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La macchina del tempo esiste ed è in Vaticano
di Daniela Ghio - Il Gazzettino del 3 agosto 2002

Sarebbe nascosta in Vaticano la macchina del tempo inventata da padre Pellegrino Ernetti

La notizia ha del sensazionale: in Vaticano verrebbe tenuta gelosamente nascosta una macchina capace di vedere il passato, attraverso una sorta di televisore. Uno strumento scientifico portentoso e fantastico, che potrebbe divenire pericoloso per l'intera umanità: il "cronovisore”, così si chiama la scoperta, captando gli eventi del passato, li farebbe vedere come si sono realmente svolti, svelando anche rischiosi segreti. La macchina sarebbe stata inventata da un ricercatore italiano, padre Pellegrino Alfredo Maria Ernetti, monaco benedettino, conosciutissimo esorcista, musicologo di fama internazionale e scienziato, vissuto a Venezia, nel convento benedettino dell'isola di San Giorgio Maggiore, dove è morto otto anni fa, nel 1994.
A rivelare la scoperta è un libro "bomba" appena pubblicato in Francia, a Parigi, dalle Edizioni Albin Michel: "Le noveau mystère du Vatican" (Il nuovo mistero del Vaticano") del teologo francese padre Francois Brune. Brune è un personaggio assai noto in Francia: professore di teologia, ha pubblicato libri di notevole impegno, accolti sempre con grande interesse anche dalla stampa laica. Il suo nome, come quello della casa editrice, sono una garanzia di serietà scientifica e per questo il volume che ha dedicato al cronovisore ha riaperto congetture e discussioni infuocate, diventando una miscela esplosiva.
Della sconvolgente apparecchiatura aveva già parlato intorno agli anni '70 lo stesso padre Ernetti in numerose interviste e pubblicazioni, e ai suoi allievi di prepolifonia al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. La scoperta aveva suscitato un putiferio. Da una parte c'erano infatti sostenitori entusiasti: se era possibile rivedere il passato, la macchina avrebbe sciolto definitivamente tutti i dubbi restanti su eventi fondamentali che avevano cambiato la storia del mondo.
Dall'altra c'erano le persone spaventate: il cronovisore poteva rivelarsi uno strumento pericoloso per carpire segreti e mettere a rischio la sicurezza dell'umanità.
Le discussioni non finivano mai ed erano soprattutto gli uomini di Chiesa i più coinvolti.
Poi improvvisamente il benedettino si trincerò in un rigoroso silenzio, spiegando che aveva ricevuto ordini in proposito dal Vaticano, l'interesse andò lentamente scemando e dopo qualche anno della “macchina del tempo" non si parlò più.
Il libro di padre Brune rivela fatti inediti, retroscena incredibili, dettagli sconcertanti, indica nomi di personalità al di sopra di ogni sospetto, di scienziati famosi, indica date, circostanze precise, riporta documenti straordinari, lunghe conversazioni con padre Ernetti e il tutto, cucito insieme, diventa una valanga documentale cui è difficile fare opposizione.
Il volume dimostra con dovizia di prove che il cronovisore è realmente esistito, anche se l’argomento è, a detta dello stesso autore, ai limiti della fantascienza.
Negli anni '60 un gruppo di scienziati, tra cui padre Pellegrino, sarebbe riuscito a captare le onde visive e sonore del passato concreto ter­restre, con una macchina che sa­rebbe in grado di ricostruire non solo i fatti e i detti della vita di cia­scuno, ma addi­rittura la storia.
La scoperta parte da un principio di alta fisica: ciascuno dì noi, a mano a mano che passano i secondi, nelle ore, nei giorni, nei mesi e negli anni della vita presente, lascia dietro di sé come una doppia scia, "visiva e sonora", poiché ogni uomo altro non è che energia visiva e sonora. «Tutta la nostra ''fisionomia" -spiega Ernetti nel saggio "Bibbia, teologia; magia e scienza" del 1987- è energia visiva che si sprigiona da noi, dalla nostra epidermide, e tutte le parole che noi diciamo sono energia sonora. Ora, ogni energia, una volta emessa, non si distrugge più semmai si trasforma, però resta eterna nello spazio aereo. Occorrono strumenti che captino queste energie e le ricostruiscano in maniera tale da ridarci la persona o l'evento storico ricercato: quindi noi avremo tutto il presente nel tempo e nello spazio». Con il cronovisore, racconta Brune, il gruppo di scienziati guidato dal monaco benedettino fece ricerche dapprima su Mussolini, poi su Napoleone, quindi passò ad avvenimenti dell'età romana e assistette alla rappresentazione di alcune famose tragedie. Di una di queste, scritta da Quinto Ennio, che si intitolava "Thiestes" della quale si conosceva solo qualche breve citazione, trascrisse l'intero testo come venne recitato a Roma nel 169 a.C., durante i giochi pubblici in onore di Apollo. Padre Ernetti raccontò a padre Brune di aver visto anche tutto lo svolgimento della Passione, della morte e della Resurrezione di Cristo.
Nel suo libro Brune afferma che la macchina, composta da tre gruppi di elementi, si trova “sequestrata" in Vaticano. Padre Ernetti, spaventato dall'importanza incredibile della sua scoperta, si era confidato con i propri superiori e con le autorità vaticane C'era stata una riunione segreta con il papa e poi, di comune accordo, la macchina era stata ritirata e nascosta in Vaticano. A padre Ernetti era stato imposto di non fare più pubbliche dichiarazioni su quell'argomento, ma non gli era stato proibito di parlarne con gli amici in privato. E così aveva confidato tutto all'amico teologo francese.
Chi scrive ha conosciuto personalmente padre Ernetti, era un sacerdote dotato di grande carisma e umanità. Una persona semplice e onesta, tutta dedita ai sudi studi sulla prepolifonia, sulla pneumofonia e all’attività di esorcista della diocesi di Venezia, carica che ha ricoperto per quasi trent'anni. Non mi ha mai parlato della macchina del tempo. Del resto oggi nessuno ne sa più niente e tutta la vicenda ha assunto un aspetto davvero misterioso. Forse il volume di Brune porterà finalmente alla luce la realtà.



http://www.ufoforum.it/post.asp?method= ... ORUM_ID=12


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MessaggioInviato: 13/02/2012, 21:31 
una macchina del tempo può esistere, ma certo non in una "scatola". Serve una massa grandissima (un buco nero), e un mezzo di trasporto che riesca a girargli attorno a velocità prossime a quelle della luce. Nulla di tutto questo è disponibile, tantomeno nei vetusti palazzi di san pietro...
Certo nascondono molti segreti nelle celle di sicurezza della Ior, e molto denaro sporco, ma non macchine del tempo.



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Raziel ha scritto:

una macchina del tempo può esistere, ma certo non in una "scatola". Serve una massa grandissima (un buco nero), e un mezzo di trasporto che riesca a girargli attorno a velocità prossime a quelle della luce. Nulla di tutto questo è disponibile, tantomeno nei vetusti palazzi di san pietro...
Certo nascondono molti segreti nelle celle di sicurezza della Ior, e molto denaro sporco, ma non macchine del tempo.


Non ce ll'hanno adesso chi può dirlo tra 10.000 anni?


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MessaggioInviato: 14/02/2012, 09:52 
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Raziel ha scritto:
una macchina del tempo può esistere, ma certo non in una "scatola". Serve una massa grandissima (un buco nero), e un mezzo di trasporto che riesca a girargli attorno a velocità prossime a quelle della luce. Nulla di tutto questo è disponibile, tantomeno nei vetusti palazzi di san pietro...
Certo nascondono molti segreti nelle celle di sicurezza della Ior, e molto denaro sporco, ma non macchine del tempo


Ma in realtà l'articolo non parla di una macchina del tempo quanto di un possibile "cronovisore" un lettore di forme di energia sconosciute che permettono la lettura del passato. Non lo vedo così impossibile.

100 anni fa sarebbe stato impossibile pensare a un lettore blu-ray in grado di leggere su un supporto fino a 54GB di dati.

Potremmo allora pensare a una sorta di "lettore" dove il supporto riproducibile sia la struttura quantica dell'atomo che immagazzina quella che viene definita "energia visiva" e che consente di 'osservare' il passato, magari non proprio come vediamo un film, ma come metadati collegati al cervello.

Io me lo immagino come un sistema che consente al cervello di connettersi con questa energia visiva traendo consapevolezza di quanto accaduto in passato.

Cita:
Gigagino ha scritto:Padre Ernetti raccontò a padre Brune di aver visto anche tutto lo svolgimento della Passione, della morte e della Resurrezione di Cristo.


Scoprendo ciò che accadde veramente... così come accadde ai templari secoli fa. [:I]



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Raziel ha scritto:

una macchina del tempo può esistere, ma certo non in una "scatola". Serve una massa grandissima (un buco nero), e un mezzo di trasporto che riesca a girargli attorno a velocità prossime a quelle della luce. Nulla di tutto questo è disponibile, tantomeno nei vetusti palazzi di san pietro...
Certo nascondono molti segreti nelle celle di sicurezza della Ior, e molto denaro sporco, ma non macchine del tempo.


Quella che hai descritto al massimo è una macchina del tempo "per il futuro", di certo non per il passato.



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una macchina per il futuro, è semplicemente una nave che viaggi a velocità prossime a quelle della luce (un futuro parallelo comunque, in cui "noi" e la materia componente la nave, non sono presenti), il buco nero (rotante) invece è essenziale che il viaggio nel passato, sempre sia possibile.



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Il popolo del "Sogno"

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“Prima di ogni cosa esisteva Altjeringa, il Mondo del Sogno; i Kundingas, i Padri venuti dallo spazio sognavano l’Australia, la nostra terra, cercando un luogo dal quale i loro discendenti avrebbero potuto trarre nutrimento e conoscenza”.

Un insolito passato
Il termine Aborigeni Australiani, identifica le popolazioni autoctone dell’Australia, ovvero i discendenti di coloro che, circa 60.000 anni fa giunsero in quel continente, anche se questa data è ancora molto discussa tra gli archeologi. Quello che più ci interessa ai fini di questo articolo, nonostante la loro storia sia un argomento non privo di importanti episodi, è il complesso di credenze, miti e raffigurazioni che riguardano un antico passato, un periodo nel quale si affaccia prepotente l’idea di una interazione con esseri provenienti dalle stelle. Quest’ultimo termine, diventato quasi un luogo comune quando ci si interessa di culture che riportano avvenimenti vicini all’ipotesi extraterrestre, è in questo caso perfettamente aderente alle tradizioni di coloro che vengono spesso indicati come i primi abitanti del pianeta terra.

Per quanto possa sembrare impossibile, ci sono cose in Australia che non si possono spiegare, cose che rendono questa terra, o comunque gran parte di essa, un mondo a parte, che è possibile osservare e recepire soltanto se ci si pone in uno stato introspettivo, liberandosi dai preconcetti. In questa “dimensione parallela”, l’unico padrone è il Sogno, un particolare stato della mente che permette, una volta superato il rito del Kadajingera, di distinguere una normale roccia da quella che invece rappresenta “il Sogno dell’Acqua”, oppure osservare gli anfratti tra i monti e trovare “il Sogno della Giustizia”. Non è soltanto una antica credenza, il residuo di atavici insegnamenti; per gli Aborigeni si tratta di una vera e propria eredità, il dono lasciato dai Fratelli dello Spazio. Gli Dei che scesero dal cielo sono una costante nella cultura di questo popolo, sono le radici stesse di un passato che si presenta con non pochi misteri da risolvere.

Quello che rimane sono delle pitture rupestri, in particolare quelle presenti nella zona di Alice Springs (dove è possibile imbattersi in pitture raffiguranti esseri con abiti spaziali); altri siti degni di nota sono quelli di Ndahla Gorge (degli Dei con antenne), di Yarbiri Soak e di Nimingarra. Un particolare curioso riguarda invece Moon City, che la leggenda vuole distrutta dal carro di fuoco del Dio del Sole; stranamente la zona risulta completamente erosa e disseccata, un fenomeno che gli archeologi attribuiscono ad un effetto della natura, senza però spiegare per quale motivo, tutto intorno, non esistano tracce di erosione.

Chi fossero questi misteriosi esseri non è facile dirlo; più ci si addentra nella cultura degli Aborigeni, più ci si scontra con realtà che non dovrebbero esistere. In un territorio ancora in gran parte selvaggio, teatro di innumerevoli avvistamenti Ufo, una creazione che ancora oggi qualcuno si ostina a definire “primitiva” è a conoscenza del legame esistente tra la luna e il ciclo delle maree (il mito di Alinda, l’Uomo Luna), ed è al corrente che la stessa luna ha un ciclo differente da quello del sole. Chi portò queste conoscenze? Possibile credere che siano nate dalla semplice osservazione della volta celeste?

Il mistero dei Wandjina
Molte delle tradizioni orali si riferiscono ripetutamente a delle particolari stelle, Beta e le Pleiadi, e tutte partono dai ricordi legati ai misteriosi Wandjina, esseri giganteschi, senza bocca, e dagli occhi neri, che portano sulla testa una sorta di aureola a raggi. Vengono molto spesso rappresentati con una infinità di trattini verticali, a simboleggiare la pioggia della quale sono i portatori; il loro capo, Maswac, è così potente che non ha bisogno della bocca per esprimere la sua autorità.

I Wandjina, che tradotto letteralmente significa “il Tutto”, vissero in un tempo chiamato “dei genitori”, un'era durante la quale alcuni di questi Dei, descritti come esseri umani giganteschi e senza bocca, con la testa raggiata e gli occhi neri, insegnarono le leggi agli uomini. In un periodo indeterminato della nostra storia i Wandjina subirono una trasformazione, e crearono il mondo attraverso il canto (da notare la somiglianza con il suono biblico, il Verbo e il Logos).

Provenivano da una particolare epoca, chiamata “Il Tempo del Sogno”, durante la quale gli Dei non avevano una forma ben definita, pur essendo comunque di enormi proporzioni. Loro principale compito fu quello di insegnare "le leggi, i precetti e le regole di comportamento", oltre che introdurre i rituali e le pratiche cerimoniali ancora oggi in uso presso le varie tribù.

Importante osservare come le tribù indigene indichino questi Dei con un secondo nome, “Lo Spirito nella Nuvola”, raffigurando una sequenza di figure umane stilizzate insieme a rappresentazioni di nuvole. Questa dualità di forme antropomorfe e nuvole è molto diffusa nelle culture primitive, e trova anche un interessante parallelo nei racconti biblici narrati nel Libro dell’Esodo.


Ma le maggiori somiglianze sono quelle riscontrate con gli antichi e moderni racconti riguardanti l’interazione con il nostro pianeta di esseri provenienti dallo spazio; per quanto questa ipotesi possa apparire scontata, ed essere magari etichettata come il solito argomento portato avanti dai ricercatori in campo ufologico, esistono alcuni fatti che, ad oggi, non trovano alcuna spiegazione plausibile se non quella appena citata. Alcune tribù Aborigene, ad esempio, raccontano di un essere chiamato Djamar; veniva dallo spazio e atterrò sulla terra a bordo di un oggetto lucido, lasciando sul terreno quattro fori perfettamente regolari.

Ancora oggi, si racconta che la sua presenza sia preceduta da un forte vento, e ancora oggi, nel letto di sassi di un torrente, sono visibili i fori prodotti dalla sua “macchina volante”; a riprova della veridicità del loro racconto, gli Aborigeni mostrano le colline circostanti sulle quali non cresce più alcuna pianta, e le cortecce danneggiate, tutti danni permanenti provocati dall’atterraggio di Djamar; difficile a questo punto non fare un raffronto con i risultati delle indagini condotte sul presunto atterraggio di Ufo in epoca moderna.

Il veivolo di Djamar si chiamava “Tjurunga”, e viene descritto come un lungo e lucente oggetto sigariforme dalle tante luci. Altra tradizione “sospetta”, è quella che parla degli “uomini intelligenti” o “uomini di alto grado” e delle loro “ascensioni celesti”. Si tratta degli sciamani aborigeni, i cui rituali di iniziazione mostrano un sorprendente parallelismo con la descrizione dei moderni casi di Abduction; lo stesso dicasi per il rituale di “morte e resurrezione”, durante i quali, al risveglio dallo stato estatico, il candidato racconta di un meraviglioso mondo celeste, e tutti i soggetti, anche se appartenenti a tribù diverse e non in contatto tra loro, descrivono lo stesso scenario.

Riassumendo abbiamo: stato di estasi (rapimento da parte degli Dei celesti), rimozione rituale di parti del corpo (esperimenti sulle vittime dei moderni rapimenti), salite aeree e viaggi in strani mondi (descrizione delle astronavi da parte dei rapiti), trasformazione personale (esperienze mistiche dei rapiti). A riprova di quanto appena detto ecco un confronto tra due diverse testimonianze:

Frank Lavery, contattista australiano, da una dichiarazione rilasciata nel luglio del 1977: “…ero sdraiato sul pavimento di una stanza poco illuminata…alzai gli occhi e vedi una figura umana…poi una fascio di luce bianca mi abbagliò…mi sollevavo piano da terra…ma opponevo resistenza e poco dopo mi sentii precipitare in basso…”.

Racconto di uno sciamano Aborigeno: “…ero sdraiato…un fascio di luce bianco abbagliò il mio occhio interiore…un uomo, molti uomini…mi sentivo salire verso l’aria, in alto, nel cielo, ma lo sforzo era troppo e tornai alla piena consapevolezza”.

Dreamtime: Il tempo del Sogno
Nella mitologia degli aborigeni australiani, il “Dreamtime”, il Tempo del Sogno, rappresenta l'epoca precedente alla creazione del mondo, voluto dalle “creature sognanti” che cantavano tutto il creato. Ognuno di questi canti è la descrizione del percorso che segue ogni creatura ancestrale durante il suo viaggio originario; importante rilevare che ogni canto, quasi fosse una vera e propria mappa, possiede una propria struttura musicale, a sua volta corrispondente alla morfologia del territorio attraversato.

Il Tempo del Sogno è un elemento comune a tutte le tradizioni culturali aborigene, anche se poi molto spesso diverse tra loro per altri versi; le origini delle storie riferite al Tempo del Sogno si perdono nella notte dei tempi, tramandate sempre allo stesso modo da più di 40.000 anni. Per quanto possa apparire semplice nella sua esposizione, il Dreamtime in realtà si esprime attraverso regole ben precise e contiene molte parti, queste quelle principali:

1. La storia delle cose che sono accadute.
2. Come si venne a creare l'universo.
3. Come furono creati gli esseri umani.
4. Come il Creatore sognò il loro ruolo all’interno del cosmo.

I racconti relativi al Sogno accennano spesso a Jiva o Guruwari, una sorta di seme di energia che venne depositato sulla Terra, la cui potenza creatrice è proprio il Sogno, capace di plasmare e dare vita ad ogni cosa. Anche lo stesso termine (Dreamtime), assume significati diversi in base al contesto nel quale viene usato; il Tempo del Sogno, infatti, si riferisce al “tempo prima del tempo”, oppure al “tempo della creazione di tutte le cose”, mentre per riferirsi a un individuo oppure a un gruppo di credenze e tradizioni si usa l’espressione Dreaming.

Ayers Rock: la montagna sacra
Quando si scrive dell’Australia, degli Aborigeni e dei misteri che li circondano, non si può non citare il monolito più grande del mondo: nove chilometri di circonferenza e una moltitudine di enigmi, fanno di Ayers Rock una sorta di totem che simboleggia il mito della creazione. Nella tradizione sacra il luogo prende il nome di Uluru, il Cuore Rosso, plasmato dai Padri dello spazio quando il mondo era ancora piatto e senza alcuna forma.

Gli aborigeni rappresentano i più antichi abitanti del Cuore Rosso, la loro esistenza, infatti, fa retrodatare di oltre 30.000 anni la presenza dell'uomo in Australia. Le varie tribù, che tra loro si definiscono genericamente con il nome di Arunta, sono accomunate da un complesso di credenze mitiche e religiose intimamente legate alla natura, e in particolare, proprio alle strutture rocciose di Ayers Rock e dei vicini Monti Olgas. Nelle caverne che si aprono alle pendici, pitture e graffiti raccontano da millenni una antica eredità, lasciata a questo mondo da misteriosi esseri provenienti dalle stelle.

Proprio su questo complesso roccioso abitavano, ai tempi dell’Altjeringa, gli Uomini Lepre, conosciuti come Pitjantjarjiara, o più comunemente come Kundingas; a questi misteriosi esseri si affiancavano gli Uomini Lumaca (Yankuntjatjara). Nelle grotte ai fianchi della montagna, alle quali il Governo Australiano ha vietato l’accesso tranne che per gli Aborigeni, nei pressi di una roccia chiamata “il Sogno del Saggio”, si svolgono le cerimonie di iniziazione alla Kadajingera.

Spostandosi da Ayers Rock, i Kundingas, metà uomini e metà animali, avevano iniziato a sognare; questo termine, che ricorre molto spesso nei racconti degli Aborigeni, non deve essere inteso nel senso comune che siamo soliti attribuirgli, si tratta in realtà di una via di mezzo tra il creare e il cantare. I Kundingas attraversarono tutto il territorio australiano alla ricerca di fonti, di rocce, e di percorsi che si sarebbero in seguito rivelati utili ai loro discendenti; durante i loro spostamenti creavano gli uomini dall’argilla, lasciandosi dietro una lunga scia di note musicali.

Quando ripartirono (secondo alcune tradizioni si addormentarono all’interno degli alberi), lasciarono il ricordo del loro sogno nei ricordi e nelle tradizioni dei loro figli, gli Aborigeni. Gli Aborigeni che hanno superato il rito magico iniziatici (Kadajingera), sono in grado di vedere questo mondo, ma poiché la terra nacque dal seme universale, la sua energia appartiene a tutti e da tutti può essere osservata; anche i bianchi, quindi possono distinguere una semplice roccia da una roccia che esprime invece il Sogno dell'Acqua.

Coloro che sono in grado di sognare pur non essendo Aborigeni vengono definiti “Cumbo”, e tutti sono legati da particolari vincoli di parentela, completamente diversi da quelli che noi concepiamo; un Aborigeno, così come un Cumbo, può avere infatti molti “padri” e molte “madri”. Si tratta forse della più antica e semplice spiegazione di un legame tra l’uomo e alcune forme di vita che dimorano nello spazio, un legame che un tempo era ben conosciuto, e che oggi rimane uno dei più antichi misteri da riscoprire.

http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7529


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MessaggioInviato: 26/02/2012, 20:06 
E l'Inizio fu Fetonte. Era per caso un alieno?

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L’antica leggenda si riferisce al mito della caduta di Fetonte. Narra di un dio disceso dal cielo che si avvaleva dell’aiuto di assistenti di metallo dorato. Durante la sua permanenza tra gli uomini insegnò loro l’arte dell’Alchimia e della fusione dei metalli. In seguito provvide a fondere una grande ruota d’oro forata, ricavandola dal metallo del carro divino con cui trasmettere la sua conoscenza all’umanità. Quando il dio ritornò in cielo lasciò uno dei suoi aiutanti dorati che assistesse gli uomini che avevano raccolto i suoi insegnamenti.

Le leggende sul Monte Musinè e sul Rocciamelone, riportano che una delle propiretà della creatura di metallo dorato, era quella di assumere varie forme a suo piacimento. Una sua traccia e ricollegabile alla leggenda della caverna del drago, all’interno del Monte Musinè, in cui questa creatura “mutaforma”, acquisì l’aspetto di un grande drago d’oro, che proteggeve una luminosa gemma verde dagli immensi poteri.

Il mito di Fetonte, è un classico della mitologia greca, che ancora ci ricordiamo seppur vagamente, di aver letto nei libri di scuola delle elementari. E’ stato narrato da molti autori illustri in tutte le epoche, tra i quali Esiodo, Igino, Ovidio, Aristotele, Plutarco, Eusebio, San Giovanni Crisostomo, Boccaccio, Antonio Astesano e Emanuele Thesauro.

Questa leggenda ci descrive come Fetonte, figlio Di Elios il Sole, e di Climene, figlia di Oceano, riuscì a impadronirsi con astuzia e sagacia, del carro paterno utilizzato ogni giorno per portare luce e calore alla madre Terra. Fetonte però, sebbene il padre tentò di insegnargli i rudimenti fondamentali per poter portare il carro infuocato trainato da ben dodici scintillanti destrieri, non seppe controllarne il percorso. I cavalli quindi si imbizzarrirono e portarono il carro fuori dal percorso abituale, scendendo e salendo attraverso il cielo a loro piacimento, causando immani disastri, incendi, siccità e inondazioni sulla terra, per via dei repentini sbalzi termici dovuti al loro percorso incontrollato. Zeus il padre degli Dei, accortosi del disastro che stava avvenendo sulla terra per colpa del carro di Elio, lanciò immediatamente una folgore sul conducente, facendolo precipitare. Cadde nel fiume sottostante: l’Eridano, che lo accolse nelle sue acque, e sulle sue sponde accorsero la madre e le tre Eliadi sue sorelle, che sconsolate, soffrirono immensamente. Il padre di tutti gli dei, impietosito dal pianto di quelle donne addolorate, decise di tramutarle in pioppi, mentre Elio riprese le redini del carro infuocato continuando con ordine il suo percorso giornaliero per portare la giusta luce e il giusto calore sulla Terra: “ Cade intanto Fetonte cò fiammeggianti crini di lunga, luminosa face diretro a sé l’aere solcando (…) il gran padre Eridàn l’accolse in grembo assai lontano dal natal suo loco(…)” così come leggiamo in Ovidio, nelle Metamorfosi.

Da questa sommaria narrazione, non ricaviamo un collegamento diretto alle diverse interpretazioni che ci portano a considerare il racconto come principale imputato della fondazione di Torino. Infatti è una narrazione mitologica, che rientra nelle conoscenze della religione e della mitologia greca. Il punto nodale che collega questo mito alla fondazione di Torino, è da ricercare in quel fiume arcaico in cui il figlio di Elio cadde: Eridano appunto, che è nome di origine greca e che per alcuni significherebbe “dono del mattino”, perché gli antichi abitanti delle sue sponde sembra rimanessero affascinati dallo spettacolo dell’alba che sorgeva dal fiume, per via dei raggi del sole che ne inondavano il letto trasformandolo in un enorme solco scintillante di luce e di riflessi argentei. I Romani lo conobbero come Padus, i Celti lo chiamavano Bodinco o Padan. Per noi oggi, è il fiume Po, il corso d’acqua più lungo della penisola italiana, ed il punto di riferimento della pianura padana, in cui convergono la maggioranza dei fiumi che scorrono in questa piana ed in lui affluiscono. Anche nel periodo antico, il Padus, era il padre benevolo di tutte le genti italiche padane, in cui trovavano fonte di vita e di rigenerazione. Il Po, quindi può essere il primario elemento che ci porta ad intuire come sia possibile che nel corso dei millenni, l’avvenimento del racconto mitologico di Fetonte possa essere stato ambientato nella piana torinese. Ma l’interpretazione più intrigante, venata da un’ambigua parvenza di storicità, che si stacca dal tradizionale mito classico greco, collegando questo mito alla fondazione di Torino da parte di stirpi egizie ce la offre la lettura dell’ “Historia della Augusta città di Torino” scritta da Emanuele Thesauro nel 1679 che attinse oltre che de innumerevoli testi in latino, sepolti nelle biblioteche sabaude, da un primo libro sulla storia di Torino, scritto nel 1577 da Filiberto Pingone: “L’Augusta Taurinorum”. Secondo questo storico del seicento, che era al servizio della Madama reale Maria Cristina, Fetonte non era altro che un principe egizio di nome Pa Rahotep (Pheaton Siue Pherithon, secondo la traduzione greca), che era giunto attorno al 1523 a.C. nel territorio torinese, insieme ad un nutrito stuolo di suoi seguaci, con lo scopo di trovare nuovi lidi e nuove terre. Egli partì dall’Egitto sotto il regno di Amenophi I per alcuni dissidi sorti con la casta sacerdotale che seguiva il culto di Amon, ed era in dissapore con il nascente culto solare di Aton, di cui il principe Pheaton sembra fosse un sostenitore. Giunse nel torinese dopo esser passato dalla Grecia, aver costeggiato tutta la costa tirrenica, ed essere approdato in Liguria, dove lasciò il figlio Ligurio che gli diede il nome. Secondo le parole del Thesauro, Fetonte: “(…) sopra le sponde del Po fondò questa colonia. Tra le altre singolarmente onorata, prendendo gli auspici del suo Api, adorato in Egitto per patrio nume, sotto sembianze di toro, del nume istesso le diede le insegne e il nome! (…)”

Questo principe egizio fondò quindi Eridania, il primo nucleo di Torino, prendendo contatto con le popolazioni autoctone liguri e taurine, iniziando così un nuovo regno detto dei “Fetontei”, che molti secoli dopo venne soggiogato dall’invasione perpetrata dagli Etruschi di settentrione. Questo autore ci dice anche che il principe Pheaton cadde e morì realmente affogato nel fiume, dopo una gara di corsa a cavallo con le antiche bighe, in cui si dice che precipitasse insieme con i suoi cavalli all’altezza del parco del Valentino, dove ora troneggia la cosiddetta fontana dei mesi. Questo principe, in territorio torinese sembra venisse chiamato Eridano, in onore della stirpe dei Re Egizi Eridani, da cui egli proveniva, dando il nome anche al fiume della zona.

La leggenda ci dice anche che questo principe si portò dietro il culto del dio Toro Api, e che lo diffuse nei nuovi territori da lui acquisiti facendo erigere un imponente tempio dove ora sorge la Gran Madre. Da questo culto, nascerà poi, secoli dopo, Taurasia, la città dei Taurini.

Alcuni autori, ferventi sostenitori della Torino magica, ipotizzano come vi sia un chiaro riferimento alla parentela egizia di Torino, attraverso la leggenda della fondazione e la presenza del museo egizio. Infatti viene spesso evidenziato il fatto che la maggioranza degli oggetti custoditi nel museo appartengano all’epoca della XVIII dinastia faraonica. Quella dinastia appunto, alla quale pare appartenga il nostro principe Pheaton.

http://www.antikitera.net/news.asp?id=11383&T=5


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MessaggioInviato: 26/02/2012, 20:36 
Personalmente ho sempre pensato che tutta la mitologia classica antica sia occidentale che d'oltreoceano facesse riferimento alla stessa vicenda.

Fetonte, Prometeo, Lucifero, Quetzalcoatl,... tutti dei venuti dal cielo che hanno insegnato all'uomo qualche tipo di conoscenza. Nomi diversi per indicare quella fazione di antichi astronauti che furono favorevoli allo sviluppo del genere umano.

Tutti gli antichi popoli parlano degli UFO in chiave mitologica, come se fossero dei, che talvolta intervenivano anche nei conflitti degli uomini. Ad esempio Quezalcoatl in Messico, Indra in India, Pvada Sabava in Tibet, i Celestiali in Cina, gli onorevoli Dei in Giappone, Horus in Egitto, Zeus in Grecia, Odino nell'Europa del nord, Cheisven in Galles, Leacoscia in Perù, il grande spirito negli USA, i signori del cielo in Persia, i Nommos nel Mali, gli Apkallu e Oannes nel golfo persico, Leviatan nella Bibbia, gli Anunnaki nei Sumeri, ecc.. Tutti che volano su: uova, carri aerei, carri celesti vibranti, occhi volanti, perle spaziali, veicoli luminosi e di metallo. Gli antichi greci parlano della Gorgone, come qualcosa metallico (di bronzo) e luminoso (fiammeggiante), di aspetto alieno (mostruoso) e con il potere di paralizzare gli uomini con un raggio paralizzante (lo sguardo), esattamente come descritto anche nei miti americani.

I Sumeri, gli esquimesi, i teutoni, gli incas, i maya, i rapuani, gli abitanti del Tibet, dell’India, delle nuove Ebridi, si dicono tutti discendenti degli dei venuti dal cielo, che questi dei insegnarono cognizioni moderne agli uomini prima di andarsene e che per lungo tempo gli dei hanno abitato tra gli uomini, andando e venendo dallo spazio periodicamente. A tal proposito vi invito a leggere anche il mio thread sulla "Rinascita" post diluvio universale

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ ... lipeologia



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MessaggioInviato: 17/03/2013, 23:20 
Cita:
ASTRONAUTI NELLA PREISTORIA ? ESAMINIAMO GLI INDIZI.


Ogni anno la tribù amazzonica Kayapo festeggia l'arrivo del misterioso Bep-Kororoti, o "colui che viene dal cosmo", venuto in visita sulla Terra tanto tempo fa.

"Il guerriero dal cosmo sembrava provare piacere nel vedere la fragilità di queste persone. Nell'intento di voler dare loro una dimostrazione del suo potere, alzò l'arma di tuono e, indicando successivamente un albero e poi una roccia, distrusse entrambi.

Tutti compresero che Bep-Kororoti voleva dimostrare loro che non era venuto per fare la guerra". Antica leggenda amazzonica.La storia dell'umanità ci insegna che il mondo si è evoluto dalla semplicità alla complessità, da attrezzi di pietra fino alla tecnologia avanzata che abbiamo oggi a disposizione. Eppure, decine di storie provenienti dalle culture native sembrano complicare questo schema apparentemente lineare. Testimonianze architettoniche di immense strutture megalitiche e racconti di antiche divinità discese sulla Terra in antichità, fanno pensare alla visita di antichi astronauti alieni discesi sulla terra migliaia di anni fa.

E' possibile che antichi cosmonauti extraterrestri siano entrati in contatto con i nostri antenati e siano stati scambiati per dèi a causa della loro tecnologia avanzata? Per esplorare questa possibilità, bisogna comprendere il particolare fenomeno del "Culto del Cargo".Il giorno di John Frum

Sin dal primo giorno del suo arrivo nel maggio del 1941, le cose non furono più le stesse per gli abitanti di Tanna, una delle isole più piccole dell'arcipelago Vanuatu nel Pacifico occidentale.

"Il giorno di John Frum" è l'evento più importante nel culto nato in seno alle tribù che vivono sull'isola. In questo giorno sacro, numerose parate e celebrazioni vengono tenute per onorare la divinità compassionevole che aveva visitato questa gente molti anni prima.

Molti etnologi ritengono che i nativi di Tanna abbiano sviluppato il culto attorno alla figura di un soldato americano di nome John Frum (probabilmente è la storpiatura di "John from America", John dall'America), vissuto a stretto contatto con la tribù nel corso della seconda guerra mondiale. È noto come tale culto cominciò a svilupparsi con l'arrivo di circa 300.000 soldati statunitensi nelle Nuove Ebridi, incaricati di difendere l'arcipelago da una possibile invasione giapponese. Il caso di John Frum rappresenta uno dei più noti nell'ambito di quel fenomeno conosciuto come "Culto del Cargo".

I Culti del Cargo rappresentano un singolare fenomeno etno-sociale sorti a seguito delle spedizioni americane nelle isole del pacifico durante il secondo conflitto mondiale.

La distribuzione gratuita di cibo, l'applicazione della medicina occidentale tra gli uomini delle tribù primitive e l'utilizzo degli aeroplani, dovette impressionare notevolmente i nativi, tanto da far credere ai nativi di avere a che fare con delle divinità, spingendoli alla creazione di veri e propri culti religiosi in onore degli dèi.

Con la fine della guerra, lo scopo principale del culto è quello di invocare il ritorno degli dèi dalla pelle bianca, come John Frum o come il duca Filippo di Edimburgo, adorato dalla tribù Yaohnanen dell'arcipelago Vanuatu.

Antichi Astronauti extraterrestri scambiati per divinità dai nostri antenati?

Antichi Astronauti: un computer nell'antica Grecia, una batteria in Mesopotamia, lampade e aeroplani nell'antico Egitto

Bep-Kororoti: l'astronauta che ha visitato l'Amazzonia

Eppure, i culti del cargo potrebbero avere un'origine molto più remota di quelli sorti nelle isole del Pacifico. I primi ad aver sviluppato un'adorazione per un visitatore straniero potrebbero essere stati i Kayapo, una tribù della foresta amazzonica.

I Kayapo celebrano ogni anno l'arrivo del misterioso Bep-Kororoti, "colui che viene dal cosmo", indossando un curioso abito di vimini che ricorda molto una tuta spaziale moderna.

Secondo i racconti dei leader della tribù, il misterioso personaggio venne dalla catena montuosa del Pukato-Ti. Alla paura del primo incontro, pian piano la gente del villaggio cominciò a sviluppare una vera e propria adorazione verso lo straniero, motivata dalla sua bellezza, dallo splendore bianco della sua pelle e dalla sua benevolenza verso tutti. Si tramanda che questo strano visitatore fosse straordinariamente intelligente e che avesse consegnato agli antenati della tribù preziosissime conoscenze.

La leggenda racconta che un giorno Bep-Kororoti esplose in un attacco di rabbia e con urla e minacce vietò ai membri della tribù di avvicinarsi a lui. Fu allora che la tribù vide andare lo straniero verso i piedi della montagna e fuggire verso il cielo in una tremenda esplosione che scosse tutta la regione. I nativi videro scomparire Bep-Kororoti in una nuvola di fuoco. L'esplosione fu talmente intensa da distruggere un vasto territorio della giungla, fece scomparire gli animali e da quel momento, la tribù soffrì un luongo periodo di carestia e di fame.

L'etnologo Joao Americo Peret, che intervistò gli anziani della comunità aborigena nel 1952, ha affermato che la vicenda di Bep-Kororoti risale ad un passato molto lontano.

I ricercatori moderni, alla luce del fenomeno del Culto di Cargo, si chiedono quale tipo di persona possa aver visitato le tribù del Mato Grosso in un periodo così remoto, vestito con una tuta spaziale e in possesso di una magia che, a dire dei Kayapo, era in grado di abbattere un animale con un semplice tocco.

Certamente, la figura di Bep-Kororoti non corrisponde alla mentalità umanitaria del soldato nordamericano che i Tanna di Vannatu continuano ad adorare. Ma il fatto più bizzarro, quando si venne a conoscenza della storia dei Kayapo, è la strana tuta spaziale che è diventata parte integrante delle cerimonie in memoria di Bep-Kororoti, poichè il culto, di epoca antichissima, è sorto quando non esistevano ancora i viaggi spaziali umani.

Inoltre, il racconto della partenza di Bep-Kororoti, "tra nuvole di fumo, di luce e rombi di tuono", richiama chiaramente alla mente il comportamento di un motore a reazione moderno. Lo spettacolo deve aver sopraffatto i sensi degli aborigeni. Secondo i racconti, il meccanismo di propulsione era comandato da ciò che i nativi credevano essere dei "rami" e la nave sembrava essere un "albero". La leggenda racconta che il visitatore tornò a sedersi in questo albero speciale e toccando i rami, avvenne una grande esplosione e l'albero scomparve in aria. E' un azzardo pensare che si trattasse di un razzo spaziale?

La "Teoria degli Antichi Astronauti" in un episodio di Star Trek

Cronistoria della presenza aliena sulla Terra

I Dogon: la tribù con la conoscenza astronomica

Ma la manifestazione più interessante del Culto del Cargo è forse quella che si mostra nella tribù dei Dogon, che si trova nel Mali, Africa occidentale. Sebbene non abbiano sviluppato un culto strutturato e devozionale come quelli raccontati finora, i Dogon conservano delle conoscenze a dir poco miracolose.

Nel 1947, dopo aver vissuto con i Dagon per più di diciassette anni. l'antropologo francese Marcel Griaule ha riportato una storia veramente incredibile. Gli anziani della tribù hanno rivelato a Griaule uno dei loro segreti più gelosamente custoditi, nascosto anche alla maggior parte della comunità tribale.

I capi hanno raccontato di come i Nommo, una specie mezza pesce e mezza umana, abbiano fondato un'antica civiltà sulla Terra. Nonostante la loro cultura primitiva, gli anziani Dagon dicono di aver ricevuto una profonda conoscenza del sistema solare da uno dei misteriosi Nommo. Gli anziani sono a conoscenza delle quattro lune di Giove, degli anelli di Saturno e sono consapevoli della forma a spirale della Via Lattea e sanno che sono i pianeti a muoversi intorno al Sole e non viceversa.

Ma ciò che più sconcerta gli etnologi è la conoscenza dei Dagon delle orbite, delle dimensioni e della densità delle stelle del sistema di Sirio. I Dogon hanno accuratamente confermato l'esistenza di Sirio A, B e C, conoscenza che la moderna scienza ha acquisito solo di recente. Sirio C è rimasta sconosciuta fino al 1995, quando gli astronomi hanno notato l'influenza gravitazionale che questa esercita sul movimento di tutto il sistema.

Eppure, da centinaia di anni, i primitivi Dagon, non sono erano a conoscenza delle tre stelle, ma ne conoscevano anche alcuni dettagli. Da dove gli è venuta questa conoscenza?

Possiamo ipotizzare che anche i Dogon abbiano avuto un primo contatto con un gruppo di antichi astronauti che ha visitato il nostro pianeta in passato? Gli indizi sembrano andare tutti in questa direzione. Non manca che il ritrovamento della "pistola fumante" e cioè la prova definitiva che non siamo sole e che anche l'umanità è figlia delle stelle.


http://www.antikitera.net/news.asp?id=12344&T=5


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MessaggioInviato: 17/03/2013, 23:49 
il mio modesto parere è che sia tutto talmente chiaro da far spavento anche in virtù degli stessi fenomeni visti in chiave moderna come bimostrano i culti dei cargo. Talmente ovvio da dover evitare di approfondire per non rischiare di dover riscrivere tutto evtrocarsi disoccupati ^_^



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MessaggioInviato: 10/11/2014, 01:01 
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MessaggioInviato: 10/11/2014, 18:02 
Vi domandate per quale motivo tutti gli animali mammiferi della Terra hanno la testa diversificata in un campo molto vasto fra le tante specie e in fin fine molto simile fra loro e solo l'Uomo non ha potuto diversificare il suo cranio e la sua intelligenza in altre tipologie?,ed è esclusivo?,com'è possibile se si ritiene che la nostra evoluzione è avvenuta in diversi centinaia di migliaia di anni?,non è per caso è stato "importato"?.[;)]


Ultima modifica di bleffort il 10/11/2014, 18:03, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 10/11/2014, 18:12 
cari amici ,
vedere anche
http://www.ufoforum.it/topic.asp?rand=7 ... 728#321384

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: La teoria degli antichi astronauti
MessaggioInviato: 10/05/2015, 02:11 
www.ilnavigatorecurioso.it/2015/05/08/l ... star-trek/


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