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MessaggioInviato: 18/08/2013, 23:25 
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Il mistero dell’uomo di Gristhorpe

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Per quanto il rinvenimento risalga al 1834 (pur nella sua eccezionalità), se ne è è parlato poco e mai quanto si sarebbe dovuto. In realtà si tratta di una scoperta stupefacente inerente i resti scheletrici di un individuo alto 1,80 mt., di età compresa tra i 36 ed i 65 anni, vissuto in un’epoca calcolata intorno alla prima età del bronzo (circa 4500 anni fa). La scoperta fu casuale poiché il rinvenimento, effettuato da un ricco proprietario terriero dello Yorkshire con tre suoi amici, riguardava un tronco di quercia il cui interno risultava occupato da uno scheletro molto ben conservato e avvolto in triplice pelle di animale. Ricoverato nel Museo di Scarborough, i resti furono sottoposti ad una accurata analisi, senza risultati apprezzabili, poiché i mezzi scientifici dell’epoca erano molto limitati ed imprecisi. L’unica cosa certa rilevata fu la presenza del ricco corredo, indice di appartenenza aduna elevata classe sociale. La dentatura perfettamente conservata fa ritenere che l’uomo nell’arco della sua vita osservasse un’alimentazione varia. Grazie a dei recenti studi antropologici ed antropometrici, eseguiti nel 2008 dall’Università di Bradford, si è stabilito che l’uomo di Gristhorpe aveva utilizzato con molta frequenza armi da taglio. Infatti il braccio destro risulta più sviluppato di quello sinistro. Lo scheletro portava inequivocabili tagli sulla struttura ossea della braccia e dellemani oltre a delle fratture nella zona mandibolare dovute ad uno scontro fisico molto violento. L’eccezionalità, però, è dovuta al fatto che il guerriero in questione ha subito, immediatamente dopo il decesso, un processo di bollitura di 8 ore a fuoco lento (con fini di scarnificazione).

Al momento non si hanno altri riscontri di questa procedura di sepoltura, molto usata nel medio evo ma molto rara prima dell’età del bronzo nell’area celtica. Il mistero si infittisce poiché a distanza di 270 anni dalla morte il corpo viene dissepolto e ornato con fronde depositate intorno al capo e sul sarcofago. Chi era dunque questo personaggio da meritare addirittura ad oltre due secoli dal la morte un rito sacro e propiziatorio che ne esaltava virtù be valori? Le ultimissime analisi, già citate, hanno permesso di stabilire che il guerriero presentava nel cervello una massa tumorale di tipo benigno che comunque provocava all’uomo emicranie, vomito ed afasia. L’importanza dell’ottima conservazione dell’individuo e dovuta alla presenza di tannino nella struttura del tronco di quercia, circostanza che ha colorato di nero lo scheletro ma ne ha permesso l’integrità ne tempo.

Articolo di: Domenico Arco, Direttore Coordinatore Laboratorio di Restauro
Soprintendenza Archeologica di Taranto



http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8730.1


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MessaggioInviato: 18/08/2013, 23:28 
Cita:
Eva, Adamo e i Colli di Bottiglia

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La nostra specie, Homo sapiens sapiens, ha una scarsa variabilità genetica. In altre parole, la differenza genetica tra un essere umano e quella da lui più geneticamente distante è poco apprezzabile.

Se avessimo davanti ai nostri occhi l’albero genealogico di tutti gli esseri umani e lo percorressimo a ritroso, ci salterebbero agli occhi due evidenze:
1 – il numero di rami diminuirebbe sempre più;
2 – i rami si congiungerebbero man mano da una relazione di parentela.

Conseguentemente, se avessimo la possibilità di osservarlo dall’alto scorrendo lo sguardo attraverso immensi spazi temporali, vedremmo la nostra storia evolutiva nell’insieme: partiremmo dai nostri progenitori appartenuti al genere Homo, poi passeremmo agli Australopiteci, a seguire le prime scimmie antropomorfe, andremmo quindi verso le scimmie catarrine (quindi le colonizzatrici di una piccola parte dell’Europa, dell’Asia e soprattutto dell’Africa), percorreremmo la genealogia di una particolare famiglia di lemuri, a seguire dei piccoli roditori arboricoli, poi i primi esponenti dell’ordine dei terapsidi (dei “rettili-mammiferi”), ancora più indietro i rettili e quindi gli anfibi. Da questo momento in poi osserveremmo solo animali marini: strani “pesci” (non è il termine esatto, ma certamente aiuta a capire) dalla lunga coda piatta e percorsa superiormente e inferiormente da un’estesa pinna caudale e inizialmente muniti di pinne ventrali simili a zampe che vanno via via sparendo, creature vermiformi munite di bocca e ano posti rispettivamente alle due estremità del corpo, quindi piccolissimi esseri dal corpo semitrasparente, composto da organi ben delineati e dalla forma longitudinalmente simmetrica. Gli ultimi due rami del nostro albero ci mostrerebbero delle cellule eucarioti (munite quindi di nucleo), e la forma più semplice di vita apparsa sulla Terra 4 miliardi di anni fa: le cellule procarioti (cellule prive di nucleo), compostesi nel brodo primordiale che, grazie alla pura casualità delle reazioni chimico-fisiche prodotte dalle condizioni e dal tempo, portò alla formazione delle prime molecole di DNA.

Durante tutto l’arco evolutivo della nostra specie, ma anche di tutte le altre comprese quelle estinte, la vita sul pianeta spesso non è stata facile: a prosperi tempi di moltiplicazione delle specie viventi e dall’evoluzione di nuove forme di vita si sono alternati infatti sia cataclismi di portata straordinaria che hanno coinvolto l’intero pianeta, sia eventi di portata minore e locale. La più nota, quella che avrebbe portato l’estinzione dei dinosauri, non è che un episodio di portata minore rispetto ad altri, nonostante non sia certo passato inosservato. Alcune catastrofi sono persino arrivate a compromettere quasi definitivamente la vita dell’intero pianeta, mettendo veramente a dura prova i pochissimi sopravvissuti e comportando vere e proprie estinzioni di massa, altresì definite transizioni biotiche per la loro imponenza. Basti pensare all’estinzione di massa del Permiano-Triassico, in cui si verificarono la scomparsa del 96% delle specie marine, del 70% delle specie di vertebrati terrestri e fu l’unica estinzione di massa nota di insetti. Si è stimato che si estinsero il 57% di tutte le famiglie e l’83% di tutti i generi. (fonte Wikipedia)

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Le estinzioni nel Fanerozoico. Si noti la grande estinzione di massa del Permiano-Triassico avvenuta 250 milioni di ani fa


A prescindere dalla violenza del fenomeno, dalla scala spaziale e dalla sua natura (la causa geologica è solo una di molte altre, anche la caccia può portare all’estinzione e, purtroppo, l’Homo “sapiens” lo sa fin troppo bene), la conseguente riduzione di individui appartenenti a una o più specie viene denominata Collo di Bottiglia.

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Nel corso della storia ce ne sono stati diversi quindi, e trattandosi di una riduzione del numero di individui facenti parte di una popolazione, ogni evento ha implicitamente ridotto la variabilità genetica degli stessi. Da questo possiamo dedurre che più è presente variabilità genetica all’interno di una popolazione, più l’eventuale Collo di Bottiglia che essa ha conosciuto deve essersi manifestato lontano nel tempo. Un lemma non completamente veritiero a dire il vero, perché non tiene conto di alcuni fattori come l’evolvibilità, ossia il potenziale che ha un organismo di generare quella variabilità genetica che è alla base dei processi evolutivi (cit. Michele Bellone su Pikaia.eu). La valenza rimane quindi col fine di farvi arrivare alla meta di questo percorso.

Per capire quanto sia la differenza genetica tra due individui, che siano o meno appartenenti alla medesima specie, occorre ovviamente rivolgersi alla genetica: grazie ad essa, non solo è possibile conoscere tale divergenza, ma è anche possibile stimare con una certa precisione quanto tempo è trascorso dal momento in cui è avvenuta la separazione tra i discendenti dei due individui. La tecnica impiegata per arrivare a questo straordinario risultato è denominata Orologio molecolare. Al fine di fornire il quadro completo, occorrono ancora due strumenti: il primo è l’assunto che i mitocondri, gli organelli cellulari muniti di DNA proprio e la cui maggiore funzione è la produzione di energia, vengono ereditati solo dalla propria madre; il secondo è l’assunto che il cromosoma sessuale Y viene ereditato esclusivamente dal proprio padre, in quanto la coppia cromosomica XY è presente solo nei maschi a differenza della coppia XX dove il cromosoma Y è assente.

Torniamo quindi a noi, Homo sapiens sapiens.

Citando la prima frase di questo articolo, “la nostra specie [...] ha una scarsa variabilità genetica”, possiamo ora tranquillamente dedurre che in tempi relativamente poco distanti da oggi ci deve essere stato un Collo di Bottiglia che ha ridotto i nostri antenati in pochissimi individui.

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Differenze tra i teschi di H. sapiens anatomicamente moderno.
A partire da sinistra: nativo peruviano del XV secolo, bengalese di mezza età, e uomo delle Isole Salomone (Malesia) morto nel 1893.

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Differenze tra i teschi di H. sapiens anatomicamente moderno.
A partire da sinistra: tedesco maschio di età compresa tra i 25 e i 30, congolese maschio di età compresa tra i 35 e i 40, e inuit maschio di età tra i 35 e i 40


Analizzando il DNA mitocondriale (e quindi, ricordo, ereditato solo da parte di madre) prelevato da soggetti appartenenti etnie sparse omogeneamente per il pianeta, è stato possibile risalire al periodo in cui sulla Terra ha camminato una donna la cui stirpe sarebbe sopravvissuta al Collo di Bottiglia che ha riguardato anche lei. Non si tratterebbe di un piccolo numero di donne ad aver avuto una linea di sangue che oggi occuperebbe il pianeta, ma di una singola donna: proprio per questo, essa è stata denominata Eva Mitocondriale. Non è tutto. Anche la linea maschile avrebbe avuto un unico, singolo capostipite: era opinione che quest’uomo, questo ”Adamo Y-cromosomale” com’è stato denominato, sarebbe vissuto tra i 99.000 e i 148.000 anni fa. Ma i risultati di tre recenti ricerche pubblicate su Science (1, 2, 3) spostano la datazione tra i 120.000 e i 156.000 anni fa, avvicinandola così all’Eva Mitocondriale. Secondo questo risultato, non sarebbe quindi stata la catastrofe di Toba il Collo di Bottiglia principale da cui si sarebbe salvato l’Adamo Y-cromosomale.

Escludendo qualsiasi considerazione di comodo di natura biblico-divina, l’Adamo Y-cromosomale e l’Eva Mitocondriale (e una prima parte della loro stirpe) avrebbero quindi vissuto se non il medesimo Collo di Bottiglia, quantomeno due differenti ma temporalmente molto vicini tra loro.

In conclusione, la provocazione pare doverosa:

“C’è più poesia nella figura dell’Eva mitocondriale che nel suo omologo mitologico.”
– Richard Dawkins, “Il fiume della vita” (1995)



http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8741.7


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MessaggioInviato: 19/08/2013, 14:51 
Piano piano qualcosa sta emergendo :)



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MessaggioInviato: 19/08/2013, 15:05 
Credo che dobbiamo iniziare a pensare che i Neanderthal fossero tecnologicamente più avanti dei Sapiens.

Forse la loro estinzione è legata al fatto che i Neanderthal avessero potuto rappresentare una minaccia nei confronti dei Sapiens collegati all'ibridazione Anunnaka, a differenza dei Neanderthal, e che per questo subirono uno sterminio da parte dei nostri "Antichi Dei" onde evitare di vedere messi in pericolo i prediletti Sapiens.

Ovviamente è solo una ipotesi personale.

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MessaggioInviato: 19/08/2013, 17:03 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Credo che dobbiamo iniziare a pensare che i Neanderthal fossero tecnologicamente più avanti dei Sapiens.

Cita:
This is a strong indication that Neanderthals invented the lissoir, rather than humans. And in fact, it’s conceivable that humans, who frequently interacted with Neanderthals, copied the design from them.
And that's absolutely wild if you think about it. We may actually be using a technology today that was invented by Neanderthals!

"If Neanderthals developed this type of bone tool on their own, it is possible that modern humans then acquired this technology from Neanderthals," said Soressi in a statement. "This is the first possible evidence for transmission [of culture] from Neanderthals to our direct ancestors.… It might be one or perhaps even the only heritage from Neanderthal times that our society is still using today."
Fonte:http://io9.com/early-humans-may-have-ripped-off-neanderthal-technology-1120926300



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MessaggioInviato: 20/08/2013, 16:17 
Tutti gli aplogruppi, tranne gli A, B, DE, E, CT, BT, e quindi in sostanza tutti i non neri africani, hanno nel proprio corredo genetico dal 3% al 10% di DNA Neanderthal. Quindi possiamo affermare con cognizione di causa che tutti gli aplogruppi tranne i neri africani sono il frutto di incroci tra Sapiens e Neanderthal.


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MessaggioInviato: 20/08/2013, 16:45 
Qui siamo in presenza di diversi studi in aperto contrasto tra di loro.

Questa dove viene esclusa la possibilità di un incrocio tra Sapiens e Neanderthal.

Cita:

L'uomo di Neanderthal e l'homo sapiens non sono parenti

Lo sostiene uno studio di ricercatori dell'Università di Ferrara secondo il quale le due specie sono rimaste sempre distinte

Il test del Dna per l'uomo di Neanderthal e alcuni esemplari di Homo sapiens dimostra che i due gruppi, pur avendo abitato insieme in Europa, non si incrociarono tra loro, rimanendo sempre due specie distinte, fino a che Neanderthal, perdendo la battaglia evolutiva con Sapiens, si estinse.

E' quanto affermano ricercatori italiani dell'università di Ferrara, guidati da Giorgio Bertorelle, dopo aver confrontato il Dna di esemplari di uomini di Neanderthal con quello di esemplari di Homo Sapiens rinvenuti in Puglia nel 1988 e con quello di uomini contemporanei, in tutto 2.500 tra europei, asiatici ed africani. Come riferito sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science (Pnas), il test del Dna mostra che i nostri geni non hanno ricevuto alcuna eredità sostanziale da Neanderthal, cosa interpretata dagli scienziati come risultato del fatto che il nostro diretto antenato non si è mai accoppiato con uomini di Neanderthal, limitandosi a dividere con loro i territori colonizzati durante il tardo Pleistocene, circa 40 mila anni fa.

'Abbiamo esaminato il Dna dei mitocondri estratto dagli scheletri di quattro Neanderthaliani vissuti tra 29 e 42 mila anni fa, poi quello di due scheletri pugliesi di uomo anatomicamente moderno risalenti a circa 14 mila anni fa, già battezzati uomini di Cro-Magnon, infine quello di un vasto gruppo di individui contemporanei', racconta Bertorelle spiegando che i mitocondri sono organelli delle cellule che servono per produrre energia e che sono dotati di un proprio pacchetto di geni molto utile negli studi sul passato degli uomini.

Mentre il Dna degli uomini contemporanei è praticamente identico a quello degli antenati Cro-Magnon, quello di Neanderthal differisce nettamente da entrambi, precisa lo scienziato aggiungendo che il Dna di Homo Sapiens non è quasi per niente cambiato negli ultimi 25 mila anni e che i Neanderthaliani avevano caratteristiche genetiche a sé, mantenute tali fino alla loro estinzione.

'Anche se non possiamo escludere che una percentuale di incroci minimi tra le due specie si sia verificata in passato - conclude Bertorelle - questi studi dimostrano per la prima volta l'assoluta separazione tra Neanderthal e Homo Sapiens e che il passato di Neanderthal non ha condizionato il nostro Dna. Infine le nostre ricerche sono in accordo con la teoria dell'origine recente in Africa, circa 150-200 mila anni fa, dell' Homo sapiens e con la sua successiva colonizzazione del pianeta'.

http://www.koimano.com/articolo.asp?id=97


e questa dove invece si parla di incroci tra Sapiens e altre specie di Homo...

Cita:
Molto sapiens, un po' di Neanderthal e altro ancora

Le sequenze di DNA arcaico rappresentano solo il due o tre per cento del materiale genetico dell'uomo moderno, ma l'incrocio potrebbe essere stato più esteso di quanto oggi rilevabile

Gli studi condotti sul DNA fossile tratto dalle ossa di neanderthaliani hanno mostrato che Homo sapiens, una volta giunto in Europa, si è incrociato con quel nostro antico cugino. Ora una nuova ricerca avanza l'ipotesi che in tempi ancora più remoti i primi umani anatomicamente moderni si siano incrociati, con forme ancora più arcaiche di Homo.

"Abbiamo trovato prove di ibridazione tra l'uomo moderno e le forme arcaiche in Africa. Sembra che la nostra stirpe abbia sempre scambiato geni con i vicini morfologicamente divergenti", ha detto Michael Hammer, dell'Università dell'Arizona, che firma con alcuni colleghi un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences.

"Non abbiamo il DNA fossile dall'Africa per confrontarlo con il nostro", ha detto Hammer. "Gli uomini di Neanderthal vivevano in climi più freddi, ma il clima delle zone tropicali rende molto difficile, se non impossibile, la conservazione del DNA sufficientemente a lungo da poterne recuperare campioni utilizzabili. Il nostro lavoro è quindi differente da quello che ha portato alla scoperte nel campo della genetica dei Neanderthal", ha spiegato.

Per superare questo ostacolo, Hammer e colleghi hanno seguito un approccio computazionale e statistico: "Abbiamo preso in considerazione DNA di esseri umani moderni appartenenti a popolazioni africane e cercato nel genoma eventuali regioni insolite", come lunghi blocchi di sequenze di DNA divergenti.

"Quello che sappiamo è che le sequenze di quelle forme, anche per l'uomo di Neanderthal, non sono molto diverse da quelle degli esseri umani moderni ma hanno determinate caratteristiche che li rendono diversi dal DNA moderno", ha spiegato Hammer.

Hammer ha detto anche che se le sequenze di DNA arcaico rappresentano solo il due o tre per cento del materiale genetico degli esseri umani moderni, cuò non significa che l'incrocio non sia stato più esteso: "Potrebbe rappresentare ciò che rimane di un più ampio contenuto arcaico. Ci si può aspettare che molte delle sequenze che abbiamo ereditato da queste forme arcaiche si siano perse nel tempo. A meno che fornissero un vantaggio evolutivo, non c'è nulla che lew porti a essere conservate nella popolazione".

http://www.lescienze.it/news/2011/09/06 ... ra-550846/


Onestamente credo più plausibile la seconda, soprattutto guardando al comportamento degli animali.

I gatti si incrociano naturalmente tra razze diverse, così come i cani. Perchè l'animale homo non avrebbe dovuto farlo?

Altrettanto non credo che da questi incroci tra diverse razze homo siano sorte razze diverse. Bastardi Sapiens-Neanderthal al massimo dove i geni dominanti (forse quelli del Sapiens?) determinavano un fenotipo specifico simile a quello dei genitori homo.

Ergo non riesco a collegare questi incroci con le ibridazioni mitologiche degli Anunnaki o agli incroci tra Elohim e Umani generanti Nephilim.

Quest'ultima sembra essere un incrocio specifico tra razze geneticamente simili, ma fondamentalmente diverse...



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MessaggioInviato: 20/08/2013, 16:55 
L'ibridazione c'è stata altrimenti come si spiega l'8% di DNA Neanderthal (trovato e documentato) nel DNA dei bianchi?


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Sì sì, lo credo anche io, come infatti sta scritto nella seconda ricerca.

Volevo solo evidenziare il fatto che anche in questo frangente la scienza accademica non è in grado di fornire una risposta certa e univoca sul nostro passato.

Ripeto, cani e gatti si incrociano naturalmente tra razze diverse. Perchè l'animale homo non avrebbe dovuto farlo?

Però, sempre a mio parere, ritengo che questo comportamento non si tratta di niente che sia stato poi inserito o tramandato nei miti antichi su cui ci interroghiamo in altri thread.



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MessaggioInviato: 20/08/2013, 17:33 
Lo credo anche Io, si tratta di un evento prima di tutto troppo remoto nel tempo ed in secondo luogo con una durata troppo lunga. I probabili incroci si sono protratti per decine di migliaia di anni, un lasso di tempo troppo grande per far si che restasse un segno indelebile nel tempo, come può essere ad esempio un terremoto od un'epidemia. Qui il processo è stato lentissimo e prolungato nel tempo. Comunque sia l'argomento è interessantissimo ed invito tutti magari a non uscire troppo dai binari per evitare di portare la discussione su frangenti troppo fantasiosi.


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L'enigma dei Nok, una delle civiltà africane più avanzate del X secolo a.C.

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Nok è il nome di un piccolo villaggio al centro della Nigeria, dove nel 1928 un gruppo di minatori portò alla luce una serie di reperti in terracotta, testimonianza di un'antica civiltà perduta.

I numerosi scavi archeologici successivi alla scoperta hanno rivelato che quella dei Nok potrebbe essere stata la prima civiltà complessa comparsa in Africa occidentale, sorta almeno nel 900 a.C. e scomparsa misteriosamente intorno al 200 d.C.

I ritrovamenti hanno evidenziato una società estremamente avanzata, con un sistema giudiziario tra i più complessi del tempo, sorta in un periodo in cui le altre culture africane stavano entrando nell'epoca neolitica.

Gli archeologi si sono imbattuti in una serie di strumenti in pietra, pitture rupestri e attrezzi in ferro, tra cui straordinarie punte di lancia, bracciali e piccoli coltelli.

Ma l'aspetto di gran lunga più intrigante ed enigmatico della cultura Nok è rappresentato dalle loro statue di terracotta, descritte dal sito Memoire d'Afrique, che ospita una galleria fotografica delle statue, come straordinarie, senza tempo e quasi "extraterrestri".

Nonostante il notevole patrimonio culturale che i Nok si sono lasciati alle spalle, ci sono ancora molte domande senza risposta.

Innanzitutto, non essendoci pervenute testimonianze scritte, il nome originale di tale civiltà rimane ignoto. Inoltre, rimangono ignoti il motivo della loro improvvisa scomparsa e il vero scopo delle misteriose statue in terracotta a grandezza naturale.

L'avanzamento tecnologico di tale civiltà è testimoniato proprio dalle straordinarie opere d'arte prodotte dai Nok, manufatti che esprimono una notevole padronanza del processo di produzione e di cottura dell'argilla. Le statue antropomorfe si caratterizzano sempre per una cura quasi maniacale dei dettagli, raffigurate con acconciature complesse, grandi teste allungate, occhi a mandorla e labbra socchiuse.

Queste caratteristiche insolite sono particolarmente sconcertanti, se si considera il fatto che le statue sono state realizzate a grandezza naturale e rispettando le proporzioni tra la testa e il resto del corpo, portando alcuni ad usare il termine "extraterrestre nell'aspetto" per descrivere le opere d'arte dei Nok.

L'ispezione microscopica dell'argilla utilizzata nell'area Nok mostra un'importante uniformità di composizione, suggerendo che il materiale provenisse da un unico giacimento non ancora scoperto.

Non si sa molto circa il vero scopo delle sculture, ma alcuni ricercatori hanno ipotizzato che le statue servissero da amuleti per evitare il fallimento del raccolto, le malattie e la sterilità. Altri studiosi, invece, credono che le figure rappresentino individui di status elevato, oppure divinità 'celesti' celebrate ed adorate dal popolo.

Tuttavia, la realizzazione di statue a grandezza naturale non è l'unico indizio della complessità della loro civilizzazione. Le ricerche hanno evidenziato che i Nok svilupparono un sistema amministrativo e giudiziario molto avanzato, al fine di garantire la giustizia sociale e l'ordine pubblico.

In maniera molto simile all'organizzazione moderna del potere giudiziario occidentale, i Nok crearono due tipologie di tribunale: uno destinato a giudicare la cause civili, come dispute familiari o false accuse, l'altro creato per accuse più gravi, quali il furto, l'omicidio e l'adulterio.

Inoltre, all'interno di un santuario chiuso al pubblico esisteva un'alta corte che prendeva in esame i casi che non potevano essere risolti dai tribunali.

Il popolo credeva che ogni delitto attirasse una maledizione in grado di distruggere tutta la famiglia e, pertanto, la colpa doveva essere scoperta e punita, al fine di evitarne le conseguenze.

Prima di essere sottoposto al giudizio della corte, il sospettato veniva portato tra due monoliti posti di fronte al sole, dove giurava solennemente davanti a Nom, la suprema divinità dei Nok, di dire la verità.

La corte era presieduta dal sommo sacerdote e dai vari capi clan. A chiunque fosse stato trovato colpevole veniva imposto un sacrificio agli dei in capre e dei, più una quantità di vino locale al sommo sacerdote. Dopodiché, in città veniva dichiarato un giorno di festa, per ringraziare gli dei per averli aiutati a risolvere il caso e per lo scampato pericolo della maledizione.

Che fine hanno fatto?

Ad un certo punto, intorno al 200 d.C., la fiorente cultura Nok si eclissa tra le pieghe della storia, causando perplessità e interrogativi tra gli studiosi sulla ragione della loro scomparsa.

Alcuni ricercatori hanno suggerito che l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali e una forte dipendenza dal carbone, potrebbero aver giocato un ruolo cruciale nella scomparsa dei Nok. Rispetto a questa, sono state avanzate altre ipotesi: dai cambiamenti climatici alle invasioni, da un'epidemia devastante alla migrazione in altre aree geografiche.

Ma quello della scomparsa non è l'unico enigma a rimanere senza risposta: quasi tutte le statue in terracotta risultano rotte o gravemente danneggiate. Si tratta di danni intenzionali, oppure il semplice effetto del naturale processo di erosione?

Dove sono finiti i torsi di buona parte delle statue? I ricercatori ipotizzano che le parti mancanti potrebbero trovarsi nel sottosuolo immediatamente fuori gli antichi centri urbani. I ricercatori sono intenzionati a chiarire questo e altri aspetti ancora non risolti, confidando che una nuova campagna di scavi potrebbe fornire nuove fonti per chiarire l'enigma dei Nok.



http://www.antikitera.net/news.asp?id=12689&T=5


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MessaggioInviato: 02/09/2013, 20:39 
L' incrocio dei Sapiens usciti dall' Africa con gli altri generi locali di Homo è stata dimostrata, a quanto ne so.

C' era un contributo in merito di un altro utente su questa stessa discussione se la memoria non mi inganna.

Lo cerco. [;)]



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Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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TROVATO:


Dalla discussione "Imminente la clonazione dell' Uomo di Neanderthal":

http://www.ufoforum.it/topic.asp?rand=7055475&whichpage=1&TOPIC_ID=6192#272893


L' utente vimana131 ha postato un articolo da cui questo estratto:


Cita:
Nel 2010, dopo aver setacciato le ossa neandertaliane scoperte in una grotta croata a caccia di qualche frammento di DNA antico,
gli scienziati hanno pubblicato la prima bozza del genoma del nostro antico cugino.
Questo primo passo ha rivoluzionato l’antropologia rivelando, tra l’altro, che questi ominidi si incrociarono con i nostri antenati.


Ultima modifica di Aztlan il 02/09/2013, 22:01, modificato 1 volta in totale.


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Scoperto in Russia un tipo di ominide completamente sconosciuto
Nei territori russi dell'Altaj, la scoperta di un ominide finora sconosciuto potrebbe rivoluzionare le teorie sull'evoluzione e l'espansione dell'Homo Sapiens. Dalla teoria 'monocentrica' a quella 'pluricentrica'

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[Articolo originale su La Voce della Russia] I paleontologi russi hanno rinvenuto nei Territori dell’Altaj le tracce di una razza di uomo primitivo ancora sconosciuto.

Analizzando i geni dei resti trovati, gli scienziati sono giunti alla conclusione che il famoso Homo di Denisova corrisponde geneticamente per il 17% all’Homo di Neanderthal e per il 4% ad una specie di ominidi che ci è attualmente ignota.

I risultati ottenuti, considerati incredibili, hanno indotto gli archeologi a scavare ancora più a fondo ed ora le ricerche continuano su strati di terra più antichi rispetto a quelli dove è stato ritrovato l’Homo di Denisova.

Ma queste ricerche hanno dato anche altri risultati importanti. Lo studio del DNA dell’Homo di Denisova ha dimostrato che i geni di questi ominidi coincide per il 6% a quelli delle attuali popolazioni dell’Asia sudorientale.

In base a questi risultati Anatolij Derevjanko ha iscritto l’Homo di Denisova fra le sottospecie dell’uomo moderno, facendo ulteriore luce sul processo di differenziazione degli esseri umani avvenuto 60-70 mila anni fa. Ce ne parla l’archeologo Michail Šun’kov:

“Parte di questa popolazione si è spostata nel Territorio dell’Altaj dove son stati rinvenuti i resti dell’Homo di Denisova, e parte è emigrata in direzione sud-est.

Il gene dell’Homo di Denisova non è stato rilevato nei resti fossili degli uomini dell’Asia sudorientale e della Cina, cioè nei territori dove si presume che questi siano transitati, ma è stato riscontrato nelle popolazioni che attualmente vivono in tali aree geografiche.

Questi dati indicano che l’Homo di Denisova ha contribuito all’evoluzione della specie umana per come la conosciamo ora”.

Ma c’è dell’altro, durante gli scavi di Denisova gli archeologi hanno rilevato nella caverna vicina agli scavi sia i resti di Homo di Neanderthal che tracce di Homo di Denisova, i due ominidi erano quindi vissuti contemporanemente.

Di conseguenza è stato ipotizzato che entrambe le specie abbiano dato il loro contributo alla formazione del genere umano:

“E’ la cosiddetta selezione genealogica, in determinati territori le razze si son mescolate fra loro e le nostre ultime ricerche hanno evidenziato che questo fatto si è verificato anche con l’Homo di Denisova e quello di Neanderthal. Si tratta di una scoperta sensazionale”.

In questo momento l’albero genealogico del genere umano si mostra come segue: le specie di esseri umani moderne erano quattro: l’Homo Sapiens africano, l’eurasiatico Homo di Neanderthal, l’Homo di Denisova dei Territori dell’Altaj e l’Homo Orientale, che viveva dove ora c’è la Cina.

Non è più possibile sostenere la teoria monocentrica, un tempo molto popolare e secondo la quale l’essere umano sia comparso in Africa e da lì si sia diffuso. Risulta più convincente l’idea di Derevjanko che sostiene il pluricentrismo, confermata anche dai dati dei paleontologi ed archeologi russi.

Nel mondo scientifico la scoperta dei resti dell’Homo di Denisova si trova al secondo posto per importanza dopo la scoperta del bosone di Higgs. Il 12 giugno 2013 Anatolij Derevjanko è stato premiato con il Premio Statale della Federazione Russa per il contributo nello studio della storia dell’umanità.



http://www.ilnavigatorecurioso.it/26/09 ... onosciuto/


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Scoperto in Russia un tipo di ominide completamente sconosciuto

potrebbe rivoluzionare le teorie sull'evoluzione e l'espansione dell'Homo Sapiens. Dalla teoria 'monocentrica' a quella 'pluricentrica'



Questo cambierebbe completamente tutta la Storia.

Apre persino la porta a ipotesi ben più ardite di quelle tradizionali.


Ragazzi,


vi devo fare non solo i complimenti per l' elevatissimo livello raggiunto grazie per larga parte ai vostri contributi,

ma soprattutto i miei sentiti ringraziamenti per averlo fatto, tenendo sempre viva la discussione,

nonostante io stesso l' abbia spesso ingiustamente trascurata. [:)]


A tal proposito, conto di rimediare a breve. [;)]

Buona Discussione,

Aztlan


Ultima modifica di Aztlan il 29/09/2013, 21:53, modificato 1 volta in totale.


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