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MessaggioInviato: 23/06/2014, 23:32 
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Aztlan ha scritto:

Salve a tutti,

su invito del nostro Atlanticus pubblico direttamente qui una interessante notizia apparsa sulla pagina inglese di Wikipedia, e che come ogni news della Wiki rimanda a una pagina della stessa (in fondo):


L' Origine delle Popolazioni Native Americane



L' analisi del DNA dei resti di 12.500 anni fa (notare la data)
dello scheletro di un bambino, trovato in Montana e circondato da numerosi artefatti della cultura Clovis
e denominato Anzick-1,

ha dato importanti certezze circa la lungamente discussa origine delle popolazioni americane.


I risultati indicano una forte affinità con fonti siberiane,
"virtualmente esclude ogni stretta affinità europea", ossia l' ipotesi Solutreana tanto cara allo Smithsonian,
(che tanto per cambiare quando si guardano le prove, aveva torto)

e a sua volta tutte le esistenti popolazioni native (quelle poche sopravvissute, aggiungerei tristemente) mostrano forti affinità con esso,

indicando che discendono tutte da una popolazione che viveva in o presso la Siberia, l' Alto-Paleolitica popolazione Mal'ta...


Una scoperta di importanza fondamentale,

che non meriterebbe di dover essere anche solo apparentemente sminuita dalla puntualizzazione,
giacchè, a dispetto del sensazionalismo tipicamente giornalistico per attirare l' attenzione,

le stesse prove aprono nuovi interrogativi e ne lasciano ancora altri, ci sono ancora altre prove che aggiungono altri tasselli al mosaico.

Insomma, c' è ancora molto lavoro da fare, ma questa è una scoperta che mette un punto fermo fondamentale nel rispondere alla domanda.


Saltando i tecnicismi genetici

- che potete comunque reperire nel link, per chi fosse interessato e ne capisse abbastanza da spiegare al sottoscritto [:p] -

di questa scoperta andiamo nel dettaglio di tutti gli aspetti portati alla luce con questa scoperta e quelle precedenti, che ancora attendono risposta:


Senza altro Anzick-1 appartiene a una popolazione direttamente antenata delle attuali popolazioni di Nativi Americani del Centro e Sud America,

il che esclude ogni ipotesi che invasioni successive ai Clovis avessero soppiantanto o assimilato i precedenti immigrati.


C'è però il problema tutt' altro che piccolo che non è stata riscontrata la stessa affinità tra tutti i gruppi di Nativi e questo DNA:

Vi è una minore affinità rispetto alle popolazioni Nord Americane che rispetto a quelle che vivono nel Centro e Sud, il cui significato è ancora da chiarire.


Ciò suggerisce che le popolazioni Nord Americane sono basali (filogeneticamente parlando) rispetto ad Anzick-1 e alle sue popolazioni discendenti del Centro e Sud.

http://en.wikipedia.org/wiki/Basal_%28phylogenetics%29

Cosa tuttavia ciò comporti, è però ancora un punto da risolvere.


Per concludere a questo punto la panoramica sugli Studi Genetici sui Clovis,

altri ritrovamenti di punte di lancia e di DNA in Oregon suggeriscono che proprio il Nord potrebbe essere stato colonizzato da più popolazioni e che la cultura Clovis non fosse la prima,
e una dicotomia Est/Ovest in cui i Clovis risiedevano a Est.

E, dulcis in fundo, come non citare la questione, già ampiamente discussa in questo forum, dell' Aplogruppo X trovato nel DNA mitocondriale di alcune tribù native.


Qui il link alla pagina wiki con la notizia, purtroppo in inglese:

http://en.wikipedia.org/wiki/Clovis_culture#Genetic_studies
__________________________________________________________________



Conclusioni:


Ora che l' ipotesi Solutreana è stata praticamente esclusa da questi ultimi ritrovamenti,

e che è stata accertata l' origine Siberiana dei Nativi Americani

ma non si trovano prove sufficientemente solide nemmeno della migrazione attraverso tutta l' Asia passando alla base della tesi attualmente ufficiale (ancora per quanto?) del passaggio per lo stretto di Bering,


bisognerà davvero che rispondano alla domanda su come quel raro DNA sia finito in mezzo mondo saltando l' altra metà,

praticamente in tutti i luoghi ove i libri di testo delle elementari pongono le prime civiltà madre della Storia in tutti i continenti. [8D]


Quindi in pratica vincerebbe sempre la vecchia, originaria teoria secondo cui gli Americani Nativi discenderebbero tutti quanti dai pochi siberiani che avrebbero varcato lo Stretto di Bering durante la glaciazione.... e tutto il resto è mito smentito....
Ma chissà perché, sento vocine che arrivano un po' dappertutto che la dicono altrimenti: da quelle che mi dicono che i Dakota hanno i lineamenti tipici dei Cro-Magnon (e difatti, se io guardo il mio libro di foto di ritratti di Americani Nativi, le somiglianze con le ricostruzioni dei Cro-Magnon sono impressionanti), a quelli che mi dicono che gli antenati degli Ainu navigavano lungo le coste americane del Pacifico da 9000 a 6000 anni fa, a quelle che mi dicono che certi gruppi genetici derivano dall'Asia Meridionale, e non dalla Siberia.... fino alla tesi secondo cui alcuni africani possono essere giunti in Sudamerica già 50.000 anni fa....
Quindi, chissà perché, ma questo articolo mi suona come una delle tante vocine....
E in ogni caso resta da spiegare perché accidenti le culture preistoriche degli Americani Nativi, non solo la Clovis, ma anche quelle argentine, abbiano di fatto strane somiglianze con le culture Cro-Magnon.
Perché c'erano giganti dai capelli rossi in Nevada? Perché i Mandan erano bianchi e con occhi e capelli chiari? Perché del pari gli indigeni della Terra del Fuoco, ora estinti, avevano anch'essi statura enorme, occhi e capelli chiari?
Sinceramente, più leggo sulle origini degli Americani Nativi, e più mi sembra che le acque si stiano intorbidando....
Anzi, mi viene il sospetto che ci si lasci troppo influenzare da fattori ideologici, più che scientifici....


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MessaggioInviato: 24/06/2014, 00:10 
Cita:
bleffort ha scritto:

Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Perché dici questo? Cosa non ti torna della loro analisi?

[:)]

Ma... non mi tornano molte cose ,per ora non ho tempo di scriverli,però una cosa semplice la posso dire:Se i ghiacciai arrivavano fino in Italia,non credi che la razza bionda e con gli occhi azzurri sia nata anche nel Mediterraneo? e che gli Etruschi ,gli Achei,gli Iberici e tutti i popoli che abitavano le loro sponde avessero questo aspetto? [;)]
e se i ghiacciai arrivavano fino in Italia secondo te dove si poteva sviluppare una civiltà avanzata?
Gli Ipogei di Malta e le raffigurazioni Rupestri del Sahara,sono stati datati migliaia di anni prima del tempo dei Faraoni!.


Può darsi che le popolazioni italiane durante la glaciazione fossero depigmentate, e sicuramente lo erano quelle iberiche.
Infatti gli antichi Iberi erano geneticamente identici agli abitanti delle Isole Britanniche.
I Britannici attuali hanno ancora il 75% di DNA iberico, prevalentemente basco, sembra.....
Gli antichi Pelasgi e i Berberi in origine dovevano essere depigmentati anche loro, come i Guanci.... appunto perché erano presumibilmente imparentati con gli abitanti Cromagnonoidi dell'Europa glaciale.
Poi sono giunte altre popolazioni, soprattutto dal Medio Oriente, più scure, che si sono incrociate con le popolazioni locali, dando origine al tipo mediterraneo odierno. Non per niente i Dravida dell'India hanno caratteristiche simili a quelle del tipo mediterraneo attuale.
Quello che gli autori citati da Atlanticus in modo direi abbastanza confuso e abborracciato, non è in contrasto con quello che ho appena affermato, e che convalida la tua ipotesi.
Quindi non è che abbiano scritto "delle pistolinate", semplicemente l'hanno detto in modo confuso.
Gli Atlantidi, se sono mai veramente esistiti, dovevano essere una popolazione cro-magnonoide proveniente dall'Europa Occidentale, probabilmente dall'Iberia, ed erano perciò depigmentati.
E non dovevano distinguersi molto dai Mediterranei "glaciali" di quel tempo, quando nella Valle Padana c'era lo stesso clima della Siberia, e nel Nord Africa doveva esserci un clima simile a quello dell'Inghilterra, o della Normandia.....


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MessaggioInviato: 25/07/2014, 00:22 
Riporto dal thread sui khazari e sugli ashkenazi il seguente contributo di Angel (che ringrazio) poiché utile anche per questo nostro filone di ricerca

Cita:
Angel_ ha scritto:

Cita:
L’anno scorso, un laboratorio di antropologia molecolare dell’Universita’ di Strasburgo (1) ha pubblicato uno studio molto interessante sul DNA antico dei Kurgan, un’antica civilta’ della Russia Centrale (V millennio a.C), poi espansa nell’Europa Orientale, Centrale e Settentrionale (4400-2800 a.C). Questa civilta’, ben nota ai linguisti per la teoria sull’origine delle lingue indoeuropee formulata da Marija Gimbutas (1970), prende il nome da kurgan, un vocabolo russo usato per indicare le tombe a tumulo caratteristiche di questa cultura.
In questo studio sono stati analizzati 32 reperti ossei trovati nei kurgan in un sito di Krasnoryarsk (Siberia) cosi’ distribuiti nel tempo:

10 Bronzo Medio (1800-1400 a.C), cultura Andronovo
4 Bronzo Tardo (1400-800 a.C.) cultura Karasuk
12 Eta’ del Ferro (800 a.C-100 d.C) cultura Tagar
6 Eta’ del Ferro (100-400 d.C) cultura Tachtyk

Da questi reperti e’ stato isolato sia il DNA mitocondriale (mtDNA) che quello cromosomico. Solo 6 reperti sono stati successivamente scartati per la bassa qualita’ del DNA. Un risultato notevole in questo campo, dovuto alle condizioni climatiche della Siberia, notoriamente caratterizzata da basse temperature che hanno preservato il DNA dei Kurgan.

Ricordo che il mtDNA e’ un elemento genomico indipendente dal genoma del nucleo, che risiede nei mitocondri, organelli cellulari simili a batteri che presiedono soprattutto alle funzioni energetiche. Nell’uomo, il mtDNA viene trasmesso per via materna. L’interesse degli antropologi molecolari nel mtDNA si focalizza nella tipizzazione di determinate combinazioni di mutazioni, presunte neutre, dette aplotipi o aplogruppi (i due termini non sono equivalenti) che possono essere visti concettualmente come dei “codici a barre” con i quali si possono tracciare le origini e le migrazioni delle popolazioni. Analisi simili vengono eseguite (quando possibile) sul cromosoma Y, che determina il sesso maschile.

In questo studio ,il sesso dei reperti e’ stato stabilito con un test genetico, ed il cromosoma Y e’ stato tipizzato nei soggetti risultati di sesso maschile (i reperti erano costituiti da frammenti ossei, ed ogni altra analisi morfologica sarebbe stata impossibile). Inoltre, su tutti i reperti sono state eseguite altre analisi genetiche avanzate, in grado di stabilire il colore degli occhi, della pelle e dei capelli.

Il risultato finale e’ stato che i Kurgan erano una popolazione europea,ed il 90% dei maschi appartenevano ad un solo aplogruppo del cromosoma Y (R1a1) suddiviso in 5 aplotipi. Per analogia si puo’ pensare ad un codice a barre unico differenziato da 5 indicativi diversi. Questo significa che i Kurgan erano i discendenti di piccoli gruppi omogenei. Il mtDNA e’ risultato piu’ variabile, come normalmente si osserva, ma in gran parte presentava marcatori genetici originari dell’Eurasia occidentale, e solo una minoranza, appartenente agli individui piu’ recenti presentava marcatori originari dell’Asia orientale, per un probabile apporto di donne asiatiche. Il 65% degli individui erano portatori della mutazione per gli occhi azzurri (scoperta solo recentemente e finora sorprendentemente unica) ed il 90% dei reperti erano portatori di mutazioni per i capelli biondi e pelle chiara (quest’ultima analisi e’ stata possibile solo in circa la meta’ del totale dei reperti).

Questi risultati indicano che il popolo della cultura Kurgan era di tipo europeo, geneticamente omogeneo attraverso un intervallo temporaneo abbastanza largo e collegato con le attuali popolazioni della Europa dell’Est, Russia centrale e Siberia, dove tutt’ora l’aplogruppo R1a1 presenta frequenze molto elevate.

In uno studio analogo (2), ricercatori cinesi dell’Universita’ di Jilin, Changchun,Cina hanno analizzato il mtDNA ed il cromosoma Y di reperti umani rinvenuti nella necropoli di Xiaohe, nel bacino del Tarim (Cina occidentale), datati a circa 4000 anni fa (Bronzo antico). Anche in questo caso il cromosoma Y di tutti i maschi analizzati e’ risultato appartenere all’aplogruppo R1a1, mentre il mtDNA e’ risultato avere marcatori genetici caratteristici dell’Europa o dell’Asia orientale, suggerendo la presenza di una popolazione mista di Europei e Asiatici. Il bacino del Tarim e’ famoso per la scoperta di antichi corpi naturalmente mummificati con sembianze simili ai Nord-Europei.

Il quadro che emerge da questi studi indica la colonizzazione dell’Asia centrale fino alla Cina occidentale di popoli europei ,attestati almeno durante la piu’ antica Eta’ del Bronzo. Questi popoli, geneticamente collegati con gli attuali abitanti dell’Europa dell’Est e della Russia sollevano la questione della loro possibile relazione con la diffusione delle lingue indoeuropee. L’aplogruppo R1a1 ha anche un’alta frequenza nell’India settentrionale, tuttavia occorrono studi genetici molto piu’ dettagliati per chiarire il periodo di separazione tra questi gruppi umani.

1) Keyser C et al. Hum Genet (2009) 126:395–410
2) Li et al. BMC Biology 2010, 8:15
Fonte:http://ostraka.forumfree.it/?t=51723371




Cita:
“Ciò che abbiamo scoperto”, dice Eiberg, “ è che le persone con occhi azzurri che vivono in Danimarca, in Giordania e in Turchia hanno tutte lo stesso aplotipo. Possiedono esattamente lo stesso gene e evidenziano i suoi cambiamenti che hanno fatto comparire gli occhi blu.”

La mutazione è quindi evidente. E, a seconda della quota di melanina presente nell’iride, il colore degli occhi può variare da marrone scuro, quasi nero, fino al verde.

“Su 800 persone che abbiamo esaminato solo una non possedeva il gene mutato. Aveva gli occhi azzurri con un piccolo puntino marrone.”, dice Eidberg.

“Dalla nostra ricerca possiamo concludere che tutti gli individui che hanno gli occhi azzurri abbiano in comune un unico antenato. Tutti loro hanno ereditato lo stesso gene, che poi si è sparso attraverso l’Europa e il mondo.”
Fonte:http://www.unblogindue.it/?p=6287




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MessaggioInviato: 29/07/2014, 14:43 
Riporto da altro thread poiché ritengo attinente al tema

Cita:
Nisaba ha scritto:

Ok, ho ritrovato lo studio di Eiberg e un altro studio interessante (appena precedente), sempre riguardo il gene OCA2 e gli occhi azzurri:
Eiberg et al - Blue Eye color in human may be caused by a perfectly associated founder mutation in a regulatory element located within the HERC2 gene inhibiting OCA2 expression
Duffy, Montgomery et al. - A three-single-nucletide polymorhism haplotype in intron 1 of OCA2 explains most of human eye-color variation


Riletto lo studio di Eiberg, si trova che concorda con gli studi avanguardistici che Cavalli-Sforza presentò già negli anni '90, in particolare per quanto riguarda l'origine della mutazione "occhi azzurri", che entrambi sostengono provenire dalla regione a nordovest del Mar Nero. Questo eventualmente può sposarsi con l'idea che la mutazione sia stata introdotta dai kazari.
In ogni caso... non viene in nessun punto citato il mtDNA; gli aplotipi responsabili degli occhi azzurri sono 4: il 97% presenta lo stesso aplotipo (h-1), una percentuale strabiliante, che comunque non esclude stadi intermedi né altri tipi di mutazione.


Vi riporto qualche estratto a mio parere significativo e vi auguro buona lettura!

Cita:
Several studies have shown that the OCA2 locus is the major contributor to the human eye color variation. [...] One single haplotype, represented by six polymorhic SNPs covering half one the 3' end of the HERC2 gene, was found in 155 blue-eyed individuals from Denmark, and in 5 and 2 blue-eyed individuals from Turkey and Jordan, respectively. [...] our data suggest a common founder mutation in an OCA2 inhibiting regulatory element as the cause of blue eye color in humans.
[...]
The locus responsible for the brown or blue eyes color phenotypes (MIM 227220) was first identified by linkage to chromosome 15q [...] in the Danish population by Eiberg and Mohr (1996). [...] several other linkage and association studies confirmed the locus and OCA2 as the major contributors to human eye color variation [...].
Upstream of OCA2 is the HERC2 gene (MIM 605837) located. Deletions of exon 86-90 or exon 53-86 in Herc2 of mice have been shown to affect eye and coat color pigmentation as well as sperm production leading to male sterility [...]. In humans, partial deletions of the OCA2-HERC2 locus are known in the Prader-Willi and Angelman syndromes. Both syndromes have been associated with oculocutaneous albinis or reduced pigmentation [...] in several cases. The function of HERC2 is unknown but the gene encodes for deferent conserved functional protein domains involved in spermatogenesis, ubiqutin mediated proteolysis and intercellular transport [...].
[...]
Genes controlling the phenotypic variation of eye color from total brown versus blue eye color was previously mapped to chromosome 15q by a complete genome scan of five informative Danish families. The genome wide scan was wxpanded by a multipoint linkage analysis of additional 40 Danish families [...] and excluded all other potential loci for the blue/brown eye color phenotupe. [...] This locus included the OCA2 gene, which was proposed as the candidate gene for the BEY2 phenotype [complete brown pigmented eye color].
[...]
A shared haplotype among blue eyed individuals is almost perfect and suggest the blu eye color phenotype is caused by a founder mutation

Most than 97% of the analyzed persons with blue eyes carried the haplotype h-1 and the remaining 3% carried the haplotype h-2, h-3 and h-4. The origin of these three haplotype could be explained by recombination events or mutations younger in age than the original mutation. Seven unrelated individual of Mediterranean origin with blue eyes carried the h-1 haplotype on both the chromosomes, suggesting this haplotype is identical for blue eye individuals in other human populations.
[...]
The mutation responsible for the blue eye color most likely originate from the neareast area or northwest part of the Black Sea region, where the great agriculture migration to the northern part of Europe took place in the Neolithic periods about 6-10'000 years ago (Cavalli-Sforza et al. 1994).
The high frequency of blue-eyed individuals in the Scandinavia and Baltic areas indicates a positive selection for this phenotype (Cavalli-Sforza et al. 1994; MYant et al. 1997). Several theories has been suggested to explain the evolutionary selection for pigmentation traits which include UV expositor causing skin cancer, vitamin D deficiency, and also sexual selection has been mentioned. Natural selection as suggested here makes it difficult to calculate the age of mutation.





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MessaggioInviato: 03/08/2014, 18:58 
Queste nuove scoperte antropologiche possono supportare alcuni elementi della Out of Atlantis Theory...

Siamo tutti Neanderthal

Almeno in parte, come stanno ora rivelando i test su antiche ossa antiche ed esseri umani moderni

Immagine
AFP / Getty Images

Sull'altopiano tibetano, dove si raggiungono altitudini di oltre 4000 metri, la maggior parte delle persone si ammalano per mancanza di ossigeno. Ma, a causa di un adattamento unico, i tibetani producono meno emoglobina che trasporta ossigeno (la maggior parte di noi fa il contrario), questo li protegge dall'ipertensione, dall'aumento del rischio di ictus, e da altri effetti collaterali comuni della vita in alta quota. Si è scoperto che hanno un antico parente da ringraziare per questo: i Denisoviani, che, come gli uomini di Neanderthal, si sono estinti decine di migliaia di anni fa. In un recente studio su Nature, un team di scienziati descrive come i tibetani moderni abbiano ereditato questa variante genetica da antenati che si accoppiavano con i Denisoviani. Circa l'87 per cento dei tibetani ha la versione ad alta quota di questo gene, trovato dagli scienziati, rispetto ad appena il 9 per cento dei cinesi Han.

Una migliore tecnologia di sequenziamento del genoma sta dando una nuova visione dei primi esseri umani. Nel dicembre 2013, gli scienziati hanno svelato la sequenza più completa fino ad ora del genoma di Neanderthal, usando il DNA di osso di un dito di una donna vecchio di 50000 anni, recuperato da una grotta nel sud della Siberia. Lo stessa grotta ha prodotto un piccolo pezzo di un osso da un dito di un Denisoviano, da cui è stato sequenziato il genoma di questa specie. Una delle rivelazioni più sorprendenti finora è quanto del loro patrimonio genetico portiamo con noi, ancora oggi. Circa il 20 per cento del genoma di Neanderthal vive nella gente moderna, influenzando la nostra salute, e il rischio di malattie, in un modo che gli scienziati stanno cominciando a svelare.

La percentuale del DNA di Neanderthal che portiamo, se del caso, dipende anche da dove veniamo. Gli africani indigeni ne hanno poco o nulla, perché i loro antenati non si accoppiavano con i Neanderthal dell'Europa e dell'Asia; il DNA di persone che discendono da europei, asiatici e altri non-africani è, in media, per il 2 per cento di Neanderthal. (I Melanesiani, invece, portano DNA Denisoviano, come fanno gli asiatici orientali, in misura minore.) Gli scienziati stanno attivamente cercando di trovare aree dei nostri genomi moderni ricche di DNA umano antico, suggerendo che conferiva una sorta di vantaggio, e altre aree prive di questo, dove la selezione naturale ha eliminato le mutazioni che danneggiavano le possibilità di sopravvivenza.

Nel mese di gennaio, un team di genetisti della facoltà di medicina di Harvard ha pubblicato un documento su Nature. Il DNA dei Neanderthal, hanno trovato, è associato con i geni che influenzano la nostra pelle e i nostri capelli, e diverse malattie come il lupus, il morbo di Crohn, il diabete di tipo 2, e la possibilità di smettere di fumare. Anche se è forte la tentazione di incolpare gli antenati Neanderthal per la cattiva abitudine di fumare, per esempio, le implicazioni devono ancora essere tirate fuori: in molti casi, gli scienziati non possono dire con certezza se una variante genetica provoca una condizione, o anche se esiste un'associazione.

Eppure, il collegamento è stato più evidente nei geni che influenzano i filamenti di cheratina, che danno robustezza ai nostri capelli, alla pelle e alle unghie. "Non sappiamo perché," dice l'autore Sriram Sankararaman. Ma sembra possibile che, quando gli esseri umani migrarono dall'Africa, l'accoppiamento con gli uomini di Neanderthal che erano già adattati ad altri ambienti aveva dotato la loro prole con questo vantaggio genetico". (Un documento separato, pubblicato nello stesso momento su Science da un team guidato dal genetista della popolazione Joshua Akey della University of Washington School of Medicine, ha raggiunto una conclusione simile, ma individuato le sequenze di DNA di Neanderthal in alcune parti del genoma umano legate alla pigmentazione della pelle).

Sankararaman e i suoi co-autori hanno trovato altre regioni del nostro genoma che hanno spazzato via la nostra ascendenza Neanderthal. Le regioni prive di DNA di Neanderthal sono particolarmente convincenti, dice Akey "ci dicono molto su ciò che significa essere umani." Queste regioni includono geni coinvolti nella fabbricazione dello sperma, il che suggerisce che i figli maschi degli esseri umani e Neanderthal - due gruppi separati da mezzo milione di anni di evoluzione, potrebbero aver avuto minore fertilità, o essere stati sterile.

La ricerca solleva una serie di domande sul perché i disturbi moderni, come il morbo di Crohn o il diabete di tipo 2, potrebbero avere qualcosa a che fare con i geni dei nostri antenati. "Penso che ci saranno un paio di malattie in cui i Neanderthal hanno contribuito in modo sproporzionato," Akey prevede, "anche se non possiamo ancora dire quali". Basandosi su dati genetici provenienti da mezzo milione di persone nel Regno Unito, Sankararaman e collaboratori internazionali stanno testando come le mutazioni di Neanderthal interessano certe caratteristiche "come il rischio di malattie, o l'altezza o la massa corporea," dice. Utilizzando le stesse tecniche, stanno cercando di capire meglio gli effetti dell'ascendenza Denisoviana.

I Denisoviani sono poco comprensibili. "Non c'è ancora una cultura a loro associata", dice Rasmus Nielsen, un biologo computazionale presso l'Università della California a Berkeley e autore principale dello studio tibetano. "Come apparivano, come vivevano; non sappiamo assolutamente nulla di questo. "Lo studio di Nielsen suggerisce che, come i tibetani moderni, i Denisoviani si sarebbero adattati alle alte quote, anche se ancora non sappiamo dove vivevano. Malgrado una carenza di campioni fisici da studiare, "possiamo conoscere gli antichi esseri umani dal genoma moderno," dice. Come gli archeologi in un sito di scavo, lui e altri stanno setacciando attraverso i nostri genomi attuali gli indizi nella vita dei Neanderthal, dei Denisova, e di altri primi esseri umani, scomparso oggi da decine di migliaia di anni, ma che vivono nel profondo del nostro DNA.

http://tycho1x4x9.blogspot.it/2014/08/s ... rthal.html



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MessaggioInviato: 08/08/2014, 10:26 
TEORIA DEGLI ANTICHI UMANI: I SUPERSTITI DI ATLANTIDE CHE RICOSTRUIRONO IL MONDO POSTDILUVIANO?

http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/ ... diluviano/


Ultima modifica di Bastion il 08/08/2014, 10:28, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 10/08/2014, 09:42 
CHE FINE HA FATTO LA CITTÀ SOMMERSA DI CUBA? SCOPERTA DIMENTICATA O SOPPRESSA?

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/ ... soppressa/

Quando nel 2001 la BBC diede la straordinaria notizia di una città sommersa individuata al largo dell’isola di Cuba, molti pensarono che la mitica Atlantide fosse stata finalmente trovata.

Le scansioni eseguite da un team di ricerca canadese, guidato da Pauline Zalitzki, un ingegnere navale e suo marito Paul Weinzweig, mostravano un chiaro insediamento urbano, con notevoli strutture monumentali di granito, tra cui quattro grandi piramidi, un monumento simile alla sfinge e diversi monoliti con iscrizioni.
I coniugi, titolari di una società canadese chiamata Advanced Digital Communications, stavano eseguendo una missione esplorativa commissionata del governo cubano al largo della costa della penisola di Guanahacabibes nel Pinar del Río Provincia di Cuba, al fine di individuare i relitti adagiati sul fondo dell’oceano delle centinaia di navi di epoca coloniale spagnola cariche di tesori.

Immagine

Grazie all’utilizzo del sonar, la squadra è riuscita ad individuare le maestose strutture simmetriche sul fondo dell’oceano, apparentemente realizzate con blocchi lisci di pietra molto simile al granito squadrato.

Secondo alcuni ricercatori, potrebbe trattarsi di un insediamento sorto nel periodo pre-classico, ad opera di una cultura del Centro America sconosciuta, che si spinta fino alle isole dei Caraibi. Le rovine potrebbero avere più di 6 mila anni, una data che precede di 1500 anni la datazione ufficiale delle grandi piramidi d’Egitto. Alcuni non hanno esitato ad ipotizzare che possa trattarsi delle vestigia della mitica Atlantide.

“È una struttura veramente meravigliosa che sembra davvero essere stato un grande centro urbano. Tuttavia, sarebbe totalmente irresponsabile dire di cosa si tratti senza ulteriori prove”, ebbe però a dire la Zalitzki all’indomani della scoperta.

La scoperta attirò l’attenzione dei governi, dei musei nazionali e del National Geographic, i quali promisero tutti di indagare sulle strane immagini comparse sul sonar. Eppure, a distanza di 13 anni, la scoperta sembra essere caduta volutamente nel dimenticatoio. Che cosa è mai successo alle “rovine” sommerse di Cuba? E perchè i media hanno taciuto ostinatamente su questa insolita scoperta?

Nel luglio del 2001, i due sono tornati sul sito con il geologo Manuel Itarrulde, ricercatore del Museo di Storia Naturale di Cuba, questa volta equipaggiati con un Remotely Operated Vehicle per esaminare e filmare le strutture. Le immagini hanno rilevato grandi blocchi di granito squadrati lunghi circa 3 metri; alcuni di questi blocchi paiono deliberatamente impilati uno sopra l’altro.

“Si tratta di strutture estremamente insolite”, ammise Iturralde. “Se dovessi spiegarlo geologicamente avrei qualche difficoltà”. Il geologo stime che le strutture, per trovarsi a quella profondità, debbano essersi formate almeno 50 mila anni fa, “epoca in cui non c’era una tecnologia tale da costruire edifici complessi”, ragiona Iturralde.

Per di più, lo stesso Iturralde ha ricordato che esistono leggende locali Maya e Yucateos che raccontano di un’isola abitata dai loro antenati scomparsa sotto le onde. “Quello che abbiamo trovato potrebbero essere i resti di una cultura locale che si trovava sul ponte di terra che univa la penisola messicana dello Yucatan con Cuba”, commenta la Zelitsky.

Rimane la grande domanda sul perchè non siano state condotte le indagini promesse all’indomani della scoperta. Anche se le misteriose strutture sono il risultato di un bizzarro fenomeno naturale, ci si sarebbe aspettati che geologi e altri scienziati non avrebbero esisto ad indagare sulla causa che le ha prodotte.

Stranamente, studi approfonditi successivi non sono stati segnalati dalle agenzie di stampa, facendo cadere la questione lentamente nel dimenticatoio. La rapida “censura” di questa storia farebbe pensare ad una soppressione deliberata. Oppure, i ricercatori, in fondo, non hanno creduto nella bontà della scoperta? Disinteresse o soppressione? Voi che ne pensate?


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MessaggioInviato: 10/08/2014, 15:02 
L’ENIGMA DEI GUANCI: I DISCENDENTI DEI SOPRAVVISSUTI DI ATLANTIDE?

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/ ... atlantide/

Le Canarie formano l’arcipelago di sette isole situato nell’Oceano Atlantico al largo dell’Africa nord-occidentale .

Esse fanno parte, a loro volta, della cosiddetta Macaronesia, ovvero un nome collettivo moderno utilizzato per indicare diversi arcipelaghi dell’oceano Atlantico settentrionale situati al largo delle coste africane.

Il nome Macaronesia deriva dal greco #956;#945;#954;#940;#961;#969;#957; #957;#8134;#963;#959;#953; (makar#333;n nêsoi) e significa Isole dei Beati, espressione utilizzata dagli antichi geografi greci per riferirsi ad alcune isole che si trovavano al di là dello Stretto di Gibilterra. In tali isole, dette anche Isole Fortunate, si riteneva che gli eroi e i mortali di natura straordinaria venissero accolti dagli dei.

Le Canarie, e le altre isole della Macaronesia, a causa della loro posizione geografica e delle leggende che le circondano, sono considerate da alcuni ciò che resta dell’antico e perduto continente di Atlantide, che secondo Platone si trovava al di là delle Colonne d’Ercole (Stretto di Gibilterra) e che sprofondò sul fondo dell’oceano nel giro di una notte.

Immagine

Da quanto si è a conoscenza, quello dei Guanci è stato il primo popolo a stabilirsi sulle Isole Canarie. Di origine incerta, la cultura dei Guanci è andata perduta, lasciandosi dietro numerose testimonianze interessanti.

In realtà, i Guenci rappresentano un serio mistero per l’antropologia e la storia. I ricercatori pensano che i primi coloni siano giunti intorno nelle Canarie intorno al 3 mila a.C., provenienti dall’Africa. Il problema, però, sono i tratti somatici dei Guanci che, come testimoniano diverse mummie trovate in alcune grotte dell’arcipelago, erano di carnagione chiara, alta statura e dai capelli rossastri, caratteristiche delle latitudini nordiche, più che africane.

Il secondo mistero riguarda un rapporto di Plinio il Vecchio, il quale riferisce che, secondo Giuba, re di Mauretania, i Cartaginesi avrebbero visitato l’arcipelago intorno al 50 a.C. sotto la direzione di Annone e lo avrebbero trovato privo di abitanti, ma vi avrebbero anche scorto i resti di edifici imponenti. Se ne potrebbe dedurre che i Guanci non siano stati i suoi primi abitanti, o che i Cartaginesi non avessero esplorato a fondo le isole.

Al momento della conquista spagnola, i Guenci erano fermi all’età della pietra. Giovanni Boccaccio, nel suo De Canaria et insulis reliquis ultra hispaniam noviter repertis, descrive i Guenci come una popolazione pacifica.

Vivevano nudi, conoscevano l’allevamento (capre pecore e cinghiali) e l’agricoltura, coltivando frutta (soprattutto fichi), ortaggi e legumi, frumento, orzo e biade da cui ricavavano farina che però consumavano sciolta nell’acqua, non conoscendo il pane. Vivevano in case costruite di pietre squadrate e legno e imbiancate all’interno.

Non si conosce molto sulle religioni dei Guanci. Essi professavano una credenza generalizzata in un essere supremo, denominato Achamán a Tenerife, Acoran a Gran Canaria, Eraoranhan a Hierro e Abora a La Palma. Le donne di Hierro adoravano una dea di nome Moneiba. Tradizionalmente, gli dei e le dee vivevano sulle cime delle montagne da cui discendevano per ascoltare le preghiere dei fedeli.

A seguito della conquista spagnola, ben poco resta dei Guanci, anche se il nazionalismo canario tenta con tutte le forze di farne rivivere la memoria. Perfino lo studio delle loro mummie e dei loro resti archeologici è avanzato poco al confronto dello studio di altri popoli assai più remoti.

Dunque, chi sono i Guanci?

I Guanci, che sono scomparsi in quanto popolo, appaiono dall’esame delle loro ossa molto simili all’uomo di Cro-Magnon; erano una popolazione europoide descritta dai primi europei entrati in contatto con loro di aspetto nordico (carnagione chiara e capelli biondi).

Immagine

Secondo alcuni studiosi, è probabile che costituissero un ramo dei cro-magnon che, agli inizi della storia, popolarono il nord del continente africano dall’Egitto fino all’Oceano Atlantico.

Gli Atlantologi ritengono che i componenti di queste migrazioni fossero i superstiti di Atlantide, continente andato distrutto in un cataclisma avvenuto presumibilmente intorno ai 13 mila anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione, e che sarebbe alla base dei racconti di diluvio che si tramandano in quasi tutte le culture del pianeta.

Gli studi sembrano confermare un evento geologico anomalo avvenuto 15 mila anni fa, il quale ha dato origine al curioso fenomeno climatico del Dryas Recente. Tuttavia, è questione dibattuta se l’evento all’origine della “catastrofe” sia interna al pianeta Terra e alle sue dinamiche, oppure se sia trattato dell’impatto extraterrestre con una cometa o un asteroide.

La maggior parte dei componenti delle popolazioni indigene asiatiche, africane e americane hanno capelli neri. La caratteristica colorazione rossa dei capelli è un tratto genetico che si mostra con più frequenza nelle popolazioni dell’Europa nord-occidentale. L’Irlanda è certamente la regione dove il tratto della capigliatura rossa si presenta più frequentemente.

Le poche notizie che si hanno dell’Irlanda precristiana giungono da scritti romani, dalla poesia e mitologia irlandesi e dai ritrovamenti archeologici. I primi abitanti dell’isola, popolazioni del mesolitico, vi arrivarono intorno all’8 mila a.C. quando, in seguito al ritiro dei ghiacci, l’ambiente divenne più ospitale. [Storia d'Irlanda].

Intorno all’8° secolo a.C., i Celti migrarono verso l’Europa occidentale fino ad arrivare in Irlanda, scoprendo di non essere i primi ad abitare l’Isola di Smeraldo. Secondo i racconti mitologici contenuti nel Lebor Gabála Érenn (in lingua irlandese Il libro della presa
dell’Irlanda e in inglese Il libro delle Invasioni o Il libro delle conquiste), i Celti furono preceduti dai Milesi, considerati dagli Irlandesi come i loro veri antenati.

I Milesi, a loro volta, discendevano dai Tuatha de Danaan, un popolo particolarmente avanzato dai capelli rossastri. I Tuatha de Danaan appaiono ora come demoni che aiutano gli uomini con mezzi soprannaturali, ora come uomini, dotati tuttavia di facoltà straordinarie. L’interpretazione moderna vede nei Tuatha de Danaan un processo di umanizzazione, avvenuta in epoca cristiana, di antiche divinità celtiche.

I Tuatha de Danaan furono preceduti dai Fomori, un gruppo di divinità ancora più antico, rappresentate dagli antichi annalisti a volte come vere e proprie divinità di una popolazione aborigena, a volte come gli stessi primitivi abitatori dell’isola.

I Fomori, infine, sarebbero i discendenti delle prime persone giunte in Irlanda guidate da Cessair, figlia di Bith, figlio di Noè. A Cessair viene ordinato di dirigersi verso l’estremo occidentale del mondo per sfuggire all’imminente diluvio. Partirono tre navi, ma quando giunsero in Irlanda, due delle navi andarono disperse. Gli unici sopravvissuti furono Cessair, più quarantanove tra donne e uomini.

Dunque, da dove provenisse Cessair non è svelato dal Lebor Gabála Érenn. È possibile che questi racconti mitologici facciano riferimento ad un avvenimento storico avvenuto circa 13 mila anni fa? È possibile che questi uomini siano i sopravvissuti alla distruzione di Atlantide?

Se così fosse, possiamo immaginare che gli antichi coloni d’Irlanda portassero nel proprio patrimonio genetico in tratto della capigliatura rossa, trasferendola alle generazioni successive, fino alla fusione con i Celti, gli ultimi arrivati in Irlanda. Potrebbe essere accaduta la stessa cosa con gli abitanti delle Isole Canarie?

Alcuni sopravvissuti potrebbero essere giunti anche sulle isole della Macaronesia, trasferendo il tratto genetico dei capelli rossi? Un aspetto particolarmente strabiliante è che nelle mitologie delle popolazioni sudamericane si tramanda dei Figli di Viracocha, i discendenti coi capelli rossi della divinità fondatrice delle culture precolombiane. Ma questa è una storia che racconteremo prossimamente…


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MessaggioInviato: 11/08/2014, 09:55 
SCOPERTO UN INSEDIAMENTO UMANO IN AFRICA DI 70 MILA ANNI FA CHE SFIDA LE TEORIE PRECEDENTI

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/ ... recedenti/

Gli archeologi dell'Istituto di Archeologia e Etnologia di Poznan hanno portato alla luce un antico insediamento umane che risale a ben 70 mila anni fa. Si tratta dell'insediamento permanente di Homo Sapiens più antico dell'Africa, mostrando un livello di sviluppo e di adattamento molto maggiori rispetto a quanto precedentemente ipotizzato. La scoperta, inoltre, contraddice la teoria secondo la quale strutture abitative permanenti siano state realizzate solo dopo il grande esodo verso l'Europa e l'Asia.

Nel corso di alcuni scavi in Affad, nel nord del Sudan, un gruppo di archeologi dell’Istituto di Archeologia e Etnologia di Pozna#324;, Polonia, ha trovato i resti di insediamenti umani la cui età è stimata a circa 70 mila anni fa.

Secondo i ricercatori, la scoperta confuta l’ipotesi precedente secondo la quale la costruzione di abitazioni permanenti è associata con la grande migrazione dall’Africa verso le zone più fredde dell’Europa e dell’Asia.

Come riporta PAP, il sito mostra che i primi Homo Sapiens non erano in balia di un ecosistema con il quale confrontarsi giorno per giorno. Quando i Neanderthal vivevano ancora in Europa, i nostri antenati africani erano già in grado di costruire case di considerevoli dimensioni, collocate in accampamenti divisi in aree con funzioni diverse.

Tutto ciò mostra un livello di sviluppo nel Medio Paleolitico molto più avanzato di quanto gli scienziati avevano precedentemente ipotizzato. “La scoperta di Affad è assolutamente unica per il Medio Paleolitico”, spiega la dottoressa Marta Osypi#324;ska, responsabile del progetto. “Ci siamo imbattuti in tracce di strutture il legno, un officina dove lavorare le pietre e uno spazio per il taglio degli animali cacciati”.

La scoperta, inoltre, rivela che i primi uomini cacciavano sia i grandi mammiferi, come ippopotami, elefanti e bufali, che animali di taglia più piccola, come scimmie e roditori africani. I dati ottenuti arricchiscono notevolmente la conoscenza della vita in Africa al tempo della conquista dell’Europa, permettendo di determinare il grado di sviluppo intellettuale, il comportamento razionale e la capacità di pianificazione.

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Il lavoro degli archologi polacchi continuerà fino a metà marzo dell’anno prossimo, ma i risultati degli studi saranno disponibili solo nel secondo trimestre dell’anno. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito ufficiale: http://www.archeosudan.org.

Gli scienziati polacchi collaboreranno con gli scienziati di Oxford per svolgere un’analisi della storia geologica della zona. I risultati aiuteranno a determinare le condizioni climatiche e ambientali che prevalevano nella valle centrale del Nilo nel tardo Pleistocene e identificare i fattori che hanno permesso la buona conservazione del sito di Affad.

“Con il monitoraggio degli strati geologici saremo in grado di ricostruire la storia della loro formazione e determinare il momento in cui i primi uomini hanno deciso di insediarsi qui, cercando di capire i fattori che ne hanno determinato la scelta”, conclude la dottoressa Osypi#324;ska.


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MessaggioInviato: 11/11/2014, 20:53 
Isola di Pasqua, crolla il mito dell'isolamento di Rapa Nui - Dna svela contatti con le Americhe prima dell'arrivo degli europei

Il test del Dna dei nativi dell'Isola di Pasqua scalfisce il mito del totale isolamento in cui sarebbe stata confinata l'antica Rapanui prima dell'arrivo degli scopritori europei nel 1722. L'analisi genetica di 27 abitanti nativi dell'isola dimostra infatti che tra il 1.300 e il 1.500 d.C. ci furono contatti con i nativi americani: molto probabilmente furono proprio le canoe del popolo Rapa Nui a salpare verso est per poi tornare indietro.

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La rotta per le Americhe

La scoperta è pubblicata sulla rivista Current Biology da un gruppo internazionale di ricerca guidato dal Centro di geogenetica del Museo di storia naturale di Copenaghen. Si tratta della prima prova genetica che dimostra l'esistenza di un'antica rotta che nel Pacifico portava dalla Polinesia fino in America coprendo una distanza di oltre 4.000 chilometri. Tracce dei contatti con le Americhe del resto erano già state trovate dagli archeologi in Polinesia: è il caso dei resti di coltivazoni tipicamente americane (come la patata dolce delle Ande) che risalirebbero ad un periodo antecedente rispetto all'arrivo degli europei

L'origine di Rapa Nui

''Le antiche popolazioni umane hanno esplorato in lungo e in largo il Pianeta'', commenta la coordinatrice dello studio Anna-Sapfo Malaspinas del museo di Copenhagen. E i polinesiani non fanno certo eccezione: sarebbero stati loro, infatti, i primissimi coloni dell'isola di Pasqua. Un gruppo di quasi cento persone sarebbe salpato alla volta di Rapa Nui intorno al 1.200 d.C. Dopo essersi stanziati sull'isola, i coloni avrebbero costruito le famose piattaforme di roccia e oltre 900 statue, alcune di peso superiore alle 82 tonnellate.

Il Dna racconta

Oggi il Dna dei loro discendenti, quasi 20 generazioni dopo, torna a raccontare delle loro imprese nautiche verso il Nuovo Mondo. ''Quello che dicono i libri di scuola in merito ai fenomeni di colonizzazione umana, come il popolamento delle Americhe, dovrebbe essere rivisto alla luce dei dati genetici'', aggiunge Anna-Sapfo Malaspinas. Il Dna del popolo di Rapa Nui, del resto, parla chiaro: per il 76% è polinesiano, per il 16% europeo e per l'8% nativo americano.

http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubr ... 0be28.html



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MessaggioInviato: 12/11/2014, 20:38 
Quindi tutti gli esseri umani con gli occhi azzurri hanno un antenato comune... davvero interessante. Grazie dell' approfondimento!



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MessaggioInviato: 15/11/2014, 03:33 
Torno sulla questione dell'origine dei nativi americani.

Di sicuro se ne e' gia' parlato, ma non ricordo se sono stati postati riferimenti a pubblicazioni scientifiche che permettessero di dimostrare le varie tesi.

A quanto pare la teoria che vede i nativi americani derivare da molteplici popolazioni risulta contraddetta da recenti studi genetici, che invece avvalorano "the single ancestral population theory".

In sostanza quindi, ci sono sufficienti evidenze per affermare che i nativi americani deriverebbero da una singola antica popolazione, isolatasi comunque prima della migrazione nel continente americano.

Per quanto riguarda invece la datazione, lo studio pone un MRCA (most recent common ancestor) tra 7,325 and 39,900 anni fa ponendo la media generazionale a 25 anni, anche se bisogna dire che su questo punto vi sono parecchie metodologie di calcolo e nessuna e' la migliore in assoluto. Altri metodi, ad esempio, forniscono periodi ancora piu' antichi, alcuni fino a 48,775 anni fa. Significativo comunque che mediando tra tutti questi metodi, si ottenga una stima per l'MRCA di 12,825 anni fa.

Direi che questo studio non e' da sottovalutare per la teoria dell'out of atlantis.

Fonte

PDF studio pubblicato su journal Molecular Biology and Evolution



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MessaggioInviato: 16/11/2014, 13:05 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

COREANO: maschio + femmina di dio orso.
TIBETANO: femmina goblin (dea) + scimmia.
MIAO-YAO-LI: dea + cane.

Primo balzo evolutivo. L'orso è il mammifero più vicino ai primati (a mio parere), perché gli arti posteriori di un orso sono stati progettati in modo simile agli arti posteriori dei primati. D'altra parte se si trattasse di un cane o di un orso, in questa sede non importa.



Comunque, a prescindere da questa teoria, è senz'altro vero che gli ursidi hanno come parenti maggiormente prossimi i canidi (oltre che mustelidi e pinnipedi, con il che, volendo fantasticare, si ha un collegamento con il mito delle sirene).
Orsi e lupi non sono così distanti tra loro.

Non solo, ma in passato è esistita anche l'intrigante famiglia degli Anficionidi, detti anche cani-orso, estintisi comunque molto tempo fa (9 milioni di anni fa). Si trattava di animali a metà strada tra i canidi e gli ursidi, orsi cinoformi in pratica. Originari dell'Eurasia si diffusero grandemente in America.

A titolo di pura curiosità, la lunga tradizione di avvistamenti di un presunto "uomo-cane" (data la postura talvolta eretta, come nel caso di un orso, ma con muso da lupo) nel Michigan e nel Wisconsin nonché in diverse aree del Canada, che fanno pensare ad un criptide distinto dal più famoso sasquatch, hanno fatto sì che qualcuno pensasse a (molto poco probabili) popolazioni relitte di Anficionidi.


Ultima modifica di quisquis il 16/11/2014, 13:51, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 08/12/2014, 12:38 
La Teoria dell’Origine africana dell’Homo Sapiens è confutata

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Le prove scientifiche che confutano la teoria dell’origine africana dell’uomo moderno sono un cosa nota fra coloro che hanno familiarità con le più recenti pubblicazioni scientifiche sul genoma umano, il DNA mitocondriale e cromosomi Y. Purtroppo, nella stampa ufficiale e nei circoli accademici, sembra che ci sia un cospicuo – e lo diciamo con coraggio – deliberato vuoto quando si tratta di riportare le notizie di recenti studi e le loro ovvie implicazioni.

Lo storico australiano Greg Jefferys spiega che, “l’intero mito dell’Origine Africana ha le sue radici nella campagna accademica dominante nel 1990 per rimuovere il concetto di razza. Nonostante questa teoria sia stata confutata i mass media continuano a propagarla”. (Proprio come avviene per la teoria dell’evoluzione).

Tutto è cominciato nei primi anni 90. I ricercatori che hanno avuto la maggiore responsabilità nel “cementare” sia la teoria dell’origine africana che il complementare concetto di una comune madre africana ancestrale – chiamiamola Eva – in ambito pubblico e quasi in ogni corso di studi, sono stati il professor Alan C. Wilson e Rebecca L. Cann.

In loro difesa, gli autori di questa pubblicazione erano pienamente consapevoli del fatto che la genealogia non è in alcun modo legata alla geografia, e che la loro collocazione di “Eva” in Africa fosse un’ipotesi e mai un’affermazione. Un recente articolo su cromosomi Y pubblicato nel 2012, (Re-Examing the “Out of Africa” Theory and the Origin of Europeoids (Caucasians) in the Light of DNA Genealogy written by Anatole A. Klyosov and Igor L. Rozhansk) però conferma l’assenza di discendenza africana nei non-africani, mentre sostiene fermamente l’esistenza di un “antenato comune”, che “non sarebbe necessariamente in Africa. In realtà, non è mai stato provato che ha vissuto in Africa.”

Al centro dei risultati di questo esame approfondito degli aplogruppi (7556) è stata la mancanza di geni africani. I ricercatori hanno affermato nella loro introduzione che, “la constatazione che gli aplogruppi caucasici non discendono da aplogruppi africani A o B è sostenuta dal fatto che i caucasici, nonché tutti i gruppi non-africani non portano alcun SNI M91, P97, M31, P82, M23, M114, P262#8243;.

Con gli aplogruppi non presenti in alcun gene africano e in assenza di decine di marcatori genetici africani, è molto difficile, quasi impossibile sostenere alcun legame con l’Africa. I ricercatori sono convinti che la loro ricerca “offre le prove per riesaminare la validità del concetto di Origine Africana”. Infatti i ricercatori non vedono alcuna prova genetica in grado di corroborare la presenza di un antenato africano nell’albero genealogico dell’homo sapiens, e sostengono che “una interpretazione più plausibile potrebbe essere che sia africani che non africani discendono, in modo separato, da un più antico antenato comune”.

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Tutto questo nel momento in cui accuse di razzismo sono diventate luogo comune quando l’ipotesi dell’Origine Africana viene messa in discussione dalla montagna crescente di prove scientifiche contrastanti, soprattutto nel campo della genetica. Ma è ormai un fatto scientificamente inconfutabile che la specie umana contiene una quantità notevole di DNA (almeno il 20%), proveniente da altri ominidi non classificati come Homo sapiens; come Neanderthal, Denisovan, Africano arcaico, l’Homo erectus, e ora forse anche “Hobbit” (Homo floresiensis). Quindi non è “sbagliato” o scorretto parlare di razze in relazione a gli uomini.

Ci sono numerosi esempi di casi in cui due specie differenti (per esempio con un diverso numero di cromosomi) possono produrre prole, ma che sono considerate come specie separate. Detto questo, l’umanità ha dimostrato di essere, geneticamente parlando, una specie di ibrido che non condivide gli stessi antenati cacciatori-raccoglitori africani.

Per concludere il recente il sequenziamento di antichi genomi suggerisce che l’incrocio tra i membri di diversi gruppi umani, avvenne più di 30.000 anni fa, incluso il nostro sin ora sconosciuto progenitore comune. “Ci sono state molte popolazioni di ominidi”, spiega Mark Thomas, genetista evolutiva presso l’University College di Londra.

http://amagicast.com/la-teoria-dellorig ... confutata/


Ultima modifica di Atlanticus81 il 08/12/2014, 12:39, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 08/12/2014, 12:46 
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Scoperto uno dei più antichi lignaggi dell'umanità

Un genetista della Nanyang Technological University, il professor Stephan Christoph Schuster, che ha guidato un team di ricerca internazionale da Singapore, Stati Uniti e Brasile, ha scoperto con successo uno degli antichi lignaggi umani moderni attraverso il sequenziamento dei geni della tribù Khoisan del sud africa. Questa è la prima volta che la storia delle popolazioni dell'umanità è stata analizzata e confrontati con le condizioni climatiche della Terra negli ultimi 200.000 anni.


Immagine
Un cacciatore/raccoglitore Khoisan con arco e frecce.
Credit: Nanyang Technological University
I loro risultati sono pubblicati su Nature Communications.

Il team ha sequenziato il genoma di cinque individui che vivono in una tribù di cacciatori/raccoglitori in Africa del Sud, e lo ha confrontato con le 420.000 varianti genetiche attraverso 1.462 genomi da 48 gruppi etnici della popolazione mondiale.

Attraverso l'analisi di calcolo avanzate, il team ha scoperto che queste tribù Khoisan dell'Africa meridionale sono geneticamente distinte non solo da europei e asiatici, ma anche da tutti gli altri africani.

Il team ha anche scoperto che ci sono individui della popolazione Khoisan i cui antenati non si sono incrociati con uno qualsiasi degli altri gruppi etnici per gli ultimi 150 mila anni e che è stato i Khoisan furono la maggioranza degli esseri umani viventi per la maggior parte del tempo fino a circa 20.000 anni fa.

I loro risultati indicano che è ora possibile utilizzare il sequenziamento genetico per rivelare il lignaggio ancestrale di un qualsiasi gruppo etnico anche fino a 200.000 anni fa, se si trovano individui non mescolati, come nel caso dei Khoisan. Questo mostrerà se nella storia ci sono stati importanti cambiamenti genetici a un lignaggio ancestrale a causa di matrimoni misti o migrazioni geografiche che possono essersi verificati nel corso dei secoli.

"I cacciatori/raccoglitori Khoisan dell'Africa meridionale si sono sempre percepiti come il popolo più antico," ha detto il prof Schuster, uno scienziato della NTU presso il Singapore Centre on Environmental Life Sciences Engineering (SCELSE) ed un ex professore della Penn State University.

"Il nostro studio dimostra che davvero appartengono a uno dei più antichi lignaggi dell'umanità, e le sequenze del genoma di alta qualità ottenuti dalle tribù ci aiuterà a capire meglio la storia della popolazione umana, in particolare il ramo poco studiato del genere umano, come i Khoisan.

"I nuovi dati raccolti consentiranno inoltre agli scienziati di capire meglio come il genoma umano si è evoluto ed eventualmente portare a opzioni di trattamento più efficaci per alcune malattie, anche genetiche."

Dei cinque uomini che erano i più anziani membri della tribù Ju/'hoansi e di altre tribù che vivono nelle zone protette nel nord-ovest della Namibia, due individui risultano avere un genoma che non si era miscolato con altri gruppi etnici.

La tribù Ju/'hoansi è stata resa famosa negli anni '80 e '90 dalla serie di film di successo "Ma che siamo tutti matti?". Il personaggio principale della serie era un cacciatore/raccoglitore, interpretato da N!xau, un Boscimane.

Il primo autore del documento di ricerca, il dottor Hie Lim Kim dello SCELSE, ha detto che "è stato sorprendente che questo gruppo apparentemente non si sia incrociato con i vicini non Khoisan per migliaia di anni." Questo perché i popoli Khoisan e il resto dell'umanità moderna condivisero il loro più recente antenato comune circa 150.000 anni fa.

L'attuale cultura e tradizione Khoisan, dove avviene il matrimonio sia tra i gruppi Khoisan o come risultato di membri di sesso femminile che lasciano le loro tribù dopo aver sposato uomini non Khoisan, sembra essere di lunga durata.

"Uno dei principali risultati di questo studio è che, anche oggi, dopo 150 mila anni, singoli individui non mescolati o discendenti di coloro che non si sono incrociati con popolazioni distinte possono essere identificati all'interno della popolazione Ju/'hoansi, il che significa che potrebbero esserci molti più di tali individui unici in altre parti del mondo", ha aggiunto il dottor Kim.

Le tribù Khoisan che partecipano a questo studio avevano parti dei loro genomi sequenziati in un precedente studio della stesso team nel 2010. Il nuovo studio ha generato sequenze genomiche complete ad alta qualità, che hanno permesso l'analisi della mescolanza e della storia della popolazione. La disponibilità di tali genomi africani del sud di alta qualità consentirà ulteriori indagini della storia della popolazione di questo ramo in gran parte poco studiato del genere umano ad alta risoluzione.

Andando avanti, il prof. Schuster ha aggiunto che cercherà di trovare più persone non mescolate che si trovano in altre parti del mondo, come ad esempio in Asia meridionale e Sud America, dove esistono ancora tribù incontattate.

Fonte: http://tycho1x4x9.blogspot.it/2014/12/s ... naggi.html



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