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Stellare
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MessaggioInviato: 19/12/2012, 17:52 
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MaxpoweR ha scritto:

Alcune considerazioni...

Il dubbio maggiore che mi viene in mente quando si collega il "culto dell'oro" con la volontà da parte di una specie aliena di usare l'umanità creata ad hoc per estrarlo è:

che bisogno c'era di creare una nuova specie che estraesse oro? Se ci pensiamo bene è un progetto a lunghissimo termine che a regine fornisce una produzione costante, non da certo benefici rapidi in fatto di quantità giusto? Avrebbero potuto estrarlo da un meteorite o da qualunque altro posto nel sistema solare sfruttando gravità inferiori ad esempio. Insomma ci sono modi molto pi semplici che scendere su un pianeta, ibridarsi con una scimmia indigena, insegnarle la manipolazione degli oggetti ed insegnarle l'estrazione e la lavorazione dell'oro, farsi passare per divinità per tenerle sotto il loro giogo per decine di migliaia di anni no?


Non conosciamo il loro livello tecnologico di quando arrivarono... forse non erano tanto più evoluti tecnologicamente di noi oggi, giusto quel tanto di più da potersi spostare da un pianeta all'altro. Forse valutarono quell'opzione come la migliore per loro.

Se infatti ipotizziamo che questi venissero davvero da Nibiru e fossero costretti ad aspettare 3600 anni per potersi muovere da e per il loro pianeta di origine non dovevano avere all'epoca un livello tecnologico tanto diverso dal nostro.

Pertanto potremmo pensare a delle piccole colonie su Marte e sulla Terra con non tantissimi strumenti a loro disposizione, almeno nelle fasi iniziali del loro progetto, qualche centinaio di individui.

Meglio produrre in serie una razza senziente schiava, più adatta al lavoro manuale poichè in buona parte autoctona del pianeta.

L'oro serviva loro per le loro applicazioni tecnologiche... il gioco del controllo del pianeta e dell'umanità viene dopo, molto dopo, e solo successivamente al Diluvio Universale quando la sovranità del pianeta viene affidata all'Uomo.

Nel frattempo sono passate centinaia di migliaia di anni, l'esperienza Atlantidea, durante la quale anche la loro tecnologia si deve essere evoluta.

Con il Diluvio e la storia di Enki ed Enlil il pianeta è stato concesso all'umanità... è solo in questo contesto storico che subentra in gioco il Player C della Scacchiera degli Illuminati che desidera controllare l'umanità attraverso la forza e/o l'economia, la moneta, non necessariamente l'oro. Quella dell'oro è solo una conseguenza.

Ma resta il fatto che l'oro alla fine era l'elemento che interessava agli Antichi Dei Anunnaki e forse interessa loro tutt'ora, tanto che il 21/12/2012 potrebbe scadere la prossima 'rata' e la "Corsa all'Oro" che ha caratterizzato la storia dell'uomo potrebbe essere il modo con cui i potenti si sono garantiti la possibilità di rinnovare la concessione se non addirittura riscattare il pianeta.

Che poi questi potenti siano riconducibili al Player C invece che al Player B questo è un problema nostro... sempre a meno che Enki non abbia qualcosa da dire a qualcuno. [;)]

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=13885
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=261088



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MessaggioInviato: 09/02/2013, 20:06 
a breve posto un capitolo del nuovo lavoro di biglino intitolato: Yahwe e l'oro degli ebrei, devo solo postare le varie pagine con un ocr o un altro metodo ora vedo.

Anticipo che questi poveri (schiavi? non si direbbe) ebrei in fuga dall'Egitto e quindi si presuppone con una certa fretta si portano dietro un carico d'oro, argento e pietre preziose davvero ragguardevole, è anche strano notare come l'amico Yahweh abbia come primo interesse quello di controllare questo prezioso materiale (Come pare facessero tutti i suoi simili dopotutto) non fermandosi dinanzi a nulla pur di controllarne il possibile...

Vabbè appena posso posto tutto :)



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MessaggioInviato: 10/02/2013, 18:35 
Cita:

L’Elohim Yahweh e l’oro degli ebrei

Ci sono nell'Antico Testamento vicende che si vanno componendo sotto gli occhi dei lettore e che si presentano nella loro completezza solo dopo ripetute letture.
Così succede per i passi in cui si parla dell oro, il prezioso minerale. La sua presenza è distribuita in vari libri e numerosi capitoli la cui lettura lascia una sensazione strana, una sorta di convinzione che vi sia un che di non detto, di sottaciuto. Si ha l' impressione che nei testo sia contenuto un qualcosa di non dicibile perché sarebbe eclatante e soprattutto inaccettabile per i lettori di un libro considerato sacro e portatore dell'infallibile parola divina.
Eppure qualcosa non convince: l oro è importante, viene accumulalo e usato, ma forse non tutto e in un modo non così chiaro come il testo vorrebbe far credere.
Proviamo a ricostruirne presenza e percorsi nel tentativo di dare ordine alle premesse dì una spiegazione che unisce passato e presente, fornendo elementi di conoscenza inattesi e quanto mai sorprendenti, qualora risultassero confermati in via definitiva.

Esodo
Gli Ebrei vivevano in Egitto da secoli, quando il loro “Dio” si ricorda improvvisamente delle promesse che aveva fatto ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Questo Elohim governava nei territori compresi tra il Sinai e l’Aravà, dove aveva come suo rappresentate locale il midianita Jetro/Reuel, che sarebbe poi divenuto suocero di Mosè.

In Egitto si verifica un evento che costituisce l’antefatto (Es cap. 2): Mosè uccide un Egiziano e si rende conto che deve fuggire per non essere condannato. Lascia il paese e si reca nei territori controllati da Yahweh e dal suo luogotenente Reuel (amico di El); si mette al suo servizio, prende in moglie sua figlia Zippora e lavora per lui per molti anni, portando al pascolo gli armenti.

Dove? Nel territorio costituito sostanzialmente dal Nord-est del Sinai e nel quale poi condurrà il popolo dopo averlo portato fuori dall’Egitto. Tradizionalmente quella landa desolata viene identificata come il deserto, ma questa definizione è solo parzialmente vera e introduce elementi a noi abituali ma che probabilmente non corrispondono alla realtà geomorfologia e climatica del tempo. Con il termine deserto s’intende normalmente un territorio arido, quasi invivibile, costituito da sabbia e rocce affioranti, su cui crescono talvolta sporadiche essenze vegetali.

Il termine ebraico [midbàr] viene sempre tradotto con il vocabolo «deserto», che per la verità dà conto di uno solo degli elementi che lo caratterizzano: il fatto di non essere abitato in modo stanziale e permanente; deserto quindi nel senso di territorio selvaggio, non curato dall’uomo e privo di insediamenti, costruzioni...

Il termine [midbar] deriva però dal verbo [davar] che indica l’attività del «condurre dando ordine», e si ricollega al termine [dobher] che significa «pascolo», così come l'aramaico [dabar] indica l’atto di «condurre il gregge».

[Midbar] identifica dunque un territorio libero, selvaggio, in cui si conducono le greggi e gli armenti in genere: un luogo in cui si potevano allevare numerosissimi animali perché probabilmente ricco di erba e di fonti d’acqua, indispensabili per nutrirli e farli abbeverare
Mosè diviene dunque un vero esperto e conoscitore di tutta quella regione, ci vive per anni, ne scopre gli aspetti più nascosti e costituisce dunque il personaggio ideale per realizzare un obiettivo preciso.

Lui ricevette l'incarico di condurre un popolo e di farlo vivere in quei luoghi garantendogli l'accesso a ogni forma di approvvigionamento indispensabile per la sopravvivenza: acqua e foraggio per gli animali, possibilità di usare tutto ciò che la natura metteva a disposizione, dal passaggio delle quaglie alla manna prodotta da una cocciniglia, e di cui Mosè deve necessariamente essersi nutrito nei lunghi periodi trascorsi con gli animali di suo suocero Ietro. Il racconto si trova nel libro dell'Esodo e non lo analizziamo qui perché altre sono le finalità di questo lavoro.

Affrontiamo solo un concetto particolare che la tradizione religiosa ha sempre presentato in una chiave funzionale alla visione monoteista e spiritualista della vicenda: Jetro/Reuel, il cosiddetto sacerdote. Diciamo subito che non dobbiamo farci fuorviare da secoli di dottrine e usi religiosi, che ci hanno presentato la figura del sacerdote in una luce che non ha pressoché nulla a che vedere con quella cui si riferivano le culture mediorientali del tempo. Nella cultura sumero-accadica il sacerdote veniva definito ENSI e le sue funzioni erano quelle di un Governatore territoriale: era una sorta di rappresentante locale del Signore/ANUNNA che presiedeva una specifica regione.

Il contenuto funzionale dell'ENSI corrispondeva in sostanza a quello della figura definita con il termine accadico ISHAKKU (che ci ricorda l’Isacco nella Bibbia, il figlio di Abramo).

In lingua semitica occidentale il sacerdote era il [cohen], un termine col quale si identificava il compito di “colui che presta un servizio in qualità di capo”; era dunque anche qui una sorta di governatore, principe, un facente funzioni per conto del signore del territorio.
Non è un caso infatti che, dopo l’uscita dall’Egitto, Mosè incontri suo suocero che gli fornisce indicazioni precise su come organizzare quell’insieme di tribù che lui ha il compito di trasformare in una nazione. Jetro/Reuel - [cohen] «sacerdote/facente funzioni» per conto dell’Elohim locale e dunque esperto nell’arte del governare - trasferisce al genero tutte le informazioni necessarie (Es 18,13 e segg.). Mosè dovrà:

• fungere da intermediario tra il popolo e l’Elohim;

• rappresentare all’Elohim le varie questioni;

• trasferire al popolo le leggi e i decreti;

• scegliere tra il popolo degli uomini virtuosi — cioè che temono l’Elohim e gli obbediscono ciecamente - e li dovrà nominare capi di gruppi di varie dimensioni (migliaia, centinaia, cinquantine e decine): avranno il compito di amministrare la quotidianità e la giustizia, provvedendo personalmente per le questioni di minore importanza e richiedendo il suo intervento esclusivamente nei casi di maggior peso.

Siamo di fronte a una vera e propria organizzazione piramidale finalizzata a organizzare, in una struttura controllabile e gestibile, alcune migliaia di persone: di questo quindi si occupava e in questo era esperto il sacerdote Jetro/Reuel.

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La materialità del sacerdote

Abbiamo detto che la figura del sacerdote era quella di un governatore locale, di un luogotenente, che poco o nulla aveva a che vedere con le funzioni spirituali che sono invece state successivamente attribuite al sacerdozio.
lo stesso Yahweh identificò a priori come suoi sacerdoti rutti i discendenti di Aronne, indipendentemente dalla -inesistente - vocazione singola e dalle attitudini personali. Tutti i nati da quella famiglia erano quindi, di fatto e di diritto, sacerdoti, fatte salve alcune caratteristiche che vietavano espressamente l’esercizio di quel compito.

I “vizi” che impedivano a un discendente di Aronne di svolgere le funzioni sacerdotali - contrariamene a ciò che duemila anni di dottrina religiosa ci indurrebbero a pensare — sono elencati con estrema chiarezza nel libro del Levitico (capitoli 21, 16 e segg.); li riportiamo in una delle versioni che si trovano nelle bibbie che tutti abbiamo in casa, non c’è neppure necessità di traduzioni o interpretazioni particolari:

Yahweh disse a Mosè: devi dire ad Aronne che nessuno della tua discendenza che sia portatore di un difetto dovrà mai portare il nutrimento a me... né un cieco, né uno zoppo, né uno che abbia una qualche mutilazione o malformità, né uno che abbia difetti ai piedi o alle mani, né un gobbo, né un nano, né uno che abbia una malattia agli occhi o sia affetto da scabbia

o da piaghe purulente o uno che abbia i testicoli ammaccati... chi ha un difetto non si avvicini all’altare (versetto 23)...

Come si vede bene, e senza necessità di alcuna interpretazione, le caratteristiche erano di ordine esclusivamente fìsico. Le attitudini mentali - la fede, la devozione ecc. - non erano richieste: si veniva estromessi per motivi fìsici.

Il cibo di Yahweh doveva essere toccato solo da individui fisicamente perfetti e integri.

Comprendiamo immediatamente che non c'è nulla di metaforico o di allegorico in queste indicazioni; i tentativi di interpretare in chiave simbolica questo, come numerosissimi altri passi, rivelano tutta la loro pretestuosità: teologia, esoterismo, spiritualismo di varia estrazione, non accettano la letteralità e la crudezza di queste parole; non possono accettarla perché mette in discussione tutto ciò che credono di sapere sulla figura del “Dio” che loro stessi si sono fantasiosamente creata, ma che non è presente nell'Antico Testamento.

Ma non c'è altra via che accettare la realtà.

Questi divieti formulati su base esclusivamente corporale, estetica e funzionale, corrispondono peraltro a indicazioni simili che i “colleghi” di Yahweh, poco più a occidente, avevano impartito in ordine ad alcune caste cosiddette sacerdotali che si dovevano occupare dell' allevamento di animali destinati al consumo da parte degli “dèi” egizi.

Anche questi sacerdoti dovevano essere fisicamente perfetti e si dovevano pure rasare completamente il corpo, per garantire la massima igiene.

Quella stessa pulizia e igiene che Yahweh voleva imponendo accurati lavacri a quei pochissimi che avevano il permesso di entrare da lui nella sua dimora.

La già citata L. bat Adàm, parlando dei rituali officiati nella Bibbia e delle norme che li regolavano, nel suo lungo saggio evidenzia bene...

l’immane raggiro perpetrato nei confronti di tutte le anime candide a cui tuttora si continua a far credere che qui si parli di purezza spirituale che conduce alla “santità” dell’anima.

Qualcuno vuole dirlo una buona volta che “purità” e “purificazione” indicano solo una normale pulizia?

Lo stiamo dicendo e documentando.

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L’esperienza di Jetro/Reuel assume quindi notevole valenza funzionale nella strategia elaborata da Yahweh per costruirsi un popolo su cui governare e da utilizzare ai fini dell’ampliamento della sua sfera territoriale di dominio.

L’Elohim aveva deciso di fare uscire genti dall’Egitto con una promessa allettante, trasformarle in un popolo, preparare una generazione di combattenti e portarle infine alla conquista militare di una terra posta a nord del territorio madianita.

Mosè diviene quindi il soggetto ideale per avviare e condurre l’intera operazione: risulta possedere le caratteristiche necessarie.

Scrive L. bat Adàm che egli ebbe di fatto l’incarico di «allestire nel Sinai un campo d’addestramento paramilitare».
I contatti di Yahweh con Mosè sono stati ampiamente analizzati nei lavori citati e non vi torniamo, così come non analizziamo la ben nota vicenda delle piaghe a seguito delle quali il Faraone concede a Mosè e ai suoi di uscire dall’Egitto per andare a onorare il loro Dio.

L’elemento che qui ci interessa è l’oro, la sua importanza, l’evidente necessità di accumularlo.

Quando si preparano per partire e lasciare definitivamente l’Egitto, Yahweh fa un’osservazione e impartisce una disposizione precisa; dice che non li farà partire “a mani vuote”, ma soprattutto ordina (Es 3,21 e segg.):

oro di-(utensiii)vasi-e ...sua-vicina-da donna chiederà-e

In sostanza, per un viaggio che ufficialmente doveva durare tre soli giorni, Yahweh fa in modo che il suo popolo esca dal paese con un carico d’oro e di altri metalli.

Lui ovviamente sapeva bene che l’uscita sarebbe stata definitiva, in realtà lo sapevano tutti, per cui ci poniamo alcune domande sulle incongruenze di questa situazione:

• Se gli Ebrei, come vuole fare credere la Bibbia, erano schiavi, come potevano pensare di chiedere e ottenere dai propri persecutori oro e altri oggetti fatti di metalli vari?

| Data l’evidente impossibilità di averlo con semplice richiesta, non è forse corretto pensare che abbiano venduto i loro beni facendosi pagare con oggetti di metallo prezioso?

• Ma gli schiavi possiedono beni liberamente vendibili?

• Questo commercio poteva essersi intrattenuto con il basso popolino o non dobbiamo piuttosto pensare che a disporre di oro in varie forme fossero le classi egizie agiate?

• Se così era, perché la Bibbia non dà conto della reazione degli egizi, che pare abbiano tranquillamente — miracolosamente? -assecondato le richieste di quella gente che stava per partire?

• Perché caricarsi di un simile peso nella prospettiva di dovere fuggire e avendo la certezza di essere inseguiti?

• Perché caricarsi di un tale peso in prospettiva di fare un viaggio in una landa disabitata nella quale non vi erano certo possibilità d’intrattenere scambi commerciali tali da giustificare un simile accumulo? (Vedremo tra breve la quantità di oro di cui sono aarrivati a disporre).

• A che cosa doveva servire dunque?

In Esodo 1235-36 si dice chiaramente che gli Israeliti fecero come Yahweh aveva ordinato e:


Egiziani-gli spogliarono-e

Una volta ottenuto il permesso di partire, si pongono in viaggio e vivono quel famosissimo evento sempre presentato come straordinario e miracoloso, cui vale quindi la pena di dedicare un po’ di attenzione: la cosiddetta divisione delle acque del mar Rosso.

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FU DAVVERO MAR ROSSO?

Cominciamo subito col dire che la Bibbia non parla mai di mar Rosso.

Quando narra l’uscita dall'Egitto sotto la guida di Mosè, il libro dell'Esodo (13,18) racconta che l’Elohim fece girare il popolo:

Si trattava quindi del canneto, molto esteso, situato nel territorio a nord-est del delta del Nilo: un territorio in cui le acque dolci del fiume arrivano progressivamente a mescolarsi con le acque salate del mar Mediterraneo.
Quando arrivò lordine di partire e di compiere l’impresa apparentemente impossibile di attraversare le acque, si verificarono due eventi: Mosè stese platealmente il bastone sim-bolo del comando e Yahweh «sospinse, fece andare» la massa d’acqua (Es 14,21) utilizzando un fenomeno naturale:

notte-la-tutta potente est di-vento-con

asciutto-a acqua-la pose-e

acque-le divisero-si-e

Abbiamo dunque la descrizione di un fenomeno naturale preciso: un forte vento soffia da est, le acque si dividono, si libera una secca su cui passa il popolo guidato da Mosè, poi le acque tornano a ricoprire il tutto travolgendo gli inseguitori.

Come per l’Arca a Gerico, anche per questo evento sono state fornite, o per meglio dire elaborate, spiegazioni che appaiono decisamente fantasiose, dal miracolo a uno straordinario intervento tecnologico.

Esiste una spiegazione naturale che ha avuto conferme ancora nel XIX secolo. Alexander Tulloch, ufficiale dell’esercito britannico, era di stanza nel territorio di cui stiamo parlando e ha registrato nel suo diario un fenomeno assolutamente

giunco-di-mare deserto-il di-via

Esodo 14,2 e segg. precisa che si accamparono di fronte a Pi-Achirot, tra Migdol e [yam-ha], cioè «il mare», senza fornire ulteriori specificazioni, così come avviene nel prosieguo del capitolo: la massa d’acqua viene sempre definita [yam-ha] ed è stata identificata nel momento in cui hanno ricevuto l’ordine di accamparsi.

Nelle altre tre volte che questa massa d’acqua è ricordata con un’espressione specifica, viene sempre chiamata [suf-yam], «mare di giunco», e mai è identificata con il mar Rosso: Es 15,22; 1 Re 9,26; Sai 136,13.
identico a quello descritto nel libro dell 'Esodo.

Scrive che “arrivò da est una colonna di vento che gli impedì di lavorare e il mattino seguente era comparsa una secca che i nativi del luogo attraversavano camminando nel fango”. Nel giro di alcune ore fu nuovamente sommersa dall’acqua.

Il fenomeno dunque si ripete nel tempo ed è stato studiato con 14 simulazioni computerizzate presso lo US National Centre for Atmosphere Research e l'Università del Colorado: pubblicata dalla rivista Public Library Research (e dal quotidiano “la Repubblica”, settembre 2010), la ricerca documenta come un vento che soffia in quel territorio a 100 km orari per 10-12 ore riesca a creare un ponte di terra asciutta lungo 5 chilometri e largo 3: più che sufficiente per consentire il passaggio di diverse migliaia di persone.

Ma non è tutto: la Bibbia precisa che le acque ai lati dell’asciutto proteggevano i fuggitivi. Anche qui la fantasia degli interpreti si è sbizzarrita nell’immaginare muri d’acqua miracolosamente tenuti in verticale da forze sovrannaturali o da non meglio identificate energie.

A noi la spiegazione pare semplice e naturale; il passo dell’Esodo {Es 14,22) scrive che «ai lati l’acqua era per loro come [chomah]», un termine che significa sia «muro» che «protezione»: non ci è difficile capire, anzi è evidente, che l’acqua ai lati della secca li proteggeva perché impediva agli eventuali inseguitori di aggirare i fuggitivi, superarli e bloccare loro il cammino.

Questa vicenda costituisce un’ulteriore conferma dell’ipotesi che abbiamo posto a fondamento del nostro lavoro: la Bibbia, studiata e verificata nella sua letteralità, si rivela sempre di più un testo che ci narra cronache concrete.
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Riprendiamo il racconto: la massa dei fuggitivi attraversa il mare di canne [yam suf] in cui si impantanano gli inseguitori, prosegue il cammino e, conseguita la certezza della definitiva libertà, inizia l’organizzazione del campo, degli spostamenti, della vita quotidiana in quell’ambiente nuovo e probabilmente di non facile vivibilità. Yahweh da parte sua non perde tempo, impartisce una serie di norme atte a regolare, e imporre, la convivenza e inizia la raccolta dell’oro ordinando al popolo, per il tramite di Mosè, di fare un’offerta a suo favore.

Per la verità la successione degli eventi relativi alle requisizioni forzose, o donazioni più o meno volontarie, non è sempre chiarissima, ma ciò che conta è la sostanza dell’intera operazione nel suo complesso.

In Es 25,1 egli chiede espressamente oro, argento e bronzo; richiesta ripetuta in Es 35,4 fino a che la quantità consegnata non viene dichiarata sufficiente (Es 36,7).

Nel frattempo però succede un fatto che il testo non descrive ma capiamo che fa irritare l’Elohim, o forse potremmo dire che Yahweh crea l’occasione per irritarsi: egli rimprovera il popolo, lo definisce di “dura cervice” e gli ordina di privarsi degli ornamenti.

Il versetto di Es 33,6 dice che i figli di Israele:


loro-ornamenti-di spogliarono(si)-e

La raccolta dell’oro da parte di Yahweh era evidentemente un esigenza costante.
Vari brani ne descrivono gli utilizzi.
Es 25,23 e segg.: «Farai una tavola per la presentazione dei pani... la ricoprirai d’oro puro e le farai un bordo d’oro... e farai delle traversine e farai a esse un bordo doro... farai quattro anelli d’oro... farai le stanghe in legno d’acacia e le ricoprirai doro... farai in oro puro i piatti, le coppe, le anfore e le tazze...».

• Es 25, 31 e segg.: «Farai un candelabro d’oro puro...».

• Es 30,1 e segg.: «Farai l’altare per far fumare l’incenso... ricoprirai d’oro puro il piano superiore, i lati intorno e i corni... farai una bordatura d’oro... due anelli d’oro sotto la bordatura...».

Tutti questi arredi — con le suppellettili annesse - erano destinati alla dimora di Yahweh e al suo utilizzo personale: dovevano essere disponibili ogni volta che decideva di stabilirvisi per un qualche periodo. Comprendiamo quindi che l’oro aveva una valenza speciale, non certo limitata al suo puro valore di scambio commerciale.

Peraltro non ci sono nell’Antico Testamento testimonianze che documentino scambi con altre popolazioni tanto intensi da giustificare un tale accumulo di ricchezza.

Possiamo intanto pensare che la requisizione del metallo prezioso, unitamente a quella delle altre suppellettili realizzate in argento o bronzo, abbia garantito il raggiungimento di un obiettivo importante: sottrarre la ricchezza a quella gente, concentrarla nelle mani della struttura di comando e togliere così ogni velleità e possibilità concreta di secessioni o abbandoni. Senza valori con cui scambiare le merci come avrebbero potuto procurarsi cibo, granaglie, pagare il transito nei territori occupati da altri, garantirsi autonomamente l’accesso a pascoli o pozzi che non fossero sotto il controllo diretto di Mosè cui erano con ogni probabilità concessi da suo suocero? Spogliati di tutto non potevano andarsene, erano costretti a seguire quella ricchezza concentrata nella dimora di Yahweh da cui essi dipendevano.

Ma questo potrebbe essere solo uno dei motivi che portò alla spogliazione del popolo.

Non dobbiamo dimenticare che le proprietà tipiche di quel metallo ne possono spiegare anche in altro modo l’importanza: è duttile, malleabile, incorruttibile, non arrugginisce, inalterabile, omogeneo, buon conduttore di calore e di elettricità, non facilita lo sviluppo di batteri sulla sua superfìcie.

Ne possiamo quindi comprendere la scelta preferenziale da parte di un essere come Yahweh che aveva, tra le altre, la necessità di vivere in un ambiente che fosse il più asettico possibile, data la sua natura assolutamente diversa ed estranea rispetto al popolo.

Una diversità che comportava rischi non indifferenti, come ben sa chiunque si rechi a fare viaggi in paesi in cui l’igiene non corrisponde ai canoni cui è abituato.

Numerosi sono i passi in cui si documenta questa sua attenzione ossessiva per l’igiene, e per i problemi sanitari; a titolo di esempio citiamo Nm 5,1-3:

Yahweh disse a Mosè: Ordina di fare allontanare dall’accampamento ogni lebbroso, chi ha la gonorrea, chi è impuro per un cadavere; manderete fuori maschi e femmine, li allontanerete affinché non contaminino l’accampamento nel quale io abito.

In Dt 23,13 e segg. si legge anche ciò che non ti aspetteresti da un ’’Dio”, un ordine quanto meno curioso: «Avrai anche un posto fuori dell’accampamento e uscirai là. Nel tuo bagaglio avrai un piuolo, con il quale, nell’accovacciarti fuori, scaverai una buca e poi ricoprirai i tuoi escrementi. Perché Yahweh, il tuo Elohim, cammina in mezzo al tuo accampamento per salvarti e per mettere i nemici in tuo potere; l’accampamento deve essere dunque santo, perché egli non veda in mezzo a te qualche indecenza e ti abbandoni.» Anche di questo dunque si preoccupava “Dio”, di non calpestare...

Lui frequentava il campo e non voleva correre rischi.

Tutte le precise prescrizioni impartite circa i lavacri e le abluzioni cui si dovevano sottoporre coloro che erano ammessi alla sua presenza sono un ulteriore conferma di questa esigenza che appare evidente: si veda a questo proposito la perentorietà dell'ordine impartito in Es 30,17-21: Aronne e i suoi figli, se non volevano morire, dovevano lavarsi mani e piedi nell’apposita vasca di bronzo, prima di avvicinarsi per compiere i servizi previsti.

E quando Yahweh parlava di pulizia non intendeva rivolgere metaforicamente o allegoricamente un invito a mirare a una non meglio identificata purezza spirituale, ma imponeva e rimarcava in modo perentorio la necessità concreta di lavarsi e vestirsi con abiti puliti prima di entrare da lui.

0 ci si lavava ogni volta o si correva il rischio di morire: non c'era tempo per procedere a una progressiva elevazione spirituale.

La dimora, il cosiddetto Tempio-tenda, inoltre era posta a debita distanza dall' accampamento proprio per evitare ogni tipo di contatto con possibili conseguenze dagli esiti più diversi e imprevedibili.

La necessità di lavarsi rimase anche quando il popolo divenne stanziale e a Yahweh fu costruita una dimora stabile e fìssa: il Tempio di Gerusalemme.

Anche se, col passare del tempo e perso il contatto diretto, i lavacri subirono un processo di ritualizzazione che li portò a divenire dotati di valenze simboliche e dunque con funzionalità non più direttamente connesse con le pressanti necessità igieniche cui rispondevano in origine.


Tornando all'oro, leggiamo che la parte interna del Tempio in era conservata l’Arca dell’Alleanza, e che era a lui riservata, doveva essere rivestita con il prezioso metallo, come ci ricordano alcuni passi biblici:

• IRe 6,19 e segg.: «Salomone fece la cella del tempio per custodire l'Arca dell’Alleanza e la rivestì di oro finissimo... rivestì di oro tutto il tempio e tutto l’altare che era di fronte alla cella».

• IRe 7,49-50 e 2Cr 4,20 e segg.: «Salomone fece preparare tutte le suppellettili del tempio... l’altare d’oro, la tavola d’oro per i pani, i candelabri... i fiori, le lampade, gli smoccolatoi, le patere, i coltelli, i vassoi, le bacinelle, i mortai, gli incensieri, i bracieri, anche i cardini per i battenti erano d’oro... e di oro erano anche le porte interne che conducevano nella navata e nella parte più interna del tempio».

Si trattava forse di creare una specie di camera metallica in cui l’Arca, che abbiamo visto essere probabilmente un generatore o conduttore elettrico, potesse essere contenuta in una sorta di isolamento?

Non lo sappiamo, ma Possessione dell’oro, usato persino e inopinatamente per i cardini delle porte, induce a riflettere.

Per eventuali approfondimenti tecnici rimandiamo ad autori come Volterri, bat Adàm, Barbiero, i cui lavori sono citati in Bibliografìa; noi rimaniamo nel deserto, per tentare di capire le intenzioni di quel “Dio”.

Tornando quindi alla vicenda della fuga dall’Egitto e della permanenza nel Sinai, ci domandiamo:
• Quanto oro hanno accumulato gli Israeliti quando hanno spogliato gli Egiziani, come dice la Bibbia?

La risposta ci è fornita da Es 38,24: «Tutto l'oro impiegato per ii lavoro, in tutta la costruzione del santuario, fu di 29 talenti e millesettecentosettantacinque sicli, del siclo del santuario».

Il talento aveva un peso variabile dai 34 fino ai 43 kg; ancora più difficoltoso è determinare con precisione il peso del siclo, che poniamo convenzionalmente intorno ai 10 grammi.

Abbiamo dunque 29 talenti di 38 kg circa (un peso medio tra i 34 e i 43) e 1775 sicli di 10 grammi, per un totale approssimativo di 1120 kg di oro!

Sono fuggiti dall’Egitto portando con sé più di una tonnellata d’oro che era anche molto scomodo da stoccare e trasportare, perché non era compattato in lingotti ma lavorato in monili, vasellame e utensili vari.

A questo dobbiamo aggiungere più di 100 talenti d’argento e più di 70 talenti di bronzo, per un totale complessivo (oro, argento e bronzo) di circa 7600 kg: 7 tonnellate e mezza di metalli che quella gente si portava nel deserto in attesa del suo utilizzo.

Metalli regolarmente contabilizzati: nulla doveva sfuggire al controllo del potere esercitato da Yahweh, Mosè e Aronne.

Il Vitello d’oro

Un fatto però desta l’attenzione del lettore per una serie di strane incongruenze: la vicenda del cosiddetto Vitello d’oro.

Diciamo subito che si presenta con le caratteristiche di un evento preordinato e studiato nei particolari da parte di chi deteneva il controllo e aveva la necessità di accumulare oro anche per fini che probabilmente non potevano essere dichiarati.

Gli autori biblici dimostrano di avere conoscenza dei metalli raccolti e del loro impiego palese nella costruzione della dimora di Yahweh, dell'arredamento e delle varie suppellettili, ma qualcosa pare essere sfuggito alla, contabilizzazione.

La vicenda è narrata nel capitolo 32 dell'Esodo e inizia con Mosè 1 che si trova sulla montagna per incontrare l’Elohim e riceverne leggi e regole da trasferire a quell’insieme di individui che i due stavano faticosamente cercando di trasformare in un popolo vero, con una vita organizzata e regolamentata da tutte quelle norme che rendono possibile la convivenza civile.

Mosè rimane sul monte per un tempo che al popolo sembra eccessivo e inspiegabile; molti si radunano attorno ad Aronne - il sommo sacerdote, il primo responsabile del culto e del servizio dovuto a Yahweh - e, visto che di Mosè non si sa più nulla, gli rivolgono un invito chiaro (Es 32,1):
Elohim noi-per-fa (orsù)alzati

nostre-facce-a cammineranno che

Un ulteriore conferma di alcuni concetti di fondamentale importanza: ci si poteva rivolgere ad altri Elohim e il termine è qui accompagnato, come in altri passi, da un verbo al plurale che ci aiuta a comprendere ancora una volta quanto abbiamo ampiamente documentato ne II Dio alieno della Bibbia, nel capitolo dedicato a esaminare l’assenza del monoteismo nel popolo guidato da Mosè.

Gli Elohim erano tanti e non sono quindi riconducibili alla figura del “Dio” unico che, su di lui, è stata poi costruita.
Torniamo alla vicenda e al comportamento strano e inspiegabile che Aronne tiene in risposta alla richiesta del popolo di rivolgersi ad altri Elohim, tradendo di fatto Yahweh.

Che cosa ci si attenderebbe dal primo garante del culto verso il Dio?

Non abbiamo alcun dubbio: un fermissimo diniego.

Un richiamo netto, deciso e perentorio, al rispetto del culto dovuto al “Dio” che li ha portati fuori dall’Egitto al quale è dovuta quindi una fedeltà assoluta.

E invece accade ciò che non ci si aspetterebbe: Aronne accondiscende immediatamente.

Non fa alcun tentativo di convincere i rivoltosi; non una parola a favore di Yahweh; non un richiamo; non un tentativo di ricondurre alla ragione... nulla.

Riceve la richiesta e, con immediata e incomprensibile naturalezza, si rivolge al popolo e dice (versetto 2): «Staccate gli anelli d’oro pendenti dalle orecchie delle donne, dei figlie e delle figlie».

Si fa consegnare tutto con estrema rapidità.

Il popolo esegue immediatamente e l’oro che non era stato richiesto per la dimora con tutti i suoi annessi viene fuso in una forma per produrre il vitello: il simulacro degli Elohim da adorare richiesto dai rivoltosi.

Inizia l’insieme dei riti e dei festeggiamenti.

A quel punto Yahweh invita Mosè a scendere dal monte e gli comunica pure la sua intenzione di intervenire punendo duramente i colpevoli di tutto ciò.

L’autore biblico narra che Mosè intercede per il popolo, riesce a mitigare l’ira del suo Elohim, scende dalla vetta e raggiunge l’accampamento.

Nel vedere quanto sta succedendo si accende di rabbia, scaglia a terra le tavole con i comandamenti, frantuma il Vitello d’oro, lo riduce in polvere, la sparge sulla superfìcie dell’acqua (la Bibbia non precisa dove fosse quest’acqua) e poi la fa bere al popolo. Subito dopo esprime tutto il suo (apparente?) risentimento nei confronti di Aronne, accusandolo di avere lasciato che il popolo deviasse dal culto dell’unico Elohim cui si dovevano rivolgere.

Poi compie un atto strano e decisamente contraddittorio. Abbiamo visto che poco prima aveva convinto Yahweh a non intervenire contro i rivoltosi e ora si pone all’ingresso dell’accampamento e urla a gran voce (Es 32,25-28):



me-a Yahweh-per chi

Si radunano davanti a lui tutti i figli di Levi che ricevono un ordine preciso: «Così dice Yahweh: ciascuno metta la spada al fianco, passate e ripassate da una porta all’altra nell’accampamento e uccidete chi suo fratello, chi il suo amico, chi il suo vicino».

La carneficina produce in quel giorno ben 3000 morti (versetto 28). Abbiamo dunque una strana successione di eventi: prima Mosè apparentemente convince Yahweh a non intervenire, poi lo stesso Mosè trasmette un ordine del suo comandante (cioè lo stesso Yahweh) e fa uccidere tremila uomini.

Notiamo per inciso che questa non è che una delle innumerevoli incongruenze presenti nella Bibbia che si vuole considerare un libro infallibile perché ispirato direttamente da Dio.

A fronte di quella carneficina registriamo un inspiegabile stranezza: Aronne, niente meno che il sommo sacerdote colpevole di avere immediatamente assecondato il popolo e di non avere fatto nulla per fermarlo, non viene neppure punito.

Anzi, a ben vedere, è stato proprio lui stesso a decidere di fare un Vitello d’oro; il popolo aveva chiesto genericamente di «fare degli Elohim che camminassero davanti a loro».

Eppure il versetto 35 dice che Yahweh in quel giorno «colpì il popolo perché avevano fatto il vitello, fuso da Aronne».

Davvero inspiegabile il senso di giustizia di quel Dio”.
Le stranezze dunque non mancano, ma ciò che colpisce in modo particolare è il fatto che l'oro utilizzato per realizzare l’idolo in forma, di vitello venga così banalmente disperso: il testo ci dice che fa polverizzato, messo nell’acqua e fatto bere a un popolo che doveva essere in realtà punito.

• Perché sciupare quel metallo così prezioso?

• Perché gettare ciò che tanto faticosamente era stato raccolto in Egitto e trasportato nel corso di un viaggio non certo agevole?

Annotiamo che le raccolte o donazioni più o meno spontanee descritte in vari capitoli del libro dell' Esodo erano tutte regolarmente registrate con una precisione che definiremmo ragionieristica: l’utilizzo del metallo era quindi sotto il controllo di supervisori che ne segnavano peso, quantità e relativo impiego.

Ci poniamo quindi ulteriori domande:

• La vicenda del Vitello d’oro fu una sorta di prova generale per misurare la disponibilità di quelle genti a consegnare spontaneamente i loro metalli preziosi? ;

• Fu abilmente preordinata per portare allo scoperto potenziali dissidenti o rivoltosi ed eliminarli in modo così esemplare?

• Fu una vera e propria trappola ordita per procedere con un’epurazione drastica?

• Oppure c’era forse la necessità di avere dell’oro da destinare a utilizzi che il popolo non avrebbe compreso e tanto meno condiviso?

Ecco gli eventi che fanno pensare:

• Mosè si intrattiene sul monte per un tempo che va oltre l’accettabile.

• Nell'accampamento alcuni cominciano a mormorare e il malcontento si diffonde.

• Il popolo si ribella e chiede ad Aronne nuovi Elohim da seguire.

• Aronne accondiscende immediatamente senza compiere alcun

tentativo di dissuasione.

• Si raccoglie l'oro che gli ebrei consegnano immediatamente, dietro semplice richiesta di Aronne.

• Si fonde un simulacro.

• Non appena questo evento si verifica Mosè, che da molto tempo era sul monte, risulta essere immediatamente pronto a scendere con le tavole della legge perfettamente compilate.

• Mosè interviene e fa uccidere alcune migliaia di persone.

• Aronne non viene punito.

• Il vitello viene distrutto.

• L’oro usato per la statua viene polverizzato e scompare nell acqua che viene fatta bere (!?) al popolo ribelle.

Ulteriori domande:
• Perché Mosè rimane sul monte a lungo e solo quando il vitello è realizzato risulta essere immediatamente pronto a scendere con le leggi già scritte da Yahweh sulle tavole?

• Visto che lui era salito sul monte proprio per ricevere dal suo Elohim istruzioni, norme, leggi ecc. perché non è sceso prima, stante il fatto che le tavole risultano chiaramente essere già pronte nel momento in cui Mosè decide di scendere?

• Perché Yahweh ha atteso che il vitello fosse realizzato prima di dire a Mosè che era giunto il momento di intervenire?

• Non si poteva agire prima che gli eventi precipitassero fino al punto da fabbricare un nuovo “Dio” da seguire?
• Non sarebbe stato sufficiente far scendere Mosè nel momento in cui Yahweh si stava accorgendo che il malcontento del popolo diveniva potenzialmente pericoloso?

• Ma era forse proprio questo che si voleva?

• Si fece in modo di creare il pretesto per raccogliere oro da usare per scopi diversi da quelli ufficiali e che non dovevano essere controllati e giustificati?

• Aronne non è stato punito semplicemente perché era parte integrante di questa strategia visto che non ha frapposto alcuno ostacolo, ma ha immediatamente esaudito la richiesta dei rivoltosi ordinando loro di portare subito l’oro che era in possesso dei vari gruppi famigliari?

• Perché far sparire in un modo tanto plateale un metallo così prezioso?

• Dati questi indizi, possiamo essere certi che la polvere che il popolo vide gettare nell’acqua che poi avrebbe bevuto fosse veramente polvere di oro? Ma anzi, chi dice che il popolo l’abbia vista gettare nell’acqua?

• E se anche Mosè avesse veramente gettato l’oro in vasche di acqua, noi ci chiediamo: si può sciogliere in acqua l’oro che, dato il suo peso specifico, scende immediatamente a fondo, come bene sanno i cercatori che setacciano i fiumi?

Questa serie di indizi e dubbi consentono veramente di ipotizzare l’esistenza di una strategia precisa, finalizzata a sottrarre l’oro senza procedere con richieste che avrebbero forse trovato l’opposizione del popolo. Yahweh, Mosè e Aronne avrebbero quindi potuto ordire questo piano che appare realizzato alla perfezione, proprio in tutti quei particolari che costituiscono per noi motivo di sospetto perché non comprensibili in una normale successione degli eventi: troppe stranezze, troppe coincidenze.
Non ultima l'eliminazione dei 3000 rivoltosi. Anche questo to pare essere uno dei risultati previsti dalla strategia: liberarsi di oppositori scomodi, quelli che mettevano in discussione la posizione di comando di Mosè e disseminavano il malcontento nell'accampamento. Il libro dell'Esodo dà spesso conto delle difficoltà che Mosè incontrava nel gestire quel popolo che non perdeva occasione di lamentarsi della situazione penosa in cui viveva nel deserto e ricordare invece di come stesse bene quando era in Egitto e aveva cibo e una casa (a ulteriore riprova del fatto che non erano evidentemente in situazione di schiavitù, come già abbiamo rilevato in precedenza).

Si possono vedere a questo proposito i passi di Es 14,10 e segg.; 16,1 e segg.; 17,2 e segg.; 32,1 e segg.; Nm 14,1 e segg.; Nm 16,1 e segg.; Nm 17,6 e segg.; Nm 20,1 e segg.; Dt 9,7 e segg.; Dt 9,22 e segg.

• A che prò impossessarsi di questo oro sottraendolo alla precisa contabilità ragionieristica che abbiamo rilevato prima?

Per rispondere a questa domanda ricordiamo il contesto e le vicende pregresse: ci troviamo nel capitolo due dell’Esodo, di cui riassumiamo le vicende ben note.

Secondo il racconto biblico Mosè vive in Egitto sin dalla sua nascita: salvato dalle acque viene curato, cresciuto ed educato a corte dalla figlia del Faraone. Tutta la sua vita è quindi caratterizzata da un’educazione e preparazione culturale, civile e religiosa, tipicamente egiziane. Molti sono coloro che affermano essere egli divenuto addirittura sacerdote di Aton, altri sostengono che egli fosse stato un militare di alto rango e che la sua esperienza maturata in quella posizione di comando gli sia servita per compiere l’impresa di trasformare in popolo un’accozzaglia eterogenea di genti ingovernabili, ribelli, senza regole, prive anche dei più basilari principi di convivenza civile, come dimostrerebbero i precetti anche apparentemente banali che Mosè dovette impartire, come le normalissime prescrizioni igieniche tese a garantire la vivibilità e prevenire mortali epidemie.

Non abbiamo elementi sufficienti per provare questa o quella tesi e dunque ci limitiamo a quanto la Bibbia consente di ipotizzare.

In Es 2,11-22 è narrato ciò che determinerà gli sviluppi dell'intera vicenda biblica: la sua chiamata; l’avvio della collaborazione con Yahweh; l’uscita del popolo dall’Egitto, ecc.

Egli assiste a un litigio tra un egiziano e un ebreo; interviene con violenza, colpisce a morte l’egiziano e ne nasconde il cadavere sotto la sabbia. Contava sul fatto che nessuno sarebbe venuto a conoscenza di questo assassinio, ma scopre ben presto che il fatto è risaputo e si vede costretto a fuggire.

Abbandona l’Egitto, attraversa la penisola del Sinai e raggiunge il territorio di Madian.

Si siede presso un pozzo dove si abbeverava il bestiame di quel Jetro/Reuel di cui abbiamo già detto. Giungono le figlie di questo sacerdote/luogotenente di Yahweh che vengono però malamente cacciate da pastori. Mosè interviene in loro difesa e consente loro di accedere all’acqua. Quando tornano al loro accampamento raccontano l’accaduto al padre dicendo che a salvarle dalle mani degli aggressori era stato (Es 2,19):

Egiziano uomo-un

Per la Bibbia egli era dunque un egiziano: era stato educato all corte, se non propriamente del faraone, almeno di un suo governatore locale; chi lo vedeva lo identificava come tale e va detto che tribù madianite erano strettamente imparentate con i figli d’israel
Si crea l’occasione per una ribellione, magari la si fomenta ad arte; si accondiscende immediatamente alle richieste dei rivoltosi; si raccoglie l’oro; si fonde un simulacro; lo si distrugge facendo poi credere al popolo di avergli dato da bere l'oro diluito nell’acqua come punizione.

E il gioco è fatto.

Fantasia?

Può darsi.

Ma c’è un ulteriore elemento che induce a riflettere: le stranissime modalità della morte di Mosè.

Nel capitolo 32 del Deuteronomio sono raccontate con grande laconicità.

Si narra che Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, di fronte a Gerico e da quell’altura osservò la Terra promessa mentre l’Elohim gli spiegava che l’avrebbe data ai posteri perché a lui non era concesso di entrarvi.

Si dice infine che Mosè morì subito dopo in terra di Moab e che fu sepolto nella valle di fronte a Bet-Peor, ma, dice la Bibbia (Di 34,6):



sua-tomba uomo conobbe-non-e



questo-il giorno-il fino

Abbiamo quindi una situazione colma di stranezze.

Mosè muore mentre è ancora nel pieno del suo vigore (Dt 34,7); la sua morte si presenta senz’ombra di dubbio come preordinata e nessuno sa dove sia la tomba di colui che, di fatto, è il vero e unico fondatore del popolo dei figli di Israele.

Ci viene facile pensare che tutto fosse stato preordinato con uno scopo preciso: non far conoscere a nessuno la localizzazione di quella tomba che era evidentemente addobbata secondo le tradizioni egizie e dunque anche con l’oro che era stato sottratto nel modo che abbiamo ipotizzato.

Questo poteva ben essere un premio che Yahweh aveva riservato al suo fedelissimo collaboratore.

Forse loro aveva anche altri utilizzi, ma il contenuto del Codice di Leningrado, cui ci atteniamo per scelta metodologica, non consente di elaborare in modo fondato ulteriori ipotesi.


Note: ho dovuto eliminare i termini ebraici perchè l'ocr non li riconosceva e cercava di tradurli in lettere normali.

Fonte: Mauro Biglino - Non C'è Creazione Nella Bibbia - Cap. 6



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MessaggioInviato: 13/02/2013, 17:22 
Ottimo lavoro Max... e rilancio con il seguente articolo che si ricollega al thread dedicato alle chemtrails e alle modificazioni genetiche

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14432

Gli Anunnaki, l'oro e le scie chimiche

Il termine "Anunnaki" significa "Coloro che dal cielo scesero sulla Terra". Gli Annunaki sono diventati celebri grazie al controverso studioso russo Zecharia Sitchin che ha ipotizzato una colonizzazione della Terra per opera di alieni provenienti da Nibiru, il pianeta dell'attraversamento.

Secondo Sitchin e qualche altro autore, gli Annunaki selezionarono geneticamente l'homo sapiens, usando il materiale cromosomico della specie homo erectus. Ciò avvenne circa 300.000 anni or sono, in Africa australe. Tale intervento genetico portò alla creazione di lavoratori sterili, i lulu, impiegati soprattutto come minatori nei giacimenti auriferi dell'attuale Zimbabwe, l'Abzu (letteralmente "mondo inferiore") dei Sumeri. La decisione di dar vita a questa specie, in cui il D.N.A. dell'homo erectus fu mescolato a quello degli "dèi", fu presa in seguito alla ribellione, narrata in antichi miti, per opera degli Igigu, una classe di extraterrestri subalterni agli Anunnaki. Gli Igigu erano, infatti, stati costretti a lavorare nelle miniere africane in condizioni assai difficili.

Questa, in estrema sintesi, la ricostruzione di Sitchin, accusato da alcuni di essere un millantatore o un fantasioso romanziere, più che un sumerologo e conoscitore delle lingue mesopotamiche. Circa le sue traduzioni, è lecito pure nutrire qualche dubbio: il sumero è un idioma agglutinante non imparentato con alcuna parlata semitica dei popoli che si insediarono, avvicendandosi, nella ferace regione tra il Tigri e l'Eufrate. E' quindi una lingua pressoché isolata la cui interpretazione è, però, resa possibile dalla conoscenza degli idiomi semitici, in primo luogo l’accadico. I Semiti (Accadi ed Amorrei), infatti, che si installarono nell’area ebbero cura di studiare e di trasmettere il sumero, considerata lingua classica, dal valore sacro. Accanto a questa facilitazione, non bisogna dimenticare una notevole difficoltà rappresentata dalla scrittura cuneiforme e derivante dalla polivalenza di parecchi segni. Tale polivalenza può essere di due specie: lo stesso grafema può avere significato ideografico, determinativo, sillabico; il medesimo segno può veicolare valori sillabici del tutto diversi. Spetta all’interprete stabilire, volta per volta, con la sua conoscenza del contesto, di quale valenza sillabica si tratti.

Ad ogni modo, riscontri archeologici, iconografici e mitologici avvalorano la resa del vocabolo "Anunnaki" proposta da Sitchin: “Anu”, infatti, vale "cielo". An (o Anu) era il dio del cielo e re degli “dèi”. Ki era la sua sposa: “ki” significa "terra". “Anu” e “ki” sono i morfemi contenuti nel vocabolo Annunaki che sembrerebbe quindi indicare un legame tra cielo e terra, sebbene tale nesso si possa intendere in modo convenzionale, nell'ambito della tradizionale interpretazione religiosa riferita alla mentalità "primitiva", in cui il padre cielo feconda, con la luce, il calore e le piogge, la madre terra.

Prescindiamo comunque dall'attendibilità della tesi ventilata dall'autore russo circa l'esistenza di Nibiru, inteso come gigantesco pianeta (credo che si potrebbe trattare di un'astronave o di un pianeta artificiale); pare certo, come confermato da recenti indagini, che il D.N.A. umano contenga geni esogeni. Si deve quindi ritenere plausibile che il corredo cromosomico umano sia misto, terrestre-extraterrestre. I lulu dunque furono creati dagli "dèi" affinché lavorassero nelle miniere d'oro. "L'amore per l'oro è una costante della vita dell'uomo fin dagli albori della civiltà e della religione" - nota Sitchin - e risale ai contatti dell'uomo con gli dèi antichi. Gli dèi di Sumer volevano essere serviti con vassoi e brocche d'oro e d'oro dovevano essere i loro abiti.... L'oro, che noi chiamiamo metallo reale, era in realtà il metallo degli dèi.... La stessa adorazione dell'uomo per questo metallo affonda le sue radici nel gran bisogno di oro che i Nefilim avevano e che li aveva spinti, a quanto pare, a venire a cercarlo sulla Terra. Forse essi cercavano anche altri metalli rari, come il platino, abbondante nell'Africa australe, che ha il potere di alimentare le batterie in maniera straordinaria. Non si può escludere che la possibilità che essi cercassero anche minerali radioattivi, come l'uranio ed il cobalto, le pietre azzurre che causano mali, di cui parlano antichi testi”.

L'oro, di colore giallo, è morbido, malleabile e duttile. E' stabile all'aria e difficilmente attaccabile dagli agenti chimici. Inoltre è un ottimo conduttore di calore e di elettricità. Viene usato per la monetazione, in gioielleria, ma trova applicazione anche nell'elettronica (fabbricazione di componenti di dispositivi elettronici).

Occorre chiedersi ora a quale scopo i Nefilim usavano l'oro estratto dall’oceano e nelle miniere del Mondo inferiore, l'Abzu. Ammesso che questi esseri fossero extraterrestri evoluti sul piano tecnologico, non si può escludere che impiegassero il metallo per i componenti di apparati elettrici e forse elettronici.

Sitchin, insieme con qualche altro studioso, ha, però, congetturato che finissime polveri d'oro fossero diffuse nel pianeta d'origine dei "creatori" per stabilizzarne l'atmosfera: è difficile esprimersi su questa supposizione, probabilmente fantasiosa, anzi azzardata. Eppure a distanza di molte migliaia di anni, assistiamo allo spargimento, attraverso le scie chimiche, di metalli (nonché alla diffusione di vari altri elementi ed agenti patogeni) nell'atmosfera di Gaia. Di fronte all'assurdo, è lecito formulare un’ipotesi eccentrica: la dispersione di metalli come l'alluminio, oltre ad essere spiegabile con il perseguimento dei differenti scopi sin qui accertati, potrebbe essere inscritta anche in un piano di modificazione della biosfera terrestre in modo da renderla adatta ad esseri che terrestri non sono? La composizione chimica dell'atmosfera, adeguata alla vita di piante ed animali, tra cui la specie homo sapiens sapiens, è forse repulsiva per creature con un metabolismo ed un genotipo diversi?

"Gli stessi “dèi” sumeri - ritiene l’autore dell’articolo Tempi moderni, sarebbero ancora tra noi, rigenerati, trasformati e, necessariamente, “nascosti” nella nostra era".

Le spinose questioni riguardanti le scie chimiche, i black projects, le nanotecnologie, le nuove patologie come il Morgellons, le tecniche di controllo della mente, i black projects, i pittogrammi nel grano, le mutilazioni animali, i rapimenti alieni (?), il Nuovo Ordine Mondiale promosso dai Gesuiti, la massoneria e gli Oscurati... trovano degli addentellati con un popolo venuto da lontano ed insediatosi sulla Terra circa 400.000 anni fa?

Le vera domanda non è la seguente: "Esistono?. I veri quesiti sono altri: "Chi sono? Che cosa vogliono?"

http://www.tankerenemy.com/2007/10/gli- ... miche.html
http://www.tankerenemy.com/2007/10/gli- ... he_04.html



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MessaggioInviato: 15/02/2013, 18:48 
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Prescindiamo comunque dall'attendibilità della tesi ventilata dall'autore russo circa l'esistenza di Nibiru, inteso come gigantesco pianeta (credo che si potrebbe trattare di un'astronave o di un pianeta artificiale)


Io ho sempre pensato che si trattassi di una nave madre enorme, non ho mai ritenuto credibili le ipotesi relative al pianeta. In fondo una grossa nave in orbita osservata dalla terra appare come una stella del firmamento no? Nel nuovo libro di biglino vi sono anche dei testi antichi accadici se non erro (ora ho presto il libro appena posso posto i passi in maniera precisa) essi dicono che gli antichi dei prima di discendere sulla terra vivevano nella loro dimora celeste "SENZA VEGETAZIONE" nello spazio intorno alla terra ^_^

Per quanto riguarda l'eventuale inadattabilità di queste "creature" al pianeta terra secondo me è improbabile, anche perché un eventuale Elohim come Yahweh a parte qualche problema di igiene non mi pare avesse grandi problemi di sopravvivenza al punto che si recava spesso in visita al campo degli ebrei o nella tenda lui riservata... E poi perché farlo fare a noi uomini con mezzi tecnologicamente infeirori piuttosto che farlo loro visto che già 300mila 400mila 500mila anni fa praticavano la genetica e si muovevano su astronavi?



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MessaggioInviato: 11/04/2013, 19:49 
Nella penombra della stanza la misteriosa figura si muove in gesti misurati fra le ampolle e gli alambicchi allineati sul vecchio tavolo di legno, pieni di misteriose sostanze e strani infusi mescolando e riscaldando elementi nell’impresa della trasmutazione. Il fuoco della piccola fornace rischiara l’ambiente con bagliori rossastri. Le fiamme avvolgono i crogioli dove il metallo si tramuta in liquido rovente. I vapori acri irritano gli occhi e le narici; i fumi invadono i polmoni rendendo affannoso il respiro. L’aria è satura di odori pungenti. Un nuovo sguardo agli appunti poggiati sul leggio illuminato dalla luce di una candela.

L’uomo prende dal tavolo una misteriosa polvere scura e la deposita sul pezzo di metallo posto sui carboni ardenti; poi usando lunghe pinze toglie la piccola forma circolare dal fuoco e la deposita sulla pietra vicina. Un’altra moneta d’oro si aggiunge alle altre contenute in un piccolo forziere, nel quale fanno bella mostra di se pietre preziose d’ogni tipo e forma. La trasmutazione è riuscita, l’alchimia è compiuta…

Può sembrare l’inizio di un racconto d’altri tempi invece è quanto emergerebbe dalle storie che circondano l’antica arte di fabbricare l’oro: l’alchimia.

Una scienza considerata l’antenata della chimica moderna praticata per trasformare in oro vili metalli, ritenuta per secoli una raccolta di fandonie, una pratica di maghi e ciarlatani; risalente ai tempi della creazione nell'officina del biblico fabbro Tubalcain, figlio di Lamec, vissuto nella prima età del bronzo 4500 anni fa, personaggio al quale la Bibbia attribuisce l’invenzione degli utensili in bronzo e l’abilità di forgiare tale metallo.

Era ritenuta l’arte dell’antico Egitto, la Khemeja, dal vocabolo siriano Kimija, che abbinato all’arabo "El" divenne alchimia, la "scienza della terra nera".

Nel tempio di Ptah si trovavano fornaci per praticare l’alchimia. Antichi testi cinesi citano varie possibilità di trasmutazione dei metalli e riportano la storia di un certo Chen che trasformava in argento cocci o mattoni strofinandoli con una pietra nera.

Fondamenti dell’alchimia erano conosciuti in India 5000 anni fa. In Grecia famosi cultori furono Omero, Pindaro e lo stesso Pitagora, acquisendo un ruolo fondamentale nella diffusione dell’alchimia nell’Occidente medievale.

Gli alchimisti arabi ereditarono tutti gli insegnamenti delle scuole ermetiche egizie e greche e svilupparono le tecniche di distillazione che permisero di scoprire acidi e alcali, sali e liquori usati in medicina. La loro non era solo un’arte di laboratorio, ma si proponeva anche di svelare le leggi nascoste della creazione e comportava una dimensione mistica e filosofica.

Il primo a parlare della possibilità di trasformare il rame in oro fu Djabir Ibn Hayyan grande alchimista arabo, noto come "Geber", vissuto nell’VIII secolo, discepolo di un grande maestro dell’Islam, Imam Djafar. Nei suoi libri troviamo la descrizione del cloruro d’ammonio, della distillazione dell’aceto per ottenere l’acido acetico, le norme per la preparazione dell’acido nitrico diluito, dell’acqua regia.

Geber considerava il mercurio e lo zolfo come gli elementi fondamentali per produrre l’oro; sosteneva che attraverso le loro manipolazioni con altre sostanze si otteneva una polvere secca, chiamata "xerion" dai greci, "al-iksir" dagli arabi ed "elisir" dagli europei, con la quale era possibile trasmutare i metalli in oro.

Dopo Geber comparve un alchimista persiano, conosciuto in seguito con il nome di Avicenna, che s’interessò più degli aspetti legati alla medicina. Nei suoi studi descrisse l’uso del gesso per le fratture, dell’antimonio metallico.

Vari termini alchemici arabi fanno ancora oggi parte del linguaggio scientifico, come alcool, elisir, alambicco.

Esistono documenti che testimoniano come i regnanti considerassero gli alchimisti un pericolo per l’economia del paese e per le proprie sostanze. Diocleziano ne proibì la pratica e ordinò fossero bruciati tutti gli scritti esistenti.

In Cina vi erano leggi che proibivano la produzione di oro attraverso l’utilizzo di procedimenti alchemici.
Giovanni XXII nel 1317 e Enrico IV nel 1404 proibirono la pratica dell’alchimia e la produzione di metalli. Successivamente con un altro decreto il sovrano inglese decretò che l’oro e l’argento prodotto con procedimenti alchemici doveva essere versato alla zecca. Un ulteriore prova che tale produzione era avvertita dall’economia statale.

La Chiesa, per ragioni politiche e religiose, considerava errato praticare le arti dei nemici, inoltre ritenne impossibile realizzare la trasmutazione dei metalli in oro; quindi coloro che affermavano di trasmutare e non ottenevano alcun risultato erano truffatori, o se vi riuscivano avevano praticato opere di magia. L’Inquisizione perseguì molte persone che vi si dedicavano.

Eppure le immagini di Ermes hanno adornato le cattedrali europee per oltre tre secoli, tuttora si ammira un affresco di Ermes negli appartamenti dei Borgia in Vaticano, fino al 1614 quando sono stati condannati dalla chiesa e ignorati per i duecento anni successivi.

L’alchimia cadde in disgrazia e gli alchimisti considerati stregoni dediti alle arti occulte e perseguiti; di conseguenza fu praticata da personaggi d’alto rango appartenenti alla nobiltà o alla sfera ecclesiastica, come Alberto Magno, Ruggero Bacone, Tommaso d’Aquino, Raimondo Lullo.

Sembra in definitiva che nel passato qualcuno sia realmente riuscito a produrre oro "alchemico".

Vi sarebbero alcune prove a conferma. Una si trova nella sessione Monete e Medaglie al British Museum; l’oggetto che somiglia ad una pallottola è classificato come "oro fabbricato da un alchimista con una pallottola alla presenza del colonnello Mac Donald e del dottor Colquhoun nel 1814".

Johann Helvetius, medico del principe d’Orange, era noto per la sue trasmutazioni alchemiche avvenute nella seconda metà del 1600 ed accertate dall’Ispettore della Zecca olandese che si avvalse dell’aiuto del gioielliere Brechtel.

Per ricavare l’oro si partiva dal mercurio o dal piombo. I numeri atomici dell’oro, mercurio e piombo sono rispettivamente 79 - 80 e 82; quindi molto prossimi. Dobbiamo registrare però che la tabella degli elementi fu proposta da Mendelev nel 1879; gli alchimisti erano in possesso di tale tabella secoli prima? Conoscevano che il mercurio scioglie l’oro e l’argento formando dei miscugli liquidi, con il fuoco allontanavano il mercurio ottenendo oro e argento puro. Sapevano che il mercurio scioglie lo zolfo giallo originando il cinabro rosso. Solo nel 1919 atomi di azoto furono trasformati in atomi di ossigeno e idrogeno dopo averli bombardati con atomi di elio.

Un documento conservato a Malta parla di un versamento di centomila sterline annue a favore dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme da parte di un certo Gorge Ripley; una somma ingente che getta il sospetto della produzione di oro alchemico.

Nel Kunsthistorisches Museum di Vienna è conservato un ovale di metallo di 40 per 37 centimetri di sette chilogrammi per un terzo d’argento e per due d’oro. La sua storia è, a dir poco, stupefacente.

Nel cinquecento certo Johann Wenzel Seiler aveva pronunciato i voti, ma non sopportava la vita da monaco; un vecchio frate gli rivelò che nel monastero si trovava, sepolto da qualche parte, un tesoro favoloso. Dopo lunghe e accurate ricerche condotte in ogni luogo trovarono una cassetta di rame che conteneva una strana pergamena con lettere indecifrabili e quattro vasi ricolmi di polvere rossa. Seiler che sperava di trovare dell’oro, rimasto deluso voleva gettare via tutto, ma il vecchio lo convinse a non farlo. Il frate anziano studiò a lungo la pergamena e scoprì che la polvere serviva a compiere le trasmutazioni. I due riuscirono a tramutare in oro un vecchio piatto di stagno coprendolo con la polvere rossa prima di scaldarlo sul fuoco e a venderlo per venti ducati. Progettarono di fuggire dal convento, ma il vecchio morì. Ideò la fuga con un altro monaco al quale confidò tutta la storia. Felice per l’idea di abbandonare quel luogo festeggiò invitando una giovane donna fatta passare per un suo cugino; ma scoperto in intimità con la ragazza finì frustato e imprigionato. L’amico riuscì a farlo evadere ed a realizzare il progetto di fuga. Giunti a Vienna conquistarono la protezione del conte Peter Von Par, amico dell’imperatore Leopoldo I. Alla presenza del sovrano tramutarono un’oncia di stagno in oro. Von Par derubò Wenzel della metà dei vasi. La fortuna era dalla loro parte perché poco tempo dopo il conte morì e i due rientrarono in possesso della polvere. L’imperatore divenne loro protettore, e alla sua presenza e quella del capitano della Guardia erano condotti gli esperimenti.

Nel 1675 fu coniato un ducato con l’effigie del sovrano; sul retro si legge: "con la polvere di Wenzel sono stato trasformato da stagno in oro". Wenzel divenne cavaliere e assunse il nome della madre divenendo Von Reinsburg. La polvere rossa stava per finire e nel 1677 fu forgiato un gran medaglione con le effigi di Leopoldo e tutti i predecessori. Immersa nel composto divenne d’oro nella parte inferiore, ma forse la polvere non bastò per completare la trasformazione e il medaglione rimase composto da due metalli.

Nel 1883 il medaglione è stato analizzato appurando che si tratta di oro pieno. In pratica è la miglior prova che nel passato la trasmutazione alchemica è stata effettuata.

Attraverso le crociate gli europei s’impadronirono delle conoscenze arabe e le introdussero in Europa.

L'alchimia venne inizialmente recepita in Occidente come l'arte di fare l'oro dai metalli vili. Ne sono prove una ricetta per fare l'"oro spagnolo", un cenno all'alchimia come falsificazione dei metalli preziosi.
Solo attorno alla metà del '200 Alberto Magno e Ruggero Bacone riuscirono a cogliere il principio dell'alchimia, ossia trasformare i prodotti naturali modificandone le proprietà in modo da renderli perfetti.

Il primo alchimista europeo fu Alberto Magno nato a Lauingen, Germania, nel 1193; il filosofo svolse i suoi studi a Padova dove prese contatti con l’ordine dei Domenicani. Fu in seguito nominato Vescovo di Ratisbona e ottenne una cattedra di teologia a Colonia, dove ebbe per discepolo Tommaso d'Aquino. Morì il 15 novembre del 1280 nella stessa città di Colonia. Fu beatificato nel 1622; proclamato santo da papa Pio XI nel 1931. Commentò tutte le opere di Aristotele e introdusse una netta distinzione tra filosofia e teologia in quanto quest’ultima è fondata sulla rivelazione mentre la prima sulla ragione; quindi è impossibile in filosofia discutere di questioni teologiche. Il suo metodo di ricerca scientifica si fonda sull'esperienza comune anticipando il metodo del confronto e della collaborazione operato dalla scienza moderna.

Teologo e filosofo autorevole, illuminò di nuova luce la filosofia Aristotelica. I suoi scritti spaziano su vari argomenti dalla letteratura religiosa, alla fisica, all’astronomia, alle scienze naturali, all’alchimia e all’ermetismo. Tentò di trovare un compromesso tra la teologia e la magia operando un distinguo tra i tipi di quest’ultima evidenziando che oltre alla "magia nera" e alla "magia bianca" ne esiste anche un terzo tipo: l’alchimia.

Alberto era un domenicano e doveva essere molto prudente per non essere accusato di eretismo o stregoneria. Celebre la sua raccomandazione agli alchimisti di essere discreti e attenersi alla regola della segretezza mantenendo il più assoluto riserbo riguardo ai risultati conseguiti, di seguire le regole delle operazioni alchemiche servendosi solo di vasi di vetro per evitare contaminazioni; infine mantenersi abbastanza ricco per affrontare le spese che la disciplina richiede.

Suo contemporaneo fu Ruggero Bacone fautore della applicazione matematica agli studi scientifici. La descrizione dell’acido solforico e la preparazione dell’acido nitrico concentrato, fu il più importante progresso della chimica; si apriva così agli alchimisti la possibilità di effettuare reazioni chimiche.

Uno dei principali centri Alchemici fu Firenze per opera di Cosimo I dei Medici che creò l’Accademia platonica di Firenze e chiese a Marsilio Ficino di tradurre la prima copia del "Corpus Hermeticum" di Ermete Trismegisto, donatagli da un monaco nel 1460. La prima traduzione fu redatta e divulgata nel 1471. Con questo gesto liberò la Toscana dalle influenze della Chiesa e contribuì a rendere rinomata la produttività artigianale della fusione dei metalli, della preparazione dei coloranti per le stoffe e per gli arazzi, della preparazione dei medicinali farmaceutici. Dell’epoca la potente corporazione degli Speziali.

A Firenze si vennero a creare le Arti e i Mestieri che favorirono in Toscana il nascere di una scuola di artigiani famosi nel saper adoperare il fuoco per la fabbricazione dei vetri, per fondere i metalli, per la produzione dei coloranti e dei medicinali.

Allievo di Marsilio Ficino fu Pico della Mirandola; a 23 anni aveva già studiato tutto ciò che al tempo era conosciuto; egli riteneva utile rinforzare la magia naturale con la magia cabalistica, che invoca gli angeli e gli arcangeli con i loro nomi in ebraico. Per tali idee dovette fuggire dall’Italia. Fu riammesso nel giugno 1493 da Alessandro VI, un papa favorevole alla magia e all’astrologia. Ma non solo i medici utilizzarono la quintessenza alchemica.

Negli anni '20 del XV secolo l'orafo fiorentino Lorenzo da Bisticci, cominciò a guarire i malati con la medicina alchemica, quell’oro potabile, che Giovanni da Rupescissa, vissuto in pieno XIV secolo, aveva insegnato a produrre "sciogliendo lamine d'oro nel distillato di vino", la quinta essenza alchemica distillata in un vaso sigillato provvisto di volute circolari affinché il prodotto iniziale muti l’aspetto diventando sottile e cristallino.

L'immagine più rappresentativa del Rinascimento fu il medico svizzero Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim, che assunse il nome di Paracelso, al quale si attribuisce la scoperta dello zinco e dell’idrogeno e secondo il quale tutto ciò che la natura produce deve essere giudicato più o meno perfetto a seconda dell’utilizzazione più o meno diretta che l’uomo può trarne: è necessario perfezionare l’opera della natura e portare tutte le cose allo stato in cui possono essere utilizzate dall'uomo. A questo perfezionamento, deve essere dato il nome di alchimia.

Quindi è l’uomo che deve perfezionare le cose "imperfette" che la natura offre; un concetto simile a quello di Cartesio che considera Dio colui che contempla il mondo come un gigantesco orologio che ha caricato all'inizio dei tempi, ma non può intervenire in quanto il meccanismo procede secondo leggi che non hanno bisogno del suo intervento.

Paracelso nacque il 14 novembre del 1493 a Einsiedeln, un villaggio vicino alla città di Zurigo, in Svizzera; è ricordato come un uomo alto un metro e cinquanta dal corpo tozzo e dall'aspetto malaticcio che spesso girava munito di una grossa spada provvista di un elsa ove si dice fosse incastonata la Pietra Filosofale e celasse pillole di laudano.

Si racconta che Paracelso sia stato evirato da giovane in seguito ad un incidente, la cosa non è certa ma il suo cranio, ancora esistente, presenta una conformazione femminile. Apprese da suo padre, il medico Guglielmo Bombast di Hohenheim, i rudimenti dell'Alchimia, della chirurgia e della medicina. Continuò gli studi sotto la guida dei monaci del convento di Sant'Andrea; ebbe come maestro Johann Trithemius di Spanheim, uno dei maggiori adepti della Magia, dell'Alchimia e dell'Astrologia del tempo.

Paracelso viaggiò molto. Nel 1521, secondo la relazione di Van Helmont, giunse a Costantinopoli e ricevette la Pietra Filosofale da un certo Solomone Trismosinus, segnalato ancora in vita alla fine del diciassettesimo secolo. Nel 1526 fu a Basilea dove riuscì a salvare la gamba di un libraio noto in tutta Europa, Johnann Froben, che era stato considerato inguaribile dalla medicina ufficiale. Lo curò con terapie naturali e conservative che erano alla base di quella che chiamò "medicina spagirica". La guarigione della gamba, considerata eccezionale, gli procurò la nomina a docente universitario alla facoltà di Medicina e chirurgia a Basilea. Per aver bruciato pubblicamente in piazza gli scritti di Galeno e di Avicenna, e alla crescente ostilità dei medici accademici fu costretto ad abbandonare la città.

I suoi nemici, invidiosi dei suoi successi in medicina, gli resero la vita impossibile; lo attaccarono senza ritegno accusandolo di essere solo un fanatico millantatore; lo descrissero come un ubriacone, un imbroglione, dedito a pratiche diaboliche. Le sue teorie hanno ispirato i testi rosacrociani, la "Fama Fraternitatis" e la "Confessio Fraternitatis", il fondatore dell'omeopatia Hahnemann e filosofi come Francesco Bacone. Aprì la via alla ricerca scientifica e ottenne un’autonomia nei confronti dell'autorità storica; innescando però il conflitto fra religione e scienza.

Cercò di rappresentare il medico perfetto, dedicandosi alla ricerca della medicina idonea a guarire tutti i mali, che lui basava su quattro pilastri: la filosofia per la conoscenza della natura di ogni cosa, l’astronomia per determinare l'effetto degli astri sulla salute del corpo, l’alchimia ed l’etica nell'arte di preparare i medicamenti.

In pratica la chiave della guarigione è la natura psicosomatica dell'uomo perché l'uomo è l'unica medicina di se stesso. Vide l'alchimia come l’anticipazione della chimica. Paracelso si occupò anche di psicologia, di malattie mentali, del ballo di San Vito, dell’epilessia, dell’isteria, di psicoterapia. Resta il precursore della chimica medica basata essenzialmente sulla distillazione e l'analisi dei minerali dai quali estraevano le sostanze che servivano a preparare i medicamenti. La sua opera si basò sull’applicazione dell’alchimia e dell’astrologia all'arte medica dato che, secondo lui, lo scopo dell’alchimia non era fabbricare oro o argento, ma fornire medicine contro le malattie.

Per Paracelso il corpo si ammala solo quando non è più in grado di espellere perfettamente le parti grossolane del nutrimento, compresa l’aria respirata. La cura consiste perciò nell’eliminazione di questi elementi estranei. Per ottenere questo risultato, dato che il corpo umano ha già in sé la capacità di curarsi liberandosi del male espellendo le parti grossolane estranee, si deve trovare il modo di dargli vigore rafforzando il sistema immunitario affinché provveda da solo alla completa guarigione.

Mori all'età di quarantotto anni il 24 settembre del 1541; il suo corpo fu sepolto nel cimitero della chiesa di San Sebastiano; sulla tomba fu eretta una piramide con al centro il suo ritratto.

La sua morte è ancora un mistero perché per molti biografi fu oggetto di morte violenta, in seguito a ferite o a somministrazione di veleno. Non esistono prove in merito ma il cranio, ripetutamente esaminato, presentava una frattura lungo l'osso temporale. Non riposò in pace nemmeno nella tomba, fu dissepolto più volte e le sue ossa trafugate. Di lui rimane il suo motto: "Non sia di altri chi può esser di se stesso".

Nel 1556 comparve un libro di mineralogia, "De Re Metallica", di Agricola (1494-1555) che fu fino al 1700 il più importante testo sulla metallurgia.

Successivamente l’alchimista Andreas Libavius descrisse la preparazione dell’acido cloridrico, del tetracloruro di stagno e del solfato d’ammonio e la preparazione dell’acqua regia in grado di attaccare l’oro.

Nella storia dell’alchimia emerge una figura avvolta nel mistero: il Conte di San Germain; definito un avventuriero, considerato uno sconosciuto giunto dalla Germania, molto ricco, con la fama di essere un grande alchimista capace di trasmutazioni. Era in possesso di favolosi tesori che attiravano molti osservatori. Testimonianze concrete sulle sue vicende giungono da Casanova che ebbe l’occasione di frequentarlo e che raccontò di averlo visto trasformare una moneta d’argento in oro. San Germain posò la moneta sul carbone ardente, vi pose della polvere nera e quando si raffreddò la rese a Giacomo Casanova che esterrefatto guardava la moneta trasformata in oro.

Madame Hausset, dama della Pompadour, testimonia che il conte poteva produrre anche perle. Per dovere di cronaca la Cina produceva perle coltivate fin dal tredicesimo secolo quindi Germain poteva conoscere il procedimento; ma rimane difficile spiegare come potesse ricavare diamanti e altre pietre preziose in quanto per la loro produzione occorrono pressione e temperature molto elevate e il conte non disponeva certo di un laboratorio attrezzato in tal senso. Inoltre madame Hausset affermò che le pietre erano senza imperfezioni e che molte pietre della corona furono migliorate. Si narra che ai membri della corte durante un banchetto fece servire alla fine una pietra preziosa per tenerla come ricordo.

Fu visto in molti luoghi in tempi diversi e dato che non è conosciuta la data della sua nascita gli si è attribuito la scoperta dell’elisir di lunga vita. Nel 1710 fu incontrato a Venezia da Rameau compositore vissuto dal 1683 al 1764; secondo il musicista il conte poteva avere circa cinquanta anni. Le memorie di Madame Hausset ci raccontano che la Pompadour avrebbe chiesto al Conte se era in possesso dell’elisir, perché alcune persone definite fidate le avevano narrato che lo avevano visto a Venezia cinquant’anni prima.

"Ditemi quanti anni avete!" chiese la Pompadour " Quanti ne avete voi, signora - rispose il conte - ma è vero che ho conosciuto madame De Gergy, consorte dell’ambasciatore presso la Serenissima."

"Ma non scherzate, dovreste avere cento anni" replicò la Pompadour.

"Potrebbe essere - replicò Germani - ma forse madame de Gergy si sbaglia sull’età che allora dimostravo."

Dal 1737 al 1742 fu ospite alla corte dello Scià di Persia; nel 1745 fu visto a Londra; nel 1746 a Vienna, nel 1749 a Versailles; nel 1756 a Bombay; nel 1762 in Russia e prese parte al colpo di stato; nel 1763 a Chambord dove aveva il suo laboratorio; nel 1768 a Berlino, nel 1769 in Italia. Nel 1770 in Germania, protetto dal principe Karl von Kassel. Nel 1780 viene pubblicato a Londra una sua raccolta di studi per violino, nel 1785 lo si indica in una riunione massonica e, infine, la contessa di Genlis scrive di averlo incontrato a Vienna nel 1821. Secondo i registri ecclesiastici tedeschi sarebbe deceduto il 27 febbraio del 1784. L’età, secondo la testimonianza di Rameau, sarebbe di 125 anni.

Sembra che il Conte di Saint Germain abbia detto: "Parto domani sera. Non mi si vedrà più in Europa andrò sulle montagne dell’Himalaya".

Quanto ha scritto nella sua sola opera, "La Très Sainte Trinosophie", è alquanto sconcertante e intrigante: "La velocità con cui si muovevano nello spazio era tanto grande che, in breve tempo perdemmo di vista le regioni sotto di noi. La Terra sembrava solo una piccola palla avvolta nelle nuvole sotto di me. Ho visto globi ruotare intorno a me e terre gravitare intorno ad un sol punto."

"So che hanno bisogno di me a Costantinopoli, poi in Inghilterra dove devo occuparmi di due invenzioni di cui potrete disporre nel prossimo secolo: il treno e il battello a vapore".

Questo è quanto scritto e detto a Franz Graffer; il Conte possedeva una macchina del tempo?

Nel 1939 tale Nicholas Roerich balzò sulla scena parigina per aver ideato le scene e i costumi delle Danze Polinesiane rappresentate presso il teatro di Chetelet. Era un artista che nelle sue opere usava colori violenti. I suoi quadri erano presagi. Nell’opera "L’infausto presagio" del 1901 anticipò le guerre del secolo; nelle "Opere dell’uomo" del 1913 e "La città domata" preannunciò catastrofi; nelle "Tre corone" previde la fine delle dinastie degli Hohenzollern, dei Romanov e degli Asburgo; nel 1914 nell’"Orribile Splendore", l’entrata dei tedeschi in Belgio. Anche Roerich, come Apollonio e Saint Germain, compì il viaggio verso l’Himalaya.

La moglie, Helena Roerich, nel libro "Leggenda della pietra" scrive: "Porto il calice con dentro il dono d’Orione. Una pietra grande come il mio mignolo, grigia, simile ad un frutto avvizzito, sopra si distinguono quattro lettere sconosciute. La pietra emette radiazioni e può influenzare gli eventi del mondo."

Sicuramente era un frammento di una pietra più grande che fu affidata a Roerich per portarla a Shambalà.

Un lama interrogò Roerich: "Che cosa sapete, voi occidentali della pietra? Sapete da quale pianeta proviene?" Il riferimento ad Orione porta a pensare che l’oggetto provenga dal compagno oscuro di Sirio; secondo una leggenda "può insegnare agli uomini tutto quanto devono ancora scoprire".
Dal cinquecento le teorie chimiche emersero dai campi di ricerca medica, farmacologica, mineralogica, filosofica, botanica e alchemica, per questo si può affermare che il chimico moderno ha come progenitori maghi e alchimisti.

La chimica nasce come scienza nel XVIII secolo, quando registrarono quantitativamente il verificarsi dei fenomeni.

La legge di Lavoisier è la versione chimica del più famoso "nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma". Questo è il primo pilastro della nuova scienza, l’uomo comprese che, prima e dopo una reazione chimica, gli atomi presenti devono essere gli stessi e nello stesso numero.

Ai tempi di Keplero, Newton e Descartes esistevano numerosi testi alchemici; sembra che lo stesso Newton abbia attinto da questi documenti per elaborare le sue teorie.

Gli alchimisti, sostenevano che era stato Ermete Trismegisto il vero padre dell’alchimia, qui l’origine di "Scienza ermetica".

Alessandro Magno e i suoi successori abbinarono al culto di Thoth quello di Ermes di Ermopoli Magna, l’antico sito di Akenaton; perciò Ermes rappresenta il viaggiatore Akenaton il cui culto solare è partito da Ermontis, in Grecia per ritornare ad Amarna, in Egitto.

Ermes, chiamato Mercurio dai romani, figlio di Zeus e Maia figlia di Atlante; nato sul Monte Cilene in Arcadia è noto come Dio della fertilità, dei sogni, protettore dei greggi e della natura, messaggero degli Dei, accompagnatore dei morti nell’Ade. Colui che aiutò le tre Moire a comporre l’alfabeto, che inventò l’astronomia, la scala musicale, la cetra a sette corde, l’arte del pugilato e della ginnastica, la bilancia e le misure di capacità, la coltivazione dell’ulivo.

Secondo la dottrina Indù Ermes e Budda erano la stessa persona; nell’ordine genealogico egizio Ermes è il figlio del grande Thoth, Dio di tutta la conoscenza nascosta.

Il sacro numero abbinato ad Ermes è il quattro con il quale si indica la materia, la sostanza delle cose. Quattro sono gli elementi, i punti cardinali, le regioni celesti egizie, i figli di Horus, i vasi canopi, i figli della terra, i bracci della croce.

Ermes è anche il Trickster, l’imbroglione, in mitologia è l’essere immaginario, spesso identificato in un animale, che gioca burle colossali. Il Trickster rappresenta la dualità, il buono contro il malvagio, il saggio e lo sciocco, il serio e il burlone, il distruttore dei mondi e il salvatore dell’umanità. Appartiene al nostro mondo e al contempo non vi fa parte; è un creatore, un Joker, un custode della verità e della storia; Ermes sotto questo aspetto è il dio dei ladri e della frode. È l’alchimista.

Un concetto che si ricollega alla doppia realtà in cui viviamo, al positivo e al negativo, al maschile e al femminile, al dio e al diavolo, allo Yin e allo Yang cinese. Tutto diviene un grande giuoco dove vincitore risulta colui che è capace di creare un equilibrio. Il Trickster è dentro di noi e ogni tanto viene fuori; in un certo senso è quel bambino che nascondiamo, desideroso dell’attenzione e soddisfazione a tutti i costi; quel fanciullo che spesso dobbiamo ignorare per non complicarci la vita. Quando abusiamo degli altri è il Trickster che si sveglia. La gelosia, la rabbia, l’invidia, la collera, l’auto distruzione, la depressione, come l’intuizione, la creatività, l’allegria, la pietà, la solidarietà, l’amore, sono tutti aspetti del Trickster, presente tanto nell’uomo quanto nel Dio. Purtroppo a volte alcuni prendono il lato negativo di questa figura divenendo minacce per l’intera umanità; la storia riporta molti esempi.

Le rivelazioni ascritte a Ermes Thoth Trismegisto, inventore e patrono della scrittura e di tutto quello che deriva da questa, sono rappresentate da diciassette trattati che costituiscono il Corpo Ermetico.
A Ermopoli Magna la grande divinità adorata era Thoth il rivelatore della saggezza, Dio della cultura e patrono degli scribi.

Disquisendo riguardo al termine "Herm" o "Herma" scopriremo che significa "pile di pietra", confine, limite invalicabile. Alla frontiera con la Palestina si eleva la più alta sommità della regione il Monte Hermon, luogo della discesa dei duecento veglianti, il luogo proibito, il confine che marca il punto dove Mosè si arrestò.

Ermopoli, Ermontis, Hermon, Ermocrates costituiscono un unico fenomeno formatore della prima scena della civiltà che proseguirà il suo cammino con la forma della Cristianità.

Esiste una casa in Tebe che porta il nome di Ermontis; i re che venivano incoronati qui erano associati al processo di unificazione delle province egiziane, questa casa era un luogo consacrato al culto solare. Ermes è anche il nome di un pianeta minore scoperto nel 1937, un asteroide che con un’orbita eccentrica passa molto spesso vicino alla Terra. Nel gennaio del 1938 si avvicinò di circa 485 miglia. Si racconta anche che Ermes fosse un viaggiatore che rinvenne a Ceylon un’antica tavoletta in una grotta e dopo averla studiata imparò a viaggiare sia in cielo sia in terra.

Un antico documento greco riporta "Io conosco il tuo nome in lingua egiziana e il tuo vero nome è scritto sulla santa tavoletta nel sacro luogo a Ermopoli dove sei nato".

Si narra che un giorno ad Ermes apparve un essere immenso che si presentò dicendo di essere Pimandro, l’intelligenza suprema; Ermete tremò nel guardarlo e quando l’essere fece un cenno lui comprese la luce e le sue innumerevole forze. Ermes mise tutto per iscritto, occultandone gran parte, e salì alle stelle.

Thoth Ermes Trismegisto è il riconosciuto autore della Tavola Smeraldina, ossia della descrizione delle leggi naturali della materia e dell’universo.

La tradizione egizia narra che Thoth, come Ermes per i Greci, rivelò le arti ermetiche agli uomini, una di queste arti l’alchimia.

Thoth significa "la verità", strana coincidenza che anche Ermeth, in lingua copta, significhi Vero.

Riferimenti ad una mente, una sola cosa e la relazione fra il Sopra il Sotto, sono stati evidenziati in molti papiri egizi fra i quali quello di Ani e nel Libro dei Morti.

Gli egizi con i loro simboli esoterici hanno nascosto la vera natura di Ermes. Dalle vecchie leggende emergono tracce di misteriosi viaggiatori, giunti in Egitto dodicimila anni fa, in possesso di un potere tecnologico e spirituale trasmesso attraverso la tavola di smeraldo. Il famoso "Zep Tepi" quando esseri divini vivevano in terra e regnavano in Egitto.

Thoth era uno di loro, dio delle scienze e della matematica, indicato come l’autore della Tavola. Dio delle scienze, inventore dei geroglifici, della matematica, dell’astronomia e medicina, la mente unica creatrice dell’universo. La sorgente del mondo, il potere della volontà che trasforma il pensiero in materia. Come citano i testi egizi: "Ciò che emana dalla sua bocca diviene. Egli parla e la parola prende forma."

Il contabile dell’universo, la sorgente di tutte le leggi naturali, il pastore degli uomini e il veicolo di conoscenza, il rivelatore nascosto. Giudice finale che vaglia la verità, i nostri pensieri le nostre parole le nostre azioni, presiede alla pesatura del cuore e determina chi può essere ammesso al regno dei cieli.
Dipinto come un uomo con la testa di un Ibis appare come una semplice personificazione della mente, quell’Unica Mente creatrice dell’Universo.

Thoth tramanda l’antica saggezza scritta su rotoli che nasconderà in due colonne situate una a Eliopoli e l’altra a Tebe. Solone narra che su di esse vi era incisa la storia di Atlantide. Erodoto scrisse che una era di oro puro e l’altra come di smeraldo capace di risplendere di notte con grande brillantezza.

Thomas Taylor raccontò di aver letto che tali colonne furono rinvenute nelle caverne vicino a Tebe.

Tante le storie riguardo alle colonne e tanti i personaggi che le hanno menzionate, Achille Tatius, Crisostomo, Laerzio.

Molti indicano che Akenaton venne in possesso della tavoletta di smeraldo e mise in atto i suoi principi, divenendo il secondo Ermes della storia e stabilendo la nuova religione monoteistica riconoscendo il sole come la Cosa Unica, la sorgente dell’energia creativa.

Il terzo Ermes viene indicato in Alessandro che secondo Alberto Magno ritrovò la tavola e la espose al pubblico. Divenuto faraone nel 332 a.C. venne a conoscenza dei tesori segreti dell’Egitto e del luogo della tomba del primo Ermes al tempio di Siwa. In quel luogo prelevò la tavola smeraldina e applicò i suoi insegnamenti e perché tutti ne fossero a conoscenza la espose a Eliopoli.

Quando Alessandro lasciò l’Egitto portò con se l’originale e lo seppellì in un luogo rimasto segreto, ma fece fare diverse copie del reperto fornendo a molti la possibilità di vedere come era fatta e di studiarla.

Si narra che in seguito un certo Balina, noto come Apollonio di Tiana, trovò l’originale in una caverna in Cappadocia. Fu un uomo di grande saggezza, contemporaneo di Gesù che lasciò molti scritti di alto valore spirituale che gli valsero il titolo di quarto Ermes. A lui furono dedicati anche molti templi.

Apollonio venne in possesso di una carta ove era segnata la strada che conduceva al luogo dove vivevano gli Dèi e si mise in viaggio verso Oriente. Attraverso il racconto del viaggio narrato da Filostrato apprendiamo che la città si trovava nel Tibet, dato che si diresse verso l’Himalaya. Giunto a destinazione Apollonio vide pozzi dai quali uscivano raggi luminosi diretti verso il cielo; pietre che illuminavano tutta la città, automi che fungevano da servitori; gli uomini erano in grado di viaggiare in aria e spostarsi con facilità da un luogo ad un altro. Secondo Apollonio gli uomini vivevano sulla terra e fuori da essa, cioè avevano contatti con altri mondi.

Questa civiltà comandò al greco di porre alcuni magneti in luoghi precisi considerati importanti e di abbattere la tirannia di Roma dove imperava Nerone. Inutile dire che a Roma fu posto sotto processo, ma all’atto della sentenza la carta dove erano stati annotati i capi di accusa risultò bianca e fu assolto. Con Vespasiano divenne consigliere dell’imperatore e sotto Domiziano fu nuovamente accusato di tramare contro Roma. Davanti all’imperatore in attesa della sentenza si avvolse nel suo mantello e sparì sotto gli occhi del popolo.

Dopo tale fatto è stata testimoniata la sua presenza a Efeso dove all’età di cento anni faceva l’insegnante.

Sfortunatamente Apollonio fu contemporaneo di Cristo e tutti i templi dedicati a lui furono distrutti da cristiani zeloti.

La Tavola Smeraldina, considerata antica di 5000 anni, è un antico artefatto rivelatore di una profonda tecnologia spirituale; le frasi contenute in essa sono state ritrovate in molti papiri egizi, come quello di Ani, di Berlino e nel Libro dei Morti. Si tratta in pratica della sorgente di alchimia e scienze ermetiche condannata dal potere patriarcale dei sacerdoti egiziani, dalla chiesa medievale. Nella tavoletta di smeraldo sono codificate misteriose espressioni che la rendono una possente formula per raggiungere una trasformazione spirituale e accelerare l’evoluzione della specie umana attraverso il raggiungimento dei più alti stati di coscienza. Sarebbe stata modellata in un unico blocco rettangolare di verde cristallo, o di puro smeraldo, con lettere in basso rilievo di uno strano alfabeto sconosciuto, simile all’antico fenicio, definita da chi ha potuto osservarla, un accurato lavoro artigianale. Una preziosa pietra simile allo smeraldo, da qui il nome "smeraldina" con caratteri in rilievo, antica a quel tempo di duemila anni. Costruita con materiale portato allo stato fluido e gettato in uno stampo ove l’artista aveva saputo sapientemente dare la durezza del naturale smeraldo tanto da poter essere scambiata per una gemma autentica.

Si racconta che l’oggetto sia stato portato a bordo dell’Arca e una volta cessato il diluvio nascosto in una grotta vicino ad Hebron. Altre versioni della storia lo vogliono donata dallo stesso Ermes a Miriam, sorella di Mosè, affinché venisse conservata nell’Arca dell’alleanza dove si troverebbe ancora.

La dottrina occulta afferma che la tavoletta fu scoperta nel 1350 a.C. in una stanza segreta sotto la piramide di Cheope.

I principi esposti nella tavoletta ci conducono indietro di cinquemila anni. Alcuni studiosi indicano la data di origine della tavoletta intorno al tremila a.C., quando i fenici sbarcarono sulle coste della Siria.
La sua vera origine è persa nelle leggende che risalgono a oltre diecimila anni fa. Tradotta in Greco da studiosi Alessandrini intorno al quattrocento a.C. fu in seguito sepolta in un punto segreto del plateau di Giza per proteggerla dai fanatici.

La maggior parte degli alchimisti medievali hanno copiato la tavoletta sul muro dei loro laboratori usandola come guida nella loro meditazione e nel loro lavoro.

È uno dei più rispettati documenti del mondo occidentale e il suo autore Ermes Trismegisto è sinonimo di saggezza antica. L’insegnamento impartito da Ermes attraverso tale documento trova riscontro nelle tradizioni pagane, nella religione ortodossa, giudaica, cristiana, islamica. Una delle storie più antiche che trattano la tavoletta ed Ermes indicano quest’ultimo come figlio di Adamo e la tavoletta coma la guida per riscattare noi stessi dalla colpe del padre.

Sulla tavoletta è scritto: "È vero, è certo e verissimo che ciò che è in basso è come è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per compiere il miracolo della cosa unica. Tutte le cose sono nate dalla cosa unica. Tu separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente, con gran cura. Qui consiste la forza più forte di ogni forza perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà tutto quello che è solido. In questo modo il mondo fu creato. Per questo motivo fui chiamato Ermete Trismegisto, possessore delle tre parti della filosofia di tutto il mondo."

Per alcuni il testo sarebbe stato rinvenuto dai soldati di Alessandro Magno in una cavità nascosta della Grande Piramide considerata da molti la tomba di Ermes. Lo stesso Ermes avrebbe inciso le frasi usando una punta di diamante sopra una lamina di smeraldo.

L’alchimia latina racchiude in chiave allegorica tutto il mistero cristiano, la creazione di Adamo è assimilata all'opera alchemica, poiché come Dio trasse Adamo dal fango, così l'alchimista trae la Pietra Filosofale da una materia iniziale vile.

Elia, rapito in cielo su un carro di fuoco raffigura l'alchimista che ha realizzato il lavoro, ottenendo la trasmutazione di se stesso.

Attraverso le operazioni alchemiche viene sprigionata la forza vitale dell'uomo e di tutte le sostanze fino a raggiungere la Quintessenza. L’uomo è il piombo che deve essere raffinato, perfezionato al fine di divenire oro davanti alla luce dell’Universo. Quindi diviene la sostanza che attraverso la Calcinazione viene riscaldata sulla fiamma viva fino a ridurla in cenere. Viene sottoposta all’azione corrosiva dell’acido solforico ricavato dal vetriolo; alfine di distruggere dentro la nostra psiche l’ego e l’attaccamento al possesso materiale. Obbiettivo raggiunto attraverso l’umiliazione subita con le prove a cui la vita ci sottopone per guadagnare quella spiritualità che aiuta all’auto valutazione.

La cenere viene quindi Dissolta nell’acqua per aprirsi psicologicamente alle energie del corpo e ricaricare le cellule. Si acquista la soddisfazione di accorgersi di operare attivamente negli atti creativi, senza essere vincolati ai pregiudizi personali o a quelli stabiliti dalla gerarchia.

Nella fase successiva della Separazione ogni materiale impuro viene scartato e si separano i tre elementi costitutivi dell’individuo: anima, spirito e corpo (cioè Zolfo, Mercurio e Sale). È il momento in cui riscopriamo la nostra essenza, si rivisitano i sogni più reconditi e segreti al fine di scegliere cosa scartare e cosa reintegrare nella nostra personalità; il momento in cui si inizia a cooperare con le forze spirituali; la fase del rinnovamento psichico dopo un lungo periodo volto all’analisi e all’introspezione solitaria.

Tutto ciò che abbiamo scelto si Congiunge, si combina, si fonde in una nuova sostanza. Si verifica un’unione a livello individuale e cosmico, e l’elemento fisico viene sostituito da quello spirituale. Rappresenta lo sviluppo delle tecnologie e l’abilità idonea a dominare l’ambiente.

In noi Fermenta una nuova vita da ciò che nasce dalla congiunzione al fine di rafforzare e assicurarne la sopravvivenza. La materia è sottoposta al processo di elaborazione prima di divenire un nuovo materiale; una diversa sostanza migliore di quella originale. Un materiale più forte e duraturo ricavato, dopo una profonda meditazione, dalla scelta degli elementi che contribuiscono alla sua formazione. Secondo la tavoletta si raggiunge un prima fase di spiritualità, separando la terra dal fuoco, il sottile dal grosso delicatamente con gran cura.

La parte fermentata bolle e si condensa in un prodotto Distillato. È la purificazione. Per l’adepto è il salto di livello che permette di isolare e purificare lo spirito. La psiche raggiunge il più alto livello e si libera delle emozioni e dei sentimentalismi. Culmina nel terzo occhio al livello della ghiandola pituitaria e pineale, nel Chakra d’argento. In tale processo si realizza il momento più alto dell’amore, si manifesta la forza vitale dell’intero pianeta basata sulla visione della verità. La Sublimazione del fermento purificato dalla distillazione, si Coagula nella più alta aspirazione ed evoluzione della mente. La fase che incarna e realizza l’ultima materia dell’anima del corpo astrale, che gli alchimisti indicano nella Pietra Filosofale, attraverso l’uso della quale credevano di esistere su tutti i livelli di realtà. È il processo che porta alla creazione di un secondo corpo formato dalla luce solida che filtra attraverso la croce; il chakra d’oro. Il ritorno all’Eden su un livello più alto e più vicino alla mente divina. Per la tavoletta è la gloria dell’universo su tutte le oscurità, la forza più grande di tutti i poteri perché ogni cosa sottile penetra ogni cosa solida.

L’alchimia porta alla Magia; per entrambe la Cosa Unica è l’Universo e tutto quello che contiene, cioè Dio, tutte le cose sono aspetti di una cosa sola. L’universo è percorso da forze misteriose che lo condizionano e tali forze sono i sette pianeti simbolizzati nei sette metalli (1) e i centri sottili dell’uomo.
Anche la magia ha origini in Caldea, Mesopotamia e in Egitto e come l’alchimia giunse in Europa in tempi successivi.

Le opere di Agrippa e Alberto Magno, considerate appartenenti alla magia naturale, di Lullo e Ripley sull’alchimia, quelle talismatiche di Paracelso e Holland; di Dee e Kelly, sono raccolte per sezioni nel "Magus" un'enciclopedia di dottrine magiche. In particolare quelle di Alberto Magno insegnano a compiere riti magici con l’uso di filtri e ricette.

Si narra che Eliphas Levi, pseudonimo di Alphonse Louis Constant, prete mancato e occultista, riuscì ad evocare lo spirito di Apollonio di Tiana seguendo le istruzioni di un libro di magia. Descrizioni di rituali magici tradizionali sono attribuiti a Salomone. La "Clavicola di Salomone" è il più temuto testo di magia rituale, nel 1559 fu considerato pericoloso dall’Inquisizione.

Nel primo secolo dopo Cristo Giuseppe Flavio si riferisce ad un libro di incantesimi per evocare gli spiriti maligni attribuito a Salomone. Il mago Elazar consultando il libro di Salomone e con l’anello del re, esorcizzò alcuni demoni alla presenza di Vespasiano.

Molti altri testi sono stati attribuiti a Salomone quali: il "Lemegeton", che tratta dei poteri dei singoli spiriti e il "Testamento di Salomone", che narra come egli entrò in contatto con i geni ed ottenne la loro obbedienza.

Altri libri di Magia sono il "De Occulta Philosophia" di Agrippa; il "Libro della Potenza", di provenienza medio orientale; il "Grand Grimoire" di Antonio Veneziano; il "Grimorium Verum" e il "Libro di Papa Onorio" definito blasfemo e considerato il più diabolico fra tutti.

Curiosamente, nel 1937, Paul Le Cour in un libro spiegava che nel 2160 l’uomo sarebbe passato dall’era dei pesci a quella dell’acquario e avrebbe vissuto il momento in cui prendeva corpo una nuova coscienza, l’affermazione delle dottrine esoteriche e l’avvento di un unico governo planetario.

Ma qui abbiamo cambiato strada e stiamo percorrendo una via che conduce alle porte di un mondo arcano e occulto che non vogliamo dischiudere perché il nostro istinto ci porta a ritirarci davanti a ciò che non conosciamo e non comprendiamo, benché la nostra innata curiosità ci spinga, di contro, ad indagare e a conoscere.

http://www.edicolaweb.net/edic100a.htm



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sanje ha scritto:

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Oro colloidale: rinnovatore dell’ energia vitale

L’oro colloidale è uno dei maggiori rinnovatori della nostra forza vitale. Agisce in profondità sul DNA delle cellule creando l’ambiente ottimale affinché il corpo possa reagire ed invertire le condizioni degenerative.


E' quello che ho sempre pensato, l'impoortanza dell'oro sta proprio per le sue proprietà di rinnovamento cellulare, in poche parole non fa invecchiare.

Come non lo so. Ma gli dei lo sanno sicuramente.


E forse conoscono anche applicazioni a noi poco note di altri elementi chimici e/o metalli.

Uso terapeutico dell'argento colloidale. Prezioso antibiotico naturale

Estratto dal libro di Josef Pies, Uso terapeutico dell'argento colloidale. Prezioso antibiotico naturale, Macro Edizioni, Cesena, 2009

«L'argento colloidale è un rimedio universale e pressoché privo di effetti collaterali per la cura di numerose malattie. In molte pubblicazioni si è dimostrato che agisce contro i batteri (per esempio stafilococchi e streptococchi), i virus e i funghi (per esempio il saccaromiceto Candida albicans). Gli bastano pochi minuti per uccidere tutti questi agenti patogeni.

La cosa interessante è che di solito i batteri “utili” all’organismo umano presenti nell’intestino crasso vengono risparmiati, dato che l’argento colloidale viene riassorbito al più tardi nell’intestino tenue, per via ematica o linfatica.

Tuttavia in alcuni casi è auspicabile che l’argento colloidale agisca nell’intestino crasso. Ne spiegheremo il motivo in uno dei capitoli successivi (cfr. “Come lo si usa?”).

L’argento colloidale può essere usato anche nelle malattie le cui cause sono ignote o non del tutto conosciute. Nel frattempo ne sono stati descritti gli eccellenti effetti relativamente a parecchie centinaia di quadri clinici, con uno spettro d’azione enorme (v. tabelle). Soprattutto all’inizio di questo secolo, la sua efficacia è stata studiata approfonditamente da numerosi scienziati di chiara fama che hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche in riviste mediche prestigiose quali Lancet, Journal of the American Medical Association e British Medical Journal.

Courtenay [1997] ha raccolto questi significativi lavori, di cui ha tenuto conto nel suo libro.

Dopo una lunga pausa durante la quale l’interesse per l’argento e per l’argento colloidale era fortemente scemato, da alcuni anni la ricerca in questo campo è tornata molto attiva. La scienza ha ripreso ad occuparsi nei più vari settori delle proprietà terapeutiche di questo metallo, confermando anche con nuovi metodi i risultati e le esperienze del passato.

L’impiego dell’argento colloidale è stato sperimentato in varie malattie, fra cui numerosi disturbi agli occhi, alle vie respiratorie, alla pelle, all’apparato locomotore e al sistema nervoso. Se si pensa che un antibiotico (farmaco contro le infezioni batteriche) o un antimicotico (farmaco contro le micosi) ad ampio spettro è sempre in grado di uccidere solo una parte degli agenti patogeni e può facilmente dare origine a resistenze, l’uso dell’argento rappresenta un enorme vantaggio. Un antibiotico agisce solo contro una piccola quantità di agenti patogeni diversi e mai contro i virus.

Inoltre l’argento colloidale è praticamente privo di effetti collaterali, mentre le sostanze chimiche ne possono avere molti e anche gravi. [...]

L’argento colloidale può essere usato nella terapia ma anche nella prevenzione delle malattie, dato che sostiene e alleggerisce il sistema immunitario.

http://www.viviconsapevole.it/articoli/ ... turale.php

Grazie a queste ricerche stiamo forse riscoprendo la medicina del tempo di Atlantide?!

[:p]


Ultima modifica di Atlanticus81 il 28/07/2013, 19:26, modificato 1 volta in totale.


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Cita:
Wolframio ha scritto:

Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

La domanda è: per quale motivo l'uomo preistorico durante l'età della pietra sarebbe stato interessato a estrarre un materiale "inutile" come l'oro con grande impiego di risorse, mezzi e tempo?



Questa è una convinzione che ho sempre avuto già da molti anni, che l'oro è per gli extraterrestri, probabilmente dall'oro ricavano energia vitale o serve da schermo contro le radiazioni.

Forse anticamente schiavizzavano l'uomo ad estrarre l'oro, mentre ai giorni nostri il governo occulto glie lo dà barattandolo con la conoscenza o altro.

Se cerco su google "oro scomparso" mi rendo conto che a quanto pare delle riserve di oro si sono volatilizzate.

È un po come la domanda " ma se siamo tutti debitori, chi è il creditore?"

Ma se l'oro si è volatilizzato dove è andato a finire?

[:I]
In questa discussione avevo fatto una battuta umoristica con video altrettanto umoristico, ma che rispecchia in parte ciò che penso.
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=237556


Eh si...ricordavo questi vostri dubbi e stasera, guardando questo video... [;)]




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Qui ho messo un video sul tema, ed indicazioni per altri video degli stessi autori
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=301906



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QUEGLI UOMINI DALLA PELLE BLU
Gli uomini dalla pelle blu, ieri come oggi, sono lì, a testimoniare l’esistenza di una storia che non conosciamo


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Lunedì 23 Settembre moriva in un ospedale di Washington, per un ictus legato alle complicazioni di un carcinoma prostatico che l’aveva colpito da diversi anni, il californiano (anche se originario dell’Oregon) sessantaduenne Paul Karason, l’uomo che aveva stupito il mondo con la sua insolita pelle blu e la folta barba bianca, caratteristiche che gli erano valse il soprannome di “Grande Puffo”.

La causa della pigmentazione della sua epidermide deriva dal fatto che, così come riportato nell’articolo di un noto quotidiano nazionale italiano, Paul Karason si era sottoposto tempo fa a una cura a base di argento colloidale per curare alcuni problemi dermatologici. Tuttavia, come effetto «collaterale» la sua faccia era diventata completamente blu. La colorazione era infatti dovuta ad un vecchio medicinale ampiamente utilizzato prima della scoperta della penicillina, un preparato a base di argento sotto forma colloidale appunto, che Karasan si era fatto in casa e autosomministrato per oltre dieci anni; voleva curarsi una dermatite da stress insorta dopo la morte del padre.

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Paul Karason nel video della NBC

Karason ha passato gli ultimi anni della sua vita isolato dal mondo, fino a quando uscì allo scoperto nel 2008. Il suo isolamento finì quando comparì per la prima volta in una video-intervista trasmessa dal canale NBC durante uno speciale del programma “Today” da cui sono tratte le immagini sopra riportate. La partecipazione alla trasmissione gli fruttò la fama mondiale, le interviste e le ospitate televisive, ma fu anche la sua maledizione, perché a causa del colore della sua pelle fu costretto a trasferirsi dall'Oregon alla California, perse la casa e non trovò mai un lavoro fisso.

Seppur molti articoli riportanti la notizia della sua morte tendano a collegare l’utilizzo dell’argento colloidale alla sua morte sarebbe interessante sapere davvero quanto l’uso del medicamento possa aver influito nell’ evoluzione di tale patologia e se altre persone che ne hanno abusato in epoca precedente al suo divieto abbiano subito delle modificazioni neoplastiche a livello prostatico.

L'argento colloidale è stato messo fuorilegge negli Stati Uniti dal 1999 proprio a causa degli effetti indesiderati che scatena dopo l'assunzione per lunghi periodi e in grandi quantità.

Ma è altresì vero che altre correnti di studio dimostrerebbero l’efficacia dell’argento colloidale nella cura di numerose malattie e patologie. Prima dell'avvento degli antibiotici nel 1938 l'argento colloidale era considerato come uno dei fondamentali trattamenti per le infezioni. E' stato provato essere efficace contro più di 650 differenti malattie infettive, a confronto degli antibiotici chimici che forse lo sono contro una mezza dozzina. La seguente è una lista parziale, tratta dal sito Disinformazione.it, di alcuni usi documentati dell'uso dell'argento, particolarmente nella forma colloidale per il trattamento di varie malattie e agenti patogeni.

Acne, artrite, ustioni, avvelenamento del sangue, cancro, candida albicans, colera, congiuntivite, cistite, difterite, diabete, dissenteria, eczema, fibrosi, gastrite, herpes, herpes zoster (fuoco di S.Antonio), impetigine, infiammazione della cistifellea, infezioni da lieviti, infezioni oftalmiche, infezioni dell'orecchio, infezioni alla prostata, infezioni da streptococchi, influenza, problemi intestinali, lebbra, leucorrea, lupus, malaria, meningite, morbo di Lyme (borelliosi), pertosse, piede d'atleta, polmonite, pleurite, reumatismi, riniti, salmonellosi, scarlattina, seborrea, setticemia, tumori della pelle, verruche, sifilide, tubercolosi, tossiemia, tonsillite, tracoma, ulcere.

Il ritorno dell'argento in medicina risale ai primi anni '70. Il dott. Carl Moyer, presidente del Washington Department of Surgery, ricevette un contributo per sviluppare migliori trattamenti per le vittime di ustioni. Il dott. Margraf, biochimico, lavorò con il dott. Moyer e altri chirurghi per trovare un antisettico abbastanza forte ma anche sicuro da usare su ampie parti del corpo. Il risultato dei loro sforzi fu quello di trovare centinaia di nuovi utilizzi medici per l'argento. Quella colloidale è l'unica forma di argento che può essere usata con sicurezza come integratore.

E' assorbito nei tessuti lentamente così da non causare irritazioni, diversamente dal nitrato di argento, che, data la sua azione tossica, reagisce violentemente con i tessuti del corpo. Le particelle colloidali si diffondono gradualmente attraverso il sangue fornendo un'azione terapeutica prolungata nel tempo. Molte forme di batteri, funghi e virus utilizzano un'enzima specifico per il loro metabolismo. L'argento agisce come catalizzatore disabilitando l'enzima. I microrganismi in questo modo soffocano.

Per le forme di vita primitive come i microrganismi, l'argento è tossico come i più potenti disinfettanti chimici. Non c'è alcun organismo nocivo che possa vivere in presenza di anche minuscole tracce di semplice argento metallico. Secondo test di laboratorio, batteri distruttivi, virus e funghi sono eliminati nel giro di pochi minuti di contatto. Il dott. Larry C. Ford del Department of Obstetric and Gynecology, UCLA School of Medicine, USA, in una lettera datata 1 novembre 1988 scrive che le soluzioni di argento hanno proprietà battericida e fungicida per la Candida Albicans e la Candida Globata.

Il dott. E.M. Crooks ha dichiarato che l'argento colloidale elimina organismi patogeni in tre o quattro minuti di contatto. Infatti non c'è microbo conosciuto che non sia ucciso dall'argento colloidale in sei minuti o meno e senza produrre effetti secondari. L'argento colloidale è efficace contro parassiti, infezioni, influenza, e fermentazione. E' senza gusto, senza odore e non tossico.

E' efficace ai pasti come aiuto alla digestione in quanto impedisce la fermentazione dei cibi nell'intestino. Non macchia la pelle, diversamente da alcuni preparati farmaceutici a base di argento che lo fanno in maniera notevole. Il dott. L. Keene (John Hopkins University) ha affermato che dal punto di vista terapeutico, solo i metalli colloidali presentano la necessaria omogeneità, le dimensioni delle particelle, la purezza e la stabilità per un grande risultato terapeutico.

L’argento colloidale è conosciuto da molto tempo in ambito medico alternativo per le sue speciali proprietà. Già dai tempi dei greci e dei romani, le corti reali usavano banchettare con posate d’argento in recipienti dello stesso metallo, tanto che si diceva il sangue nobile blu, derivasse a causa delle minute tracce del puro metallo che assimilavano regolarmente.

Altre applicazioni dell’argento colloidale sono:
- in Canada, Svizzera ed USA i medici utilizzano vari tipi di argento per curare molteplici infezioni;
- negli USA l’argento è usato nella chirurgia delle ossa;
- naturopati e omeopati usano l’Argento colloidale per il 70% degli ustionati gravi;
- nella Medicina Cinese, nell’Ayurveda e nell’omoepatia i terapeuti usano regolarmente l’argento nei loro trattamenti;
- in Svizzera i biochimici stanno studiando la capacità dell’Argento di interrompere la replicazione delle cellule HIV (AIDS) nei vari stadi;
- la NASA utilizza un sistema di purificazione dell’acqua con argento sugli space shuttle, la stessa cosa la fanno i russi;
- le compagnie aeree Air France, Alitalia, British Airways, Canadian Pacific, Japan Air Lines, KLM, Lufthansa, Olympic, Pan Amaro Svedese, SAS e Swissair utilizzano filtri d’acqua in argento per circroscrivere le infezioni batteriche;
- l’argento viene utilizzato spesso nelle piscine al posto del cloro il quale è invece risultato essere un elemento chimico altamente tossico;
- aziende giapponesi usano l’Argento per rimuovere assido cianidrico e nitrico dall’aria.

Ma l’argento non è il solo elemento chimico utilizzato a livello molecolare in ambito medico.

Da tempo l'oro viene usato per fini medici. Ha effetti impareggiabili sul corpo fisico e per il trattamento di alcune malattie. Intorno al 1885 l'oro colloidale era comunemente usato in America come base nella cura della dipsomania (il bisogno incontrollabile di assumere alcol). L'oro colloidale originale è noto per le sue proprietà antiinfiammatorie. Pare che sia efficace per alleviare il dolore e il gonfiore causato da artrite, reumatismi, borsite e tendinite. In passato veniva usato per placare il bisogno di assumere alcol, per disturbi digestivi, problemi circolatori, depressione, obesità e ustioni. Si ritiene che sia molto efficace per ringiovanire le ghiandole, nel prolungare la vita e migliorare le funzioni cerebrali.

Anche se l'oro colloidale originale non esercita la stessa azione germicida e antibatterica dell'argento colloidale originale, può avere l'effetto di bilanciare e armonizzare il corpo, in particolare nei casi di instabilità mentale ed emotiva, come la depressione, S.A.D. (disturbo legato al cambio di stagione), malinconia, dolore, paura, disperazione, angoscia, frustrazione, tendenze suicide... le malattie comunemente chiamate "male di vivere". Da sempre l'oro è noto per il suo effetto sull'attività cardiaca, dato che migliora la circolazione sanguigna.

Ricerche mediche e cliniche hanno dimostrato che l'oro può essere usato per curare artrite, reumatismi e sifilide. è utile nel trattamento di tubercolosi, sclerosi multipla, disfunzioni sessuali, problemi spinali, lupus discoide, incoordinazione ghiandolare e nervosa, asma bronchiale, e in alcune operazioni alle terminazioni nervose. L'oro colloidale ha un effetto diretto sulle cellule, specie quelle cerebrali e nervose, ha proprietà sedative che tuttavia non intaccano la trasmissione degli impulsi nervosi. L'oro viene usato comunemente in medicina, fra l'altro per strumenti chirurgici nel trapianto dei tessuto osseo e negli aghi per agopuntura.

In un articolo medico sui tumori non operabili, il dott. Edward H. Ochsner, consulente chirurgico all'ospedale di Augustana, negli USA, ha scritto che l'oro colloidale può avere un effetto inibitorio sulla crescita dei tumori. Le sue ricerche hanno dimostrato che può contribuire a ridurre le dimensioni dei tumori, alleviare il dolore, migliorare l'appetito e la digestione, e aumentare il peso e la forza fisica. è insapore, non è tossico e viene preparato senza additivi, trasportatori né coloranti, con lo stesso processo con cui produciamo il nostro "argento colloidale originale".

Si dice che le origini dell'oro risalgano ad Atlantide, dove i maestri guaritori ne ammiravano le proprietà terapeutiche. Era usato essenzialmente per sviluppare il chakra del cuore, ma anche per la sua capacità di amplificare il pensiero: la purezza dell'oro conserva i pensieri più elevati rendendoli accessibili per il futuro.

Essendo un buon conduttore di elettricità e di forme di pensiero, era un metallo molto costoso e veniva utilizzato nelle poche procedure chirurgiche praticate in quella società. L'oro veniva usato anche per aprire il terzo occhio (v. tradizioni vediche). La sua resistenza agli acidi e al deterioramento rendeva l'oro un metallo perfetto da usare per impiantare vari talismani direttamente sul corpo fisico. La resistenza dell'oro al calore e a forme di vita estranee consentivano questi impianti nel corpo. Tali impianti sono stati trovati nei resti mummificati di diverse civiltà: cinese, egizia, inca, maya e persino in Europa.

L'oro è ampiamente usato nella medicina antroposofica secondo la quale l'energia vitale è compromessa dall'esposizione ad elementi tossici, sia materiali che emotivi. L'oro colloidale originale è uno dei maggiori rinnovatori della nostra forza vitale, poiché agisce in profondità sul DNA delle cellule creando l'ambiente interno necessario per aiutare il corpo ad invertire le condizioni degenerative. Favorisce inoltre la produzione di una frequenza armonica specifica che ottimizza il funzionamento del DNA e aiuta il corpo a correggere stati degenerativi quali il cancro, l'artrite, ed altri tipi di squilibri autoimmuni. Contribuisce inoltre ad alzare la frequenza generale di risonanza armonica della cellula. Gli elementi naturali dell'acqua energizzata contenuti in questa formula sono noti per il loro ruolo nella produzione di energia nel corpo, poiché consentono di mantenere e stabilizzare le frequenze elettromagnetiche ed i modelli specifici dell'oro colloidale.

Se il caso di Paul Karason ha dimostrato che l’utilizzo di argento colloidale, e più in generale di medicine e cure “non convenzionali”, può portare a una pigmentazione della pelle di colore blu la raffigurazione delle divinità secondo l’iconografia di molte civiltà antiche assume un significato diverso. Forse che questi antichi dei, così come Paul Karason, assumessero sostanze chimiche allo stato molecolare per curarsi o reintegrare la loro energia vitale o per scopi che ancora non abbiamo compreso del tutto?

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Divinità rappresentate con la carnagione blu

Amon in Egitto fu spesso raffigurato con il viso blu e la carnagione blu, così come anche Shou, Thoth, venivano raffigurati di colore azzurro o blu. Vishna in India, celebrato come il Dio Supremo. In Guatemala, in Messico, Colombia, Perù, Bolivia, leggende tramandate per secoli, parlano di visitatori di colore blu. Il grande dio Sin, di Khafajah, antica città mesopotamica che conobbe il suo splendore con il popolo sumero sotto anche conosciuto come il Dio dalla pelle azzurra e dai capelli di lapislazzuli.

E sono proprio i sumeri a descrivere nelle loro storie risalenti a un passato remoto di Anunnaki che già 450.000 anni fa erano alla ricerca proprio di oro da utilizzare in molteplici applicazioni, forse tra le quali comparivano anche quelle applicazioni molecolari medico-curative.

Enki era il comandante della prima spedizione e dopo 28.000 anni giunse il fratello Enlil, questi prese il comando della spedizione dopo che Enki si trasferì in Africa nei pressi dell'attuale Zimbabwe, per estrarre oro dai vasti giacimenti là presenti nel sottosuolo.

L'oro ha giocato un certo ruolo sulla densità di popolazione che un tempo viveva qui? Il sito si trova a circa 150 miglia da un ottimo porto, il cui commercio marittimo potrebbe avere contribuito a sostenere una popolazione così importante. Ma ricordate che stiamo parlando di quasi 200.000 anni fa!

Le singole rovine sono in gran parte costituite da cerchi di pietre. La maggior parte sono stati sepolti sotto la sabbia e sono visibili soltanto dal satellite o dall’aereo. Alcuni sono stati esposti, quando il cambiamento climatico ha soffiato via la sabbia, rivelando le mura e le fondamenta.

Quando i primi esploratori incontrarono queste rovine, davano per scontato che fossero recinti per il bestiame realizzati da tribù nomadi, come il popolo bantu, che si spostò verso sud e si stabilì in questa terra intorno al sec. XIII. Non si conoscevano le testimonianze storiche di nessuna civiltà precedente, più antica, in grado di costituire una comunità così densamente popolata. Poco sforzo fu stato fatto per indagare il sito perché la collocazione storica delle rovine non era per nulla nota.

Negli ultimi 20 anni, persone come Cyril Hromnik, Richard Wade, Johan Heine e una manciata d’altri hanno scoperto che queste strutture in pietra non sono ciò che sembrano essere. In realtà questi sono ora ritenuti i resti di antichi templi e osservatori astronomici di antiche civiltà perdute, che risalgono a molte migliaia di anni fa.

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Sembrerebbe che gli esseri umani abbiano sempre apprezzato l'oro. è anche menzionato nella Bibbia, che descrive i fiumi del Giardino dell’Eden: Genesi 2:11 - Il nome del primo [fiume] è Pishon; scorre intorno a tutto il paese di Havilah, dove c'è l'oro. Il Sud Africa è conosciuto come il più grande paese produttore di oro al mondo. La più grande zona di produzione d’oro del mondo è il Witwatersrand, la stessa regione dove l'antica metropoli si trova. Infatti nelle vicinanze di Johannesburg, una delle città più note del Sud Africa, è anche un luogo chiamato "Egoli", che significa la città d'oro.

Sembra molto probabile che l'antica metropoli sorgesse a causa della sua vicinanza con l'offerta d’oro più grande del pianeta. Ma perché gli antichi lavoravano così alacremente nelle miniere d'oro? Non si può mangiare. E' troppo tenero da utilizzare per la produzione di utensili. Non è molto utile per qualsiasi cosa, tranne gli ornamenti e la sua bellezza fisica è pari con altri metalli come il rame o l’argento. Perché mai l'oro divenne così importante per i primi Homo sapiens?

Forse un retaggio di conoscenze perdute antidiluviane ereditate dagli homo sapiens-sapiens delle civiltà storicamente e tradizionalmente conosciute, quelle stesse che raffiguravano i loro “Antichi Dei” con la pelle blu. Quegli stessi “Antichi Dei” che lasciarono in eredità quelle antiche conoscenze a cui appartenevano anche le applicazioni farmaceutiche di alcuni elementi chimici o altro che potrebbero oggi permettere un salto in avanti non indifferente alla scienza medica ma che al tempo stesso rappresentano un grosso pericolo per le multinazionali chimico-farmaceutiche e l’enorme mercato del farmaco basato su brevetti e sui principi attivi di proprietà di una ristretta oligarchia che controlla il mondo.

I nobili da sempre si uniscono tra di loro, tra consanguinei, forse proprio per preservare a livello genetico un ceppo, una radice comune e antica, collegata a quegli “Antichi Dei”, discendenti di un tempo remoto dimenticato dalla storia che vive ancora oggi nei miti di Atlantide e dell’Età dell’oro. Come sostiene Giorgio Pastore nel suo libro “Dei del Cielo, Dei della Terra” pubblicato da Eremon Edizioni nel 2007 a pagine 243 e 244, all’origine della credenza che i nobili e l’aristocrazia di tutti i secoli siano collegati agli atlanti dei c’è la conferma di Manetone e di Erodoto relativamente al fatto che gli Egizi, i quali facevano molta attenzione all’uso dei colori nei loro affreschi dipingevano Amon e Shu con la pelle azzurra e Osiride e Thot con la pelle verde. Questi sarebbero stati abitanti di Atlantide, scampati al disastro che interessò la loro terra così come il resto del mondo. La prima elìte. I primi sovrani del mondo.

A tal proposito non possiamo tralasciare il fatto che ancora oggi esistono popolazioni di indios dalla pelle tendente al blu sugli altopiani delle Ande oppure il fatto che gli antichi abitanti della Scozia usassero dipingersi la pelle di blu oppure ancora che i Tuareg, popolazione berbera nomade del deserto del Sahara sono anche soprannominati "Uomini Blu", con riferimento alla tradizione degli uomini di coprirsi il capo ed il volto con un velo blu (la tagelmust), del cui colore rimangono alcune tracce sulla pelle.

Immagine
Un tuareg

Tradizioni, usi e costumi sorgenti forse in ricordo delle caratteristiche fenotipiche dei loro dei o dell’utilizzo che questi facevano dell’argento e dell’oro colloidale proprio come Paul Karason oggi di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo. Caratteristiche genetiche recessive che forse permangono ancora nel codice genetico del genere homo nascoste tra centinaia e centinaia di combinazioni di caratteristiche genetiche dominanti, ma che in taluni, rarissimi, casi e a determinate condizioni riemergono, fornendo oggi preziosi indizi sul nostro passato che difficilmente vengono colti come tali.

In America vive dal 1800 una famiglia con la pelle blu, sono i Fugate. Il colorito bluastro è frutto di un’anomalia genetica a carattere recessivo, che è diventata “dominante” a seguito dei numerosi matrimoni e unione fra consanguinei. Il gene della methaemoglobinemia, questa la definizione dell’alterazione del DNA che la provoca, era inizialmente presente nel codice genetico di Elizabeth Smith, una ragazza dalla carnagione molto chiara e dai capelli rossi, che incontrando e sposando Martin Fugate, un orfano di origini francesi stabilitosi tra le montagne del Kentucky, aveva dato alla luce 7 figli, quattro dei quali con la pelle blu.

Immagine
La famiglia Fugate in una immagine dell’epoca

La loro condizione, come sottolineano gli studiosi che ne sono venuti a conoscenza nel 1958, è stata ulteriormente accentuata dall’isolamento in cui si trovavano a vivere e quindi dai rapporti sessuali incestuosi. Inoltre, come spiega sul Try City Herald, Ruth Pendegrass, la ricercatrice che si è occupata della famiglia Fugate-Smith, la loro tipicità genetica, detta anche met-H, rendeva il sangue più denso e scuro, provocando anche una riduzione dell’ossigeno nel flusso sanguigno.

Essi, quindi per “potersi vedere come gli altri” e cioè, con una pelle rosea, avevano bisogno di sottoporsi a una serie di trattamenti che modificassero il pigmento naturale dell’epidermide. La dottoressa Pendegrass, infine, ha riportato che, con il passare degli anni, la generazione dei Fugate-Smith ha iniziato a combinarsi con altri individui “esterni” a loro, permettendo al gene met-H di diventare recessivo e “statisticamente insignificante”.

Solitamente il gene che provoca questa malattia è naturalmente recessivo, è capitato però che i Fugate in seguito si imparentassero con un altra famiglia, gli Smith, e in questa famiglia qualcuno possedeva il medesimo gene recessivo. A causa del ristretto numero di appartenenti alla comunità, le due famiglie continuarono a unirsi tra consanguinei e i membri della famiglia continuarono ad avere la caratteristica carnagione blu, fino agli anni’ 60. Gli uomini dalla pelle blu, ieri come oggi, sono lì, a testimoniare l’esistenza di una storia che non conosciamo, ma che abbiamo il diritto di sapere e il dovere di ricercare. Un altro tassello del puzzle a cui cerchiamo di trovare la collocazione idonea nel grande Mosaico della Verità.

Fonti:
http://www.corriere.it/esteri/13_settem ... 93b6.shtml
http://www.disinformazione.it/argento.htm
http://www.medicitalia.it/andrea.milite ... ul-Karason
http://digilander.libero.it/naturalment ... oidale.htm
http://www.santenaturels.com/oro-colloi ... 50546.html
http://www.bloo.it/mondo/fugate-smith-f ... e-blu.html
http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0244.html
http://www.raphaelproject.com/conferenz ... nc_194.htm
http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=282
http://www.menphis75.com/stirpe_rettiliana3.htm



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MessaggioInviato: 24/12/2013, 08:50 
Ritengo che l'intervento caricato dall'utente MaxpoweR in un altro thread calzi a pennello con la discussione che stiamo affrontando qui.

Cita:
MaxpoweR ha scritto:

Posto una domanda che ho fatto in privato ad Atlanticus81 (ovviamente con la sua benedizione e che ringrazio :) ) con la sua relativa risposta :)

Dato che non so per quale motivo il messaggio privato nel quale ho scritto la domanda non è presente nell'elenco la sintetizzo: (rileggendo più che sintetizzarla l'ho allungata ma vabbè -.-)

Praticamente tra un post e l'altro mi è iniziata a frullare per la testa una domanda semplicissima:

A che cavolo serve l'oro?

Ovviamente mi son dato delle risposte, senza però riuscire ad auto convincermi della loro bontà ^_^

La prima risposta, forse la più ovvia vista l'epoca tecnologica in cui viviamo è stata:

1. FESSO, SERVE PER USI TECNOLOGICI; l'oro è uno straordinario conduttore elettrico ed ha fantastiche capacità infrarosse, oltre alla sua facile lavorabilità e la durata infinita nel tempo.
immediatamente una vocina mi ha detto:
perfetto! Solo che l'oro si estrae da migliaia di anni, decine di migliaia, forse ancor prima di estrarre ferro estraevamo oro, ed in più la sbandierata funzione tecnologica è una banalità vista l'enorme massa d'oro estratta a fronte di una quantità infinitesimale effettivamente usata, nonchè il fatto che l'oro ci serve per usi tecnologici da 100\150 anni, e prima?

Conclusione mia personale, l'utilità tecnologica per spiegare la passione per l'oro è una fesseria -.-

La seconda risposta è stata:

2. L'oro dura in eterno, non si deteriora e quindi può essere accantonato ed usato come surrogato delle merci, in sostanza una sorta di MONETA.
il punto è che a prescindere dal fatto che l'oro non è più collegato alla VALUTA e quindi non è più garanzia di scambio da diversi decenni questa risposta genera un'altra domanda:

PERCHE' L'ORO?

L'unica sua caratteristica che potrebbe giustificarne tale uso è la sua durabilità, ma fondamentalmente non ha altre doti appetibili all'uomo (considerato il lungo periodo di estrazione che di fatto comincia con la nostra comparsa, altra cosa abbastanza strana), e ci sono altri metalli che oltre alla durabilità hanno anche caratteristiche fisiche migliori come la resistenza meccanica, in più per quanto raro non è così raro come sembra, ci sono materiali ben più rari e più UTILI.

Dunque perchè questa passione sfrenata ED INNATA nella nostra specie nel cercare un metallo che nei primi 3\4 mila anni dalla sua estrazione non aveva alcun tipo di utilità? E per i successivi secoli, fino ad ora ha assunto utilità MARGINALI per le attività umane nel concreto assumendo solo valore simbolico (sia quello monetario che estetico).

Mi sono sforzato di trovare una risposta che potesse soddisfarmi ma non l'ho trovata, quindi ho mandato il messaggio ad Atlanticus chiedendogli se lui AL NETTO DEGLI ANTICHI DEI riuscisse a trovare una spiegazione logica.

A me gira e rigira e la spiegazione che chiama in causa gli antichi dei è l'unica che mi da un senso di compiutezza logica sotto tutti i punti di vista.

Vi posto la sua risposta nel post che segue.


Ed ecco quella che fu la mia risposta

Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Ciao Max... perchè non posti questa domanda nel thread dedicato all'oro intitolato appunto "L'oro il metallo degli dei"?

Intanto provo a risponderti sommariamente qui... effettivamente una risposta logica senza tirare in ballo gli "Antichi Dei" faccio fatica a trovarla.

Economicamente potrei dirti che avere una scorta d'oro rappresenta un potere enorme perchè esso non si svaluta a differenza della moneta...

Ma anche questa è una visione parziale in quanto anche l'oro assume valore solo ed esclusivamente perché siamo noi a darglielo.

La stessa cosa la potremmo fare con le conchiglie... i romani se ci pensi lo facevano con il sale (da cui il termine salario)

Se poi consideri che presso i popoli mesoamericani precolombiani l'oro non veniva utilizzato come merce di scambio, ma solo ed esclusivamente a titolo diciamo cerimoniale... eppure quando è arrivato Cortes non hanno esitato un istante a consegnare tutto l'oro nelle mani di ciò che loro avevano confuso come il ritorno di un dio.

Mi spiace Max, ma non riesco a risponderti senza tirare in ballo gli "Antichi Dei"... forse perchè la risposta è proprio lì.


E l'ulteriore replica di MaxpoweR

Cita:
MaxpoweR ha scritto:

questa parte direi che è abbastanza eloquente e riflette anche il mio pensiero.

Cita:
Atlanticus81 ha scritto:
eppure quando è arrivato Cortes non hanno esitato un istante a consegnare tutto l'oro nelle mani di ciò che loro avevano confuso come il ritorno di un dio.


Se è una bene così prezioso perchè consegnarlo nelle mani del primo straniero "alieno-bianco" che te lo chiede? Forse perchè sapevi che quel materiale era per il tuo dio bianco in procinto di tornare?

Quindi la sua utilità era semplicemente per ottemperare a precise indicazioni e non in relazione ad un qualche utilità materiale come il resto di tutte le attività estrattive umane.

Come del resto accade ora.
L'oro estratto non è usato su ampia scala per usi tecnologica anche se lo si potrebbe fare, non è alla base di una economia se non fine a se stessa, viene estratto e stoccato, spostato da una parte all'altra ma sempre immobilizzato...

A me sta cosa mi puzza e pure molto, mi piacerebbe ricevere una risposta esaustiva che non chiami in causa gli antichi dei, perchè a me onestamente non viene in mente.


Ultima modifica di Atlanticus81 il 24/12/2013, 08:53, modificato 1 volta in totale.


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L'ipotesi che si possano effettuare trasmutazioni nucleari a temperatura ambiente, ipotesi che riecheggia nei numerosi fatti che sarebbero avvenuti, con tanto di testimoni, legati alla prodizione di oro alchemico nell'ambito dell'alchimia fisica di nemmeno troppi secoli fa, cozza però con l'ipotesi che una ipotetica specie ET molto evoluta tecnologicamente (in quanto in grado di arrivare fin qui) possa aver avuto bisogno di estrarre rozzamente oro da miniere con l'ausilio di schiavi.

Se si ammette la possibilità della prima, al punto di accettare anche che alcuni terrestri siano davvero arrivati a manipolare i nuclei degli elementi in modo relativamente semplice a temperatura ambiente (ovviamente cosa questa che cozza con l'attuale paradigma scientifico) producendo oro in modo "economico", vedo difficile che un'ipotetica specie ET tecnologicamente avanzata non sia stata in grado di fare altrettanto.

Insomma, se l'alchimia fisica è vera allora questi ipotetici ET si sarebbero potuti produrre direttamente l'oro da soli.

Poi perché usare schiavi biologici e non macchine e robot, molto più forti ed efficienti dal punto di vista meccanico e fisico?


Ultima modifica di quisquis il 24/12/2013, 13:37, modificato 1 volta in totale.


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Forse perché gli ET che sbarcarono qui, e che in altri lavori identifico come Elohim/Anunnaki sopravvissuti a un disastroso cataclisma planetario su Marte, erano in numero troppo esiguo e senza strumentazione adeguata per realizzare industrie siderurgiche ed elettroniche su vasta scala per la realizzazione di robot e macchinari.

Non sappiamo il livello tecnologico di questi ET, ma se venivano da Marte (e noi fra qualche decennio su Marte ci potremmo volendo pure andare) non avevano una tecnologia all'epoca (400-500.000 anni fa circa) così tanto diversa dalla nostra attuale.

Se oggi si salvassero 100/1000 persone terrestri migrando su un pianeta vivo, ma vergine, con uno Shuttle solo andata, queste sarebbero in grado secondo te di mettere in piedi un sistema industriale idoneo alla produzione, messa in opera e manutenzione di robot e macchinari?!

Se ci pensi (e se non sbaglio) gli dei principali dell'Olimpo... e del pantheon sumero... erano una dozzina circa, estesi a uno-due centinaia includendo dei minori e semi-dei.

Prima serviva forza lavoro, tanta forza lavoro, oltretutto capace di riprodursi naturalmente e velocemente solo dando loro un po' di cibo... e hanno creato il Sapiens.

Poi col passare dei millenni hanno sì messo in piedi una civiltà evoluta tecnologicamente (Atlantide) in cui ripercorrere i fasti della civiltà Anunnaka su Marte sfruttando quelle conoscenze tecnologiche in loro possesso.

Infine è arrivato il Diluvio e si è ripartiti da zero, con l'interferenza metaforicamente definita "Rettiliana" che ha incasinato tutta la storia 'recente' e a causa della quale, quelle antiche conoscenze, sono state tenute segrete e sfruttate per finalità di dominio assoluto.

L'oro e i suoi utilizzi devono fare parte necessariamente di quell'antico sapere.



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Vabbe', ma seguendo lo stesso ragionamento non e' che si mette in piedi un laboratorio bío genetico cosi su due piedi. Credo che con la giusta conoscenza sia piu' plausibile sintetizzare l'oro piuttosto che manipolare il DNA. Inoltre non dimentichiamo che ci sono numerosi indizi che ci fanno credere che le trasmutazioni nucleari siano un fenomeno piu' frequente di quanto si possa ipotizzare (vedi articolo sulle trasmutazioni biologiche).
Quindi quoto quisquis su questo aspetto.



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