme di radiazione minerale possono adempiere alla funzione di potentissimi trasmettitori energetici.

L’ultima parte di questo passaggio sembrerebbe addirittura provenire dal Diario di Miniaci, tanto è coerente con quanto è lì riportato. Ancora nel Banshei si afferma esplicitamente che l’Organizzazione sovranazionale che guida nell’ombra i vari governi e la finanza internazionale (sua espressione diretta sono quelli che i media mainstream chiamano “i poteri forti”) sta gradualmente creando le condizioni necessarie per unire il mondo non solo in un unico governo, ma anche necessariamente in un’unica religione, utilizzando per questo antico progetto tanti mezzi, sia indiretti che diretti, cioè da quelli più sottili a quelli più concreti e materiali. Fra questi viene considerato molto importante l’apporto fornito da particolari magneti, che sono stati posizionati nei primi luoghi di culto della nascente religione mondiale, dove questa verrebbe già praticata, seppur in maniera riservata, da selezionate categorie di persone, per il momento esclusivamente appartenenti all’Organizzazione (o “Struttura”, come viene chiamata ne L’Altra Europa). Per essere più chiari, solamente coloro che fanno parte dell’élite sovranazionale di potere, o collaborano direttamente con essa e quindi conoscono (anche solo parzialmente) i suoi programmi e sanno anche solo a grandi linee come stanno veramente le cose, al momento attuale praticano questa nuova religione mondiale. Le masse umane la conosceranno solo quando saranno state, come sempre, inconsapevolmente guidate verso di essa (cosa che sta già gradualmente avvenendo), e quindi pronte per accettarla. Dovranno però anche accadere fatti particolari, per non dire straordinari, prima che questa possa manifestarsi pubblicamente e assorbire senza resistenze le vecchie religioni secolarizzate. Nel Banshei è infatti scritto che

[…] si tratta di una ritualità già operativa: la religione mondiale è attualmente già praticata da un ristretto numero di membri dei “gruppi” di alto livello, soprattutto uomini politici. Sono stati innalzati in varie parti del mondo i suoi primi Templi: non segreti, ma assolutamente non pubblicizzati, e per questo piuttosto difficili da trovare (considerando pure che alcuni di essi sono stati collocati nelle zone più disabitate della Terra). Al loro interno, gli uomini di Stato in forza ai “gruppi” si ritrovano periodicamente; [...]”. Questi templi “in seno all’organizzazione vengono detti “centri superiori” o “generatori”, [...]. [...] determinate forme di radiazione minerale possono adempiere alla funzione di potentissimi trasmettitori energetici, come nel caso della Qaaba [la pietra nera presso la La Mecca – NdA] [...]”. [...] quando si trattò di creare i primi Templi della religione mondiale si installarono in essi grandi generatori minerali [...]. Il principale di questi “generatori” è collocato nel centro dell’Asia, nella desertica regione in cui — è detto — avrebbe avuto origine il primo nucleo dell’organizzazione, alcune centinaia di migliaia di anni fa. È questo il luogo nel quale la volontà si evolve in progetto, al quale tutti gli “alti gradi” fanno da sempre riferimento come la terra più santa: le ideologie politiche e sociali, le religioni del passato, la filosofia, la scienza, tutto proviene da qui. È stata una grande vittoria, propiziata dalle moderne tecnologie di trasporto, la possibilità di installare in questo luogo un Tempio provvisto di “generatore” [= minerale magnetico – NdA], destinato a diventare la Mecca della nuova religione del mondo.

Si tratta del luogo chiamato dall’organizzazione “Isola Bianca”, che la Blavatsky affermava si trovasse nell’antico Mare di Gobi. Sempre secondo la tradizione teosofica, qui, in un lontanissimo passato, sarebbero discesi i “Signori della Fiamma” guidati da Sanat Kumara. E da qui, prima di stabilirsi nel mitico regno sotterraneo di Shamballa, avrebbero guidato i destini del nostro mondo… Quindi, seppure viene specificato che l’installazione è avvenuta in tempi recenti, anche nel Banshei si dice che il principale Magnete naturale ( = Generatore minerale) dell’Organizzazione si trova nell’Asia centrale, dove in un lontanissimo passato questa avrebbe avuto origine. L’implicita identificazione dell’Organizzazione con la sedicente “Fratellanza Bianca” di cui parlano i teosofi e la New Age mi pare evidente. È altrettanto evidente che uno dei primi “Templi” della nuova “religione mondiale”, già operativi e provvisti di “generatore” ( = magnete), è proprio la “Meditation Room” della sede dell’ONU. Un’ulteriore conferma in tal senso viene dall’affermazione riportata prima che sono soprattutto i “sottogruppi” dei Paesi scandinavi ad avere la conoscenza di come canalizzare le radiazioni di particolari minerali magnetici per farli diventare “potentissimi trasmettitori energetici”. Infatti, sarà un caso, ma è stata ufficialmente la Casa Reale di Svezia a donare all’ONU il grande blocco di Magnetite... Torniamo ora alla nascente (seppur per ora riservata) “religione mondiale”, per provare a delinearne almeno alcuni segni identificativi, andando oltre le — a mio avviso — volutamente fuorvianti informazioni date dal Banshei, ma leggendo tra le righe di questo e facendo confronti con altre informazioni. C’è chi afferma che sarà una sorta di “Nuova Religione Cattolica Mondiale”. Infatti come fin dalla sua nascita il Cristianesimo del Potere (poi confluito nella Religione Cattolica) ebbe come scopo quello di assorbire i culti pagani dell’epoca, soprattutto quelli in voga nell’Impero Romano, per creare una super-religione che poco aveva a che fare con l’originale messaggio cristiano, così la nuova Confessione Mondiale ingloberà (fonderà) le fedi e i movimenti spiritualisti in voga nel nostro mondo moderno, per fondare un credo apparentemente inedito, ma in realtà temo molto antico. C’è da supporre che gli aspetti degli attuali culti che saranno maggiormente assorbiti nella nuova religione saranno quelli apparentemente più positivisti e “progressisti” (cioè anti-tradizionali), tipo quelli provenienti dal Cristianesimo “modernista” (inizialmente influenzato non a caso dai Martinisti in Francia), dal Buddhismo mediatico “alla tibetana” opportunamente occidentalizzato (cioè la confessione più alla moda e cool nell’Occidente, seguita da molte star hollywoodiane e dello spettacolo in generale, che però banalizza e semplifica riduttivamente gli originali insegnamenti del Buddha, alterandoli), e soprattutto dall’ingenuo/ingannevole spiritualismo della New Age, con tutto il suo pantheon di Guide Celesti, Maestri Ascesi e Logge Bianche, probabilmente molto utili e funzionali alla nuova religione che verrà. Ricordiamoci infatti che la madrina della New Age, Alice Bailey, è la fondatrice della Lucis Trust presente all’ONU e promotrice occulta del programma dell’Organizzazione. E dietro a tutto e tutti, io credo, si allungherà ancora l’ombra del più antico culto solare monoteistico, patrimonio dell’élite massonico-sionista mondiale, uscito per la prima volta allo scoperto (almeno nella Storia ufficialmente conosciuta) nell’Antico Egitto durante il regno di Akhenaton, e padre delle attuali grandi religioni monoteistiche mondiali. C’è da star certi infatti che saranno sempre lui, il “Grande Architetto” (YHWH), e le Potenze Arcontiche a lui collegate ( = le “gerarchie superiori” dell’organizzazione che domina il mondo), a beneficiare dell’enorme eggregora. Questo concetto è fondamentale per capire le cause sottili che spesso sono il movente dei più importanti accadimenti di quello che consideriamo il mondo reale. È un fatto che le attuali confessioni religiose (in particolar modo quella Cristiana) stanno perdendo sempre più presa nei confronti della società umana. Questo fa sì che già da tempo le eggregore generate dalle grandi religioni secolarizzate siano sempre più deboli, fornendo di conseguenza un’energia devozionale sempre minore alle entità parassitarie che grazie a questa sono finora riuscite a mantenersi innaturalmente in strati vibrazionali superiori ma contigui al nostro. Oltretutto col passare del tempo tale energia viene sempre più deviata nei tanti rivoli degli apparati religiosi costruiti dalle classi sacerdotali nei secoli, e divenuti perciò via via più strutturati e dispersivi. Tutto questo è ammesso esplicitamente nel Banshei, dove infatti si afferma che l’“istituzionalizzazione delle religioni” impedisce a molti fedeli di “entrare in contatto diretto con l’eggregore”, confondendo questa con il “pesante apparato amministrativo e burocratico” della religione istituzionalizzata. Questo fa sì che col tempo “viene a instaurarsi un processo irreversibile, per il quale — generazione dopo generazione — il corpo burocratico viene costantemente accresciuto, teologizzato e appesantito”, rendendo quindi più difficoltosa per l’eggregora “la ricezione energetica diretta [è l’energia devozionale inviata dai fedeli – NdA]. È per combattere questo problema che l’organizzazione lavora [...] alla riapertura verso l’alto degli eggregori religiosi.”

Sono infatti convinto che uno dei motivi fondamentali alla base dell’instaurazione della Nuova Religione Mondiale consista proprio nella necessità, da parte delle “gerarchie superiori” — gli antichi Arconti, — di rendere più diretto (più verticale) l’afflusso di energia eggregorica dall’umanità a queste. Altra conferma arriva sempre dal Banshei:

Quando la religione mondiale si affermerà, si suppone che buona parte del pool energetico la cui distribuzione è oggi opera dei gruppi le sia affidato: infatti [...] nessuna rete distributiva potrebbe mai eguagliare la funzionalità di un complesso di eggregori religiosi ben coordinati e sostenuti da miliardi di fedeli.

Sono concetti espressi in maniera un po’ contorta, però il significato è chiaro. Per l’Organizzazione (cioè il Vero Potere) è fondamentale che l’umanità sia progressivamente sempre più indotta, condizionata ad esprimere una sorta di “pensiero unico”, del quale la Nuova Religione Mondiale sarà espressione. Nel Banshei è infatti esplicitamente scritto che è fondamentale che questa abbia un carattere di “uniformità: quell’uniformità che neppure le più grandi religioni del passato sono mai riuscite a ottenere”. Ciò si riuscirà a ottenere perché, ancor prima della nascita della religione mondiale, “verrà la percezione energetica comune; a tutti gli uomini della Terra sarà ben chiaro il proprio interesse di celebrare negli stessi tempi gli stessi rituali, in modo che l’emanazione energetica collettiva possa essere più concorde e possente”. Tutto deve concorrere a indurre l’umanità all’uniformità e omologazione: dalla religione alla politica (e geopolitica…) alla cultura ecc. Altrimenti la (per “loro”) fondamentale “coscienza collettiva”, che un comunista ortodosso non avrebbe difficoltà a identificare col concetto a lui familiare di “pensiero unico”, non riuscirà mai a prendere veramente il sopravvento totale per portare l’umanità al meltdown finale, cioè l’“amalgama” seguita dalla “fusione” finale. Lo sviluppo della società moderna ci ha spinto ad essere sempre più “connessi” a dispositivi ideati appositamente per essere il più possibile condizionanti e “globalizzanti”: radio, TV, internet e ultimi in ordine di tempo i socialnetworks, con una evidente accelerazione di tale fenomeno negli ultimi anni. Con l’evolversi questi dispositivi ci hanno spinto sempre di più esponenzialmente anche verso un altro tipo di “connessione”: quella fra noi esseri umani. Anche se a prima vista, astrattamente, questo potrebbe essere considerato un fatto positivo, è sempre più evidente che il risultato ottenuto è stato quello di condizionarci a uniformarci progressivamente a comportamenti, desideri, linguaggi e addirittura modi di pensare preconfezionati, standardizzati. Quelli non graditi vengono filtrati, evitati; quelli graditi siamo indotti a farli nostri, ma NON sono nostri. Anche così il vero potere ci sta spingendo verso la “coscienza collettiva”. La nostra “coscienza collettiva” si sta dunque sempre più espandendo, ma è previsto che questo processo avrà una decisiva impressionante accelerazione grazie ad uno speciale “aiuto” tecnologico concentrato sulla realizzazione della “neocorteccia artificiale”.

Di questo si sta già occupando un ramo poco conosciuto della scienza informatica, il “mind uploading”. Esso studia la possibilità di creare un supporto sul quale gli esseri umani possano trasferire la propria consapevolezza, separandola dal corpo.

Nel terzo volume del Banshei si afferma esplicitamente che il futuro impianto di microchip sottocutanei, prossimo dispositivo “globalizzante” già da anni in fase di sperimentazione, sarà inevitabile e funzionale soprattutto al raggiungimento di questo obiettivo. È scritto che i centri segreti americani dove vengono gestiti e portati avanti i programmi riguardanti la modifica del clima (H.A.A.R.P.?), le cosiddette “scie chimiche” e appunto l’impianto dei microchip sottocutanei sarebbero gestiti da sottogruppi dell’organizzazione. Riguardo alle scie chimiche si afferma un po’ enigmaticamente che vengono irrorate nei cieli per modificare l’aspetto fisico degli esseri umani. La nostra neocorteccia cerebrale è l’ultimo e più avanzato risultato dell’evoluzione biologica della specie umana. Con la realizzazione di quest’ulteriore salto evolutivo indotto, secondo l’Organizzazione si raggiungerà l’amalgama:

[...] perché le menti di tutti gli individui potranno godere dello stesso pool di informazioni identiche e illimitate, addivenendo a una forma di consapevolezza espansa del tutto analoga a quella dei Signori di Volontà e Potere.

La consapevolezza dei “Signori di Volontà e Potere” (cioè i gradi più alti dell’organizzazione che domina il mondo = gli antichi Arconti) sarà quindi accessibile a tutti. La nostra mente, già dalla più remota antichità da loro progressivamente plasmata, coinciderà totalmente con la loro… Dopodiché l’uomo si sostituirà a Dio… creando un nuovo universo. Questi almeno sarebbero i loro piani. Tutto ciò però mi sembra che non abbia nulla a che fare con il — a mio parere — necessario, libero e cosciente sforzo di liberarci dalle catene dell’ignoranza e dell’illusione per prendere realmente consapevolezza di noi stessi e della Realtà, ma di ulteriore manipolazione nei nostri confronti, per tenerci sempre più imprigionati (connessi…) nel flusso della Matrix di bassa vibrazione energetica che confondiamo appunto con la Realtà. Sempre nel terzo volume del Banshei è riportato chiaramente che “loro” non vogliono che l’essere umano prenda coscienza di sé, ma che si immerga nel “flusso” da loro stessi generato. Vogliono evitare che ci ricordiamo di noi stessi; vogliono al contrario che ci immergiamo, che ci identifichiamo sempre più nel gregge alimentato e guidato da loro. Non viene in mente la favola del pifferaio magico? Visto che nel nostro mondo sempre più “condiviso” e globalizzato, grazie anche all’aiuto dei media accreditati sempre più sotto controllo vengono promosse e subdolamente imposte da “loro” (tramite le élite del Potere) numerosissime menzogne e censure (dalla Storia mutilata e manipolata alla Scienza “ufficiale” chiusa nei propri dogmi miopi e materialistici) che hanno progressivamente alterato e “ristretto” la realtà, ho molti dubbi sulla qualità della “conoscenza condivisa” della quale secondo i “loro” programmi beneficeremo tutti. Temo che per le Potenze Arcontiche la vera posta in palio sia l’umanità, vista come “bestiame” necessario al loro sostentamento in quanto capace di produrre un particolare tipo di energia necessaria a loro. Come noi modifichiamo le specie animali che alleviamo gestendone l’evoluzione al fine di poterle sfruttare meglio, approfittandocene della loro ignoranza e inconsapevolezza, così — ovviamente su un piano diverso — noi stiamo da tanto tempo subendo lo stesso trattamento da parte di qualcun altro. Come già anticipato, è l’immensa eggregora generata dalla nostra “coscienza collettiva” il serbatoio principale dal quale questa verrà sempre più vampirizzata, permettendo alle Potenze di mantenersi innaturalmente in particolari piani vibrazionali. Queste sono gli agenti diretti del Demiurgo (YHWH), sono gli antichi Arconti che col mutare dei periodi storici cambiano maschera per continuare a manipolarci nell’ombra. Un modo per superare questa interferenza direi che esiste, ma può inevitabilmente nascere da uno sforzo individuale e senza sperare nell’aiuto di ambigui “maestri ascesi” e fantomatiche “fratellanze bianche”. Una volta presa coscienza, o anche solo “sentito”, che c’è qualcosa che non va di fondamentale in quella che abbiamo sempre creduto fosse la realtà (cioè quello che ci si para davanti in ogni istante della nostra vita), e dopo aver quindi iniziato ad avvertire la presenza della Matrix, abbiamo bisogno di “deprogrammarci”, cioè di eliminare da noi stessi i files che ci sono stati innestati col fine di farci interagire sempre meglio ed esclusivamente con questa griglia di bassa “realtà illusoria” (chiamata Maya dall’Induismo). Questi “Superiori Sconosciuti” e la loro organizzazione invece ci stanno guidando da tanto tempo nella direzione opposta, mantenendoci immersi nel “flusso” da loro generato e così facendoci progressivamente dimenticare di noi stessi con l’innesto di “programmi” compatibili solo con la Matrix.

La Grande Sfera e il condizionamento dell’umanità
Fra le scoperte dell’Ing. Porro sulla civiltà eocenica ce n’è una che crea un inquietante collegamento con le tematiche appena esposte riguardanti l’“interferenza” alla quale sarebbe sottoposta l’attuale umanità. Aveva infatti tradotto documenti dove veniva riportata la preoccupazione di almeno una parte degli Eocenici di doversi proteggere dall’azione di condizionamento portata avanti da un qualche cosa che si era insediato al centro della Terra, da loro chiamato “Ente” o “Grande Sfera” (di cui si è fatto un accenno all’inizio; vedi anche Capitolo 6). Gli Eocenici avrebbero scoperto che tale condizionamento era dovuto anche alle onde gravitazionali, ma soprattutto all’azione di misteriose “onde delta veloci” emesse da parte di questo “Ente”. È scritto nelle Tavole di Fisica che:

[...] il fenomeno relativo alle onde gravitazionali che ha maggiore importanza per gli uomini è quello che riguarda la loro influenza sulla vita, essendo provato che non può iniziare una nuova vita ove le onde gravitazionali non esistono, [...].

Questo perché:

[...] vi è un intervento delle onde gravitazionali nella duplicazione dei cromosomi, che è il fenomeno base per la continuazione di una specie vivente e di conseguenza anche per l’evoluzione, [...]. [Però] le onde gravitazionali non possono penetrare nei geni, comportandosi cioè i geni come cavità prive di massa.

Quindi le onde gravitazionali non possono modificare i geni, ma solo variarne la disposizione.

[...] altre onde o influenze devono poter causare queste variazioni interne dei geni, come di fatto in seguito è stato scoperto che le onde delta veloci possono fare, [...].

Solo le misteriose “onde delta veloci” possono modificare internamente i geni. Inoltre gli Eocenici avrebbero capito che è vero che le onde gravitazionali causano la modifica (evoluzione) delle specie viventi, ma che tuttavia non possono influire sul loro sistema nervoso, e in particolare sul cervello. Perciò

[...] ne è stato dedotto che in un organismo vivente coesistono due parti ben distinte, delle quali l’una può essere controllata dalle onde gravitazionali, e l’altra solo dalle onde delta veloci, che possono tuttavia anche esercitare azioni anche sull’altra parte dell’organismo, ma non su ogni parte, [...].

In data 24 ottobre 1969 del Diario di Miniaci è riportato:

Si incontrano lungo il testo, a sorpresa, informazioni di spicco ben singolare come la seguente, tratta di peso da un passo trovato nella stessa serie della Fisica: che l’uomo era stato capace di schermarsi completamente dalle sopraddette influenze della Grande Sfera, e che una tale prassi doveva aver avuto applicazione così generale da provocare conseguenze fatali. Viene asserito precisamente che “per volere della Grande Sfera erano arrivati alla Terra dal terzo satellite di Giove (cioè Ganimede) quegli stranieri che all’uomo hanno causato la necessità di rifugiarsi nelle sfere sotterranee”. Così proprio c’è scritto. La schermatura agisce in permanenza tuttora, a quanto si potrebbe inferire dalla situazione.

Nel Diario di Miniaci è quindi scritto che gli Eocenici avevano trovato un modo per proteggersi dal condizionamento proveniente dalla GS, ma non è spiegato quale accorgimento avessero usato. Da quello che ho capito, loro riuscivano a proteggersi da questa anche quando potevano scorrazzare liberamente sulla superficie della Terra, cioè nell’ipotizzato periodo eocenico. Il fatto che sembrerebbe che anche ai nostri giorni riescano a rimanere protetti potrebbe in effetti significare che anche le sfere siano state progettate in modo tale da mantenere l’antica “schermatura” protettiva. Però non è detto. Ai loro tempi potrebbero anche aver trovato una soluzione “globale” che schermasse le emissioni della GS su tutto il nostro pianeta, i cui effetti perdurerebbero ancora oggi, come riteneva Miniaci. In questo caso forse la loro protezione potrebbe agire anche sugli animali (così le tavole eoceniche indicano noi umani moderni), o almeno su quelli che hanno gli “emettitori contenuti nelle cellule dell’organismo umano” (dal Diario), e quindi soggetti al condizionamento della GS. Sarebbe infatti su questi misteriosi “emettitori” che agiscono le radiazioni della GS. Visto che noi sapiens-sapiens non saremmo poi così tanto diversi da loro, magari anche le nostre cellule possiedono gli emettitori. In questo caso è possibile che anche noi siamo attualmente schermati dall’influenza della GS. Grazie a queste scoperte, gli Eocenici avevano modificato con successo varie specie vegetali ed animali, ad esclusione degli umani. Questo a causa di “un peggioramento del cervello, sia come intelligenza che come caratteristiche fisiche del cervello, acutezza dei sensi e prontezza di reazioni, [...]”. Per alcuni di loro la ragione di tale fenomeno va “attribuita alla Grande Sfera essendo sostenuto da alcuni che questa controlli in particolar modo gli uomini”. Per provarlo avrebbero fatto vari esperimenti in ambienti nei quali non potessero arrivare le “onde delta veloci” inviate dalla GS. In questo modo però è scritto che gli umani sottoposti all’esperimento erano diventati completamente sterili, forse perché quegli ambienti schermati eliminavano ogni tipo di “onde delta veloci”, non solo quelle particolari provenienti dalla GS. E “fra queste potevano esservene alcune necessarie al formarsi di una nuova vita”. Un’ulteriore conferma che sarebbero le misteriose “onde delta veloci”, o meglio un tipo particolare di queste, all’origine del condizionamento che la GS esercitava (o esercita tuttora?) sugli umani. Nel seguente passaggio ci viene detto che una parte degli Eocenici è fedele alla GS, e desidera che venga obbedita da tutti:

Quando sono stati conosciuti i risultati di questi esperimenti, nonostante che il Re avesse ordinato di tenerli segreti, ne sono stati molto soddisfatti coloro che sostengono la necessità di obbedire alla GS, questa apparendo ad essi essere una indubitabile prova della sua volontà e del suo intervento, di fatto potendo essi, sulla base di comunicazioni, dare grandi prove della sua volontà, ma essendo molto rari i casi che possano essere attribuiti a un suo intervento.

Subito dopo si afferma saggiamente:

Si deve tuttavia notare che anche quando il fenomeno sia dovuto ad un intervento della GS, questo sarebbe una chiarissima prova della sua potenza, non tuttavia del suo diritto di comandare agli uomini, fra potenza e diritto di comandare essendovi una grande differenza, [...].

L’intermezzo filosofico si conclude così:

[...] il diritto [della GS] di comandare gli uomini non può derivare dalla sua potenza, ma invece dal fatto di averli essa stessa creati, ciò che finora non è stato dimostrato.

Direi che queste ultime riflessioni sono interessanti e forse mettono sotto una luce nuova, meno materiale, gli Eocenici. È infatti vero che gli Eocenici appaiono come molto materialisti ed elitari, ma non è detto che il loro tentativo di difendersi da radiazioni condizionanti provenienti dal centro della Terra sia da biasimare. Ne sappiamo troppo poco. Comunque, anche se parlare in termini di “buono” e “cattivo” riguardo ad argomenti così particolari può risultare fuori luogo, se questo “Ente” fosse veramente benevolo, non avrebbe fatto mettere a ferro e fuoco la Terra da invasori esterni, per punire gli Eocenici (buoni o cattivi che fossero) che avevano osato difendersi dalla sua influenza. Come affermano Gurdjieff, Steiner e in generale gli esoteristi di tutte le epoche, noi terrestri siamo soprattutto soggetti agli influssi degli astri, che infatti erano molto osservati e studiati dalle civiltà più arcaiche. I grandi corpi celesti del nostro Sistema Solare sono per noi, oggettivamente, vere e proprie divinità (infatti spesso nel passato molte divinità avevano i nomi di determinati Pianeti e Stelle). E il Sole, la nostra Stella, è il sovrano assoluto del Sistema Solare, al quale gli altri astri-Dei sono sottomessi. In genere infatti le religioni monoteistiche sottintendono il culto del Dio-Sole, che “annulla” tutti gli altri dei minori. Non si tratta di una divinità molto elevata in termini assoluti, infatti esistono molte Stelle di dimensioni ben maggiori, per non parlare dei nuclei delle Galassie. Però, considerato che il Sole è la Stella di gran lunga più vicina a noi (e quindi in proporzione la più grande) e soprattutto l’unica dalla quale riceviamo la luce e il calore, visto che noi facciamo parte del suo sistema planetario e gli gravitiamo attorno, per noi è assolutamente il Re degli Dei, o addirittura il Dio unico. Però anche il nostro pianeta è da considerarsi una divinità del Sistema Solare, soggetta al Sole ma ovviamente importantissima per noi che ci abitiamo sopra. Però attenzione: da quanto si legge in un passo del Diario di Miniaci, la “Grande Sfera” (o “Ente”), se esiste, non impersonifica a livello tridimensionale la naturale “sede di comando” della Dea-Terra (Gaia), ma si tratta di un Potere esterno che dalla notte dei tempi si è insediato nel cuore del nostro pianeta per influenzare e guidare l'umanità. Questo inquietante passaggio sulla GS tradotto dall’Ing. Porro è stato riportato nel Diario di Miniaci in data 2 luglio 1970:

L’idea degli altri [altri chi?] è che la Grande Sfera quando è giunta alla Terra da un punto lontano dello spazio ha scoperto questo modo di poter influenzare gli uomini e di costringerli ai suoi voleri.

Torna di nuovo alla mente la leggenda asiatica, riportata in occidente dalla Blavatsky, che parla dei “Signori della Fiamma” provenienti da Venere che in un remotissimo passato atterrarono sull’Isola Bianca del Mare di Gobi, per poi insediarsi nel centro della Terra. Da qui, guidati da Sanat Kumara, governerebbero i destini del nostro pianeta (cfr. Capitolo 7). A questo punto sarebbe importante capire se l’ipotetico antichissimo culto della “Grande Sfera” rivelato dalle scoperte dell’Ing. Porro, nel quale ovviamente il ruolo esercitato dal magnetismo era fondamentale, può avere a che fare con i leggendari magneti naturali ricordati prima (Chintamani, Benben, Qaaba) e anche con quelli che l’Organizzazione starebbe posizionando nei nascenti luoghi di culto della “Religione Mondiale”. È ovviamente molto difficile da dire e non me la sento di dare giudizi avventati, anche riguardo al ruolo e all’eventuale posizione di campo della GS nei confronti dell’Organizzazione che domina il mondo attuale. I magneti che quest’ultima ha posizionato — e continuerebbe a posizionare — nei suoi Templi potrebbero infatti servire a trasmettere efficacemente l’influenza dell’“Ente” temuto dagli Eocenici sugli adepti del nuovo culto religioso mondiale che entrano sotto il loro raggio d’azione. Oppure potrebbero avere un ruolo opposto: cioè contrastare, sempre nel loro raggio d’azione, l’influsso magnetico costante che promana dal centro della Terra. Ovviamente non sto intendendo che vogliono contrastare la legge di gravità terrestre. Come aveva scoperto l’Ing. Porro, come narrano le leggende sul Chintamani e altri leggendari magneti, e come affermato nel Banshei, qui si intende il condizionamento che determinati magneti naturali potrebbero esercitare direttamente sulla mente umana. L’Organizzazione potrebbe quindi essere un’emanazione di superficie dell’“Ente”. In questo caso il condizionamento (interferenza) sulla nostra evoluzione partirebbe quindi dalla volontà della GS, la quale, fra le altre cose, ci vorrebbe ricondurre a un unico culto religioso del quale sarebbe evidentemente lei a beneficiare. L’Organizzazione potrebbe però benissimo essere invece la principale (se non unica) forza di contrasto verso la GS: l’infiltrazione nel nostro mondo di potenze aliene che cercano di contrastare il suo antico dominio sul pianeta Terra. Oppure l’emanazione, guidata dalle sfere sotterranee, dalla Luna e da Marte, della remotissima civiltà eocenica, che da un lato cercherebbe ancora di contrastare l’influenza della GS, e dall’altro vorrebbe controllare, condizionare e limitare l’evoluzione dell’attuale umanità. In alcune delle tavole “eoceniche” che avrebbe tradotto l’Ing. Porro è infatti riportato che questa remota umanità dimenticata dal tempo aveva ipotizzato che il suo futuro principale nemico, una volta risvegliata dall’ibernazione indotta, sarebbe stato la nuova “umanità” che si sarebbe sviluppata sulla Terra nel futuro, da loro sprezzantemente considerata alla stregua di bestiame evoluto. Quest’ultimo particolare diventa interessante se si considera che le attuali famiglie appartenenti all'élite sovranazionale ritengono di essere “stirpi di sangue” separate dalla normale umanità, i cui rappresentanti (noi) vengono da loro graziosamente definiti “bestiame umano” e “scimmie vestite a festa”. Segue ora un altro inquietante collegamento fra gli sconcertanti resoconti riportati dall’Ing. Porro sugli Eocenici e gli obiettivi dell’organizzazione descritti nel misterioso Banshei, che farà da introduzione al prossimo capitolo, incentrato sulla Luna. In un passaggio del Diario di Miniaci si legge che gli abitanti della Luna (sic), seppur generalmente considerati esseri inferiori dagli Eocenici, erano da un certo punto di vista più evoluti di questi poiché in grado di unire le loro menti. Era stata riscontrata tale qualità anche in abitanti di alcuni altri pianeti, che per questo motivo erano ritenuti praticamente invincibili. Secondo le comunicazioni della GS, questa aveva previsto che la nostra attuale umanità sarebbe discesa, per via paterna, da esseri extraterrestri aventi proprio questa importante caratteristica. Talmente importante da averli salvati dalla distruzione del loro pianeta d’origine, conseguente a un terribile conflitto con non meglio precisati invasori. Non è che la GS, seppure in termini diversi, anticipi il racconto biblico degli angeli ribelli (Nephilim — Vigilanti) che avrebbero fecondato le donne terrestri per creare la razza ibrida dei giganti? Forse però si tratta di un avvenimento ancora più antico, se fu veramente la causa della nascita della nostra umanità. Comunque, dagli Eocenici era generalmente riconosciuto che quando un popolo riesce ad avere una mente collettiva, esso ha forse raggiunto l’ultimo stadio evolutivo. Non mancavano però le obiezioni. Considerando infatti le limitazioni alla libertà personale che tale condizione comporterebbe, veniva ipotizzato che la mente collettiva potesse essere considerata il naturale gradino finale di sviluppo solo per le razze con limitate possibilità evolutive, come appunto gli abitanti della Luna. È interessante il fatto che venga spiegato che era stata la particolare evoluzione del “pianeta” Luna (proprio con questo termine viene identificato il nostro satellite) ad aver limitato quella dei suoi abitanti. Si conclude che quindi quella che porta ad una unica mente collettiva andrebbe forse considerata “una forma anormale di evoluzione, imposta da particolari condizioni di vita”. È una coincidenza abbastanza singolare il fatto che sembrerebbe, come riportato nel Banshei, che chi sta guidando l’evoluzione dell’attuale umanità abbia proprio come obiettivo di portarci a quella che “loro” chiamano la fusione, alla quale seguirà l’amalgama. Termini usati dall’organizzazione per indicare il raggiungimento della condizione di “coscienza collettiva” ( = mente collettiva).


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 Oggetto del messaggio: Re: Il risveglio degli antichi
MessaggioInviato: 29/03/2023, 18:41 
L'AVAMPOSTO LUNARE
Andrea Lontani

Come risulta dal Diario di Miniaci, l’Ing. Porro era convinto che Luna fosse un avamposto degli Eocenici per il monitoraggio della Terra. Forse le “stranezze” della Luna sono indizi di una realtà diversa da quel che sembra?

Dal Diario di Miniaci, 23 agosto 1968:

[…] Che quella incasellatura rappresenti in sezione le miniere eoceniche sulla Luna l’Ingegnere l’aveva capito mentre stava eseguendo il rilievo, ben prima che la figurazione si delineasse compiuta: “Sono miniere, non c’è alcun dubbio”. Le calotte di copertura, semisferiche, rammentano quelle riprodotte su un libro di Kolosimo, Ombre sulle stelle. Qui nel rilievo le calotte sono due, una più grossa, ed è precisato che sono di quarzo. L’atmosfera interna, lo si apprende dalle sigle, è fatta di Elio e Ossigeno. L’opera è colossale, le calotte saranno state fuse a pezzi sulla Terra e poi trasportate e montate sulla Luna. Raffigurato a una trentina di gradi sopra l’orizzonte lunare si staglia nel cielo il Globo terrestre, circa quattro centimetri di diametro. Porro ne ha tracciato sommariamente l’insieme […]. Ma le miniere: che cosa cavavano di là sotto gli Eocenici? Si vedono vari piani di gallerie con pozzi comunicanti, e le sigle riferite ai minerali, così veniamo a sapere quali erano le risorse, chiaramente espresse dai valori della scala periodica: Vanadio, Oro, Ossido di Tungsteno, Trifluoruro di fluorosilicato di Ittirio, esafluoruro di Osmio e Erbio (o trifluoruro?). Come siano finite queste miniere è deducibile dal rilievo stesso, spiega Porro. Al disopra delle miniere si libra un disco volante degli Eocenici i cui proiettili si vedono diretti contro due ordigni a forma di fico. Sono astronavi nemiche, vengono da Ganimede. Quale effetto possano provocare è desumibile da quanto oggi sulla Luna vera si osserva al posto delle miniere: “Lì c’è il Mare Imbrium. Le miniere di sua maestà sono partite. Un bel colpo.” […]

Dal Diario di Miniaci, 4 marzo 1969:

“Il Re starà sempre al suo posto? Lì a Rovello non ci saranno novità?”. […]. Il “sarcofago” è lungo 172 centimetri, ma il corpo del Re, misurato un’altra volta, risultava alto 176 centimetri, un gigante in confronto alla sua gente. In ogni modo quel che adesso conta è che il corpo non c’è più. […]. “Ma adesso mi dica, Ingegnere: che cosa l’aveva spinta a venire per verificare se il Re era al suo posto oppure no?”. “Sì effettivamente lo sospettavo, è stato quel fatto del Sacromonte di Varese. Sa, quando i cosmonauti dell’Apollo erano andati a fare il giro attorno alla Luna, non ha letto i giornali? Una specie di disco volante o di palla che si mascherava stava avvolta in una cortina nebbiosa, non si vedeva bene e non si poteva fotografarla. Ma io ho pensato che stesse comunicando col Re, che avesse seguito le mosse dell’Apollo e dovesse avvertire il Re. Loro fanno conto che questi terrestri che cominciano con l’arrivare alla Luna bisogna tenerli d’occhio. E il Re va avvertito.” […]

Dal Diario di Miniaci, 4 novembre 1969:

[…] “Ho fatto la prova col magnete, le avevo detto che volevo farla. Sa che giù nell’anticamera della cripta, in giardino, c’è il proiettore che manda il fascio di neutroonde verso la Luna, e il fascio ne segue la traiettoria. Così ho provato a mettere di fianco al flusso un grosso magnete, che lo fa deviare: per vedere se la direzione si corregge, e vedere quanto tempo mette a correggersi.” […]. “E ho verificato, adesso ho visto. Sì, appena spostato il fascio per l’effetto del magnete, la correzione viene, passano solo quattro secondi e mezzo e il fascio scatta, ripiglia la posizione nuova che lo dirige ancora come deve. Due secondi e mezzo ci vogliono per il percorso di andata e ritorno del segnale tra Terra e Luna, quindi ne restano due per lo spostamento che deve essere prima calcolato in base alla deviazione subita.” “Evidentemente automatizzato tutto.” “Per forza. E niente parti meccaniche, non farebbero in tempo a funzionare così presto. Il fascio forse è diretto da un doppio campo elettromagnetico in modo che col variare dei campi il fascio si sposti all’istante. Correzione elettronica dunque. […]” […] “Quella correzione automatizzata che scatta subito è una delle prove più incontestabili che sulla Luna c’è qualcuno che opera, vivo…” “Lei è anche convinta che sia la stessa gente, quella qua sotto e quella dei dischi volanti, migrata su altri pianeti: ma che ancora si serva di stazioni sulla Luna?” “Non c’è dubbio che siano gli stessi e che siano in comunicazione ancora… Lo dimostra il flusso di collegamento con la Luna, e più ancora le radiazioni intermittenti che piovono dalla Luna sulle sfere, solo sulle zone in cui si trovano i gruppi di sfere… Non c’è dubbio.”

Questi riferimenti “lunari” presenti nel Diario di Miniaci possono a prima vista sembrare degni di un film di fantascienza degli Anni Cinquanta, se il nostro satellite e la sua storia coincidessero con quanto ci è sempre stato detto e insegnato. Ma anche in questo caso numerosi dati e indizi (alcuni dei quali da sempre sotto in nostri occhi), che verranno esposti qui di seguito, ci indicano che la realtà sembra essere molto diversa. La Luna è apparentemente un qualcosa a noi molto familiare: è il satellite che orbita intorno al nostro pianeta e che vediamo tutte le sere in cielo. Per tutti gli esseri viventi della Terra si tratta di una presenza naturale, scontata, che addirittura influisce sui nostri bioritmi, sul moto delle maree e sulla crescita dei vegetali e di altri organismi. La sua antica (quanto antica?) presenza di fianco alla Terra ne ha condizionato pesantemente ogni aspetto, a partire dall’inclinazione dell’asse terrestre, che fra le altre cose fa sì che esistano le stagioni, regolando l’alternarsi di queste. Se però ci si vuole informare appena un po’ più approfonditamente, la Luna inizia ben presto ad apparirci più enigmatica anche dei più lontani e meno noti satelliti del nostro sistema solare. Per esempio ancora oggi non si sa quali siano le cause della sua formazione. L’origine della Luna è infatti considerata dagli astrofisici uno dei problemi più complessi della cosmogonia. Esistono solo ipotesi, la maggior parte delle quali ormai completamente abbandonate perché palesemente incompatibili con le più recenti scoperte, che escludono per es. che la Luna si sia formata insieme alla Terra, cioè dalla stessa nube di polveri e gas primordiali. Se allora l’origine della Luna è slegata da quella della Terra, significa che in un dato periodo della remota antichità questo (molto) ingombrante planetoide si è avvicinato alla Terra inserendosi “magicamente” nella sua orbita senza creare disastri irreparabili. Tale ipotesi però è altamente improbabile che si sia potuta verificare casualmente, ed è infatti stata bocciata anche dalla scienza ufficiale, che proprio per questo motivo ormai esclude l’origine “esterna” della Luna, senza però riuscire a dare un’altra spiegazione valida. Infatti l’unica teoria ancora mantenuta, più o meno, in piedi è la seguente: [...]

è quella secondo la quale essa si sia formata a seguito della collisione di un planetoide delle dimensioni simili a quelle di Marte con la Terra quando quest’ultima era ancora calda, nella prima fase della sua formazione (tale planetoide è chiamato a volte Theia). Il materiale scaturito dall’impatto rimase in orbita intorno alla Terra e per effetto della forza gravitazionale si riunì formando la Luna. Inoltre, l’inclinazione dell’orbita della Luna rende piuttosto improbabili le teorie secondo cui la Luna si formò insieme alla Terra o fu catturata in seguito.

Però restano molti aspetti non chiariti:

Uno studio del maggio 2011 condotto dalla NASA porta elementi che tendono a smentire questa ipotesi. Lo studio, eseguito su campioni vulcanici lunari, ha permesso di misurare nel magma lunare una concentrazione d’acqua 100 volte superiori a quelle precedentemente stimate. Secondo la teoria dell’impatto l’acqua dovrebbe essersi dissolta quasi completamente durante l’impatto mentre dai dati qui ricavati la quantità d’acqua stimata è simile a quella presente nella crosta terrestre.

Quindi, in sostanza, ancora oggi non sappiamo come si sia formata la Luna. Ma questo è solo un aspetto dell’enigma-Luna, e neanche il più sorprendente.

Qualcun altro è sulla Luna
Nel libro Qualcun altro è sulla Luna del 1976 il ricercatore americano George H. Leonard arrivava a conclusioni assolutamente compatibili con i passaggi del Diario di Miniaci sopra riportati. Dopo aver osservato migliaia di fotografie raccolte dalla NASA, nonostante non avesse avuto la possibilità di visionare anche quelle celate al pubblico, si dichiarava certo dell’esistenza di vita intelligente sulla Luna:

In esse si vedono chiaramente cupole abitative e macchine al lavoro e strutture, che dimostrano chiaramente che sulla Luna esiste vita aliena.

L’ente spaziale americano, secondo lo studioso, sapeva con certezza dell’esistenza di vita sulla Luna:

Si può frugare molto a lungo negli archivi fotografici della NASA aperti al pubblico e non accorgersi di niente, ma io ho esaminato personalmente parecchie migliaia di ottime diapositive, notando delle anomalie e trucchi fotografici evidenti. Alcune foto sono state ritoccate, altre censurate perché sollevavano una serie di problemi, in quanto dimostravano che la Luna è occupata da una o più razze tecnologicamente molto progredite.

Fra le principali prove scoperte dallo scrittore americano spiccavano i “superimpianti”: cioè delle grandi strutture artificiali identificate come gigantesche macchine da lavoro, generalmente adibite a scavo e trivellazione, fotografate sulla superficie lunare. Alcune di queste sono state individuate in diverse immagini della faccia nascosta della Luna scattate a fine agosto 1966 dal satellite Lunar Orbiter 1. Ad attrarre l’attenzione sono stati due crateri a forma ottagonale, curiosamente troppo precisi per essere naturali. Sebbene la NASA liquidasse le insolite formazioni come “il frutto di colate laviche lungo le linee di spaccatura del suolo”, nel cratere più grande si notava uno strumento apparentemente artificiale e meccanico, dalle dimensioni enormi. Scrive Leonard:

In alcune foto si vedono i servomeccanismi che sollevano della polvere mentre in altre immagini scattate in altri momenti della giornata non appare nulla, né polvere, nebbia o vapore. In una foto NASA nota come 72-H-1109 si vedono diversi servomeccanismi abbandonati ad est del Mare di Smith, vicino al cratere Saenger. Altri manufatti emergono osservando attentamente le foto 72-H-839 e 72-H-834, scattate al cratere King dopo un intervallo di quindici rivoluzioni attorno alla Luna, cioè a due giorni di distanza. Nella prima foto si vede nettamente un grosso getto di vapore uscire da un cratere. Nella foto successiva il getto non c’è più, segno che la macchina che l’ha prodotto si è spostata. Ne sono sicuro in quanto ho scoperto una terza foto, la 72-H-836, in cui si nota una sorta di macchina che sembra uscire dal cratere, quasi che avesse finito il proprio lavoro di scavo.

Alcuni superimpianti davano l’impressione di essere molto antichi e inattivi da millenni. Ancora, scrive Leonard:

Sulla Luna ci sono impianti di trivellazione di diversi chilometri di lunghezza, capaci di demolire l’orlo di un cratere e di spianare e livellare dieci acri di terreno. In una foto scattata dall’astronomo giapponese Matsui si vede una sorta di enorme cannone che emette una specie di filamento. Il cannone era collocato sull’orlo di un cratere curiosamente quadrato.

Una struttura cupolare veniva invece fotografata dalla missione Apollo 16 nell’aprile del 1972, durante una ricognizione degli astronauti Young, Duke e Mattingly nella Regione di Cartesio. Altre venti cupole comparivano in fondo al cratere Tycho; si stimò avessero un diametro di circa quattrocento metri l’una. Altre cupole erano state fotografate dalla sonda americana Ranger VII, il 31 luglio 1964, a trecentocinquanta chilometri dal cratere di Bullialdus; secondo Leonard la sonda americana era stata inviata intenzionalmente in quella zona, proprio per spiare le strutture aliene. Le foto ricavate, prese da altezze variabili, sarebbero state in seguito in gran parte occultate. Alla stampa vennero fornite soltanto delle copie sgranate e ritoccate, di pessima qualità. Negli originali si sarebbe intravisto addirittura l’ingresso ad una città sotterranea. Leonard ebbe più volte a dichiarare:

I servizi segreti sanno ogni cosa. Gli astronauti in orbita e sulla Luna dovevano usare le parole in codice “Barbara” ed “Annabella” per non farsi capire dai radioamatori, quando indicavano le strutture artificiali lunari. […] Più di una razza occupa la Luna. I loro tratti culturali e la loro tecnologia, osservati in diverse parti della Luna, variano considerevolmente. Emerge dal corpo di dati affidabili in possesso della NASA che una o più di queste razze (non umane) ci guarda con disprezzo e valuta molto poco il valore della vita umana... Razze in grado di muoversi tra i sistemi stellari... e stanziate sulla Luna devono essere capaci di spazzarci via senza nessuna difficoltà. È probabilmente quest’ultimo aspetto che manda in panico i militari.

In genere le informazioni delicate di cui Leonard era in possesso provenivano da un suo contatto all’interno della NASA, ovviamente rimasto sempre anonimo, al quale egli si riferiva con lo pseudonimo di Dr. Sam Wittcomb. In un’occasione il suo informatore gli rivelò:

Nella primavera del 1975 la NASA ha riunito scienziati provenienti da molti diversi Paesi. L’incontro a porte chiuse è avvenuto in Inghilterra. Volevano parlare con loro in maniera tranquilla e riservata di “extraterrestri” e di cosa questi stanno facendo. Un sacco di gente al vertice ha paura. Uno degli scienziati invitati, il dottor Joachim Kuetner, è un fisico del Colorado che aveva lavorato al programma lunare e sa cosa sta realmente accadendo sul nostro satellite. In quell’occasione Kuetner dichiarò: “C’è una frenetica attività sulla Luna, di scavi in corso, vaporizzazione dei crateri e rifinitura dei rilievi.”

Il commento di Leonard fu: “La Luna non appartiene più al popolo della Terra, se mai lo è stata. Appartiene a LORO”. Egli era convinto che almeno una delle razze che si trovano sulla Luna fosse di origine umana, o identica a quelli di noi sulla Terra. Se ciò fosse vero allora dovremmo chiederci: come hanno fatto questi a raggiungere la Luna prima di noi? Sono forse i discendenti di un’antichissima civiltà terrestre dimenticata estremamente evoluta? Tornano a fare capolino i passaggi dei diari riportati all’inizio del capitolo…

Astronave Luna?
I dubbi relativi alla Luna, però, non riguardano solo la sua possibile frequentazione aliena, ma perfino la sua stessa natura di corpo celeste. In Appendice 1 si riporta un succinto elenco delle principali stranezze e anomalie relative al nostro satellite. In pratica, da quando l’umanità dispone di strumenti di misurazione e osservazione adeguati, sono sorti numerosi dubbi e domande da parte degli studiosi che si sono interessati al nostro satellite. Però i primi studiosi accreditati ad aver clamorosamente sostenuto l’ipotesi che la Luna sia una struttura artificiale, costruita grazie a una tecnologia immensamente superiore alla nostra, sono stati i due scienziati russi Michael Vasin e Alexander Shcherbakov, membri dell’Accademia Sovietica delle Scienze, in un articolo intitolato La Luna è la creazione di un’intelligenza aliena? pubblicato nel 1970. È questa la “teoria dell’Astronave-Luna”, conosciuta anche come “teoria Vasin-Shcherbakov”, appunto. Nell’articolo citato i due scienziati sostengono che il nostro satellite sarebbe un planetoide cavo realizzato da esseri sconosciuti in possesso di una tecnologia di gran lunga superiore a qualsiasi altra disponibile sulla Terra. Per creare le grandi cavità all’interno della Luna sarebbero stati utilizzati giganteschi macchinari capaci di fondere le rocce, con il risultato di abbondanti fuoriuscite di lava sulla superficie lunare. La luna quindi sarebbe costituita da un involucro costituito da due gusci: uno più esterno, realizzato con le scorie metalliche della lavorazione delle rocce, e uno più interno, estremamente resistente — il vero e proprio scafo. Ho già accennato in questo capitolo alla sfida che il problema delle origini della Luna pone agli astrofisici. Secondo i due scienziati russi, di fatto nessuna delle teorie oggi discusse è in grado di spiegare come sia nato il sistema Terra-Luna. Non quella che la Luna sia stata espulsa dal globo terrestre; non quella che essa si sia formata in maniera indipendente dalla stessa nube di polveri e gas della Terra; non quella che si sia formata da un’altra lontana nebulosa e che sia giunta per cause naturali in prossimità della Terra, restandone catturata. Allora, l’ipotesi di Vasin e Shcherbakov è semplice: la Luna sarebbe un satellite artificiale messo in orbita attorno alla Terra da parte di intelligenze non terrestri a noi sconosciute. Tale satellite sarebbe vuoto al suo interno, con un sottile guscio esterno di metallo resistentissimo, il che spiegherebbe come mai i grandi crateri lunari, generalmente formati da impatti meteoritici, sono così poco profondi, presentando il fondo piatto o addirittura convesso, a differenza dei crateri più piccoli che hanno una profondità proporzionale al loro diametro. I due scienziati russi sottolineano che il materiale di superficie della Luna è composto prevalentemente da cromo, titanio e zirconio: tutti metalli refrattari, meccanicamente resistenti e con proprietà anti-corrosive. Se si dovesse progettare un materiale idoneo a proteggere un gigantesco satellite artificiale dagli effetti sfavorevoli degli sbalzi di temperatura, dalle radiazioni cosmiche e dal bombardamento meteoritico, probabilmente la scelta cadrebbe su una tale miscela di elementi. È noto sin dalle missioni Apollo, infatti, — e causa di stupore fra i ricercatori, — come le rocce lunari siano davvero cattive conduttrici di calore. Così scrivono i due russi nell’articolo:

Dal punto di vista ingegneristico, l’astronave che noi chiamiamo Luna è superbamente costruita. E questo spiega molto bene la sua longevità. È possibile che sia anche più antica del nostro stesso pianeta: alcune rocce lunari si sono dimostrate essere più antiche della Terra. Se ciò è vero, questo però potrebbe valere per l’età dei minerali utilizzati e non per quando sono stati utilizzati per costruire il satellite.

Se ricordate il film The Truman Show, il regista del programma poteva osservare tutto ciò che accadeva nel mondo illusorio di Truman dal suo ufficio posizionato nella finta Luna... Forse la nostra amata Luna è davvero l’avamposto di osservazione usato dai controllori dell’esperimento uomo? Forse la Luna non è un oggetto puramente artificiale, ma un planetoide o satellite naturale molto antico — più antico della Terra — che è stato “riadattato” e modificato artificialmente con l’uso di una tecnologia per noi inimmaginabile. Forse quindi ci troviamo veramente di fronte a una sorta di “Death Star” alla Star Wars camuffata sotto mentite spoglie, dotata del necessario per difendere il suo interno cavo da attacchi esterni (naturali o intenzionali), e come abbiamo visto posizionata ad una singolarmente abbondante distanza di sicurezza dalla Terra (forse grazie a sistemi artificiali che la mantengono nell’asse e nell’orbita desiderati). Sarebbe inoltre dotata di tutto il necessario per tenere la Terra e i suoi abitanti sotto controllo, da vera Death Star. Non solo, ma questi ultimi (noi) sarebbero da molto tempo (da quando la Luna gravita attorno alla Terra) pesantemente condizionati sotto molti aspetti dalla sua innaturale presenza (enfatizzata dalle numerose anomalie già evidenziate) e dalle azioni che verrebbero effettuate dal personale (chi sono?) che opererebbe nelle sue cavità interne. Questa (apparentemente) bizzarra ipotesi costituisce un evidente aggancio con i resoconti riguardanti la Luna dell’antichissima civiltà eocenica scoperta dall’Ing. Porro (vedi gli stralci del Diario di Miniaci riportati all’inizio di questo capitolo). In essi è riportato che dalla Luna viene mantenuto un costante contatto alcune strutture antiche milioni di anni tuttora esistenti sulla Terra. Altre connessioni Luna-Eocenici qualche anno fa sono state riferite verbalmente a Marco Zagni dal Prof. Floriano Villa. Durante uno dei loro incontri infatti il Professore disse a Marco che, in base alle informazioni raccolte dall’Ing. Porro, gli Eocenici ritenevano che sulla Luna (e anche su Marte), venivano di volta in volta periodicamente trasferiti alcuni rappresentanti delle diverse umanità che si sono succedute sul nostro pianeta (questo spiegherebbe l’ipotesi riportata precedentemente che sul nostro satellite vivrebbero una o più diverse umanità). Questo trasferimento avverrebbe poco prima dello scatenarsi dei periodici sconvolgimenti (sia endogeni che esogeni) che sconvolgono ciclicamente la Terra, e che fanno praticamente ripartire da zero le varie umanità che si succedono sulla sua superficie. Quando invece il Prof. Villa gli riferì dell’inquietante incontro avvenuto nel 1974 sul versante bresciano del Lago di Garda fra lui, l’Ing. Porro e due persone sconosciute che avevano tutte le caratteristiche per essere considerate classici “uomini in nero” (vedi Capitolo 2), incontro che segnò la fine improvvisa di tutte le ricerche “eoceniche” e del gruppo stesso di ricerca, descrivendo il più strano dei due personaggi affermò enigmaticamente che questi doveva essere quello che teneva i contatti con i loro referenti sulla Luna.

È stato un “Grande Architetto” a progettare tutto questo?

Creò [il Demiurgo] un’altra Terra immensa, che Selene [Luna] è chiamata dagli Immortali, mentre invece gli uomini la chiamano Mene. E questa nuova Terra ha molte montagne, molte città, molte case. [Proclo, Commento al Timeo di Platone, III libro, II parte]

Nel libro Who built the Moon? di Alan Butler vengono soprattutto evidenziati i singolari rapporti geometrici e matematici tra il Sole, la Terra e la Luna, che sono fantastici in termini di sincronicità e che non si trovano nel resto dei corpi celesti del sistema solare. Butler nel libro scrive:

Le matematiche implicate nel sistema Terra-Luna-Sole sono stupefacenti. La Luna è stata messa lì con l’accuratezza di un proverbiale orologio svizzero. [...] La Luna è più grande di quanto dovrebbe, apparentemente più vecchia di quanto dovrebbe e molto più leggera nella massa di quanto dovrebbe. Occupa un orbita improbabile ed è veramente straordinario che tutte le spiegazioni esistenti, relative alla sua presenza, siano cosi pregne di difficoltà e che nessuna di loro possa essere considerata nemmeno lontanamente inconfutabile.

Vi chiedo di riflettere nuovamente su questa circostanza straordinaria, già accennata prima. Il Sole e la Luna dal nostro punto di vista terrestre ci appaiono della stessa grandezza, e infatti da soli generano e indicano simbolicamente tutte le “coppie di opposti”, vale a dire la dualità della nostra realtà: maschile/femminile, giorno/notte, luce/buio, caldo/freddo, secco/umido, vita/morte, bene/male, attivo/passivo. Possono tutte queste straordinarie anomalie della Luna, compresi i suoi singolari rapporti con la Terra e il Sole, essere relegate alla categoria delle coincidenze? Oppure al contrario vi è un intelletto superiore dietro a tale disegno? Vale a dire, intelligenze enormemente potenti e antiche, capaci di spostare letteralmente gli astri (o almeno i satelliti...) nel cielo? Gli antichi certamente non pensavano che queste circostanze fossero solo una coincidenza, ma l’opera di un qualche “Grande Architetto” dell’Universo. Per loro si trattava di un messaggio oltre i confini della nostra comprensione, un potere più grande dietro le quinte della creazione. Ed è la stessa cosa da sempre creduta e tramandata in seno alla Massoneria (non va sottovalutato il fatto che anche nella simbologia massonica il Sole e la Luna, presenze costanti, vengono sempre rappresentati di dimensioni uguali tra loro). Se si considera, tra l’altro, che la Massoneria è uno dei principali tramiti terrestri del controllo che viene esercitato sull’umanità, ho qualche sospetto su chi sia in realtà il loro venerato Grande Architetto. Infatti fra gli antichi anche gli Gnostici credevano nell’esistenza di un Grande Architetto, che si serve di “potenze” inconoscibili all’umanità per creare e manipolare la nostra realtà secondo il suo volere. Queste potenze però loro le identificavano con gli Arconti… e il Grande Architetto con il Demiurgo… Temo che si tratti decisamente di termini molto appropriati, che ci portano alle stesse conclusioni del capitolo precedente riguardante i magneti e la GS, nonostante in esso i punti di partenza fossero diversi, al pari delle fonti di informazione utilizzate. Qui di seguito viene quindi ripreso lo stesso tema, preso però da un’angolazione diversa, incentrata sugli effetti della simbologia dualistica suscitata dalla coppia di opposti Luna-Sole e maggiormente focalizzata sulle figure e il ruolo di entità descritte soprattutto dagli antichi gnostici: il Demiurgo e gli Arconti. Il famoso “mito della Caverna” di Platone spiega molto bene, seppure sotto forma di allegoria, la situazione nella quale si trova l’umanità. I personaggi lì descritti che, nascosti dalla vista dei prigionieri legati ( = noi umanità), agitano oggetti dei quali questi prigionieri/umani possono vedere solo le ombre distorte proiettate sulla parete della caverna, senza capire cosa siano in realtà, possono essere paragonati agli Arconti (o ai loro servi che agiscono sul nostro stesso piano vibrazionale), che tengono prigioniera l’umanità e la sottopongono intenzionalmente all’inganno, per mantenerla limitata, docile, inconsapevole e sottomessa. Per dirla in termini più attuali, il Demiurgo (divinità imperfetta e usurpatrice, che gli antichi gnostici identificavano con il geloso, violento e vendicativo Dio della Bibbia — YHWH), coadiuvato dagli Arconti (ai quali oggi si danno in genere altri nomi, spesso fuorvianti), è il creatore e sovrano della realtà-Matrix nella quale viviamo. Il controllo esercitato su di noi avrebbe quindi essenzialmente lo scopo di mantenerci forzatamente bloccati in questa gabbia molto limitata di realtà materiale nella quale siamo indotti a identificarci completamente. Il paradigma dualistico rappresentato da sempre simbolicamente dalla coppia di opposti Sole-Luna, di cui si è parlato prima, è perfettamente funzionale a tale scopo: cioè contribuisce ad alimentare in noi una comprensione limitata e distorta della realtà, e a tenerci imprigionati nel concetto di polarità. Il simbolo, essendo un’immagine che rimanda a un concetto astratto, è solo apparentemente uno strumento debole di condizionamento e manipolazione. In realtà, se saputo usare in maniera adeguata, agisce in maniera potente su di noi attraverso il nostro inconscio. L’inconscio non ha filtri linguistici, etnici, religiosi e culturali, e un concetto trasmesso in maniera appropriata (e adeguatamente ripetuto) attraverso uno o più simboli adatti allo scopo, può quindi venire percepito e assimilato in maniera profonda da tutti, anche da persone senza nessuna istruzione, che a livello conscio magari non sarebbero neanche in grado di comprenderlo. La polarizzazione delle credenze, delle aspirazioni, della fede, degli ideali dell’essere umano è quindi uno degli strumenti preferiti dalle stirpi di sangue che detengono il potere sulla Terra per tenerci soggiogati (“divide et impera” è il motto che usano da tanto tempo fra di loro per indicare tale concetto). Si tratta ovviamente solo uno dei tanti accorgimenti (si va da quelli più sottili a quelli più concreti e anche grossolani) usati fin dalla notte dei tempi per condizionarci e inibire e bloccare in noi ogni nostra spinta che tenti di superare la realtà-Matrix. Un altro esempio di condizionamento indotto, in questo caso non per mezzo di simboli astratti, ma che coinvolge direttamente un elemento fisico del nostro corpo, è l’atrofizzazione della nostra ghiandola pineale, ormai da tantissimo tempo generalizzata nell’essere umano. Sarebbe infatti proprio tramite l’attivazione questa ghiandola (nella tradizione esoterica simbolicamente rappresentata dal terzo occhio) che l’essere umano può accedere a piani di coscienza superiori. Torno ora al concetto dualistico che tanto condiziona la nostra vita e le nostre coscienze, scelto fra i tanti altri che si potrebbero citare come esempio del condizionamento cui siamo sottoposti poiché, per inculcarcelo, ritengo che gli Arconti abbiano coinvolto come simbolo archetipico molto potente proprio l’antico planetoide modificato che chiamiamo Luna, adattato allo scopo grazie ad alcuni degli “aiuti esterni” mirati (effettuati da subalterni che vivono sul nostro piano vibrazionale) già descritti all’inizio. Tale manipolazione, solo apparentemente sottile, ci ha ormai da tanto tempo talmente convinto che la dualità e la polarità siano aspetti naturali sempre presenti nel mondo reale, che ormai in ogni aspetto della nostra vita riteniamo istintivamente che per noi la cosa più naturale da fare sia di volta in volta scegliere da che parte stare fra le alternative che ci sono proposte (anche se in realtà non facciamo altro che porci al servizio dell’uno o dell’altro aspetto della dualità), polarizzandoci su posizioni già precostituite da qualcun altro e antagoniste fra loro. Quest’impronta binaria, (alimentata ovviamente anche da molti altri fattori) molto limitativa ma così comoda e facile da assimilare e da seguire, è diventata così dominante che l’umanità ha ormai da tantissimo tempo perso di vista l’incantesimo olografico che l’ha generata. Peggio, abbiamo perso di vista l’intero ologramma (la Matrix), credendo che esso, da solo, rappresenti la totalità della realtà. Così ci siamo completamente identificati in lui, rinchiudendoci in una gabbia di realtà ristretta e molto limitata che annebbia la nostra consapevolezza e ci nasconde e mutila tutte le nostre reali potenzialità, a partire da quelle sensoriali, percettive e intuitive. Il condizionamento sugli esseri umani è talmente forte che addirittura veneriamo l’inganno olografico e gli agenti che lo perpetuano. Questo ologramma-Matrix è stato chiamato Maya dagli Hindu, mentre come già detto agli Gnostici era noto come la realtà materiale creata dal Demiurgo e dai suoi Arconti. Perché siamo indotti a identificarci con questa “realtà ristretta” che limita la nostra percezione e le nostre potenzialità? Intanto perché altrimenti diventeremmo consapevoli di ciò che accade realmente e quindi saremmo potenzialmente molto pericolosi per i nostri controllori e sfruttatori, ma soprattutto perché così siamo portati ad emettere a livello sottile un tipo particolare di energia adatto ad alimentare determinati tipi di eggregore112 essenziali per il sostentamento di entità superiori ma retrograde, che devono sempre più attingervi per sopravvivere e mantenersi indefinitamente in determinati piani di esistenza vibrazionalmente più sottili rispetto al nostro. Infatti tutti i piani della nostra realtà, anche i più sottili, sono vibrazione. La “realtà” che noi percepiamo è creata da insiemi di onde vibrazionali contenute in un determinato range di frequenze. Al di sotto e al di sopra di tale range esistono altre realtà vibratorie che non riusciamo a percepire durante la vita ordinaria. Tutta la realtà vibrazionale però (anche quella che non riusciamo a percepire coi nostri cinque sensi) identifica la realtà illusoria (Maya-Matrix) nella quale siamo immersi. A ogni tipo di vibrazione corrisponde una determinata energia ( = frequenza energetica). Infatti si può anche dire che “tutto è energia”: Vibrazione = Energia = Vita. Se una persona ha una bassa frequenza vibratoria, ha poca energia e rischia di ammalarsi e/o essere debilitata. Il punto è proprio questo: dai livelli vibrazionali più densi a quelli più sottili della nostra realtà, la sopravvivenza di tutti gli esseri dipende dall’energia che si possiede e soprattutto dalla capacità che si ha di procurarsene (ovviamente della qualità per ognuno più compatibile). È la dura legge della sopravvivenza che esiste a tutti i livelli: chi si trova in una posizione di vantaggio o superiorità si approfitta di chi sta sotto di lui, sfruttandone se può l’ignoranza e inconsapevolezza. Come l’animale d’allevamento non si rende conto di essere sfruttato per altri fini dal suo padrone, ma anzi gli vuole bene e si fida di lui, così noi (tanto ignoranti da ritenerci superiori a tutto il resto del creato) crediamo di essere liberi e padroni del nostro destino, inconsapevoli di essere invece da sempre guidati e sfruttati da “altri”, che spesso addirittura confondiamo con le divinità religiose che adoriamo o con altri esseri superiori (a ognuno le proprie illusioni). L’umanità è così importante per le élite del potere e soprattutto per le loro gerarchie superiori perché siamo delle inconsapevoli batterie di una particolare energia indispensabile per loro, così come il bestiame che noi alleviamo (cioè controlliamo e sfruttiamo) è un inconsapevole fornitore di cibo/energia compatibile con la nostra primaria necessità di sopravvivenza. Nella realtà-Matrix infatti regna sempre la regola del “così è in alto come in basso”, e tutto è sottoposto — attenzione — alla ferrea legge del Karma.


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