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MessaggioInviato: 28/04/2013, 23:54 
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Maya, si affacciano nuove ipotesi
sulla nascita dell'antica civiltà
Recenti scavi in un sito archeologico guatemalteco forniscono nuovi indizi sulle origini dell'antica civiltà mesoamericana, finora avvolte dal mistero

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Le civiltà sorgono e crollano, a volte in modo spettacolare. Le loro origini invece tendono in genere ad essere più oscure, se non addirittura avvolte nel mistero. Nel caso dei Maya, una ricerca appena pubblicata sulla rivista Science getta una nuova, inattesa luce sulla nascita della loro civiltà.

Se il periodo classico - dal 300 al 950 d.C. - è una fase molto studiata dagli archeologi, meno si sa degli albori dell'era pre-classica, ovvero antecedente al primo millennio a.C. Gli studiosi in genere si dividono in due scuole: coloro che ritengono che i Maya derivino direttamente da un'antica "cultura madre", quella degli Olmechi, o che siano apparsi in maniera del tutto indipendente.

Takeshi Inomata, professore of antropologia alla University of Arizona, nonché beneficiario di un fondo di ricerca National Geographic, si distacca sia dalla prima che dalla seconda ipotesi. Gli scavi da lui condotti al sito di archeologico di Ceibal, in Guatemala, stanno portando alla luce una storia ben più complessa.

Antichi spazi rituali

I Maya sono generalmente noti per le monumentali opere architettoniche. Le imponenti piramidi, o i loro piazzali sterminati,
testimoniano una cultura complessa e affascinante. Basta la parola "Maya" a evocare sovrani e sacerdoti sontuosamente abbigliati mentre salgono le ripide scalinate di piramidi come quella di Tikal (foto in alto). Ma le piramidi non spuntano nella giungla dalla sera alla mattina, né lo fa una civiltà complessa come quella maya. Inomata e il suo team hanno effettuato scavi sotto imponenti strutture di Ceibal per capire come sono state create.

Inomata ha dato per scontato che alcuni celeberrimi monumenti poggiassero su strutture più antiche costruite allo stesso scopo. La sua ipotesi si è rivelata corretta: ha individuato delle piattaforme più piccole, fatte di terra, al di sotto di piramidi di pietra, segno dell'esistenza di un complesso cerimoniale a Ceibal presente già attorno al 1000 a.C.

La presenza di architettura cerimoniale in un periodo così precoce dell'esistenza dei Maya è un chiaro segnale del fatto che all'epoca esistessero già uno stile di vita radicato, metodi agricoli complessi, una religione e una società stratificata; tutti elementi che costituiscono una cultura unificata nonché le basi per dar vita a una più ampia civiltà.

Il rapporto con gli Olmechi

Tradizionalmente, gli esperti ritenevano che mentre gli Olmechi davano vita alla propria civiltà erigendo grandi insediamenti come La Venta, lungo la costa del Golfo nell'odierno Messico, le popolazioni che un giorno sarebbero diventate i Maya vivevano in gruppi nomadici nelle foreste orientali e sudorientali. Secondo questa teoria, l'intera civiltà del Maya, comprese le loro strutture architettoniche e sociali, discenderebbe direttamente da quella olmeca.

Gli scavi di Inomata però hanno rivelato che quella degli Olmechi non era una civiltà antecedente. Anzi, un sito come quello di Ceibal è circa 200 anni più antico rispetto a quello di La Venta. E benché alcuni centri olmechi siano precedenti sia a La Venta che a Ceibal, è assai improbabile che abbiano avuto rapporti diretti con i Maya.

"Ciò non vuol dire che i Maya siano apparsi in maniera indipendente", precisa Inomata; pittosto, secondo lo studioso, vi sarebbe stata una reciproca influenza. La Venta e Ceibal sembrano essersi sviluppate di pari passi nel corso di una grande cambiamento culturale che interessò l'intera regione. "L'ipotesi più probabile è che vi fosse un ampio fenomeno di interazioni, e che attraverso queste ultime abbia preso forma una nuova civiltà".

Un approccio più flessibile

A complicare ulteriormente le cose, Inomata sottolinea come le testimonianze archeologiche non indichino una distinzione netta tra Maya e Olmechi nel periodo preclassico. Al contrario, le due civiltà si distinguono facilmente quando si passa al periodo classico, in quando i Maya diedero vita a linguaggio e cultura propri. Ma i secoli compresi tra 1000 e 700 a.C sono decisamente di transizione. A causa del libero scambio di idee, tecnologie, elementi culturali e forse anche popolazioni tra La Venta e Ceibal è difficile dire con certezza quale dei due siti sia Olmeco e quale Maya.

"Dare etichette precise a queste antiche popolazioni è un compito arduo: non abbiamo alcuna certezza ad esempio del fatto che i primi abitanti di Ceibal fossero del tutto Maya", dice Inomata. "Abbiamo perciò optato per un approccio più flessibile, evitando di dare etichette predeterminate a favore di un tentativo di comprensione dei rapporti di interazione e di come si siano evolute identità culturali più nette".

Rivoluzione agricola

Inomata e il suo team trascorreranno i prossimi tre anni analizzando i ritrovamenti effettuati a Ceibal, dopodiché inizieranno a scavare fuori dal centro del sito, sperando di raccogliere più informazioni sulla vita quotidiana in epoca preclassica.

Le aree periferiche, lontane da piazze e templi, possono rivelare ulteriori dettagli sulle origini dei Maya. Inomata ritiene che le zone residenziali e rurali siano particolarmente importanti da questo punto di vista.

Attorno al 1000 a.C. i gruppi nomadi antenati dei Maya iniziarono a erigere aree rituali. "Anziché cominciare con un insediamento", dice Inomata, "partivano creando un centro cerimoniale". Un sistema che potrebbe essere stato mutuato dalla popolazione che in seguito fondò La Venta.

Anche un mutamento radicale in campo agricolo potrebbe aver giocato un ruolo chiave nel passaggio a uno stile di vita più stabile. Il mais, la coltura principale dei Maya, "divenne molto più produttivo, e ciò avrebbe dato maggior senso a deforestare delle aree per dare maggior spazio all'agricoltura", spiega Inomata. Secondo lo studioso, questa rivoluzione agricola potrebbe aver a sua volta avuto origine da un mutamento genetico nella pianta stessa. Ma questa ipotesi, come molte altre che circondano la nascita della civiltà Maya, andrà supportata da futuri ritrovamenti archeologici.


http://www.nationalgeographic.it/popoli ... 31952/?rss


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MessaggioInviato: 18/05/2013, 19:39 
Ritrovata dagli archeologi la mitica Ciudad Blanca (la Città Bianca). Secondo la leggenda tramandata dalle popolazione honduregne, la perduta Città Bianca era splendente e piena di ricche statue in oro massiccio.

Inoltre, la tradizione vuole che fosse il luogo di nascita del dio Quetzalcoatl, il 'serpente piumato' azteco conosciuto come inventore dei libri e del calendario, come colui che donò il mais al genere umano civilizzatore, secondo il Progetto Atlanticus, dei popoli sudamericani post-diluviani.

Ma se la città in oggetto vide i natali del dio Quetzalcoatl, viene naturale chiedersi chi l'abbia costruita... Progetto Atlanticus ha una teoria: qualcosa che ha a che fare con Atlantide e l'età dell'oro.

Gli archeologi trovano la perduta 'Ciudad Blanca', la città natale di Quetzalcoatl

Steven Elkins e Bill Benenson, due ricercatori dell'Università di Houston e del Centro Nazionale Airborne Laser per la Mappatura (NCALM), l'anno scorso annunciarono la scoperta di possibili rovine di un'antica città perduta nella regione di Mosquitia, in Honduras.

Ora , grazie a nuove immagini ottenute dalla scansione radar dell'area, i ricercatori pensano di aver ottenuto la conferma della scoperta fatta un anno fa nella fitta giungla del Centro America.

Ma ciò che entusiasma i ricercatori è che la conferma ottenute dalle immagini radar potrebbe riguardare le rovine della leggendaria 'Ciudad Blanca' o 'Città Bianca', una metropoli leggendaria di cui si ha notizia fin dai tempi dei conquistadores spagnoli, ma che non ha mai trovato conferma archeologica.

Secondo la leggenda tramandata dalle popolazione honduregne, la perduta Città Bianca era splendente e piena di ricche statue in oro massiccio. Inoltre, la tradizione vuole che fosse il luogo di nascita del dio Quetzalcoatl, il 'serpente piumato' azteco conosciuto come inventore dei libri e del calendario, come colui che donò il mais al genere umano e, a volte, è stato anche considerato il simbolo della morte e della resurrezione.

La scoperta dei due archeologi sta per svelare importanti informazioni sulla storia passata del genere umano?

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Secondo la leggenda, la Ciudad Blanca era una vera e propria miniera d'oro, e proprio per questo è stata il sogno e il tormento dei conquistadores, a partire da Hernando Cortes che ne fa menzione in una lettera del 1526 indirizzata al re Carlo V di Spagna, e di numerosi avventurieri in cerca di tesori perduti.

L'origine della leggenda non è chiara; alcuni sostengono che essa sia nata in seno al tempo della Conquista Spagnola, mentre altri sostengono che essa provenga dalle tradizioni orali degli indigeni Pech e del popolo Tawahka.

Nel corso degli anni, una serie di spedizioni, un mix tra caccia al tesoro e ricerca scientifica, hanno offerto risultati che hanno alimentato la leggenda della città perduta. Tuttavia, ad oggi vi è una forte polemica nella comunità scientifica per quanto riguarda la veridicità della leggenda.

Una delle prime esplorazioni documentate è stata quella organizzata nel 1933 dall'archeologo William Ducan Strong per lo Smithsonian Institution. Nel suo diario, l'esploratore registrò la presenza di molti tumuli sulle rive del Rio Patuca e su quelle del Rio Conquirre.

Nello stesso anno della spedizione di Strong, il professore honduregno Jesus Aguilar Paz completava e pubblicava la prima mappatura completa dell'Honduras, sulla quale riportava la presenza di numerosi resti archeologici nella regione di Mosquitia.

Per una nuova spedizione rilevante bisogna aspettare il 1975, quando il dottor David Zink e il dottor Edquin Shook si recarono nella foresta pluviale con un troupe televisiva al seguito. La spedizione rilevò la presenza di tumuli nella regione di Mosquitia, portando alla luce diversi monoliti di pietra.

Dal 1980 in poi, diversi archeologi come George Hasemann, Gloria Lara Pinto e Chris Begley hanno esplorato la zona documentando centinaia di siti, tra cui 'Crucitas del Rio Aner', uno dei siti archeologici più grandi documentati nella giungla di Mosquitia.

Come riporta Discovery News, ispirato dalle leggende e dalle scoperte, l'archeologo e regista Steven Elkins si è messo di buona lena alla ricerca di fondi privati per finanziare l'utilizzo delle apparecchiature del NCALM, in particolare del LiDAR, così da effettuare una mappatura laser del suolo della foresta pluviale della Mosquitia.

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Nel corso di un'intera settimana, i ricercatori hanno scandagliato più di 60 chilometri quadrati di foresta, sorvolando l'area a bordo di un Cessna a doppio motore. Le immagini realizzate con il LiDAR hanno permesso ai ricercatori di 'vedere' il suolo delle giungla, rilevando i segni di quelli che sembrano antichi insediamenti umani.

Le scansioni mostrano la presenza di una pendenza artificiale che potrebbe essere la piazza di un'antica città circondata da piramidi divorate dalla vegetazione. I ricercatori pensano di aver individuato anche quelle che sembrano essere canali, strade, edifici e terreni agricoli terrazzati. Le immagini sono state presentate il 15 maggio 2013 nel corso del meeting annuale dell'American Geophysical Union.

Qesta è la prima volta che il LiDAR è stato utilizzato nell'ambito della ricerca archeologica. Se confermata, la scoperta della 'Ciudad Blanca' potrebbe essere paragonata a quella del sito di Machu Picchu, l'antica città peruviana rimasta nascosta per centinaia di anni e scoperta accidentalmente solo nel 1911.

'Ciudad Blanca' ha un ruolo centrale nella mitologia mesoamericana. Secondo la tradizione azteca, è il luogo di nascita del dio Quetzalcoatl. I racconti parlano di meravigliosi idoli d'oro e di straordinarie sculture realizzate in pietra bianca finemente scolpita.

Sebbene la notizia dei risultati incoraggianti abbia entusiasmato il presidente dell'Honduras Porfirio Lobo, ora è necessaria una spedizione sui luoghi della scoperta, che secondo gli archeologi potrebbe partire già quest'anno.

L'identificazione positiva della leggendaria 'Ciudad Blanca' potrebbe riaccendere la speranza di poter trovare anche 'El Dorado', l'altra mitica città perduta della tradizione del Centro America.

http://ilnavigatorecurioso.myblog.it/ar ... Curioso%29


Ultima modifica di Atlanticus81 il 18/05/2013, 19:40, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 07/08/2013, 02:57 
Dobbiamo pensare che non tutta l'umanità fosse a conoscenza della presenza delle tecnologie antidiluviane.

Egizi, Sumeri, Maya, Valle dell'Indo, etc.etc. furono fortunati ad essere 'selezionati' dagli Elohim/Anunnaki dopo il Diluvio Universale per guidare la Rinascita.

Altri popoli meno fortunati rimasero per così dire indietro, allo stato preistorico di raccoglitori/cacciatori, mentre le altre culture prosperavano.

http://www.segretiemisteri.com/?p=7800

Quali furono le 'nazioni' scelte dagli Elohim per dare il via alla "Rinascita" post-diluviane? Secondo le nostre teorie possiamo individuare facilmente tra queste i Sumeri, gli Egizi, molte (ma non tutte) tribù della zona mesopotamica, della valle dell'Indo, alcuni popoli del mesoamerica (Olmechi, Toltechi) etc.etc. che poi tramandarono le conoscenze acquisite e trasferite dai 'maestri' dell'età dell'oro ai loro discendenti e alle culture che entrarono in contatto con esse (in occidente pensiamo ai Greci e di conseguenza ai Romani).

Ma per esempio che dire dell'Africa, del Nord America, dell'Australia, delle rimanenti tribù della mesopotamia, di buona parte dell'Europa e del continente nord-asiatico?

Troppe tribù e troppi pochi Elohim chiamati per guidarle.. Fu necessaria una rigida selezione fin dal principio.

Ecco perché abbiamo alcune civiltà che sembrano avere maggiore famigliarità con tecnologie e saperi antidiluviani, con l'esoterismo e con sistemi socio-culturali complessi e all'avanguardia (Sumeri) e altre ad esse contemporanee che invece evidenziano caratteristiche socio-culturali più preistoriche di altre.



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MessaggioInviato: 07/08/2013, 04:10 
Che i popoli aborigeni abbiano avuto contatti direi che è innegabile visto il loro retaggio culturale nonché le loro pitture.

Penso anche ai Dogon in Africa che potrebbero essere una costola dell'antico Egitto giunta fino a noi o agli indiano Hopi e Pueblo (ottimo il loro tabacco ^_^) in nord america. Bene o male i loro miti sono tutti uguali quindi uan qualche influenza deve esserci stata se non diretta quanto meno di striscio...

C'è da chiedersi s le modalità di approccio degli Elohim fossero STANDARDIZZATE (o per meglio dire protocollate) o si lasciava libera iniziativa.

Dal mio punto di vista una sorta di linea comune doveva esserci, anche perchè in alcuni passi del Deuteronomio si parla di una riunione degli Elohim in cui il loro superiore l'EL li sprona ad usare leggi più giuste e li riporta con i piedi per terra ricordandogli che seppur superiori tecnicamente anche essi sono mortali e quindi secondo me gli fa capire indirettamente di non montarsi la testa perchè nonostante gli Adam li reputino delle divinità essi non lo sono affatto. Di tali riunioni si parla anche nei testi sacri indù ove è scritto che tali divinità si incontravano su un grande isola al largo dell'india...

C'è da chiedersi che ruolo abbiano avuto in europa tali Elohim se consideriamo la presunta presenza delle enormi piramidi in Bosnia nonché le leggende legate alla cultura sarda legata ai giganti i quali a quanto pare erano molto osteggiati dagli Elohim, o quanto meno dal più famoso di loro e cioè l'amico YHWH...

Insomma i buchi neri sono ovunque e purtroppo l'indottrinamento teologico e culturale non fa altro che ampliare questi buchi neri avendo disperso tradizioni orali e testi scritti (basti pensare ai roghi spagnoli dei testi centro-sud americani) che mai più verranno recuperati e con essi la nostra storia.

Volendo analizzare in maniera sommaria quanto emerge direi che si è trattato di una sorta di "conquista del West" senza leggi scritte ma solo pratiche dettate dalla cultura comune di questi soggetti che poi ha subito derive soggettive a seconda dell'Elohim di riferimento. Dopotutto anche loro dovevano avere personalità, ambizioni e qualità diverse che magari si riflette in maniera specifica nelle peculiarità delle varie aree di influenza..


Ultima modifica di MaxpoweR il 07/08/2013, 04:11, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 07/08/2013, 13:44 
Un esempio di Rinascita post-diluviana in Australia...

I Wandjina gli spiriti delle nuvole australiani

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Con il termine Aborigeni Australiani, si identifica l’insieme delle popolazioni (tribù) autoctone dell’Australia, ovvero i discendenti di coloro che, circa 60.000 anni fa giunsero in quel continente, anche se questa data è ancora molto discussa tra gli archeologi. Quello che più ci interessa ai fini di questo articolo, nonostante la loro storia sia un argomento non privo di importanti episodi, è il complesso di credenze, miti e raffigurazioni che riguardano un antico passato, un periodo nel quale si affaccia prepotente l’idea di una interazione con esseri provenienti dalle stelle. Quest’ultimo termine, diventato quasi un luogo comune quando ci si interessa di culture che riportano avvenimenti vicini all’ipotesi extraterrestre, è in questo caso perfettamente aderente alle tradizioni di coloro che vengono spesso indicati come i primi abitanti del pianeta terra.

Per quanto possa sembrare impossibile, vi sono cose in Australia che non trovano una possibile spiegazione, cose che rendono questa terra, o comunque gran parte di essa, un mondo a parte, che è possibile osservare e recepire soltanto se ci si pone in uno stato introspettivo, liberandosi dai preconcetti. Sognando il cielo: il cosmo secondo gli aborigeni australiani

Le tribù aborigene erano estremamente affascinate dal cosmo, dalla misurazione del tempo e dai fenomeni astronomici. Grandi osservatori, grazie alle loro conoscenze rigorosamente tramandate oralmente da generazione in generazione, misero a punto un complesso calendario stagionale.

Diversamente dai primi viaggiatori Europei, gli Aborigeni Australiani non si orientavano con le stelle, anche se certamente le conoscenze astronomiche furono usate per pronosticare correlazioni con gli eventi naturali importanti per la sopravvivenza del gruppo (come la reperibilità di un particolare cibo o il cambiamento delle condizioni del tempo). Come molte culture primitive, gli Aborigeni vedevano nel sorgere eliaco di una stella brillante o di una costellazione, una indicazione di eventi stagionali. L’apparizione di Arturo all’alba suggerisce agli Aborigeni di Arnhem Land di iniziare la raccolta del giunco per la costruzione delle trappole per i pesci e per i cesti. Nella regione di Mallee nel West Victoria, il sorgere eliaco di Arturo era identificato con l’arrivo di Marpeankurrk, un eroe ancestrale che mostrava loro dove trovare le pupe delle termiti, una importante fonte di cibo durante agosto e settembre.

Molto importante per la sopravvivenza delle tribù era il senso di identità. Questo era basato sulla trasmissione delle credenze attraverso le generazioni per mezzo di danze e canti rituali. Queste rappresentazioni tramandavano come lo Spirito Ancestrale creò il mondo naturale in un lontano passato. Le leggende associate sono essenzialmente metafore che integrano le cose sconosciute in relazione con le cose familiari. Le seguenti storie rappresentano un piccolo esempio dei diversi miti aborigeni associati in questa misteriosa arena Cielo-Terra. Essi esemplificano l’intima relazione di questi popoli con la natura.

Il Sole e la Luna

Il Sole è una sfera luminosa di idrogeno ed elio, del diametro di 1,4 milioni di chilometri e con una massa pari a 745 volte quella di tutti i pianeti del Sistema Solare messi assieme. Anche se sembra una cosa enorme, è in fondo una stella modesta a metà della sua vita, che terminerà tra 5 miliardi di anni, andando a formare una struttura denominata nebulosa planetaria. Nel Nucleo dove hanno luogo le reazioni nucleari che producono energia, si calcola che la temperatura sia di circa 15 milioni di gradi; ma ciò che noi vediamo è la Fotosfera, la quale è costituita da gas ribollenti alla temperatura di 5.500 °C.

Tra gli Aborigeni il Sole era visto come una donna che si svegliava ogni giorno nel suo accampamento a est, accendeva un fuoco, e preparava la torcia di corteccia che avrebbe portato attraverso il cielo. Prima di esporsi, lei amava decorarsi con ocra rossa, la quale, essendo una polvere molto fine, veniva dispersa anche sulle nuvole intorno, colorandole di rosso, (l’alba). Una volta raggiunto l’ovest, rinnovava il trucco, colorando ancora di giallo e rosso le nuvole nel cielo (il tramonto). Poi la Donna-Sole cominciava un lungo viaggio sotterraneo per raggiungere nuovamente il suo campo nell’est. Durante questo viaggio sotterraneo il calore della torcia induceva le piante a crescere.

La Luna, al contrario, era considerato un uomo. A causa dell’associazione del ciclo lunare con il ciclo mestruale femminile, la Luna fu collegata con la fertilità e fu considerata come un simbolo altamente magico. Una eclisse di Sole era interpretata come l’unione tra la Luna-Uomo e il Sole-Donna.

Venere

Venere sembrava il gemello del nostro pianeta per le dimensioni, la densità e la poco diversa distanza dal Sole. Invece è un pianeta “caldo”, avvolto da un’atmosfera formata da anidride carbonica, la cui pressione è 90 volte superiore a quella della Terra e la cui temperatura può giungere a 480 °C. La sua superficie è spesso battuta da “acquazzoni” di acido solforico.

Venere, come stella del mattino, conosciuta dagli aborigeni come Barnumbir, era un importante segno per un popolo che si levava all’alba per accingersi alla caccia. Secondo la tradizione della Arnhem Land, Barnumbir aveva paura di annegare, così fu legata con un lungo laccio tenuto da due vecchie donne. La corda le impediva di salire troppo alta nel cielo e di annegare nel fiume della Via Lattea. All’alba le donne più vecchie la portavano in salvo in un cesto intrecciato.

Barnumbir è anche identificata con Bralgu, L’isola della morte dove, quando una persona muore, il suo spirito è condotto. Da qui la cerimonia della stella del mattino è una importante parte dei rituali funerari, dove Barnumbir è rappresentata da un totem, un tronco con un mazzetto di piume bianche e lunghe corde terminanti in più piccoli mazzetti di piume a suggerire i raggi di luce.

La Via Lattea

Il nostro Sole e tutte le stelle visibili nel cielo notturno fanno parte di una vasta aggregazione di stelle chiamata Galassia, o Via Lattea, nome derivato dalla leggenda di Era. È una galassia a spirale, con bracci, il cui diametro è di circa 100.000 anni luce (a.l.); noi ci troviamo in uno dei bracci di spirale, a 30.000 anni luce dal centro della Galassia. Vista dalla Terra appare come una debole banda luminosa che attraversa le notti limpide e buie.

La Via Lattea Rappresenta un fiume nel Mondo del Cielo, con tanto di pesci (le stelle brillanti) e di ninfee (le stelle più deboli). Essa è al centro di molte leggende regionali. Nella regione di Yirrkala, la Via Lattea era associata a due fratelli annegati mentre affrontavano il fiume in canoa. I loro corpi galleggianti appaiono come due macchie scure nella Via Lattea, a livello delle costellazioni del Serpente e del Sagittario; una linea di quattro stelle vicino ad Antares rappresentano la loro canoa.

Nel Queensland, la Via Lattea era associata con Priepriggie, un Orfeo degli antipodi, noto come cantante, ballerino e cacciatore. Un giorno, nel primo mattino, Priepriggie trovò un albero pieno di volpi volanti, scagliò la lancia trafiggendo il capobranco. Infuriate, le altre volpi volanti cacciarono Priepriggie in cielo. Sperando di richiamarlo indietro, il suo popolo cercò di cantare le sue canzoni ma sbagliavano sempre il ritmo. Poi sentirono una canzone provenire dal cielo, era Priepriggie che cantava e man mano che il ritmo diventava più forte e chiaro, le stelle cominciarono a danzare ordinandosi in una larga banda attraverso il cielo. Così la Via Lattea ricorda al popolo che il loro eroe deve essere celebrato con canti e danze tradizionali, in modo che l’ordine continui a prevalere.

Nell’Australia centrale la Via Lattea fu considerata dalle tribù vicine Aranda e Luritja come un genere di arbitrato celeste. Essa, in maniera molto ampia, marca la divisione tra la parte di cielo degli Aranda, a est, e il campo di cielo dei Luritja, a ovest, e, oltre a questo, essa contiene gli spiriti dei defunti di entrambe le tribù. Le stelle e le costellazioni all’interno della Via Lattea sono classificate conformemente a complesse regole di matrimonio e classi di parentela e rinforza l’universale importanza di esse.

La Croce del Sud

È una piccola costellazione del cielo, ma anche una delle più celebri a appariscenti. Essa era visibile anticamente dall’area mediterranea, sicché le sue stelle erano note agli astronomi greci; in seguito, la precessione degli equinozi l’ha resa invisibile da tali latitudini.

La Croce del Sud e i suoi due indicatori, a e b Centauri, sono al centro di diverse leggende regionali.

a e b Centauri e la costellazione della Croce del Sud.

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Dipinto rupestre (Mountford Collection, State Library of South Australia)a e b Centauri e la costellazione della Croce del Sud

Nella regione intorno a Caledon Bay, la Croce rappresenta una razza inseguita da uno squalo (i puntatori).

In un’altra regione le quattro brillanti stelle della Croce rappresentano due fratelli Wanamoumitja e i loro rispettivi fuochi da campo, mentre cucinano un grande pesce nero (la nebulosa Sacco di Carbone); i puntatori sono due amici Meirindilja venuti a condividere il pesce.

Un’altra leggenda relativa alla Croce del Sud riguarda la santità della vita degli animali e l’avvento della morte nel mondo. Il Grande Spirito, Baiame, creò due uomini e una donna. Egli insegnò loro di quali piante cibarsi ma gli vietò di uccidere gli animali. In seguito ad una siccità tutte le piante morirono e la donna sollecitava gli uomini ad uccidere gli animali per utilizzarli come cibo.

Uno degli uomini uccise un canguro ma l’altro si rifiutò di mangiare la creatura che Baiame aveva vietato loro di uccidere. Solo, nel deserto, quest’uomo cadde esausto ai piedi di un albero della gomma. Ma Yowi, lo spirito della morte, lo attirò all’interno dell’albero, disturbando due cacatua bianchi che stavano covando. In seguito l’intero albero si levò in cielo. Le quattro stelle brillanti sono gli occhi dell’uomo e di Yowi, mentre i due indicatori sono i cacatua che cercano di tornare al loro nido.

Orione e le Pleiadi

Infine, uno dei più diffusi cicli di miti concerne Orione e le Pleiadi.

Orione è senza dubbio la costellazione più brillante del cielo, piena di oggetti interessanti. L’imponenza di questa costellazione deriva in gran parte dal fatto che si trova in un’area di formazione stellare, in un vicino braccio della Galassia, con al centro la famosa Nebulosa di Orione (M 42), che rappresenta la spada pendente dalla sua cintura. Quest’ultima è formata da tre stelle brillanti allineate. Le sue stelle più brillanti sono Betelgeuse, supergigante rossa distante 310 a.l., e Rigel, supergigante bianco-azzurra distante 910 a.l.

Le Pleiadi sono l’ammasso stellare più brillante e famoso di tutto il cielo. Si trovano nel Toro e, ad occhio nudo, si possono vedere circa sette stelle, mentre con un binocolo, diverse decine. Dell’ammasso, che dista 450 a.l., fanno parte circa 250 stelle, immerse in una debole luminosità, residuo della nube da cui si sono formate, visibile solo nelle fotografie a lunga esposizione.

Nella mitologia greca, le Pleiadi erano sette sorelle, figlie di Atlante. Inseguite da Orione, esse furono mutate in colombe per poi volare in cielo, formando l’ammasso che porta il loro nome. La “sorella” meno visibile è Merope la quale, avendo sposato un mortale, si nasconde dalla vergogna.
Le leggende aborigene sono sorprendentemente simili. La maggior parte identifica le Pleiadi con un gruppo di giovani donne che fuggivano dagli indesiderati approcci di un cacciatore, il quale, in alcune versioni, fu evirato come punizione e avvertimento.

Tra i popoli che vivono nel Pitjantjatjara, nel Western Desert, il sorgere delle Pleiadi all’alba in autunno significa che l’annuale stagione degli amori tra i dingo è cominciata. Cerimonie di fertilità sono rappresentate qualche settimana più tardi, per le quali alcuni giovani cuccioli sono selezionati per la festa.

In accordo con la leggenda, le Kungkarungkara, le donne ancestrali, allevarono una muta di dingo per proteggersi da un uomo chiamato Njiru (Orione). Egli, malgrado i dingo, riuscì a rapire una delle ragazze (la Pleiade oscura) che morì, pur continuando a seguire le altre. Alla fine le sette donne assunsero la loro forma totemica di uccelli e volarono in cielo, ma, sfidando i loro dingo, Njiru le seguì anche attraverso il cielo.

Senza nessuno strumento tecnologico per controllare il loro ambiente, gli Aborigeni Australiani dipendevano completamente dal mondo naturale per sopravvivere. Non è sorprendente che il loro interesse per le stelle non era assorbito da eventi straordinari come supernovae o comete, ma dall’aspetto normale.

I Wandjina: gli spiriti delle nuvole

Come abbiamo potuto osservare, le leggende aborigene hanno umanizzato i fenomeni cosmologici associandoli con i comportamenti e le motivazioni del gruppo tribale.

Il sistema di credenze degli Aborigeni assolveva a tre importanti funzioni sociali:

- Produceva un livello di confidenza e prevedibilità circa il loro posto nell’universo, non come esseri superiori ma come compagni di tutto;

- Coltivava il rispetto sia per le cose inanimate che per le animate, siccome tutto condivide la stessa struttura spirituale, seguendo la tradizione del Mondo del Sogno;

- Inoltre esso provvede un supporto per i costumi tribali, riti e alla moralità come queste sono riflesse e decretate nel Mondo del Cielo.

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La differenza più radicale tra le credenze che sono alla base di questi miti e le basi materialistiche della scienza occidentale concerne nella relazione tra l’osservatore e gli eventi naturali. All’interno della struttura della scienza Newtoniana l’osservatore è considerato indipendente dagli eventi, i quali sono, si suppone, inalterati dal processo di osservazione. Gli Aborigeni, invece, vedono sé stessi come parte integrale nel processo naturale, sia essi terrestre o celestiale. Essendo una delle pochissime culture che non ha un mito equivalente all’espulsione dall’Eden, questi popoli credono che, attraverso il loro Grande Antenato, essi sono cocreatori del mondo naturale e non ne sono mai stati alienati. Da ciò ci sono necessari parallelismi tra gli eventi del cielo con quelli della Terra, e con ciò che si sviluppa nella cultura umana.

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Chi capitasse dalle parti di Bigge Island, nell’Australia occidentale, potrebbe imbattersi in strane creature come queste. Occhi grandi, naso adunco, un’aura misteriosa attorno alla testa e, soprattutto, niente bocca: è questo l’aspetto delle divinità primitive – i “Wandjina” – che un bel giorno, seguendo il “sogno” di creazione, plasmarono il mondo e tutti gli esseri viventi. Almeno così credevano gli aborigeni australiani che le dipinsero sulle pareti di alcune grotte della zona.

Non è ancora del tutto chiaro a quale periodo risalgano queste pitture, ma molti dei rilievi archeologici effettuati finora fanno pensare a un periodo compreso tra i 50 mila e i 40 mila anni fa.

I Wandjina, che tradotto letteralmente significa “il Tutto”, vissero in un tempo chiamato “dei genitori” durante il quale queste “entità” non avevano una forma ben definita, pur essendo comunque di enormi proporzioni. Il loro principale compito fu quello di insegnare “le leggi, i precetti e le regole di comportamento”, all’uomo, oltre ad introdurre i rituali e le pratiche cerimoniali ancora oggi in uso presso le varie tribù.

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Importante osservare come le tribù indigene riconoscano in queste raffigurazioni le loro divinità Gli Spiriti nelle Nuvole, spesso raffigurati in sequenza di figure umane stilizzate insieme a rappresentazioni nuvolose. Questa dualità di forme antropomorfe è molto diffusa nelle culture primitive, è possibile osservarla, per esempio, nei racconti biblici narrati nel Libro dell’Esodo.

Djamar e Tjurunga

Alcune tribù Aborigene, ad esempio, raccontano di Djamar; un essere venuto dalle nuvole e disceso sulle loro terre sopra Tjurunga, “la tonante” un oggetto luminescente e molto rumoroso.

Rappresentazione artistica in chiave moderna di Djamar

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Ancora oggi, si racconta che la presenza di Djamar sia preceduta da un forte vento, generato secondo queste popolazioni proprio dal suo mezzo di trasporto. A riprova della veridicità del loro racconto, gli Aborigeni mostrano le colline circostanti sulle quali non cresce più alcuna pianta, danni permanenti (secondo loro) provocati dall’atterraggio di Djamar.

Droghe, rapimenti, morte e ressurrezione

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Altra tradizione “sospetta”, è quella che parla degli “uomini intelligenti” o uomini di alto grado e delle loro ascensioni celesti. Si tratta degli sciamani aborigeni, i cui rituali di iniziazione mostrano un sorprendente parallelismo con la descrizione dei moderni casi di Abduction; lo stesso dicasi per il rituale di “morte e resurrezione”, durante i quali, al risveglio dallo stato estatico, il candidato racconta di un meraviglioso mondo celeste, e tutti i soggetti, anche se appartenenti a tribù diverse e non in contatto tra loro, descrivono lo stesso scenario.

Riassumendo abbiamo: stato di estasi (rapimento da parte degli Dei celesti), rimozione rituale di parti del corpo (esperimenti sulle vittime dei moderni rapimenti), salite aeree e viaggi in strani mondi (descrizione delle astronavi da parte dei rapiti), trasformazione personale (esperienze mistiche dei rapiti).

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Per quanto queste analogie possano apparire stravaganti e tutte da verificare e bene sapere che, in quelle regioni cresceva e tutt’ora cresce una pianta, sconosciuta ai primi coloni per la reticenza degli stessi aborigeni nel mostrare e far conoscere il loro strumento di contatto con il divino, collegata ai loro riti cerimoniali che ci fa pensare molto: la pianta in questione si chiama Dubiosa hopwoodii, appartenente a un genere di solenacee che solitamente producono alcaloidi tropanici allucinogeni del gruppo dell’atropina e scopolamina.

La Duboisia Hopwoodii è un arbusto autoctono delle regioni aride dell’entroterra australiano. Altri arbusti dalle simili proprietà sono il pituri (meglio conosciuto come Pitchuri Thornapple o Pitcheri). E’ un arbusto a basso fusto e solitamente cresce tra 1 e 3 metri di altezza e possiede lunghe foglie strette. I fiori solitamente bianchi, a seconda delle varianti possono assumere altre sfumature, che possono variare dal rosa al viola. Questi arbusti compaiono tra giugno e novembre, in annate favorevoli possono generare grandi quantità di bacche tondeggianti (commestibili ma se assunte in grandi quantità possono diventare allucinogene) dalla colorazione violacea, dal diametro che varia da 3 a 6 mm.

In questa pianta le sostanze psicoattive maggiormente presenti si trovano nelle radici, mentre le parti aeree e le bacche della pianta producono elevate quantità di nicotina e d-nor-nicotina (quest’ultima dagli effetti quattro volte più potenti della nicotina).

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Gli aborigeni fumavano la parte superiore della pianta e con l’estratto delle radici ottenevano una droga immessa volontariamente nelle pozze d’acqua per narcotizzare gli animali che dopo essersi abbeverati potevano catturarli con facilità. Abbiamo anche trovato notizie di un’altra pianta dalle particolarità psicoattive ed allucinogene, chiamata “Pituri” che veniva utilizzata dagli uomini del clan, veniva masticata durante le cerimonie sacre o per alleviare le fatiche dovute da un lungo viaggio.

Non trovando nessuna risposta definitiva, sembra logico pensare che queste popolazioni oltre ad avre una spiccata predisposizione per gli studi astronomici avessero anche ferrate conoscenze botaniche, in modo particolare riguardo le piante psicoattive.

E’ accettabile ricollocare “I signori delle nuvole” nella categoria dei viaggi psichedelici generati dagli allucinogeni?

Questi viaggi che tanto hanno influito le culture australiane, hanno senza dubbio rafforzato la loro idea di divino. Quell’ispirazioni che forse sono le madri delle pitture rupestri su cui ancora oggi ci interroghiamo.

Ipotesi extraterrestre? fantasia? anche se a primo impatto le maggiori somiglianze riscontrate sono quelle con gli antichi e moderni racconti riguardanti l’interazione con il nostro pianeta di esseri provenienti dallo spazio; per quanto questa ipotesi possa apparire subdola, ed essere etichettata come il solito argomento sensazionalistico portato avanti da ricercatori fantasiosi in campo ufologico, esistono alcuni fatti che, ad oggi, non trovano alcuna spiegazione plausibile se non quella appena citata.

Per saperne di più:http://www.brolgahealingjourneys.com

http://www.invasionealiena.com/misteri/ ... teri/1076-


Ultima modifica di Atlanticus81 il 07/08/2013, 13:46, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 07/08/2013, 14:03 
Cita:
Ancora oggi, si racconta che la presenza di Djamar sia preceduta da un forte vento, generato secondo queste popolazioni proprio dal suo mezzo di trasporto.


Incredibilmente anche il termine col quale si indica la grazia di dio nella bibbia il Khevod in realtà descrive un oggetto pesante che smuove l'aria al suo passaggio... Curiosa coincidenza ^_^


Ultima modifica di MaxpoweR il 07/08/2013, 14:04, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 08/08/2013, 17:38 
Mi sembrava un buon posto questo dove caricare l'ultimo articolo scritto nell'ambito del Progetto Atlanticus [;)]

I Comandamenti degli Elohim

Ogni individuo, ogni popolo, ogni cultura, ogni nazione, sente la necessità di definire la propria morale e regolamentare la propria società attraverso un corpo di leggi imperative, di usi e costumi e di consuetudini atte a consentire la possibilità della sopravvivenza del singolo e della collettività.

Il primo tentativo in tal senso, o meglio il primo conosciuto storicamente è il Codice di Hammurabi, scoperto dall'archeologo francese Jacques de Morgan nell'inverno 1901-1902 fra le rovine della città di Susa, è una fra le più antiche raccolte di leggi. Si conoscono altre raccolte di leggi promulgate da re sumerici e accadici, ma non sono così ampie ed organiche. Venne stilato durante il regno del re babilonese Hammurabi (o Hammu-Rapi), che regnò dal 1792 al 1750 a.C., secondo la cronologia media. Le disposizioni di legge contenute nel Codice sono precedute da un prologo nel quale il sovrano si presenta come rispettoso della divinitá, distruttore degli empi e portatore di pace e di giustizia. Il codice fa un larghissimo uso della Legge del taglione, ben nota nel mondo giudaico-cristiano per essere anche alla base della legge del profeta biblico Mosè. Per fortuna da quel tempo le società umane hanno avuto il tempo di evolversi superando gli ovvi limiti del codice di Hammurabi.

E’ il senso di tutti i sistemi legislativi e di governo di tutte le nazioni del mondo, compresa la nostra carta costituzionale e l’insieme di leggi che nel corso della storia hanno concorso a realizzare il sistema di diritto nazionale, come in Italia così in tutti gli altri paesi europei e oltre.

Ma prima ancora delle carte costituzionali, delle dichiarazioni di indipendenza e degli altri sommi documenti costitutivi di una nazione esistono delle leggi fondamentali, supreme, intrinseche e proprie dell’essere che valgono come punti di riferimento universali per gli uomini e le donne di quella specifica cultura.

Poche semplici regole di comportamento, tramandate da millenni che ormai fanno parte di noi senza che ce ne rendiamo più nemmeno conto. Norme e usi universali abbiamo detto, ma al tempo stesso specifiche per la cultura che le ha realizzate. Osserveremo di seguito che queste, seppur orientate tutte all’elevazione spirituale dell’Uomo, possono infatti differire anche notevolmente tra di loro in funzione del retaggio culturale da cui sono scaturite. Chi si concentra di più sulle relazioni Uomo-Uomo, chi tra il rapporto Uomo-Natura, chi addirittura Uomo-Anima.

I nativi indiani d’America, prima dello sterminio fisico e culturale, dei migranti dell’ultimo millennio, sono stati forse uno dei popoli più saggi mai evoluti sulla terra, e questo, grazie proprio alla loro comunione con la natura. Questo ha dato loro la saggezza e l’umiltà per scoprire le regole di giusto comportamento senza le quali non possiamo vivere una vita in armoniosa sulla terra.

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Quindi non leggi imposte dall’esterno, ma da una profonda autoregolamentazione imprescindibile per vivere, di cui ne presentiamo una sintesi:

- La Terra è la nostra Madre, abbi cura di Lei.

- Onora e rispetta tutti i tuoi parenti.

- Apri il tuo cuore ed il tuo Spirito al Grande Spirito.

- Tutta la vita è sacra, tratta tutti gli esseri con rispetto.

- Prendi dalla Terra solo ciò che è necessario e niente di più.

- Fai ciò che bisogna fare per il bene di tutti.

- Ringrazia costantemente il Grande Spirito per ogni giorno nuovo.

- Devi dire sempre la verità, ma soltanto per il bene degli altri.

- Segui i ritmi della natura, alzati e ritirati con il sole.

- Gioisci nel viaggio della vita senza lasciare orme.

In oriente prevale l’influenza delle grandi religioni induista e buddista. Il Bushido (#27494;#22763;#36947; Bushid#333;, letteralmente «la via del guerriero») è un codice di condotta e un modo di vita – simile al concetto europeo di cavalleria e a quello romano del mos maiorum adottato dai samurai, cioè la casta guerriera in Giappone. Sebbene risalga al 660 a.C., questo codice fu citato per la prima volta nel K#333;y#333; Gunkan (1616) e messo organicamente per iscritto, in seguito, da Tsuramoto Tashiro, che raccolse le regole del monaco-samuraiYamamoto Tsunetomo (1659 – 1719) nel noto testo Hagakure.

Ispirato alle dottrine del buddhismo e del confucianesimo adattate alla casta dei guerrieri, il Bushido esigeva il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, pietà, dovere e onore, i quali dovevano essere perseguiti fino alla morte.

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Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

In: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. è diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una.

Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini.

Makoto o Shin: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.

Il Buddhismo o Buddismo è una delle religioni più antiche e più diffuse al mondo. Originato dagli insegnamenti di Siddhartha Gautama, comunemente si compendia nelle dottrine fondate sulle Quattro nobili verità.

Con il termine Buddismo si indica più in generale l'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato. Sorto nel VI secolo a.C. come disciplina spirituale assunse nei secoli successivi i caratteri di dottrina filosofica e di religione "ateistica".

All'origine ed a fondamento del Buddhismo troviamo le Quattro nobili verità. Si narra che il Buddha, meditando sotto l'albero della bodhi, le comprese nel momento del proprio risveglio spirituale.

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A sx Monaco buddhista in meditazione nel Wat Mahathat (Sukhothai,Thailandia). A dx Proselitismo buddhista al tempo del re Athoka (260-218 a.C.), così come descritto dai suoi editti.

Ora vediamo i dieci comandamenti secondo la Sacra Bibbia, la Parola di Dio, secondo i credenti cristiani. Esodo 20:2-17:

1) "Io sono il Signore, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me.

2) Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

3) Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.

4) Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo.

5) Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.

6) Non uccidere.

7) Non commettere adulterio.

8) Non rubare.

9) Non attestare il falso contro il tuo prossimo.

10) Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo"

Quello che non tutti forse conoscono è che i dieci comandamenti traggono ispirazione diretta da una fonte ancora più antica: il Libro dei Morti. Il Libro dei Morti (o più propriamente I capitoli del giorno che viene) era il testo funerario sacro per gli antichi egizi pieno di formule e invocazioni per accedere all'altra vita.

Il Libro dei Morti veniva sempre sepolto insieme al defunto, così da averlo con se, oppure veniva direttamente disegnato all'interno del sarcofago. Una cosa è certa, mai un'anima avrebbe vagato nell'aldilà senza questo importantissimo aiuto!

Il Libro dei Morti è una raccolta di testi funerari di varia natura, che si diffondono a partire dal Nuovo Regno e che gli Egizi chiamavano: "Formule per uscire nel giorno". I diversi capitoli sono introdotti da un titolo e spesso vengono accompagnati da scene. Fondamentalmente il Libro dei Morti è una sorta di manuale da portarsi appresso nel lungo e difficile cammino nell'aldilà fino a giungere al cospetto di Osiride. Infatti, dopo morti, non si giungeva subito al Paradiso o all'Inferno, ma bisognava affrontare una serie di ulteriori prove che, senza questo libro in aiuto, era quasi impossibile superare. Infatti quasi tutti i sarcofagi vennero internamente dipinti con il Libro dei Morti, o, in alternativa, il papiro veniva posizionato accanto alla mummia del defunto. Lo scopo del testo è per l'appunto, il conseguimento di spirito eletto al quale si giunge attraverso un percorso disseminato di pericoli e insidie, che si possono superare solo conoscendo e recitando le formule magiche appropriate.

Al termine del viaggio si giunge alla prova finale, il giudizio davanti al tribunale di Osiride che rappresenta il momento cruciale per conseguire la piena sopravvivenza ed essere accolto in Paradiso, tra gli dèi. Il defunto viene accompagnato per mano da Anubi di fronte a 42 dei che gli chiedono di confessare 42 peccati terreni. Dopo che il defunto confessa di essere totalmente innocente e di non averne mai compiuto neppure uno, il dio con la testa di sciacallo, posiziona il suo cuore sulla bilancia insieme alla piuma di Maat (la verità). Toth, che ha come testa un ibis, dio della scrittura e della conoscenza, segna su di un papiro il risultato (che guarda caso viene rappresentato sempre positivo! Si tendeva così a portar fortuna...), se il cuore è più leggero della piuma, allora l'anima è pura e Horus, con la testa di falco lo condurrà per mano di fronte a Osiride che, accompagnato dalle mogli e sorelle Iside e Nephtis, lo accoglierà nei cielo. Se invece il cuore pesa più della piuma, allora sarà divorato dal mostro Ammut.

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Il tema della "pesatura delle anime" viene ripresa a volte anche dall'iconografia cristiana e viene chiamata "PSICOSTASI". Al posto di Osiride, Iside e tutti gli altri dei abbiamo la seguente raffigurazione: sulla bilancia si trovano due anime, sottoposte a giudizio al momento del trapasso. Il Bene (rappresentato dall’Arcangelo Michele con la spada sguainata) e il Male (rappresentato dal demonio alato) sorreggono la bilancia e si contendono le anime, il che ci riporta alla tesi del documentario Zeitgeist che la religione cristiana affonda le proprie radici nei culti pagani egizi.

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Sembra che il Libro dei Morti sia nato in epoche ancora più antiche rispetto al periodo arcaico delle prime dinastie.

Secondo Wallis Budge la fonte primaria del libro non è di origine Egiziana poichè l’opera, anche nella più antica Recensione, contiene insegnamenti e cognizioni talmente elaborate e sottili non ascrivibili agli indigeni dell’epoca ma sono da ascrivere probabilmente ad una precedente civiltà molto evoluta. In questo Libro ho trovato molto interessante la Confessione Negativa, composta di oltre quarantadue "confessioni" di comportamenti, che il defunto doveva affermare davanti al giudice Supremo Osiride ed ad altri 42 Dei minori invocati come "Signori di Verità e Giustizia". Tali dichiarazioni al negativo ricordano i Dieci Comandamenti, ma a mio avviso alcune sono molto più profonde e presuppongono un alto contenuto di civiltà e saggezza che noi non abbiamo ancora raggiunto. Ne elenco alcune e giudicate voi:

Non ho fatto piangere nessuno
Non ho ostacolato la Verità
Non ho terrorizzato nessuno
Non ho commesso iniquità contro gli uomini
Non ho maltrattato i sottoposti
Non ho maltrattato gli animali
Non ho cercato di conoscere ciò che non si deve .
Non ho calunniato
Non ho affamato nessuno
Non mi sono arrabbiato senza giusta causa
Non sono stato ingiusto
Non ho esagerato con le mie parole
Non ho agito con arroganza
Non ho agito con odio

Poi vi sono altre confessioni tipo Non ho ucciso, Non ho bestemmiato, Non ho rubato ecc che sappiamo bene sono ripresi anche dalla religione cristiana con i Dieci Comandamenti. Ricordiamoci che, secondo la tradizione Mosè, era stato educato alla corte dei Faraoni.

Si può notare come per gli antichi Egiziani sia altissimo il senso della Giustizia e fondamentale la conseguente ricerca della Verità per questo invocavano i loro Dei come "Signori di Verità e Giustizia" . Per loro il mondo non era vivibile se non veniva sconfitta l'ingiustizia e ricercata la verità. Nei Testi delle Piramidi è detto: "Dì ciò che è, non dire ciò che non è, l'abominio di Dio è la falsità della parola".

Il più sublime "Comandamento" tra quelli riportati sopra, penso, sia Non ho fatto piangere nessuno! Che equivale più o meno al messaggio cristiano dell’ama il prossimo tuo come te stesso e il “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” che furono dimenticati nella stesura dei dieci comandamenti di matrice ebraica e che Gesù Cristo venne sostanzialmente a integrare diversi secoli dopo.

Possibile che Yahweh, se davvero si trattava del dio trascendente creatore dell’intero creato, si sia dimenticato di alcune leggi universali? Possibile che non si interessasse di questi aspetti? La domanda è ovviamente retorica. Le risposte possono essere trovate nello studio dei cosiddetti vangeli gnostici, ma non è argomento di oggi, almeno non del tutto.

Nel passato, in momenti di crisi delle loro società, eminenti personaggi come Erodoto, Pitagora, Platone, Plutarco, Apuleio ecc hanno cercato un messaggio di verità e certezza nella civiltà e società Egizia che ancora era presente. Oggi, dopo oltre duemila anni, in una società che ha perso ancora di più tutti gli antichi valori, moltitudini di persone, forse anche inconsciamente, si rivolgano, sempre più numerosi, alle antiche civiltà, soprattutto quella egiziana, per trovare delle certezze. Una civiltà che, prima distrutta dalle legioni romane e poi sepolta dalle nuove Religioni, mantiene ancora intatti i sui valori universali che si riassumano in due parole: Verità e Giustizia.

Più ci si addentra nello studio di questa civiltà così perfetta, più ci si rende conto di quanta falsità, voluta, pervada la nostra società. Una cosa ci inquieta e ci resta da capire: come poteva questa civiltà avere, fin dal suo albore, un senso della rettitudine così elevato? Chi aveva dato loro queste certezze?

Per capirlo dobbiamo tornare indietro di diversi secoli, quando dopo il Diluvio gli dei si riunirono in assemblea per decidere le sorti dell’Umanità sopravvissuta al terribile cataclisma. Durante questa assemblea gli dei si spartirono i territori e i popoli sopravvissuti di modo da poter ricostruire nei millenni a venire nazioni prosperose sul piano tecnologico e culturale così come lo erano state quelle antidiluviane.

Una suddivisione territoriale originariamente nata a fin di bene pertanto, propedeutica al trasferimento di quelle conoscenze necessarie a guidare la “Rinascita” dell’Umanità dopo la tremenda catastrofe alla quale era stata sottoposta. Conoscenze riconducibili all’allevamento, all’agricoltura, alla metallurgia, e anche alla definizione di un sistema di norme destinato a regolamentare i rapporti Uomo-Natura-Stato-Anima a seconda dell’idea e della filosofia dell’Elohim di riferimento. Conoscenze che venivano concesse secondo un piano temporale ben preciso che doveva evitare il rischio di conferire tecnologie avanzate a popolazioni non ancora in grado di usarle. Fornireste voi il segreto dell’atomo a sparuti gruppi di allevatori-contadini?

Ecco quindi che l’Egitto fu assegnato a uno o più Elohim con il/i suo/i carattere/i, l’area mesopotamica a un secondo Elohim, il mesoamerica a un terzo ancora, l’oriente al successivo e così via.

Alcuni Elohim erano più importanti di altri e furono assegnate loro quelle popolazioni destinate a diventare le prime grandi società urbanizzate della nostra storia, altri Elohim minori ebbero in dote tribù minori. Alcuni territori e gli umani ivi residenti non vennero assegnate… troppi pochi Elohim a disposizione per tutti.

Divinità che secondo diverse teorie alternative non corrispondono all’idea di esseri trascendenti, onnipotenti, ma esseri in carne ed ossa, molto più simili pertanto agli esseri umani, molto più tangibili che immateriali. Richiamiamo qui le teorie di Mauro Biglino, gli studi di Biagio Russo e le teorie degli Antichi Astronauti di Von Daniken e Tsoukalos.

Ma se questi esseri, che per comodità chiameremo Elohim/Anunnaki seguendo i termini riscontrabili nel testo biblico così come nelle epopee sumere tradotte dal Kramer, erano più “umani” che “divini” allora dovevano avere le stesse peculiarità di noi esseri umani: sentimenti, passioni, idee, psicologia, specifiche per ciascuno di loro.

Nel corso dei nostri studi abbiamo identificato due correnti principali:

- Lato A: seguaci degli Anunnaki di Enlil, i quali temono un essere umano ‘potente’ considerato l’aspetto animale implicito nel concetto di ibridazione iniziale;

- Lato B: seguaci degli Anunnaki di Enki, che invece auspicano un percorso di progresso tecnologico parallelo a un percorso di evoluzione spirituale.

Alle quali correnti si aggiunge un terzo incomodo. Già, poiché durante l’Assemblea degli Anunnaki a un Elohim non fu concesso nulla. Non sappiamo il perché. Forse poiché non ritenuto idoneo dai suoi ‘colleghi’ divini. Il suo nome è Yahweh e, colpito dall’offesa ricevuta, decise in cuor suo di prendersi con la forza ciò che gli fu negato andando a cercare una di quelle popolazioni non sotto la tutela di altri Elohim come ad esempio gli Aditi di Ubar o una tribù di Ur nella quale viveva un tale di nome Abramo.

Anche per essi era necessario realizzare un corpus legislativo idoneo a formare il proprio popolo come una nazione, ma nel caso degli Ebrei di Yahweh per farlo dobbiamo aspettare l’arrivo di Mosè e l’Esodo dalla terra d’Egitto.

Torniamo allora ai dieci comandamenti più famosi, quelli su cui sostanzialmente si fonda l’occidente giudaico-cristiano. Ecco che gli stessi non ci appaiono più come regole universali dettate da un dio unico trascendente, immanente, onnipotente e infallibile. Essi sono il tentativo, parzialmente copiato peraltro dalla raffinata cultura egiziana, di formare un popolo e una nazione, prima della conquista del territorio che Yahweh si scelse unilateralmente contravvenendo a quanto disposto in sede di assemblea dagli altri Elohim: la Palestina… e poi il mondo.

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Mappa che mostra la diffusione delle religioni abramitiche (color porpora) nei confronti delle Religioni darmiche (in giallo) – quasi 5 miliardi di persone invocano Yahweh come dio unico.

Fonti:
- http://www.veja.it/2009/12/07/i-10-coma ... 99america/
- http://www.disinformazione.it/diecicomandamenti.htm
- http://www.mtb-forum.it/community/forum ... hp?t=89899
- http://www.luoghimisteriosi.it/piemonte ... gizio.html
- http://it.wikipedia.org/wiki/Bushid%C5%8D
- http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12793

http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... O_ID=10036


Ultima modifica di Atlanticus81 il 08/08/2013, 18:16, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 15/08/2013, 01:18 
Laston ha portato alla mia attenzione il caso degli Zo'é, una tribù della foresta amazzonica con uno strano rituale, simile a quello che veniva fatto nell'antico egitto.

Gli Zo'é

Gli Zo’è sono entrati per la prima volta in contatto con l’esterno nel 1982, per iniziativa dei missionari evangelici. Decimati dalle malattie immediatamente dopo, oggi si sono ripresi e il loro numero ha ricominciato a crescere.

Gli Zo’é sono una piccola tribù isolata e vivono nel folto della foresta amazzonica del nord del Brasile. Sono entrati stabilmente in contatto con gli esterni nel 1987, quando i missionari fondamentalisti della New Tribe Mission costruirono una base nelle loro terre. Il loro territorio è stato riconosciuto ufficialmente dal governo, che ne controlla anche l’accesso dall’esterno per limitare il rischio di trasmissione di malattie potenzialmente fatali per gli Zo’é, come l’influenza e il morbillo.

...

Nella società Zo’é regna l’uguaglianza. Non ci sono capi, anche se, in materia di matrimoni, riapertura di vecchi orti o insediamento di nuove comunità, l’opinione di uomini particolarmente abili nel parlare, conosciuti come yü, ha più peso rispetto a quella degli altri

Gli uomini sono abilissimi cacciatori. Solitamente cacciano da soli, ma in alcuni periodi dell’anno, per esempio durante “la stagione delle scimmie grasse” o “il tempo dell’avvoltoio reale”, organizzano battute di caccia collettive.

In presenza di grosse mandrie di pecari, gli Zo’é cacciano insieme, inseguendo gli animali animatamente e lanciando frecce; intanto le donne raccolgono i piccoli, immobilizzati dallo spavento, e li portano nelle comunità dove vengono poi allevati come animali domestici (raimbé). Gli Zo’é inoltre pescano usando arpioni dalle punte intrise di timbó un veleno ricavato dal succo di una vite.

Fin dall’infanzia, gli Zo’é indossano lo m’berpót, un lungo bastone di legno molto leggero inserito nel labbro inferiore.

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A spiegare loro come usarlo fu un antenato chiamato Sihié’abyr. Una delle cerimonie più importanti nella vita, un rito di passaggio per i bambini, è la perforazione del labbro inferiore; di solito avviene a 7 anni per le femmine e a 9 anni per i maschi. Durante la cerimonia, il labbro viene forato con l’osso appuntino della gamba della scimmia ragno e vi viene inserito un m’berpót sottile, che sarà poi sostituito con bastoni più grandi man mano che i bambini crescono.

http://www.survival.it/popoli/zoe

Concordo con lui quando dice che la prima cosa che viene in mente guardandoli e' stata una certa somiglianza con la barba posticcia dei faraoni che, se non erro, avevano l'usanza di apporre al mento anche tramite nastri appositi e piu' era importante la barba, piu' era meritevole di rispetto......

Presso gli Zo'é la cosa è identica, piu' e' grande il cilindro, piu' è rispettevole l'individuo (donne comprese)... al di la della somiglianza nel vederli è curioso come due razze a km di distanza utilizzino due modi similari per raffigurarsi come i propri dei.

Forse erano gli stessi dei... quegli stessi dei che ispirarono le prime società umane alla Rinascita post-diluviana. Solo che gli Zo'é, per qualche motivo, rimasero fermi all'inizio di questo 'percorso evolutivo'.

[;)]



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MessaggioInviato: 15/08/2013, 20:55 
Altra similitudine rituale che cioè non porta alcun miglioramento delel capacità ma è solo uno status simbol una sorta di vezzo... STRANAMENTE simile a quella egizia pur non essendo mai entrati in contatto diretto, ma magri ispirati dalle stesse "divinità".



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Gli antichi sumeri pensavano che gli occhi azzurri fossero un segno distintivo degli dei. La nobiltà e l'aristocrazia sumera era caratterizzata da occhi azzurri come dimostrano molte delle loro statuette. Lo stesso storico Diodoro Siculo afferma che il colore azzurro degli occhi era una caratteristica che spesso veniva associata alle divinità egizie.

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Allo stesso modo così veniva rappresentata la nobiltà nella cultura egizia. Nel libro dei morti gli occhi del dio Horus venivano descritti come scintillanti e la pietra usata nel diadema noto come Udjet (l'occhio di Horus) era il lapislazzulo, appunto di colore azzurro o blu.

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Da dove proviene il fenotipo "occhio azzurro" che viene associata dai sumeri, primi depositari dell'"Eredità degli Antichi Dei" necessaria per dare il via a quel processo che noi del Progetto Atlanticus definiamo "Rinascita" e che caratterizza gli dei (e l'aristocrazia, l'elite) dei nostri cari sumeri, punto di partenza della civiltà post-diluviana?

Torniamo ad osservare il Mar Nero e alla regione caucasica/cappadocia nella quale ritroviamo anche il monte Ararat dove approdò Noè subito dopo il Diluvio, e le misteriose città antiche di Gobekli Tepe, Kisiltepe e Derinkuyu.

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In un altro thread avevamo iniziato una ricerca sulle caratteristiche somatiche degli antichi primordiali europei per cercare di tracciarne le origini e ipotizzando tra le righe il fatto che queste potessero non essere proprio totalmente 'terrestri'.

Credo che questo discorso si intrecci con quanto affermato qui...

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=295735

Ma gli occhi azzurri o verdi non sono una prerogativa degli 'dei' della mesopotamia o dell'europa. La stessa caratteristica la troviamo nelle divinità e nelle genealogie aristocratiche d'oltreoceano!

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Io comincerei a pensare che, pur facendo parte tutti del genere Homo, abbiamo avuto origini diverse e che i diversi rami fenotipici (o aplogruppi) si siano poi mischiati in una sorta di società multi-razziale durante l'epoca di Atlantide con i discendenti degli "Antichi Dei" portatori di genotipo diverso (Alieno? Atlantideo?) visti come divinità in virtù delle loro tecnologie/capacità avanzate.

Non sto parlando di razze secondo i tradizionali canoni. Sto parlando di eredità genetiche, alberi genealogici che hanno avuto origine da diversi punti di partenza e dove, per qualche motivo, alcune caratteristiche fisiche (occhi azzurri+capelli biondi oppure occhi verdi+capelli rossi) rappresentavano un elemento identificativo di coloro che appartenevano a delle stirpi divine.

Come nel caso di Viracocha in Perù presso gli Inca appartenente a una stirpe di una razza divina di uomini bianchi con i capelli rossi e con la barba.

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I punti di partenza genealogici possono essere

L'Homo Heidelbergensis (H.Erectus) da cui ha avuto origine il fenotipo negroide e gli aplogruppi ad esso collegati.

Il Neanderthal da cui ha avuto origine il fenotipo del rutilismo (capelli rossi e pelle chiara) tratto fenotipico dominante degli abitanti della paleo-Europa. Fenotipo che ragionevolmente mi fa pensare agli individui selezionati per portare la civiltà nel mondo dopo il Diluvio, gli Enkiliti, gli Elohim.

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Il Cro-Magnon, biondo con gli occhi azzurri, antagonisti dei Neanderthal, da sempre, guardiamo alle caratteristiche di fisiche di Esaù e Giacobbe.

L'"incrocio" tra tutti questi fenotipi nel corso dei millenni ha portato all'uomo moderno con la diversità di caratteristiche evidenziata dai numerosissimi rami genetici chiamati aplogruppi.

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Coloro i quali hanno preservato il proprio patrimonio genetico ancestrale, oggi come ieri, governa il mondo.

Il restante 99% dei Sapiens oggi è un insieme di tutte queste caratteristiche, un po' Neanderthal, un po' Cro-Magnon, un po' Heidelbergensis Erectus...


Ultima modifica di Atlanticus81 il 22/09/2013, 23:46, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 26/10/2013, 18:50 
Chi ha seguito negli ultimi anni il lavoro di Alessandro De Montis a riguardo della teoria di Sitchin sa che l'autore si è spesso occupato del contatto tra civiltà sumero-accadica e meso-sudamericana ipotizzata anche nell'ambito del Progetto Atlanticus nel periodo cosiddetto di "Rinascita". Più volte De Montis tocca questo tema, fornendo approfondite analisi dei reperti archeologici che mostrano i segni di questo contatto, e identificando le divinità sumere Ningishzidda e Ishkur rispettivamente nelle divinità d' oltroceano Quetzalcoatl e Viracocha.

Occasionalmente, sempre De Montis, fa notare che oltre ai soliti Machu Pichu, Titicaca, Teotihuacan e siti di questa importanza, ve ne sono alcuni meno conosciuti che rivelano quanto e forse di più su questo legame tra vecchio e nuovo mondo. Il caso più importante é costituito da un pannello presente nel tempio Inca dedicato al culto del dio solare Inti, che ritengo essere uno dei nomi tardi di Viracocha.

Per chi non lo conoscesse, il Coricancha fu forse il tempio più importante di Cuzco, nel Perù, e si narra che quando gli spagnoli arrivarono al suo interno lo trovarono completamente coperto d'oro. Perfino i pavimenti erano coperti di lamelle e fogli d' oro finissimo in modo del tutto simile a come doveva apparire l'interno del Tempio di Salomone e il Sancta Sanctorum.

Quest' oro fu quasi utilizzato dagli Inca come riscatto per il rilascio del loro signore Atahualpa, e la rimanenza fu depredata dagli spagnoli. Molto venne fuso per essere mandato in patria, altro fu razziato e nascosto per avidità personale.

Ma su un muro del Coricancha era presente un pannello del quale, secondo De Montis é stata del tutto sottovalutata l' importanza.

Questo pannello fu trattato brevemente da Zecharia Sitchin nel suo libro “Gli dei dalle lacrime d' oro”, alla cui lettura vi rimando. Qui vorrei riprendere le teorie di De Montis, riassumere la questione e far notare come, anche secondo me, questo pannello contenga informazioni importantissime: la conferma che in antichità erano conosciuti tutti i pianeti del sistema solare e l' esistenza di Nibiru.

Spero che vogliate e possiate apprezzare lo straordinario lavoro di De Montis...

http://gizidda.altervista.org/down/coricancha.pdf



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Una mappa che ben descrive quella che è stata la prima regione a venire coinvolta nel progetto di "Rinascita" Enkilita da parte di quei 'semi-dei' Elohim/Anunnaki sopravvissuti al Diluvio.

Immagine

Guarda caso proprio alle pendici del monte Ararat ove si arenò l'arca di Noè...

[:p]



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Che magari non era assolutamente una nave come rappresentata classicamente ma una sorta di archivio fisico, una struttura (se non erro è descritta come cubica in alcuni testi) genetico per l'avviamento di un eden :)



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MessaggioInviato: 18/11/2013, 00:41 
Cita:
RETRODATATO DI DUEMILA ANNI L'ALLEVAMENTO DEI BOVINI IN CINA

Un team internazionale di ricercatori, co-condotto da scienziati dell'Università di York e Yunnan Normal University, ha prodotto la prima prova multidisciplinare per la gestione delle popolazioni di bestiame nel nord della Cina che ha portato alla conclusione che in queste regioni si è iniziato ad addomesticare il bestiane NELLO STESSO PERIODO in cui è iniziata l'addomesticazione del bestiame nel Vicino Oriente, oltre 10.000 anni fa.

L'addomesticamento del bestiame è un risultato fondamentale nella storia umana. Fino ad oggi, i ricercatori credevano che l'uomo ha iniziato ad addomesticare il bestiame circa 10.000 anni fa nel Vicino Oriente, e dopo un lasso di circa 2.000 anni la pratica dell'allevamento sia stata introdotta nell' Asia meridionale.

Questa ipotesi è stata sinora supportata dalla teoria che l'agricoltura e le sue pratiche accessorie (quali quello dell'addomesticazione del bue con l'utilizzo dell'aratro) fosse nata in un'unica zona del mondo (l'attuale turchia)..e poi questo modello sia stata esportato in altre parti del mondo.

Questo studio invece dimostra che l'agricoltura e l'allevamento dei bovini sia stato introdotto CONTEMPORANEAMENTE in diverse zone nel mondo.

La prova di quanto sopra è stato il ritrovamento di una mandibola di bovino che analizzata al C14 ha fornito la considerevole età di 10660 anni. Oltre 2000 anni prima di quanto sinora si era creduto.



http://www.antikitera.net/news.asp?id=12843&T=1


Ultima modifica di vimana131 il 18/11/2013, 00:42, modificato 1 volta in totale.

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