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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 22/08/2015, 13:34 
Posso rispondere io per lui, da quanto è prevedibile: direbbe che sono dei falsi ovviamente.

Io invece sono molto aperto, considerando quell' affresco romano con un ananas...



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 22/08/2015, 14:27 
Atlanticus81 ha scritto:
L’ortodossia ha perso su un’altra storia importante?

ANTICHI ROMANI IN AMERICA?

Anche se gli archeologi ortodossi respingono qualsiasi possibilità che viaggiatori europei siano giunti in America dal Vecchio Mondo prima di Cristoforo Colombo, hanno parecchie difficoltà a spiegare la scoperta, solo quest’anno, di almeno diciannove antiche monete romane in due distinte località, nel Kentucky.

Poco tempo dopo che i primi europei moderni arrivarono sulle sponde del continente americano, essi cominciarono a raccogliere strani reperti nei campi appena arati dai contadini o sulle rive dei fiumi vicini. Secondo l’archeologo americano Gunnar Thompson, Ph.D., nel suo libro enciclopedico sugli arrivi precolombiani del Nuovo Mondo, American Discovery (WA: Misty Isles Press, 1989), "Due monete romane furono trovate vicino a Fayetteville, Tennessee, nel 1819. Una era di Antonino Pio (138–161 d.C.), l’altra era dell’imperatore Commodo (180–192 d.C.).

Esse furono trovate a diversi metri in profondità, sotto alberi che erano ritenuti vecchi di diverse centinaia di anni. Gli archeologi hanno trovato una moneta romana del sec. IV in un tumulo a Round Rock, Texas. A Beachcombers vicino a Beverly, Massachusetts, hanno raccolto numerose monete in rilievo con i volti i imperatori romani che regnarono tra il 337 e il 383 d.C... Altre monete, databili tra il 50 a.C. e il 750 d.C., sono state trovate in North Carolina, Ohio, Georgia e Oklahoma".

David Wells compì la scoperta più recente alla fine dello scorso gennaio, quando scoprì accidentalmente nel Kentucky otto monete romane, alcune delle quali mostravano le sembianze dell’imperatore Claudio II. Ricordato anche come Claudio il Gotico per la sua splendida vittoria sui Goti invasori, il grande Cesare governò per meno di due anni, dal 268 al 270 d.C. Appena cinque mesi dopo tale scoperta, lo stesso Wells portò alla luce altre undici monete, analogamente datate al regno di Claudio II, lungo le rive del fiume Ohio vicino a Louisville.

Sempre sul fiume Ohio, nei pressi della foce del fiume Tennessee, venuto alla luce una spada corta (gladio) romana, presso Paducah, nel 1999. Queste scoperte stupefacenti furono documentate da un realizzatore di film d’archeologia, Lee Pennington, nella sua presentazione, prima della quinta conferenza annuale della Ancient American Preservation Society a Marquette, nel Michigan, nel mese di settembre. Pennington descrisse le condizioni in cui Wells aveva trovato le monete, non lasciando alcun dubbio sulla loro origine antica.

Continua su... http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=328


Ma non c'era chi affermava con totale e assoluta certezza che non vi erano stati contatti tra i due mondi e che ogni ipotesi di traversate trans-oceaniche ante litteram fossero solo delle scemenze?

Perché mi avete bannato cecca! PERCHE'?!!?!?!?!?

[:D] [:D] [:D]


Senza scomodare questi "dettagli", utilissimi e che possono essere considerati pistole fumanti, che nulla aggiungono e nulla tolgono a chi già analizza i fatti senza preconcetti ideologici\accademico-baronali che vi fossero contatti globali è abbastanza OVVIO analizzando le concordanze architettoniche e culturali qui e là a macchia di leopardo nel mondo :)

In ogni caso ben vengano prese di coscienza del genere, molti accademici saranno costretti a mangiarsi il cappello :)



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 22/08/2015, 21:31 
cari amici,
senza contare che anche in siti americani...
http://paranormal.about.com/od/ancienta ... merica.htm
http://www.geocities.ws/nephilimnot/anc ... omans.html
e..antichi egiziani

http://paranormal.about.com/od/ancienta ... rica_2.htm
ed ebrei
http://nazarenespace.com/profiles/blogs ... merica-not

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 27/08/2015, 14:47 
La Bibbia non dice quello che ci hanno fatto credere: parola di biblista

Per due millenni ci hanno raccontato che Dio creò l'universo dal nulla, l'uomo dalla terra, la donna dalla costola dell'uomo e che la natura umana è originariamente peccaminosa per via di un illecito morso al frutto proibito.

Non è che ci avevamo creduto davvero, ma la favola biblica è entrata pesantemente a condizionare tutta la cultura occidentale ben al di là di quanto le menti razionali e acculturate abbiano mai sospettato.

Un’intervista di Antonio Gnoli a Carlo Enzo, pubblicata alla fine di dicembre su Repubblica (potete scaricarla da qui) - che fa seguito ad un’altra di Romano Màdera sull’Unità nel marzo dello scorso anno - ci offre invece la possibilità di valutare due o tre cosette interessanti sulla cultura in cui siamo immersi (e storicamente sommersi).

Partiamo dall’inizio: chi è Carlo Enzo? È un sacerdote, raffinatissimo e puntiglioso esegeta di 85 anni, docente di Scienze Bibliche e di Storia della Filosofia Medievale, autore di molti testi, che ha avuto il merito (secondo alcuni) o l’insopportabile ardire (secondo altri) di studiare il Tanakh (cioè la Bibbia ebraica composta dai cinque libri della Torah più i ventuno libri profetici ed i tredici degli Agiografi) con un metodo interpretativo strettamente filologico, ma di filologia prettamente biblica, secondo la tradizione ebraica dell'indagine midrashica (cioè la ricerca del significato più profondo del testo "secondo un suo codice di rimandi e di significati interni" alla scrittura stessa).

Il che lo ha portato - per dirla brevemente - fuori dal seminato.

Cioè ben fuori dalla strada maestra della lettura dogmatica imposta da Santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana che pretende di dirci che cosa c’è davvero scritto nei testi antichi. Cioè che cosa dobbiamo credere secondo la parola di Dio che sarebbe scritta in quei testi e che loro - ma solo loro - affermano di poter interpretare. Potere sublime e inebriante che li ha portati, nei secoli, alle più ineffabili nefandezze.

Poi arriva uno come Enzo l’esegeta che dice “no, non c’è scritto quello che dite voi” e allora gli si toglie il microfono (sembra incredibile, ma è un episodio realmente accaduto durante una lezione quando il Patriarca di Venezia lì presente - il futuro Papa Luciani, di breve pontificato - gli tolse la parola bruscamente esclamando “sono cose pazzesche!”).

Poi lo si ostracizza per un quarantennio facendo calare su di lui una cappa di soffocante silenzio; il classico “tu non esisti”, che è pur sempre meglio dell’abituale rogo di qualche secolo fa, ma che consiste tuttavia in un pesante fardello da sopportare per uno studioso che ha dedicato la vita allo studio degli antichi testi.

Insomma, che avrà detto mai di così terribile da meritare gli strali della nuova Inquisizione?

"Qualcosa che si discosta da tutto quello che siamo abituati ad aspettarci da una esegesi, anche da quelle più ‘nuove’ o ‘rivoluzionarie’”, come scrive Màdera; qualcosa che “smonta ogni valenza cosmologica o naturalistica” delle Sacre Scritture.

Vale a dire che la Bibbia non parla affatto della Creazione del mondo “dal nulla” (come peraltro già ci aveva spiegato Gershom Scholem alcuni decenni fa) né di un Dio unico e assoluto (come ci raccontano i reperti archeologici databili al V sec. a.C. in cui si inneggia con disarmante semplicità a Jahvè e alla sua “compagna” Anat); e non parla, se non per metafora, della cacciata di Adamo dal giardino nell’Eden, racconto favolistico già presente nella mitologia sumerica duemila anni prima di quella biblica.

Qui si parla invece, nelle intenzioni degli estensori biblici (secondo l'interpretazione data da Enzo), di “un uomo chiamato a educare la sua natura umana”.


In altre parole non c’è, nella Bibbia, nemmeno il ‘peccato originale’ (“interpretazione tarda” la definisce l’autore) perché “Adamo inizia il suo cammino che è polvere e deve farsi per prova ed errori. E questi ultimi non sono imputabili al peccato originale”.

Ma l’architettura concettuale cristiana si fonda invece proprio sulla colpa di Adamo che si trasmetterebbe di generazione in generazione, macchiando l’anima di ogni singolo nuovo nato e corrompendo così la natura spirituale dell’intera umanità. Da questa colpa ontologica che contraddistingue l’umano nel suo rapporto con il divino, deriverebbe la necessità categorica della Redenzione; quindi di un Redentore e - per la valenza "assoluta" della colpa - la necessità che l’Assoluto stesso intervenga tramite l’Incarnazione.

Tutta la struttura ideologica dell'occidente cristianizzato si fonda insomma su questa pietra angolare del peccato d'origine che, ci dice Carlo Enzo, “non esiste”. Duemila anni di cultura cristiana si fondano su un testo che, in realtà, dice altro.

Ci sarebbe da rimanere allibiti se non fosse che, effettivamente, pur senza arrivare alle acutissime vette di ricerca filologica proposte dallo studioso veneziano, un dubbio ce l’avevamo anche noi da tempo. Per il semplice fatto che il libro della Genesi - dopo la trasgressione di Adamo e l’omicido di Caino - in immediata sequenza ci racconta che Dio si accorge delle peccaminosità e corruzione dell’umanità e decide di intervenire nella storia con il Diluvio Universale; che c'è anche nella versione in italiano che conosciamo, con tanto di imprimatur della CEI.

Cioè lavò via l’acqua sporca dell’umanità corrotta salvando però il bambino dell’uomo “giusto”: quel Noè che, evidentemente, non aveva ereditato né la colpa di Adamo né la cattiveria di Caino. E con l’umanità successiva Dio stabilisce perciò la sua Alleanza (che non è l’alleanza con il popolo ebraico, quella viene dopo), simbolizzata dall’arcobaleno apparso fra le nubi alla fine del diluvio.

Perché mai dunque, per duemila anni ogni neonato è stato battezzato per lavargli via la colpa di Adamo che gli macchiava l’anima se quel bambino in realtà non poteva che essere altro che un discendente del buon Noè? Perché mai la natura umana per venti secoli è stata considerata originariamente peccaminosa e corrotta? Possibile che Dio sia stato un pasticcione totalmente incapace che quando decide di intervenire nella Storia fa un disastro epocale (biblico, è il caso di dirlo) senza riuscire a risolvere il problema che voleva affrontare?

Ebbene sì. Il dogmatismo cristiano, affermando che la corruzione ha resistito al diluvio, sembra proprio dire questo (salvo poi parlare di 'onnipotenza' divina) e il nostro antico dubbio oggi viene confermato da un raffinatissimo esegeta che ci dice che il “peccato originale” non esiste; è un’interpretazione tarda di qualcuno che ha voluto scoprire nel testo quello che la sua mente contorta e perversa ci voleva scoprire: la natura umana è originariamente peccaminosa, siamo tutti peccatori. Lo disse il Paolo di Tarso dell'Epistola ai Romani, ben prima dell'Agostino indicato dal nostro biblista, ma questo è forse un piccolo disaccordo con lui relativamente poco importante.

Così gli ebrei, che hanno conservato per duemila anni la ‘loro’ lettura della Torah, hanno vissuto per la maggior parte all’interno dei confini della Cristianità, resistendo al Cristianesimo e alle deformazioni interpretative delle loro Scritture; e resistendo in particolare all’ideologia del peccato originale, affermando al contrario che l'essere umano nasce senza macchia.

Lo afferma anche il biblista di Venezia in un suo libro, "Il progetto di mondo e di uomo delle generazioni di Israele. Genesi 1-4", citando un passo talmudico: "Felice l'uomo la cui ora della morte somiglia a quella della nascita: così come nasce senza peccato possa anche morire senza peccato".

A Carlo Enzo è stato, per queste sue interpretazioni, riservato un sadico ostracismo durato decenni; quello che si serba per chi rifiuta di chiudere gli occhi e pretende sempre di conoscere.

All’ebraismo invece è stata riservata una prassi persecutoria di secoli. Culminata settant’anni fa con lo sterminio di sei milioni di persone colpevoli solo di essere quelle che erano.

E, ancora oggi, proprio nel tempo in cui ricorre la Giornata della Memoria, ci chiediamo perché questo sia successo. Nessuno sa rispondere alla vecchia domanda "perché gli ebrei?" che ritorna con metodica, ipnotica regolarità ad ogni convegno storico sulla Shoah.

Forse perché, come Carlo Enzo, la cultura giudaica ha rifiutato i deliranti dogmi della cristianità sulla natura originariamente peccaminosa degli esseri umani ? Perché non doveva esistere all'interno dell'Europa cristianizzata una sola voce dissonante ? una cultura "altra" ? E' stata questa la diversità ebraica che doveva scomparire ?

L’azzardatissima ipotesi - spiegare la Shoah con il rifiuto ebraico del “peccato originale” - aprirebbe innovativi filoni di ricerca storico-culturale, imponendo di approfondire la gravità terribile del dogma cristiano, entrato a piè pari nella filosofia, nella psicologia, in ogni aspetto della cultura dominante con tutta la violenza - non solo psichica - che accompagna la sua ideologia fondante.

Una ricerca che non può esimersi dal chiedersi qual è realmente la verità umana; e, con essa, chiedersi qual è la vera realtà della civiltà occidentale che tuttora viene chiamata "giudaico-cristiana", con irridente disprezzo per le vittime che si vedono così affiancate ai loro carnefici nella denominazione di quella "civiltà" che le ha viste così crudelmente schiacciate.

Ciò aggraverebbe la posizione dell’esegeta veneziano agli occhi di Santa Madre Chiesa che, dopo gli imbarazzanti silenzi di Pio XII sulla persecuzione nazista, tenta da anni di riciclarsi nel ruolo di attiva protettrice degli ebrei.

Ma Carlo Enzo avrà dato anche il suo contribuito importante ad una ricerca fondamentale sulla verità della storia e della realtà umana.

http://www.agoravox.it/La-Bibbia-non-di ... he-ci.html


Il concetto del dogma del peccato originale andrebbe smontato con tutte le nostre forze poiché implica quel senso di colpa nell'umanità che la sottopone al volere dei potentati di varia natura



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 27/08/2015, 20:50 
mmmmmmmmm qualcun'altro inizia a svegliarsi sull'onda del lavoro di divulgazione biblica di Biglino ^_^



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 12/01/2016, 12:31 
Tempo fa, e anche come riportato nel mio primo libro "Genesi di un Enigma", parlavo di un metodo di ricerca che superasse i limiti imposti dalla visione galileiana e integrasse discipline come "scienza" e "misticismo".

QUANTICA E ALCHIMIA: SONO DAVVERO COSI’ LONTANE?

E’ estremamente interessante cercare le analogie che accomunano una “scienza”, apparentemente nuova come la Fisica Quantistica ed un “sapere” antico ed ermetico come l’Alchimia.

Nella prima è possibile affermare, invocando il campo quantistico, che Energia e Materia sono due estreme espressioni della stessa cosa, tra questi due estremi le varie frequenze permettono la Manifestazione.Nella seconda i tre principi, Mercurio, Zolfo e Sale, possono essere così rappresentati: 1) Lo Spirito-Mecurio, massimo movimento, frequenza elevatissima, informazione primordiale,2) il Corpo-Sale che tende all’immobilità rappresenta l’altissima frequenza che demoltiplicandosi crea la materia, 3) l’Anima-Zolfo, che stà in mezzo, permette al corpo di evolversi per tornare spirito.

Parliamo di espressioni estreme della stessa cosa, tutto ciò che stà in mezzo corrisponde alla Manifestazione; il diverso rapporto delle combinazioni tra i due estremi, corrisponde alla variabilità e dinamicità della VITA. Come ulteriore esempio, possiamo anche affermare che il Sole è un Saturno che si muove che è in espansione e corrisponde alla massima Energia centrifuga; Saturno è la massima Energia centripeta, è un sole che tende a fermarsi fino alla cristallizazione.Gli organismi VIVENTI e “NON”, sono sistemi aperti, dissipativi, dinamici, in continua correlazione con l’esterno che tendono all’evoluzione.Nell’Alchimia è fondamentale rispettare le regole della ciclicicità, tenendo in considerazione la “Vita”, che pur rimanendo sé stessa si modifica continuamente: “……nasciamo tutti bambini e moriamo vecchi………”.

L’Energia man mano che scende, si condensa e tende a manifestarsi; l’Informazione Elettromagnetica ne determina la struttura nel campo materiale.L’Energia Biologica è un campo Elettro Magnetico, su cui si struttura il corpo fisico e ne controlla tutte le funzioni biochimiche ed energetiche.L’interazione fra ioni e struttura, può essere spiegata con alcuni dei principi fondamentali della Fisica Quantistica: 1) Fenomeno della Risonanza – Se l’Alchimista non và in risonanza armonica con la sua opera, il suo lavoro non entra in frequenza con i ritmi della vita e tutto diventa vano. “…..L’intenzione dell’Osservatore influenza l’esperimento.”2) Il Campo Quantistico e’ dotato di due grandezze: Intensita’ (numero dei quanti) e Propria modalita’ oscillatoria (rappresentata dalla Fase), queste due grandezze possono non avere valori ben definiti, in ogni caso e’ impossibile fissarne simultaneamente un valore ben definito per entrambi.

Quando il numero dei quanti e’ ben fissato, e la fase e’ indeterminata si ha la LUCE-Energia, quando la fase e’ ben fissata, i quanti non possono essere contati ed appare sotto forma di campo coerente la MATERIA. ……..La presenza di “configurazioni coerenti”, nel CHAOS delle “dinamiche caotiche”, sono un ordine, necessariamente richiesto, per il normale funzionamento degli organismi biologici……. 3) Gli organismi biologici, sono sistemi aperti, dinamici, non lineari, non prevedibili perché si svolgono in una rete tridimenzionale tenendo conto delle variabili continue. I quattro elementi Aria – Acqua – Fuoco – Terra, non sono mai assolutamente separati tra loro e nel ciclico gioco della loro variabili unioni producono : Secco – Umido – Caldo – Freddo , cioè permettono alla Vita di esprimersiMacrocosmo e Microcosmo dialogano attraverso l’Informazione Elettro-Magnetica…………

Potremmo concludere che, Alchimia e Fisica Quantistica ,sono due diverse espressioni della medesima cosa.

http://www.altrogiornale.org/quantica-e ... e-lontane/



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 12/01/2016, 13:21 
Mah non è certo la meccanica quantistica ad aver affermato il dualismo materia energia ci era già arrivato Einstain che in principio era un newtoniano al punto da rifiutare in principio anche il concetto di entangled quantistico per poi accettarlo.

Ma in realtà questo è un concetto antichissimo di cui se ne trovano tracce molto esplicite in testi medioevali in cui si afferma che la materia è luce sotto diversa forma.

In ogni caso dal mio punto di vista l'alchimia è come l'astrologia. Il tentativo di dare un senso ed una utilità a conoscenze sofisticate che si sono acquisite eoni fa e che poi sono andate via via perdute man mano che la tecnologia regrediva. Trasformare un elemento in un alto lo si può già fare (trasformare piombo in oro si fa ma è costosissimo) ed è ciò che avviene ad esempio nella fusione nucleare 2 atomi di idrogeno = un atomo di elio + energia e così via.



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 12/01/2016, 14:14 
MaxpoweR ha scritto:
Mah non è certo la meccanica quantistica ad aver affermato il dualismo materia energia ci era già arrivato Einstain che in principio era un newtoniano al punto da rifiutare in principio anche il concetto di entangled quantistico per poi accettarlo.

Ma in realtà questo è un concetto antichissimo di cui se ne trovano tracce molto esplicite in testi medioevali in cui si afferma che la materia è luce sotto diversa forma.

In ogni caso dal mio punto di vista l'alchimia è come l'astrologia. Il tentativo di dare un senso ed una utilità a conoscenze sofisticate che si sono acquisite eoni fa e che poi sono andate via via perdute man mano che la tecnologia regrediva. Trasformare un elemento in un alto lo si può già fare (trasformare piombo in oro si fa ma è costosissimo) ed è ciò che avviene ad esempio nella fusione nucleare 2 atomi di idrogeno = un atomo di elio + energia e così via.


L'alchimia però non va intesa solo come un ragionamento da effettuarsi sul mero piano materiale.

La trasmutazione da piombo a oro corrisponde alla trasmutazione del corpo in anima (o qualcosa di simile)... è appunto questa la grandezza dell'alchimia e dell'ermetismo: riuscire a spiegare l'invisibile attraverso l'osservazione della natura.

Il solve et coagula è una regola su cui si fonda l'intero universo... e anche la nostra vita e le nostre esperienze di vita si basano tutte sul solve et coagula, sulla morte e rinascita, non solo nell'estrema ratio della reincarnazione, concetto conseguente a quanto appena affermato, ma anche a tutti i bivi che la vita ci pone davanti.



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MessaggioInviato: 15/02/2016, 16:30 
La teoria del Big bang potrebbe essere errata? Sono molti gli scienziati a sostenerlo e ad essersi impegnati nella confutazione di tale sistema, per evidenziarne paradossi ed incongruenze, ma, come nel caso del Darwinismo, idolatrato come verità assoluta, la comunità accademica, per conformismo o per convenienza, ha abbracciato il modello interpretativo del Big bang e non è disposta ad abbandonarlo per nessuna ragione. E’ uno di quei casi in cui la scienza si degrada ad ideologia, a struttura di potere.

La teoria del Big bang è errata?
http://zret.blogspot.ch/2016/02/la-teor ... rrata.html



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MessaggioInviato: 15/02/2016, 20:14 
Atlanticus81 ha scritto:

La trasmutazione da piombo a oro corrisponde alla trasmutazione del corpo in anima (o qualcosa di simile)... è appunto questa la grandezza dell'alchimia e dell'ermetismo: riuscire a spiegare l'invisibile attraverso l'osservazione della natura.


Si, ma perchè persa la reale funzione di certe pratiche ci si è ingegnati per trovare un significato in qualcosa che non si capiva più e del quale non si aveva più la giusta chiave di lettura così da cercare di recuperarne la funzione e l'utilità con risultati decisamente risibili :)

Atlanticus81 ha scritto:
La teoria del Big bang potrebbe essere errata? Sono molti gli scienziati a sostenerlo e ad essersi impegnati nella confutazione di tale sistema, per evidenziarne paradossi ed incongruenze, ma, come nel caso del Darwinismo, idolatrato come verità assoluta, la comunità accademica, per conformismo o per convenienza, ha abbracciato il modello interpretativo del Big bang e non è disposta ad abbandonarlo per nessuna ragione. E’ uno di quei casi in cui la scienza si degrada ad ideologia, a struttura di potere.

La teoria del Big bang è errata?
http://zret.blogspot.ch/2016/02/la-teor ... rrata.html


Secondo me è evidente che sia sbagliata, quanto meno dal punto di vista meramente "filosofico". Il big Bang è un bug della teoria, ed una teoria le cui fondamenta poggiano su un fenomeno in cui le suddette leggi non valgono a me sembra abbastanza incoerente...

anche perchè ormai si fanno solamente esperimenti confermativi, cioè si confezionano test ed esperimenti per AVERE conferme di ciò che si presume vero. Gli esperimenti puramente "teorici" nel vero senso della parola [Il termine teoria (dal greco θεωρέω theoréo "guardo, osservo"] sono molto pochi.



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MessaggioInviato: 12/03/2016, 14:59 
Tutti sotto il Rasoio di Occam

Il pensiero di un monaco medievale ipoteca la società moderna. I problemi e i paradossi del conflitto storico tra la vera scienza e la falsa scienza dello scientismo occamista nell'esperienza umana del mondo moderno

di Giancarlo Barbadoro

Immagine
Guglielmo di Occam, il monaco medievale che predicava contro l’assolutismo teologico della Chiesa del suo tempo

Il significato di una libera ricerca. Chi può mai dire che cosa può meritare di essere o meno l'oggetto di una qualsiasi ricerca scientifica?

L'universo in cui viviamo è fonte di una manifestazione pressoché illimitata di fenomeni di ogni genere. Alcuni di questi, più vicini alla percezione sensibile, si manifestano nella nostra dimensione quotidiana. Altri sono meno evidenti all'immediatezza dei sensi e fuori dalla nostra immaginazione, ma anch’essi, nella concretezza della loro sostanza, finiscono per coinvolgerci nostro malgrado.
Per questo motivo la scienza si occupa di indagare i campi dell’immediato, come nella ricerca di rimedi a malattie che colpiscono l'uomo e nella ricerca di nuove risorse energetiche, ma non disdegna di occuparsi parallelamente di fenomeni di portata ben più astratta, come lo studio del calcolo delle probabilità, degli eventi del cielo o della costituzione intima della materia. I risultati della sua ricerca si riflettono di conseguenza sul mondo ordinario dell'uomo portando innovazioni nel campo della tecnologia e assicurando benessere agli individui e alla società.

Va da sé che l'universo non è prodigo nel rivelare i suoi segreti e i ricercatori debbono impegnarsi con costanza e determinazione per ricavare la conoscenza utile ai bisogni dell’umanità.

Sino a quando non si è giunti a realizzare una certa scoperta scientifica, nulla poteva palesare in anticipo la possibilità di conoscerla. Solo l’apertura mentale dei ricercatori, il loro intuito e la loro perseveranza possono portare a realizzare precisi risultati in un universo che maschera gelosamente la sua vera natura.

Dal momento della scoperta in poi, la conoscenza acquisita andrà a far parte del bagaglio scientifico dell'umanità e diventerà argomento di routine. Ma prima di quel momento chi avrebbe potuto immaginare il dato di conoscenza a cui si sarebbe giunti a posteriori? Chi avrebbe potuto dire che i fenomeni ora conosciuti potevano essere reali?

Eppure l'universo, anche se geloso custode dei suoi segreti, dissemina di indizi tutto l'estendersi dell'esistenza, lasciando ai legittimi curiosi, che non si accontentano dell'ovvietà posta dai sensi e dalla propria cultura, la possibilità di andare oltre le apparenze sensoriali.

Se così non fosse non ci sarebbero mai state le grande scoperte scientifiche in tutti i campi dello scibile umano. Non ci sarebbe mai stato un Pasteur a ipotizzare, senza mai averli visti, i batteri per creare dei vaccini. Non ci sarebbe mai stato un Einstein che, andando contro il monolitismo ideologico della fisica newtoniana, ha potuto enunciare la rivoluzionaria fisica della relatività.

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Albert Einstein, autore della teoria della Relatività. Ostacolato dalla cultura occamista, gli venne addirittura negato l’accesso alla Reale Accademia delle Scienze di Torino

Non ci sarebbe mai stato neppure uno Schliemann che, seguendo la sua intuizione che interpretava l'opera di Omero come una traccia storica, ha scoperto la mitica città di Troia andando contro l’accademismo della sua epoca.

Il ricercatore è un curioso che si apre in maniera totalizzante alla conoscenza dell'universo in cui vive, per capirlo e per utilizzare il frutto delle sue scoperte allo scopo di ampliare la sua percezione cognitiva dell'esistenza e contribuire a migliorare la condizione umana. È inevitabile che non si ponga limiti di alcun genere, altrimenti incorrerebbe nell'attuazione di una ricerca limitata e di sterile significato.

Purtroppo non è così per tutti. Esiste in seno alla Scienza ufficiale una corrente di pensiero, identificabile come “scientismo”, che interpreta in senso restrittivo il principio della ricerca ponendosi dei precisi limiti di campo di interesse e imponendoli con forza anche agli altri.

Il “Rasoio” culturale di Guglielmo di Occam

Il problema attuale della Scienza ha avuto inizio quando secoli addietro, intorno al 1300, un monaco francescano inglese, Guglielmo di Occam, si trovò a contestare il riferimento che la Chiesa del tempo dava in maniera prioritaria e totalizzante alla dimensione catechistica, centralizzando potere e risorse economiche. Occam aveva asserito pertanto che non si doveva solo guardare al mondo dell’aldilà e discutere di questioni teologali, ma occorreva anche e soprattutto dare attenzione alle cose essenziali della vita quotidiana delle persone. Ovvero, che non bastavano solamente le preghiere, ma occorreva guardare anche ai bisogni immediati e concreti dell'uomo, poiché egli era al centro dell'attenzione divina. Con molta prudenza per non inquietare il potere della Chiesa, e con lo stile latino del tempo, aveva affermato: “entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem”, ovvero "le entità non vanno moltiplicate oltre il necessario".

Ma la sua predicazione non era sfuggita alla Chiesa del tempo e seguì immediatamente la minaccia di un processo dell’Inquisizione e di un inevitabile rogo. Il povero monaco, per salvarsi la vita, si ritrovò a dover ritrattare il senso di quanto aveva affermato, riproponendolo in un nuovo significato, ovvero: "guardiamo all'essenziale, cioè al campo teologico della Chiesa, e non perdiamoci in cose che non servono”, quelle umane per l’appunto.

Un principio che consolidò l’ideologia religiosa della Chiesa, caratterizzando il suo conservatorismo dogmatico contro il quale nessuno doveva opporsi.

Un principio politico che è stato cooptato inevitabilmente dai vari sistemi sociali e ideologici conservatori della storia e che venne ripreso più tardi addirittura dalla corrente illuminista francese che stava organizzando la nuova Scienza laica post-rivoluzionaria.
Ci si può rendere conto dell’influenza degli occamisti sulla Scienza illuminista da un semplice esempio: dopo la rivoluzione francese, l’accesso ai Musei dove erano custoditi i campioni di meteoriti venne impedito per non dar credito alla convinzione della gente che sosteneva che dal cielo cadevano pietre infuocate. Evento che invece gli uomini di Scienza occamista avevano sempre negato e deriso come superstizione dovuta all’ignoranza e che avrebbe portato a far perdere credito al loro prestigio accademico.

L’ipoteca culturale del “Rasoio” di Guglielmo di Occam

Dalla disavventura ecclesiale di Guglielmo di Occam e dall’insegnamento della gestione del potere della Chiesa medievale nacque così il cosiddetto principio del "Rasoio di Occam" che i difensori dei sistemi conservativi sociali e di ricerca hanno definito come un infallibile “principio di razionalità”.

Un rasoio che impone un preciso principio e una precisa ipoteca alla Scienza attuale, la quale traduce l’affermazione medievale in: "bisogna fare ricerca solo su quanto serve e si dimostra concretamente serio, tutto il resto deve essere tagliato via".
Su questo principio si è attestata la forma conservatrice della Scienza attuale, che si discosta dall'ambito della pura Scienza di ricerca per imporre una visione moralistica della ricerca stessa. Questa "scienza nella scienza", ravvisabile nel concetto di occamismo scientista, si è posta obiettivi che rispondono ai bisogni etici di un qualsiasi status quo che sta impegnando le sue risorse in suoi obiettivi specifici e di parte.

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Il celebre processo a Galileo Galilei, nel dipinto di Joseph Robert-Fleury, di fronte al Sant’Uffizio per via della sua contestazione scientifica al dogmatismo della Chiesa del tempo

Inevitabilmente questa visione della ricerca ha dato vita a strutture burocratiche e gerarchiche, necessarie per poter affermare e imporre ciò che è meritevole di ricerca e ciò che non lo è.

Un principio che ancora oggi viene proposto negli istituti scolastici come metodo scientifico, dimenticando che proprio su questo principio ecclesiale il cardinale Bellarmino processò, per le sue tesi di osservazione astronomica, Galileo Galilei che si trovava ad essere il propugnatore di un vero metodo scientifico sperimentale.

Vale la pena di riflettere su quanto ha scritto Bertrand Russell in “Storia della filosofia occidentale” a proposito dell’occamismo:
"...Tra gli scrittori di storia della filosofia esiste la tendenza a interpretare gli uomini alla luce dei loro successori, ma questo è in genere un errore. Si è detto del principio di Occam ch'egli avrebbe provocato la fine della scolastica, e che sarebbe stato un tema precursore di Cartesio o di Kant, o di qualsiasi altro filosofo moderno che fosse il favorito di questo o di quel critico. Secondo Moody, con il quale sono d'accordo, tutto questo è sbagliato. Occam, egli sostiene, si occupò principalmente di restaurare un genuino Aristotele, liberato sia dalle incrostazioni agostiniane che da quelle arabe. Questo era stato anche, entro limiti piuttosto ampi, l'obiettivo di San Tommaso; ma i francescani, come abbiamo visto, avevano continuato a seguire Agostino molto più da vicino di quanto Tommaso non avesse fatto.

L'interpretazione di Occam data dagli storici moderni, secondo Moody, è stata viziata dal desiderio di trovare un "graduale" passaggio dalla scolastica alla filosofia moderna; questo ha fatto sì che si volessero leggere per forza in lui delle dottrine moderne, mentre in realtà il principio di Occam stava semplicemente interpretando Aristotele..."

Analisi del resto già condivisa nel Medioevo quando l’influenza del pensiero occamista sollecitato dalla Chiesa si stava imponendo messianicamente sulla cultura del tempo.

Il filosofo medievalista Antonio Poppi ha scritto in merito nella sua “Introduzione all'aristotelismo padovano”:
"...La situazione culturale veneta della seconda metà del Trecento proietta riflessi sinistri nell'epistolario del Petrarca, ove rimbalza l'eco della sua vivida preoccupazione per le deleterie conseguenze del nuovo aristotelismo degli occamisti..."
Non dimentichiamo che Aristotele, tra le varie manifestazioni del suo conservatorismo, era colui che affermava: “le donne possono essere considerate come uomini di natura inferiore”.

L’azione dell’occamismo nella società moderna

Oggi il "tagliare via ciò che non serve" rimane una comoda scusa che porta a sostenere il conservatorismo delle idee dei vari status quo, sociali e di ricerca, che non vogliono che venga toccato il loro sistema di prerogative e privilegi basato su precise e ristrette ideologie.

Necessariamente in ciascuno di questi status quo si vengono a creare gerarchie che si occupano di stabilire "quel che serve e quello che non serve" e svolgono immancabilmente un’azione repressiva per ottenere i risultati che si prefiggono.

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La partenza della missione NASA di Apollo11, nel 1969, che ha portato l’uomo sulla Luna. Senza l’ipoteca occamista la missione avrebbe potuto essere realizzata con qualche secolo di anticipo

Paradossalmente, gli occamisti impongono nel campo della Scienza il principio del Rasoio di Occam come se si trattasse di un principio di valutazione razionale, dimenticando il senso politico che portò Guglielmo di Occam a predicarlo come protesta al ruolo conservatore della Chiesa del suo tempo e quindi con una valenza assolutamente morale che non ha nulla di scientifico né può essere considerato un metro valutativo razionale.

Al contrario, gli occamisti hanno volutamente dimenticato il metodo di valutazione razionale suggerito da Galileo Galilei da applicare a una libera ricerca: “osservare i fenomeni per come si presentano, riprodurli nella sperimentazione per comprenderli e quindi redigere le leggi che li dominano per poterli utilizzare a favore della conoscenza e del benessere comune”.
Spesso gli occamisti moderni si dichiarano atei e materialisti, senza alcuna personale prospettiva esperienziale della loro vita se non quella di attestare le loro convinzioni in cui cercano rifugio per via della presenza di un universo troppo grande e misterioso per la loro capacità di comprensione.

Oggi gli occamisti rappresentano una forte lobby che spaccia il proprio scientismo ideologico come Scienza e sembra ipotecare seriamente la ricerca e il futuro dell'umanità. Un movimento che nel nostro tempo ha trovato supporto presso correnti di praticanti dell’illusionismo e che ha coinvolto inaspettatamente anche sprovveduti ricercatori del mondo scientifico. Una corrente culturale partita dagli Stati Uniti, che come si sa è patria delle varie società segrete universitarie come “Skull and Bones”, appoggiata dai vari apparati del caso nei Paesi in cui si trova a operare.

L’applicazione del Rasoio di Occam da parte degli occamisti è semplice e addirittura banale se non, in conclusione, anche catastrofica. Ad esempio, in medicina, se un farmaco non funziona lo si getta via e si prova con un altro fino a quando si trova quello che più o meno funziona. Con metodo pedissequo e inesorabile. Poco importa se a rimetterci sono i pazienti e le cavie da laboratorio. Poco importa se accanto al loro inarrestabile e monolitico apparato ci sono correnti di pensiero che suggeriscono metodi terapeutici meno cruenti e più sicuri per la vita umana. Metodi che vengono bollati come “pseudoscienze” e accantonati senza neppure essere seriamente presi in considerazione.

Sbandierando il principio di razionalità del Rasoio di Occam gli occamisti hanno modo di indurre i giovani studenti degli Istituti in cui si sono insediati a cadere facilmente nel loro gioco, mostrandosi come profeti per la realizzazione di un futuro senza ignoranza e superstizione, e facendoli sentire come i predestinati e gli eletti per una grande missione di civilizzazione del mondo.

C’è da credere invece che, ad oggi, senza la presenza mortificante dell’occamismo, avremmo una società non gerarchizzata e libera, medicinali migliori, tecnologia d'avanguardia, risorse energetiche ecosostenibili e una concreta e libera ricerca che potrebbe migliorare la condizione del genere umano.

Il pensiero occamista, nella sua difesa di un universo culturalmente immobile, non ha neppure confini di parte che lo leghino alle ideologie che lo supportano. La teoria della relatività, ad esempio, giunse a inquietare il conservatorismo occamista di tutto il mondo. Nel Terzo Reich, Walter Gross nel 1940 ebbe a dire: "..le cosiddette teorie di Einstein non sono altro che il delirio di una mente inquinata da teorie liberali e democratiche. Gli scienziati della Germania non possono pertanto condividerle". Dall'altra parte della barricata ideologica, sempre in quell'anno, il Giornale astronomico dell'Unione Sovietica fece eco dicendo: "...la teoria di un universo dominato dalla relatività è solo il frutto della mente perversa dei fascisti, l'estremo disgustoso tentativo di propagandare una ideologia controrivoluzionaria e prossima a morire..."

I paradossi scientifici dell’occamismo

Il dogmatismo occamista, che ipoteca l'universo in una visione di parte e che determina l'esistenza o meno dei fenomeni a seconda di una convenienza, o di una ristrettezza culturale aprioristica, non si ferma nei laboratori e nei santuari degli apparati occamisti, ma giunge a colpire tutti noi nel nostro quotidiano.

Molto di ciò che possiamo studiare sui libri o che ascoltiamo dai media e ciò di cui ci occupiamo diventa soggetto a questa visione dicotomica dell'esistenza impostata dall'occamismo.

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Foto di gruppo dei membri della società segreta USA “Scull and Bones” del 1947. A sinistra dell'orologio c'è George H. W. Bush

Da una parte abbiamo le materie cosiddette "serie", dalla partita di pallone all'ultimo festival di varia natura, alle vicende del gossip politico. Dall'altra abbiamo la negazione e la messa al bando di fenomeni che inevitabilmente accompagnano e sono parte integrante dell'umanità dall'inizio della sua comparsa sulla Terra.

In questa deleteria prospettiva non esistono e non sono argomenti seri temi come la premonizione, la telepatia, la terapeutica naturale, l'agopuntura, la fitoterapia. Per non parlare poi degli UFO e di altri fenomeni “non convenzionali”...

Ma che credito si può dare a una Scienza ipotecata dall’occamismo che in gran parte è divenuta una vera e propria religione, con tanto di sacerdoti e di dogmi? Una scienza ipotecata dall’occamismo che, sicura delle sue idee, esprime giudizi che a causa dell’improprio suggerimento spesso finiscono per metterla in ridicolo, più che accreditarla, agli occhi del pubblico?

Esempi in proposito non mancano, anzi, ce ne sono così tanti che dovrebbero farci riflettere sul credito che l’ipoteca occamista può avere sulle nostre scelte e sulle nostre esigenze di ricercatori curiosi.

All'inizio del secolo "insigni" scienziati dichiararono che un’automobile non avrebbe mai potuto superare i limiti dei sessanta chilometri orari altrimenti l'uomo alla guida sarebbe morto!

Einstein fu rifiutato come socio dei circoli universitari di alcune Accademie del tempo per via delle sue idee sulla teoria relativistica, considerate strampalate e poco serie dal punto di vista scientifico. Il 19 febbraio 1922, alla Reale Accademia delle Scienze di Torino, la candidatura di Albert Einstein venne rifiutata. La votazione (un solo voto risultò favorevole, quello del suo proponente) testimonia l'atteggiamento dei membri dell'Accademia verso le innovazioni scientifiche di Einstein.
Per non parlare del premio Nobel per la Fisica del 1923, Robert Andrews Millikan, che affermò: "L'uomo non riuscirà mai a sfruttare l'energia dell'atomo... Gli elementi che compongono il mondo non possono essere manomessi dall'uomo né disintegrandoli l'uomo potrebbe trarne alcuna energia".

Nel 1943 Thomas J. Watson, presidente dell'IBM, asseriva con profonda convinzione: "Non credo che in tutto il mondo si riuscirebbero a vendere più di cinque computer”… Gli faceva eco in tempi più recenti Richard van der Riet Woolley, che nell'assumere la carica di astronomo reale di Inghilterra affermò con assoluta convinzione: "I viaggi nello spazio sono pure fantasie, non si potrà mai lasciare il nostro pianeta.”

Si potrebbe continuare con molti altri tristi esempi che dimostrano come l’occamismo abbia ostacolato da sempre il cammino dell’umanità.

Di fronte a questi paradossi del pensiero dello scientismo occamista, sorge spontanea una inevitabile domanda: a quali scoperte scientifiche avrebbe potuto giungere la Scienza se non fosse stata ipotecata dalla visione moralistica dell'occamismo? A quali vette di sapere avrebbe potuto giungere l'umanità avendo occasione di risolvere, in anticipo sui tempi, tutti i problemi ambientali e le malattie che l'affliggono in questi ultimi secoli?

http://www.shan-newspaper.com/web/socie ... occam.html



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 Oggetto del messaggio: Re: Ortodossia e ipotesi 'controcorrente'
MessaggioInviato: 22/09/2016, 17:21 
Spiritualità e realtà ; una visione umanistica e scientifica del mondo

Preambolo

In questi giorni si parla spesso di spiritualità, e sembra che questa esigenza dell’uomo sia in contrapposto alla materialità della vita di ogni giorno. La vita cosiddetta materiale risveglia nei più un desiderio di ritrovare un senso della vita umana che sfugga al giornaliero. Inoltre il rinascere delle tensioni internazionali, dovute in parte a visioni contrastanti del mondo basate su cosmologie religiose, ci obbliga a rivedere il ruolo delle religioni nella vita spirituale.

Vorrei spartire con voi i miei pensieri di come una visione di scienziato umanista può essere rilevante ad una visione più ampia delle attività spirituali dell’umanità. I punti di vista che esporrò non saranno forse condivisi da tutti gli scienziati, ma spero peraltro che anche alcuni non scienziati vedano, nelle idee esposte, un tentativo serio di riportare problematiche spirituali nell’ambito del pensiero umanistico-scientifico.

Sin dai primi tentativi di darsi una visione del mondo, numerose culture, compresa la nostra, hanno cercato la spiritualità nella trascendenza, in un mondo cioè che va oltre all’immediato e al materiale: il desiderio di Mythos oltre che di Logos, per dirlo con Karen Armstrong. Il pensiero di una trascendenza si associa facilmente all’idea di assoluto. Le posizioni spirituali basate sull’assoluto hanno dato origine per lo più ad atteggiamenti che vengono chiamati al giorno d’oggi, fondamentalisti. Spesso, anzi spessissimo, le posizioni fondamentaliste vanno mano a mano con atteggiamenti di natura repressiva. Il pericolo di questo processo, che è in antitesi alla civiltà del mondo umanistico-scientifico, è attualissimo.

Il desiderio di spiritualità è molto comprensibile, e va visto come un’esigenza fondamentale della vita umana, piuttosto che come un ritorno ad un semplice oscurantismo religioso. La ricerca di spiritualità tuttavia non va, proprio per questo, confusa con un ritorno alle religioni.

Il problema dunque è come dare allo stesso tempo spazio all’esigenza di spiritualità senza cadere nel fondamentalismo religioso e neppure seguire i movimenti della "new age".

Naturalmente vorrei partire da un presupposto storico, cioè che la religiosità slavata del cristianesimo occidentale moderno non possa essere una soluzione sociale duratura, proprio per la sua debolezza storico-filosofica. La tolleranza da parte del cristianesimo nei confronti di una società chiamata da Karl Popper "aperta", peraltro conquistata dal mondo laico umanista nel corso di secoli, spesso non in modo incruento, è vista come debolezza da un’ottica più "fondamentale" della spiritualità.

La ricerca di una spiritualità più robusta e adatta al mondo moderno e post-moderno richiede quindi uno sforzo di apertura concettuale non indifferente. La spiritualità a mio avviso è troppo importante per lasciarla alle religioni.

Mi propongo di mostrare come si può trovare la spiritualità all’interno del mondo umanistico-scientifico, come un’estensione naturale alla lunga storia della cultura umana che tende a scalzare le culture del trascendente. L’umanizzazione della spiritualità è dunque un processo in atto e di cui mi faccio semplice portavoce. Il grandioso edificio della scienza umana, entro l’ottica illuminante dell’evoluzione biologica e culturale, rappresenta insomma un’attività spirituale par eccellence.

L’emergenza della spiritualità nell’evoluzione umana

Inizierò dal problema della spiritualità e del suo emergere nell’evoluzione umana. Questa si e’ sviluppata nell’arco delle decine di migliaia d’anni, che hanno visto la comparsa dei primi segni di attività coscienti. Non intendo definire qui la spiritualità in modo troppo rigoroso, ma indicherò, con questo termine un po’ generico, tutte quelle attività umane che ci spingono ad andare oltre l’esperienza immediata del qui ed ora. Questa semplice definizione comprende il mondo dei sentimenti interiori, delle idee, dell’immaginazione e delle credenze. Parte di queste attività spirituali comprende le visioni del mondo sia personali che collettive, fra cui vi sono i miti, le religioni e anche la scienza stessa.

Queste attività spirituali, del tutte umane, rappresentano il tentativo di dare un senso in tre aspetti dell’esistenza umana. Dare senso:

1. al mondo attorno a noi,
2. ai nostri rapporti con altri esseri umani e
3. alla nostra stessa esistenza individuale.

Da dove viene questo bisogno di dare un senso a questi tre quesiti fondamentali dell’esistenza? In questo tradisco, senza alcuna vergogna, la mia formazione di biologo e in particolare di neuroscienziato.

L’evidenza che l’essere umano sia emerso da un processo evolutivo, con i primi ominidi apparsi circa da 3 a 5 milioni di anni fa, e’ incontrovertibile. Il problema e’ quindi non già se l’uomo si sia evoluto, ma come questo sia avvenuto. Il problema così attuale del genoma umano dimostra, in modo convincente, che l’essere umano non e’ poi così distante dai suoi cugini nel processo di diversificazione della vita sulla terra. Il processo evolutivo non comprende solo l’aspetto fisico dell’essere umano, ma anche le sue attività mentali compreso il linguaggio, l’immaginazione, i sentimenti, compreso quelli religiosi. L’evoluzione del sistema nervoso (cervello) sta’ certamente alla base del processo dell’evoluzione della mente. Quindi il problema che va posto non e’ se la religiosità e le attività spirituali siano comparse per un processo evolutivo o meno, ma come e quando siano comparse.

Nell’evoluzione del cervello c’e’ una buona correlazione fra la complessità del sistema nervoso e il grado di costruzioni percettive del mondo esterno e degli individui stessi di una particolare specie. Questo processo si e’ accelerato con la comparsa dei mammiferi, data l’importanza crescente che i rapporti sociali hanno acquistato sia fra genitori e figli che in comunità più estese.

Negli organismi più complessi il cervello non controlla solamente movimenti e comportamento e non solamente integra l’informazione sensoriale che giunge al cervello attraverso i sensi, ma e’ anche sede di attività continua anche in assenza di movimenti e di sensazioni. Questa attività "silente" del sistema nervoso può essere considerata a tutti gli effetti come "attività mentale" cosciente o non-cosciente che sia. Naturalmente anche l’attività mentale e’ comparsa per un lento processo evolutivo. Ciò che chiamiamo le visioni del mondo, cioè miti, religioni e la scienza stessa, per quanto grandiose siano, sono pur sempre costruzioni mentali cioè umane. Pertanto, anche queste gigantesche e complesse costruzioni del pensare umano, il modo in cui si vedono i rapporti con altri esseri umani e il rapporto con se stessi, sono stati della mente che sono comparsi in qualche momento nell’evoluzione.

La comparsa dei valori

Fra queste attività mentali, chiamiamole superiori nel senso che sono certamente le più complesse sinora, c’e’ la capacità di attribuire significato e valori.

Viene detto spesso che gli esseri umani sono unici nell’attribuire significati, valori al mondo, a sé stessi e ad altri esseri umani. Questa caratteristica umana apparentemente unica, a meno che non la si ritenga di origine trascendente, deve essere anch’essa il frutto di un processo evolutivo. Come questa evoluzione possa essere avvenuta appare in parte chiaro dagli studi degli altri animali.

Sin dall’inizio gli organismi viventi hanno dovuto far delle scelte fra le diverse richieste impellenti per la sopravvivenza stessa. Nutrirsi, fuggire dai pericoli e riprodursi sono le funzioni più fondamentali della vita stessa. Il vantaggio evolutivo di provvedere strumenti adeguati per scegliere fra questi comportamenti sta’ alla base del cammino evolutivo per lo sviluppo di un sistema nervoso complesso, e ricco di attività "mentali". Il processo di fare scelte fra diversi comportamenti richiede prima di tutto la capacità di percepire fenomeni salienti nell’ambiente esterno.

La comparsa del sistema nervoso, sin dall’inizio della comparsa degli organismi multicellulari, compreso quella dei vertebrati circa 500 milioni di anni fa, testimonia l’importanza di questa funzione che si sviluppò più complessa nei mammiferi. Circuiti nervosi si svilupparono specificamente per garantire comportamenti complessi ed effettivi per nutrirsi, fuggire da danni e riprodursi. Da questi si svilupparono circuiti nervosi più raffinati che arricchirono il repertorio di ciò che viene giustamente chiamato "comportamento adattativo". L’insieme di questi circuiti nervosi e le loro interazioni con l’ambiente sono alla base del processo di attribuire valori e senso di cui l’essere umano e’ così impregnato.

Memoria, tempo e angoscia esistenziale

Un altro aspetto fondamentale per comprendere la comparsa della spiritualità e’ lo sviluppo della memoria. L’emergenza della memoria nel sistema nervoso ha una lunga storia. L’aumento di questa funzione permise agli animali più complessi di percepire le regolarità più salienti nell’ambiente che facilitarono l’adattamento. Lo sviluppo della memoria attribuì agli ominidi capacità di immaginare situazioni prima di averne esperienza diretta.

Questo segna la comparsa dell’immaginazione. Questo passo evolutivo si accompagnò anche alla capacità di ricordare esperienze passate mediante introspezione. Con l’immaginazione gli ominidi e gli esseri umani poterono proiettarsi nel futuro e iniziare a pianificare comportamenti sulla base delle regolarità dell’ambiente. Questa segna probabilmente la nascita del senso del tempo nel sistema nervoso degli animali più complessi.

Quest’enorme vantaggio evolutivo, di esser cioè capaci di compiere prove di vita estemporanee, cioè prima di farle nella realtà, e’ avvenuto ad un altissimo prezzo esistenziale. Nell’aumentare questa capacità di immaginare eventi prima e dopo il momento presente, cioè di ampliare la sfera del "Tempo", il processo evolutivo raggiunse uno stadio critico. Gli esseri umani poterono immaginare tempi più in là della propria vita, prima e dopo. Divennero pertanto consci della propria fine. In altre parole riconobbero la loro mortalità.

L’angoscia esistenziale, provocata da questa presa di coscienza, rimane ancora profondamente radicata nelle nostre menti. Il senso di disperazione di perdere qualcheduno a cui siamo emotivamente attaccati, ha giocato e gioca un ruolo importante nel plasmare la nostra vita individuale e sociale.

Naturalmente, anche la ricchezza delle emozioni umane trova riscontro nell’evoluzione con la comparsa di circuiti nervosi dediti a guidare comportamenti secondo esperienze piacevoli o sgradite. La comparsa di miti e religiosità coincide, probabilmente, con questo gradino, molto drammatico, dell’evoluzione. Il senso della propria mortalità e’ stato da allora forse la sfida più grande che ogni essere si porta dietro. Questa segna la nascita dell’attività mentale, conscia, e della spiritualità. La spiritualità dunque e’ il risultato di un lungo processo dell’esser cosciente di essere individui unici e distinti dal mondo e dagli altri e inoltre di essere mortali. Ciascuno di noi, esseri mortali e coscienti di esserlo, vive questi drammatici passi come esperienza inevitabile della vita.

Angoscia, paura, speranza, disperazione trovano tutte probabilmente le loro radici in questo processo evolutivo, quasi fosse un prezzo inevitabile per il successo di estendere le capacita mentali superiori. Questo processo sofferto e paradossale potrebbe essere la radice di ciò che siamo giunti a chiamare "la condizione umana".

L’esistenza di un mondo oltre l’esperienza immediata divenne parte della "natura" umana. Dobbiamo pensarlo come un processo che e’ nato circa 100 mila anni fa’ con Homo Sapiens e che si sta ancora evolvendo. E’ l’inizio del porsi domande di natura fondamentale. E’ l’inizio della conquista dell’ignoto.

I sentimenti di spiritualità, onniscienza, onnipotenza e immortalità

Vorrei ora discutere l’idea che alcuni dei concetti profondi legati a sentimenti di spiritualità, sono anch’essi il risultato di un’evoluzione culturale avvenuta durante l’esistenza dell’Homo Sapiens.

La capacità di immaginare situazioni, per poi comprovarle nella realtà, sta alla base di ciò che chiamiamo conoscenza. Il senso di aver conoscenza anche di eventi e situazioni non immediate ha probabilmente dato origine, per un processo di estrapolazione ultima, al concetto di onniscienza, del poter sapere saper tutto, per lo meno in principio.

Il sentimento esplicito di poter controllare il proprio destino che si accompagna anche ad un senso di potere su se stessi, sugli altri e sul mondo circostante, sta’ probabilmente all’origine del concetto di onnipotenza.

La terza idea fondamentale e’ legata alla difficoltà di accettare esistenzialmente che il nostro stesso essere individuale possa scomparire semplicemente con la morte.

Questo rifiuto esistenziale ha probabilmente dato origine alla speranza e alla credenza dell’immortalità dell’essere soggettivo, il sé stesso cioè l’anima.

Non e’ probabilmente un caso che gli esseri umani abbiano attribuito alle loro entità supreme caratteristiche di onnipotenza, onniscienza e di immortalità.

Curiosità e fede

La realizzazione di essere individui, di essere distinti e separati dal mondo, e’ accompagnata da un senso di essere osservatori del mondo. Assieme a questa capacità di separare l’esperienza di un sé interno da quella di un mondo esterno, si sviluppò anche un dualismo di vedute circa la natura di questo mondo. Da un lato vi e’ l’immediato, ciò che appare ai sensi, e dall’altro ciò che sta nascosto dietro a ciò che appare. Questa e’ l’origine certamente preistorica, del senso che nulla e’ ciò che appare. Nulla e’ ciò che sembra. Questo segna la comparsa di un senso profondo che ci sia una realtà nascosta, e più vera, di quella presente, delle apparenze, qualche cosa che esiste oltre a ciò che viene osservato o vissuto direttamente. A questo senso dell’esistenza di un mondo che va oltre l’esperienza immediata si accompagnò la curiosità che e’ il motore della conoscenza.

Assieme al bisogno di mantenere una curiosità viva, per poter compiere azioni a lungo termine, azioni che spesso durano una vita intiera, si e’ dovuto sviluppare un’altra importante capacità. Un senso di continuità nel tempo in previsione di ciò che ci si attende nel futuro. Questo sentimento che da una certa sicurezza in ciò che accadrà e’ la fede. In questo senso fede e credenze sono stati mentali di preparazione a ciò che avverrà. Sono, per natura, temporanei.

Sono idee di ciò che potrebbe essere davvero dietro le apparenze. Sono esperienze mentali di qualche cosa oltre l’osservazione e oltre l’esperienza immediata. La fede insomma rappresenta uno strumento essenziale per volgersi al quesito delle realtà nascoste.

La fede può esser quindi interpretata come un modo di dare un certo grado di sicurezza che ci siano cose anche quando non si possono ancora vivere direttamente, o perché non siano qui, o perché non accadano al presente. Ad un livello semplice, la fede equivale alla capacità di agire come se ci sia un mondo oltre a ciò che si percepisce al momento. Così per esempio, il semplice aver fede che troveremo ancora i nostri cari quando torniamo a casa o al rifugio, o che dietro quella collina ci sia un animale che inseguiamo, diventa un atteggiamento essenziale per la sopravvivenza. Credere e’ dunque uno stato temporaneo necessario prima di poter stabilire e confermare come stiano, di fatto, le cose.

Un’altra caratteristica degli essere umani, che si e’ sviluppata assieme alla curiosità e la fede, e’ il dubbio. Ogni volta che si da una credenza, una possibile domanda si affaccia al pensiero; "ma sarà proprio così?" Questo stato d’animo tempera le credenze e le obbliga a rimanere in sospeso sin tanto a che non si sia andato a vedere cosa davvero ci sia. Il dubbio, o uno stato di un certo scetticismo, non e’ incompatibile ne’ con la curiosità ne’ con la fede. Il dubbio fa parte della triade di stati della mente inquisitiva che comprendono dunque curiosità, fede e dubbio. La mente inquisitiva spinge a chiedersi "cosa c’e’?" poi "credo ci sia questo o quello" e poi infine "ma sarà proprio cosi?" La mente inquisitiva a sua volta fa parte del processo di adattamento evolutivo che rende l’essere umano così "mentale".

In questa ottica evolutiva si può vedere ora più chiaramente che la scienza e’ un’attività inquisitiva che applica questa triade di atteggiamenti in modo più rigoroso e completo di quanto fatto prima. La capacità di sperimentazione della scienza moderna ha esteso la capacità di verifica di dubbi e pertanto ha aumentato in modo straordinario l’orizzonte della conoscenza possibile.

Le dicotomie; due visioni del mondo e la natura della realtà

Negli ultimi millenni di evoluzione culturale alcune dicotomie sono comparse a causa di questa mente inquisitiva. Una di queste, che rappresenta una potente fonte di incertezza, e’ la dicotomia che c’e’ fra la realtà immediata e materiale da un lato, e una realtà nascosta e più essenziale dall’altra. Questa dicotomia ha portato molti pensatori ad oscillare fra due posizioni apparentemente inconciliabili di cosa sia la realtà.

Da un lato c’e’ un profondo senso dell’importanza della immediatezza della nostra esperienza. Questo ha portato molti pensatori ad affermare in modo deciso che il mondo e’ ciò che appare, e che ciò che si vede, si tocca e si sente e’ reale (vedere e’ credere) e che quello che ci dicono i nostri sensi e’ reale. Chiamerò questo il mondo del qui-ed-ora.

Dall’altro lato l’esperienza di cose e fenomeni che non si osservano immediatamente, ma che pur ci sono alla luce dell’esperienza susseguente, suggerisce che ci sia un mondo reale, ma nascosto. Che ci sia una natura essenziale più vera di quella immediata. E’ l’idea platonica alla ricerca dell’essenza delle cose, per rivelare cosa c’e’ dietro le apparenze. Chiamerò questo mondo dell’ al-di-là.

Da queste tendenze apparentemente contraddittorie sono nati da un lato il concetto della res extensa, basata sulle sensazioni, su oggetti esterni, il mondo materiale della fisica e della materia che decade, e dall’altro il concetto della res cogitans, delle cose immateriali, dei sogni, dell’immaginazione, delle idee, della mente pensante, dello spirito immutabile, dell’anima immortale.

Da ciò l’idea che ci siano due o più conoscenze adatte ai due mondi, quello della materia e quello dello spirito. L’una si acquista attraverso i sensi dal mondo materiale (la scienza apparterrebbe a questa forma di conoscenza) e l’altra proviene dal mondo spirituale come il ragionamento aristotelico ipotetico-deduttivo, l’intuizione, o addirittura le post Platoniche "rivelazioni divine" comunicateci direttamente o indirettamente da entità trascendenti.

Questo dualismo si irrobustisce con la distinzione fra il sapere a priori e trascendente e quello scientifico a posteriori e immanente, oppure considerandole conoscenze parallele con magistero equivalente, ma in campi diversi. Da qui il potenziale scontro fra conoscenza per illuminazione divina e conoscenza tutta umana.

La distinzione fra questi due mondi permea ancora sia il linguaggio di tutti i giorni che quello dei concetti di cosmologia. In filosofia questa dicotomia e’ nota come la visione dualista del mondo che dobbiamo in tempi recenti a Cartesio. In molti dei libri sulla spiritualità moderna questo concetto e’ accettato come dato indiscutibile e temo che molti di voi nell’udienza accettino questa visione dualistica con tutti i paradossi che ne conseguono. Vedremo che il negare completamente le due visioni porta a impossibilità ancora più estreme.

Vorrei proporre il modo in cui possiamo vedere questi due mondi e modi di conoscerli sotto una prospettiva umanistico/scientifica, rifacendomi alla natura comune della conoscenza e dei processi evolutivi che sottostanno alla conoscenza.

Gli esseri umani da un lato devono interagire continuamente con il mondo mutevole dell’immediato e, dall’altro grazie al processo straordinario di evoluzione del cervello, gli esseri umani possiedono anche un'attività nervosa indipendente dal sensorio immediato che e’ presente anche in assenza di movimenti e di comportamento. Questo stato di attività cerebrale senza azione può essere definita come attività mentale, cioè pensiero. Da qui la distinzione fra il mondo del pensiero interiore e immateriale e il mondo esterno e materiale. Questi processi, hanno certamente aiutato gli esseri umani a vivere sia nel contatto continuo del presente immediato che nel concepire un mondo del passato e del futuro. Questo e’ la funzione d’adattamento di questi processi.

Mi pare che questa dicotomia sia emersa da un processo di estrapolazione, comprensibile ma forse esagerata, di processi del tutto normali. Ma non dovrebbe quindi sorprendere che qualsiasi tentativo di negare l’una o l’altra di queste visioni della realtà abbia portato a paradossi impossibili da risolvere. Di fatto sia la visione che solo le idee sono reali (idealismo classico) sia l’idea che solo la materia sensibile e’ reale (materialismo classico) hanno portato inevitabilmente a situazioni insoddisfacenti sia per la vita pratica che per la filosofia.

Oltre al dualismo

Queste due visioni del mondo, spinte agli estremi da diversi filosofi sia dell’idealismo che del materialismo, non sono convincenti per un critico serio. Che l’esperienza soggettiva non significhi una "esistenza reale" e’ chiaramente assurda per la maggior parte delle persone pensanti e di buon senso. La conseguenza del negare questa visione e’ che si rifiuterebbe di "esistere" nel presente, nel qui e ora, con chiari problemi di sopravvivenza. D’altro lato l’idea che il mondo sia fatto solo di materia sensibile conosciuta solo attraverso l’esperienza immediata e che non ci sia un mondo di esistenza mentale e’ altrettanto assurda. La conseguenza del negare la vita mentale porta a considerare altri esseri umani dei semplici automi, atteggiamento esistenzialmente incompatibile con l’ esperienza personale per la quale si tratta con altri esseri umani come se fossero coscienti e autonomi.

D’altro canto la visione che il mondo sia fatto solo di idee a che addirittura il mondo sia del tutto immaginario e che potrebbe non esistere al di fuori della nostra esperienza e’ un esercizio che porta solo al solipsismo.

La visione tradizionale e’ stata che il mondo della materia e’ cangiante, caduco limitato nel tempo e nello spazio, mentre il mondo spirituale e’ immateriale, e non limitato da spazio e tempo immutabile. Questa visione normalmente sostiene che questo secondo mondo dello spirito sia un mondo migliore nel quale le menti, gli spiriti esistono lontano dal mondo di dolori e tragedie del mondo materiale, e che le anime dunque trovano pace e riposo "nell’altro mondo". Questa metafora dei due mondi ha resistito per molte centinaia di anni, forse millenni, tanto forte e’ l’importanza che questi due tipi di esperienze hanno per gli individui.

Di fatto salvo il credere che ci sia una mente non-umana capace di osservare il mondo dal di fuori, non vi e’ altro modo di superare i paradossi della visione dicotomica, salvo il comprendere meglio l’origine e la ragione evolutiva di pensare alla esperienza soggettiva del "sé" e ad un "mondo" separato dal sé.

Questa dicotomia e’ artificiale e nasce a mio avviso, da una serie di malintesi circa la natura della conoscenza. Seguendo questa dicotomia la conoscenza del mondo cosiddetto fisico e’ prerogativa della scienza, mentre la conoscenza dei pensieri e della mente umana, del mondo cosiddetto spirituale cioè, e’ prerogativa della filosofia e della religione. Questa separazione a mio avviso oggi insostenibile. I malintesi su cui si basava possono essere chiarificati.

Fra gli studiosi di scienze cognitive e alcuni filosofi si ritiene che anche le esperienze più soggettive, quelle ritenute appartenenti al mondo dello spirito, hanno una controparte fisica. Che sono cioè stati fisici del sistema nervoso seppur molto complessi. D’altro lato dobbiamo anche accettare che e’ il funzionamento del cervello a creare una realtà, come quella delle nostre vivenze, e che quindi anche le entità più prettamente "fisiche e materiali" hanno associate ad esse un aspetto di spiritualità umana, nel senso che sono il prodotto di una costruzione mentale, pur coerente con il mondo. E’ proprio la coerenza fra costruzioni mentali e conseguenze nel mondo, che giustifica evolutivamente la correttezza di queste costruzioni.

Infatti, questo processo, che può considerarsi di superamento della dicotomia dello spirito e della materia, del corpo e della mente e’ già a buon punto. Oramai quasi nessuno si fa fautore esclusivo di una delle due soluzioni opposte e paradossali. Malgrado le difficoltà di pensiero, che non vanno sottovalutate, non e’ sorprendente che il processo di superamento sta avvenendo perchè le idee dualiste svaniscono per lasciar posto ad idee più mature e unificanti.

In questa ottica la prima considerazione e’ che se sia la costruzione del mondo esterno da parte della mente che la creazione di un mondo soggettivo interno sono il prodotto dell’evoluzione, allora si possono considerare soggetto di studio sotto una stessa prospettiva. Quella cioè di trovare i correlati dell’attività nervosa alle esperienze esterne ed interne. Questo sta’ avvenendo ad esempio con gli studi delle attività nervose correlate con esperienze religiose. Naturalmente questi studi si inquadrano in una visione più ampia che prende spunto da diverse branche della conoscenza fra cui psicologia, psichiatria, linguistica, neuroscienze, antropologia, biologia ecc.

D’altro lato in fisica l’influenza del pensiero umano stesso nel plasmare le idee circa la natura del mondo porta con se sempre di più un’impronta prettamente umana Si parla di un principio antropico per indicare proprio questa sensazione che la mente umana impronta di se persino le apparenti leggi naturali. Si pensa, evitando di esagerare l’importanza della mente umana, che non sia uncaso che la mente trovi principi dell’universo che sono totalmente coerenti con la mente. La mente si e’ evoluta adattandosi al mondo e quindi non e’ sorprendente che rifletta questa coerenza, senza la quale la specie umana non sarebbe comparsa come specie adatta alla vita su una terra con aria, sole e gravità.

Una prospettiva di conoscenza umanistica

Tenendo conto di tutto quanto detto sopra si può affermare, con la prospettiva dell’umanesimo scientifico, che la conoscenza può essere solo umana e che e’ il risultato di un’attività tutta umana, non derivante da un’istruzione da entità divine. Il mondo da un lato quello materiale cioè fatto di oggetti e fenomeni, e il mondo spirituale, cioè tutte le attività mentali, dall’altro, sono parte dello stesso universo a cui si può accedere solo mediante la mente pensante dell’uomo.

Forse il vederci e accettarci come parte del mondo stesso, e’ un primo passo necessario. La storia del riconoscimento che noi non occupiamo poi un posto così importante nel mondo tanto da pensare che il mondo sia una creazione solo per uso dell’uomo, e’ lunga ed e’ appena agli inizi. Nell’afflato di spiritualità, nel desiderio di trascendere l’esperienza immediata e di dar senso al mondo, alla vita a noi e agli altri, la conoscenza scientifica umanistica mi pare abbia un ruolo fondamentale da giocare.

La dimensione spirituale della scienza

Come dissi sopra la tendenza alla spiritualità dell’essere umano si manifesta con un desiderio di dare senso alla propria esperienza, cioè dar senso del mondo, dar senso di sé in rapporto agli altri e dar senso di sé come essere individuale. A questo desiderio corrispondono tre corrispondenti domande fondamentali.

1. La prima questione e’ quella delle origini. L’origine del mondo, della vita e dell’uomo.
2. La seconda e’ quella delle relazioni umane, dell’origine dei costumi, delle leggi di convivenza della moralità e dell’etica.
3. La terza questione e’ quella dell’identità personale. In altre parole chi siamo per noi e come conciliamo le nostre vivenze individuali e uniche con il mondo e con gli altri.

La scienza, come si e’ sviluppata nella cultura post-rinascimentale, fa parte del processo di evoluzione culturale che mira a dare spiegazioni alle tre questioni fondamentali accennate sopra. La scienza, a differenza delle altre cosmologie religiose e mitiche o mistiche, ha pazienza. Cioè resiste a dare spiegazioni affrettate solo perché si e’ posta una domanda. Questa pazienza spesso le religioni non la hanno e hanno creato mostri di pensiero dai quali stiamo ancora liberandoci. Pian piano, la scienza sta raggiungendo una unità di visione grazie alla coerenza fra molte vie di investigazioni.

La "consiliency" di E Wilson corrisponde al concetto di concordanza fra campi del sapere diverso. Questa concordanza sta alla base dell’unificazione possibile del sapere. Non un sapere finale, ma sempre approssimato e evolvente.

Da questa nuova maturità, raggiunta dalla scienza umanistica, si possono intravedere cenni di risposte alle tre questioni fondamentali.

Circa la questione delle origini, la scienza ci mostra un universo in evoluzione comparso circa 15 miliardi di anni fa, nel quale la vita sulla terra comparsa da qualche miliardo di anni, viene oramai vista come una serie di gradini incredibilmente complessi ma che riportano la questione ad un livello umano. La comparsa dell’uomo poi con tutte le sue unicità di pensiero, linguaggio e autocoscienza èpure riportata a misura di conoscenza umana.

Circa la questione dei rapporti con gli altri, e quindi le basi dell’etica, il riconoscimento che si e’ una specie di mammiferi con ancora molte delle caratteristiche associate ad essi, ci fa accettare che fenomeni quali la cooperazione, la lotta per la riproduzione, le emozioni associate alla vita di gruppo, sono tutte parte del nostro bagaglio biologico, accettato e non rifiutato.

La morale e l’etica insomma hanno una radice profondamente biologica. Il sentirci parte dell’evoluzione della vita ci da anche un senso profondo di appartenenza comune ad una terra, piccolo granello nell’universo. La possibilità di essere una specie che potra’ finire come tutte le altre ci da’ un profondo senso di umilta. La comparsa delle culture nelle societa’ animali si estende all’uomo. Le culture stesse diventano soggetto di studio e rendono piu’ consapevoli noi dell’ l’attenzione con la quale si deve considerare il processo di convivenza su uno stesso pianeta.

Circa la terza questione fondamentale dell’essere individuale, della vita interiore, la scienza non si ritira in un agnosticismo. Questa questione e’ quella di maggior difficoltà in quanto va a toccare processi profondi, e nascosti, all’introspezione. L’origine della coscienza personale rappresenta una delle maggiori sfide al sapere umano. Ma con le possibilità che compaiono molto rapidamente, di indagare lo stato del cervello associato a diverse esperienze, si apre la prospettiva di non considerare più la mente una scatola chiusa dentro il cranio, ma come una particolare e forse unica, struttura della materia con stati che corrispondono al "soggettivo".

Considerazioni finali

La nuova maturità che emerge da queste conoscenze scientifiche, mai come prima disponibili ai più, attraverso pubblicazioni chiare e semplificate, ma valide e profonde, può, in effetti, prendere un posto importante nella cultura umana, nella ricerca di risposte alle questioni fondamentali. Il posto dell’uomo nel mondo, il rapporto di interdipendenza dagli altri, e quello particolarissimo del sé stesso che viene dal nulla e torna al nulla, possono esser visti con questa nuova ottica con un maggior senso di matura serenità.

La scienza vista come l’attività spirituale sociale più eccelsa ha dunque la responsabilità di dare risposte alle domande, non solo quelle del primo quesito sulle origini, ma anche sulla società e sull’essere stesso cosciente e autonomo e quindi responsabile.

Come prodotto di esseri responsabili, la scienza ha una responsabilità ancora maggiore di occuparsi di tutti gli aspetti della vita umana sopratutto a lenire le sofferenze dovunque esse accadano.

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