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MessaggioInviato: 06/05/2012, 09:00 
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Raziel ha scritto:

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Enkidu ha scritto:

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bleffort ha scritto:

[quote]Atlanticus81 ha scritto:


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Così ad occhio:ma...questo ha una grande somiglianza con il Dio Budda!!!.[:0]


A parte il fatto che il Buddha non è un Dio, ma un maestro di spiritualità che viene venerato come santo fondatore del Buddismo.... questa rassomiglianza con il Buddha proprio non ce la vedo, anche perché non ho mai visto un Buddha dai caratteri negroidi e con un elmetto di guerra, per giunta!


concordo enkidu, come al solito... ma sai la cosa che mi preoccupa? è che questa capacità di analisi logica e razionale la vedo più nei "vecchi", che nei giovani anagraficamente parlando. i figli del positivismo del dopoguerra ancora mantengono saldi i principi che hanno ispirato tutta la loro educazione, i giovani, stretti tra crisi economiche e politiche che non si risolvono mai rimanendo sempre "a bassa intensità", scivolano sempre più nell'irrazionalità...
[/quote]

E' anche il mio timore... ai giovani è mancato forse il confronto con la realtà, e il mio timore è che si trovino a svegliarsi quando ormai sono anagraficamente maturi, cioè quando è troppo tardi per darsi una smossa. Ma possiamo sperare anche che questa irrazionalità sia dovuta alla poca esperienza, più che al mancato desiderio di imparare....
Comunque le teste degli Olmechi sono interessanti perché hanno dei caratteri negroidi, il che appare senz'altro misterioso.
Gli Olmechi, prima civiltà urbana conosciuta dell'America precolombiana, avevano contatti con l'Africa? O un popolo proveniente dall'Africa viveva da quelle parti?
Difficile dirlo, anche perchè non è detto che siano negroidi africani, potrebbero essere anche melanesiano-australiani.
Tempo fa ho letto, non mi ricordo se qui o da qualche altra parte, che esiste una teoria secondo cui il Sud America sarebbe stato colonizzato da una popolazione nera affine ai neri australiani circa 50.000 anni fa, provenendo dall'Africa (a quel tempo i neri africani non c'erano ancora in Africa).


Ultima modifica di Enkidu il 06/05/2012, 09:03, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 06/05/2012, 09:08 
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bleffort ha scritto:

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Atlanticus81 ha scritto:

Le regioni dell’Europa e del Mediterraneo sommerse dall’innalzamento dei mari conseguente alla fine della glaciazione sono molte, e non vi sono indizi al presente che consentano di localizzare quella in cui deve aver avuto origine la cultura megalitica, la patria sommersa degli Atlantidi. Ne citiamo qualcuna: il ponte di terra che un tempo esisteva fra la Turchia e l’Europa, e che univa il Mar di Marmara, il Bosforo, i Dardanelli; una vasta estensione di terra allora emersa che univa quasi la Tunisia alla Sicilia; la parte settentrionale di quello che è oggi l’Adriatico; un’unica grande isola che si estendeva là dove oggi si trova l’arcipelago delle Baleari; in Atlantico l’area della Manica che era emersa durante l’età glaciale ed univa le Isole Britanniche al continente – alcuni autori identificano questa terra oggi invasa dall’oceano con la Lyonesse delle leggende celtiche - ; nel Mare del Nord il Dogger Bank, la regione di acque basse nota per la sua pescosità ed un tempo sicuramente emersa: ancora oggi i pescatori trovano i resti di quelli che un tempo furono rami di alberi impigliati nelle reti sollevate dal fondale.
Come si vede, c’è l’imbarazzo della scelta, ed è un grave imbarazzo.
Al momento non c’è modo di risolvere questo problema, e lo lasceremo in sospeso, vi sono però due questioni alle quali è possibile cercare di abbozzare una risposta:
1. Quali popoli, quali aree, quali culture furono quelle maggiormente interessate, conservarono, si può dire, i frammenti dell’Atlantide megalitica?
2. Quale rapporto esiste nello specifico fra essa ed i Celti?
Se noi osserviamo una carta geografica che riporta la disposizione dei monumenti megalitici, vediamo che essi disegnano una specie di “L” con il fulcro nella Penisola Iberica, da Baalbek in Libano attraverso Malta e l’Italia meridionale, risalendo poi la costa atlantica attraverso la Gallia, le Isole Britanniche fino alle Orcadi che ne rappresentano la propaggine più settentrionale.



Da Wikipedia:

I Greci la chiamarono Melita nel 822 a.C. e gli arabi Malitah. Venne così chiamata dai Greci per la sua grande quantità di api, dato che mèlissa o la variante mèlitta in greco significano ape. Secondo un'altra ipotesi, la parola Malta potrebbe derivare dalla antica lingua Fenicia "malit" che letteralmente significa montagna o monte. Altri sono dell'opinione invece che venne così chiamata in onore della ninfa Melite, una delle Naiadi, figlia di Nereo e di Doride.
Secondo un'altra ipotesi etimologica invece, la parola Malta andrebbe letta al contrario, come in molte lingue orientali. In questo caso la parola si leggerebbe Atlam ossia Atlas, dato che in greco la lettera m si converte facilmente in s. Malta potrebbe quindi trarre il suo nome dal fatto di essere una rimanenza del gran monte Atlante, esistito in passato. Oppure considerando l'Atlante come l'Ovest in senso estensivo, in quanto posta ad ovest per i Greci.
Pare altresì probabile comunque che il toponimo possa derivare dall'ebraico Malet, il cui significato è rifugio, ricovero, asilo e che, vista la posizione geografica dell'isola, sembrerebbe un nome appropriato.[3]


Rifugio da che cosa?.forse dalle acque del mare!!.[;)]





E' stato comunque dimostrato che le rovine di Malta sono anteriori alle piramidi di Giza (almeno quelle secondo la data ufficiale della IV dinastia), e che in un remoto passato subì una disastrosa alluvione, e che inoltre, durante l'era glaciale, era collegata alla terraferma.
Forse è agli antichi Maltesi che si riferisce Diodoro Sikulo (lo scrivo così per non farne censurare il nome da quello stupido del programma di censura!) quando parla degli Atlanti come "il popolo più civile dell'antichità".
Malta è Atlantide? Forse. Le credenziali ci sarebbero tutte o quasi.


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MessaggioInviato: 06/05/2012, 09:51 
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Enkidu ha scritto:

E' stato comunque dimostrato che le rovine di Malta sono anteriori alle piramidi di Giza (almeno quelle secondo la data ufficiale della IV dinastia), e che in un remoto passato subì una disastrosa alluvione, e che inoltre, durante l'era glaciale, era collegata alla terraferma.
Forse è agli antichi Maltesi che si riferisce Diodoro Sikulo (lo scrivo così per non farne censurare il nome da quello stupido del programma di censura!) quando parla degli Atlanti come "il popolo più civile dell'antichità".
Malta è Atlantide? Forse. Le credenziali ci sarebbero tutte o quasi.


C'è un filone culturale che, manifestandosi nel diciannovesimo secolo, riporta all'idea di antico cataclisma di origine vulcanica che avrebbe colpito la costa tirrenica e modificato il profilo delle coste dell'Italia di allora, non senza conseguenze sulle popolazioni e la civiltà dell'epoca; di questo filone faceva parte anche Camillo Ravioli che, studiando nel diciannovesimo secolo i templi megalitici di GGantija a Malta , ipotizzava un collegamento di questa cultura con le culture megalitiche della penisola, che si manifesteranno fino all'epoca protostorica con le mura ciclopiche di molte città d'Italia.



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MessaggioInviato: 11/05/2012, 14:51 
scoperto il piu'antico calendario maya,in cui non c'e' la minima traccia sulla fine del 2012,in base alle notizie,risulterebbe solo la fine di un ciclo,con la conseguentedi nascita di un nuovo periodo......................................





Venerdì, 11 maggio 2012 - 11:38:00


Il piu' antico calendario Maya e' stato scoperto nella stanza di un tempio in Guatemala e non fornisce alcun indizio sulla famigerata profezia della fine del mondo il 21 dicembre del 2012. E' quanto hanno scoperto nel complesso archeologico di Xultun gli archeologi guidati da William Saturno della Boston University, che hanno pubblicato la ricerca su Science.


Nella stanza ci sono dipinti, che risalgono al nono secondo dopo Cristo (piu' antichi dei codici conosciuti scritti tra il 1300 e il 1521). Le immagini raffigurano figure umane e cicli lunari e planetari, con i calcoli dei cicli astronomici Maya: il calendario cerimoniale (Tzolkin) di 260 giorni; il calendario solare o Haab di 365 giorni; il ciclo di 584 giorni del pianeta Venere e il ciclo di 780 giorni di Marte. Tra tutti i reperti della stanza 'picta' "non vi e' alcun segno nei calendari Maya che il mondo finisca nel 2012 ma solo che termina solo uno dei cicli del calendario". Saturno ha spiegato che "e' come il contachilometri di una macchina, che si azzera e ricomincia da capo, cosi' uno dei calendari Maya termina e poi ricomincia da capo, segnando la fine e la ripresa di un ciclo".


http://affaritaliani.libero.it/cronache ... refresh_ce


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MessaggioInviato: 22/05/2012, 21:58 
La lista di Beroso ci descrive un tempo in cui gli dei e gli uomini coesistevano sulla Terra. Periodo durato fino al diluvio universale, dopo il quale gli dei provvedono a fornire adeguati insegnamenti alle prime civiltà umane.

Storicamente identifichiamo i Sumeri come prima civiltà storica il cui modello sociale è estremamente raffinato se comparato a quello tribale dei suoi predecessori.

Dalla descrizione fornita dei Sumeri nell'articolo sotto citato e dalle informazioni contenute nella lista di Beroso non possiamo che concludere un legame tra quegli dei antidiluviani citati nell'elenco e la raffinata cultura sviluppatasi dopo il diluvio grazie alla "Rinascita" di cui i Sumeri rappresentano il massimo risultato su tutti i piani: sociale, economico, culturale, scientifico.

Cita:
QUANDO LA SAPIENZA VENNE TRASMESSA DAL CIELO

La lista dei Re Sumeri - un lungo elenco di sovrani, città e avvenimenti riportati in ordine cronologico - dividono preistoria e storia in due parti ben distinte: ciò che accade prima del Diluvio, e ciò che accade dopo il Diluvio.

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Uno era in cui gli "dei" Annunaki e poi i loro figli, avuti dalle "figlie dell'uomo" - i cosiddetti semidei governavano la Terra; l'altro erano in cui i sovrani di stirpe umana - scelti da Enlil - vennero frapposti fra gli "dei" e il popolo.

in entrambi i casi, si disse che le istituzioni di una società organizzata e di un governo ben definito - "il potere sovrano" - erano state "trasmesse dal cielo" - emulando sulla Terra l'organizzazione sociale e di governo che esisteva su Nibiru.

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Quando il potere sovrano venne trasmesso dal cielo, così inizia la lista dei Re Sumeri, "il potere sovrano era a Eridu". "Alulim divenne Re e governò 28.800 anni".

Dopo aver elencato gli altri sovrani antidiluviani, il testo afferma che "il Diluvio spazzò la Terra. Dopo che il Diluvio ebbe spazzato la Terra, quando il potere sovrano discese nuovamente dal cielo, il potere sovrano era a Kish".

Da allora allora in poi la lista ci porta ai tempi storici. Il potere sovrano era l'attributo di Enlil, capo supremo degli Annunaki sulla terra. - Da notare che come in tanti settori scientifici, dove inconsapevolmente facciamo affidamento sul bagaglio culturale degli Annunaki - anche in questo caso esiste ancora l'istituzione del re e del potere sovrano.

Samuel N. Kramer, nel suo I Sumeri alle radici della storia (Roma 1997), elenca una notevole serie di "primati" di Sumer, incluso il Parlamento Bicamerale con deputati eletti (o scelti).

Nel concetto di potere sovrano, vennero incorporati diversi aspetti di una società organizzata e ordinata, primo fra tutti il bisogno di giustizia, un Re doveva essere "giusto", promulgare leggi e farle rispettare, perché la società Sumera era una società legale.

Molti a scuola, hanno imparato a conoscere il re Babilonese Hammurabi e il suo famoso codice, che risale al II millennio a.C. Ma almeno diecimila anni prima di lui, i re Sumeri avevano già promulgato delle leggi.

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La differenza era che il codice di AHammurabi riguardava crimini e punizioni: se fai questo ricevi questo in punizione. I codici delle leggi Sumere, invece, erano codici di comportamento retto; affermavano per esempio, che non bisogna rubare l'asino ad una vedova, oppure che non bisognava pagare il salario ad un operaio in ritardo, che lavorava a giornata.

E anche i dieci comandamenti della Bibbia non erano una lista di punizioni, bensì un codice morale di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato e che, quindi non si deve fare. Le leggi erano affidate ad una amministrazione giudiziaria. E' da Sumer che abbiamo ereditato il concetto di giudici, giurie, testimoni e contratti.

Nasce a Sumer anche la società naturale fondata sul matrimonio, ossia la famiglia. E a Sumer erano in vigore anche le regole di successione, di adozioni e di diritti delle vedove. La legge veniva anche applicata alle attività economiche: scambio basato sui contratti, regole per i lavoratori dipendenti, salari e - come dappertutto - anche le tasse.

Sappiamo molte cose in relazione al commercio estero dei Sumeri, perché c'era una sorta di stazione doganale in una città chiamata Drehem, dove venivano tenute meticolose registrazioni di tutti i movimenti di merci e animali.

Tutte queste cose e molte altre vennero racchiuse nel concetto di potere sovrano, quando i figli e nipoti di Enlil entrarono nella fase delle relazioni fra l'uomo e le sua divinità, le funzioni del potere sovrano e della supervisione dei re venne affidata gradualmente a loro, ed Enlil e tutti gli dei vennero relegati al passato.

Ma ancora oggi la società civile deve le sue origimi al tempo in cui il potere sovrano venne trasmesso dal cielo. La sapienza, le scienze e le arti, le attività che richiedono Know-how, era appannaggio prima di Enki, capo degli scienziati Annunaki e in seguito ai suoi figli.

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Si apprende da un testo che gli studiosi chiamavano Inanna ed Enki: il trasferimento delle arti della civiltà, che Enki possedeva oggetti unici come i "ME", una sorta di computer o floppy disk, che contenevano le informazioni necessarie, alle scienze., all'artigianato e alle arti, erano oltre cento e vertevano su diversi argomenti, quali scrittura, musica e lavorazione dei metalli, costruzione trasporto e anatomia, cure mediche e controllo delle inondazioni e decadimento urbano; ma anche, come si evince da altre liste, su anatomia, matematica e calendario.

Analogamente al potere sovrano anche la sapienza venne trasmessa sulla terra dal cielo; gli dei Annunaki la donarono all'umanità, di solito attraverso individui accuratamente selezionati; un esempio è quello di "Adapa", il quale Enki garantì ampia comprensione. Di norma la persona prescelta apparteneva alla casta sacerdotale - altro primato che ha continuato a far parte delle abitudini umane per millenni fino al Medio Evo, quando Frati e Monaci erano anche depositari della scienza.

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I testi sumerici ci raccontano di Enmeduranki, che gli dei vollero come primo sacerdote.

Gli mostrarono come osservare olio e acqua,
i segreti di Anu, Enlil e Enki,
gli diedero la tavola divina,
in cui erano incisi i segreti di cielo e terra,
gli insegnarono a fare i calcoli con i numeri

Questi versi svelano le informazioni di notevole importanza, la prima materia insegnata a Enmeduranki, era la conoscenza di acqua e olio, ossia la medicina. Ai tempi dei Sumeri medici venivano chiamati A.ZU oppure IA.ZU, che significa rispettivamente "colui che conosce l'acqua e colui che conosce l'olio", infatti erano queste due sostanze con cui venivano somministrati i farmaci: diluiti in acqua e trangugiati, oppure mescolati ad olio e somministrati sotto forma di clistere.

Altre tavolette vennero date a Enmeduranki, (Enoch Biblico) dove erano incisi i segreti di Terra e Cielo, informazioni sui pianeti del Sistema Solare e sulle costellazioni visibili, nonché della terra , geografia, geologia, geometria e cosmogonia ed evoluzione, visto che l'Enuma Elish faceva parte dei rituali del tempio per la vigilia del nuovo anno.

http://ningizhzidda.blogspot.it/2011/01 ... a-dal.html




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MessaggioInviato: 27/05/2012, 22:05 
Abbiamo visto nei post precedenti quante similitudini e analogie possiamo trovare tra civiltà storiche distanti tra loro nel tempo e nello spazio, lasciando intendere l'esistenza sempre più probabile di una civiltà madre precedente alla storiografia tradizionale.



Cita:
La vera origine dei Celti
Uno dei popoli più misteriosi dell'Occidente mostra una storia sorprendentemente antica. Analisi linguistiche ci riportano ad un'epoca estremamente remota nel cuore dell'Asia: ma da dove vengono veramente i Celti?

Se oggi pensiamo ai Celti, le immagini che ci vengono alla mente sono molteplici. Sono Celti i Galli in stile Asterix; è celtico William Wallace, lo scozzese Braveheart del film di Mel Gibson; sono celtici tutti gli irlandesi emigrati nel mondo, che festeggiano il loro San Patrizio colorando di verde le città che hanno "colonizzato".

La cultura celtica è presente nelle musiche stupende di Enya, Loreena McKennitt e di altri artisti New Age; è presente nei romanzi fantasy, dal "Signore degli Anelli" in poi; in un certo tipo di misticismo cristiano, assai lontano dalla mentalità romano-vaticana; è presente in tutte quelle lingue e i dialetti europei (ma non solo) che hanno avuto una contaminazione culturale millenaria. In effetti, sembra che mezzo mondo sia rimasto celtico e forse è proprio così.

Se guardiamo alla storia, si può pensare come l'Impero Romano prima e le invasioni barbariche poi abbiano distrutto il substrato tradizionale originario dei vari paesi d'Europa. La realtà però non è questa: tradizioni e concezioni magiche e sciamaniche antiche di millenni sono rimaste inalterate in molti luoghi isolati geograficamente.

I Celti occupavano prima dell'arrivo dei Romani un fascia di territorio che va dalle isole britanniche alla penisola iberica, fino all'Ungheria a oriente e alla Turchia a meridione. Una colonizzazione tutto sommato pacifica, i Galati ("bevitori di latte" in greco) erano ottimi guerrieri ma anche grandi allevatori e agricoltori e non erano per nulla imperialisti, a differenza dei vicini latini.

L'area di espansione celtica era perciò immensa e non soggetta a pericoli, innestando tradizioni e filosofie in popoli primitivi autoctoni senza distruggerne l'identità indigena. Partendo, secondo le teorie seguite dalla maggior parte degli archeologi, da una piccola area situata nel nord della Svizzera, a La Tène, e successivamente dalla valle tedesca di Hällstatt, i Celti si radicarono profondamente in innumerevoli nazioni europee, con risultati visibili in certi casi ancor oggi. Ad esempio, i Lusitani in Portogallo e i Celtiberi in Spagna mostrano le loro tradizioni anche nel mondo moderno, specialmente nel sud dei due paesi iberici: malgrado Romani, Visigoti, Arabi e Castigliani, il folclore celtico sopravvive in certi casi intatto. Lo stesso si può dire di certe aree francesi, come ad esempio le regioni ai confini con la Germania della Lorena e dell'Alsazia o la stessa Provenza nel sud della nazione.

Invece Svizzera e Austria mostrano tracce celtiche nelle valli alpine più remote, risparmiate dal feroce Calvinismo; mentre in Italia analogamente avviene lo stesso tanto sulle Alpi quanto sugli Appennini. Nel nostro paese in particolare le tracce celtiche sono inequivocabili per quanto riguarda i dialetti.

L'Emilia è tutta fortemente celtica e così anche Piemonte, Lombardia e parte della Toscana e delle Marche.

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(Sopra) Una scena tratta dal film "Braveheart" di Mel Gibson. I Celti nell'immaginario collettivo sono combattenti per la libertà, forti e fieri (sotto).
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Ciò è spiegabile con l'enorme quantità di tribù galliche stanziate nel nord: Taurisci, Leponzi, Insubri, Senoni e Boi costituivano una forte federazione alleata degli Etruschi. Ma la colonizzazione continuava anche nella ex Jugoslavia: l'Istria era (ed è) profondamente segnata da tracce celtiche e anche la Pannonia e l'Illiria, corrispondenti alle attuali Slovenia, Croazia, Serbia e Ungheria.

Tracce di Galli si hanno persino in Bulgaria, mentre la Galazia in Turchia è una regione creata in epoca più recente dai mercenari galli che combatterono per conto dei Greci e che, una volta finita la guerra, decisero di stanziarsi nel cuore della penisola anatolica, in un'area culturalmente affine perché popolata dai popoli degli Sciti e dei Cimmeri.

E in effetti nella nostra ricostruzione siamo arrivati a un nome che ci è già conosciuto: abbiamo incontrato i Cimmeri a Cuma, vicino Napoli, sede del famoso Antro trapezoidale così importante per la storia romana perché sede della Sibilla Cumana descritta dal poeta Virgilio…

Un tipo di architettura di probabile origine minoica, anche se a detta degli archeologi l'Antro della Sibilla è probabilmente di origine greca o romana.

Eppure, nel nostro viaggio abbiamo scoperto come tracce di questa forma a trapezio sono presenti in moltissimi luoghi sulla Terra e tutti legati a misteri: dalla Piramide di Cheope alle tombe etrusche, dall'architettura Maya alle fortezze Incas in Perù, dalla Sardegna di Giganti e Nuraghi alla perduta città di Ugarit.

Ci è venuto subito da pensare come sia possibile che tutte queste antiche culture avessero lo stesso tipo di architettura e che significato potesse avere quella forma a trapezio. Cosa poteva unire la colonia campana Cuma con la cultura Maya, con quella egizia e a quella Inca?

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Esempi di architettura trapezoidale: riga superiore, da sinistra l'Antro della Sibilla di Cuma, presso Napoli; la Porta di Ugarit, in Siria; la scalinata all'interno della piramide di Pacal a palenque, in Messico. Riga inferiore, da sinistra il Pozzo di Santa Cristina, in Sardegna; la nostra Antonella mostra le finestre trapezoidali a Ollantaytambo, in Perù; infine l'interno della Piramide Rossa di Dashur, in Egitto. Tutti luoghi mefalitici accomunati da questa forma tipica.

Tutto questo presuppone che ci sia stata un'unica civiltà molto antica che ha realizzato lo stesso tipo di architettura in tutti questi luoghi del mondo, un'architettura evidentemente legata anche ad altri manufatti presenti ampiamente tanto nei luoghi di cultura celtica quanto precolombiana: i megaliti.

E se la porta a trapezio può avere spiegazione apparente nella necessità archiettonica di sostenere il soffitto delle costruzioni (venendo concepita come un prototipo dell'arco), non così si interpretano dolmen e menhir, spesso di dimensioni e persi tali da far pensare a una civiltà tecnologicamente più avanzata rispetto anche alla nostra attuale!

Certamente i Celti e i Cimmeri prima ancora possono fornirci validissimi indizi storici per cercare di spiegare queste stupefacenti e per certi versi inesplicabili analogie. Per farlo dobbiamo partire dall'etimologia del nome della città di Cuma, e dal popolo che, secondo gli scrittori classici, abitava questo territorio prima dell'arrivo dei coloni greci.

Cuma deriva in teoria dal greco Kyma, che vuol dire sommità, vetta, cima. A Cuma in verità non ci sono vere montagne, tutti sanno che i Campi Flegrei sono crateri vulcanici spenti. Tuttavia Kyma era la prima parte del nome del popolo denominato dai greci Kymamineira: Mineira vuol dire cavità, galleria sotterranea (da qui deriva il termine "miniera"). I Kymamineira erano conosciuti dagli storici antichi come "Cimmeri": la loro più antica citazione si deve ad Omero nell'Odissea, quando racconta di Ulisse che, seguendo le istruzioni della maga Circe, giunge ai boschi sacri di Persefone per interrogare l'ombra dell'indovino Tiresia. Lo storico Strabone riferisce l'antica tradizione, raccolta da Eforo, secondo la quale il Lago d'Averno, a due passi da Cuma, era la patria dei Cimmeri, che abitavano in case sotterranee dette Argillae e collegate fra loro da cunicoli.

Di loro si raccontava che nessuno vedeva mai il sole e vivevano cavando i metalli del sottosuolo e praticando la divinazione in un Santuario, anch'esso sotterraneo, dove i visitatori venivano a consultare il cosiddetto Oracolo dei Morti. Lo scrittore Festo sostiene che i Cimmeri vivevano tra Baia e Cuma, in una ristretta zona dei Campi Flegrei, in una valle circondata da alti monti, che non veniva mai illuminata dal sole, chiamata "Tenebre Cimmerie".

Anche Plinio racconta che presso l'Averno vi era un tempo un villaggio chiamato Cimmerio, e Diodoro Siculo narra che da quel villaggio si raggiungeva l'Oracolo dei Morti. Anche lo storico Nevio accenna ad una Sibilla Cimmeria, che viveva forse in una similare Grotta della Sibilla (da non confondere con l'Antro) realmente esistente sulle rive del Lago d'Averno.

Da queste informazioni deduciamo che i Cimmeri effetivamente fossero esistiti e che fossero dediti, oltre che alla metallurgia, anche alla divinazione. Ma l'Archeologia ufficiale ci insegna che i Cimmeri sono storicamente vissuti solo in Asia Minore: erano un ceppo della stirpe degli Sciti e occupavano originariamente, fra la fine del II millennio e i primi secoli del I millennio BCE, le regioni a nord del Mar Nero, la valle del basso Don e le steppe a nord del Caucaso, spingendosi a sud, in Anatolia, verso il VI Secolo BCE. Dediti ad un'economia di tipo nomadico, erano abilissimi orafi e metallurgi. Abbiamo trovato traccia delle loro opere nelle tombe a tumulo dei re, mentre non si è trovata traccia alcuna dei loro insediamenti.

Ma cosa può unire, oltre alla passione per la forgiatura dei metalli, i Cimmeri di Cuma e quelli dell'Asia Minore? Si tratta della stessa popolazione? E che legame possono avere con i Celti? Nonostante alcune piccole differenze dovute alla collocazione geografica, si può pensare a un'origine comune per tutti e tre i popoli, non dimentichiamo che i Galli della Galazia turca trovarono in Asia Minore un terreno culturalmente affine perché popolato da genti di comune stirpe indoeuropea e cimmera! Strabone afferma che lo storico Posidonio riteneva che i Cimmeri asiatici, "…per loro natura predoni e vagabondi, abbiano spinto le loro scorrerie fino alle vicinanze della palude Meotide e per causa loro il Bosforo sia stato chiamato Cimmerio..."

Ma i Cimmeri sono chiamati da Strabone anche in un altro modo, ossia Cimbri. Anzi, il greco confonde ripetutamente Celti e Cimbri, Cimbri e Cimmeri. I Cimbri storicamente vengono considerati una popolazione che invase l'Europa intorno al 113 BCE, seminando morte e distruzione nei territori popolati dai Galli.

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(Sopra) Il cratere del Monte Nuovo nella zona dei Campi Flegrei, a Pozzuoli, Napoli. Alle spalle del vulcano si può vedere il Lago d'Averno e alle sue spalle la rocca di Cuma. (Sotto) Il Lago d'Averno era per gli antichi il portale di accesso agli Inferi.
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La sconfitta dei Cimbri da parte delle truppe romane di Caio Mario, arrivata nel 102 BCE alle Aquae Sextiae (oggi Aix-en-Provence, in Francia), non riuscì a chiarire l'origine di quel popolo. Secondo Artemidoro di Efeso i Cimbri erano Celti; Plutarco disse che a suo giudizio erano di stipe celto-scita, a conferma dell'opinione moderna dei Cimmeri asiatici.

Erodoto sembra ignorare del tutto i Celti, chiamando tutti "Cimmeri e Diodoro Siculo, che afferma che quegli uomini portavano il nome di Cimmeri "...che poco dopo li hanno chiamati per corruzione Cimbri". I Cimbri dunque sarebbero una parte dei Cimmeri emigrata, intorno al VI Secolo BCE, nell'area del Cherconeso Cimbrico, l'odierno Jutland danese. Ora, se guardiamo al nome attuale del Galles, è Cymru: i gallesi, oggi come ieri, si definiscono Cymry (in gallese antico "patriota", "rifugiato" e deriva dal nome attribuito ai Britanni fuggiaschi scacciati dalla Northumbria e dalla Cumbria dai Sassoni a cominciare dal III secolo CE).

Cymry deriva dal celtico "cum" e "ro, "cumrog", che significa "gente dello stesso paese". I Cimmeri, i Cimbri e i Kymamineira di Cuma hanno dunque un'origine etimologica comune; anche le usanze sono simili, in quanto tutti sono esperti metallurgi; hanno inoltre una propensione per le grotte, le gallerie, le miniere; sono nomadi ma quando si stanziano, vivono in città alveare parzialmente sotterranee, secondo una tipologia abitativa che ricorda quella degli indiani Anasazi degli Stati Uniti e le città delle fate della Cappadocia in Turchia, in un'area limitrofa alla già ricordata Galazia.

Le assonanze linguistiche ricordano anche geograficamente il segno della loro presenza. Ricordiamo la già citata regione di Northumbria, in Inghilterra; ricordiamo la Cambria (da cui l'Era Geologica del Cambriano), nome romano del Galles; ricordiamo persino l'italica Umbria, abitata da genti di stirpe caucasica affine, etnicamente, ai Cimmeri e agli Etruschi, come afferma lo storico Polibio.

Questa comune origine cimmera dei popoli di mezz'Italia e mezz'Europa trova conferme linguistiche, per il fatto che l'unico tratto certo che unisce i popoli di stirpe celtica è la lingua. Secondo la teoria più accreditata, il proto-celtico ebbe origine dal ceppo indoeuropeo, dal quale si staccò tra il 2900 e il 2400 BCE. Fatto sta che da un punto di vista culturale, i Celti provengono da quella stessa area a nord del Mar Nero in cui vivevano gli Sciti, i Cimmeri storici e la Cultura Kurgan probabilmente progenitrice di tutti i popoli occidentali.

Una cultura che ha le sue origini ancor più a oriente: non dimentichiamo che nel 2800 BCE un misterioso linguaggio indoeuropeo, il Tocario, era parlato nelle regioni desertiche del Takla Makan, nell'area del bacino del fiume Tarim, nell'odierno Sinkiang della Cina.

Nel nostro approfondito articolo sugli Dei bianchi del Mare di Gobi, abbiamo citato il ritrovamento nel 1978 a Loulan, sulle rive del lago Lop Nor, di molte mummie di carnagione bianca e dai capelli rossi, seguito dalla straordinaria scoperta nel 2005 di un mound nell'area di Xiaohe con oltre trecento mummie similari risalenti al 2500 BCE, fanno pensare che fosse il Deserto di Gobi la culla dei Cimmeri.

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Colline a tumulo nel mondo: qui a lato da sinistra Silbury Hill, in Inghilterra e a destra una tomba Kurgan vicino a Baku in Azerbaijan. Sotto, da sinistra come appariva il Mons Benelus, oggi trasformato nel celebre Mont Saint Michel: anche qui si tratta di un cumulo megalitico. Sotto, a destra, il tumulo di Xiaohe, nel deserto del Taklamakan, in Cina, dove sono trovate nel 2005 centinaia di mummie di uomini di razza caucasica.

Secondo l'esploratore inglese ottocentesco James Churchward la capitale della regione, la monumentale Khara Khoto, era l'antica Uighur città principale della mitica Mu, popolata da saggi uomini di pelle bianca, gli stessi uomini bianchi che dalla Cina, attraverso imbarcazioni di legno, percorsero l'Oceano Pacifico disseminando di megaliti le isole polinesiane, come ad esempio a Pohnpei e a Palau.

Gli stessi che influenzarono i mesoamericani, arrivando ai Maya e alla loro architettura. Da questa ricostruzione, appare chiaro, come avevamo già ricordato, che gli Dei bianchi che vengono citati da leggende cinesi, tibetane e indiane come abitatori del mare che bagnava una volta l'area occupata dal Deserto di Gobi possano essere gli stessi uomini bianchi dai capelli rossi che vennero divinizzati in Sudamerica.

Il peruviano Viracocha, il maya Kukulkan e l'atzeco Quetzalcoatl vengono raffigurati come uomini bianchi, alti di statura, con capelli e barba rossa e lunghe orecchie pendenti, le stesse che troneggiano sui volti enigmatici dei Moai dell'Isola di Pasqua. E tutto torna: megaliti, dolmen e menhir sparsi per il Pacifico, l'America, l'Europa, l'Asia e l'Africa; il ricordo ancestrale di mitici civilizzatori bianchi, probabilmente associati alla forma trapezoidale nella loro architettura; infine, affinità linguistiche, come la scrittura Rongo-Rongo dell'Isola di Pasqua identica nei suoi ideogrammi a quella dei popoli della Valle dell'Indo, anche loro di probabile origine cimmerica-tocaria, che abitavano la distrutta (da una bomba atomica?) Mohenjo-Daro.

In mezzo ci sono i discendenti di questo popolo misterioso, quei Celti dai capelli rossi e la pelle bianchissima… Certo, non si può dire che gli Irlandesi o i Gallesi o gli Scozzesi siano tutti geneticamente puri, ci mancherebbe.

Anzi, indagini genetiche su queste popolazioni e su altre europee hanno stabilito che vi è più un'impronta culturale conforme piuttosto che un patrimonio genetico comune tra gli ex Celti d'Europa.

Dobbiamo quindi parlare più di un insieme di tradizioni, folclore, mentalità celtica-cimmerica-indoeuropea, piuttosto che di un popolo unitario: una federazione di genti simili ma non identiche, spesso in rivalità, ma unite da uno spirito sciamanico-religioso comune.

E forse questa globalizzazione ante-litteram è quella che tutti oggi chiamano Atlantide: un popolo che unì tutto il pianeta nella sua cultura civilizzatrice. Un popolo che però non ha origine in un continente perduto nell'Oceano Atlantico, ma che ha in Asia e forse nel Pacifico e in quella mitizzata Mu, tanto criticata dai ricercatori, la sua patria originaria… E' da qui che provengono gli antenati dei Celti?
Lorena Bianchi

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Esempi di Celtismo: nella riga superiore, a sinistra un particolare del Calderone di Gunestrup, una delle massime espressione dell'arte celtica. Notare la somiglianza con i Moai dell'Isola di Pasqua (al centro), che mostrano zigomi occidentali, lunghe orecchie e nasi alla francese, nonché capelli rossi (realizzati dagli abitanti di Rapa Nui utilizzando della speciale lava rossa: da notare anche l'acconciatura "a cipolla" tipica dei Galli). A destra, il celebre "Sacerdote" di Mohenjo-Daro, la città pakistana del 2000 BCE distrutta da una misteriosa esplosione che secondo noi era abitata da popoli affini ai Celti e ai Cimmeri.

Nella riga inferiore: a sinistra il volto del dio atzeco Quetzalcoatl, bianco e barbuto, proveniente probabilmente dal Pacifico. Al centro una delle mummie di Xiaohe: una donna bianca, non molto diversa da uno dei simboli della cultura celtica mondiale, la cantante canadese (ma scozzese d'origine) Loreena McKennitt. A destra, schema comparativo della scrittura utilizzata a Mohenjo-Daro e quella Rongo-Rongo, impiegata sull'Isola di Pasqua. Entrambe le lingue non sono state ancora decifrate...


Fonte: http://www.satorws.com/origine-celti.htm



A parte la conclusione che si discosta dalle mie personali conclusioni sull'ubicazione di Atlantide, l'articolo di Lorena Bianchi evidenzia diversi e notevoli tratti comuni tra le civiltà storiche coinvolte nella cosiddetta "Rinascita" ad opera degli antichi dei e/o semi-dei di origine atlantidea (forse extra-terrestre) e le popolazioni celtiche.

I celti entrano così di diritto nell'elenco delle civiltà umane selezionate e coinvolte dagli Enkiliti per la 'ripartenza' dell'umanità dopo il diluvio aiutandoci anche a meglio immaginare quale aspetto potevano avere i nostri antichi dei della mitologia (che tanto fantasiosa non fu...)


Ultima modifica di Atlanticus81 il 27/05/2012, 22:13, modificato 1 volta in totale.


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Torniamo allo studio del popolo dei Sumeri e alla importanza da essi rivestita per tutte le successive civiltà dell'area. Osserviamo come le loro scoperte siano state alla base di molte altre civiltà successive, tra cui si ritiene anche il popolo ebraico, questi ultimi, molto probabilmente da accreditare come diretti discendenti degli stessi Sumeri, come sostenuto nello sviluppo del seguente thread.

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=12739

Per farlo sfruttiamo il lavoro di raccolta e sintesi di materiale relativo ai Sumeri fatto da Leonella Cardarelli e che possiamo leggere al seguente link

http://www.cerchinelgrano.info/i_sumeri.htm

KRAMER E LA STORIA DEI SUMERI

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Kramer, professore di assiriologia, ritiene che la civiltà dei Sumeri sia la "prima" civiltà, fra l’altro una civiltà molto evoluta. Nel suo saggio "Sumeri alle radici della storia", Kramer parla di prima cosmologia, primi principi morali, prime leggi, prime ricette mediche ecc.
Oggi ci sono però tesi differenti che asseriscono che la civiltà dei Sumeri, per quanto antica, non sia stata la prima civiltà: essa è oggi costretta a cedere il passo alla più antica India (1).
In realtà si può affermare che, per quanto concerne la zona europea del Mediterraneo, la civiltà più antica fu quella sumera, ma dire quale sia la civiltà più antica in assoluto non è semplice sia per le divergenze delle tesi in materia sia perché potrebbero crearsi confusioni anche sulla provenienza dei vari popoli. La civiltà sumera è stata indubbiamente molto evoluta per il periodo in cui è sorta, tant’è che Z. Sitchin ha elaborato una teoria diversa sulle loro origini, ma di questo parleremo in seguito.
I Sumeri occupavano il territorio della Mesopotamia, a sud dell’attuale Iraq. Le più antiche testimonianze scritte (tavolette d’argilla) risalgono al 3.500 a.C.


L'ARITMETICA DEI SUMERI

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L'aritmetica dei Sumeri aveva due cardini: il "10" e il "60". Mentre il motivo della scelta del "10" come base di riporto appare abbastanza chiara dall'osservazione delle dita delle mani, la storia del "60" è un po' più complessa e si intreccia con le vicende delle osservazioni astronomiche. Poiché l'anno veniva diviso in 360 giorni, la circonferenza in 360 gradi, l'ombra proiettata durante la giornata da un bastone fisso in posizione verticale in angoli di 60 gradi (sistema di misura del tempo), apparve necessaria la scelta del divisore comune "6" e, successivamente, del "60".
I Sumeri studiarono la matematica, tra l'altro, anche per realizzare favolose opere di ingegneria: una dimostrazione impressionante è data da questa carta dei campi e dei canali presso Nippur.

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In questo periodo in Mesopotamia sorgevano già delle piccole città stato come Ur, Lagash, Nippur e Eridu con a capo un lugal, cioè un principe locale. Non bisogna confondere la cultura sumera con quella degli Assiro-Babilonesi che vennero posteriormente, vale a dire attorno al IV millennio a.C. Oltre ai Sumeri vi erano altre civiltà ugualmente evolute nello stesso territorio ma non ebbero la loro medesima importanza storica.

Il primo re di cui si hanno iscrizioni certe è Enmebaragesi di Kish e siamo nel 2.650 a.C. circa. La città che emerge è Lagash, su cui ruota per diversi decenni tutta la politica del tempo, considerando per esempio che un suo lugal, Urukagina, fu conosciuto anche come grande legislatore.

Egli detenne il potere sul territorio fino all’avvento della città di Umma il cui capo Lugalzaggisi sconfisse Urukagina. Lugalzaggisi pensava in grande, egli volse il suo sguardo tanto ad occidente, verso le regioni mediterranee, quanto ad oriente: abbiamo con lui il primo pensiero di “monarchia universale” che la storia conosca e questo determinò una grande evoluzione nella vita sociale, economica ed istituzionale.
Il sistema di numerazione sumero era sessagesimale cioè in base 60. Le tavolette del 3.000 a.C. dimostrano che era presente un simbolo per l’1, uno per il 10, uno per il 60, uno per il 600 e uno per il 3.600. Il sistema era posizionale, dunque il numero si evinceva in base alla posizione dei simboli stessi.

A partire dal 2.000 a.C. si affermò un nuovo sistema di numerazione che utilizzava solo due simboli: uno per rappresentare l’1 e l’altro per il 10. Il sistema era sempre posizionale (in parte anche additivo, usato ad esempio per scrivere numeri grandi) e sessagesimale. Lo svantaggio di questo sistema numerico era costituito dal fatto che mancavano sia lo zero, sia un simbolo per separare i numeri (tipo la nostra virgola), dunque le cifre potevano dare adito ad ambiguità. In realtà il separatore c’era ma non veniva utilizzato. Come mai il popolo della Mesopotamia aveva scelto proprio un sistema sessagesimale? Perché era un sistema piuttosto semplice da utilizzare, non soltanto per le frazioni quanto in campo astronomico. L’evoluzione di questo sistema numerico è attestato dalle tavolette d’argilla e da testi matematici che contengono nozioni di carattere commerciale e legale.

Da questo sistema di numerazione nacquero, dal 2.400 a.C., le prime tabelle per la moltiplicazione, la divisione ed altre operazioni. In seguito si sviluppò l’algebra e lo studio dell’astronomia. Riguardo la disciplina astronomica sono state scritte da parte di questo popolo opere di una certa importanza.

La scrittura sumera (e babilonese) era di tipo cuneiforme ed è molto difficile decifrarne i caratteri.
Verso il 2.400 a.C. i Sumeri furono assaliti dagli Accadi, un popolo proveniente dal deserto vicino e guidato da Sargon I il quale istituì un vasto impero i cui centri di potere erano Ur e Agade. Gli Accadi assimilarono molti tratti della cultura sumera come la scrittura e il sistema numerico. Tuttavia già dal II millennio a.C. le città stato tornarono ad essere indipendenti.

Intorno al 2.460 a.C. nuove popolazioni sopraggiunsero: quella dei Semiti, proveniente dal deserto arabo e guidata successivamente dal grande Sargon di Akkad che sconfisse Lugalzaggisi e divenne fondatore dell’impero; poi (intorno al 2.300-2.100 a.C.) i Gutei che portarono distruzione e fame e sconfissero i Semiti. Lentamente, sotto la sovranità di Gudea, Lagash rinacque e poi anche Ur con la sua dinastia che regnò sulle quattro parti del mondo ma in cui il monarca assume un titolo molto significativo: “Re di Sumer e di Akkad” vale a dire che i due popoli, Sumeri e Semiti, si erano uniti storicamente.

I successivi invasori dei Sumeri furono gli Ittiti che affidarono il ruolo di capitale a Babilonia. Tra il 1.793 e 1.750 a.C. la città di Babilonia estese il suo dominio sotto la guida di Hammurabi, videro così la luce le prime impostazioni giuridiche codificate.
Vennero poi gli Assiri (885 a.C.) che furono a loro volta conquistati dai Caldei, una popolazione della Mesopotamia meridionale. Nel 311 a.C. si stabilì la dinastia dei Seleucidi, chiamata così da Seleuco, uno dei generali di Alessandro Magno. Fu così che i Sumeri entrarono in contatto con la cultura greca.

COSMOLOGIA E MITOLOGIA

I Sumeri non avevano una filosofia vera e propria ma avevano riflettuto ed indagato sulla natura dell’universo ed erano talmente convinti delle loro idee che non hanno mai sentito il bisogno di formularle per iscritto infatti il loro modo di vedere l’universo e la vita si devono estrapolare dai miti e dagli inni.

La religione dei Sumeri era politeista. Essi avevano circa un centinaio di dei, alcuni più importanti, altri meno.

Secondo il popolo sumero l’universo visibile si presentava sotto forma di semisfera, alla cui base c’era la terra e sopra il cielo. Questa semisfera si chiamava An-Ki (An= cielo, Ki= terra). Intorno alla terra c’era il mare e al di sotto di questo mare, nella parte diametralmente opposta del cielo, vi erano gli inferi che loro denominavano Kur. Oltre al mare, tra il cielo e la terra, loro posizionavano il vento, lil, vocabolo che significa anche soffio, aria, spirito.

Di questo universo, i Sumeri sostenevano che il primo elemento ad essere creato fosse il mare (l’Oceano primigenio infinito). Dal mare nacquero il cielo e la terra e dal cielo e la terra nacquero gli dei.

Gli dei più importanti erano quattro: An (dio del cielo), Enlil (dio dell’aria), Enki (dio dell’abisso e dell’oceano) e Ninhursag (dea nota come la signora maestosa. Si sostiene che in origine il suo nome fosse Ki, terra, la sposa di An, cielo).
Molto probabilmente in epoca arcaica il dio più importante era An, ritenuto il supremo re del pantheon, tuttavia già da fonti che risalgono al 2.500 a.C. possiamo apprendere che questo ruolo sia stato successivamente assolto da Enlil che venne considerato il Padre degli dei. I motivi di questa sostituzione ci sono ignoti.

Per i Sumeri gli dei erano immortali ma vivevano comunque come gli uomini: avevano bisogno di mangiare, di bere e potevano anche essere uccisi. Essi sostenevano che gli dei si comportassero in modo virtuoso ma che, allo stesso tempo, questi stessi dei avessero introdotto il male, la violenza, la menzogna e l’oppressione nel mondo al fine di mantenere l’ordine cosmico. Il male quindi viene visto dai Sumeri come un principio necessario e questo stesso assunto lo ritroviamo nel vedismo e nel taoismo.

Gli inni per gli dei esaltano bontà, rettitudine e giustizia, questo testimonia che la civiltà dei Sumeri era una civiltà con grandi ideali morali infatti essi avevano un dio (Utu, dio del sole) il quale aveva come compito proprio quello di mantenere l’ordine morale. Oltre a Utu anche la dea Nanshe non tollerava offese alla verità e alla giustizia.

Alcuni elementi della mitologia sumera li ritroviamo anche in quella greca, ad esempio il fatto che il dio del Sole viaggiasse su di un carro.
I Sumeri inoltre credevano, come generalmente tutti i popoli antichi, in una perduta età dell’oro, un’età di abbondanza e di pace e in cui tutti parlavano una lingua comune. Per i Sumeri questa età dell’oro sarebbe terminata a causa della gelosia del dio Enki nei confronti del dio Enlil. Enki, a causa della sua rabbia, sostituì il linguaggio comune con la molteplicità delle lingue, tema analogo a quello delle torre di Babele.

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Il Sole al centro del Sistema Solare - da http://www.nonsiamosoli.com/

LE ORIGINI DEI SUMERI SECONDO SITCHIN

Decifrare le tavolette d’argilla non è impresa facile. Uno dei pochi che possiede questa capacità è il famoso studioso e professore Zecharia Sitchin, autore di libri sulla civiltà sumera, tra cui Il pianeta degli dei e Le astronavi del Sinai.
Sitchin sostiene che i Sumeri siano il prodotto dell’accoppiamento con una razza aliena di aspetto simile al nostro (perché noi siamo “a loro immagine e somiglianza”). Si tratterebbe di esseri intelligenti che i Sumeri chiamavano Anunnaki (figli del dio An) e che la Bibbia chiama Nephilim.

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I Giganti Anunnaki - da http://www.nonsiamosoli.com/

Erano giganti (Genesi 6,4) e venivano da un pianeta che ha un’orbita ellittica simile a quella delle comete, che transita tra Marte e Giove ogni 3.600 anni: il dodicesimo pianeta.

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Orbita di Nibiru, il pianeta degli Anunnaki - da http://www.nonsiamosoli.com/

Praticamente secondo il professor Sitchin la selezione naturale di Darwin c’è stata ed ha prodotto i primati superiori dai quali discendiamo. Poi, grazie agli Anunnaki, c’è stato il salto verso l’Homo sapiens.

Secondo la sua teoria le cose sarebbero andate così: gli Anunnaki avrebbero iniziato a visitare la terra mezzo milione di anni fa e le loro gesta sono quelle che leggiamo nell’Antico Testamento o nel poema di Gilgamesh. In seguito avrebbero colonizzato la terra. Avendo bisogno di persone che lavorassero nelle miniere in Africa avrebbero creato “l’uomo” che corrisponde all’Homo sapiens, il quale fu generato appositamente per lavorare nelle miniere.

L’uomo sarebbe nato quindi nell’attuale Africa, in corrispondenza con la teoria darwiniana. Una volta creato, l’uomo avrebbe avuto due opportunità:
1) avrebbe carpito agli alieni il segreto per evolvere, cioè per non essere solo un lavoratore
2) le donne terrestri si sarebbero accoppiate con gli extraterrestri, infatti la Bibbia riporta che: “gli dei si innamorarono delle figlie degli uomini”.

In Genesi (6, 2) leggiamo che “i figli di Dio, vedendo che le figlie degli uomini erano adatte, si presero in moglie tutte quelle che loro piacevano”. Da questo accoppiamento sarebbero nati, secondo l’autore, i giganti, cioè una razza perfetta (gli atlantidei erano dei giganti e forse anche i lemuri) e molti di questi esseri divini (alieni) sarebbero ancora qui sulla terra.

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Statua Sumerica - da http://www.nonsiamosoli.com/

Alcuni sostengono che dall’accoppiamento tra un essere divino e un uomo nasca un individuo biondo con gli occhi azzurri.

Altri, di contro, sostengono che questo tipo di individuo nasca dall’accoppiamento di due semidei. Cioè:
alieno + uomo = semidio 1
altro alieno + altro uomo = semidio 2
semidio 1 + semidio 2 = essere biondissimo con gli occhi azzurri.
(Naturalmente ciò non deve portarci a supporre che tutte le persone bionde con gli occhi azzurri siano semidei, anche se in questi ultimi anni, avvicinandoci alla quarta dimensione, stanno nascendo molti individui con queste caratteristiche).

Qui si rendono necessarie alcune riflessioni. Sul libro "Antropologia degli alieni" (M. Centini, D. Grezzo e D. Tacchino) vi è una parte (scheda 9) in cui si parla di una tipologia di alieni descritti come esseri biondi e asessuati, simili agli angeli. Troviamo anche un’immagine ed è sorprendente constatare come l’espressione del viso di questi alieni e in particolare i loro occhi (molto grandi) somiglino alle raffigurazioni dei Sumeri presenti nel libro di Kramer. Le foto riportate nel saggio di Kramer, nonché i miti dei Sumeri, lasciano molto spazio per pensare che la teoria di Sitchin non sia affatto fantasiosa.

Drunvalo Melquizedeq invece, in L’antico segreto del fiore della vita propone una visione simile a quella di Sitchin ma con una leggera variante: per lui noi siamo nati dall’accoppiamento di due razze aliene: gli Anunnaki (tridimensionali) e i Siriani (quadrimensionali); anche questi ultimi erano dei giganti. Duemila anni dopo questo accoppiamento sarebbero nati i primi individui umani, precisamente a Gondwana, isola (o area, non si sa di preciso se fosse un isola o un insieme di terre) posta ad ovest dell’Africa e che oggi non esiste più. Non a caso i miti della creazione di popoli occidentali africani asseriscono che essi hanno avuto origine da un’isola, Gondwana, appunto. Ciò troverebbe conferma ancora una volta nella tesi che sostiene che la razza umana sia nata in Africa.

Secondo Sitchin la razza umana è nata 300.000 anni fa. Secondo Melquizedeq 200.207 anni fa.

Nel testo di Kramer leggiamo che “alla base delle idee e dell’ideale etico dei Sumeri era il "dogma" che l’uomo fosse stato fatto di argilla per servire gli dei”.

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Strani Volti raffigurati in sculture Sumeriche - da http://www.nonsiamosoli.com/

I Sumeri hanno due poemi mitici che rispecchiano pienamente l’assunto di Sitchin. Di questi poemi uno è interamente dedicato alla creazione dell’uomo, l’altro illustra perché l’uomo è stato creato e parla di un contrasto tra due divinità minori. Il primo poema spiega che prima della nascita dell’uomo furono creati sei tipi di esseri imperfetti: gli ultimi due tipi erano una femmina sterile ed un essere asessuato.
Questi esseri imperfetti potrebbero essere quelli che noi conosciamo come uomini primitivi?

Il secondo poema mitico invece parla di due dei (il dio del bestiame Lahar e sua sorella Ashnan, dea del grano) che furono creati nella sala di creazione degli dei affinchè gli Anunnaki avessero di che nutrirsi e vestirsi. Questo poema ha dunque portato i Sumeri a ritenere che l’uomo fosse nato per servire gli dei e da ciò scaturì la loro devozione verso le divinità.

Come possiamo notare, quindi, i miti dei Sumeri lasciano largo spazio affinché le teorie di Sitchin e di Melquizedeq circa la creazione dell’uomo non vengano accantonate come frutto di pura fantasia, anzi, comparando le varie fonti possiamo notare che tutti i pezzetti del puzzle coincidono.

Per la realizzazione di questo articolo si ringrazia Enrico Pantalone (http://www.enricopantalone.com/) per avermi aiutata nella parte storica fornendomi preziose nozioni.

BIBLIOGRAFIA
Centini M., Grezzo D., Tacchino D. (1998) Antropologia degli alieni - ed. Meb, Santarcangelo di Romagna, (RN)
Kramer, S. N. (1975) L’histoire commence à Sumer - Librairie Arthaud, Paris; trad. it. (1997) I Sumeri alle radici della storia, Grandi tascabili economici Newton (divisione della Newton e Compton), Roma
Melquizedeq, D. (1998) Ancient secret of the flower of life - vol. I, Light Technology Publ. trad. it. (2001) L’antico segreto del fiore della vita – vol. I, Macro edizioni, Diegaro di Cesena (FC)
Sitchin, Z. (1976) The 12th Planet - trad. it. (1998) Il pianeta degli dei, ed. Piemme, Casale Monferrato (AL)
Storia e teoria dei sistemi di calcolo e di comunicazione (materiale di supporto del corso omonimo, Università degli studi di L’Aquila, facoltà di Lettere e filosofia, prof. Mario Di Gregorio, A.A. 2004-2005)

ARTICOLO
Foschi, V. La Genesi - http://www.daltramontoallalba.it/speciali/genesi.htm

WEBGRAFIA
http://www.lostinn.com/lworld/giganti.htm
http://www.nonsiamosoli.com/

PER APPROFONDIMENTI
Sublash K, Frawley D, Feurstein G (1995) In search of the cradle of civilization - trad. it (1999) Antica India la culla della civiltà, Sperling & Kupfer editori, Milano

(1) Cfr. Sublash K., Frawley D., Feurstein G. (1995)



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MessaggioInviato: 18/06/2012, 15:03 
Il tema della Rinascita è strettamente legato all'esistenza di una Civiltà Madre, antecedente alla nostra storia tradizionale. Prove dell'esistenza di questa civiltà vanno ricercate in quegli elementi comuni a culture storiche lontane tra di loro nel tempo e nello spazio, retaggio culturale e forse anche architettonico di un modello sociale e tecnologico universale.

Tutti conoscono i geoglifi di Nazca, ai quali è stato attribuito, forse fin troppo grossolanamente, un mero significato cerimoniale, specifico delle passate popolazioni autoctone. Se ne è parlato anche qui:
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=598

Foss'anchero percorsi cerimoniali (cosa di cui dubito fortemente) come spiegare l'esistenza di geoglifi simili ritrovati in diverse zone della terra come in Amazzonia http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=8060

Ma soprattutto in medio-oriente? http://insolitanotizia.blogspot.it/2011 ... llite.html

Questi ultimi collegano ancora una volta la mesopotamia con il mesoamerica contribuendo notevolmente a ipotizzare un retaggio comune o un contatto tra i due continenti separati dall'Oceano Atlantico - così come teorizzato dall'ipotesi di Rinascita avanzata in "Genesi di un Enigma" e negli articoli pubblicati dal Progetto Atlanticus.

Ma se ciò non bastasse ecco di seguito uno studio effettuato da Armando Mei concernente una serie di geoglifi ritrovati in Siria i quali presentano notevoli analogie con quelli di Nazca.

Sono anch'essi meri "percorsi cerimoniali"?

Misteriose Linee in Siria

Il Deserto Siriano propone un nuovo rompicapo...

Una serie molto complessa di "Linee" attraversano le zone più impervie dell'area centrale del Paese mediorientale. Sembrano essere particolarmente simili alle più famose Linee di Nazca, in Perù, ma i disegni che sono proposti particolarmente misteriosi, poiché non sembrano riprodurre elaborazioni definite come quelle sudamericane. In Siria, infatti, la forma ricorrente è la "Spirale", con caratteristiche più o meno armoniche e definite.

Immagine

Nell'immagine si evidenzia un disegno spiraliforme, posizionato a 34°47'57" N - 38°55'06" E. La particolarità della forma è semplicemente straordinaria per le fattezze, poiché, come per Nazca, anche in questo caso non sono visibili dal basso. Questa caratteristica è la medesima per tutte le raffigurazioni che seguono.

Immagine

Questo "disegno", che si trova a circa 150 metri di distanza da quello precedente in direzione sud-est, è parte di un "progetto" molto più ampio e complesso che si integra con un altro elemento straordinariamente interessante per la forma, la nitidezza e la particolarità delle caratteristiche riprodotte.

Immagine

Il Triangolo disegnato nel deserto siriano si trova esattamente a Nord dei precedenti ed insieme formano un'area particolarmente interessante poiché si inseriscono in riproduzioni lineari molto più complesse. Le forme, nel loro insieme, potrebbero rappresentare un chiaro strumento simbolico di comunicazione davvero interessante, sul quale stiamo studiando per cercare di comprenderne la funzione ed eventualmente il messaggio che potrebbero contenere.

Immagine

Nella foto, è visibile l'intera area che comprende i tre particolari evidenziati in precedenza. Nella parte centrale è visibile la conformazione a "spirale" che si sviluppa su due direttrici differenti, l'una sull'asse Est-Ovest e l'altra sull'asse Nord-Sud. Esattamente nel punto centrale, nella congiunzione tra le due direttrici, si evidenzia il punto di origine che è a sua volta circolare.

Immagine

In questa immagine, si rileva una serie di linee concatenate che si estendono da Sud-Est verso Nord-Ovest seguendo una forma che ricorda lo Stegosauro, con la coda che si allunga in direzione Nord. E' un disegno che, a sua volta si integra con altre raffigurazioni sparse nella zona che formano riproduzioni non esattamente definibili a causa della particolare conformazione dell'area e dalla presenza di arterie di comunicazioni costruite nel tempo che hanno rovinato le forme originarie.

Tutta l'area interessata da queste particolari e misteriose raffigurazioni si trova in un raggio di circa 600-700 Km dall'antica Nippur, città sumera in cui aveva sede la "residenza" sacra dedicata al dio del vento Enlil.
A nostro parere, non sarebbe azzardato ipotizzare che l'area possa riferirsi a quella che Sitchin aveva descritto come Luogo dell'Atterraggio.
Infatti, se per le Linee di Nazca è stata ipotizzata una funzione tipicamente "segnaletica", poiché visibili solo da una certa altitudine, la medesima attribuzione può essere riproposta anche per le misteriose Linee in Siria.

Esse potrebbero essere state utilizzate proprio come punto di riferimento per "qualcosa" o "qualcuno" che, dall'alto, si avvicinava alla zona.


Linee di Siria sono riprodotte in un'area che si estende per poco più di 100 Kmq, e sono comprese tra i Governatorati di Homs, Deir el-Zor e Al Raqqa, nel cuore del deserto siriano. Sparse su una superficie per lo più composta da roccia e sabbia, esse impreziosiscono una vasto altopiano situato a circa 500mt di altezza con raffigurazioni davvero particolari.

Rispetto alle linee di Nazca, sono estremamente rovinate - probabilmente perchè di gran lunga più antiche e sottoposte alle condizioni estreme di un'area desertica. Tuttavia, in alcuni punti, esse hanno mantenuto la loro conformazione originale, lasciando intendere che il territorio è stato oggetto della manipolazione di una Civiltà che ha inteso imprimere il sigillo del proprio passaggio.

A differenza delle linee di Nazca, tuttavia, esse si presentano con disegni decisamente più ampi, con una distribuzione delle linee interne circa il doppio di quelle peruviane. Infatti, mentre nei disegni di Nazca, la distanza media tra una linea e l'altra si aggira intorno ai 5mt, in quelle siriane si raddoppiano...

Ciò che lascia piacevolmente colpiti è la similitudine che si riproduce in alcuni disegni...

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Nella foto, proponiamo un confronto tra "Spirali". A sinistra è possibile verificare la particolarità della raffigurazione di Nazca, mentre a destra, quella rinvenuta nel deserto Siriano. La presenza di questo disegno, è una costante in entrambi i siti. Peraltro, la Spirale ha assunto un significato profondamente simbolico nel corso dei millenni, trovando la propria origine nel nostro passato remoto, introdotta da Civiltà ancora poco conosciute.

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Un particolare davvero significativo è il tentativo degli autori di richiamarsi alle simbologie astronomiche riproducendole in terra. Nella foto a sinistra, la "Conchiglia" di Nazca che - oltre a richiamare la forma spiraliforme - sembra sottintendere un chiaro riferimento all'astro principale del nostro sistema solare... Parimenti, nella foto a destra, la Civiltà che ha realizzato i particolari disegni nel deserto siriano ha voluto richiamare l'astro solare stilizzandolo nella forma e nei raggi che si dipartono dal proprio centro...

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La similitudine tra le due raffigurazioni, lascia semplicemente attoniti. Mentre nella foto a sinistra, è possibile vedere un disegno che abbiamo "ribattezzato" candelabro, dato il particolare richiamo alla Menorah, nella raffigurazione a destra, nel deserto siriano, è possibile notare una disposizione del tutto simile al citato candelabro ebraico. Esso fa parte di un disegno ancora più complesso che sembra terminare con un "punto indicatore" che abbiamo definito "indice" che punta esattamente a sud-ovest in direzione di Giza!

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Infine, non poteva mancare una "pista"...

Nella foto a sinistra, si nota la particolare disposizione di una delle Linee più famose di Nazca che sembra richiamare una "pista". Nella foto a destra, invece, è possibile notare un particolare di una "linea" che si estende per circa 30 km in direzione NNW che taglia in verticale il deserto siriano. Ha una larghezza pressoché costante di circa 45mt. Come per le Linee di Nazca, anche quelle siriane sono costeggiate da pietre lungo tutto il percorso, quasi a voler evidenziare un'attenzione particolare per la funzione a cui erano state originariamente destinate.


Fonte: http://meimor-antichecivilta.blogspot.i ... siria.html



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MessaggioInviato: 14/07/2012, 18:34 
La migrazione indoeuropea, i Kurgan

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Come dimostra la cartina geografica, popolazioni indoeuropee, patriarcali e guerriere, provenienti dall'area caucasica e siberica, si introdussero in Europa, estinguendo o assoggettando con le armi e la violenza le società gilaniche (vedi link http://italianimbecilli.blogspot.com/20 ... unita.html) cancellando di fatto l'eredità lasciata loro dagli insegnamenti enkiliti durante il processo di Rinascita.

Le prime comunità umane, libere e pacifiche, fondate su una auto-organizzazione basata su cooperazione e solidarietà, che per migliaia di anni avevano prosperato in Europa e in Mesopotamia, vengono pertanto soppiantate dalle ondate delle popolazioni indoeuropee tra cui appunto i Kurgan.

Il modello sociale imposto vede come elementi dominanti la forza fisica e l'autorità maschile relegando la figura della donna (e della sua spiritualità) a un livello di schiavitù e di concubinaggio forzato. L'ordine anarchico venne represso, fu introdotto il concetto di proprietà (che poi sfocerà nella monetizzazione, nel mercato) soppiantando un efficace sistema economico basato sul dono.

Da questa logica oppressiva nacque quella che la storiografia ufficiale, riconosce come la "nostra" civiltà, le prime monarchie, i primi regni... omettendo tutto ciò che di buono vi era prima in una arcadica società così come venne progettata per l'uomo da Enki, dopo il diluvio, con il processo di Rinascita, grazie alla quale ebbero origine le prime società umane, tra cui i Sumeri, appunto poi soppiantate o "contaminate" dall'arrivo degli Indoeuropei.

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E' solo dopo il loro arrivo infatti che la linea del tempo inizia a registrare gli accadimenti storici che studiamo sui libri di testo, relegando alla figura di semplici miti ciò che precedeva la storia. Una storia prima della storia, volutamente cancellata dalla storia.

E' dalle ricerce di Marija Gimbutas che possiamo conoscere le misteriosi origini del popolo indoeuropeo. Dagli studi della Gimbutas emerge un quadro abbastanza semplice e lineare della comparsa degli Indoeuropei sulla scena della storia: migrando dalle loro regioni d'origine (Urheimat collocata fra gli Urali e il Danubio), le popolazioni indoeuropee si sarebbero sovrapposte un po' ovunque (dall'Europa occidentale all'India) alle popolazioni neolitiche preindoeuropee, come élites guerriere tecnicamente più avanzate (detentrici della metallurgia del rame e del bronzo), imponendo in gran parte alle popolazioni sottomesse la loro struttura sociale e la loro religione

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L'ipotesi più diffusa sulla tipologia di popolazione era quella di un popolo di guerrieri nomadi che, migrando dalle sue sedi originarie a causa della scarsità di risorse, avrebbe travolto le civiltà preesistenti, portando tuttavia delle innovazioni tecnologiche come la metallurgia del bronzo, poi del ferro, l'uso del carro da guerra e del cavallo.

Soprattutto fra gli indoeuropeisti di scuola tedesca , tra cui Gustaf Kossinna, lo studio sull'origine degli indoeuropei veniva mischiato con lo studio sull'origine Germani, che si presentavano come guerrieri patriarcali rozzi e feroci, primitivi e nomadi, in opposizione all'avanzata civiltà mediterranea antica greco-latina.

Andando assai più indietro nel tempo, nelle tradizioni fra storia e leggenda che circondano l'origine dell'età antica mediterranea, agli studiosi si offriva il modello dell'invasione dorica che, intorno al 1100 a.C. avrebbe spazzato via la civiltà micenea preesistente, anch'essa indoeuropea (e non meno guerriera, visto che aveva sopraffatto la civiltà asiatica dei Troiani).

Quanto al ramo indiano dell'indoeuropeo, o indo-germanico, era fin troppo facile ravvisare, nei Veda come nei più tardi poemi epici Mahabahrata e Ramayana, il sovrapporsi, a genti preindoeuropee, di una società guerriera, non dissimile da quella descritta nei poemi omerici.

Gli Indoeuropei erano quindi una popolazione nomade primitiva, guerriera, patriarcale, venuta dal nord che si sovrappose in una o più fasi, alle popolazioni preindoeuropee, soggiogandole e dominandole come élite guerriera, che poi impose la propria lingua alle genti sottomesse (secondo un modello che Andrew Colin Renfrew ed altri studiosi definiscono "mutamento linguistico per sovrapposizione di un'élite").

E' proprio l'arrivo degli indo-europei a 'rovinare' i piani di Enki e della Rinascita in quanto, sostituendo i loro paradigmi sociali a quelli tipici della Rinascita danno il via alla storia umana, alle sue violenze, alla prevaricazione del forte contro il debole, all'introduzione della proprietà privata e a tutte le conseguenze che ciò porterà nel corso dei millenni a venire.

Culture mai entrate in contatto con gli indo-europei (e penso ai nativi americani) sono rimaste invece più legate ai vecchi paradigmi della Rinascita enkilita e ai modelli delle arcadiche società gilaniche.


Ultima modifica di Atlanticus81 il 14/07/2012, 18:55, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 11/08/2012, 00:26 
Volevo ringraziare Sheenky per aver messo a disposizione un contributo così importante che dal mio punto di vista si ricollega alle mie ricerche su quel periodo storico precedente al Diluvio, caratterizzato dall'esistenza di superpotenze note oggi col nome di Atlantide, Mu, Lemuria, le quali dominavano il mondo "civilizzato" del tempo. Le CIVILTA' MADRI dalle quali sorsero durante la RINASCITA post-diluviana le prime civiltà umane storicamente riconosciute.

LA PIRAMIDE DI LUCE DI LA MANA
10 Agosto 2012 15.55 - Di: Sheenky

Articolo di Klaus Dona e Reinhard Habeck
Fonte: http://www.fuocosacro.com/pagine/mitologia/piramide.htm

Straordinari oggetti sono stati ritrovati nella giungla dell’Ecuador, in una località chiamata La Mana. Una collezione del tutto inspiegabile, ricca di simbologie esoteriche, che richiama a un passato dimenticato e alla scomparsa terra di Mu.

Storici e scienziati fanno il possibile per esplorare il nostro passato nel modo più esauriente possibile. Eppure gli studiosi hanno a che fare sempre più spesso con ambiti di ricerca che, come prima, sono avvolti dall’oscurità e non ci danno pace. è il caso della collezione più straordinaria del mondo: i misteriosi oggetti di pietra provenienti da La Mana, antica città dell’oro situata in mezzo alla giungla dell’Ecuador.

Il caso ha voluto che questi pezzi richiamassero la mia attenzione nel gennaio del 2000, nel corso dei febbrili preparativi per la grande mostra Unsolved Mysteries. Tutto cominciò con la telefonata di un amico, l’ex ballerino solista della Wiener Staatsoper e oggi noto regista Herbert Nietsch. Egli mi chiese se era possibile incontrarci. Si trattava del suo fratellastro, il dottor Valentin Hampejs.

Quando ci vedemmo, mi chiese di sostenere un suo ambizioso progetto: la realizzazione di un documentario televisivo sul dottor Hampejs. Questi è un triplice dottore (in medicina, neurologo e psichiatra), che vive in Ecuador da oltre 20 anni. Non solo ha studiato approfonditamente lo sciamanismo ecuadoriano, ma nel frattempo ne è diventato il maggiore esperto, ed egli stesso esercita con successo l’attività di sciamano e di medico naturalista. Osservando attentamente alcune foto ne notai una che riproduceva strani oggetti di pietra. Domandai di cosa si trattasse. Herbert Nietsch mi raccontò che suo fratello aveva un conoscente in Ecuador, il quale, cercando l’oro, aveva riportato alla luce misteriosi oggetti di questo tipo. Udito ciò mi dissi: “devo vedere questa collezione con i miei occhi! E al più presto!”. Volevo procurarmi quei pezzi per esporli nella mia mostra e renderli noti ad un vasto pubblico.

E' stato il primo di diversi viaggi di ricerca in Sudamerica. Partii nel febbraio del 2000. Mi accompagnarono l’amico Reinhard Habeck (collaboratore nelle ricerche e catalogatore della mostra Unsolved Mysteries), il dottor Willibald Katzinger (direttore del Museo Nordico di Linz e coordinatore scientifico della nostra mostra) e il saggista e ingegnere civile Hans Joachim Zillmer.

La piramide e l’occhio

A Quito, capitale dell’Ecuador, fummo subito ricevuti dal dottor Hampejs, insieme al quale raggiungemmo un piccolo luogo fuori città. Nessuno, in quei dintorni, sospetterebbe l’esistenza di inusuali tesori provenienti da epoche nascoste. Qui incontrammo per la prima volta German Villamar, imprenditore agricolo e coordinatore di seminari, probabilmente il possessore dei pezzi più insoliti del mondo.

Quando questi ci condusse nel suo soggiorno, manifestammo uno stupore incontenibile. Su un tavolo erano stati disposti circa 50 oggetti in pietra e in terracotta: pietre di diversa lunghezza, dalle fattezze bizzarre e con singolari deformazioni, teste di serpente in pietra, piatti con strane incisioni e spirali, sculture di argilla dalle anomale caratteristiche e molto altro ancora.

Un oggetto in particolare ci aveva affascinato e colpito più di tutti: una piramide in pietra sulla quale è stato incastonato un occhio e dove sono stati incisi 13 gradini. Ad uno sguardo più attento si è capito che l’occhio è stato lavorato con la pietra e incastonato nell’oggetto piramidale. Il suo colore è grigio, come la piramide stessa. Riconoscemmo subito quest’antichissima simbologia. La troviamo descritta in diverse tradizioni, ad esempio nella Bibbia, nonché connessa alla Corporazione del Serpente, una società segreta esistente in oriente da tempi remoti. Più tardi questa simbologia si ritrova nelle logge massoniche, nel simbolismo alchemico e nelle società segrete degli Illuminati.

Come ulteriore conferma, German Villamar tirò fuori una banconota da un dollaro, sulla quale si trova raffigurato quello stesso simbolo. Di questa simbologia della piramide si è già parlato da secoli. Sono state esposte diverse teorie, discusse in modo controverso.

La cosa diventava sempre più avvincente: dopo aver visionato tutti gli oggetti che si trovavano sul tavolo, German Villamar ci condusse in una buia stanza attigua. Pose la piramide su un tavolo e accese una lampada a raggi infrarossi. In quel momento ammutolimmo tutti. L’occhio della piramide emanava luce come un vero occhio divino, e i gradini apparivano come incisioni azzurrognole. L’immagine offriva una visione quasi spettrale!

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La piramide di La Mana

Questa piramide di pietra era realmente qualcosa di particolare. Dopo questa presentazione appassionante, esaminammo l’oggetto molto attentamente e notammo qualcosa di sorprendente: ai piedi della piramide si potevano riconoscere dei piccoli intarsi dorati, raffiguranti la costellazione di Orione. Sopra vi erano state apposte incisioni, inizialmente caratteri indecifrabili. Solo mesi più tardi venimmo a conoscenza del contenuto di questi segni. Secondo una traduzione fatta dal professor Kurt Schildmann, presidente della Società Linguistica Tedesca, quel testo criptico significherebbe: “Il figlio del creatore è in viaggio”.

Dalla visione della maggior parte degli artefatti si è potuto notare che essi non hanno alcuna relazione con l’esistente cultura precolombiana. Sono falsificazioni moderne? Ma chi sarebbe stato capace di produrre un simile oggetto? E per quale motivo? Come sono giunti in Ecuador questi strani pezzi? Chi li ha realizzati, quando e a quale scopo?

La mappa di pietra
La chiave di tutto potrebbe trovarsi nel luogo di ritrovamento, La Mana. Un luogo situato nelle colline ecuadoriane, in mezzo a una giungla sperduta, dove negli anni ‘80 sono stati compiuti sfruttamenti auriferi con mezzi meccanici. L’ingegner Sotomayor, che allora ha condotto la ricerca, ha scoperto una piccola grotta situata a 10 metri di profondità, dove si trovavano diversi contenitori di ceramica. In essi erano stati riposti e conservati gli artefatti.

Da quale periodo provengano e chi sia stato a depositarli lì dentro, proteggendoli da accessi abusivi, non è ancora noto. In ogni caso quel luogo possiede caratteristiche misteriose già da tempi remoti. Sul luogo di ritrovamento vi è una sorgente che presenta una particolarità: la presenza nell’acqua di oro organico e potabile! Gli idrologi considerano l’acqua di questa fonte come la più ricca di energia in assoluto. D’altra parte, ciò ricorda i testi tradotti dalle tavole di argilla sumere, dove ricorre più volte l’espressione secondo la quale gli dei un tempo cercavano l’acqua ricca di oro. Il mistero permane. Questo vale anche per un altro ritrovamento eccezionale effettuato a La Mana: la cosiddetta carta geografica in pietra.

Su questa lastra di pietra, alta 60 cm, larga 40 cm e profonda 30 cm, è stata incisa la mappa del mondo, dal tropico del sud fino a quello del nord. Oltre ai noti continenti del Nord e Sudamerica, l’Europa, parte dell’Africa e dell’Asia, si trovano anche i profili di tre continenti oggi sconosciuti: la leggendaria Atlantide nell’Oceano Atlantico, Mu e presumibilmente Lemuria nell’Oceano Pacifico.

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Questa sorprendente lastra potrebbe riaccendere il dibattito su Atlantide e Mu. A tal proposito, le recenti ricerche e scoperte del geologo professor Masaaki Kimura, offrono spunti sufficienti. Lo scienziato ha esaminato tavole di pietra ritrovate nelle isole Ryukyu contenenti antiche iscrizioni, e studiato i monumentali edifici in pietra che si trovano nelle acque dell’isola di Yonaguni, a 25 metri di profondità. Secondo gli studi condotti da Kimura, dal nord del Giappone fino a sud di Taiwan dev’esserci stato un continente, sprofondato in seguito a catastrofi climatiche e al conseguente innalzamento del livello del mare. Su questa ipotesi forniscono indizi le iscrizioni e i simboli millenari trovati sulle lastre di pietra di Ryukyu. In essi si parla di un regno costituito oggi da isole sommerse: indubbiamente la leggendaria terra di Mu.

Il professor Kimura ha realizzato un’altra scoperta interessante: i caratteri sulle tavole di pietra ritrovate nelle isole Ryukyu, somigliano a quelli descritti dall’eccentrico colonnello britannico James Churchward nel suo libro The lost continent of Mu, pubblicato nel 1926. Anche in questi si riconoscono affinità con i caratteri incisi su ogni pietra a forma piramidale di La Mana. Un puro caso?

Su ciascuna piramide si trova raffigurato un occhio e sotto si trovano incisi molti simboli e spirali. Potrebbe esserci una profonda connessione tra tutti questi riferimenti. Senza dubbio sarebbe sensazionale, ma per me non impossibile, se dovesse risultare una relazione tra queste pietre, il continente sommerso di Mu e gli oggetti trovati nelle isole Ryukyu.

Torniamo alla “carta geografica di pietra” di La Mana. I profili del continente sommerso di MU si riconoscono chiaramente. Le ricerche compiute finora fanno pensare ad una datazione molto remota di questa pietra. La domanda è: chi è stato a realizzare, molte migliaia di anni fa, questa “mappa geografica di pietra”, e soprattutto chi, a quell’epoca, poteva conoscere la struttura della terra così bene da poter incidere una mappa che sembra essere stata frutto di osservazioni dall’alto? Può, questa lastra, essere considerata una prova del fatto che i regni di Atlantide, Mu e Lemuria siano effettivamente esistiti? Per ottenere maggiore chiarezza saranno necessarie ulteriori ricerche.

Un ulteriore dettaglio potrebbe essere importante: sulla pietra sono stati effettuati due intarsi simili a un occhio: uno nella regione della ex Babilonia, l’altro nel luogo di ritrovamento in Ecuador. Tra i due punti vi è una linea di congiunzione bianca. Per gli artefici della “carta geografica di pietra”, ciò sembra aver rivestito una particolare importanza.

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Ma quali conclusioni si possono definire? Esiste un antico legame culturale tra i sumeri e l’attuale luogo di ritrovamento in Ecuador? Molti pezzi museali, conservati nel Sud e nel Nordamerica e da me stesso attentamente esaminati, testimoniano che già da lungo tempo vi sono stati contatti globali tra le popolazioni primitive del Vecchio e del Nuovo mondo.

Reperti astronomici
Tra i pezzi della collezione di Villamar vi sono altri tre oggetti, i quali racchiudono una mistica nascosta. Il primo è una pietra nera sulla quale viene mostrato come si regge la piramide con l’occhio incastonato, probabilmente in una sorta di rituale. L’altro è una pietra sulla quale sono osservabili incisioni inusuali: un uomo siede su un piedistallo e regge la piramide nelle sue mani. Sulla testa porta una sorta di elmo con una specie di antenna o di foro, da interpretare come linea di congiunzione con una “barca scintillante”. Al di sopra si libra un oggetto raggiato oppure un occhio senza iride né pupilla. Dagli occhi della persona rappresentata si diramano linee verso due uomini inginocchiati.

E' interessante notare che tra gli oggetti ritrovati vi sia anche un elmo rotondo realizzato con una lega d’oro, sulla cui parte superiore un pezzo è mancante. Una fessura intenzionale, che corrisponde esattamente alla scena raffigurata sulla pietra. Ci fu poi mostrata una serie di oggetti che ha relazioni evidenti con concetti mistici occidentali. Si trattava di una grande coppa in giadeite con alcuni punti sulla sua superficie. Tali inserti, come altri pezzi La Mana risultano fosforescenti e agli ultravioletti formano delle costellazioni brillanti sullo sfondo blu del bicchiere. Sono riconoscibili Orione, con Betelgeuse in evidenza, e le Pleiadi, oltre ad altri asterismi che un esperto del Buenos Aires Astronomical Institute ha definito ben rappresentati il cielo visto dal Sudamerica.

Tale coppa è accompagnata da altre dodici coppette più piccole, tutte di dimensioni differenti. Si è calcolato che unendo ipoteticamente tutte le coppe più piccole in un unico oggetto si otterrebbe una coppa della dimensione di quella principale. Sui bicchieri sono presenti anche dei segni simili ai numerali maya. E’ evidente che le dodici coppette con la tredicesima siano un richiamo alle leggende del Graal, dei dodici apostoli e del Cristo.

La domanda è: cosa ci fa in Ecuador, assieme a una piramide massonica, un altro simbolo immortale legato all’esoterismo cristiano? Le domande aumentano se si pensa che della collezione fanno parte altri oggetti similari, a connotazione astronomica, come due “osservatori” posti su una base di giadeite, anch’essa dotata di costellazioni. Oppure una splendida testa di cobra.

Molti sanno del legame tra il cobra e la divinità per gli antichi egizi, per gli induisti, ma questa testa è caratterizzata nella parte inferiore da una decorazione fosforescente a 7 punti per lato e 33 strisce. Tali numeri fanno diretto riferimento all’energia Kundalini e al sistema dei sette chakra posti lungo le 33 vertebre della spina dorsale umana; energia rappresentata proprio da un cobra con cappuccio aperto. Soprattutto ci ha colpito la presenza di una roccia, sulla cui parte anteriore sembrava essere “incastonato” un viso di uomo barbuto dai capelli lunghi mentre sulla parte posteriore una sorta di spirale racchiudeva un triangolo al cui centro vi era un’inserzione verde, proprio in corrispondenza del “terzo occhio” dell’individuo raffigurato.

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Un permesso inaspettato

Dopo aver esaminato tutti quegli oggetti singolari, con entusiasmo scegliemmo gli oggetti più interessanti da prendere in considerazione per la mostra, e discutemmo le condizioni di prestito con German Villamar. Alla fine del colloquio seguì qualcosa di inaspettato. Egli ci spiegò che dovevamo era necessario chiedere il permesso alle guide indios del luogo (i successori autoctoni degli incas), essendoci pietre considerate magiche tra i reperti.

La sera seguente ci incontrammo così nuovamente a casa di German. Era presente anche Luis Viracocha, un uomo molto carismatico che tra gli indios è una personalità di rilievo. La sua è una famiglia di artisti che esegue da molte generazioni sculture tradizionali in pietra con motivi inca. La sua prima reazione alla nostra richiesta di prestito fu un categorico “no!”. Ci spiegò energicamente che era fuori discussione che quegli oggetti lasciassero quel luogo. Dopo un’ora di conversazione, Luis prese in mano un piccolo piatto di pietra, di giadeite verde-scura, dove erano stati intarsiati un cerchio blu, e una spirale arancione.

Con un piccolo magnete che pendeva a un filo, fu poi fatto un esperimento. Luis diede al dottor Hampejs il filo con il magnete e gli disse: “Mantieni il pendolo col magnete sul centro della spirale”. Detto fatto. Dopo alcuni secondi il magnete cominciò a girare descrivendo un cerchio dall’interno verso l’esterno. Una volta toccato il bordo del piatto, ruotò per un po’ di tempo senza fermarsi, a velocità costante. Il test fu ripetuto con successo anche da Reinhard Habeck e dal dottor Joachim Zillmer. Infine venne il mio turno. Restai sorpreso e un po’ deluso: il magnete non si era mosso di un millimetro. Ritentai più volte, ma non accadde nulla. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, mi misi a ridere e rinunciai.

Lanciai a Luis uno sguardo interrogativo: volevo sapere perché con me non aveva funzionato. Assunse un’espressione molto seria e invitò il dottor Hampejs, Reinhard Habeck e il dottor Zimmer a compiere nuovamente la stessa procedura.Di nuovo la cosa funzionò con tutti e tre. Infine, ritentai io. Ma come prima, il magnete restava del tutto immobile. Provai addirittura a stimolare intenzionalmente il pendolo, ma senza successo. Dopo alcuni minuti mi arresi, e mi chiesi stupito cosa fosse successo.

Luis andò da German e gli comunicò con un’espressione seria: “German, a quest’uomo puoi mettere a disposizione la pietra per la sua mostra!”. In seguito al rifiuto iniziale di Luis, eravamo molto abbattuti, ora la nostra gioia fu davvero grande. Domandai a Luis: “Che conclusioni devo trarre dal fatto che il pendolo nelle mie mani non si muoveva? Questa cosa ha un significato particolare?”.Luis, infine, mi sorrise e disse: “Vedila come un segno! Un buon segno!”. Fino ad oggi, non so ancora quale significato abbia avuto questo esperimento. La buona fede di questa gente semplice è, comunque, confermata dal fatto che non hanno mai fatto nulla per rendere noti questi oggetti, custodendoli gelosamente come testimonianze sacre dei loro antenati. Si tratta di persone molto legate alla loro tradizione sciamanica. Sono stato fortunato. Il giorno dopo la nostra squadra di quattro persone prese l’aereo e partì fiduciosa alla volta di Cuenca. Anche lì ci fu data la possibilità di accedere a collezioni straordinarie date per disperse. Ma questa è un’altra storia.

Fonte: http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9539



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MessaggioInviato: 11/08/2012, 01:32 
Uno dei momenti più importanti del periodo storico che definisco "Rinascita" è certamente la scoperta dell'agricoltura. Ciò che colpisce è che questa viene scoperta quasi contemporaneamente in diversi luoghi della terra, dall'estremo oriente alla 'mezzaluna' fertile mesopotamica fino al di là dell'Atlantico... nella regione che fu popolata da Olmechi e Maya.

Infatti dalla cronologia di Pinha Chan, la quale colloca sulla linea temporale i principali avvenimenti della storia delle popolazioni pre-colombiane osserviamo una certa corrispondenza con quanto previsto dalla storiografia ufficiale anche nella macro-regione geografica indo-europea:

Preagricola
30000-7000 a. C.
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Primi indizi di occupazione umana nel Mesoamerica.
El Cedral (San Luis Potosí)
Tlapacoya (Messico)
Mujer del Peñón (Distrito Federal)
Diffusione della Civiltà Clovis
Sussistenza a partire da caccia e raccolta

Protoagricola
7000-5000 a. C.

Prove degli inizi dell'agricoltura, tra i quali la coltivazione di alcune varietà di zucca (Cucurbita pepo e Lagenaria siceraria).
La dipendenza dei prodotti ottenuti dalla caccia e raccolta obbliga il costante movimento dei gruppi umani.
Coltivazione del mais, del fagiolo e del peperoncino.

Inizio dell'agricoltura
5000-2000 a. C.
comparsa dei primi insediamenti nettamente sedentari, dipendenti dalla agricoltura.
Prime manifatture di ceramica a Puerto Marqués (ceramica Pox) e nella valle de Tehuacán (fase Purrón)

Guarda caso questo accade proprio contemporaneamente a quanto avveniva a migliaia di chilometri di distanza in medio-oriente.

Dobbiamo però registrare inoltre come solo negli ultimi decenni questa datazione sia stata messa in discussione da Christian Duverger, uno degli autori più critici rispetto alla cronologia impiegata tradizionalmente nell'archeologia e nella storiografia del Mesoamerica. Secondo questo autore, la storia del Mesoamerica non inizia con la comparsa della ceramica, conquista tecnologica circa la quale lo stesso autore esprime dubbi e perplessità, rifiutando di accettare come validi (chissà poi perchè?!?) i reperti di Puerto Marqués (cerámica Pox) e la fase Purrón proposta da Robert Mac Neish per la Valle de Tehuacán.

Entrambi i siti sono stati datati tradizionalmente alla metà del terzo millennio prima dell'era cristiana, ma in circostanze che, a detta di alcuni specialisti, incluso lo stesso Duverger e Christine Niederberger (2005), sono "sospette" o "insufficientemente sostenute". Sul caso dei primi reperti egli considera che posseggano un'antichità di molto inferiore rispetto a quella supposta (ad esempio colloca la ceramica della civiltà Capacha nel VIII secolo a.C., in aperto contrasto con la data fissata da Isabel Trusdell Kelly, corrispondente al XV secolo a.C.), a meno che non si possano considerare come progressi propriamente mesoamericani, facendo coincidere l'inizio della civilizzazione del Mesoamerica con la diffusione dei tratti culturali che si identificano con la civiltà Olmeca.

L'ipotesi di Duverger posticipa pertanto la fioritura e lo sviluppo delle civiltà mesoamericane per le quali si registrerebbe allora un ritardo di qualche migliaio di anni rispetto alla linea temporale della macro-regione indo-europea. La conclusione dello storico non mi trova d'accordo. Come spiegare allora che negli anni 60 e 70, quando si studiava molto di più degli olmechi, da subito i maggiori studiosi fornirono una datazione intorno al 3000 a.C. di molti reperti di quel lontano popolo? Addirittura degli incroci di vari studi fecero dedurre che almeno una delel più antiche teste risaliva a un periodo tra il 3100 e il 2800 a.C. - questo fino alla venuta di Duverger... perchè?!

Comunque un punto rimane fermo, anche nel lavoro di Duverger: i Maya rappresentarono lo spartiacque e l'apice della cultura mesoamericana e le loro origini vanno ricercate nel misterioso popolo degli Olmechi.

«Sin dal principio, i Maya costituirono il modello di riferimento a partire dal quale le altre culture pre-corteziane vennero giudicate e valutate. I Maya divennerono quindi lo spartiacque della cronologia e furono associati al periodo centrale (classico); tutto ciò che accadde dopo il periodo dei Maya e le culture che proliferarono vennero catalogate come appartenenti al periodo Postclassico e tutte quelle precedenti al periodo preclassico. È evidente que questa tripartizione cronologica incentrata sui Maya non è superpartes, in quanto tutto ciò che è precedente ai Maya appare "arcaico" e tutto ciò che li segue appare "decadente".» Duverger, 2007: 175

Allora, per quanto mi riguarda, vale la seguente analogia con la storia al di qua dell'Atlantico: così come Gobekli Tepe ha preceduto i Sumeri gli Olmechi hanno preceduto i Maya


Ma chi erano questi Olmechi?

Gli Olmechi erano un'antica civiltà precolombiana che viveva nell'area tropicale dell'odierno Messico centro-meridionale, approssimativamente negli stati messicani di Veracruz e Tabasco sull'Istmo di Tehuantepec. Gli Olmechi costituirono la prima civiltà mesoamericana e stabilirono le fondamenta delle culture successive.

Come abbiamo detto le congetture di Duverger posticipano il periodo storico olmeco diversi secoli più tardi rispetto alla cronologia proposta nel Pinha Chan.

L'arte olmeca consiste sia in sculture statuarie sia in piccole sculture in verde giada. Gran parte di quest'arte è altamente stilizzata e utilizza un'iconografia dai forti significati religiosi. E tuttavia una certa arte è sorprendentemente naturalistica, riproducendo con grande esattezza i dettagli dell'anatomia umana come solo quella maya, nel suo periodo più fulgido, fece nell'ambito delle civiltà precolombiane. Oltre ai soggetti umani, molto rappresentati sono anche gli animali. La ceramica olmeca era prodotta in forni capaci di superare i 900 °C (l'unica altra antica cultura che noi sappiamo essere capace di ciò era quella egiziana)

Se osserviamo gli esempi che l'arte olmeca è stata in grado di generare ci possiamo accorgere che i modelli utilizzati evidenziano tratti fisionomici più assimilabili a popolazioni africane e/o mediorientali che mesoamericane.

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E i copricapi di queste due statue, note come "I Gemelli" non sembrano forse copricapi egiziani?

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Popolo certamente misterioso e altrettanto affascinante. Ed enigmatiche restano anche le cause del loro declino e della loro scomparsa: è probabile che la civiltà fosse conquistata e inglobata dalle culture successive. Infatti, pare strano che i conquistadores spagnoli dei secoli successivi non menzionino per nulla questa civiltà, e neppure le sue città.

Non così strano in realtà, se pensiamo che quando gli Olmechi scomparvero, tutte le loro città vennero distrutte; le loro immense statue vennero sfregiate, decapitate e seppellite. Uno dei pochi luoghi che sembra essere rimasto intatto e' Xochicalco, una città-fortezza meravigliosa, che ospita diverse piramidi e che, nei secoli è stata abitata dai famosi successori degli Olmechi. Che ne hanno ereditato sapienza e ferocia…

Per noi moderni Xochicalco è il cuore della civiltà olmeca perché questo è il luogo in cui ritroviamo il maggior numero di testimonianze della loro cultura. Un antico poema Maya racconta che gli Olmechi venivano da una terra di Pioggia e Nebbia…

"In una certa Era / Che Nessuno può calcolare / Che nessuno può ricordare"

Nell’umida foresta tropicale tra acquitrini e fiumi, nelle regioni tra il Tabasco e il Veracruz, sorsero "in una certa era" i primi insediamenti degli Olmechi, un popolo dalle origini misteriose, scoperto dagli archeologi soltanto alla fine dell’Ottocento. L’arte degli Olmechi si esprimeva soprattutto attraverso la scultura monumentale: ritratti allegorici conosciuti come “teste colossali”, gli “altari” o “troni” di grande plasticità, e le statue antropomorfe in cui prevale la fisionomia felina.


Conclusioni

Nelle terre che si affacciano sul Golfo del Messico, tra le regioni del Tabasco e del Veracruz, si sviluppa tra il II e I millennio a.C. una grande civiltà, quella degli Olmechi, ritenuti i precursori di tutte le grandi culture mesoamericane. Il nome originario di quella popolazione è rimasto ignoto e gli studiosi hanno deciso di chiamarla Olmeca, utilizzando un’antica definizione azteca per quella regione del Golfo, cioè Olman, il paese del caucciù.

La civiltà Olmeca è la cultura-madre di tutte le popolazioni mesoamericane, non soltanto perché l’arte, i culti e i centri cerimoniali hanno costituito un modello al quale si sono ispirate tutte le future generazioni, ma perché olmeca era un modo di sentire e di agire, era un’ideologia prevalentemente pacifica che venne condivisa da tutte le civiltà che erano entrate in contatto con quel mondo.

Per meglio capire i misteri che avvolgono questo popolo e cercare di risolverli andiamo a Chalcatzingo. Questo è un sito archeologico pre-colombiano situato nella valle di Morelos, risalente al periodo formativo nella cronologia mesoamericana. Il sito possiede una quantità di arte iconografica e monumentale in stile olmeco.

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Il bassorilievo "El Rey", inciso nella montagna nei pressi di Chalcatzingo, mostra una strana scena che per molti ricercatori "eretici" ha un'interpretazione inequivocabile: ci sono delle nuvole in alto da cui cade pioggia e al centro un grande oggetto che ha la punta aerodinamica per fendere il vento e alle spalle delle fiammate che sembrano garantirne la propulsione. A guidarlo è un uomo che in mano sembra tenere un libro o una cloche...

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Se è vero (e ovviamente è tutto da provare) come penso che le analogie temporali, architettoniche e stilistiche, tra la storia delle origini delle civiltà in mesoamerica e in mesopotamia siano in grado di dimostrare una 'unica mano' dietro la nascita delle civiltà Maya e Sumera (precedute rispettivamente dagli Olmechi e dai fondatori di Gobekli Tepe e Kisiltepe è ovvio cercare questa 'mano' in un qualcosa di ancora precedente, giungendo cronologicamente a un tempo precedente la fine della glaciazione di Wurm.

Un tempo che noi di Atlanticus ricolleghiamo all'età dell'oro e a quelle superpotenze quali Atlantide e Mu, citate anche nel precedente post, tratto da un importante articolo proposto da Sheenky.


Fonti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Olmechi

http://it.wikipedia.org/wiki/Chalcatzingo

http://www.nibiru2012.it/forum/archeolo ... 389.0.html

Coe, Michael D.
1965 The Olmec Style and Its distribution. In Handbook of Middle American
Indians, edited by G. R. Willey, pp. 739-775. University of Texas, Austin.
Flannery, Kent V.

1968 The Olmec and the Valley of Oaxaca: A Model for Inter-Regional
Interaction in Formative Times. In Dumbarton Oaks Conference on the Olmec,
edited by E. P. Benson, pp. 79-117. Dumbarton Oaks, Washington D. C.
Grove, David C.

1997 Olmec Archaeology: A Half Century of Research and Its Accomplishments.
Journal of World Prehistory 11(1):51-101.

http://home.coqui.net/pamp/Chalcatz.htm


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Atlanticus81 ha scritto:

Volevo ringraziare Sheenky per aver messo a disposizione un contributo così importante che dal mio punto di vista si ricollega alle mie ricerche su quel periodo storico precedente al Diluvio, caratterizzato dall'esistenza di superpotenze note oggi col nome di Atlantide, Mu, Lemuria, le quali dominavano il mondo "civilizzato" del tempo. Le CIVILTA' MADRI dalle quali sorsero durante la RINASCITA post-diluviana le prime civiltà umane storicamente riconosciute.

LA PIRAMIDE DI LUCE DI LA MANA
10 Agosto 2012 15.55 - Di: Sheenky

Articolo di Klaus Dona e Reinhard Habeck
Fonte: http://www.fuocosacro.com/pagine/mitologia/piramide.htm

Straordinari oggetti sono stati ritrovati nella giungla dell’Ecuador, in una località chiamata La Mana. Una collezione del tutto inspiegabile, ricca di simbologie esoteriche, che richiama a un passato dimenticato e alla scomparsa terra di Mu.

Storici e scienziati fanno il possibile per esplorare il nostro passato nel modo più esauriente possibile. Eppure gli studiosi hanno a che fare sempre più spesso con ambiti di ricerca che, come prima, sono avvolti dall’oscurità e non ci danno pace. è il caso della collezione più straordinaria del mondo: i misteriosi oggetti di pietra provenienti da La Mana, antica città dell’oro situata in mezzo alla giungla dell’Ecuador.

Il caso ha voluto che questi pezzi richiamassero la mia attenzione nel gennaio del 2000, nel corso dei febbrili preparativi per la grande mostra Unsolved Mysteries. Tutto cominciò con la telefonata di un amico, l’ex ballerino solista della Wiener Staatsoper e oggi noto regista Herbert Nietsch. Egli mi chiese se era possibile incontrarci. Si trattava del suo fratellastro, il dottor Valentin Hampejs.

Quando ci vedemmo, mi chiese di sostenere un suo ambizioso progetto: la realizzazione di un documentario televisivo sul dottor Hampejs. Questi è un triplice dottore (in medicina, neurologo e psichiatra), che vive in Ecuador da oltre 20 anni. Non solo ha studiato approfonditamente lo sciamanismo ecuadoriano, ma nel frattempo ne è diventato il maggiore esperto, ed egli stesso esercita con successo l’attività di sciamano e di medico naturalista. Osservando attentamente alcune foto ne notai una che riproduceva strani oggetti di pietra. Domandai di cosa si trattasse. Herbert Nietsch mi raccontò che suo fratello aveva un conoscente in Ecuador, il quale, cercando l’oro, aveva riportato alla luce misteriosi oggetti di questo tipo. Udito ciò mi dissi: “devo vedere questa collezione con i miei occhi! E al più presto!”. Volevo procurarmi quei pezzi per esporli nella mia mostra e renderli noti ad un vasto pubblico.

E' stato il primo di diversi viaggi di ricerca in Sudamerica. Partii nel febbraio del 2000. Mi accompagnarono l’amico Reinhard Habeck (collaboratore nelle ricerche e catalogatore della mostra Unsolved Mysteries), il dottor Willibald Katzinger (direttore del Museo Nordico di Linz e coordinatore scientifico della nostra mostra) e il saggista e ingegnere civile Hans Joachim Zillmer.

La piramide e l’occhio

A Quito, capitale dell’Ecuador, fummo subito ricevuti dal dottor Hampejs, insieme al quale raggiungemmo un piccolo luogo fuori città. Nessuno, in quei dintorni, sospetterebbe l’esistenza di inusuali tesori provenienti da epoche nascoste. Qui incontrammo per la prima volta German Villamar, imprenditore agricolo e coordinatore di seminari, probabilmente il possessore dei pezzi più insoliti del mondo.

Quando questi ci condusse nel suo soggiorno, manifestammo uno stupore incontenibile. Su un tavolo erano stati disposti circa 50 oggetti in pietra e in terracotta: pietre di diversa lunghezza, dalle fattezze bizzarre e con singolari deformazioni, teste di serpente in pietra, piatti con strane incisioni e spirali, sculture di argilla dalle anomale caratteristiche e molto altro ancora.

Un oggetto in particolare ci aveva affascinato e colpito più di tutti: una piramide in pietra sulla quale è stato incastonato un occhio e dove sono stati incisi 13 gradini. Ad uno sguardo più attento si è capito che l’occhio è stato lavorato con la pietra e incastonato nell’oggetto piramidale. Il suo colore è grigio, come la piramide stessa. Riconoscemmo subito quest’antichissima simbologia. La troviamo descritta in diverse tradizioni, ad esempio nella Bibbia, nonché connessa alla Corporazione del Serpente, una società segreta esistente in oriente da tempi remoti. Più tardi questa simbologia si ritrova nelle logge massoniche, nel simbolismo alchemico e nelle società segrete degli Illuminati.

Come ulteriore conferma, German Villamar tirò fuori una banconota da un dollaro, sulla quale si trova raffigurato quello stesso simbolo. Di questa simbologia della piramide si è già parlato da secoli. Sono state esposte diverse teorie, discusse in modo controverso.

La cosa diventava sempre più avvincente: dopo aver visionato tutti gli oggetti che si trovavano sul tavolo, German Villamar ci condusse in una buia stanza attigua. Pose la piramide su un tavolo e accese una lampada a raggi infrarossi. In quel momento ammutolimmo tutti. L’occhio della piramide emanava luce come un vero occhio divino, e i gradini apparivano come incisioni azzurrognole. L’immagine offriva una visione quasi spettrale!

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La piramide di La Mana

Questa piramide di pietra era realmente qualcosa di particolare. Dopo questa presentazione appassionante, esaminammo l’oggetto molto attentamente e notammo qualcosa di sorprendente: ai piedi della piramide si potevano riconoscere dei piccoli intarsi dorati, raffiguranti la costellazione di Orione. Sopra vi erano state apposte incisioni, inizialmente caratteri indecifrabili. Solo mesi più tardi venimmo a conoscenza del contenuto di questi segni. Secondo una traduzione fatta dal professor Kurt Schildmann, presidente della Società Linguistica Tedesca, quel testo criptico significherebbe: “Il figlio del creatore è in viaggio”.

Dalla visione della maggior parte degli artefatti si è potuto notare che essi non hanno alcuna relazione con l’esistente cultura precolombiana. Sono falsificazioni moderne? Ma chi sarebbe stato capace di produrre un simile oggetto? E per quale motivo? Come sono giunti in Ecuador questi strani pezzi? Chi li ha realizzati, quando e a quale scopo?

La mappa di pietra
La chiave di tutto potrebbe trovarsi nel luogo di ritrovamento, La Mana. Un luogo situato nelle colline ecuadoriane, in mezzo a una giungla sperduta, dove negli anni ‘80 sono stati compiuti sfruttamenti auriferi con mezzi meccanici. L’ingegner Sotomayor, che allora ha condotto la ricerca, ha scoperto una piccola grotta situata a 10 metri di profondità, dove si trovavano diversi contenitori di ceramica. In essi erano stati riposti e conservati gli artefatti.

Da quale periodo provengano e chi sia stato a depositarli lì dentro, proteggendoli da accessi abusivi, non è ancora noto. In ogni caso quel luogo possiede caratteristiche misteriose già da tempi remoti. Sul luogo di ritrovamento vi è una sorgente che presenta una particolarità: la presenza nell’acqua di oro organico e potabile! Gli idrologi considerano l’acqua di questa fonte come la più ricca di energia in assoluto. D’altra parte, ciò ricorda i testi tradotti dalle tavole di argilla sumere, dove ricorre più volte l’espressione secondo la quale gli dei un tempo cercavano l’acqua ricca di oro. Il mistero permane. Questo vale anche per un altro ritrovamento eccezionale effettuato a La Mana: la cosiddetta carta geografica in pietra.

Su questa lastra di pietra, alta 60 cm, larga 40 cm e profonda 30 cm, è stata incisa la mappa del mondo, dal tropico del sud fino a quello del nord. Oltre ai noti continenti del Nord e Sudamerica, l’Europa, parte dell’Africa e dell’Asia, si trovano anche i profili di tre continenti oggi sconosciuti: la leggendaria Atlantide nell’Oceano Atlantico, Mu e presumibilmente Lemuria nell’Oceano Pacifico.

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Questa sorprendente lastra potrebbe riaccendere il dibattito su Atlantide e Mu. A tal proposito, le recenti ricerche e scoperte del geologo professor Masaaki Kimura, offrono spunti sufficienti. Lo scienziato ha esaminato tavole di pietra ritrovate nelle isole Ryukyu contenenti antiche iscrizioni, e studiato i monumentali edifici in pietra che si trovano nelle acque dell’isola di Yonaguni, a 25 metri di profondità. Secondo gli studi condotti da Kimura, dal nord del Giappone fino a sud di Taiwan dev’esserci stato un continente, sprofondato in seguito a catastrofi climatiche e al conseguente innalzamento del livello del mare. Su questa ipotesi forniscono indizi le iscrizioni e i simboli millenari trovati sulle lastre di pietra di Ryukyu. In essi si parla di un regno costituito oggi da isole sommerse: indubbiamente la leggendaria terra di Mu.

Il professor Kimura ha realizzato un’altra scoperta interessante: i caratteri sulle tavole di pietra ritrovate nelle isole Ryukyu, somigliano a quelli descritti dall’eccentrico colonnello britannico James Churchward nel suo libro The lost continent of Mu, pubblicato nel 1926. Anche in questi si riconoscono affinità con i caratteri incisi su ogni pietra a forma piramidale di La Mana. Un puro caso?

Su ciascuna piramide si trova raffigurato un occhio e sotto si trovano incisi molti simboli e spirali. Potrebbe esserci una profonda connessione tra tutti questi riferimenti. Senza dubbio sarebbe sensazionale, ma per me non impossibile, se dovesse risultare una relazione tra queste pietre, il continente sommerso di Mu e gli oggetti trovati nelle isole Ryukyu.

Torniamo alla “carta geografica di pietra” di La Mana. I profili del continente sommerso di MU si riconoscono chiaramente. Le ricerche compiute finora fanno pensare ad una datazione molto remota di questa pietra. La domanda è: chi è stato a realizzare, molte migliaia di anni fa, questa “mappa geografica di pietra”, e soprattutto chi, a quell’epoca, poteva conoscere la struttura della terra così bene da poter incidere una mappa che sembra essere stata frutto di osservazioni dall’alto? Può, questa lastra, essere considerata una prova del fatto che i regni di Atlantide, Mu e Lemuria siano effettivamente esistiti? Per ottenere maggiore chiarezza saranno necessarie ulteriori ricerche.

Un ulteriore dettaglio potrebbe essere importante: sulla pietra sono stati effettuati due intarsi simili a un occhio: uno nella regione della ex Babilonia, l’altro nel luogo di ritrovamento in Ecuador. Tra i due punti vi è una linea di congiunzione bianca. Per gli artefici della “carta geografica di pietra”, ciò sembra aver rivestito una particolare importanza.

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Ma quali conclusioni si possono definire? Esiste un antico legame culturale tra i sumeri e l’attuale luogo di ritrovamento in Ecuador? Molti pezzi museali, conservati nel Sud e nel Nordamerica e da me stesso attentamente esaminati, testimoniano che già da lungo tempo vi sono stati contatti globali tra le popolazioni primitive del Vecchio e del Nuovo mondo.

Reperti astronomici
Tra i pezzi della collezione di Villamar vi sono altri tre oggetti, i quali racchiudono una mistica nascosta. Il primo è una pietra nera sulla quale viene mostrato come si regge la piramide con l’occhio incastonato, probabilmente in una sorta di rituale. L’altro è una pietra sulla quale sono osservabili incisioni inusuali: un uomo siede su un piedistallo e regge la piramide nelle sue mani. Sulla testa porta una sorta di elmo con una specie di antenna o di foro, da interpretare come linea di congiunzione con una “barca scintillante”. Al di sopra si libra un oggetto raggiato oppure un occhio senza iride né pupilla. Dagli occhi della persona rappresentata si diramano linee verso due uomini inginocchiati.

E' interessante notare che tra gli oggetti ritrovati vi sia anche un elmo rotondo realizzato con una lega d’oro, sulla cui parte superiore un pezzo è mancante. Una fessura intenzionale, che corrisponde esattamente alla scena raffigurata sulla pietra. Ci fu poi mostrata una serie di oggetti che ha relazioni evidenti con concetti mistici occidentali. Si trattava di una grande coppa in giadeite con alcuni punti sulla sua superficie. Tali inserti, come altri pezzi La Mana risultano fosforescenti e agli ultravioletti formano delle costellazioni brillanti sullo sfondo blu del bicchiere. Sono riconoscibili Orione, con Betelgeuse in evidenza, e le Pleiadi, oltre ad altri asterismi che un esperto del Buenos Aires Astronomical Institute ha definito ben rappresentati il cielo visto dal Sudamerica.

Tale coppa è accompagnata da altre dodici coppette più piccole, tutte di dimensioni differenti. Si è calcolato che unendo ipoteticamente tutte le coppe più piccole in un unico oggetto si otterrebbe una coppa della dimensione di quella principale. Sui bicchieri sono presenti anche dei segni simili ai numerali maya. E’ evidente che le dodici coppette con la tredicesima siano un richiamo alle leggende del Graal, dei dodici apostoli e del Cristo.

La domanda è: cosa ci fa in Ecuador, assieme a una piramide massonica, un altro simbolo immortale legato all’esoterismo cristiano? Le domande aumentano se si pensa che della collezione fanno parte altri oggetti similari, a connotazione astronomica, come due “osservatori” posti su una base di giadeite, anch’essa dotata di costellazioni. Oppure una splendida testa di cobra.

Molti sanno del legame tra il cobra e la divinità per gli antichi egizi, per gli induisti, ma questa testa è caratterizzata nella parte inferiore da una decorazione fosforescente a 7 punti per lato e 33 strisce. Tali numeri fanno diretto riferimento all’energia Kundalini e al sistema dei sette chakra posti lungo le 33 vertebre della spina dorsale umana; energia rappresentata proprio da un cobra con cappuccio aperto. Soprattutto ci ha colpito la presenza di una roccia, sulla cui parte anteriore sembrava essere “incastonato” un viso di uomo barbuto dai capelli lunghi mentre sulla parte posteriore una sorta di spirale racchiudeva un triangolo al cui centro vi era un’inserzione verde, proprio in corrispondenza del “terzo occhio” dell’individuo raffigurato.

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Un permesso inaspettato

Dopo aver esaminato tutti quegli oggetti singolari, con entusiasmo scegliemmo gli oggetti più interessanti da prendere in considerazione per la mostra, e discutemmo le condizioni di prestito con German Villamar. Alla fine del colloquio seguì qualcosa di inaspettato. Egli ci spiegò che dovevamo era necessario chiedere il permesso alle guide indios del luogo (i successori autoctoni degli incas), essendoci pietre considerate magiche tra i reperti.

La sera seguente ci incontrammo così nuovamente a casa di German. Era presente anche Luis Viracocha, un uomo molto carismatico che tra gli indios è una personalità di rilievo. La sua è una famiglia di artisti che esegue da molte generazioni sculture tradizionali in pietra con motivi inca. La sua prima reazione alla nostra richiesta di prestito fu un categorico “no!”. Ci spiegò energicamente che era fuori discussione che quegli oggetti lasciassero quel luogo. Dopo un’ora di conversazione, Luis prese in mano un piccolo piatto di pietra, di giadeite verde-scura, dove erano stati intarsiati un cerchio blu, e una spirale arancione.

Con un piccolo magnete che pendeva a un filo, fu poi fatto un esperimento. Luis diede al dottor Hampejs il filo con il magnete e gli disse: “Mantieni il pendolo col magnete sul centro della spirale”. Detto fatto. Dopo alcuni secondi il magnete cominciò a girare descrivendo un cerchio dall’interno verso l’esterno. Una volta toccato il bordo del piatto, ruotò per un po’ di tempo senza fermarsi, a velocità costante. Il test fu ripetuto con successo anche da Reinhard Habeck e dal dottor Joachim Zillmer. Infine venne il mio turno. Restai sorpreso e un po’ deluso: il magnete non si era mosso di un millimetro. Ritentai più volte, ma non accadde nulla. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, mi misi a ridere e rinunciai.

Lanciai a Luis uno sguardo interrogativo: volevo sapere perché con me non aveva funzionato. Assunse un’espressione molto seria e invitò il dottor Hampejs, Reinhard Habeck e il dottor Zimmer a compiere nuovamente la stessa procedura.Di nuovo la cosa funzionò con tutti e tre. Infine, ritentai io. Ma come prima, il magnete restava del tutto immobile. Provai addirittura a stimolare intenzionalmente il pendolo, ma senza successo. Dopo alcuni minuti mi arresi, e mi chiesi stupito cosa fosse successo.

Luis andò da German e gli comunicò con un’espressione seria: “German, a quest’uomo puoi mettere a disposizione la pietra per la sua mostra!”. In seguito al rifiuto iniziale di Luis, eravamo molto abbattuti, ora la nostra gioia fu davvero grande. Domandai a Luis: “Che conclusioni devo trarre dal fatto che il pendolo nelle mie mani non si muoveva? Questa cosa ha un significato particolare?”.Luis, infine, mi sorrise e disse: “Vedila come un segno! Un buon segno!”. Fino ad oggi, non so ancora quale significato abbia avuto questo esperimento. La buona fede di questa gente semplice è, comunque, confermata dal fatto che non hanno mai fatto nulla per rendere noti questi oggetti, custodendoli gelosamente come testimonianze sacre dei loro antenati. Si tratta di persone molto legate alla loro tradizione sciamanica. Sono stato fortunato. Il giorno dopo la nostra squadra di quattro persone prese l’aereo e partì fiduciosa alla volta di Cuenca. Anche lì ci fu data la possibilità di accedere a collezioni straordinarie date per disperse. Ma questa è un’altra storia.

Fonte: http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9539


Mi sa tanto di bufala.... anzi, ne sono convinto. Non appena ho visto la piramide blu che è identica a quella sul simbolo del dollaro, non ho potuto trattenere un moto di riso sarcastico....


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L’enigma del monolito di Pokotia, emblema della civiltà Pukara

Il monolito di Pokotia è una statua di pietra antropomorfa, alta circa 170 cm, che fu trovata intorno al 1960 nel sito di Pokotia, a circa 2 chilometri dalla città di pietra di Tiahuanaco.

Nel 2002 i ricercatori Bernardo Biados, Freddy Arce, Javier Escalante, Cesar Calisaya, Leocadio Ticlla, Alberto Vasquez, Alvaro Fernholz, Omar Sadud, Paulo Batuani e Rodrigo Velasco hanno analizzato il monolito, che si trovava nel Museo de metales preciosos a La Paz, e si sono resi conto che riportava delle iscrizioni non solo nella parte frontale, ma anche nel dorso.

Purtroppo non è stato possibile risalire al luogo esatto dove il monolito fu trovato, ciò avrebbe permesso attuare un serio studio stratigrafico. In ogni modo dall’analisi della statua si può affermare che appartiene ad un periodo antecedente alla civiltà Tiwanaku classica. A mio parere il monolito di Pokotia potrebbe essere stato intagliato in un periodo antecedente al fiorire della civiltà Pukara.
Secondo la linguistica ufficiale il termine Pukara viene dal Quechua e significa fortezza, o luogo strategico da dove si può controllare una vallata o la confluenza di due fiumi.

La civiltà Pukara aveva il suo centro nella cittadella fortifificata che si trova 61 chilometri al nord di Juliaca, nel dipartimento di Puno. Il termine Pukara però è così frequente nelle vallate a nord del lago Titicaca (il sito di Poquera e anche i petroglifi di Pusharo, situati molto più lontani, presso il fiume Palotoa, nel Madre de Dios), che porta a mio parere ad individuare l’origine della civiltà Pukara nell’Amazzonia.
Probabilmente alcuni indigeni di origine Arawak si spinsero verso la Sierra intorno al VI millennio prima di Cristo, per intercambiare i loro prodotti. Alcuni di loro si fermarono nell’altopiano e, mischiandosi con i nativi di origene Colla, diedero inizio alle cultura Chiripa e Qaluyo (lo provano anche i petroglifi di Quiaca, molto simili a quelli di Pusharo), e successivamente alla civiltà Pukara.

Il luogo dove fu trovato il monolito di Pokotia fu individuato da alcuni ricercatori come un sito sacro o un oracolo.
Secondo lo studioso Clyde A. Winters nel monolito di Pokotia vi sono varie iscrizioni (di origine proto-sumerica), ma le più importanti sono al di sotto delle mani (che sono appoggiate alle coscie), e nella parte dorsale (nella schiena della statua).

Questa è la traduzione delle iscrizioni che si trovano nella parte frontale, secondo l'epigrafista Clyde A. Winters:

"Divulga a tutta l’umanità l’apertura dell’oracolo di Putaki. Si proclama che la stirpe di Putaki sarà stimata nel tempo. Agisci in modo giusto in modo che l’oracolo possa divulgare la saggezza. Apprezza il culto. Tutti devono testimoniare la volontà Divina. L’indovino interpreterà la guida dell’oracolo, in modo da rendere note le regole che guideranno l’umanità. I cittadini testimonieranno in favore dell’essere umano che diffonderà saggezza e sarà esempio di carattere forte."

Nella parte frontale sinistra della statua vi è un ulteriore decrizione che viene così interpretata:

"Lo sciamano proclama l’immensa importanza di questo luogo, il potere della Divinità, in modo da consegnare la saggezza all’uomo."

Ci sono poi due altre incisioni addizionali, sempre nella parte frontale:

"Oh grande Putaki, uomo saggio e progenitore di molte genti."

E ancora:

"Giura di testimoniare carattere e saggezza. Porta testimonianza del potere della Divinità in modo da rafforzare il tuo carattere."

Nella mano del monolito vi sarebbe scritto, sempre secondo Winters:

"L’oracolo di Putaki conduce l’uomo alla verità. Questo oracolo prezioso farà germogliare la stima, ora testimonia la sua fuga."

Per quanto riguarda la parte dorsale del monolito, ci sono varie interpretazioni. Secondo Clyde A. Winters questa sarebbe la traduzione:

"La norma ideale è l’oracolo. Questo oracolo porta alla conoscenza della volontà divina. Distribuisci a tutta l’umanità la volontà divina. Cogli il senso della voce perfetta. L’oracolo spargerà serenità. Ascolta l’oracolo, chiamate l’indovino. L’indovino parla in modo saggio. La volontà divina diventerà visibile e scintillante, uscendo dalla bocca dell’oracolo. Ascoltate l’indovino, ascoltate l’oracolo per poter chiamare a voi saggezza e carattere. Ascoltate l’oracolo per diffondere la volontà divina, seguendo il Bene legittimo e giusto. Chiama a te il nutrimento puro per l’oracolo. Oh oracolo, sei il testimonio della purezza. Diffonderai serenità e saggezza. L’oracolo di Putaki è padre della saggezza e beneficio per tutti. Diventerà un testimonio visibile della saggezza e della volontà divina. Diffonderai la volontà divina e sarai testimonio del suo potere."

Secondo Winters pertanto, il monolito di Pokotia era un oracolo il cui nome era Putaki. Le iscrizioni che vi sono incise sarebbero in proto-sumero pittografico, anche se non cuneiforme come nella Fuente Magna. Gli autori delle iscrizioni del monolito di Pokotia sarebbero pertanto gli stessi che incisero la Fuente Magna, in un periodo compreso tra il 3000 e il 2000 a.C. Sempre secondo Winter il proto-sumero deriverebbe, insieme al proto-dravidico, e al proto-mande, da popoli che vissero nel Sahara prima del diluvio.

Vi è poi un'altra traduzione delle iscrizioni dorsali del monolito di Pokotia. E’ un interpretazione del quellca pittografico, l’antico idioma dell’altopiano andino, parlato forse da una ristretta cerchia di sacerdoti nella cultura Pukara e nella Tiahuanaco classica.
Secondo questa interpretazione, che si basa anche su calcoli archeo-astronomici, le iscrizioni situate sul dorso del monolito significherebbero:

"Nel tempo che Manco Capac e Mama Ocllo uscirono dalle acque del lago Titicaca, apparì nel cielo una nuova stella proprio al lato della Croce del Sud. Successivamente la stella si fece più piccola e quindi scomprave nel cielo. Si vedeva sopra le montagne all’orizzonte tra due montagne e iniziò a brillare il terzo giorno del quarto mese."

Secondo questa interpretazione quindi, la parte dorsale del monolito relaterebbe l’esplosione di una supernova, proprio quando la celebre leggenda di Manco Capac e Mama Ocllo situerebbe la loro uscita dal lago Titicaca ovvero la loro “nascita”.
Dopo avere analizzato sia la Fuente Magna che il monolito di Pokotia mi sento di affermare che i due reperti sono autentici ed entrambi riportano delle iscrizioni proto-sumeriche e quellca.

Come già da me ribadito nel mio articolo sulla Fuente Magna, concordo pienamente con la tesi di Bernardo Biados secondo la quale i Sumeri circumnavigarono l’Africa già a partire dal 3000 a.C. Il fatto che, una volta arrivati presso Capo Verde, abbiano trovato venti contrari, li ha spinti ad inoltrarsi nell’oceano, alla ricerca di venti favorevoli (la stessa rotta fu percorsa secoli più tardi da Fenici, Cartaginesi e Portoghesi).
Fu così che, accidentalmente, i navigatori Sumeri si trovarono presso le coste del Brasile, probabilmente negli attuali Stati del Piauì o Maranhao. Siccome erano in cerca di metalli si diressero verso l’interno del continente e, navigando lungo il fiume Madeira e il Beni giunsero sull’altopiano andino, luogo oltrechè ricco di metalli, considerato sacro fin da tempi arcaici, per l’esistenza stessa del lago Titicaca, il più alto del mondo.

Alcuni Sumeri si fermarono nell’altopiano andino e si mischiarono con le etnie Colla e Arawak, mentre altri tornarono in patria.
E’ interesante verificare come i termini seguenti mostrino similarità, soprattutto nelle consonanti: Pusharo (PSR), Pukara (PKR), Pokotia (PKT), Putaki (PTK). E’ pertanto possibile che l’origine della civiltà Pukara, e successivamente del sito di Pokotia (con l’oracolo di Putaki), sia la selva amazzonica, con gli enigmatici petroglifi di Pusharo, che a mio parere indicano un luogo strategico utilizzato da popoli della selva durante il loro lungo percorso verso la Sierra.

Se ulteriori scavi saranno approvati a Tiwanaku e Pokotia, con il proposito di scoprire cosa vi sia alla profondità di ben 30 metri, potrebbero venire alla luce importanti giacimenti proto-Pukara, e forse anche altre antiche tracce della presenza dei Sumeri nel Nuovo Mondo.

YURI LEVERATTO


Fonte: http://www.yurileveratto.com/it/articolo.php?Id=99


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In questa comparazione tra la rappresentazione delle principali divinità maya e sumere, rispettivamente Kukulkan e un Anunnaki, possiamo riscontrare un importante indizio di quella origine comune tra i Sumeri e le civiltà mesoamericane primordiali, collegata all'inizio della "Rinascita" enkilita post-diluviana ipotizzata dal Progetto Atlanticus.

Immagine

Entrambi questi dei sembrano tenere nella mano destra un oggetto a forma di borsetta - di cosa potrebbe trattarsi? Forse di un dispositivo tecnologico?

Ma a prescindere da questi interrogativi è interessante osservare la perfetta corrispondenza di questo oggetto nelle due rappresentazioni. Ciò significa che, con molta probabilità, le due culture stanno descrivendo la medesima cosa il che è possibile solo nel caso in cui ci sia stata alle origini di entrambe la stessa "mano".



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MessaggioInviato: 04/09/2012, 01:14 
Le similitudini non si limitano al confronto tra mesopotamia e sudamerica.

Immagine

Ulteriore indizio della stessa mano ispiratrice o di riutilizzo da parte delle culture post-diluviane di edifici pre-esistenti alla catastrofe?

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