Oggetti fuori dal tempo, avvistamenti tramandati nella letteratura storica. Qual è l'origine dell'uomo? Testi sacri e mitologie da tutto il mondo narrano una storia diversa da quella che tutti conosciamo.
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11/08/2010, 12:45

ASIA MISTERIOSA: DA AGARTHI A MU


Dire che l’Asia è la terra del mistero, è un luogo comune. Tuttavia molte volte è difficile avere il senso di quanto lo sia.


Supponiamo di avere dinanzi un mappamondo e di infiggere sulla sua superficie una bandierina colorata per ogni luogo misterioso; ci accorgeremo che l’Asia è il territorio sul quale teoricamente potremmo infiggere il maggior numero di bandierine.
Ma perché "potremmo"? Semplicemente per il fatto che per molte di queste località, o non sappiamo dove collocare la bandierina, o non possiamo collocarla perché non esiste più la località.
Come avrò modo di dimostrare molti parlano, o hanno parlato, di miti e leggende dell'India e dell'Asia centrale… nessuno sa cosa e dove siano.
Mi riferisco ad Agarthi, a Shamballà, alla regione dello Shangri-La, al continente Gondwana, alla Lemuria e, finalmente, a Mu.
I primi due sono accomunati da una sorta di identità oggettiva; il terzo è a metà strada tra il sogno e la realtà; gli altri sono connessi dalla personalità dei ricercatori che li hanno studiati.
Infine, nell’insieme vanno a costituire una struttura circolare perfetta.

AGARTHI L'INACCESSIBILE, GOVERNO OCCULTO E SINARCHIA
Tanto per incominciare il primo mistero riguarda l’identità oggettiva di Agarthi: si tratta di una città o di una località diversa?
Per molti Agarthi è un luogo fisico: così per la maggior parte dei misteriografi Agarthi è una città: misteriosa ed invisibile capitale di un mondo sotterraneo - talora reale e talora esclusivamente spirituale - alla quale possono accedere solo gli "Arhat" (illuminati), coloro che si sono liberati dai vincoli del "Sam Sara" (del modo concreto secondo le teorie dell’induismo vehdico).
Stando alla tradizione Agarthi "città" venne probabilmente fondata da saggi del continente Gondwana e si troverebbe agli antipodi dell'Isola di Pasqua.
Altri, ancora, ritengono che Agarthi si trovi in un punto imprecisato tra la Mongolia (a nord), il deserto del Gobi (ad est), l'altipiano del Tibet (a sud) e il deserto del Takla Makàn (ad ovest).
Non si tratta delle sole ubicazioni possibili: la rappresentazione letteraria la descrive come un luogo sotterraneo al centro di un antichissimo labirinto, ubicata in qualche posto della valle di Katmandu, quindi in Nepal.
Vi è anche chi ritiene Agarthi un luogo dell’immaginazione, una sorta di Nirvana.
Il fatto è che l’esistenza di una Agharti fisica con la connessa possibilità di una sua concreta strutturazione hanno spinto avanti numerosi ricercatori del XX secolo, come i vari Louis Jaccolliot, Saint-Yves D'Alveydre, Ferdinand Ossendowski e Renè Guenon; mentre resta, nella sua essenza, un mondo dello spirito retto dal "Brahmatma" (colui che ha il potere di parlare con Dio) ovvero il "Chakravarti" (Re del Mondo).
Nell’uno come negli altri casi, Agharti è quello che si definisce un "crocevia del mistero" e da essa sembrano dipanarsi i fili di molti degli enigmi insolubili della storia umana.
Il racconto di una città reale-irreale, per la verità, non è solo leggenda; il mito di un regno sotterraneo e segreto appartiene alla religione brahminica.
L’esoterista francese Renè Guenon, ha compilato un sostanzioso elenco di antiche tradizioni riguardanti una specie di Terra Santa per eccellenza induista.
Tuttavia bisogna chiarire che Agarthi non è un mito che torna su se stesso: a tale mito finiscono per fare capo, per un verso o per l’altro, l’Atlantide, il Regno di Prete Gianni, Camelot, l'isola di Avalon, il Montsalvat dei miti arturiani, ma anche l'omerica Ogigia, l’isola di Thule; il monte Meru della religione Scintoista, l’Olimpo della religione greca e il monte Qaf dell’islam.
È questa la ragione per la quale Guenon può parlare del Re del Mondo come di un "Manu" (sorta di legislatore universale, mediatore tra l'uomo e la divinità nel quale possiamo ritrovare).
Seppure in forme diverse, i vari "Menes" degli Egizi, "Menw" dei Celti, "Minos" dei Greci fino all’angelo Metatron della Kabalah ed all'Arcangelo Michele della Religione Cristiana ne costituiscono altrettanti esempi.
Ed è anche il motivo per cui si può sostenere che Agharti sarebbe il luogo di nascita di una religione universale, primordiale e perfetta: quella della "Età dell'Oro", dove si dice che l’uomo fosse in diretta comunione con Dio.
La religione di Agarthi si sarebbe diffusa dall'India fino al Nord Europa, dando origine alla civiltà Indo-Europea e l'antico legame potrebbe essere riscontrato - sotto il profilo semantico - ad esempio nella presenza della locuzione "Asghard" della mitologia germanica.
Il Re del Mondo è un capo religioso ma al tempo stesso, regge anche i destini del pianeta; si pensi alla figura del Re-Sacerdote impersonata da Artu. Egli fa in modo che il corso della storia segua un andamento in accordo con un indefinibile piano divino. In tal senso il Re del Mondo è il più alto esponente della "Sinarchia", una sorta di Governo centrale di uomini insigni, potentissimo e ramificato, i cui esponenti terreni ispirano e controllano i moti politici o d'altro genere che segnano l'evoluzione del genere umano.
Purtroppo, intorno al 1650 i rapporti tra Agarthi ed occidente si sarebbero interrotti in maniera irreversibile; probabilmente determinante sarebbe stato l’atteggiamento dei Rosa+Croce.
Gli Agarthiani avrebbero lasciato definitivamente l'Europa per ritirarsi in Asia.

SHAMBALLÀ (XAMBALA O SHAMBHALA)
È la Capitale del regno del male della tradizione buddistica e, in quanto tale, si oppone ad Agarthi; ma spesso le due città sono considerate come due facce di una stessa medaglia.
In ogni caso Shamballà sarebbe la sede di Maya (signore del male).
L’indirizzo tibetano dell’esoterismo buddista non ritiene Shamballà in antitesi rispetto ad Agarthi, che anzi corrisponderebbe al luogo sacro in cui vivono i saggi ed i maghi del Tibet tra cui "Milarepa" e "Tsongkapa".
Si sostiene che a Shamballà si riferirebbe il filosofo neopitagorico Apollonio di Tiana (IV sec. a.C. circa) il quale sarebbe giunto fino al Tibet. Secondo Peter Kolosimo, ed Andrew Thomas ne parlerebbe anche il retore ateniese Filostrato (II sec. a.C.) in un’opera utopica.
In verità nulla fa pensare che i due autori avessero intenzione di occuparsi di Shamballà e nutro seri dubbi sulla credibilità dell’ipotesi, soprattutto perché non corredata di riferimenti testuali. Si tenga tra l’altro conto del carattere che molti attribuiscono non solo alla città, ma anche al sito che la leggenda vuole situato sotto gran parte dell'Asia Centrale. Tanto per cambiare i dubbi vertono, innanzi tutto, sulla ubicazione per quanto mitica.
Infatti Cosma de Köros (1784-1842), studioso di tradizioni buddiste, la colloca oltre il Sir-Daria, la stessa località di una mappa del XII sec. conservata ad Anversa.
I primi viaggiatori e qualche studioso contemporaneo (come Peter Colosimo, Nicholas Roerich ed Andrew Thomas), per contro, parlano di una regione sconosciuta che si trovava, seguendo le orme del "Khan Baty", in Asia Centrale.
In ogni caso la città sarebbe chiusa da porte di pietra analoghe a quelle di "Vittimula" (Troia) ed in ciò Shamballà ripete un mito che si riallaccia alla leggenda anatomico/ittita di "Kessi" il cacciatore e, in genere, ai miti che ci parlano di discese nel mondo degli Inferi (compresi Ulisse ed Enea).

SHANGRI-LA, XANADU, GONDWANA E MU
Resta il problema di definire Shangri-la. Esso è, al tempo stesso, luogo dell'anima (si pensi al Walhalla della cultura germanica ed al mondo del Tao della cultura cinese) - che tutti sperano di trovare - ma anche un luogo reale della Cina sud-occidentale.
Il primo a documentarne l’esistenza fu un francese nel corso del XIX secolo.
Shangri-La è un altopiano che fa parte della zona tibetana, nel Sichuan, (tra la parte nord-occidentale dello Yunnan e la parte sud-orientale del Tibet) e comprende nove prefetture e città.
Con Xanadu torniamo nel campo del puro mistero.
Xanadu è individuata in con una località sotterranea, al tempo stesso leggendaria e letteraria, che dovrebbe trovarsi nella regione del Caracorum.
La fonte letteraria è costituita dalla poesia, dedicata al grande condottiero mongolo, amico di Marco Polo "Kubla Khan", dove Samuel T. Coleridge ne descrive la bellezza mitica ed ideale.
Dovrebbe corrispondere al palazzo di Kubilai Khan o alla capitale del Khanato.
Alfred Lothar Wegener è un geofisico vissuto agli inizi del XX sec., ideatore della teoria della deriva dei continenti. Dobbiamo a lui l’ipotesi del continente Gondwana che corrisponderebbe, grosso modo, a quella immensa zolla della Pangea che in epoca remotissima - siamo nella più lontana preistoria - avrebbe riunito America Meridionale, Africa, India ed Australia.
Un vero e proprio supercontinente, in sostanza, al quale l’archeologo contemporaneo Sabatino Moscati ha opposto Laurasia, zolla che avrebbe riunito America settentrionale, Europa ed Asia.
Gondwana e Laurasia, sarebbero state quindi delle mega-isole con un solo punto di contatto (non meglio individuato).
Nell’ambito del Gondwana si collocherebbe Mu.
Rimane aperto di il problema di definire cosa fosse e dove si trovasse con un minimo di precisione.

JAMES CHURCHWARD E LA SCOPERTA DI MU
Così Mu sarebbe una sorta di alternativa ad Atlantide.
Di Mu parlò, per primo, nel 1870 James Churchward, colonnello inglese di stanza in India. Egli ne sarebbe venuto a conoscenza in una maniera singolare: durante una delle periodiche carestie di quegli anni, era ospite del sommo sacerdote di un tempio che stava cercando di aiutare. I due, entrambi appassionati di archeologia divennero ben presto amici.
Fu così che il sacerdote avrebbe aiutato Churchward a tradurre un’antica iscrizione incisa sul muro del tempio rivelando che si sarebbe trattato di una lingua estremamente antica.
Il sacerdote inoltre avrebbe rivelato che nel tempio sarebbero esistite delle tavolette - scritte nella stessa lingua - contenenti sorprendenti rivelazioni sul luogo di origine del genere umano (proprio il continente Mu, una sorta di alternativa alla biblica Babilonia).
Il sacerdote rivelò che le tavolette, da lui definite sacre, erano redatte in un linguaggio oscuro, ma ricco di significati esoterici, e facevano riferimento ai "Naacal" venuti in Asia sudorientale a portare le sacre scritture, le scienze e la religione.
Fin qui nulla di strano: uno dei miti più diffusi al mondo è quello del civilizzatore ancestrale (si pensi al Cadmo greco, al Gilgamesh sumero ed al Thoth egiziano).
Ma era solo l’inizio dell’evento straordinario: infatti le tavolette non a caso sarebbero state ritrovate in una delle città sacre dell'India (Rishi) ma avrebbero fatto parte di una raccolta molto più vasta e sarebbero state compilate migliaia di anni prima, forse in Birmania o addirittura a Mu...
Ecco spuntare Mu. Ma non finiva qui: Churchward riuscì a scoprire che le tavolette erano di argilla cotta al sole (come le tavolette sumeriche) e riuscì a convincere il sacerdote a consentirne l’esame e la traduzione.
Churchward avrebbe scoperto, in tal modo, che le tavolette erano una sorta di Genesi. Il loro argomento centrale era quindi la "creazione" del mondo e dell'uomo (ritorna il motivo mitico sumerico-ebraico).
La presunta scoperta di Churchward dava il via alla caccia alle tavolette restanti che William Niven affermò di aver trovato in Messico, dove avrebbe scoperto duemilaseicento tavolette che facevano riferimento a Mu.
Il che lingua erano redatte? Dove erano custodite? Dove si troverebbero attualmente?
Nessuno lo sa! In ogni caso Niven affermò che esse avrebbero di dimostrato l'esistenza, in epoca "preistorica", di civiltà e cultura avanzata.
Naturalmente mi sto riferendo a Mu; ma viene da pensare alle città abbandonate dell’Indo come Mohenjo Daro e Harappa.

LA STORIA DI MU SECONDO CHURCHWARD
Churchword, naturalmente, non ha lasciato di sé alcuna traccia dal punto di vista scientifico; era il tipico avventuriero anglosassone con qualche pretesa intellettuale forse molto interessato ai risvolti finanziari di una scoperta e, quindi, sensibile al diritto d’autore. Egli costruisce su Mu un mondo da far invidia a John Ronald Reuel Tolkien a partire dall’aspetto geografico.
Secondo Churchward il continente (?) Mu sarebbe stato situato nell'oceano Pacifico e confinante a nord con le isole Hawaii ed a sud con una linea immaginaria tracciata tra l'isola di Pasqua e le isole Fiji.
Ma non basta perché egli prosegue con altri aspetti geografico-spaziali e antropologico-politici ricreando così una storia che sa tanto di raffazzonato e, quindi, purtroppo non unica.
Il capo politico di Mu sarebbe stato un tal Ra - Mu (una sorta di contaminazione tra miti egiziani e leggende pasquale: Ra[pa] Mu[i]).
Altrettanto va detto sotto il profilo etico-religioso.
La divinità suprema di Mu sarebbe stata "Ra", il Sole (chiara la contaminazione con la religione egiziana): di Ra i muani non avrebbero mai pronunciato ma il nome (anche qui chiara la contaminazione con la religione mosaica e musulmana).
È quasi superfluo rilevare che la solfa non cambia quando dalla religione passa a palare di flora e fauna: Mu non è che la copia conforme del Giardino dell’Eden.
Né più originale è l’aspetto antropologico che deriva dalla necessità di integrarsi con quelle che sarebbero state le tre razze preistoriche care alla filosofia neo-rosacrociana di Heindel.
Forse un tentativo di prendere le distanze dalla storia Cretese con la quale andava ad individuarsi la pretesa storia Muana e la sua talassocrazia: ecco perché a Mu Churchward attribuisce un indimostrabile impero coloniale che probabilmente Creta ebbe solo in maniera molto relativa (si pensi al mito dei giovani ateniesi condannati a fare da pasto per il Minotauro).
Per tale via a Mu si attribuisce un vasto impero coloniale: da quello Maya, Azteco, Incaico in America, a quello di Uighur nell'Asia centrale ed a quello dei Naga nell'Asia meridionale.

MU E L'ATLANTIDE
Col passare del tempo e col crescere della fantasia, Mu finisce col trovarsi su un percorso parallelo a quello di Atlantide; così, dopo 50.000 anni di stabilità geologica la parte meridionale del continente sarebbe stata sconvolta da catastrofi naturali come immani eruzioni e maremoti. Ma dal plagio non si scappa; neppure quando è inconsapevole.
In altri termini la fine di Mu si trova ad essere la fotocopia della vicenda di Atlantide, di Creta, di Santorini o di Krakatoa. La vicenda umana di Mu si sarebbe consumata lungo un arco di tempo di circa 37.000 anni.
Il parallelismo con l’Atlantide sembra reggere tuttavia solo sul piano esoterico.
Circa 13.000 anni fa sarebbe iniziato anche l’inabissamento di Atlantide, proprio mentre Mu avrebbe completato il suo ciclo finale con l’Inabissamento della propria zolla tettonica.
In questi 37.000 anni, in pratica, si sarebbe completata la deriva dei continenti ed il mondo si sarebbe ritrovato con una geografia simile alla attuale. Ma a questo moto estremamente lento difficilmente potrebbe essere seguita l’ipotizzata immensa onda di marea che avrebbe sconvolto il pianeta. Il fatto è che, una volta scelta la strada dell’analogia, è difficile liberarsene. E così non ci si libera dall’analogia con Santorini o col Krakatoa.
In ogni caso l’analogia esoterica mantiene tutto il suo fascino ed i suoi effetti.
I pochi sopravvissuti all’immane cataclisma erano in ogni caso abbastanza numerosi perché si desse vita ai miti e alle leggende di un perduto, favoloso passato.

CHURCHWARD E LE TAVOLETTE DI NAACAL
Churchward, dunque, sarebbe giunto alle sue conclusioni partendo dalla traduzione di tavolette, cui si aggiunsero quelle trovate da William Niven.
La definizione di "Tavolette di Naacal" fu dato proprio dallo esploratore inglese medesimo il quale individuò nei Naacal un antichissimo popolo abitatore di un continente scomparso: guarda caso si trattava proprio di Mu.
Churchward, nel tentativo di accrescere il credito verso le proprie conclusioni, dichiarò di aver utilizzato altre fonti tra cui:
"Codex troanus" ed il "Codex cortesianus" (Maya),
le iscrizioni del tempio di Uxmal nello Yucatàn (Maya),
il Manoscritto di Lhasa (Tibet),
le iscrizioni del tempio di Xochicalo a sud-ovest di Città del Messico (azteche),
il Ramayana (testo sacro indù).
Ma chi erano i Naacal e cosa erano le loro tavolette?
I Naacal avrebbero viaggiato in tutto l'oriente lasciando numerose testimonianze che gli indigeni avrebbero iscritte su tavolette redatte con una scrittura indecifrabile (il Senzar della Blavatsky?). Nella lamasseria tibetana avrebbero provveduto unicamente ad archiviarle e custodirle.
Ci troviamo alla chiusura del più classico dei circoli viziosi.
Infatti:
prima a parlare delle tavolette di Naacal fu la Blavatsky,
dalla Blavatsky che le avrebbe tradotte sarebbero pervenute, non si sa come, a James Churchward,
James Churchward rimane l’ultimo, ed anche l’unico, ad averle mai viste,
Ne consegue che James Churchward sarebbe stato la seconda persona a trovare notizie del continente scomparso.

CHI ERA JAMES CHURCHWARD
Churchward è generalmente ritenuto un impostore. Tuttavia occorre precisare che la leggenda di un continente-impero scomparso, nell'area del Pacifico, fa parte di numerosi racconti mitologici. Se ne trovano tracce nella mitologia polinesiana ed in quella indiana. Il Mahabharata, che narra i miti di Rama, include nel continente scomparso anche Ceylon.
Indipendentemente dalle delle fonti che lo ispirarono Chrurchward procedette alla stesura di un testo, da lui definito traduzione (riportato in "Mu, il continente scomparso").
Questa traduzione rivelava le origini sulla base di una geologia alternativa, frutto si conoscenze millenarie, secondo le quali l’umanità avrebbe trovato origine proprio a Mu.
A Churchward sono state mosse numerose contestazioni, anche indipendentemente dal contrasto con le fonti "ufficiali":
Viene in primo luogo in evidenza il contrasto con la Bibbia per il posizionamento del "giardino dell'Eden" in un continente ora sommerso dell'Oceano Pacifico. La storia biblica della creazione, l'epica narrazione dei sette giorni e delle sette notti, non sarebbe nata tra le genti del Nilo né nella valle dell'Eufrate, ma a Mu. Questa tuttavia, non è l’obiezione più rilevante.
In secondo luogo l’oggettiva impossibilità di traduzioni da una lingua sconosciuta (il Naacal) o da una lingua non ancora decifrata: nel 1920 la lingua Maya non era stata tradotta.
Churchward asseriva di "una comunità religiosa mandata da Mu nelle colonie per insegnare le sacre scritture, le religioni, le scienze" (di qui, probabilmente richiami a testi centro americani e tibetani). Naturalmente Churchward si guarda bene dal dire cove fossero custodite queste verità; come avrà fatto a tradurre le famose tavolette di Naacal?
La vicenda di Mu ebbe inizio con la scoperta di "Khara Kota", città sepolta dalle sabbie del Deserto del Gobi, ritrovata all’inizio del XX secolo dall’avventuriero russo "Kolko". Le rovine di Khara Kota, nella realtà ne nascondevano un’altra più antica che Kolkov dichiarò essere "Uighur", la capitale del regno dei mongoli delle steppe; egli dichiarò anche che lo stemma di Uighur fosse la lettera greca M ("Mu") inscritta in un cerchio diviso in quattro settori. Quale fu la reale portata delle scoperte di Kolkov? I pochi resti effettivamente successivamente ritrovati non corrispondono affatto a quanto da lui da lui descritto.
Indipendentemente da ciò che trovò effettivamente Kolkov, resta il fatto che, secondo Churchward, Uighur sarebbe stata era una colonia di Mu e per mezzo di essa Mu avrebbe esercitato il proprio dominio anche su Atlantide.
In effetti La storia di Mu, sebbene di origini più recenti, non si discosta dall’Atlantide Platonica se non sul fatto di una diversa ubicazione.

IL CONTINENTE-PONTE (LEMURIA) E MADAME BLAVATSKY
In ogni caso la vicenda di Mu si complica quando Philip L. Slater, zoologo inglese del XIX sec., illudendosi di essere un secondo Charles Darwin, inventa un terzo continente perduto.
Slater imposta il proprio lavoro sulla base di analogie riscontrate nell'evoluzione biologica e ambientale tra le coste dell'Africa, dell'India e della Malesia (si pensi, ad esempio, ai Lemuri del Madagascar).
Da quelle proscimmie, cioè dai Lemuri, Slater trasse il nome di "Lemuria".
Ma la Lemuria di Slater non corrisponde a ciò che i geologi chiamano Lemuria: un continente o un subcontinente che, nella teoria di Wegener, potrebbe aver unito l'Africa all'Asia nell’era Giurassica, cioè in un periodo compreso tra 180 e 130 milioni di anni fa.
Tuttavia si deve riconoscere che il clima scientifico ottocentesco dipendeva da sua maestà Charles Darwin; l'ipotesi che in un lontano passato fosse esistita un’ennesima terra scomparsa incontrò subito grande successo per quanto la presenza di Madame Blavatsky - siamo nel 1888 - rendesse ormai inestricabile la vicenda Mu-Lemuria, affondando ormai nel mare indefinibile dell’esoterismo, sulla soglia della fantascienza.
Nel 1888, Madame Blavatsky Helena Petrovna pensò bene di spostare Lemuria nel Pacifico, trasformandola in un luogo esoterico e nella sede della terza delle sei razze che (secondo lei) avrebbero popolato la terra. Non erano quindi sufficienti le tre razze ipotizzate dall’altro grande esoterista Max Heindel.
Ma chi era questa Helena Petrovna Blavatsky, sedicente studiosa di induismo?
Di origine Russa era nata nel 1831, iniziò la propria attività come cavallerizza di circo equestre; ben presto però si dette all’esoterismo divenendo seguace della teoria dell'origine extraterrestre della vita (idee esposte nel 1877 in "Iside Rivelata", confusa miscellanea di induismo, ermetismo, Kabalah ed occultismo).
Di fatto la vicenda della Blavatsky aveva avuto uno svolgimento analogo a quello che avrebbe seguito Churchward. La Blavatsky nel 1855 raggiunse il Tibet alla ricerca di misteriosi "Maestri sconosciuti" che avrebbe rintracciato in una non identificabile lamasseria tibetana. Dove compare, guarda caso, il solito testo misterioso. Inutile dire che la Blavatsky fu l’unica a vedere l’originale, da lei battezzato "le Stanze di Dzyan", redatto in lingua "Senzar" (?) la più antica del mondo.

LE STANZE DI DZIAN (O DZIANI)
Sull’esistenza di questo libro, attribuito ai "Maestri sconosciuti" occorre soffermarsi, non solo per i parallelismi con la "Tavolette" rinvenute da Churchward, quanto per gli accostamenti che inevitabilmente possono essere formulati con un altro famosissimo libro del mistero. Mi riferisco al fantomatico "libro di Enoch" che altra cosa rispetto ai nove libri di Enoch, apocrifo Biblico.
In effetti, secondo la Blavatsky (per la quale la vita sulla terra aveva avuto origine altrove: si ricordi la teoria dell’origine extraterrestre), la redazione delle stanze precederebbe la creazione della vita sulla terra.
Il testo riferito dalla Blavatsky sarebbe state scritte su foglie di palma... "rese impermeabili all'acqua, al fuoco e all'aria con un procedimento sconosciuto... Intensamente magnetizzato, in modo che se il lettore appoggia una mano sulla pagina che sta leggendo, vede gli episodi e riceve gli insegnamenti che vi sono scritti."
È impossibile da sintetizzare: solo il sommario occupa diverse pagine.
Esso narra la storia dei Dzyani, divinità provenienti dallo spazio, autori della creazione ma anche della distruzione di quattro delle sei razze dell’esoterismo teosofico (tra cui l’iperborea e l’atlantidea).
È inutile dire che il racconto della Blavatsky somigli stranamente a quello di altre divinità spaziali di cui si sono occupati i mitografi. Basterà ricordare, una per tutte, i Tuatha de Danann della tradizione celtica anch’essi provenienti dallo spazio.
Tuttavia il mistero si infittisce perché non solo sono scomparsi i testi originali ma la stessa traduzione della Blavatsky scomparve prima di arrivare in stampa: nessuno l'aveva vista!
Una versione, di cui non esiste originale, è comparsa nel 1915 a cura di una non meglio identificata "Hermetic Publishing Company", di San Diego in California, ed è stata tradotta pure in italiano. Ma si tratta di un chiarissimo apocrifo. L’unico dubbio che resta è quello se il falso sia imputabile alla Blavatsky o a chi eventualmente gliel’ha propinato.

A PROPOSITO DI TESTI FALSIFICATI
Porsi un simile problema non è peregrino. Si pensi alla confusione che si creò sul "Necronomicon", Grimorio inventato da Lovecraft.
Una dichiarazione di falsità non attesta certamente la reale falsità. A stretto rigore di termini non mi sembra corretto affermare che si tratti di "falsi" tout-court. Neppure oggi, seppure con l'ausilio di un computer, sarebbe facile realizzare un libro falso in copia unica quando un collezionista consenta di sfogliarlo sotto i propri occhi.
Vero è che il critico inglese William Emmer Coleman ci ricorda come la Blavatsky non era nuova a simili imprese: in "Iside rivelata" ella cita almeno 1500 testi inventati (li ha contati uno per uno?).
I sostenitori della Blavatsky hanno parlato di una congiura dei seguaci della cosiddetta cultura ufficiale; ma non esiste prova alcuna di tale congiura che assomiglierebbe alla congiura ebraica teorizzata dai fantomatici Venerabili di Sion del periodo nazista.
Notevole invece mi appare il parallelismo con le Tavolette di Naacal visti e tradotti dal solo James Churchward e delle quali neppure egli fu in grado di provare l’esistenza.
Naturalmente c’è sempre chi è disposto a giurare di aver visto l’originale come accadde per la "Steganografia" del cinquecentesco abate Tritemio, bruciato dalla Chiesa come eretico.

CONCLUSIONI
Le tavolette di Naacal - come le stanze di Dzian - sono svanite nel nulla e, in generale, si ripropone il problema dei libri scomparsi negli incendi di Biblioteche, da quella di Alessandria a quelle distrutte negli autodafé medioevali.
Dalle presunte stanze di Dzian si ricaverebbe la conclusione che la terra possedesse un movimento terzo rispetto alla rotazione ed alla rivoluzione. L'ipotesi, avanzata dalla Blavatsky, venne poi scientificamente dimostrata: si trattava, in effetti, della cosiddetta precessione degli equinozi.
Né bisogna dimenticare che nel 1896 A.P. Sinnet, scopritore di due pianeti transuranici, previde che il movimento di precessione degli equinozi avrebbe portato il polo nord verso l'equatore e questo verso il polo sud. L'ipotesi sembra essere stata dimostrata dall'astronomo G. E. Sutcliffe di Bombay; del resto i ripetuti spostamenti dell'asse terrestre spiegherebbero la presenza di residui tropicali nei ghiacci antartici.
Come se non bastasse la precessione degli equinozi (che la Blavatsky avrebbe appreso dalla solita biblioteca segreta), intervenne lo scozzese Lewis Spence in diretto appoggio alla Blavatsky; egli infatti riprese il discorso delle razze affermando che la razza dominante in Lemuria era quella bianca.
Non era altro che un omaggio alle teorie indo-ariane in voga al momento. Ma molti lo presero sul serio.
Ma torniamo a Churchward il quale non aveva fatto altro che aiutare certe credenze esistenti a popolarizzarsi vieppiù sulla vicenda, dando a Lemuria il nome definitivo di Mu.

I CONTINENTI ESOTERICI. DA MU AD AGARTHI: IL CERCHIO SI CHIUDE
Ma non era tutto: ben presto, come era già accaduto per Agarthi e per Atlantide, Mu assunse una dimensione extrafisica, esoterica e si legò indissolubilmente ad Agarthi.
Infatti il continenti perduto venne spostato nel presente, nell’epoca del "Kali-Yuga" mentre la sua collocazione nello spazio avvenne su un piano di realtà diverso da quello in cui vive l'umanità. Perché, mentre la vicenda umana restava legata al Sam Sara, il binomio Agarthi-Mu divenne una sorta di motore immobile, separato dal Kali Yuga da cui non poteva restare contaminato.
Agarthi-Mu appartengono, in altre parole, alla dimensione immutabile del Nirvana.
Resta da chiare cosa sia questo "Kali Yuga" (letteralmente: Età nera) cui ho spesso fato cenno.
Come appare evidente il nome comprende il nome di "Kali", la terza persona della trimurti vedica e ci rivela che si tratta del periodo di Kali che corrisponde al periodo oscuro della tradizione brahminica.
A scanso di equivoci debbo precisare che Kali Yuga non corrisponde ad alcunché dell’escatologia cristiana; la fine del Kali Yuga non segnerà la fine del mondo, ma la fine della realtà che noi conosciamo.
Se dovessi tracciare un parallelo con una realtà religiosa occidentale, rileverei piuttosto la somiglianza con l’avvento del Sausyant ed alla circolarità del mondo zoroastriano: al termine del Kali Yuga l'umanità sarà salvata dal "Buddha Maitreya", il "Buddha che sarà" identificato comunemente con il Re del Mondo.
Peraltro il Kali Yuga non si riferisce ad un evento futuro indeterminato e indeterminabile ("certus sed incertus quando").
Sotto il profilo religioso il Kali Yuga è perfettamente determinabile, essendo iniziato intorno al 3100 a.C. con una congiunzione globale dei pianeti. Questo rarissimo fenomeno astronomico, che coinvolge tutto il sistema solare, avrebbe avuto effetti disastrosi sulla Terra.
Sarebbe a questa congiunzione planetaria che dovremmo il Diluvio Biblico e, forse, a qualcuna delle catastrofi rivelate dal sacerdote di Sais a Solone (come ci rivela Platone nel "Crizia").
Stà di fatto che agli inizi del XX secolo Saint-Yves d'Alveydre (in India) e Ferdinand Ossendowski (in Mongolia) per primi vennero a conoscenza della collocazione mitica del continente esoterico Mu-Lemuria).
Ossendowski in particolare avrebbe scoperto ad Urga (l'attuale Ulam Bator) due oggetti provenienti da Agarthi: l'anello di Gengis Khan (con il segno della svastica) e il sigillo del "Re del mondo" o Buddha - Maitreya.
L’anno 3102 a.C., in ogni caso, riveste una particolare importanza nella vicenda di Agarthi perché è proprio in quell’anno che i suoi abitanti si sarebbero trasferiti nel sottosuolo allo scopo di evitare la contaminazione da parte del male.
Quella che era stata Paradesha (iranico = paradiso) divenne così Agarthi, "l'inaccessibile".

[align=right]Fonte: http://www.edicolaweb.net/arca001s.htm[/align]

11/08/2010, 12:46

SULLE ORME DI NICHOLAS ROERICH, ALLA RICERCA DI SHAMBALA


Archeologo, antropologo, pittore, disegnatore, costumista, scrittore, viaggiatore, diplomatico, conferenziere ed esperto di occultismo: tutto questo, e altro ancora, è stato Nicholas Konstantinovic Roerich: un personaggio che sembra uscito dalla fantasia di un romanziere e i cui dipinti, effettivamente, ricordano un po' le atmosfere oniriche e vagamente surreali descritte in certi racconti del soprannaturale di H. P. Lovecraft.


Era nato a San Pietroburgo nel 1874 e, incoraggiato dal pittore Mikhail O. Mikhesine, aveva incominciato a dipingere, iscrivendosi poi alla Accademia di Belle Arti. Nello stesso tempo conduceva anche gli studi di legge, per volontà del padre, che era avvocato.
Nel 1898 ottenne una cattedra nell'Istituto Imperiale Archeologico; tre anni dopo si sposò con Elena Ivanovna Shaposnikov, nipote del celebre musicista Mussorgskij, che gli diede due figli.
Ai primi del Novecento, Roerich era già una figura di spicco nel mondo culturale della capitale russa, interessandosi a svariate discipline, tra le quali l'archeologia, la pittura, la scenografia. Fra le altre cose, disegnò le scene e i costumi per l'impresario teatrale Serghej Dagilev e per il balletto di Igor Stravinsky "La sagra della Primavera".
Membro, dal 1909, dell'Accademia imperiale russa di Belle Arti, nel 1917 fu anche, per un brevissimo periodo, presidente del Comitato di artisti creato dallo scrittore Maksim Gorki, che si riuniva nello storico Palazzo d'Inverno a San Pietroburgo (ribattezzata nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, Pietrogrado, per ragioni di germanofobia).
Dopo la Rivoluzione di Ottobre, Roerich dapprima trasferì la sua famiglia in Finlandia; poi, nel 1920, decise di accettare l'invito del direttore dell'Istituto d'Arte di Chicago ed emigrò negli Stati Uniti, che divennero la sua seconda patria.
Nel 1923 alcuni suoi ammiratori fondarono il Roerich Museum, che si arricchì di un gran numero di opere dell'artista; mentre egli partiva, insieme alla moglie, per un lungo viaggio nelle regioni più interne e meno conosciute dell'Asia Centrale, visitando l'India, il Sikkim, il Tibet, la Cina e la Mongolia.
Nel corso di quel viaggio, come si vedrà nel brano qui sotto riportato, egli si imbatté anche in alcune testimonianze relative alla presenza di Gesù Cristo nella regione dell'Himalaia e, addirittura, nel suo presunto sepolcro, nella città di Srinagar, nel Kashmir, tuttora venerato come quello di un grande santo venuto a predicare dal lontano Occidente. Ma, di questo argomento, avremo occasione di riparlare in una sede più appropriata.
Tornato in America, nel 1928 Roerich fondò un Centro di ricerca per gli studi himalaiani, le cui finalità erano l'approfondimento dell'etnografia e dell'antropologia di quella regione dell'Asia, sulla base del ricco materiale raccolto sul campo.
Nel corso del viaggio in Asia Centrale egli non aveva, peraltro, interrotto la sua attività artistica; si calcola che in quegli anni abbia dipinto non meno di 500 tele, su un totale di circa 7.000 opere realizzate nel corso della sua intera vita. A queste bisogna aggiungere qualcosa come 1.200 testi letterari di vario genere: per cui il corpus della produzione complessiva di questo genio eclettico, sia nell'ambito artistico che in quello scientifico, è veramente enorme e tale da lasciare sbalorditi.
Roerich si era anche notevolmente impegnato a livello umanitario e filantropico, tanto che per ben due volte, nel 1929 e nel 1935, il suo nome era stato fatto quale candidato al Premio Nobel per la Pace.
In particolare, egli si era adoperato affinché le nazioni giungessero a un trattato internazionale che si impegnasse, in caso di guerra, al rispetto dei musei, delle biblioteche, delle cattedrali e delle università, le quali avrebbero dovuto godere di una immunità simile a quella accordata alle strutture sanitarie della Croce Rossa. La cosa giunse a compimento con la stipulazione, nel 1935, del cosiddetto patto Roerich, sottoscritto a Washington dai governi degli Stati Uniti e di una ventina di Paesi latino-americani.
Nicholas Roerich si è spento nel dicembre del 1947 e le sue ceneri sono state sepolte ai piedi dell'Himalaia, in vista delle grandiose montagne che aveva tanto amato, e che aveva ritratto in decine e decine di quadri pervasi da una misteriosa atmosfera di spiritualità e animati da un vivo e suggestivo senso del colore.

Recentemente sono stati tradotti e pubblicati in italiano due volumi di scritti relativi al suo grande viaggio esplorativo fra le montagne e i deserti dell'Asia Centrale, che hanno riproposto i temi ormai "classici" relativi alla mitica Shambala e al regno sotterraneo di Agharti, di cui aveva parlato, a suo tempo, anche il viaggiatore polacco Ferdinand Ossendowski, specialmente nel suo celebre libro "Bestie, uomini, dei". Roerich tratta l'argomento con l'atteggiamento positivo dello studioso di etnologia, ma anche con la passione del mistero che lo ha accompagnato in tutto il corso della sua vita, spingendolo a intraprendere studi di occultismo dei quali non sappiamo molto.
Tutto quello che si può dire con certezza è che il suo maestro di pittura, Kundizi, era anche un iniziato al sapere esoterico e dovette istruire il suo allievo, oltre che nel campo dell'arte, anche in quello delle dottrine occulte; e, inoltre, che in diversi luoghi dell'Asia Centrale, Roerich venne accolto dai monaci buddhisti non come un semplice viaggiatore - curioso ed erudito fin che si vuole, ma pur sempre distaccato - bensì come un maestro di saggezza, degno della massima considerazione.

Scrive, dunque, Nicholas Roerich in "Shambala, la risplendente" (1):

«In ogni città, in ogni accampamenti dell'Asia ho cercato di scoprire quali ricordi la memoria popolare custodiva con più ardore. Attraverso questi racconti conservati e preservati, si può riconoscere la realtà del passato. (...)
Tra le innumerevoli leggende e fiabe di vari paesi si possono trovare storie che raccontano di tribù perdute e di popoli che vivono all'interno della Terra. Da tutte le parti, e in luoghi diversi e molto lontano gli uni dagli altri, la gente parla di fatti identici. Ma correlandoli fra loro ci si accorge immediatamente che non sono altro che capitoli di un'unica storia. All'inizio sembra impossibile che possa esistere un legame scientifico fra questi mormorii distorti, raccontati alla luce dei fuochi di bivacchi del deserto. Ma in seguito, si comincia a cogliere la bizzarra coincidenza di queste molte leggende, raccontate da popoli che non si conoscono neppure di nome. (...)
In Kashmir si racconta della tribù perduta di Israele, certi eruditi rabbini potrebbero spiegarvi che Israele è il nome di coloro che cercano, e che non sta ad indicare una nazione, ma il carattere di un popolo. In rapporto con queste credenze, vi mostreranno, a Srinagar la tomba del grande Issa, Gesù. Potrete sentire la storia dettagliata di come il salvatore fu crocifisso, ma non morì, e di come i suoi discepoli portarono via il corpo dal sepolcro e scomparvero. Si dice che in seguito Issa si sia ripreso, e abbia passato il resto della vita in Kashmir a predicare il Vangelo. Si dice che, da questa tomba sotterranea, emergano vari profumi. A Kashgar, dove la santa madre di Issa si rifugiò dopo la crudele persecuzione subita da suo figlio, vi mostreranno la tomba della Vergine Maria. Ovunque trovate storie diverse di viaggi e spostamenti molto significativi; e a mano a mano che avanzate con la vostra carovana, questo vi procura il massimo piacere e una grande cultura. (...)
Ogni imboccatura di grotta suggerisce che qualcuno vi sia già penetrato. Ogni corso d'acqua, soprattutto quelli sotterranei, volge l'immaginazione verso i passaggi sotterranei. In diversi punti dell'Asia Centrale si parla degli Agharti, il popolo dell'interno della Terra. Molte leggende delineano essenzialmente la stessa storia, che racconta come i migliori abbandonarono la terra traditrice, cercando salvezza in contrade nascoste in cui acquisire nuove forze e conquistare potenti energie.
Sui monti Altai, nella bella valle di Uimon, sulle alte terre, un venerabile vecchio credente (Starover) mi disse: "Vi proverrò che la storia dei Chiud, il popolo che vive all'interno della Terra, non è solo frutti dell'immaginazione! Vi condurrò all'ingresso di questo regno sotterraneo."
Sulla strada che attraversa la valle circondata da montagne innevate, il mio ospite ci raccontò molte leggende sui Chud. È notevole che la parola "chud", in russo, abbia la stessa origine della parola "meraviglia". Allora, forse potremmo considerare i Chud come una tribù meravigliosa. La mia barbuta guida spiegò:
"Una volta, in questa valle, viveva la potente e fiorente tribù dei Chud. I Chiud erano in grado di fare prospezioni minerarie e di ottenere i migliori raccolti. Davvero pacifica e industriosa era questa tribù. Ma un giorno venne uno Zar Bianco, con innumerevoli orde di crudeli guerrieri. I pacifici e industriosi Chid non erano in gradi di opporre resistenza agli assalti dei conquistatori, e siccome non volevano perdere la libertà, rimasero quali servitori dello Zar Bianco. Allora, per la prima volta, crebbe in quella regione una betulla bianca e, secondo le antiche profezie, i Chud capirono che era giunta l'ora di partire. E i Chud, non volendo rimanere sotto il giogo dello Zar Bianco, se ne andarono sottoterra. Solo qualche volta potete udire cantare il sacro popolo; ora le loro campane risuonano nei templi sotterranei. Ma verrà il giorno glorioso della purificazione umana, e, in quei giorni, i grandi Chud riappariranno in tutta la loro gloria."
Così concluse il vecchi credente. Ci avvicinammo a una piccola collina pietrosa e, orgoglioso, egli mi indicò:
"Eccoci: qui c'è l'ingresso del grande regno sotterraneo. Quando i Chud penetrarono dai passaggi sotterranei chiusero l'entrata con le pietre. In questo momento siamo proprio accanto alla sacra entrata."
Ci trovavamo di fronte a un'enorme tomba circondata da grosse pietre, tipica del periodo delle grandi migrazioni. Di tombe di questo genere, con vestigia di reliquie gotiche, ne abbiamo viste nelle steppe della Russia meridionale sui contrafforti del Caucaso settentrionale; e, studiando questa collina, mi ricordai che, attraversando il colle del Karakorum, il mio sais, un ladakhi, mi aveva chiesto:
"Sapete perché le alte terre hanno un aspetto così particolare, da queste parti? Sapete che molti tesori sono nascosti nelle grotte sotterranee e che in esse vive una tribù meravigliosa, che ha orrore dei peccati della terra?"
Quando ci avvicinarmi a Khotan, inoltre, gli zoccoli dei nostri cavalli risuonavano a vuoto, come se stessimo cavalcando sopra alle grotte o a delle cavità. La gente della nostra carovana attirò la nostra attenzione su questo fenomeno, dicendo:
"Sentite che stiamo attraversando un passaggio sotterraneo cavo? Chi conosce bene questi passaggi, può servirsene per raggiungere paesi lontani."
Quando vedevamo l'entrata di una grotta, ci dicevano:
"Molto tempo fa, qui viveva un popolo. Ora, costoro si sono rifugiati nell'interno, hanno trovato un passaggio verso un regno sotterraneo. È ben raro che uno di essi ricompaia sulla terra. Questi personaggi vengono nei nostri bazar con una strana moneta antichissima, tanto che nessuno si ricorda neppure più del tempo in cui questa moneta era in uso dalle nostre parti."
Chiesi loro se ci era possibile vedere questa gente, ed essi risposero:
"Sì, se i vostri pensieri sono in armonia con quelli di questo santo popolo, e se sono altrettanto elevati, perché sulla terra vivono soltanto peccatori, e i più puri e coraggiosi passano a qualcosa di meglio."
Grande è la credenza in questo Regno del popolo che vive all'interno della terra. In tutta l'Asia, attraverso vasti deserti, dal Pacifico agli Urali, potete ascoltare le stesse leggende di un popolo santo, scomparso. E anche più lontano, al di là degli Urali, l'eco di questa stessa storia vi raggiungerà. Spesso si sente parlare di tribù all'interno della terra: a volte si dice che un popolo sacro e invisibile viva dietro una montagna, a volte gas velenosi o rigeneranti si spandono sulla terra, per proteggere qualcuno; a volte si sente dire che le sabbie dei grandi deserti si spostano e, per un attimo, lasciano vedere i tesori negli ingressi dei regni sotterranei. Ma nessuno oserebbe toccarli. Sentirete dire che nelle rocce, nelle catene montuose più deserte, si possono vedere le aperture che portano a questi passaggi sotterranei, e che, un tempo, belle principesse abitavano in questi castelli naturali.
Da lontano si potrebbero scambiare queste aperture per nidi d'aquila, perché tutto ciò che fa parte del popolo sotterraneo è nascosto. Talvolta la Città Santa è sommersa, come nel folclore dei Paesi Bassi e della Svizzera. E questo folclore coincide con vere scoperte nei laghi, e sulle sponde degli oceani e dei mari. In Siberia, Russia, Lituania e Polonia troverete numerose leggende e fiabe sui giganti che vivevano un tempo vivevano in questi paesi ma che, in seguito, non amando i nuovi usi e costumi scomparvero. In queste leggende si possono riconoscere le basi tipiche degli antichi clan: i giganti sono fratelli, e molto spesso le sorelle dei giganti vivono su altre rive dei laghi o dall'altra parte delle montagne; molto spesso essi non desiderano abbandonare il luogo, ma un evento speciale li spinge lontano dalla dimora. Gli uccelli e gli animali sono sempre accanto a questi giganti, e come testimoni li seguono e annunciano la partenza.
Tra le storie delle città sommerse, quella della città di Kerjenetz, nella regione di Ninji Novgorod,, è davvero magnifica: questa leggenda ha una tale influenza sulla gente che anche ora, una volta all'anno, molti credenti si raccolgono in processione attorno al lago in cui la città santa fu sommersa. È toccante vedere quanto siano vitali le leggende, vitali quanto i fuochi di bivacco e le torce della stessa processione che echeggia dei santi canti dedicati alla città. Poi, in assoluto silenzio, la gente attende intorno al fuoco di bivacco, e ascolta le campane a festa di chiese invisibili.
Questa processione ricorda la festa sacra del lago Manasarowar nell'Himalaia. La leggenda russa di Kerjenetz risale al periodo del dominio tartaro: sai racconta che quando le orde mongole vittoriose si avvicinarono, l'antica città di Kerjenetz fosse incapace di difendersi; allora tutto il santo popolo di questa città si recò al tempio e pregò per la salvezza. Davanti agli occhi stessi degli impietosi conquistatori, la città sprofondò solennemente nel lago che da allora è considerato sacro. Anche se la città si riferisce all'epoca del giogo tartaro, è possibile distinguere in essa basi molto più antiche, e le tracce dei tipici effetti delle migrazioni.. Questa leggenda non soltanto diede luogo a numerose varianti, ma ispirò anche numerosi compositori e artisti moderni., Tutti si ricordano dalla bella opera di Rimsky-Korsakoff "La città di Kitege".
Gli innumerevoli "kurgan" delle steppe meridionali sono circondati da molte storie che parlano dell'apparizione di un guerriero conosciuto di cui nessuno conserva la provenienza. I monti Carpazi, in Ungheria, conservano storie simili di sconosciute tribù, guerrieri giganti e città misteriose.
Se, liberi da pregiudizi, segnerete con pazienza su un mappamondi tutte le leggende e i racconti di questo tipo, sarete sorpresi del risultato. Quando raccogliete tutte le storie di tribù perdute e che vivono all'interno della Terra, non ottenete forse la mappa completa delle grandi migrazioni? Un vecchio missionario cattolico, un giorno ci disse casualmente che il luogo dove sorge Lhassa era un tempo chiamato Gotha. Nella regione transhimalaiana, a un altitudine tra i quindicimila e i sedicimila piedi, abbiamo trovato parecchi gruppi di menhir. Nessuno sa di questi menhir in Tibet. Una volta, dopo un intero giorno di viaggio attraverso le nude colline e le rocce transhimalaiane, vedemmo di lontano le nere tende che erano state preparate per accogliere il nostro accampamento. Contemporaneamente notammo, non lontano e nella stessa direzione, quelle lunghe pietre che sono così significative per qualsiasi archeologo. Anche da lontano potevamo distinguere la forma particolare di quella costrizione.
"Cosa sono quelle pietre, su quel pendio?", chiedemmo alla nostra guida tibetana.
"Oh - rispose - sono dei 'doring', delle pietre lunghe: è un antico luogo sacro. È molto utile mettere del grasso in cima alle pietre, così le deità locali aiutano i viaggiatori."
"Chi mise qui queste pietre?"
"Nessuno lo sa. Ma, dai tempi antichi, questo distretto si è sempre chiamato Doring, 'le pietre lunghe'. La gente dice che, molto tempo fa, da qui passò un popolo sconosciuto."
Sui rilievi transhimalaiani abbiamo visto distintamente lunghe file di pietre verticali. Questi viali terminavamo in cerchio con tre altre pietre nel centro.»

In effetti, da tempi immemorabili si vocifera di una rete di gallerie sotterranee che percorrerebbero in lungo e in largo i deserti dell'Asia Centrale; così come di un regno sotterraneo, Agharti o Agharta, nella cui capitale, Shambala, vivrebbe un misterioso popolo sottomesso a un monarca sovrumano, il Re del Mondo (di cui parla anche René Guénon in "Roi du Monde" (2)). A detta di Ossendowski, quando la natura tace improvvisamente e un fremito inspiegabile percorre le piante e gli animali, i Mongoli si prostrano a terra, perché sanno che il Re del Mondo, in quel momento, sta rivolgendo i suoi pensieri alla terra e sta pregando per alleviare le sofferenze e le ingiustizie che martoriano gli esseri umani.
Anche i racconti di popoli misteriosamente scomparsi sono antichi e relativamente numerosi, come ha osservato, giustamente, lo stesso Roerich; così come i numerosi "menhir", disposti talvolta in lunghe file, come quelli di Carnac, in Francia, continuano a sfidare la scienza, che non è stata in grado di dirci quasi nulla su di essi (quelli europei sono molto meglio conosciuti, ovviamente, ma neppure su di essi, in realtà, è mai stata detta una parola veramente chiarificatrice).
Uno di questi popoli scomparsi nel nulla è quello dei Chazari, di stirpe turca, che tra il VII e il X secolo fondarono un impero fra le rive del Mar Nero e quelle del Mar Caspio, e che si erano stranamente convertiti al giudaismo intorno al secolo VIII; per poi scomparire dalla scena della storia, lasciando dietro di sé mille interrogativi.
Un altro popolo ancora più enigmatico è quello degli Hsing Nu, dei quali pochissimo sappiamo tuttora, se non che praticavano una curiosa forma di religione astrale, per cui sono stati definiti "adoratori delle stelle".
Di loro, e del mistero che li avvolge e che avvolge specialmente la loro fine, ha parlato - tra gli altri - anche il pioniere dell'archeologia spaziale in Italia, Peter Kolosimo, in uno dei suoi libri più famosi e intriganti, "Terra senza tempo" (3), nei seguenti termini:

«Gli Hsinhg Nu non erano certo contraddistinti da un alto livello civile, ma, per molti versi, le testimonianze indirettamente pervenuteci sui loro monumenti c'indurrebbero a pensare il contrario: ci troviamo di fronte, insomma, ad uno dei tanti inspiegabili contrasti propri alle antiche culture.
Gli Hsing Nu abitavano una regione del Tibet settentrionale, a sud della grandiosa catena del Kun Lun, una zona ora desertica, in gran parte inesplorata. Non erano d'origine cinese: si pensa fossero arrivati laggiù dalla Persia o dalla Siria; i rinvenimenti effettuati, infatti, ci riportano ad Ugarit e, in particolare, alle raffigurazioni del dio Baal, dal lungo elmo conico e dal corpo ricoperto d'argento.
Quando, nel 1725, l'esploratore francese padre Duparc scoprì le rovine della capitale degli Hsing Nu, quel popolo, annientato dai Cinesi, apparteneva già da secoli alla leggenda. Il monaco poté ammirare i ruderi d'una costruzione nel cui interno s'ergevano più di mille monoliti che dovevano un tempo essere rivestiti con lamine d'argento (qualcuna, dimenticata, dai predatori, era ancora visibile), una piramide a tre piani, la base d'una torre di porcellana azzurra ed il palazzo reale, i seggi del quale erano sormontati dalle immagini del Sole e della Luna. Duparc vide ancora la "pietra lunare", un masso d'un bianco irreale, circondata da bassorilievi raffiguranti animali e fiori sconosciuti.
Nel 1854 un altro francese, Latour, esplorò la zona, rinvenendo alcune tombe, armi, corazze, vasellame di rame e monili d'oro e d'argento ornati con svastiche e spirali. Le missioni scientifiche che, più tardi, si spinsero laggiù, reperirono soltanto qualche lastra scolpita, avendo la sabbia, nel frattempo, seppellito i resti della grande città. Fu nel 1952 che una spedizione sovietica tentò di portare alla luce almeno una parte dei ruderi. Gli avventurieri della scienza si sottoposero a un lungo, massacrante lavoro, senza poter contare su strumenti adeguati, il cui trasporto in quelle regioni appariva impossibile; purtroppo essi riuscirono soltanto a strappare al deserto l'estremità d'uno strano monolite aguzzo, che sembrava la copia identica di quello della città morta africana di Simbabwe, con alcuni graffiti.
Dai monaci tibetani, però, gli studiosi russi appresero vita, morte e miracoli degli Hsing Nu. Furono loro mostrati antichissimi documenti in cui la piramide a tre piani era descritta sin nei minimi particolari. Dal baso all'alto, le piattaforme avrebbero rappresentato "la Terra Antica, quando gli uomini salirono alle stelle; la terra di Mezzo, quando gli uomini venero dalle stelle; e la Terra Nuova, il mondo delle stelle lontane."
Che cosa significano queste parole sibilline? Vogliono forse dirci che gli uomini raggiunsero chissà quale pianeta in un passato senza ricordo, che tornarono poi al loro globo d'origine e che, alfine, non ebbero più modo di comunicare attraverso lo spazio? Non lo sapremo probabilmente mai, ma i Tibetani pensano che sia in effetti così, affermano che quel popolo cercò nella religione il proseguimento dei viaggi cosmici, cullandosi nella credenza che le anime dei defunti salgano in cielo per trasformarsi in astri.
Interessantissima è la descrizione dell'interno del tempio, che collima in parecchi punti con quella resa da padre Duparc. Su un altare - rivelano le vecchie cronache tibetane - era posta la "pietra portata dalla Luna" ("portata", non "venuta"; non si sarebbe trattato, quindi, d'una meteorite), un frammento di roccia d'un bianco latteo, circondato da magnifici disegni rappresentanti la fauna e la flora della "stella degli dei". E dei monoliti a forma di fusi sottili, rivestiti d'argento. Sono animali e piante d'un pianeta colonizzato da cosmonauti preistorici, monumenti eretti a simboleggiare le loro astronavi?
Prima d'un "cataclisma di fuoco", gli Hsing Nu sarebbero stati civilissimi ed avrebbero coltivato diverse straordinarie scienze, le stesse che sono ancor oggi vive fra i Tibetani: essi sarebbero stati non solo in grado di "parlarsi a distanza", ma addirittura di comunicare con il pensiero attraverso lo spazio. Gli individui sopravvissuti alla catastrofe sarebbero precipitati nella barbarie, non conservando dell'antica grandezza che il ricordo deformati dalla superstizione.»

Leggende, favole, superstizioni?
Forse.
Tuttavia, noi sappiamo che le leggende non nascono mai per caso: si tratta solo di avere l'umiltà e la perseveranza di continuare a scavare intorno ad esse, con mente sgombra da pregiudizi scientisti, per veder riemergere, poco alla volta, il fondo di verità da cui sono nate.
Del resto, se non bisogna commettere l'errore di interpretare simili tradizioni in modo troppo letterale, non si dovrebbe cadere neppure nell'errore opposto: di negare tutto, di attribuire ogni cosa alla sola immaginazione o, tutt'al più, a un racconto allegorico.
Perciò, ritornando alla misteriosa Shambala e al regno sotterraneo di Agharti, bisognerebbe attribuire un fondo di verità sia all'interpretazione letterale, secondo la quale si tratta di un luogo fisico e materialmente raggiungibile; sia a quella esoterica, seconda la quale si tratterebbe di un luogo allegorico, ossia di una dimensione interiore della coscienza.
Che cosa significa, infatti, ciò che le persone interpellate dicevano a Roerich a proposito di quel regno sotterraneo: che il suo ingresso, cioè, è visibile "anche" fisicamente, ma solo a determinate condizioni, prima fra tutte la purezza di cuore e di mente di coloro che vi si accostano?
Ci troviamo in presenza di una dimensione che sta a metà strada fra quella fisica, materiale, e quella spirituale e religiosa; e della quale non potremo mai capire nulla, se non ci sbarazziamo del fardello di un Logos strumentale e calcolante che procede solo in termini oppositivi di vero-falso, giusto-sbagliato, possibile-impossibile.
Molti pensano che Nicholas Roerich si sia spinto nei luoghi più inaccessibili dell'Asia inseguendo proprio il sogno di poter individuare almeno l'accesso alla mitica Shambala; se non, addirittura, di potervi penetrare e di accedere ai suoi antichissimi tesori di sapienza.
Certo, è possibile.
Tutta la sua vita, comunque - anche dopo il ritorno negli Stati Uniti - sta a testimoniare che egli non era affatto un ingenuo sognatore e che aveva ben compreso il nucleo più riposto della saggezza orientale: che non incoraggia certo ad inseguire la conquista della verità con mezzi puramente fisici (ivi compresa la stessa magia, che è pur sempre una forma di manipolazione di forze naturali), ma a spostarsi sempre verso piani di consapevolezza più elevati, più puri e spirituali.

[align=right]Fonte: http://www.edicolaweb.net/dimen34s.htm[/align]

11/08/2010, 12:48

IL SEGNO DI SHAMBALLA


Anno 1928. "Qualcosa di lucente, vola molto alto. Prendiamo nelle tende tre potenti binocoli e osserviamo l'enorme sferoide che brilla ai raggi del sole, chiaramente visibile sullo sfondo azzurro del cielo, mentre si muove a grande velocità. Un attimo e lo vediamo scomparire dietro la catena di Humboldt dopo un brusco cambio di direzione. L'intero campo segue l'insolita apparizione e i lama bisbigliano: 'Il Segno di Shamballa'..."
È quanto scrive Nicholas Roerich, famoso ricercatore russo, nel suo libro "Cuore dell’Asia". Ancora non si parlava di Dischi Volanti.
Un manoscritto sulla geografia Tibetana indica Shamballa come una regione a Nord del fiume Sita. Secondo la "Guida di Shambhala" scritta dal terzo Panchen Lama Blo-Bzang (1738-1780), il Si-Ta scorre a Nord di un’immensa foresta e non può essere attraversato da un corpo perché quando questo gli si avvicina "diventa come pietra".
Per il gesuita Cabral il regno di Shamballa era posto vicino a quello di Sopo, identificato col territorio dei Tartari.
Shamballa, città di cristallo, capitale del regno di Agartha, o Agarthi, il potente regno nascosto nel sottosuolo di una regione compresa fra il Gobi, il Lop-Nor, il deserto di Takla Makan e quello di Ala-Shan. Sede del Re del Mondo, che parla con gli Dèi, il cui anello d'oro reca una targhetta con inciso l'antico simbolo cosmico: la svastica. Si dice che in Mongolia sia conservato un anello donato a Gengis Kan dal Re del Mondo sul quale si trova incisa proprio una svastica.
L'esploratore Sven Hedin agli inizi del secolo giunse a Sun-Tun-Buluk, luogo delle trecento sorgenti, a Nord del Tibet, fra le montagne dell'Astin-Tagh e Nan-Shan. Seguendo antichi racconti mongoli si diresse verso Ala-Shan, per raggiungere Anambar-Ula, chiamata dai locali "Shan-Ambal", senza mai raggiungerla.
Shamballa il luogo ove vivono gli Dèi, la terra dell'Amenti egizia, quella di Asar nominata nell'Edda scandinava; la Colchide degli Argonauti dove veniva custodito il Vello d'Oro; l'Isola di Avalon dove i Cavalieri della Tavola Rotonda cercarono il Santo Graal; la Shangri-la tibetana; il mondo sotterraneo.
Nel 1871 dalla sagace penna dello scrittore inglese Lord Edward Bulver Lytton nasceva la storia di un popolo che aveva scelto di vivere sottoterra sfruttando una sconosciuta energia psichica chiamata Vril. "La Razza Ventura", questo il titolo del libro, è una storia frutto di fantasia come ebbe a dichiarare lo stesso scrittore, che prende spunto dalle molteplici storie che si narrano da tempo sull'esistenza di un mondo sotterraneo.
Lytton giunge in quel mondo attraverso le gallerie di alcune miniere. Lo accoglie un uomo che tiene in mano una bacchetta di lucente metallo: lo scettro Vril. Lo scettro è descritto come un "bastoncino" metallico, cavo, provvisto nell'impugnatura di numerosi tasti attraverso i quali si dosa l'energia sprigionata. Curiosa coincidenza che le famose statuette della cultura Ubaid, rinvenute nel 1922 da Leonard Wolley a sette chilometri a nord di Ur, indicate come la rappresentazione delle divinità sumere, abbiano fra le mani una bacchetta simile allo scettro descritto da Lytton.
Si tratta del regno dei sopravvissuti ai cataclismi che percossero il mondo e causarono la scomparsa dei continenti, un mondo illuminato dalla luce verde che scaturisce dall'energia Vril.
Quest'ultima viene descritta come una specie di elettromagnetismo presente in natura, che sapientemente controllata e usata dalla mente umana, può influire sul clima, sulle coltivazioni; in pratica un meccanismo capace di orientare e ampliare il potere della mente.
Ricavata, con un procedimento segreto, utilizzando una corrente cosmica di natura magnetica, canalizzata e irradiata per mezzo di una gigantesca antenna chiamata Zed ove converge l’intera energia della Terra.
Quindi il Vril veniva usato per costruire nuove gallerie perforando le solide rocce, a rinvigorire il corpo e prolungarne la vita fisica, a provocare morte e distruzione e di conseguenza ad allontanare lo spettro della guerra, dal momento che non vi sarebbero stati né vinti né vincitori.
Utilizzando gli scettri Vril e strane ali meccaniche, il popolo si sposta attraverso quel mondo volando. Usando quell'energia muovevano navi volanti e altri tipi di veicoli.
Molti i racconti che da tempo circolano su tunnel e gallerie sotto le viscere della terra.
Platone ne parlava nel Crizia, La Bibbia contiene riferimenti nel Libro di Giobbe e Dante ne accennò nella Divina Commedia.
Antonio de Fuentes y Guzman, missionario spagnolo, nel 1869 scrisse che nel Guatemala esistevano gallerie nel sottosuolo, la più lunga misurava circa ben 50 chilometri.
Helena Blavatsky in "La Dottrina Segreta" parla di un misterioso onnipresente personaggio citato nelle leggende orientali che "esercita la sua potestà spirituale sull'intero mondo. Siede sulla soglia di luce, egli vi guarda dentro dall'interno del cerchio di tenebre che non oltrepassa; né abbandonerà il suo posto fino all'ultimo giorno del ciclo della sua vita."
La scrittrice seguendo le indicazioni di un avventuriero italiano incontrato a Lima, effettuò un sopralluogo nei pressi del confine peruviano alla ricerca dell'accesso ad alcuni locali sotterranei ove si dice sia custodito il tesoro Inca. Poté così ammirare una roccia a perpendicolo con impressi dei segni che forniscono l'indicazione per scoprire il segreto ingresso dei sotterranei.
Pieni di mistero i racconti degli Apaches che parlano di gallerie attraverso le quali i loro avi fuggirono dai nemici e si rifugiarono nell'America Meridionale. Percorrendole si arriverebbe a Tiahuanaco in un viaggio lungo alcuni anni. Gallerie scavate "da esseri vicini alle stelle usando raggi che disgregano le rocce".
Secondo la scrittrice nei sotterranei a Cuzco ritrovò un sepolcro, una camera con due porte formate da lastroni che si spostano su perni e cardini opportunamente celati. Una serie di tunnel che si snodano sottoterra coprendo enormi distanze: seicento chilometri da Cuzco a Lima, mille quattrocento circa fino alla Bolivia. La rete piega successivamente verso la cordigliera e va a perdersi nel deserto di Atacama, un tempo fertile pianura e quindi i locali sotterranei proseguiranno oltre.
Ai lettori che non credono Madame Blavatsky accenna all'esistenza di una mappa conservata nella sede della Società Teosofica di Madras in India. Una carta ove sono segnalate con precisione le gallerie, il sepolcro, la camera del tesoro e le porte segrete.
Ma senza la collaborazione dei governi, per cercare di ridurre i numerosi ostacoli, primo quello del ricambio di aria nelle gallerie chiuse da secoli, oltre a quello reale dei banditi, sarebbe impossibile accedere alla camera del tesoro di Arica.
Al confine fra Perù e Bolivia tre picchi delle Ande formano un triangolo, in uno di questi monti esiste l'accesso segreto ai tunnel che dirigono verso nord; celato e protetto da uno dei lastroni menzionati prima. Impossibile trovarlo perché la chiusura è talmente precisa che si camuffa con le pietre della montagna; inutile qualsiasi tentativo per accedere al tesoro.
È la nota "Strada degli Inca", la più famosa galleria del Sud America a sud di Lima, che traversa Cuczo, Tiahuanaco e prosegue fino al deserto di Atacama.
Un vecchio quechua, che aveva visitato il tunnel, le disse che la zona era infestata da banditi e contrabbandieri, e solo perché aveva con loro buoni rapporti fu in grado di raggiungere i parenti a Santa Cruz di Quiché, passando dai sotterranei che conducono ad una misteriosa città situata sotto la Cordigliera. Qualunque bianco che vi metta piede sarà ucciso, disse il vecchio alla scrittrice.
Anche John Lloyd Stephens, avvocato che amava viaggiare alla ricerca delle vestigia Maya, cita la stessa galleria nel suo libro. Proprio a Santa Cruz del Quichè un prete gli parlò di una città sperduta al di là della vetta della Sierra, in una grande pianura, conosciuta dagli indios, ove viveva una razza straniera, sfuggita all'invasione spagnola rifugiandosi nella parte sotterranea della città.
Stephens riuscì a rinnovare l'interesse per il mondo sotterraneo tanto da spingere alcuni studiosi ad entrare in una galleria vicino a Santa Caterina. A grande profondità trovarono una città. Di questa città parlarono anche due proprietari terrieri del luogo che affermarono di aver camminato per tre giorni nei tunnel prima di trovare la metropoli illuminata e popolata. In questa regione si parla di una razza che vive sottoterra e di veicoli volanti che alcuni ritengono siano quei dischi volanti che appaiono nei nostri cieli.
Un gigantesco sistema di gallerie di sezione rettangolare o quadrata che presentano un soffitto rivestito con uno strato vetroso, pareti che sembrano smaltate, sicuramente opera dell'uomo, è stato visitato anche da Däniken nel triangolo compreso fra S.Antonio, Yaupi e Gualquiza, nella zona del Rio Santiago. Risalirebbero a migliaia di anni prima dell'avvento dell'impero Inca, ma ben conosciute da quel popolo.
Si stendono per migliaia di chilometri sotto il Perù e l'Equador. Al suo interno sembra sia difficile l'orientamento, anche la bussola non funziona, gira in continuazione. Däniken parla di schermature metalliche o sconosciute radiazioni, ma non riporta dati di eventuali misurazioni a riguardo. Vi sono molte ossa coperte di polvere dorata.
In una sala enorme, di centodieci metri per centotrenta, è stato rinvenuto un tavolo con sette "cubi" facenti le funzioni di sedie, tutti completamente d'oro. Su di essi vi sono raffigurati diversi animali: orsi scimmie, bisonti, elefanti, coccodrilli, cammelli, giaguari, serpenti, lupi, lumache, granchi.
Nella sala sono stati rinvenuti fogli d'oro poco più di un millimetro di spessore, tutti con incisioni.
Molti reperti si possono osservare nella raccolta di Padre Crespi a Cuenca, conosciuta anche come "museo dell’oro", ove spiccano un modello di velivolo dal muso uguale ai B52 americani e il "dio delle stelle" rappresentato con quattro dita alle mani e piedi. Lo scrittore ne segnala migliaia.
Sembra che gli oggetti ritrovati possano essere datati dal 90.000 al 40.000 a.C. Quello che vi sarebbe inciso è a dir poco scioccante, ma le autorità del luogo non hanno nessun interesse a prelevare e custodire il tutto.
Ferdinand Hossendowsky, geologo ed esploratore russo, scrive nel suo "Bestie, uomini e dei", pubblicato nel 1923: "Più di sessantamila anni fa un Santo scomparve nel sottosuolo con un'intera tribù e non riapparve mai più. Nessuno sa dove si trovi questo luogo. Il popolo sotterraneo ha raggiunto le vette della conoscenza. Oggi è un grande regno popolato da milioni di uomini, e il Re del Mondo è il loro sovrano. Egli conosce tutte le forze della natura, legge in tutte le anime umane e nel gran libro del loro destino. Egli governa non visto ottocento milioni di uomini sulla superficie della terra ed essi eseguono ogni suo ordine Questo regno è chiamato Agharti. Si sviluppa attraverso una rete planetaria di gallerie sotterranee. Ho udito un lama in Cina riferire che tutte le caverne d’America sono abitate dall'antico popolo scomparso nel sottosuolo. Nella cavità del sottosuolo esiste una luce particolare che provoca la crescita di vegetali e dona una lunga vita."
Secondo Roerich "Come un diamante risplende la luce sulla Torre di Shamballa. Lì risiede, il re del Mondo infaticabile, sempre vigile per il bene dell'umanità. E la potenza del suo pensiero penetra anche nelle terre più lontane. La sua luce potentissima può annientare ogni tenebra. La gente di Shamballa a volte emerge nel nostro mondo."
Storie, teorie e ipotesi semplicistiche per spiegare arcani misteri, a volte collegati fra loro; miti e leggende di antichi popoli e terre scomparse.
Storie alle quali Adolf Hitler credeva fermamente tanto da sguinzagliare agenti e archeologi alla ricerca del mondo di Agarthi. Circondato da persone dedite all'occultismo e a pratiche esoteriche che lo persuasero a ricercare negli antichi reperti l'occulto potere necessario per la conquista del mondo.
Dietro suggerimento dell'occultista Krohn scelse la svastica come emblema del partito, invertendo la direzione delle braccia e trasformandola in un simbolo negativo.
Conquistata l'Austria s'impadronì della lancia che aveva trafitto il costato di Cristo custodita a Vienna e la nascose in un posto segreto a Norimberga.
Jacques Bergier, nel suo libro "Il Mattino dei Maghi", sostiene che Hitler ordinò molte spedizioni alla ricerca dell'Agarthi e del Santo Graal. Il fatto non è provato, ma è certo che i russi trovarono nella Berlino conquistata, i corpi di molti tibetani con indosso la divisa tedesca. Un mistero rimasto insoluto.
Si dice che fosse un potente mago, un invasato, un praticante dell'occulto; si racconta perfino che fosse in contatto con extraterrestri, perché affermò di aver visto la nuova razza; una razza potente di cui lui stesso ebbe paura, e perché Dietrich Eckardt, poeta e giornalista, educatore spirituale dello statista, affermò che aveva fornito al capo nazista i mezzi per comunicare con "loro". Quale oscuro significato si cela dietro alla parola "loro"? Chi?
Fantasie di narratori o storie con qualche fondamento? Alcuni particolari descritti nell'illustrare le vicende si ritrovano nei casi di abduction, e appare singolare la soppressione di astrologi e sensitivi che non lavoravano per lui.
Solo nel 1965 venne reso noto che durante la guerra, esattamente nel 1944, tale Antonin Horak, esperto speleologo al comando di un gruppo di partigiani cecoslovacchi, aveva casualmente scoperto, vicino a Lubocna, a 49° 2’ nord, 20° 7' est, una lunga galleria, che in un tratto apparì come di solido cemento. Non riuscì a prelevare nessun campione da quelle pareti lisce e levigate, sulle quali rimbalzavano i proiettili. Da quanto risulta nessuno ha ancora esplorato il tunnel.
Robert Charroux scrisse nel 1969: "Le dottrine teosofiche insegnano che i Signori di Venere fondarono la Grande Loggia dell'Iniziazione non appena ebbero raggiunto la Terra; la loro attuale dimora è chiamata simbolicamente con l'antico nome di Shamballa. La leggenda del Regno Sotterraneo dove sono custoditi gli archivi segreti del mondo e dove vivono i Maestri è una gloriosa realtà."
Il nostro pianeta è percorso da numerosi tunnel, moltissimi dei quali comunicanti fra loro, la cui costruzione si attribuisce alla razza dei giganti che si dice popolasse la terra prima di noi. Quei giganti che istruirono i primi uomini; classificati dalla dottrina esoterica come la terza razza.
Il più importante complesso sotterraneo americano è rappresentato dalle caverne del Loltun. Al suo interno statue gigantesche scolpite su stalagmiti e stalattiti in un epoca molto remota da coloro che vengono indicati dai maya come i "Puuc". Vi sono rappresentati uomini altissimi con la barba; la più alta misura tre metri e sembra provvista di ali. In ogni caso è senza dubbio la raffigurazione di un gigante che ricorda la figura di Viracocha.
Esistono gallerie che collegano le isole dell'arcipelago Hawaiano; altre se ne contano in California e Virginia, in Asia, Oceania e Svezia, in Cecoslovacchia nelle Baleari e a Malta.
Una galleria unisce la Spagna con il Marocco, è stata esplorata solo per cinquanta chilometri. Sono tutti concordi nell'asserire che le scimmie di Gibilterra siano giunte dal Marocco proprio attraverso questo passaggio.
Racconti classificabili "ai confini dell'impossibile", descrivono l'esistenza di gallerie che mettono in comunicazione vari punti del globo lontanissimi fra loro. Per qualcuno sono state costruite senza disporre di strumenti elettronici di misurazione, o ultrasuoni.
Sembra siano stati trovati sul pianoro di Roosevelt fra Amazzonia e il Mato Grosso, giganteschi dischi di pietra su cui sono incisi simboli indecifrabili e alcuni caratteri cuneiformi. Si ritengono calcolatori astronomici, ma richiamano alla mente i dischi descritti da Zacharia Sitchin nei suoi libri.
Vi sarebbero incise le regole e le coordinate per effettuare un atterraggio, quello delle navi provenienti dal pianeta Nibiru.
Nella zona di Kabul, regione di Bamiam sorgeva una città al centro di una valle circondata da gallerie e sorvegliata da cinque statue di diverse misure, rispettivamente di 54 metri la prima, 38 metri la seconda, 18 metri la terza, 4 metri la quarta e due metri la quinta. Le origini risalirebbero a tempi antichissimi e si accomunano facilmente alle cinque razze di cui si parla in molte saghe religiose, si dice che esse raffigurino le misure di coloro che hanno abitato la terra dai giganti fino a noi.
Quando i sovietici s'interessarono al "pozzo senza fondo" dell'Azerbaigian, scoprirono un labirinto di gallerie corrispondenti a quelle della regione caucasica, con graffiti rappresentanti la svastica, la spirale e il segno dell'infinito. Molti tunnel tracciati nell'interno delle montagne non poterono essere esplorati perché interrotti da frane. Fu rinvenuta una vastissima piazza dentro una caverna alta più di venti metri, scavata da esseri intelligenti. I tibetani le attribuiscono ad un antico ignoto popolo scampato ad un immane cataclisma oltre dodicimila anni fa. Alcuni ricercatori le associano al mito di Shamballa.
A Malta le gallerie sono percorse da rotaie larghe 10 o 15 centimetri il cui scopo è sconosciuto. Passano sotto le tombe fenice e sono a tre livelli. La loro origine è antichissima e probabilmente collegavano l'isola con quelle vicine, forse anche all'Italia e all'Africa. Lo si può dedurre perché spariscono nel mare o si fermano sull'orlo di precipizi in direzione di quei continenti.
I denti umani rinvenuti a La Valletta indicano che più di diecimila anni fa l'uomo popolava Malta; ma resta un mistero la mancanza di scheletri risalenti all'epoca delle grandi costruzioni.
Nel santuario di Manaidra, edificato con massi ciclopici, si sono trovati cumuli di vasi neolitici. Ivan Lissner scrive che sembrano il gioco distrutto di un gigante.
Nell'isola di Gozo, classificata come sorella di Malta, sono stati trasportati massi e lastroni da molti chilometri di distanza per edificare i templi, dei quali restano solo le rovine note come "la Gigantea". Pietre alte più di cinque metri, lunghe otto, larghe quattro.
Anche le rovine di Hajar Kim sono composte da pietre colossali: colonne di cinque metri, tavole lunghe sette. Trasportarle da un punto ad un'altro sarebbe tuttora difficile.
In base al materiale rinvenuto inoltre si può asserire che i costruttori di quelle gigantesche opere erano anche esperti navigatori. L'ossidiana, la giada, non esistono a Malta, e furono importate con l'avorio. Da annotare che sull'isola non è stato ritrovato nessun attrezzo metallico.
Grotte e sotterranei artificiali, sui quali è stato posto un "off limits", percorrono il Perù.
Anni fa, nella zona di Tacna, in seguito a segnalazioni di strani avvistamenti, furono scoperte dal Centro Spedizioni Andine, due estesissime piattaforme di fronte ad un vulcano. Sono poste a 3.200 metri di altitudine, misurano 70 metri quadrati, formati da 270 blocchi di lava uniti fra loro, ove si possono notare alcuni segni neri che si ipotizza siano tracce lasciate dalle fiamme di veicoli spaziali. Si ricollegano a quelle scoperte sul monte Har Harkom nel Sinai.
Le leggende Andine narrano di un tunnel che da Descadezado Grande porterebbe al confine tra Perù e Cile, vicino al lago Titicaca. Secondo Simone Waisbard altre gallerie collegherebbero questo lago a Cuzco. Non vi sono state né smentite, né conferme da parte degli archeologi peruviani.
Si dice che la porta del sole nasconda l'ingresso di un gigantesco tunnel. Dal Lago Titicaca si aprono numerose gallerie che si estendono per tutta la regione e contengono ampie sale costruite artificialmente. Gargilaso della Vega dichiarò di averne esplorate alcune. Secondo le leggende indigene del luogo, vi si nascondeva un enorme serpente d'oro in grado di "salire al cielo". Era il serpente Amaru, che segna, sul loro calendario, l'inizio dell'anno e coincide con l'apparizione delle Pleiadi.
Storie che si perdono nel tempo trasformandosi e distorcendosi, che non facilitano la ricerca delle tracce di quella civiltà precedente alla nostra, chiamata oramai da tutti la "Prima", della quale siamo, o il frutto, o i sopravvissuti.
Certo il lago Titicaca è ancora il perno di varie leggende. Qui il dio Virachoca avrebbe lavorato alla creazione di una razza perfetta fallendo per ben quattro volte.
Queste le leggende, ma sul lago c'è ben altro.
L'imperatore Atahualpa mostrò a Pizzarro "l'impronta lasciata dal Sole quando prese lo slancio per salire in cielo". In quel punto vi è infatti una grande bruciatura sulla pietra, descritta dagli spagnoli nella loro relazione.
Un collegamento con le impronte di Tacna? Alla storia di Gargilaso della Vega e il suo serpente d'oro?
Lo scrittore Mc Carthy riferisce che le gallerie rappresenterebbero costellazioni, lo avrebbe dedotto dalle letture degli scritti di Cieza de Leon, sacerdote soldato, insigne cronista spagnolo.
Alcide D'Orbigny disse che ovunque si notavano bocche sotterranee e l'austriaco Tschudi esplorò tunnel che si estendevano in tutta la regione formando grandi sale costruite con cura.
A chi si chiede come mai non esistano resti di prodotti tecnologici avanzati, residui di lavorazioni di metalli come il ferro e acciaio, dobbiamo far notare che il numero di anni trascorsi, più di dodicimila, sarebbe oltremodo sufficiente a cancellare ogni traccia della nostra presenza e dei nostri prodotti tecnologici, su questo pianeta. Basti pensare che solo dopo cinquanta anni gli agenti atmosferici, la ruggine e altri agenti corrosivi, sommati all'abbassamento naturale del terreno, sono sufficienti a cancellare più del 50-60% dei prodotti metallici da noi usati oggi.
I nostri mattoni non avrebbero certamente resistito come lo hanno fatto le costruzioni megalitiche delle antiche civiltà, fino ai nostri giorni. Solo quelle pietre ci raccontano storie spesso incredibili.
Nel deserto di Gobi fra le rovine della città di Khara Khoto l'archeologo russo Koslow, rinvenne una pittura, databile a diciottomila anni prima, che ritraeva due giovani con uno stemma formato da un cerchio diviso in quattro parti, con al centro una grande "M"; la lettera greca "MU".
Nel 1868 Churchward studiò strani bassorilievi attribuiti da un monaco suo amico a due "Naacals" giunti da "Mu" a portare la saggezza. Nei sotterranei del monastero ne furono rinvenuti altri e sembra che, decifrandoli, Churchward leggesse la storia della creazione della Terra e dell'uomo.
Si racconta che la più grande colonia di MU fosse stata Uighur (Manciuria), circa diciannovemila anni fa l'Asia e l'Europa meridionale erano sotto il suo dominio. Secondo Churchward la città di Khara Khoto scoperta dal russo Koslov, sarebbe in effetti Uighur. Situata vicino a Cekè, a sud del Gashun Noor, tra due deserti, quello di Gobi e quello di Ala Shan, Khara Khoto avrebbe più di cinquemila anni. Sotto il primo strato sono emersi resti databili fra i dodicimila e i ventimila anni.
Nicholas Roerick, studioso di scienze orientali, parlò di gallerie che univano colossali città costruite sottoterra da esseri venuti dalle stelle.
Luoghi che racchiudevano i segreti dell'Universo che saranno svelati all'uomo solo quando sarà l'epoca di Maitreya, Il Signore della Nuova Era, portatore dell'ordine cosmico, le cui leggi hanno origine dagli altri mondi del cielo.
Molte le storie che parlano dei due continenti scomparsi sotto gli oceani, i cui abitanti si rifugiarono del mondo sotterraneo dell'Agarthi. Harold Wilkins riferisce di un mare interno dell'Asia Centrale che si era prosciugato formando il deserto di Gobi. In quel luogo era sorta una magnifica isola abitata "da uomini scesi dalla stella bianca".
Le leggende indiane e tibetane identificano la stella con Venere. Secondo il libro di Dzyan un "vascello del cielo venusiano" sarebbe atterrato sull'isola nell'anno 18.617.841 a.C. Un calcolo inesatto fatto su alcune discutibili tavole braminiche. Resta il fatto che da quel luogo avrebbe colonizzato l'intero pianeta civilizzandolo.
All'isola si giungeva attraverso gallerie sottomarine che la collegavano alla terra ferma. Ancora oggi fra le rovine si aprono ingressi di gallerie esplorate solo in parte.
L'esploratore Henrich Harrer scrive, in un suo libro, che tutto è narrato in una colossale raccolta di scritture religiose di 108 volumi, con 225 libri di commentari; scritte, nella lingua degli Dèi, da esseri provenienti da altri pianeti (Ruote) detti Dhyani. Ne parlò Madame Blavatsky affermando che ogni volume peserebbe circa più di venti chilogrammi.
I libri depositari di tutti i segreti e delle scienze; sono custoditi in luoghi elevati, avvolti in panni di seta sacri.
Il ricercatore Valentino Compassi ci ha raccontato di averne potuto ammirare uno, di grande mole, portato e sfogliato con l'aiuto di altre persone, con un titolo a lettere d'oro; in pratica conferma ciò che fu dichiarato da Peissel Michel nel 1937; un libro di 130 centimetri, avvolto nella seta, copia di un originale, con sulla coperta barre di dieci centimetri d'oro a formarne il titolo, con pagine in fogli d'oro, e altre nere con caratteri scritti in oro.
L'esploratore Ivan Lissner descrisse una via delle seta sotterranea, con entrata nel Turkestan, oltre il passo di Terek.
Passando da Khotan, si arrivava a Tun-Huang e a Sian-fu. Una via misteriosa percorsa dalle leggende, ove sarebbe sepolto Pan Chao, un guerriero cinese che scoccò le sue frecce contro i nove soli apparsi nel cielo. Giace accanto all'uomo di giada che poteva camminare nel cielo, e scatenava fulmini verdi.
Le sabbie del Takla Makan avvolgono quasi sempre la zona di Kashgar, nascondendo agli occhi degli uomini i "demoni del cielo" che dimorano in quel luogo.
A sedici chilometri da Tun-Huang le grotte dei mille Buddha; simili alle caverne di Yun-Kan, di Lung Men a Loyang e di Lou Lan.
Si dice che le grotte di Tun-Huang siano state scavate millenni orsono, e siano uno dei tanti ingressi per arrivare nell'Agharti e nel regno di Shamballa.
I manoscritti e i dipinti su seta si trovano nella Biblioteca Nazionale e al Louvre di Parigi, in parte al Museo Britannico. Molti irrecuperabili, ma sembra siano state trovate carte celesti e geografiche con terre oggi scomparse.
Nella grotta che porta il numero 58 si può ammirare un grande Buddha addormentato intorno al quale si affollano tanti individui; vi si possono riconoscere vari rappresentanti delle razze umane compresi gli Indiani Americani e stirpi sconosciute.
Il Kurdistan è un altro luogo ove si possono visitare ambienti sotterranei.
Fra il 1948 e il 1955 furono condotti alcuni scavi dal professor Robert Braidwood che riportarono alla luce il villaggio di Chemchemal, situato su di un labirinto di sei livelli.
Nel 1964 fu rilevato un sito sotto terra a Kaymakli, parzialmente inesplorato, composto da più piani comunicanti con rampe di scale, corridoi, pozzi di aerazione, tutti scavati nella pietra vulcanica.
La città sotterranea più grande della zona si trova a Derinkuyu, scoperta nel 1963, copre un aerea di sei chilometri quadrati, su diciotto livelli, di cui solo otto esplorati. Nei primi tre piani potevano vivere ben diecimila persone. È collegata con Kaymakli distante otto chilometri.
Questi sotterranei non sembrano certamente essere opera dei cristiani che volevano sfuggire agli arabi, come ufficialmente è stato dichiarato; la loro datazione risale al 9500 a.C..
Shamballa può essere ovunque, qualche anno fa nella foresta amazzonica è stata rinvenuta una città antichissima.
Secondo quanto asserito da Brugger nel libro "La cronaca di Akakor" esisterebbero tredici città sotterranee collegate fra loro da tunnel dove l'aria passa attraverso lunghi condotti e illuminati da specchi che riflettono la luce solare. Tredici città come i teschi di cristallo.
Erano i luoghi dove dimoravano gli Dèi giunti 15.000 anni fa, con le loro navi lucenti come l’oro; ambienti lasciati in eredità agli umani.
Mirella Rostaing ha scritto di aver saputo da un indio dell’esistenza di un passaggio segreto conosciuto come "Tampu Tocco", attraverso il quale si accede ai mondi esistenti nelle viscere della terra. Nelle grotte che si trovano sui monti della regione si troverebbe il passaggio che condurrebbe nelle valli sacre.
Tunnel sono segnalati in Alaska sotto lo stretto di Bering, in prossimità della catena dei monti Chersky, gallerie recentemente scoperte e non completamente esplorate; lunghi tratti sotto la Mongolia e in Azerbaijan dove, secondo Kolosimo, studiosi russi scoprirono gallerie collegate con altre in Georgia e nel Caucaso. Vi sono sotterranei che continuano sotto il fondo dell'oceano; gallerie e città sotto la catena dell'Himalaya, sotto i monti dell'India.; perfino in Nigeria si parla di un tunnel che arriva fino all'Atlantico.
Non vi sono sepolti fiabeschi tesori ma, a volte, vi si trovano reperti talmente remoti che avvalorano il passaggio di una precedente civilizzazione; come il teschio appartenente al terziario trovato in California a quaranta metri di profondità in una miniera nascosta dalla lava e la strada sepolta sotto sei metri di sabbia desertica di cui Harold Wilkins riporta notizia.
La cosa più stupefacente riguardo a un mondo nascosto, o parallelo, giunge attraverso le vicende di un esploratore della Marina Militare Americana, l’ammiraglio Richard Byrd in seguito ad una serie di esplorazioni polari. "Volevo vedere questa Terra oltre il polo Nord. - dichiarò - Questa area oltre il polo è il centro del grande Sconosciuto".
Nel 1947 l'ammiraglio compì un volo esplorativo al Polo Nord e nel 1956 un altro al Polo Sud. Si verificarono due eventi proprio incredibili perché sembra che, per ben due volte, abbia percorso molti chilometri oltre i poli, sia al nord che al sud. All'epoca attraverso un comunicato radiofonico venne annunciato che membri della spedizione degli Stati Uniti erano penetrati per 2300 miglia in una terra oltre il Polo Sud. Byrd dichiarò di aver puntato la rotta sul polo magnetico e di ritrovarsi ad osservare un repentino cambiamento delle condizioni climatiche e una mutazione generale della flora e della fauna. Per svariati chilometri sorvolò un territorio tropicale con laghi, montagne, alberi, effettuando una radiocronaca diretta dell'esplorazione. Parlò di una verde vallata fra i ghiacci, con mammut che pascolavano; di due Dischi volanti che lo costrinsero ad atterrare scortandolo in una città di cristallo. Fu portato in un mondo sotterraneo e condotto al cospetto del capo di quel popolo, gli fu detto che si trovava nel mondo degli Ariani. Sull'accaduto fu steso un fitto velo di segretezza. Le eventuali aperture ai poli possono dare credito a ipotesi di porte dimensionali. L’ammiraglio Byrd morì poco dopo la seconda esplorazione al polo Sud portandosi il segreto nella tomba.
Unica prova a conferma di un eventuale passaggio dimensionale al Polo, una misteriosa foto, scattata dal satellite "ESSA 7" il 23 novembre 1968, ove sarebbe chiaramente visibile una porta dimensionale, attraverso la quale si accederebbe al mondo descritto da Byrd, in quanto, secondo le dichiarazioni di alcuni ricercatori, si osserverebbe un Polo Nord privo di nevi, nuvole e con un foro al centro.
Già durante la guerra si erano segnalati strani fenomeni noti col nome di "sfere di fuoco". Di lì a poco si cominciò a parlare di UFO, e di conseguenza la storia riguardante un civiltà nascosta all'interno della terra fu abbinata ai dischi volanti.
In pratica questi ultimi verrebbero dal mondo sotterraneo, mezzi di locomozione adoperati all'interno dei tunnel, ogni tanto affiorerebbero in superficie apparendo nei nostri cieli. Una spiegazione semplicistica del fenomeno, forse la risposta più plausibile.
Il sottosuolo nasconde una civiltà avanzata, meglio organizzata economicamente, socialmente, culturalmente, che può aver sviluppato mezzi di trasporto più sofisticati per collegare le numerose città popolate da milioni di abitanti e, di conseguenza, aver costruito quelle macchine volanti chiamate "Vimana", mosse da quella energia ottenuta direttamente dall'atmosfera.
Questo il pensiero di O. C. Huguenin espresso nel suo libro "Dal Mondo Sotterraneo al Cielo: Dischi Volanti", condiviso da molti altri.
Brinsley Le Poer Trench, uno dei massimi esperti del settore, era favorevole all'ipotesi che i dischi volanti provenissero dal mondo interno.
Secondo Ray Palmer un'enorme quantità di prove indica che vi è un luogo sconosciuto di enormi dimensioni sotto la superficie da dove, forse, provengono i dischi volanti.
Raymond Bernard nel suo "Il Mondo Sotterraneo", del 1960, fornisce una spiegazione alla tragica scomparsa del capitano Mantell mentre inseguiva un disco volante. "La razza padroneggia una forma di energia superiore, chiamata 'Vril' da Bulwer Lytton, che aziona i loro velivoli; essi se ne servono a fini distruttivi solo per autodifesa".
Negli scritti di Hossendowsky si legge: "...la gente di Agarthi, in veicoli misteriosi e sconosciuti, sfreccia all'interno degli angusti passaggi all'interno del nostro pianeta".
Stando alle informazioni fornite dal comandante Paulo Strauss "il mondo sotterraneo è molto esteso, occupa un'enorme cavità nel cuore della Terra, in grado di contenere città e campi, dove vivono esseri umani e animali, il cui aspetto fisico è simile a quelli della superficie".
Fantasie e strumentalizzazioni settarie che predicono future catastrofi a devastare il pianeta e estinguere l'intera umanità, conseguenza dei gravi squilibri causati dall'uomo nell'ecosistema terrestre; ma forse anche coperture di verità scomode, o di segreti che devono rimanere tali.
Nel 1935 un tale di nome George White, lavorando in una miniera abbandonata nella Valle della Morte in California, si ritrovò in una sconfinata necropoli sotterranea in seguito al crollo del suolo su cui si trovava. Era illuminata da una strana luce verde; vide, allineati in nicchie o seduti, moltissimi cadaveri vestiti con indumenti mai visti, e molte statue d'oro. Fuggì in preda alla paura. Alcuni giorni dopo ritornò con alcuni amici, ma non fu capace di ritrovare il passaggio.
Lo strano della storia è che, un anno dopo, Tom Wilson disse ad un giornale che suo nonno aveva avuto un esperienza simile e aveva visto anche alcuni esseri viventi.
I monaci tibetani parlano di un popolo che vive sottoterra, salvatosi da un terribile cataclisma migliaia di anni fa. Si serve di una sconosciuta energia, che diffonde una luminescenza verde; questa energia favorirebbe la crescita dei vegetali e prolungherebbe la vita.
Padre Odorico da Pordenone, nel Capitolo XXXVII del suo libro, racconta di essere stato nella "valle, lunga circa otto miglia di terra, dove sono infiniti corpi di morti, e una immagine terribile che nessuno vide senza, poi, morirne". Forse il deserto di Lop visto da Marco Polo, o forse la regione del fiume Sita.
In India esiste una valle denominata la "Valle delle sette morti" che le autorità tengono segreta, chi ha tentato di addentrarvisi non è tornato o, se lo ha fatto, ha raccontato di misteriosi fuochi volanti e di fantasmi che uccidevano con lo sguardo. Il primo superstite, raccolto nel 1892 in preda ad una febbre altissima, aveva il corpo coperto da ustioni e non aveva più un capello in testa. Morì dopo tre giorni.
Si dice che basta accendere una fiamma per riempire la valle di rumori e vampe di fuoco. I superstiti delle spedizioni sono stati costretti a lasciare i compagni morti a terra, hanno avvertito soffocamento e stordimento, un senso di malessere per vari giorni; hanno visto i loro amici ballare come in preda alle convulsioni prima di suicidarsi.
Si giustificano questi fenomeni pensando a gas infiammabili e velenosi, in grado di bloccare i centri nervosi, soffioni di acido carbonico, piante velenose e serpenti. Potrebbero essere anche fenomeni residui causati dall'impiego di armi termonucleari, oppure ordigni ancora più potenti descritti negli antichi testi indiani.
Certo questa appare un'ipotesi fantastica, irreale; cara a chi la pensa come Däniken; ma l'alieno della porta accanto potrebbe essere "quello del piano di sotto".

[align=right]Fonte: http://www.edicolaweb.net/edic120s.htm[/align]

11/08/2010, 12:58

Near ha scritto:

Mi permetto di cambiare il titolo del topic in "I regni scomparsi - Ricerca delle verità", in quanto l'argomento è troppo vasto per racchiudere solo il regno di Agharti, considerando anche che è probabilmente lo stesso regno chiamato solo in diversi modi dai vari popoli.


Perfetto.... [;)]

11/08/2010, 13:16

Ragazzi leggendo il topic ( appassionante ) mi sono ricordato di una notizia data più volte da Voyager, e cioè della leggenda di un presunto tunnel sotterraneo che collegherebbe l'america latina all'Isola di Pasqua. Ne avete mai sentito parlare? purtroppo quando Voyager ha dato la notizia si è limitato a darla così come ve l'ho scritta io, e non sono mai riuscito ad approfondire. Qualcuno ne sa di più?

Inoltre... magari la domanda sarà demenziale e ingenua, ma leggendo tutto il topic... è possibile che ci sia un velato riferimento ad Agharti nel libro di Carrol "Alice nel paese delle meraviglie" ? in fondo anche Alice arriva a Sottomondo tramite un lungo tunnel ( cadendo nel tronco di un albero ) e lì incontra le creature più pazzesche che qualcuno possa immaginare.

11/08/2010, 13:36

Uhm....per alice nel paese delle meraviglie non sapreidirti con sicurezza, anche se sinceramente dubito. Credo sia soltanto un'opera di pura fantasia e niente di più. Per il tunnel che collega l'isola di pasqua con l'america latina non ne ho mai sentito parlare. Oltretutto da più di un'anno non guardo voyager, mistero o altre robe simili.
Comunque se trovi qualcosa a riguardo ricordati di postarlo.
Ultima modifica di Bastion il 11/08/2010, 13:38, modificato 1 volta in totale.

11/08/2010, 14:42

Sirius ha scritto:

Ragazzi leggendo il topic ( appassionante ) mi sono ricordato di una notizia data più volte da Voyager, e cioè della leggenda di un presunto tunnel sotterraneo che collegherebbe l'america latina all'Isola di Pasqua. Ne avete mai sentito parlare?


Leggendo le cose qui e lì, da più fonti, sembrerebbe che siano molteplici i collegamenti sotterranei presenti nel globo..... più avanti posterò le testimonianze di vari personaggi [^]

Per quanto riguarda il tuo quesito, l'Isola di Pasqua è citata come presunta entrata nel mondo sotterraneo e/o di Agarthi....

Da Wiki:
http://it.wikipedia.org/wiki/Agarthi

Tra gli ipotetici ingressi di Agarthi vi sono:

Deserto del Gobi, Mongolia
Polo Nord
Islanda[1]
Polo Sud
Piramide di Giza, Egitto
Monte Epomeo, isola d'Ischia, Isola Bisentina[2] (Lago di Bolsena), Italia
Isola di Pasqua





PS x Near: emhm..... propongo l'ennesima modifica del titolo del topic....

"I regni sotterranei - Ricerca delle verità"

Perchè in effetti, non abbiamo la certezza che questi "regni sotterranei" siano scomparsi...... [:D] [;)]

11/08/2010, 18:09

Dio mio tte, siano nella stessa linea di pensiero. Stavo tornando a casa proprio 10 minuti fa e stavo pensando la stessa roba. Anche perchè non vorrei che dopo si parlasse di atlantide, o comunque regni che dovrebbero essere trattati distaccatamente da questo topic.

12/08/2010, 11:41

Thethirdeye ha scritto:

Da Wiki:
http://it.wikipedia.org/wiki/Agarthi

Tra gli ipotetici ingressi di Agarthi vi sono:

Deserto del Gobi, Mongolia
Polo Nord
Islanda
Polo Sud
Piramide di Giza, Egitto
Monte Epomeo, isola d'Ischia, Isola Bisentina (Lago di Bolsena), Italia
Isola di Pasqua




In merito alla citazione fatta da Wikipedia, dell'Isola Bisentina (Lago di Bolsena) ho trovato questo piccolo documento video.....

Ci sono sempre, purtroppo, questi riferimenti iconografici alla "terra vuota" all'interno, forse legati alla mitologia (e se vogliamo, all'opera di depistaggio attuata "a monte" da chi intende portarci fuori strada), tuttavia, sempre con l'intento di "scremare", si possono individuare elementi di interesse..... se non altro perchè si parla di presunti ingressi presenti in Italia.



12/08/2010, 12:46

Ma lol...preceduto sul tempo.

12/08/2010, 13:00

Tratto da internet:

Cercando notizie su questo Monte Epomeo é uscito fuori un elenco di presunte vie d'accesso al "mondo sotterraneo (o Shamballa)

Mettete in Google Traduttore questo link [8)]

http://www.livinginthelightms.com/in_se ... hala2.html

(naturalmente va aperto il link e copiato dal browser)

Per esempio: in Afghanistan, in Canada (valle di Nahanni, Lago Ontario, Toronto), in Usa (in California, con la leggenda della grotta di cristallo presso il monte Kokoweek), a Dulce, nel Nuovo Messico, in Arkansas), Messico (la caverna di Liyobaa. Purtroppo non sappiamo bene dove trovarla), Malta (Hal Saflienti,dove si dice che sparirono 30 persone,senza lasciare traccia), in Inghilterra (a Glastonbury e in un campo situato in una località ignota dello Staffordshire), ancora negli USA (presso il monte Lassen, in California, in una montagna vicino a Morganton, in Carolina del Nord, nella caverna del Kentucky Mommoth, nel Kentucky, presso il monte Shasta, in California, nelle Montagne della Superstizione, in Arizona ecc.ecc. Perfino nella Valle della Morte) Brasile(Manaus,Mato Grosso ecc.) Tibet (montagne dell'Hymalaya), in India, in Mongolia, in Turchia (citta' sotterranea di Derinkuyu), Egitto (Piramidi di Giza), Italia(monte Epomeo) ecc.ecc.

12/08/2010, 14:20

In arrivo altre 5 o 6 pagine del libro da atlantide a shamballah. Il racconto del viaggio di Nicholas Roerich in asia e tibet. Estremamente interessante!
Ultima modifica di Bastion il 12/08/2010, 14:21, modificato 1 volta in totale.

12/08/2010, 18:51

Non so se è pertinente all'argomento, ma su un mio libro di Robert Charroux è presente qualche pagina su dei presunti "bambini verdi" che dicevano di provenire da sotto terra.
Se interessa posso fare qualche scan (basta premere su "inserisci file" e poi "sfoglia", no?).

12/08/2010, 19:10

Potrebbe essere interessante e magari anche relativo all'argomento. Posta pure. O fai come hai detto o se no usi il sito "imageshack". Stessa roba. Carichi l'immagine, la uppi, e poi posti qui il link che ti danno.

12/08/2010, 19:17

Per le immagini da inserire nel forum....
l'importante è che non superi i 197 Kb a foto....
altrimenti puoi usare il metodo indicato da Near....
terza possibilità, ce le mandi nella posta privata.

Grazie [;)]
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