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MessaggioInviato: 25/09/2012, 00:19 
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Sempre relativamente all'utilizzo di simboli molto simili tra civiltà separate dall'oceano.

Il cerchio alato, (effigie della regalità Enlilita?), è riproposto in forma analoga sia nelle culture mesopotamiche che quelle mesoamericane. Da cosa dipende questa similitudine?


Ultima modifica di Atlanticus81 il 25/09/2012, 00:23, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 17/10/2012, 22:41 
C'è da riflettere signori... [^]

Così un sumero inventò i "future" - In una tavoletta la prima prova d'una transazione con azzardo

Nell'avventurosa storia dell'economia la partita doppia, pietra angolare della moderna contabilità, e cioè la geniale idea di scrivere da una parte le entrate e da un'altra le uscite, viene alla fine del Quattrocento a fra' Luca Pacioli. L'iniziativa di trasferire capitali con semplici lettere di credito invece che con trasbordo di forzieri la prendono all'epoca delle Crociate i Templari, che pagano la loro inventiva e la loro capacità finanziaria a prezzo della vita.

Ma i derivati quando nascono? Quand'è che dalla mente umana scaturisce l'idea di inserire l'alea, il caso, la scommessa, in una transazione?

«Guardi questa tavoletta sumera», dice Pier Luigi Ciocca, una vita nel direttorio di Banca d'Italia, accademico dei Lincei e professore universitario, allungando la foto in bianco e nero di una di quelle lame di terracotta incise tre millenni prima di Cristo di scrittura cuneiforme. Sulla tavoletta c'è scritto che un sumero vende ad un altro sumero un terreno, e stabilisce il prezzo (in argento, il particolare come vedremo non è irrilevante) vincolando poi alla bontà del raccolto un ulteriore guadagno, o in alternativa una perdita.

La tavoletta è insomma un contratto, in cui i due sumeri scommettono su una plusvalenza che potrà (o non potrà) accadere in futuro: un prodromo dei future.

Di tavolette sumere di questo tipo ne esistono decine di migliaia, provenienti dai 500 siti scavati sinora, e che sono solo una piccola parte dei diecimila da riportare alla luce. E in esse i future, il nocciolo della finanza «creativa», cosiddetta derivata, che per invenzioni successive e scivolando lungo i millenni arrivano sino ai credit swap e ai subprime di recente e nefasta fama, sono menzionati molteplici volte. Le tavolette sumere, da quando nell'Ottocento è stata decifrata la scrittura cuneiforme, sono in gran parte proprio questo: transazioni commerciali, le prime risalgono alla città di Uruk intorno al 3200 avanti Cristo (dunque oltre 5 millenni orsono) in un'economia che gli specialisti chiamano «accentrata» e cioè gestita centralmente, in questo caso dagli apparati del Tempio, da sacerdoti.

Ogni transazione, compravendita, spedizione di merci (che venivano assicurate), commissione agli artigiani, nonché prestito, garanzia e pegno, credito e debito, con relativi tassi d'interesse (usura compresa), ad opera non solo di singoli ma anche di associazioni e società, veniva scritta su un pezzo d'argilla cotta al sole, e solo in rari casi cotta al forno e archiviata in casse.

In qualche caso, per mantenere la riservatezza spesso erano inserite in vere e proprie buste di argilla fresca. Si sono conservate bene anche perché «cotte» nel fuoco dei numerosi incendi nelle città sumere, e poi assire, e poi babilonesi. Scompaiono, le tavolette, solo nel primo secolo dopo Cristo, quando cambia la tecnologia della scrittura, e arrivano i papiri degli egizi, le pergamene romane, le tavole di cera.

Ma se tutto nel mondo nasce con i Sumeri, come diceva lo storico Kramer, perché sono loro i primi a inventare la scrittura, la matematica e tante altre cose, se poi il primo testo di diritto, anche di diritto economico sarà, a Babilonia, il Codice di Hammurabi, proprio non si immaginava che i sumeri ci avessero regalato anche i derivati.

Fonte: http://www.lastampa.it/2010/06/25/cultu ... agina.html



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MessaggioInviato: 20/10/2012, 03:18 
sai cosa stride?

Una così complessa società e principi così "alti ed evoluti nonchè complessi" dal punto di vista intellettivo (se si pensa a uomini neolitici) paragonata però ai loro mezzi effettivi.

Insomma scrivere su tavolette non deve essere il massimo e pure essi possedevano le stesse cognizioni moderne, stipulavano contratti, scommettevano sul futuro, insomma speculavano, mostrando una concezione economica molto radicata e ben strutturata.

E' come se lo sviluppo umano fosse diviso in compartimenti stagni, nonostante si fosse evoluti in alcuni settori si era super antiquati in altri, come è possibile?



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MessaggioInviato: 21/10/2012, 18:22 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:

sai cosa stride?

Una così complessa società e principi così "alti ed evoluti nonchè complessi" dal punto di vista intellettivo (se si pensa a uomini neolitici) paragonata però ai loro mezzi effettivi.

Insomma scrivere su tavolette non deve essere il massimo e pure essi possedevano le stesse cognizioni moderne, stipulavano contratti, scommettevano sul futuro, insomma speculavano, mostrando una concezione economica molto radicata e ben strutturata.

E' come se lo sviluppo umano fosse diviso in compartimenti stagni, nonostante si fosse evoluti in alcuni settori si era super antiquati in altri, come è possibile?


Probabilmente anche i nostri discendenti diranno di noi: "come facevano ad essere così evoluti in certi aspetti della scienza e della cultura, e così arretrati in altri?".
Il fatto è che "evoluto" e "arretrato" sono concetti più culturali che scientifici. Cosa si intende per "evoluto"? La si può quantificare l'evoluzione? Si può inventare un sistema di misura per l'evoluzione e dire "questa cultura presenta un livello di ben 15.6 "evol" mentre quell'altra ne ha solo 8.3....
I Sumeri, per il loro tempo, erano "evoluti" perché tanti altri popoli non avevano le stesse conquiste... rispetto a noi no.
E, a dire il vero, non pare che i Sumeri fossero affatto così evoluti neanche rispetto ai popoli contemporanei. Oggigiorno ormai ci si rende conto che esistevano già antiche civiltà prima che venissero costruite le citta sumeriche, e che probabilmente le conquiste culturali e tecnologiche dei Sumeri non erano affatto opera loro, ma eredità di civiltà più antiche, forse provenienti dal tanto disprezzato Occidente, che fino a poco tempo fa gli archeologi credevano essere sempre stato "barbaro e selvaggio" prima dell'avvento di Elleni e Romani.... niente di più falso!
La cultura megalitica europea, più antica dei Sumeri, aveva aspetti raffinati ed evoluti, ed altri molto primitivi. Aveva un organizzazione civile e religiosa grandissima, era stata in grado di costruire monumenti eccezionali che erano meta di pellegrinaggio per migliaia e migliaia di persone provenienti da molti paesi dell'Europa Occidentale, però costruivano città di legno di cui non è rimasta traccia, non possedevano la ruota (almeno ufficialmente) e addirittura non conoscevano i metalli, pur avendo una grande conoscenza astronomica.
Del pari i Maya, non conoscevano né ruota né metalli, però conoscevano lo zero (che i Greci e i Romani non conoscevano affatto) e conoscevano a perfezione i moti del pianeta Venere!
E per finire i Cro-Magnon europei dell'Era Glaciale, che conoscevano le tecniche artistiche dell'impressionismo e sapevano dipingere animali e costellazioni in modo meraviglioso, che seppero attraversare l'Atlantico glaciale per raggiungere le Americhe, ma non conoscevano né l'agricoltura, nè la scrittura....
La civiltà non si sviluppa mai in modo unidirezionale, così come l'intelligenza. Ci sono uomini che sono dei geni in matematica ma dei cretini assoluti quando si tratta di fare la spesa o pulire la casa.... e così le civiltà.
Guarda la nostra: in fatto di tecnologia siamo apparentemente molto evoluti, ma in quanto ad organizzazione sociale siamo un disastro.... perché?
Beh, la risposta è semplice.... nessuno è perfetto.


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MessaggioInviato: 19/11/2012, 11:04 
GENETICA PREISTORICA DIECIMILA ANNI FA
Piante e animali geneticamente modificati in modo deliberato
tratto da: http://www.liutprand.it/ di Joseph Robert Jochmans

Nelle origini di diverse piante attuali si può ipotizzare una ricerca genetica, svolta in periodi molto antichi. Il frumento, per esempio, apparve misteriosamente nello stesso periodo dell’esplosione agricola in Armenia e in Anatolia (moderna Turchia) verso l'8000 a.C. Prima, il frumento era soltanto un’erba selvatica, ma come risultato non di uno, ma tre “accidenti genetici” – come li definiscono gli storici tradizionalisti – la pianta fu improvvisamente trasformata in una ricca e nutriente fonte di cibo.

Innanzitutto, il frumento selvatico fu incrociato con un’erba da pascolo naturale, e i quattordici cromosomi dell’uno si combinarono con i quattordici dell’altra a produrre una nuova pianta, più robusta, chiamata emmer, con ventotto cromosomi. Poi, in breve tempo, l’ibrido emmer fu nuovamente incrociato con un’altra “erba da pascolo” per creare una pianta con spighe molto più grandi, con quarantatue cromosomi.

Infine, si ebbe una terza mutazione. Uno dei quarantadue cromosomi subì una mutazione.

Se ciò non fosse accaduto, il frumento che oggi conosciamo, che nutrì i primi contadini armeni e tutti i loro successori, non sarebbbe mai esistito. Il fatto che queste combinazioni e alterazioni genetiche siano avvenute tutte casualmente, in un periodo piuttosto breve, è in contrasto con tutte le leggi della probabilità.

Se poi ciò non bastasse, entra nel quadro un altro elemento favorevole. A differenza delle altre erbe selvatiche che l’avevano preceduto, il singolo grano di frumento è troppo pesante per essere trasportato dal vento e provvedere così alla riproduzione spontanea. La riproduzione della pianta deve essere praticata artificialmente, altrimenti la pianta non sopravvivrebbe e si estinguerebbe in breve tempo.

Come ha sostenuto lo storico della scienza Jacob Bronowski, “attraverso una felice concomitanza di eventi naturali ed umani” (e si suppone che il genere umano stesse apparendo proprio allora sulla scena del mondo), fu scoperta “accidentalmente” la pianta ibrida del frumento, e si scoprì che, tra le circa 195000 specie di piante esistenti nel Medio Oriente, proprio questa era meritevole di coltivazione, e l’uomo provvide alla sua diffusione in un momento critico, raccogliendo e seminando personalmente i semi per coltivarla.

Si tratta proprio di fortuna pura, all’ennesima potenza! Appare molto più probabile sostenere che il frumento fosse invece il prodotto di uno sviluppo mirato del periodo preistorico, sin dal principio della sua creazione genetica. Ciò presupporrebbe ovviamente che i primi coltivatori del neolitico, nel Medio Oriente, possedessero una conoscenza della genetica e degli incroci di Mendel comparabile a quella che noi possediamo oggi.

Se il frumento fosse stato la sola pianta a subire improvvise mutazioni generiche, sarebbe stato già abbastanza miracoloso. Tuttavia, in quello stesso periodo si verificarono in tutto il mondo altre improvvise e importanti mutazioni botaniche. I cromosomi delle banane e delle mele furono moltiplicati per fattori di due e di tre, mentre le arachidi, le patate, il tabacco e altre piante si espandevano con un fattore di quattro volte. La canna da zucchero fu inesplicabilmente alterata da un antenato di 10 cromosomi alla pianta complessa odierna, che possiede 80 cromosomi. Ogni indicazione punta a far supporre che importanti sperimentazioni genetiche avessero luogo in tutto il mondo in un momento specifico dei tempi preistorici.

I ricercatori e sviluppatori della moderna agricoltura ammettono, a proposito dell’improvviso avvento dei cereali nutritivi moderni, che migliaia di generazioni di selezioni genetiche sarebbero state necessarie per ottenere anche un modesto grado di un tale importante sviluppo.

Dobbiamo ancora identificare con certezza la durata richiesta dalla natura per arrivare a completare in modo spontaneo una tale selezioni. Non ci sono spiegazioni per giustificare tali miracolose creazioni botaniche, a meno che il processo verificatosi non fosse una selezione naturale, ma il prodotto di manipolazioni artificiali.

Karl F. Kohlenberg, nel suo studio sulla storia dello sviluppo della coltura del mais, osservò con tali parole la sua dipendenza dall’intervento dell’uomo:

“Ciò che distingue la pianta del mais da tutti gli altri tipi di piante a grani è la sua elevata fragilità biologica. Lasciata a se stessa, morirebbe in breve tempo. I suoi semi sono talmente stretti e solidi sotto il loro involucro che nessun vento potrebbe spargerli. Se per caso una pannocchia di mais abbandonata finisse al suolo, i semi produrrebbero una miriade di piantine, che non potrebbero mai crescere in modo normale, strette l’una contro l’altra”.

Ancora una volta, come per il frumento, non sembra che l’alterazione del mais sino alle sue forme attuali e l’intervento dei contadini per propagarlo, in un momento critico della sua evoluzione, possano essere disgiunti e visti come un caso fortuito.

La tremenda difficoltà che s’incontra oggi per produrre un ibrido genetico di successo è stata dimostrata dall’Orto Botanico di San Pietroburgo, in Russia, quando, dal 1837, i botanici hanno cercato di coltivare una forma selvatica di segale per farla sviluppare in un nuovo genere domestico. I risultati sono stati deludenti e la caratteristica fragilità della spiga della segale selvatica; con i suoi piccoli grani, permangono insieme alla debolezza degli steli e delle radici. Se tali ostacoli sono ardui da superare per gli esperti moderni, come poterono fare i coltivatori neolitici di diecimila anni fa, a sviluppar le specie cereali che sono giunte sino a noi?

Il frumento e gli altri cereali furono dapprima prodotti nel Medio Oriente, mentre il mais era coltivato in origine nel Nuovo Mondo. Entrambe quelle aree erano anche centri di un numero notevole d’altri alimenti “altamente evoluti”. Nel Medio Oriente, l’inizio dell’agricoltura vide il rapido avvento del miglio, del farro, del lino, di uva, mele, pere, olive, lenticchie, piselli, fichi, mandorle, pistacchi, nocciole e ci furono rapidi adattamenti della qualità di tutte queste piante. Nello stesso periodo, nel Nuovo Mondo si svilupparono un’ampia varietà di zucche, pepe, fagioli, patate e cotone. In alcuni casi, pare che ci sia stato uno scambio attivo di materiale genetico tra le due aree.

Per esempio, la prima varietà di cotone conosciuta nelle Americhe conteneva tredici piccoli cromosomi, mentre la corrispondente specie del Vecchio Mondo, coltivata in India, aveva tredici grandi cromosomi. Nei resti di cotone scavati ai primi livelli a Huaca Prieta in Perù, databili intorno al 2500 a.C., sono stati individuati tredici cromosomi piccoli e tredici grandi. In altri termini, il cotone peruviano era un ibrido tra la specie orientale e quella occidentale.

Gli storici ortodossi hanno cercato di spiegare tale ibridazione come un fenomeno naturale, “accidentale”, ma l’ipotesi non ha avuto molto successo. La pianta del cotone è troppo delicata, sia allo stato di seme, sia durante la crescita, per essere stata semplicemente trasportata da un emisfero all’altro dalle correnti marine, dalle migrazioni di uccelli o dai venti. Inoltre, la spiegazione del trasporto del cotone dal Vecchio Mondo al Perù costituisce solo metà del problema. L’altra coinvolge la propagazione delle due forme in una forma comune.
Non solo le piante, ma anche gli animali possono essere stati il prodotto di una manipolazione e selezione genetica. È degno di nota il fatto che nella stessa epoca, nel Medio Oriente, l’avvento dei cereali e dei frutti altamente sviluppati abbia coinciso con l’apparizione di cani, cavalli, pecore, capre, maiali e altro bestiame addomesticato.

All’incirca nella stessa epoca, nell’Estremo Oriente, insieme all’avvento di piante di riso e di soya geneticamente migliorate, comparivano anatre e pollame domestici e il bufalo d’acqua. In India, sempre nello stesso periodo preistorico, la cultura proto-Harappana della valle del fiume Indo stava praticando le proprie sperimentazioni. Il frumento usato dagli Harappani era molto sviluppato. Esso cresce ancor oggi nel Punjab, persino intorno a campi coltivati con cereali di qualità inferiore. Lo stesso si può dire per l’allevamento degli animali. Gli zoologi che hanno esaminato i sigilli di Harappa e altre opere d’arte hanno notato il ricorrere di immagini di bestiame ibrido, altamente specializzato, che non esiste più. Gli Harappani allevavano anche cani e pecore e addomesticarono l’elefante, e forse persino il rinoceronte (una cosa che oggi è ritenuta impossibile). Con l’addomesticamento di animali andiamo incontro a ben altro livello di problemi, rispetto a quello delle modifiche genetiche delle piante. Condurre un cucciolo di lupo a diventare un cane in una comunità umana, o mettere del bestiame selvatico in un recinto e riuscire a trasformarlo in una specie animale produttrice di latte, non comporta solo un cambiamento di forme, ma un vero e proprio cambiamento delle caratteristiche di natura, una completa negazione degli istinti semi–selvatici per trasformarli in una natura docile. Ciò implicava una manipolazione genetica di natura molto più complessa, basata sul controllo dei geni del comportamento.

Negli anni 1920 e 1930, il botanico russo Nicolai Vavilov fondò 400 istituti di ricerca botanica attraverso l’Unione Sovietica e organizzò dozzine di spedizioni in tutto il mondo, per raccogliere 50000 campioni selvatici di flora con il germoplasma originale dei semi. Attraverso tale ricerca estensiva, Vavilov fu il primo a poter concludere che la maggior parte dei cereali odierni deriva concretamente da otto centri maggiori e da alcuni minori, in appoggio, e che tutti operarono nel passato in un periodo specifico. Più tardi, nel 1971, un altro scienziato, Jack Harlan, aggiornò l’opera di Vavilov, e nel 1992 estese ulteriormente la propria ricerca, proponendo l’esistenza di ciò ch definì i “biomi globali”, o aree che avevano forme sia di flora, sia di fauna, che avevano subito nel passoto una mutazione specifica d’addomesticamento.
Costruendo su tutto ciò, le ricerche più recenti hanno scoperto che le finestre di tempo, correlate con le localizzazioni e con le manipolazioni dei tipi di piante e d’animali, sono molto rivelatrici. Ecco un sommario delle più importanti tra tali scoperte:

*8000 a.C.—Turchia, Asia Centrale —frumento, orzo, segale, lino, avena
*8000 a.C.—Iran, Siria, Israele—ceci, lenticchie, fichi, datteri, uva, lattuga, mandorle, olive, carote
*7500 a.C.—Sud America—fagioli, zucca, cassava
*7000 a.C.—Asia S.Orient., Nuova Guinea—radice di taro, piselli, fagioli mung, agrumi, banane, cocco, canna da zucchero
*7000 a.C.—Siria—pecore, capre
*7000 a.C.—Cina—riso, bufalo d’acqua, miglio, soya, cavolo
*6500 a.C.—India—cocomeri, melanzane, piselli “piccione”, cotone asiatico (orientale)
*6500 a.C.—Turchia—maiali, bovini
*6000 a.C.—Perù—mais, patate, arachidi, cotone americano (occidentale)
*6000 a.C.—America Centrale — mais, zucca, fagioli, pepe e peperoncino, pomodoro
*6000 a.C.—Africa—sorgho, piselli “mucca”, manioca, melone, okra

È veramente notevole il fatto che, benché le località indicate siano molto distanti e sparse in tutto il mondo, tutti i gruppi di piante e di animali originari fossero creati, e fossero divenuti totalmente dipendenti, dallo stesso diretto intervento degli agricoltori imani, e nello stesso (breve) periodo di soli duemila anni.

Di grande significato è anche il fatto che la virtuale esplosione di forme di vita sostenibili, radicalmente differenti, apparse ovunque al principio del periodo neolitico, non conoscesse precedenti, e da quell’epoca lontana non si sia mai più ripetuta, neppure con gli attuali progressi della biochimica e dell’ingegneria genetica.

Tali rivelazioni suscitano la questione se quelle regioni preistoriche fossero state scelte e predisposte in precedenza, di proposito. E inoltre, se le manipolazioni fossero praticate nella stessa epoca in modo deliberatamente pianificato e condotte da un singolo gruppo, diffuso in tutto il mondo, di sconosciuti pionieri genetici, la cui sapienza era superiore, diecimila anni fa, a quella odierna.

http://www.astronavepegasus.it/joomla/i ... &Itemid=84



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MessaggioInviato: 19/11/2012, 11:13 
Il genoma bovino rivela manipolazioni genetiche da parte dell’uomo, compiute 10000 anni fa
Washington Post, 28/4/2009, David Brown, “Cow’s DNA Shows Human Influence”

“Un gruppo composto da centinaia di scienziati, che opera in più d’una dozzina di paesi, ha pubblicato l’intera sequenza del DNA—il genoma—d’una vacca di razza Herford di 8 anni, che vive in una fattoria sperimentale del Montana.

“Tra i suoi circa 22000 geni sono nascoste le tracce di come la selezione naturale abbia scolpito il corpo e la personalità del bovino nei passati 60 milioni d’anni e quanto si sia ulteriormente sviluppata negli ultimi 10000 anni.

“’Ci sono tracce di opera umana nel genoma bovino? La risposta è sicuramente, senza alcun dubbio, positiva, ha detto Harris Lewin di Bilogia del Genoma, presso l’Università dell’Illinois, Urbana-Champaign. Egli è l’autore di uno dei tre documenti sul genoma della vacca, pubblicati sulla rivista Science.

“Il genoma della vacca è stato il primo del quale abbiamo individuato la sequenza, fra tutto il bestiame d’allevamento”.

[Nota—Quali altre manipolazione genetiche troveranno gli scienziati, quando elaboreranno la sequenza del genoma d’altre specie di bestiame d’allevamento?]

[Copyright 2009. Joseph Robert Jochmans. All Rights Reserved.]

C’è stata una “convergenza genetica” primitiva?

Nel novembre del 2009, i genetisti di tutto il mondo hanno annunciato che, dopo un’intensiva collaborazione di anni, avevano finito di mappare il genoma completo del mais, e hanno pubblicato una dozzina di articoli scientifici sull’argomento. I loro studi rivelano che in vari momenti, nel passato del mais, ci sono stati inusuali “interventi sui geni” e “meccaniche evolutive” che taluni ricercatori stanno trovando sia difficile spiegare senza presupporre una manipolazione intelligente. La sequenza del genoma mostra che un sorprendente 85 per cento dei circa 32000 geni del mais sono fatti di “elementi trasponibili”—o “geni salterini”—e ciò porrebbe in evidenza il fatto che siano stati messi in movimento e spostati nei 10 cromosomi del mais, nel corso della storia, e per lo più negli ultimi 10000 anni.

Il fatto che neppure una di tali sottili trasmutazioni abbia dato come risultato un fatale tracollo genetico, con la conseguente estinzione dell’antica pianta—ma invece siano stati ottenuti significativi e positivi rafforzamenti nell’opera ininterrotta di crescita e di nuova semina, di gran lunga superiori a quanto la selezione naturale avrebbe potuto consentire—costituisce la potente evidenza che qualcuno, molto tempo fa, abbia previsto il prodotto finale e manipolato in conseguenza la pianta. Sono state anche trovate indicaioni che in un’altra parte del processo di sviluppo del mais siano intevenute azioni di un’intelligenza ancor più antica. Circa 5 milioni d’anni fa, per esempio, avvenne improvvisamente l’importante fusione tra due specie imparentalte ancestrali, che diedero alla specie risultante di mais un forte patrimonio di nuove possibilità genetiche, per poter sopravvivere e adattarsi a vari ambienti.

In modo significativo, questo vero e proprio processo di fusione ebbe luogo all’incirca nel periodo in cui furono modificate anche altre piante e lo furono anche certi mammiferi, discendenti di quelli che erano stati addomesticati, e persino un certo numero di ominidi primitivi.

In altre parole, come avvenne una convergenza di mutazioni genetiche circa 10000 anni fa, che fece nascere i nostri alimenti odierni “addomesticati”, ci sarebbe stata una analogo convergenza di manipolazioni genetiche in un periodo molto più antico, 5 milioni d’anni fa?

Varie scoperte archeologiche e paleontologiche “fuori posto” rivelano che esistette certamente una qualche forma di vita con intelligenza di tipo umano, in un tale periodo molto remoto.

Sarebbero stati questi uomini, d’una civiltà a noi sconosciuta, i responsabili anche di modificazioni genetiche del bestiame e della flora e della fauna di quella lontana epoca?

La prosecuzione della mappatura del genoma e ulteriori ricerche, su tutte le sequenze genetiche non ancora studiate, in un’ampia varietà di specie, viventi ed estinte, potrà darci un giorno la risposta che cerchiamo.

http://www.astronavepegasus.it/joomla/i ... &Itemid=84

Quanto descritto nei due articoli precedenti lascia presupporre un intervento di manipolazione genetica successiva al Diluvio atta a consentire la "produzione" di piante da coltivazione e di animali di allevamento utili all'uomo in un mondo caratterizzato da un clima completamente diverso e da condizioni ambientali peggiori rispetto a quanto conosciuto precedentemente.

Il patrimonio genetico conservato grazie all'Arca di Noè fu pertanto 'lavorato' da parte degli scienziati di Enki di modo da fornire all'umanità la materia prima fondamentale per la prosecuzione del progetto di Rinascita Enkilita descritto nei precedenti post di questo thread.

Agricoltura e Allevamento: le prime conoscenze fornite all'Uomo post-diluviano!



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MessaggioInviato: 28/01/2013, 10:36 
Dinanzi a una simile prova come si fa a dubitare di un legame tra la civiltà sumera, quelle mesoamericane pre-incaiche e altre ancora (p.es Mohenjo Daro)

Ovvero tutte quelle civiltà che furono selezionate dagli ex-atlantidei enkiliti per la Rinascita post-diluviana...

La Fuente Magna - Eredità dei Sumeri in Sud America?

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Uno dei reperti archeologici più controversi dell’intera America è la Fuente Magna, detta anche Vaso Fuente, un grande vaso di pietra, simile ad un recipiente per effettuare libagioni, battesimi o cerimonie purificatorie.

Secondo la versione ufficiale il vaso fu scoperto in Bolivia nel 1960, da un contadino, in un terreno privato che si dice sia appartenuto alla famiglia Manjon, situato a Chua, circa 80 chilometri da La Paz, nelle vicinanze del lago Titicaca.

Nella parte esterna il vaso riporta alcuni bassorilievi zoomorfi (di origine Tihuanacoide), mentre nell’interno, oltre a una figura zoomorfa o antropomorfa (a seconda dell’interpretazione), vi sono incisi due tipi di differenti scritture, un alfabeto antico, proto-sumerico, e il quellca, idioma dell’antica Pukara, civiltà antesignana di Tiwanaku.

Nel 1960 l’archeologo boliviano Max Portugal Zamora attuò alcuni piccoli lavori di restauro sul vaso di pietra, e tentò di decifrare senza successo la misteriosa scrittura che è incisa nella parte interna.

Il vaso fu consegnato da un membro della familia Manjon al municipio di La Paz nel 1960. In cambio la familia Manjon ottenne un terreno in una zona adiacente la capitale.

L’oggetto rimase in uno scantinato del “Museo de los metales preciosos” per 40 anni.

Fino alla fine del XX secolo nessuno sapeva in realtà da dove venisse la Fuente Magna, e nessuno poteva immaginare la straordinaria e affascinante storia che racchiude.

Nel 2000 due ricercatori di La Paz, l’argentino Bernardo Biados e il boliviano Freddy Arce, viaggiarono fino a Chua, luogo situato nel nord del lago Titicaca, e chiesero informazioni ai nativi di lengua aymara sul ritrovamento della Fuente Magna nel 1960.

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Inizialmente nessuno sapeva dare informazioni, nè sul Vaso Fuente, nè sulla famiglia Manjon, che sembrava essere scomparsa nel nulla.

Successivamente incontrarono un anziano di 92 anni, detto Maximiliano, che dopo aver osservato una foto della Fuente Magna, la riconobbe come sua, e la denominò in spagnolo “el plato del chanco”, ovvero il vaso dove mangiavano i maiali.

Maximiliano dichiarò che il vaso fu trovato molti anni prima nelle vicinanze del villaggio e non gli fu data alcuna importanza fino a quando alcuni uomini lo portarono via (forse pagando un corrispettivo), per poi consegnarlo al municipio di La Paz.

Proprio così: uno degli oggetti più importante dell’intera Storia umana era utilizzato da un campesino come recipiente per dar da mangiare ai maiali!

Bernardo Biados e Freddy Arce fotografarono e studiarono a fondo il celebre vaso, giungendo alla conclusione che era utilizzato nell’antichità per cerimonie religiose purificatorie. I due ricercatori inviarono le foto delle iscrizioni al famoso epigrafista statunitense Clyde Ahmed Winters, che decifrò le enigmatiche iscrizioni proto-sumeriche che si trovano all’interno della Fuente Magna.

Ecco la traduzione del pannello centrale dove vi sono i caratteri cuneiformi:

Avvicinati nel futuro ad una persona dotata di grande protezione nel nome della grande Nia. Questo oracolo serve alle persone che vogliono raggiungere la purezza e rafforzare il carattere. La Divina Nia diffonderà purezza, serenità, carattere. Usa questo talismano (la Fuente Magna), per far germogliare in te saggezza e serenità.

Utilizzando il santuario giusto, il sacrario unto, il saggio giura di intraprendere il giusto camino per raggiungere la purezza e il carattere. Oh sacerdote, trova l’unica luce, per tutti coloro che desiderano una vita nobile.

Secondo i testi antichi Ni-ash (Nammu o Nia), era la Dea che diede luce al Cielo e alla Terra, al tempo dei Sumeri. Il bassorilievo situato nella parte interna del vaso, che può richiamare ad una rana (simbolo di fertilità), secondo alcuni ricercatori è proprio la rappresentazione di Nia, la Dea dei Sumeri.

Gli altri simboli che si trovano ai lati del bassorilievo e nella parte adiacente alle incisioni proto-sumeriche, sono stati interpretati come quella, idioma scritto della civiltà Pukara, ma non sono stati decifrati.

Nella parte esterna del vaso ci sono alcuni bassorilievi zoomorfi, che richiamano la cultura di Tiwuanaku: pesce e serpente. E’ molto probabile che la Fuente Magna venisse utilizzata come vaso sacro per cerimonie esoteriche, che richiamavano il culto della fertilità e la ricerca della purezza.

A questo punto sorge la domanda? Come è possibile che vi siano delle iscrizioni proto-sumeriche in un vaso ritovato presso il Titicaca, a ben 3800 metri d’altezza sul livello del mare, distante decine di migliaia di chilometri dal luogo di espansione della civiltà dei Sumeri?
A mio parere La Fuente Magna è autentica, ed è uno degli oggetti antichi più importanti del mondo, attraverso il quale si può venire a conoscenza del passato remoto dell’umanità e dei suoi viaggi interoceanici.

Innanzitutto si deve ricordare che l’esistenza del Nuovo Mondo era perfettamente conosciuta ai Fenici e ai Cartaginesi che circumnavigarono l’Africa nel I millennio prima di Cristo. Ma le loro conoscenze derivavano dai Sumeri, il popolo che spesso si associa erroneamente con la “nascità della civiltà”.

E’ noto che i Sumeri navigavano sulle loro imbarcazioni attraverso i canali del Tigri e dell’Eufrate allo scopo di commerciare. E’ invece poco conosciuta la navigazione marittima dei Sumeri, che avevano come base l’attuale isola di Bahrein, dove recenti scavi hanno dimostrato l’esistenza di un porto commerciale che era in attività nel terzo millennio prima di Cristo. Nei testi Sumeri l’odierno Behrein era identificato come Dilmoun, e da quel punto le flotte sumere partivano per la foce dell’Indo da dove rimontavano il grande fiume, giungendo a Mohenjo-Daro, per intercambiare tessuti, oro, incenso e rame. Le imbarcazioni sumere erano lance che potevano dislocare fino a 36 tonnellate.

Secondo Bernardo Biados i Sumeri circumnavigarono l’Africa già nel terzo millennio prima di Cristo, ma, arrivati presso le isole di Capo Verde, si trovarono sbarrato il passaggio dai venti contrari che soffiano incesantemente verso sud-est. Si trovarono pertanto obbligati a fare rotta verso ovest, cercando venti favorevoli. Fu così che giunsero occasionalmente in Brasile presso le coste dell’attuale Piauì o Maranhao. Da quei punti esplorarono il continente risalendo gli affluenti del Rio delle Amazzoni, in particolare il Madeira e il Beni.

In questo modo arrivarono all’altopiano andino, che probabilmente nel 3000 a.C. non aveva un clima così freddo. Si mischiarono così alle genti Pukara che a loro volta provenivano dall’Amazzonia (espansione Arawak), e ai popoli Colla (i cui discendenti parlano oggi la lingua aymara). La cultura Sumera influenzò le genti dell’altopiano, non solo dal punto di vista religioso, ma anche lessicale. Molti linguisti infatti hanno trovato molte similitudini tra il proto-sumerico e l’aymara.

Alcuni Sumeri rientrarono nel Vecchio Mondo e vi trasportarono la coca, che fu trovata anche nelle mummie di alcuni faraoni egizi.
Ultimamente Bernardo Biados e Freddy Arce hanno analizzato e studiato a fondo il monolito di Pokotia, che riporta interessanti iscrizioni nella parte dorsale, che possono anch’esse essere relazionate con viaggi inter-oceanici avvenuti antecedentemente al terzo millennio a.C.
Solo con lo studio comparato di genetica, archeologia, linguistica e scienza epigrafica si potrà giungere in futuro alla reale comprensione delle relazioni tra gli antichi popoli del mondo, in modo da poter tracciare così una mappa dettagliata dell’intera evoluzione umana.

http://newsmeteo.blogspot.it/2012/08/la ... ri-in.html


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MessaggioInviato: 28/01/2013, 14:08 
caro Atlanticus,

vedi
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=7161
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=9486
ciao
mauro


Ultima modifica di mauro il 28/01/2013, 14:10, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 28/01/2013, 15:21 
Pensavo di aver fatto la "scoperta del secolo" ... [:p]

No scherzo, è che a volte, preso dall'entusiasmo o per mancanza di tempo, mi dimentico di verificare se non se ne sia già parlato in altre sezioni del forum... [:(]



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MessaggioInviato: 17/04/2013, 17:12 
Devo, per chiarezza espositiva, chiarire che, con l'argomento che vado ad affrontare, stiamo per varcare le soglie di un campo dove le leggenda è "più leggendaria" che altrove. Vuoi per l'evidente ed inevitabile mancanza di riferimenti testuali, vuoi per l'enorme salto temporale, vuoi per le memorie tardive e postume di un gesuita (Blas Valera) tecnicamente appartenente alla generazione del dopo Conquista anche se etnicamente fu Peruviano.

Le leggende delle popolazioni peruviane - ma il discorso può essere pari pari riprodotto per Atzechi, Maya, Toltechi (ed altre etnie del Centroamerica) e, in qualche misura per diverse tribù pellerossa - raccontano un tempo in cui la Terra era divenuta inospitale in seguito ad un grande cataclisma cosmico (1).

Questo cataclisma aveva "mangiato" la costellazione, oscurato il cielo e posto il "sole in ombra" e questa ipotesi è stata avanzata da William Sullivan nel recente lavoro di ricerca "I nodi segreti degli Incas" edito da Piemme.

Venne allora da sud un gruppo di uomini di "pelle bianca" e dal viso barbuto; i "Viracochas". Questo mito percorre longitudinalmente il continente americano, talvolta da Nord a Sud (Atzechi, Toltechi e Maya), talvolta, al contrario, da Sud a Nord (Incas), Ma sempre con provenienza da oriente.

Inutile dire che la sussistenza di queste fatti mitici ha aperto alla più fantasiose illazioni soprattutto in dipendenza dall'età in cui si sarebbero verificati. Ma vedremo qui di seguito qualche ipotesi.

Per il momento, torniamo ai "salvatori", ai "Viracochas".

Uno di loro si sarebbe chiamato, appunto, Viracocha ma venne chiamato in vari modi nelle parlate locali (2).

Che fine abbiano fatto gli uni e gli altri, dopo aver compiuto l'opera di ciclica civilizzazione, è ignoto; la leggenda dice che i Viracochas ripartirono diretti verso nord o che il loro capo si sia incamminato sul mare dopo aver fatto calare sulla spiaggia una pioggia di fuoco all'evidente scopo di tener lontani gli indios.

Né è in alcun modo precisato un riferimento temporale anche se Sullivan si sforza di farlo sulla base di calcoli astronomici che non sono in grado di verificare o esporre (3). Né mi è possibile calcolare quando sarebbe avvenuto il presunto "Day after" Peruviano all'epoca dell'arrivo dei paleo civilizzatori.

Se ci limitiamo e considerare l'ipotesi dell'oscuramento del cielo e inondazione descritta ci viene da pensare alla fine dell'era glaciale, fra l'11.000 ed il 9.000 a.C.: ma chi poteva conservarne memoria?

Peraltro le leggende Incas ricordano che i Viracochas avrebbero edificato grandi opere architettoniche, fra le quali il Sacsahuaman (4).

Francamente, a meno di non pensare ad ipotesi fantascientifiche (tipo lievitazione e teletrasporto), non sapremmo come giustificare il fatto che pochi Viracochas potessero sistemare milioni di blocchi da 300 tonnellate (talvolta di più) per la sola fortezza di Sacsahuaman con precisione micrometrica.

È vero che i Viracochas sono descritti come creature molto alte, maestose e dotate di poteri sovrannaturali, ma a tutto c'è un limite, soprattutto quando si parla di 10.000 - 11.000 anni a.C..

La storia ci dice che le popolazioni amerinde erano glabre e scure di pelle; non vi sarebbero stati bianchi in quel continente prima dell'arrivo dei Conquistadores spagnoli nel XVI secolo.

Peraltro, se non abbiamo elementi sufficienti per datare, seppure con approssimazione, il Sacsahuaman, lo stesso ragionamento non può essere riprodotto per Tiahuanaco.

Qui le strutture superstiti, a 30 km. dal lago Titicaca, sono accostabili a strutture portuali. Esse, in sostanza, fanno pensare che un tempo la città fosse bagnata dalle acque del lago.

È possibile, allora, calcolare il ritmo temporale del ritiro della costa lacustre: ne ricaviamo che il Titicaca bagnava Tiahuanaco in un'epoca databile, con buona approssimazione, all'11.000 a.C..

Ebbene: questo dato cozza fortemente con quello dell'archeologia ufficiale che data la città al 500 a.C..

Ma le sorprese non sono finite!

Stando alla leggenda i Viracochas erano capaci di trasportare i massi facendoli spostare "al suono delle trombe" (saremmo di fronte alle mura di Gerico, trasportate in Sudamerica)!

Sembra logico concluderne che ci stiamo spostando su una specie di telecinesi indotta da fenomeni acustici. E francamente intendo mantenermi lontano dal magico e dal paranormale che lascio ad altri probabilmente più specializzati di me. Personalmente, qui come altrove, preferisco accettare i fatti come ipotesi di lavoro collegate ad una realtà mitica che, in quanto tale, non necessita di spiegazioni: quelle spiegazioni potrebbero non aver avuto senso, né allora (vale a dire all'epoca di Tiahuanco e della struttura mitica della Porta del sole) né mai (nei periodi seguenti).

È, tuttavia, innegabile che Tiahuanaco crea altrettanto misteriosi e curiosi accostamenti con la piramide Accapana e col tempio sotterraneo del Kalasasaya (5).

C'è, infine, un altro aspetto delle leggenda sul quale desidero soffermarmi perché i riferimenti ci portano molto lontano nello spazio pur se i fatti potrebbero avere una medesima genesi.

La leggenda che comincia dai Viracochas ha in effetti, una strana appendice: ad un certo punto vengono introdotti alcuni semidei, "metà uomini e metà pesci", venuti dal Titicaca e chiamati "Chullua" e Umantua".

Il loro nome non ci dice niente.

Ma introducono due fatti straordinari almeno sul piano della mitologia comparata.

Più che l'analogia col mito greco delle Sirene (che di per sé è suggestivo), quello che mi colpisce è l'analogia quella con il mito sumerico-mesopotamico di Oannes che Michanowsky mette in relazione con l'esplosione di Vela X.

In Mesopotamia, come in Perù, una creatura simile, venuta dall'acqua insieme ad una schiera di suoi simili. Oannes era una figura semidivina, dotata di grande intelletto, venuta sulla terraferma ad insegnare agli uomini princìpi di civilizzazione simili a quelli di Viracocha.

Nella religione sumera In Medio Oriente il mito di Oannes ebbe una risonanza particolare, fino ai Vangeli cristiani in cui viene descritta la figura di Giovanni Battista.

Ci troviamo di fronte ad un qualcosa dal valore a dir poco intercontinentale. L'acqua, uomini venuti dall'acqua a civilizzare popolazioni terricole; il mito di Atlantide, grande civiltà perita in seguito ad una gigantesca sommersione. Qui si inserisce il sibillino significato del nome Viracocha che vuol dire "Spuma del mare".

Ebbene, tornando al Perù incaico poco oltre il Kalasasaya troviamo un rilievo chiamato "la piramide": una struttura di circa 200 metri di lato, orientata perfettamente secondo i 4 punti cardinali. Prima che gli Spagnoli la deturpassero essa era formata da blocchi disposti a gradoni che delineavano terrazze degradanti, proprio come le piramidi Maya e gli Ziggurat mediorientali.

All'interno della piramide sono stati rinvenuti numerosi cunicoli che probabilmente incanalavano l'acqua dalla cima alla base della struttura. Qui troviamo una singolare analogia strutturale con la piramide del sole di Teotihuacan; il sistema di drenaggio dell'acqua ci fa pensare ad una struttura idroprotetta, ma più di ogni altra congettura il nome "Accapana", datole dagli Incas, ci chiarisce l'affascinante significato di questa costruzione.

"Hake" in lingua Aymarà vuol dire persone; "Apana" significa morire. "Accapana" sarebbe quindi il luogo dove le persone muoiono e la presenza di un sistema idraulico collega la morte della gente all'acqua (l'inondazione seguita alla deglaciazione che sconvolse la Terra intorno al 10.000-9.000 a.C.?)

Per parte sua la "Porta del Sole" è un monolito ricavato da un blocco di ardesia, sulla cui sommità spicca l'immagine di Viracocha, circondata da file di strane figure.

Si tratterebbe di un calendario astronomico, ma cosa ci fanno animali preistorici come il Cuvieronius (estinto intorno al 10.000 a.C.) ed il Toxodonte, (scomparso nell'undicesimo millennio a.C.?)

L'ultima sorpresa di questa regione ci viene dalla lingua Aymarà, usata dagli indios locali.

Studi condotti da linguisti dello scorso decennio hanno dimostrato che la lingua Aymarà è dotata di una sintassi estremamente dettagliata e che non potrebbe esser parlata da una popolazione poco progredita; essa può essere trasformata in un algoritmo ponte, cioè in una lingua intermedia utile ad effettuare traduzioni tra svariate lingue diverse. In sintesi ci troveremmo di fronte ad un metalinguaggio "standard" che collegava una lunga serie di altri linguaggi (progettato come una sorta di Esperanto planetario).

Mi sorge la domanda di chi sia l'autore di tutto questo coacervo di dati.

Ci accorgeremo che i dati, di per sé possono portare molto lontano ma, anziché rispondere alla domande principali, finiranno per aprirne altre senza fornire la riposta a nessuna.

Cerchiamo comunque di sintetizzare:

- abbiamo le tracce di un gruppo di individui apparentemente dotati di grandi conoscenze scientifiche presenti in un periodo a cavallo fra il 15.000 ed il 10.000 a.C. (cioè in piena era di deglaciazione);

- essi hanno l'aspetto umano, anche se di una razza assai diversa da quella locale. Tuttavia il livello evolutivo, la conoscenza scientifica e le tecniche di costruzione fanno pensare ad esponenti di una civiltà estremamente avanzata, capace di confezionare linguaggi convenzionali, di padroneggiare le leggi gravitazionali, di provocare fenomeni fisici complessi;

- arrivano in Perù dal sud (dall'Antartide?), istruiscono la popolazione a svariati campi del sapere e dell'etica;

- creano una lingua universale;

- lasciano ai locali un insediamento dove è scritta, in codice, nella pietra, la storia di quel periodo.

Chi sono? Da dove vengono? Quale scopo perseguono?

Erano inviati di una grande civiltà dimenticata dalla Storia?

E qui si apre il vero grande nodo della vicenda: compaiono i rappresentanti dell'antico continente di Atlantide.

Apparentemente è la quadratura del cerchio: i Viracocha venivano da sud (potenzialmente potevano provenire proprio dall'Antartide in quel periodo in buona parte priva di ghiacciai e suscettibile di ospitare una civiltà fiorente).

Erano andati in Perù per gettare i semi di una nuova civiltà. L'esperimento era continuato con la fondazione di Tiahuanaco. Poi, improvvisamente questa missione civilizzatrice si interruppe ed i Viracochas decisero di partire per il nord (6).

La domanda logica che ne segue è "Perché'?" Cosa aveva dato loro l'alt?

Rimanendo ancorati all'ipotesi Atlantidea si è pensato che probabilmente i Viracocha erano andati troppo oltre; si erano resi conto che rischiavano di produrre un collasso culturale tra gli indigeni (soluzione sociologica).

Personalmente sono convinto che bisogna accettare i fatti per quello che sono: stiamo ragionando di miti, di esseri mitici e dobbiamo fermarci qui. Del resto, l'ipotesi dell'eterna Atlantide è completamente fuori dell'ordine naturale delle cose. Ammesso che gli atlanti fossero veramente dèi, se proviamo a fare i conti di tutte le situazioni nelle quali la mancanza di fantasia degli uomini li fa comparire i sopravvissuti di quel mondo perduto (affondato nell'oceano nel corso di una notte) dovevano essere diversi milioni.

Mi sembra molto più logico pensare ai vari Thoth, Ut-napishtim, Deucalione, Noè, Quetzalcoatl, Oannes, i costruttori dei Vimana, Tao, i giganti figli di Urano e chi più ne ha più ne metta. Tutti quanti questi padroni della terra, in luoghi diversi della terra medesima, ebbero la ventura di essere i civilizzatori [cut]

Erano in ogni caso membri e rappresentanti della specie umana. Il fatto di chiederci chi mai potessero essere fa parte delle logica. Ma la logica non ci ha saputo dare una risposta.

I primitivi che li mitizzarono erano i nostri antichissimi progenitori che, come dice Michanowsky furono probabilmente abbacinati dal lampo di una supernova e scambiarono un pescatore che emergeva dall'acqua con un uomo-pesce e lo chiamarono Oannes e figlio di E-A o come venne chiamato.

Sta di fatto che se tentiamo di penetrare il mistero delle origini delle civiltà pre-colombiane in tutto il continente americano, si finisce, inevitabilmente, in una serie di leggende con un fondo comune: la leggenda dell'uomo bianco barbuto.

Questo discorso vale per i pellerossa del Nordamerica, per Maya ed Atzechi del Centroamerica; e non fanno eccezione le popolazioni, di varia etnia, del Sudamerica.

Per questa volta soffermiamoci sulle leggenda delle popolazioni peruviane.

Note:

1. Il passaggio sotto il piano dell'eclittica della costellazione che i Peruviani ritenevano madre della propria razza. Probabilmente si faceva riferimento a problematiche cosmiche connesse con il ciclo della precessione degli equinozi

2. Thunupa, Tarpaca, Pachaccan, Viracocharapacha. Egli era accompagnato da fedelissimi che gli facevano da scorta, gli "huaminca" e da emissari che diffondevano la sua dottrina, "hayhuaypanti" (gli splendenti), passati alla leggenda per la luminosità che emettevano.

3. Alla pari dei calcoli che Micanowsky fa a proposito dell'esplosione della Supernova Vela X.

4. Una gigantesca fortezza situata a nord del Cuzco, ex capitale dell'impero Inca, nonché la misteriosa città di Tiahuanaco, sulle sponde del lago Titicaca.

5. Il tempio sotterraneo contiene una scultura ricavata in una lastra di roccia raffigurante Viracocha ai cui lati troviamo immagini scolpite di strani animali preistorici. Alle spalle del monolito ve ne sono altri due raffiguranti due compagni del dio, forse i suoi fedelissimi. Il significato del Kalasasaya negli anni fra il 1927 ed il 1930. Il risultato delle indagini condotte anche da esperti della Specola Vaticana, hanno chiarito che il Kalasasaya aveva gli angoli perfettamente orientati con i punti di levata eliaca nei solstizi e gli equinozi del periodo relativo al 15.000 a.C. Si trattava, in altre parole, di una sorta di osservatorio astronomico orientato secondo le coordinate astrali di 17.000 anni fa.

6. Forse verso il Messico?

http://www.edicolaweb.net/arca035a.htm



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Cita:
MaxpoweR ha scritto:

sai cosa stride?

Una così complessa società e principi così "alti ed evoluti nonchè complessi" dal punto di vista intellettivo (se si pensa a uomini neolitici) paragonata però ai loro mezzi effettivi.

Insomma scrivere su tavolette non deve essere il massimo e pure essi possedevano le stesse cognizioni moderne, stipulavano contratti, scommettevano sul futuro, insomma speculavano, mostrando una concezione economica molto radicata e ben strutturata.

E' come se lo sviluppo umano fosse diviso in compartimenti stagni, nonostante si fosse evoluti in alcuni settori si era super antiquati in altri, come è possibile?


Perchè non trovi che la nostra società non sia per nulla evoluta in certi settori rispetto ad altri o parli solo di tecnologia?



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Antiche Rotte Commerciali

Questa avventura inizia alla corte di Salomone, sovrano del regno di Israele intorno al 950 a.C., figlio e successore di Re Davide. Sotto il suo comando il regno si estendeva dal fiume Eufrate fino all’Egitto ed inoltre aveva due alleati molto importanti: il re Hiram, a capo dei Fenici, i grandi navigatori dell’antichità, e la regina di Saba, che dominava un regno esteso nell’attuale Yemen ed Etiopia la cui capitale era Aksum, che gli forniva oro, incenso, profumi e spezie.

Il suo regno viene considerato dagli ebrei come un'età ideale, simile a quella del periodo augusteo a Roma. La sua saggezza, descritta nella Bibbia, è considerata proverbiale. Durante la sua reggenza venne costruito il Tempio di Salomone, che divenne leggendario per le sue molteplici valenze simboliche.

Immagine
Il regno di Davide ereditato dal figlio Salomone

L’omonimia del Re fenicio Hiram con l’architetto proveniente dalla città di Tiro selezionato da Re Salomone per l’edificazione del Tempio ci lascia pensare che in realtà i due potessero essere la stessa persona.

La Bibbia ci presenta Hiram Abiff come il massimo artista del suo tempo. Famoso nella propria città natale, appunto Tiro, per la magnificenza delle sue opere, onorato ed ammirato dal sovrano per le straordinarie capacità dimostrate nelle arti, fu da questi inviato al potente Re Salomone per la costruzione del grande Tempio, la Casa del Signore. Nessuno meglio di Hiram sapeva lavorare i metalli, egli padroneggiava i segreti dell’Arte, fine intagliatore di pietre e legno aveva accumulato grande esperienza nel governare operai e maestranze.

Sulle conoscenze di navigazione dei Fenici, estremamente avanzate per l’epoca, parleremo in seguito e torneranno utili per indagare sulla ubicazione dei giacimenti auriferi che consentirono al Regno di Israele di diventare una delle più ricche nazioni del tempo durante il regno di Re Salomone, grazie allo stretto rapporto che questi intrattenne con la sua seconda potente alleata: la Regina di Saba.

La Regina di Saba regnava su un territorio che si estendeva a cavallo tra Africa e penisola arabica, più circostanziabile in Etiopia e Yemen dove recenti ritrovamenti archeologi hanno riportato alla luce quelli che sembrano essere i resti dei palazzi del fastoso regno della consorte di Re Salomone dove forse si cela uno dei manufatti più preziosi e misteriosi della storia ebraica: l’Arca dell’Alleanza.

Gli arabi la conoscevano come la regina Bilquis, gli etiopi la chiamavano Macheda, per gli ebrei e i cristiani è la regina di Saba. La regina venne a conoscenza della fama di Salomone e si recò a Gerusalemme per conoscerne la saggezza. Arrivò con un gran seguito e con cammelli carichi di spezie. La storia della regina di Saba probabilmente ha origini giudee, ma esiste anche una versione persiana, la troviamo anche nel Corano difatti gli arabi affermano che credesse nella grandezza di Halla.

Dalla visita a Gerusalemme, avvenuta tra il 1000 ed il 950 a.C. vi è menzione nel Talmud ebraico, nella Bibbia - Antico Testamento, nel Corano ed ovviamente nel Kebra Nagast, Gloria dei re che è il libro fondamentale per la storia dell'impero degli altopiani, elaborato in Etiopia nel XIV secolo, ed uno dei testi sacri del movimento Rastafariano.

Il mito della Regina di Saba si mescola con la leggenda della città perduta di Ubar. Conosciuta anche come “Iram delle Colonne”, Aran o Ubar, si trovava nella Penisola Arabica ed era una città mercantile edificata nel deserto del Rub’ al Khali, il più grande deserto di sabbia del mondo.
La tradizione narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio; successivamente se ne persero completamente le tracce, forse perché, come ricorda il Corano, subì la stessa punizione della tribù dei Banu ‘Ad, una stirpe araba vissuta durante il periodo pre-islamico che osò sfidare Allah innalzando alti edifici in pietra e che per questo venne punita prima con un tremenda siccità, poi da una violenta pioggia seguita da un fortissimo vento che distrusse tutti i loro edifici; una storia peraltro simile sotto certi aspetti alla condanna divina conseguente al tentativo della costruzione della Torre di Babele così come narrato nella Bibbia.

Le rovine della Città delle Mille Colonne si troverebbero ancora sotto le sabbie del deserto, dimenticate anche dal tempo. Questa storia rimase una delle tante tradizioni orali raccontate intorno al fuoco, almeno fino a quando non giunse in Occidente in seguito alla traduzione del famoso “Le mille e una notte”. Durante il II secolo d.C., Claudio Tolomeo, astronomo e geografo greco, disegnò la mappa di una misteriosa regione che, a suo dire, era abitata da un altrettanto enigmatico popolo, gli Ubariti, ovvero gli antichi abitanti di Ubar.

In tempi più recenti il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto ai più come Lawrence d’Arabia, mostrò spesso un notevole interesse per questa città, che lui stesso definiva come l’Atlantide delle Sabbie.

Ed effettivamente da sotto le sabbie del deserto yemenita a volte compaiono resti di civiltà perdute. Quando il vento sposta le dune, talvolta appaiono ai beduini momentanei scorci di mura e fondazioni sepolte, subito nuovamente coperti dal tempo e da altra sabbia. Le voci che parlavano dell’esistenza di un gran muro hanno portato gli archeologi a scoprire un enorme complesso, che si è rivelato il più segreto e misterioso sito del Medio Oriente. Un gran muro in pietra alto circa 20 metri, con 5 metri di spessore, forma un ovale che protegge un ampio cortile che deve ancora essere scavato. Sul muro c’è una miriade di simboli che non si sa (ancora) come tradurre. Il sito archeologico si trova in Mareb, Yemen, in quella che è conosciuta come la "zona vuota". Si tratta di un territorio asciutto e desolato, con dune di sabbia e chilometri di deserto.

Immagine
Sito archeologico nel Mareb e i simboli ritrovati sul muro – I resti del Palazzo della Regina di Saba?

Simboli simili compaiono su uno tra i più misteriosi ma meno conosciuti reperti dell’archeologia israeliana che consiste in un semplice coccio di terracotta. Un archeologo israeliano sostiene che le cinque righe presenti su questo coccio potrebbero rappresentare il più antico esempio di scrittura ebraica mai scoperto. Il frammento è stato trovato da un adolescente, che scavava come volontario, circa 20 km a sud–ovest nel sito di Khirbet Qeiyafa, che domina la valle di Elah, dove la Bibbia dice che l’ebreo Davide, padre di Salomone, combatté contro il gigante filisteo Golia. Esso contiene segni ritenuti di un antico alfabeto, chiamato proto–cananeo o Prima Lingua.

Immagine
Il coccio di terracotta

Esperti della Hebrew University hanno detto che è stato scritto 3000 anni fa – circa 1000 anni prima dei rotoli di Qumran. L’epoca corrisponde grosso modo al momento del primo tempio, dominato dalle figure bibliche di Davide e Salomone, e pre–daterebbe lo stesso alfabeto, usato anche dalla Regina di Saba (presumibilmente sposata a Salomone), in quello che ora si chiama Yemen. Gli scritti trovati nello Yemen in questo stesso alfabeto e le loro traduzioni in ebraico antico indicavano il nascondiglio dell’Arca di Mosé in un sito vicino a Mareb (Ma'rib, nell’antico regno di Saba).

L’uso di questa lingua, all’inizio della storia dell’ebraico, spiegherebbe il motivo per cui la stessa era utilizzata anche nell’antico regno di Saba. Nella leggenda, e nel Santo Corano, si ipotizza che la regina di Saba fosse stata invitata a visitare il re Salomone, che si fossero sposati e avessero avuto un figlio, Menelik. Ulteriori ricerche condotte da Gary Vey e John McGovern hanno portato alla recente scoperta del presunto palazzo della regina, nel Mareb, Yemen, con iscrizioni nello stesso alfabeto, che descrivono il trasferimento della famosa Arca dell’Alleanza a quel sito da parte del figlio di Salomone, in seguito alla distruzione di Gerusalemme. Entrambi Vey e McGovern credono che sino ad oggi l’Arca sia rimasta nello Yemen.

I risultati del lavoro di traduzione di Vey hanno rivelato una prosa che descriveva la "cassa di El" e parlava di un "figlio" e di un "padre". Vey successivamente apprese che questo era un riferimento all’Arca, a Salomone e al figlio di Saba, Menelik, e per il "padre" – a Salomone stesso.
Egli legge l’iscrizione come segue:

Cita:
... perché il figlio era consapevole della natura che era in lui ... ma la felicità del figlio fu avvelenata dalla notizia che suo padre stava morendo, la rabbia crebbe, ma al figlio fu rivelata da suo padre la collocazione della grande cassa di EL. E l’azione di grazia del bel Signore rese felice il figlio, che giurò di proteggere la cassa di EL, e di essere associato con lo spirito del Signore...


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La Bibbia lascia intendere che il Regno della Regina di Saba fosse oltre modo ricco di oro visto che faceva confluire ogni anno nelle Casse di Re Salomone ben 666 talenti d’oro equivalenti a poco meno di 20 tonnellate.

Due archeologi italiani, Alfredo e Angelo Castiglioni, avrebbero localizzato le miniere di re Salomone dalle quali proveniva l'oro regalatogli dalla regina di Saba. L'importante scoperta è in Etiopia ma è stata resa nota oggi, a Rovereto, durante l'ultima giornata della XXI Rassegna internazionale del Cinema Archeologico. Secondo i due archeologi non vi è ancora la certezza, ma tutti gli indizi sembrano portare in questa direzione.

"Abbiamo compiuto cinque missioni, tra il 2004 e il 2008, per cercare le antiche zone di estrazione - hanno raccontato i due studiosi - Le prime tre, nel Beni Shangul (Etiopia sud occidentale), fruttarono la scoperta di enormi zone aurifere, sfruttate nell’antichità; ancora oggi vi si lavora con gli stessi metodi e utensili di allora, e alcune profonde gallerie sono tutt'ora chiamate dalla gente locale 'le antiche miniere di re Salomone'".

Ma un’altra ipotesi, ancora più affascinante, vede l’origine di tutto quell’oro in una regione distante migliaia di kilometri dall’Etiopia e dallo Yemen, addirittura al di là dell’Oceano Atlantico coinvolgendo i Fenici e le conoscenze da questi ottenute dall’eredità di uno dei popoli più misteriosi della storia e della regione medio-orientale: i Sumeri.

Sappiamo già come l’opera più importante del re Salomone fu la costruzione del Tempio di Gerusalemme, dove era depositata l’Arca dell’Alleanza, contenenti le tavole della Legge, che secondo la tradizione erano state consegnate direttamente da Jehova a Mosè.

Per costruire il Tempio di Gerusalemme, Salomone aveva bisogno di una quantità spropositata d’oro e argento abbiamo visto in gran parte ottenuti grazie all’alleanza con la Regina di Saba. Secondo il Libro dei Re nella Bibbia, la provenienza dei preziosi metalli era da ricercarsi nel leggendario paese di Ofir. Le flotte mercantili comandate da esperti navigatori Fenici partivano dal Mar Rosso o dai porti fenici del Mediterraneo e tornavano indietro dopo tre anni di navigazione, ricolme d’oro, argento, pietre preziose e profumi.

Molti storici hanno tentato di ubicare questo mitico paese in Africa o in India, ma la tesi che vogliamo approfondire oggi è quella di Benito Arias Montano che colloca il mitico Regno di Ofir al di là dell’Oceano Atlantico e più precisamente in Perù, anche se fino ad oggi non vi sono state prove esaustive sulla sua ubicazione.

A conferma di questa ardita teoria viene in nostro soccorso la ricerca portata avanti dal ricercatore indipendente Yuri Leveratto. Yuri Leveratto è un ricercatore indipendente con al suo attivo diverse spedizioni in Sudamerica e diverse pubblicazioni tra cui “Cronache indigene del Nuovo Mondo”. Con questo libro, che è una ricompilazione di settanta suoi articoli, l’autore ha voluto fornire una ampia visione dell’affascinante storia dei popoli autoctoni del Nuovo Mondo, dai primordi fino ai giorni nostri. Il suo lavoro è stato fondamentale per noi per approfondire i collegamenti esistenti tra il mondo medio-orientale e quello sud-americano migliaia di anni fa.

Uno dei primi sostenitori della teoria della presenza antica dei Fenici in Brasile fu il professore di storia austriaco Ludwig Schwennhagen (XX secolo), che nel suo libro “Storia antica del Brasile”, citava gli studi di Umfredo IV di Toron (XII secolo), che a sua volta aveva descritto i viaggi di navi fenicie fino all’estuario del Rio delle Amazzoni.

Come sappiamo, sono varie le evidenze archeologiche e documentali su una possibile antica presenza dei Fenici (o Cartaginesi), in Brasile: la pietra di Paraiba, i pittogrammi della Pedra de Gavea e i petroglifi della Pedra do Ingà, oltre al misterioso documento 512.

Vi è, però un’altra evidenza archeologica che suggerisce una possibilità sulla probabile coincidenza della terra di Ofir con l’Alto Perù: l’esistenza di un antico e lunghissimo cammino, detto in portoghese “Caminho do Peabirú”, che dalle attuali coste dello Stato di San Paolo e Santa Catarina (Brasile), conduce, dopo circa 3000 chilometri, proprio fino a Potosì, e prosegue fino a Tiahuanaco e Cusco.

Già da vari anni alcuni archeologi e ricercatori indipendenti brasiliani stanno studiando un antico cammino, conosciuto con il nome di “Peabirù” che nella lingua Tupi Guaranì, significa “cammino d’andata e ritorno”. Secondo l’interpretazione di Yuri Leveratto, siccome in lingua Guaranì “pe” significa “sentiero” e Birú era l’antico nome con il quale veniva identificato il Perú, non è un azzardo considerare il nome “Peabirú” come “cammino al Perú”.
Questo è un sentiero, largo circa 1,4 metri, che origina dalla zona di San Vicente nell’attuale Stato di San Paolo e dalla costa di Santa Catarina, in particolare dalla baia conosciuta con il nome di Cananea, durante l’era delle scoperte geografiche. I due tronchi si uniscono presso l’attuale Stato del Paraná, per procedere fino all’attuale frontiera con la Bolivia, presso la città di Corumbá. Quindi, dopo aver attraversato le praterie del Chaco, il cammino si dirige a Potosí.

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In realtà il sentiero prosegue, dividendosi in due rami: uno va verso Oruro, Tiahuanaco e poi Cusco, mentre un altro ramo si dirige verso l’Oceano Pacifico, nell’attuale Cile settentrionale. In pratica il cammino del Peabirú si interconnetteva con i sentieri incaici dell’impero che a loro volta univano Samaipata, la fortezza inca ubicata più a Sud (attuale Bolivia), con il Cusco e con altri siti “misteriosi” delle culture andine.

L’esistenza dell’antico cammino del Peabirù è importantissima, perché prova che era possibile raggiungere nell’antichità il Cerro Rico di Potosì che ricordiamo essere la montagna più ricca d’argento del mondo, dalle coste del Brasile, con un viaggio di circa 2 mesi.

L’interrogativo che ci appassiona è chi furono gli ideatori e i costruttori di questi percorsi?

I membri dell’etnia Guaraní attribuiscono la costruzione del cammino al loro leggendario semi-dio Sumé, che fu un civilizzatore e colonizzatore vissuto prima del diluvio, il quale insegnò ai Guaraní l’agricoltura, l’artigianato e impose loro i fondamenti del diritto in modo del tutto simile a quanto narrato dai popoli andini relativamente al dio Viracocha.

Come non riscontrare in tutto ciò la forte analogia con il processo di “Rinascita” perpetuato dal dio Anunnaki Enki, che secondo quanto affermato nelle ricerche del Progetto Atlanticus coinvolse in primis l’area medio-orientale fin dalla fine della glaciazione di Wurm circa dodicimila anni fa sugli altopiani iranici e caucasici partendo proprio dalle pendici del monte Ararat su cui si arenò Noè e la sua “Arca” e dove giustappunto sorgono le città di Gobekli Tepe e Kisiltepe?

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Se le due cose sono collegate allora forse il cammino del Peabirù potrebbe essere considerato come uno dei tanti resti di una civiltà antidiluviana riutilizzato in seguito dai depositari di determinate conoscenze, diciamo esoteriche, tramandate dagli antichi dei civilizzatori (Enki, Viracocha, Sumè, etc.etc.) ai popoli loro prediletti: Sumeri, Fenici, Egizi, Ebrei.

Questo rafforza l’ipotesi, sostenuta peraltro dal noto e compianto archeologo boliviano Freddy Arce, che il cammino del Peabirú potrebbe essere stato usato successivamente, seppur in tempi remotissimi dai popoli del Medio Oriente, come per esempio i Sumeri (da cui deriverebbe la parola Sumè), ed in seguito dai Fenici e Cartaginesi, per inoltrarsi all’interno del continente e raggiungere così la miniera d’argento più grande del pianeta forti appunto di quelle conoscenze di cui al paragrafo precedente.

Sappiamo inoltre che i reperti che richiamano alle culture Medio-Orientali sono diversi in Sud America, come il Monolite di Pokotia e il Fuente Magna, il grande vaso cerimoniale di pietra trovato presso il lago Titicaca, all’interno del quale vi sono iscrizioni in lingua sumera.

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La Fuente Magna e il Monolite di Pokotia – prove di presenza Sumera in Sudamerica

Secondo la versione ufficiale il vaso fu scoperto in Bolivia nel 1960, da un contadino, in un terreno privato che si dice sia appartenuto alla famiglia Manjon, situato a Chua, circa 80 chilometri da La Paz, nelle vicinanze del lago Titicaca. Nella parte esterna il vaso riporta alcuni bassorilievi zoomorfi (di origine Tihuanacoide), mentre nell’interno, oltre a una figura zoomorfa o antropomorfa (a seconda dell’interpretazione), vi sono incisi due tipi di differenti scritture, un alfabeto antico, proto-sumerico, e il quellca, idioma dell’antica Pukara, civiltà antesignana di Tiwanaku.

Un ulteriore elemento di prova ci viene fornito dal cosiddetto “Manoscritto 512” un documento inedito risalente al 1753, ma ritrovato solo nel 1839, conservato nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro nel quale viene descritta la rocambolesca avventura di un gruppo di esploratori portoghesi alla ricerca delle leggendarie miniere di Muribeca, durante la qual ricerca scoprirono le rovine di una grande città perduta, la cui architettura ricordava lontanamente lo stile greco-romano e dove furono ritrovate delle iscrizioni che furono ricopiate dagli esploratori nel documento.

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Secondo altri ricercatori l’alfabeto utilizzato nelle iscrizioni del “manoscritto 512” potrebbe essere il punico, il fenicio antico o l’aramaico antico. Non deve fare meraviglia che i libri di storia non menzionino questo documento. Se la notizia di una grande città antica di origine pre-greca fosse stata divulgata, i termini del trattato di Madrid avrebbero potuto essere rivisti in quanto sarebbe stata provata la colonizzazione e permanenza di un popolo del Mediterraneo o del Medio-Oriente in Brasile nei secoli o millenni passati e sarebbe caduto pertanto lo ius possidentis del Portogallo sulle terre brasiliane.

Se a questi reperti aggiungiamo il petroglifo di Ingà di chiara origine pre-fenicia, il tesoro della Cueva di Los Tayos alla cui ricerca partecipò nientemeno che l’astronauta recentemente scomparso Neil Armstrong, possiamo affermare con ragionevole certezza che l’esistenza del Nuovo Mondo era perfettamente conosciuta ai Fenici e ai Cartaginesi che già circumnavigarono l’Africa nel I millennio prima di Cristo e che le loro conoscenze derivavano proprio dai Sumeri.

E’ noto che i Sumeri navigavano sulle loro imbarcazioni attraverso i canali del Tigri e dell’Eufrate allo scopo di commerciare. E’ invece poco conosciuta la navigazione marittima dei Sumeri, che avevano come base l’attuale isola di Bahrein, dove recenti scavi hanno dimostrato l’esistenza di un porto commerciale che era in attività nel terzo millennio prima di Cristo. Nei testi Sumeri l’odierno Bahrein era identificato come Dilmoun, e da quel punto le flotte sumere partivano per la foce dell’Indo da dove rimontavano il grande fiume, giungendo a Mohenjo-Daro, per intercambiare tessuti, oro, incenso e rame. Le imbarcazioni sumere erano lance che potevano dislocare fino a 36 tonnellate.

Secondo Bernardo Biados i Sumeri circumnavigarono l’Africa già nel terzo millennio prima di Cristo, ma, arrivati presso le isole di Capo Verde, si trovarono sbarrato il passaggio dai venti contrari che soffiano incesantemente verso sud-ovest. Si trovarono pertanto obbligati a fare rotta verso ovest, cercando venti favorevoli. Fu così che giunsero occasionalmente in Brasile presso le coste dell’attuale Piauì o Maranhao. Da quei punti esplorarono il continente risalendo gli affluenti del Rio delle Amazzoni, in particolare il Madeira e il Beni o percorrendo il già citato "Cammino del Peabirú".

In questo modo arrivarono all’altopiano andino, che probabilmente nel 3000 a.C. non aveva un clima così freddo. Si mischiarono così alle genti Pukara che a loro volta provenivano dall’Amazzonia (espansione Arawak), e ai popoli Colla (i cui discendenti parlano oggi la lingua aymara). La cultura Sumera influenzò le genti dell’altopiano, non solo dal punto di vista religioso, ma anche lessicale. Molti linguisti infatti hanno trovato molte similitudini tra il proto-sumerico e l’aymara.

Una storia che si mescola con la leggenda di Akakor, perduto regno antidiluviano fiorente sulle rive del bacino del Rio delle Amazzoni, salito agli onori della cronaca grazie al preziosissimo contributo del colonnello Percy Fawcett, esperto coloniale e cartografo della Società Cartografica Britannica. Appassionato esploratore e cultore delle civiltà del passato, raccoglie dagli Indios delle varie tribù, tradizioni orali e leggende stupefacenti. Lo studio accurato che il colonnello ha fatto di tutto il materiale raccolto, lo porta alla conclusione che tutti i miti testimoniano l’origine divina di tutti quei popoli.
Viene in possesso, inoltre, d’indicazioni e strani racconti su enormi abbandonate e misteriose città, che lo portano a viaggiare in lungo e in largo della giungla del Sud America, sino quando, a Rio, ebbe modo di consultare il Manoscritto dei Bandeirantes, conservato nel Museo locale dell’Indio; ispirato dal documento decide di intraprendere una spedizione nel Mato Grosso alla ricerca della fantastica città perduta. Tenta più volte senza successo, sino a quando Fawcett e' sicuro di avere in mano le indicazioni decisive e l’orientamento esatto per la rivoluzionaria scoperta. Parte con pochi uomini fidati, ma la sua marcia viene seguita sino alla metà del percorso da lui previsto, poi scompare nella foresta vergine e di lui non si sa più nulla. Era il 1925.

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Il regno di Akakor fu forse una delle nazioni antidiluviane di cui serbiamo il ricordo di Atlantide, artefice di tutte le incredibili strutture megalitiche del continente sudamericano come Tiahunaco, Machu Picchu, Cuzco, la Città di Caral, etc.etc. così come la rete viaria sfruttata dall’impero inca migliaia di anni dopo di cui il Peabirù o cammino del Perù né rappresenta un segmento? Noi onestamente pensiamo di sì.

Così come pensiamo che il retaggio di queste civiltà antidiluviane sia giunto attraverso i sumeri ai popoli medio-orientali, Egizi, Fenici, Etiopi-Yemeniti (Saba) ed Ebrei compresi i quali sfruttarono queste loro conoscenze per scopi commerciali. Ma il nostro Salomone, da dove questa nostra avventura ha avuto inizio, non ottenne soltanto oro e argento dallo sfruttamento commerciale di queste antiche rotte.

In un nostro precedente articolo abbiamo affrontato il tema dello Shamir, potente oggetto, presumibilmente tecnologicamente avanzato, che compare in numerosi midrash ebraici tra i quali uno che fa riferimento proprio al Re del nostro articolo. Il midrash che parla dello Shamir riporta che, per la costruzione del Tempio, Salomone aveva dato ordini molto precisi. Secondo la Legge mosaica, Legge divina, nessun materiale facente parte del Tempio doveva essere lavorato con attrezzi di ferro, il metallo di cui son fatte le armi che portano morte, evitando così di contaminare la sacralità del luogo.

L'altare, soprattutto, non doveva essere profanato in nessun modo da quel contatto, e nel cantiere non doveva entrare nemmeno un chiodo; né tanto meno martelli, scalpelli, picconi o altro. Tanto è vero che il materiale da costruzione - o almeno, sicuramente, la pietra - era arrivato sul posto già squadrato, se non rifinito, di modo che durante i lavori "non si udì nel Tempio nessun rumore prodotto da utensili metallici". L'unica maniera alternativa di lavorare la pietra senza impiegare strumenti di ferro era quella di usare il "magico Shamìr". Dio stesso, secondo la tradizione, l'aveva consegnato a Mosè sul Sinai, il quale se ne era servito per incidere i nomi delle dodici tribù sulle pietre incastonate nel pettorale e nell'"efòd" che facevano parte dei paramenti del Sommo Sacerdote. Da allora però lo Shamìr era sparito e non si sapeva più che fine avesse fatto.

Lo Shamìr venne inoltre usato per tagliare le pietre con cui fu costruito il Tempio, perché la legge proibiva di usare per quest'opera strumenti di ferro così come possiamo leggere nel Talmud e nell’ambito della letteratura midràshica. Forse la tecnologia dello Shamir è la stessa che venne usata in epoca antidiluviana per lavorare e tagliare altre pietre… gli enigmatici blocchi H di Puma Punku.

Inoltre, sempre dalle stesse fonti, sappiamo che lo Shamìr non può essere conservato in un recipiente chiuso di ferro o di qualunque altro metallo, poiché lo farebbe scoppiare, forse a causa dell’emissione di gas o di calore derivante da una possibile radioattività dell’elemento. Radioattività che giustificherebbe i malanni di Re Salomone e di Re Davide dopo l’utilizzo dello Shamir e della elevata mortalità di coloro che lo maneggiava per più tempo senza probabilmente le dovute precauzioni.

Altre incredibili applicazioni dello Shamir sono descritti nel racconto di come Salomone riuscì a impossessarsi dello strumento in oggetto. Il dèmone Asmodeo il quale conosce l#146;ubicazione di tutti i tesori nascosti, fu costretto a rivelare al re che Dio aveva consegnato lo Shamìr a Rahav, l'Angelo (o il Principe) del Mare, il quale non lo affidava mai a nessuno se non, raramente e solo a fin di bene, al gallo selvatico, il quale viveva lontano, ai piedi di montagne mai esplorate dall'uomo: questi se ne serviva per "forestare" intere colline nude e pietrose, producendovi - per mezzo dello Shamìr - innumerevoli forellini, nei quali poi piantava semi di varie piante e di alberi. Ciò veniva fatto nell'imminenza della migrazione di gruppi tribali divenuti troppo numerosi, che più tardi, arrivando sul posto, avrebbero trovato un ambiente vivibile.

Come non collegare a questa descrizione le migliaia di buche delle dimensioni di un uomo scavate nella nuda roccia vicino a Valle Pisco, Perù, su una pianura chiamata Cajamarquilla. Questi strani buchi (pare 6900), si estendono per circa 1450 mt in una banda larga approssimativamente 20 mt di terreno montuoso e irregolare e sono stati qui da così tanto tempo che le persone non hanno idea di chi li ha fatti e perché.

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Valle Pisco, Perù

Questo avvalora l’incredibile ipotesi che gli Egizi o comunque qualcuno prima di loro, sia riuscito a raggiungere il Sudamerica, dando origine alle prime civiltà mesoamericane. Gli studiosi hanno stabilito che il giorno uno del calendario olmeco era coincidente con il 13 Agosto 3113 a.C., data della nascita della civiltà olmeca, evento straordinario per tutte le civiltà dell'America Latina al pari dell’anno zero del calendario cristiano. Ma il 3113 a.C. indica per la precisione la data esatta dell'esilio di Thoth e dei suoi seguaci africani dall'Egitto per mano di suo fratello Ra, verso i confini del mondo per la colonizzazione di nuove terre.

Presenza di egiziani in Sudamerica che giustificherebbero le forti similitudini a livello architettonico e culturale tra le civiltà pre-colombiane, Maya in primis, e l’antico egitto di cui le piramidi ne rappresentano l’esempio più eclatante. Qualcosa di più di una semplice teoria secondo alcuni approfonditi studi che desideriamo condividere con i lettori.

Esiste infatti una serie di geroglifici risalenti ad epoche diverse che si riferiscono a un paese non meglio identificato e denominato come Punt dove alcuni faraoni inviarono delle spedizioni; la prima di cui si abbia notizia è quella ordinata dal faraone Sahura della V dinastia. Il Punt doveva essere una terra ricca di risorse e di materiali preziosi visto che le iscrizioni parlano di navi cariche di oro, argento, spezie e ogni sorta di ricchezza tra cui anche animali e piante rare come i leopardi e, presumibilmente, anche cocaina e tabacco, delle cui piante sono state rinvenute tracce nelle tombe di alcuni faraoni.

L’ultima a inviare spedizioni nel Punt fu la regina Hatshepsut alla cui morte Tutmosi III cancellò, come era consuetudine, ogni traccia del passato del precedente sovrano, e con esse i riferimenti al Punt e alla sua ubicazione.

La cosa interessante di questa ricerca è che, per volere del faraone, i lavoratori inviati nel Punt dovevano essere “… del paese dei Tebani…”, ovvero provenienti dalle culture nubiane dell’attuale Sudan dominate dall’Egitto caratterizzate da una popolazione con caratteristiche somatiche negroidi. Questi schiavi nubiani sarebbero poi stati lasciati in Sudamerica per alleggerire le imbarcazioni egizie di ritorno in Egitto dando origine alla cultura olmeca il che giustificherebbe il ritrovamento di monumentali teste olmeche dalle fattezze tipicamente negroidi, forse scolpite in onore dei primi rappresentanti della civiltà olmeca.

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Teste olmeche

Un percorso logico che sostanzialmente ripercorre le rotte di schiavi durante il periodo coloniale di epoche storiche molto più vicine temporalmente a noi.

Gli Olmechi ebbero una importanza fondamentale nello sviluppo e nell’evoluzione degli aspetti culturali e religiosi delle civiltà mesoamericane precolombiane, Maya in primo luogo, alle quali trasmisero le loro conoscenze ereditate dal dominio egizio in terra nubiana, strutture piramidali comprese.

E’ inoltre testimoniata dai primi esploratori spagnoli e portoghesi durante la conquista coloniale del Sudamerica nel XVI secolo la presenza di tribù indigene composte da individui di pelle nera all’interno della foresta, probabilmente discendenti regrediti allo stato preistorico dei primi schiavi egizi, fondatori della cultura Olmeca.

L’ultima prova a supporto di questa teoria che voglio citare, consapevole dell’esistenza di molte altre non affrontate in questa sede è rappresentata dai tre calendari Olmechi, il più noto è quello definito di Conto Lungo che prevede il via da un Enigmatico Giorno Uno (il nostro equivalente di avanti e dopo Cristo, evento straordinario per i cristiani segnato dalla nascita di Gesù di Nazareth.) Gli studiosi hanno stabilito che il Giorno Uno era coincidente con il 13 Agosto 3113 a.C. quale data di nascita della civiltà olmeca, evento straordinario per tutte le civiltà dell'America Latina.

Ma il 3113 a.C. "stranamente" segna per la precisione la data esatta dell'esilio di Thoth e dei suoi seguaci (africani) dall'Egitto per mano di suo fratello Ra (inizio del regno dei faraoni), verso i confini del mondo per la colonizzazione di nuove terre: solo una straordinaria coincidenza?
Proprio quel Thoth, depositario dei segreti di una civiltà madre pre-esistente a quelle storicamente conosciute e direttamente collegata ai miti inerenti la civiltà di Atlantide quale super potenza globale tecnologicamente avanzata, secondo il Progetto Atlanticus di derivazione Anunnaka.

E volete conoscere la sorte del manufatto più prezioso dell'America Latina, ovvero un elefantino che attribuisce i veri natali alle civiltà americane Misteriosamente sparito, insieme ai calendari originali Olmechi incisi su tre colonne a Veracruz.

La conclusione di questo lungo percorso che ci ha portato ad affrontare diverse tematiche spesso affrontate dalla storiografia ufficiale come non collegate fra di loro è sempre la stessa. Ovvero che la storia così come la conosciamo probabilmente è da riscrivere.

Così come, alla luce di queste scoperte, andrebbe rivista la storia di un navigatore genovese (?) che per buscar el levante por el ponente si ritrovò in terre sconosciute secondo la storia… ma questo sarà oggetto di un altro articolo del Progetto Atlanticus.

Fonti:
http://www.liberoquotidiano.it/news/506 ... omone.html
http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=233
http://spazioinwind.libero.it/popoli_an ... -SABA.html
http://www.riflessioni.it/riflessioni-i ... iram-1.htm
http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=97
http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=99
http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9426
http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=251
http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9651

Link all'articolo
http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9945


Ultima modifica di Atlanticus81 il 27/04/2013, 16:38, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 27/04/2013, 16:29 
Io credo che le conoscenze antiche descritte nel precedente articolo abbiano consentito durante i secoli delle grandi esplorazioni la redazione di talune mappe (p.es. Piri Reis) e soprattutto l'esecuzione di spedizioni come quella di Cristoforo Colombo - conoscenze acquisite dai Templari durante la permanenza in Terra Santa durante la quale probabilmente sono entrati in contatto con comunità che preservavano i saperi contenuti nella Biblioteca di Alessandria.

Di Cristoforo Colombo ne abbiamo parlato qui:
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=13503

Dei Templari e della Biblioteca di Alessandria qui:
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12194

Vi invito a postare le vostre considerazioni in virtù del tema del topic per non portare off topic la discussione. [:I]



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sanje ha scritto:

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MaxpoweR ha scritto:

sai cosa stride?

Una così complessa società e principi così "alti ed evoluti nonchè complessi" dal punto di vista intellettivo (se si pensa a uomini neolitici) paragonata però ai loro mezzi effettivi.

Insomma scrivere su tavolette non deve essere il massimo e pure essi possedevano le stesse cognizioni moderne, stipulavano contratti, scommettevano sul futuro, insomma speculavano, mostrando una concezione economica molto radicata e ben strutturata.

E' come se lo sviluppo umano fosse diviso in compartimenti stagni, nonostante si fosse evoluti in alcuni settori si era super antiquati in altri, come è possibile?


Perchè non trovi che la nostra società non sia per nulla evoluta in certi settori rispetto ad altri o parli solo di tecnologia?



Si ma loro scrivevano su pezzi di pietra, insomma anche un NON GENIO si rende conto che ci sono 200 modi più userfrindly per scrivere no? Soprattutto se si arriva a concepire concetti complessi come i future per poi scrivere su una tavola di pietra. Onestamente io oggi non vedo un così ampio divario tra una branca della scienza e l'altra.

Anche perchè la scrittura è alla base di tutto e non mi spiego come una "logistica" tanto arcaica dei sistemi di scrittura si sposi con concetti molto evoluti, con tanta genialità a nessuno venne in mente di trovare un sistema migliore per archiviare i dati?

Cita:
Atlanticus81 scrive:
La tradizione narra che la città sopravvisse dal 3000 a.C. fino al I secolo d.C., arricchendosi anno dopo anno grazie a un florido commercio; successivamente se ne persero completamente le tracce, forse perché, come ricorda il Corano, subì la stessa punizione della tribù dei Banu ‘Ad, una stirpe araba vissuta durante il periodo pre-islamico che osò sfidare Allah innalzando alti edifici in pietra e che per questo venne punita prima con un tremenda siccità, poi da una violenta pioggia seguita da un fortissimo vento che distrusse tutti i loro edifici; una storia peraltro simile sotto certi aspetti alla condanna divina conseguente al tentativo della costruzione della Torre di Babele così come narrato nella Bibbia.


Facevano parte della stessa "alleanza" di babeliana memoria? O è semplicemente un altro "mito" ricollegabile alle città di sodoma e gomorra distrutte con una bomba nucleare da un Elohim scontento (chissà di cosa realmente)...

Cita:
Atlanticus81 scrive:
I membri dell’etnia Guaraní attribuiscono la costruzione del cammino al loro leggendario semi-dio Sumé, che fu un civilizzatore e colonizzatore vissuto prima del diluvio, il quale insegnò ai Guaraní l’agricoltura, l’artigianato e impose loro i fondamenti del diritto


Ma guarda un pò, ovunque si gratti un pò di polvere viene fuori la stessa storia e gli stessi modus operandi. Ma certo è un caso... Come è un caso che si siano costruite ARTERIE intracontinentali per connettere i punti di massima importanza mineraria e commerciale, ma invece di assumersene il merito (cosa che sembrerebbe scontata dinansi ad uno straniero no?) si da sempre il merito a popoli più antichi, la qual storia si perde nelle nebbie del tempo; ma quando qualcosa riemerge cosa emerge?
Che questi primi popoli sono scesi dal cielo ed hanno DONATO la "cultura" ai discendenti\che sono stati testimoni della discesa dal cielo di esseri potenti. Periodo? Sempre prediluviano. Puoi essere di qualunque parte del mondo, in qualunque posto troverai la distinzione tra PRIMA e DOPO il (I diluvi secondo me) diluvio. Così come i fatti da noi narrati hanno un prima ed un dopo cristo. Quindi se pure non c'è stato un diluvio o una serie di diluvi qualcosa c'è stata sicuro, uno sparti acqua, perchè noi abbiamo fatto lo stesso dopotutto, perchè pensare che invece quei popoli fossero completamente assorbiti dai miti e dalle leggende invece di considerarli capaci di intendere volere e quindi di tramandare FATTI cui hanno assistito\subito e non solo le loro mitologie.

Cita:
Atlanticus scrive:
Come non riscontrare in tutto ciò la forte analogia con il processo di “Rinascita” perpetuato dal dio Anunnaki Enki, che secondo quanto affermato nelle ricerche del Progetto Atlanticus coinvolse in primis l’area medio-orientale fin dalla fine della glaciazione di Wurm circa dodicimila anni fa sugli altopiani iranici e caucasici partendo proprio dalle pendici del monte Ararat su cui si arenò Noè e la sua “Arca” e dove giustappunto sorgono le città di Gobekli Tepe e Kisiltepe?


Questo è uno dei pochi punti che non condivido in pieno, magari perchè non ho approfondito le giuste parti non so. Da come leggo tu parli del diluvio come un evento mondiale e parli di Noè e della sua arca come un unico "attore" di questa salvezza. MA se partiamo dal presupposto che tali eventi si sono verificati a cavallo tra la fine dell'era glaciale e l'inizio dell'era "moderna" quindi 12\15 mila anni fa, non è più plausibile pensare ad una serie di grandi alluvioni causate dallo scioglimenti dei ghiacciai nelle varie parti del mondo e quindi non un unico evento colossale ma una serie di grandissimi disastri "LOCALI". Ciò spiegherebbe il sorgere ti tutti questi Noè, Noà, in tutto il mondo la quale definizione fonetica potrebbe essere non un nome di persona bensì il nome che "I CAPI" assegnavano a coloro i quali erano addetti a svolgere quella specifica funzione chessò ad esempio il "capitano" della nave era il "noè"... Che ne pensi?

Cita:
Atlanticus81 scrive:
Questo avvalora l’incredibile ipotesi che gli Egizi o comunque qualcuno prima di loro, sia riuscito a raggiungere il Sudamerica, dando origine alle prime civiltà mesoamericane. Gli studiosi hanno stabilito che il giorno uno del calendario olmeco era coincidente con il 13 Agosto 3113 a.C., data della nascita della civiltà olmeca, evento straordinario per tutte le civiltà dell'America Latina al pari dell’anno zero del calendario cristiano. Ma il 3113 a.C. indica per la precisione la data esatta dell'esilio di Thoth e dei suoi seguaci africani dall'Egitto per mano di suo fratello Ra, verso i confini del mondo per la colonizzazione di nuove terre.


certo è che questa è un'altra di quelle "COINCIDENZE" davvero strane che se la storia non fosse già decisa a tavolino filerebbe benissimo ed avrebbe una sua logicità intrinseca, ma visto che questi fatti non devono esistere allora anche questi eventi sono SOLO MITI e chi se ne frega se però date e reperti concordano alla perfezione giusto?


Ultima modifica di MaxpoweR il 27/04/2013, 18:57, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 27/04/2013, 19:12 
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MaxpoweR ha scritto:


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Atlanticus scrive:
Come non riscontrare in tutto ciò la forte analogia con il processo di “Rinascita” perpetuato dal dio Anunnaki Enki, che secondo quanto affermato nelle ricerche del Progetto Atlanticus coinvolse in primis l’area medio-orientale fin dalla fine della glaciazione di Wurm circa dodicimila anni fa sugli altopiani iranici e caucasici partendo proprio dalle pendici del monte Ararat su cui si arenò Noè e la sua “Arca” e dove giustappunto sorgono le città di Gobekli Tepe e Kisiltepe?


Questo è uno dei pochi punti che non condivido in pieno, magari perchè non ho approfondito le giuste parti non so. Da come leggo tu parli del diluvio come un evento mondiale e parli di Noè e della sua arca come un unico "attore" di questa salvezza. MA se partiamo dal presupposto che tali eventi si sono verificati a cavallo tra la fine dell'era glaciale e l'inizio dell'era "moderna" quindi 12\15 mila anni fa, non è più plausibile pensare ad una serie di grandi alluvioni causate dallo scioglimenti dei ghiacciai nelle varie parti del mondo e quindi non un unico evento colossale ma una serie di grandissimi disastri "LOCALI". Ciò spiegherebbe il sorgere ti tutti questi Noè, Noà, in tutto il mondo la quale definizione fonetica potrebbe essere non un nome di persona bensì il nome che "I CAPI" assegnavano a coloro i quali erano addetti a svolgere quella specifica funzione chessò ad esempio il "capitano" della nave era il "noè"... Che ne pensi?

Cita:


Sono d'accordo con te.. volevo evidenziare che in tutto il mondo assistiamo allo stesso modus operandi da parte di questi "civilizzatori" anti-diluviani.



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