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 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 09/11/2015, 00:12 
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Veritá archeologica – Planetarismo e ciclicità delle civiltà

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Uno dei principali punti di forza della archeologia tradizionale è il localismo esasperato.

Concetto apparentemente astruso che in realtà sottende il voler confinare a tutti i costi tutte le scoperte archeologiche e tutte le teorie in un ambito territoriale estremamente circoscritto. Il perché è semplice: in tal modo ogni novità archeologica può essere ben facilmente tenuta sotto controllo e soprattutto non può dare adito ad interrogativi imbarazzanti. Tanto per darvi l’idea di come questa tecnica funzioni alla perfezione, vi chiedo di ricordare quale sia il più antico collegamento archeologico, tra almeno un paio di continenti, di cui abbiate mai avuto notizia.

Ebbene, i più mi parleranno dell’impero Romano (Europa, Asia ed Africa), per poi passare direttamente all’impero Spagnolo venutosi a creare in seguito al viaggio di Cristoforo Colombo alla volta dell’America. Il grandioso impero di Gengis Khan viene spesso trascurato in quanto, come al solito, non suffragato da documentazione scritta. Possibile che nessun altro collegamento trans-continentale sia possibile? Possibile che nessuna popolazione (anche e soprattutto in epoche precedenti) abbia avuto interessi in altri continenti?

Ovviamente no, ed ho cercato di darvene conto parlando di Mappatura Terrestre delle Piramidi e La seconda mappatura Terrestre delle Piramidi, mediante cui ho provato a dimostrare i vari collegamenti tra siti piramidali sparsi per il mondo. Ma in generale è ora di finirla con questo localismo di maniera; bisogna cominciare a ragionare in termini planetari, dato che solo così si potrà davvero fare luce sui misteri della razza umana. Inoltre non si riesce a capire se l’archeologia tradizionale si trinceri dietro questa logora ed ormai indifendibile linea del localismo archeologico per vera convinzione o per convenienza.

Dimostrato che le piramidi sono collegate tra loro (in base a vari parametri), che senso ha sostenere che non sono mai esistite, civiltà planetarie? E’ un assurdo. Se i Romani senza tecnologia hanno creato un impero enorme, perché non pensare che una civiltà del passato abbia potuto creare un sistema planetario? Ma credo che si tratti di ben più che di una sola civiltà, come vedremo. L’impero creato da Gengis Khan all’inizio del 1200 e che durò fino alla fine del Quattordicesimo secolo, fu enorme, ed andava dall’Asia all’Europa Centrale, mentre in epoca più recente l’impero Britannico, nel momento di massima espansione, comprendeva possedimenti in tutti e cinque i continenti, ed è stato il più grande di tutti quelli che conosciamo.

Curiosamente al giorno d’oggi, pur con tutta la tecnologia di cui disponiamo, non esistono un impero o una nazione tanto estesi; il pianeta è frazionato in tanti Stati più piccoli di questi due grandi imperi. E allora perché non considerare possibile una o più civiltà dell’antichità che avessero il controllo dell’intero pianeta? Ma a parte queste considerazioni il planetarismo archeologico viene efficacemente dimostrato anche dalla omogeneità (planetaria) di siti archeologici distanti migliaia e migliaia di chilometri tra loro.

Se in tutto l’impero Romano gli anfiteatri venivano costruiti in modo simile, o le strade venivano lastricate con pietre di dimensioni sempre omogenee, tanto da far immediatamente capire chi sia stato l’artefice di quella determinata opera di ingegneria edilizia, non si riesce a capire il perché una tale operazione non sia possibile anche con le piramidi, con i megaliti ed in genere con manufatti che presentano inequivocabilmente caratteristiche simili, anche se distanti migliaia di chilometri e collocati in continenti diversi. Continuare a citare la favola del “è un caso” non ha più alcun senso. Eppure sembra che viga una specie di veto a prescindere allorché si cerca di accostare, ad esempio, i megaliti di Baalbek in Libano a quelli di Sachsayhuaman presso Cuzco in Perù; ma di spunti di riflessione ce ne sono anche altri; vediamone alcuni:

-innanzitutto la riflessione più semplice: dopo l’utilizzo dei colossali megaliti di cui abbiamo ancora testimonianza in questi siti, non c’è stato più un utilizzo così eclatante di massi pesanti centinaia di tonnellate. I blocchi utilizzati per edificare le piramidi, seppure pesanti fino a 100 tonnellate ciascuno, non arrivano a quelle dimensioni spaventose. Strano che popoli che non si conoscevano tra loro abbiano deciso, all’unisono, di non utilizzare più la medesima tecnica di costruzione.

-in entrambi i siti i colossali blocchi, tagliati in modo da aderire perfettamente e senza l’utilizzo di malta per assemblare il tutto, non si sono spostati di un millimetro, data la precisione con cui sono stati allocati, ed ancora oggi è impossibile inserirvi anche solo una sottile lamina metallica. A Baalbek i blocchi, presumibilmente a causa delle dimensioni, sono stati squadrati (almeno quelli che possiamo vedere ancora oggi) e poi posti in situ, mentre a Sachsayhuaman sono addirittura stati tagliati in modo irregolare, come se si fosse voluta risparmiare anche la fatica di “prepararli” nella cava di estrazione. Evidentemente la squadratura era talmente semplice da poterla agevolmente eseguire addirittura in sede. Il risultato è comunque perfetto in entrambi i casi.

Perché servirsi in entrambi i siti di megaliti così giganteschi? Perché sicuramente esisteva una tecnica in grado di utilizzarli con poca fatica; in caso contrario sarebbe stato facile adoperare blocchi più piccoli. Curiosamente a migliaia di chilometri di distanza si usava la medesima tecnica, proprio come accade al giorno d’oggi: non sapendo utilizzare blocchi più grandi ci avvaliamo di mattoni traforati in tutto il mondo. Ma se dai siti megalitici passiamo ai siti piramidali, il planetarismo balza agli occhi in modo quasi automatico, proprio considerando i parametri fissati nella Teoria della Mappatura.

Sia le piramidi cosiddette interrate, poste a Cholula, Visoko e Lugansk che quelle non interrate, poste a Giza, Teotihuacan e Xian, considerate dall’archeologia tradizionale tutte un semplice prodotto locale di una qualche popolazione neolitica, (escluse ovviamente quelle di Giza per le quali i faraoni hanno una specie di patente esclusiva rilasciata loro, chissà perché, dall’archeologia tradizionale, mentre abbiamo visto, sempre negli articoli precedenti, come molto probabilmente tali edifici a Giza siano stati solo rivestiti esteriormente durante il periodo del Faraoni), hanno, come sappiamo, varie caratteristiche che, come abbiamo visto, le rendono “unite” a livello planetario. Ma ciò che mi preme far notare in questa sede è soprattutto la quantità di scoperte che è possibile fare accettando finalmente un discorso archeologico di più ampio respiro.

D’altronde non è più possibile ignorare piramidi sparse per tutto il pianeta, considerandole una specie di sottoprodotto del neolitico; non regge. Ho tenuto per ultimo il sito di Puma Punku in Bolivia; effettivamente non esiste, a quanto sembra, qualcosa di simile a questo meraviglioso mistero archeologico su tutto il pianeta, ma la ragione può essere semplicissima. . Si tratta di un sito talmente antico, talmente tecnologicamente perfetto, talmente privo di leggende, miti, racconti o quant’altro, da costituire un unicum planetario; probabilmente ciò che ne è rimasto è ancora visibile perché ci troviamo sulle Ande Boliviane a circa 4.000 metri di altezza ed è per lo meno supponibile che l’altissimo grado tecnologico in esso espresso abbia fatto da volano per tutta la tecnologia planetaria successiva; quella, per intenderci, che ha permesso di erigere piramidi e siti colossali e che oggi abbiamo perduto, non essendo a nostra volta in grado, pur con tutte le nostre capacità, di spostare tranquillamente megaliti di oltre 1.500 tonnellate di peso o lavorare la durissima diorite creando intagli e fori precisissimi e di pochissimi millimetri di spessore.

Altra questione importante su cui l’archeologia tradizionale sembra non voler sentire alcuna ragione è quella afferente la crescita, intesa soprattutto in senso tecnologico, dell’umanità. A detta dei più infatti, tale forma di sviluppo umano ha subito un processo lineare, costante, senza sbalzi e scossoni di sorta, che dall’età della pietra ci ha portato oggi ad una tecnologia in grado di viaggiare nello spazio. Come al solito, pur di difendere questa opinione ormai indifendibile, detta archeologia è costretta a sminuire, o addirittura a sottacere, ogni scoperta che dimostri il contrario. Penso che l’ormai famoso sito Boliviano di Puma Punku, tanto per citare il più clamoroso, denoti esattamente il contrario, e mi fermo qui almeno per ora.
Dimostrato che è esistita in tempi remotissimi una civiltà in grado di eseguire lavori impossibili anche per le attuali tecnologie, (e non ho citato Baalbek per non infierire), non resta che accettare il concetto di ciclicità delle civiltà umane, in contrapposizione ad un presunto linearismo progressivo completamente fuorviante.

Ciò significa che da millenni l’uomo raggiunge un certo sviluppo sociale e tecnologico che va poi puntualmente in crisi per lasciare spazio ad una vera e propria regressione. Dopo un certo lasso di tempo prende piede una nuova civiltà che raggiunge livelli di sviluppo considerevoli fino a quando non entra in crisi a propria volta, e così via.

Capisco perfettamente che tutto ciò possa sembrare pazzesco, eppure, studiando a fondo i siti archeologici che vi ho proposto, si ricava proprio questa sensazione. Proviamo a partire giustappunto da Puma Puncu in Bolivia: : la capacità tecnologica in esso dimostrata è tale da far passare in secondo piano (e si tratta del parere di svariati ingegneri edili da me interpellati) anche l’edificazione delle gigantesche piramidi sparse per il pianeta; l’essere situato a circa 4.000 metri di altezza, il non fare parte dei circuiti turistici abituali, il non poter essere riutilizzato a causa dei pezzi di diorite sparsi dappertutto, ha fatto sì che qualcosa di questo incredibile sito giungesse fino a noi, e si tratta di un vero e proprio miracolo. Sembra quasi che tutta la tecnologia successiva, di cui comunque abbiamo grandi espressioni sia nei siti megalitici che in quelli piramidali interrati, non interrati ed anche sotto il livello del mare, derivi dall’incredibile capacità dimostrata a Puma Puncu. Ma anche studiando la storia tradizionale e prendendo in esame solo il periodo che inizia con l’impero Romano e che arriva fino ai giorni nostri, riusciamo perfettamente a capire cosa sia la ciclicità delle civiltà.

L’impero Romano d’Occidente termina verso la fine del V° secolo dopo Cristo; ne segue una generale decadenza di tutto l’ex impero, le cui grandi costruzioni e la perfetta organizzazione socio-economica diventano un ricordo. Saranno necessari almeno 1.000 anni per assistere ad una rinascita della cultura, delle arti e della società, il che dimostra chiaramente che ad un periodo di splendore è seguito un periodo di decadenza, seguito poi, dopo appunto 1.000 anni circa, ad un nuovo periodo di rinascita che dura tutt’ora ma che, se continueremo a distruggere sistematicamente e stupidamente il nostro pianeta, finirà ben presto; ovviamente fino alla prossima civiltà. Ma questo è solo un esempio molto semplice; la ciclicità delle civiltà è dimostrata proprio dal riutilizzo che le civiltà successive hanno operato con i manufatti delle civiltà precedenti. Di esempi ne abbiamo tantissimi, ed alcuni riguardano proprio i siti archeologici che abbiamo preso in esame fin qui. Riagganciandomi a quanto affermato in precedenza, vi sottopongo un esempio concreto di ciò che potrebbe accadere tra qualche centinaio di anni.

Scenario: l’inquinamento atmosferico, terrestre e delle falde acquifere, unito ad una progressiva diminuzione delle materie prime, manda in crisi la nostra civiltà che, in pochi decenni, regredisce ad uno stato semi-primitivo; la mancanza di energia elettrica, di macchinari, di industrie e di veicoli riporta gli esseri umani indietro di millenni. Ovviamente, del tutto abbandonati, restano i manufatti che la nostra civiltà ha eretto. Dopo circa 1.500 anni non resta più alcuna traccia di ciò che abbiamo fatto, escluse ovviamente le opere in pietra.

Ne consegue che se una futura civiltà, raggiunto un certo sviluppo socio-tecnologico, decidesse di iniziare a cercare le vestigia del proprio passato proprio come stiamo facendo noi adesso, si troverebbe a dover risolvere un rebus assai complesso, consistente nell’identificare e catalogare quanto segue: tutti i siti di cui ci stiamo occupando noi (e già abbiamo le nostre difficoltà); i siti risalenti all’impero Romano, di cui non ci sarebbe più alcuna testimonianza né scritta né orale, il che accrescerebbe notevolmente la confusione tra anfiteatri, strade, terme e quant’altro; il tutto sparso tra Inghilterra e Siria; i nostri aeroporti, con incomprensibili piste tracciate nel nulla, lunghe qualche chilometro ed apparentemente prive di qualsivoglia utilità; provate ad immaginare cosa si troverebbe a Napoli: dalla cinta di mura Greche del X° secolo a.C, fino all’aeroporto di Capodichino. Un vero puzzle.

Permettetemi di fare un’ultima ma importante considerazione: sembra incredibile, ma affermare che i Faraoni non hanno edificato le piramidi di Giza bensì le hanno solo rivestite esteriormente, sembra infrangere un vero e proprio tabù. Fateci caso: è un tipico caso di “tutti lo sanno ma nessuno lo afferma” e sinceramente la cosa lascia alquanto allibiti. Non si riesce a capire il perché non sia possibile affrontare serenamente la questione relativa alla edificazione delle piramidi di Giza, ben distinta dalla sistemazione del rivestimento esterno, come abbiamo visto negli articoli precedenti. Personalmente sarei ben lieto di partecipare a discussioni del genere che, come ho già affermato, vedono già molti lettori propendere per una edificazione “pre-faraonica”. Vedremo se in futuro anche l’archeologia “tradizionale” vorrà affrontare realmente la questione. Al momento lo vedo ben poco possibile.

Per quanto mi riguarda sono grato a coloro che gestiscono Altrogiornale e che mi hanno permesso di dare spazio ed eco a queste riflessioni archeologiche, che hanno la sola pretesa di voler costituire uno spunto di riflessione, come diversi lettori hanno perfettamente compreso ponendo anche interessanti quesiti, cosa che mi ha davvero incoraggiato e di cui li ringrazio sentitamente: una vera e propria gratificazione. E comunque un conto è affermare di voler essere una fonte di informazione libera ed indipendente che ospita voci libere ed indipendenti, un altro è esserlo davvero, come questa. Grazie.


http://www.altrogiornale.org/planetaris ... e-civilta/


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 10/11/2015, 20:25 
Non sapevo dove postarlo...

Incredibile che su ufoforum non ci sia un topic "Piramidi" che non sia magari nascosto nelle centinaia di pagine indietro nella pagina delle ricerche.

Penso che qui interessi il tema del topic, copiatelo dove ritenete più opportuno.

Piramidi di Giza, scansioni termiche rivelano ''strane anomalie'' - Repubblica.it
(reuters)

Una scansione termica delle Piramidi di Giza, in Egitto, ha rivelato particolari anomalie sul lato orientale della Grande Piramide, nota anche come Piramide di Cheope.

Lo ha annunciato il ministro dell'Antichità, Mamdouh el-Damaty - docente di egittologia e archeologo - definendo il risultato ''impressionante''.
E' il frutto del progetto realizzato da un team della facoltà di Ingegneria dell'Università del Cairo, in collaborazione con HIP Institute di Parigi (Heritage, Innovation and Preservation), basato su un mix di tecnologie, come la termografia a infrarossi, che ha permesso di osservare l'interno di quattro dei monumenti che risalgono a oltre 4500 anni anni fa.
Si tratta di uno studio effettuato analizzando la velocità delle fasi di riscaldamento (all'alba) e raffreddamento (al tramonto), per verificare ipotesi di aree vuote dentro le piramidi, attraverso il rilevamento di correnti d'aria interne o differenti materiali di costruzione.

Il risultato dell'analisi è sorprendente: le pietre della prima fila risultano uniformi, ma almeno tre hanno temperature più elevate.
In corrispondenza di queste è stato notato qualcosa di simile a un piccolo passaggio che porta fino a una zona del terreno con una temperatura diversa.

Il ministero lo definisce ''un mistero'' la scoperta e il governo egiziano ha invitato tutti gli egittologi a unirsi nella ricerca per collaborare su quelle che potrebbero essere scoperte eccezionali sull'origine del sito archeologico
10 novembre 2015



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 10/11/2015, 23:26 
Ce ne sono diversi a dire il vero:

viewtopic.php?f=12&t=498&hilit=Piramide

viewtopic.php?f=12&t=1450&hilit=Piramidi

viewtopic.php?f=12&t=8686&hilit=Piramidi&start=45

ma direi che il tuo post potresti metterlo qui:

Piramidi , cosa sono veramente 2



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 11/11/2015, 12:41 
Grazie, ho controllato tutti i topic e quello più adatto e di successo sembra quest' ultimo, provvedo subito. [;)]



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 15/12/2015, 11:56 
Il mosaico della verità inizia a comporsi... e i Mysteria le cui radici affondano nell'esoterismo egiziano e da cui poi nasceranno come abbiamo visto i cerimoniali massonici e le conoscenze alchemico-ermetiche iniziano a rivelarci il loro contenuto esoterico

Qualunque possa però essere la visione interpretativa di questi PUNTI COMUNI, la loro esistenza in miti di culture anche molto lontane tra loro avvalorano l’ipotesi di un culto UNICO, diffuso in un periodo che potremmo definire “Età dell’Oro”, ove le divinità erano la Grande Dea Generatrice e il suo Sposo

La Dea Madre è stata probabilmente la prima divinità immaginata dall’uomo e, anche se così non fosse, è indubbiamente quella più presente in tutte le culture del mondo antico.

L’uomo dei primordi è fondamentalmente cacciatore e raccoglitore dunque la sua vita è strettamente correlata a quei cicli naturali per i quali da sempre ha mostrato interesse, conoscere i loro segreti non significa dominare la natura ma esserne parte integrante, entrare in perfetta sintonia con la Grande Madre e crescere prosperando con lei.

All’inizio è il bosco con i suoi frutti a dare sostentamento al primitivo che, proprio per questo, vede in esso e negli stessi animali che vi abitano una sorta di divinità immanente che lo governa, così il rapporto che l’uomo instaura con la natura non è quello di dominatore ma di creatura che vive nel suo divino, lo stesso animale non è solo preda e fonte di sostentamento, ma anche divinità e dunque sacro.

Egli così cerca e trova nella natura i segni della Grande Generatrice, la mater il cui ventre diventano, nell’immaginario primitivo, grotte e antri, ma assume anche le sembianze di animali, poi definiti “totemici” che altro non sono che la stessa dea che si materializza nella sua immanenza.

Per ulteriori approfondimenti

Le “Grandi Madri” nel bacino del Mediterraneo - Correlazioni con Natura e Agricoltura
http://www.progettoatlanticus.net/2015/ ... o-del.html



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 15/12/2015, 22:36 
Un testo in inglese corredato anche da dei video, che verrà condiviso anche nel nostro gruppo "Il Salotto di Atlanticus", sulle culture della vecchia europa molto importante per le nostre ricerche sulle società gilaniche e sull'antico culto della dea madre.

10 Things You Probably Didn't Know About Neolithic - Danubian Civilization

Guarda su youtube.com


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http://www.neokoolt.com/#!10-Things-You ... c16f2fa02e


Mi ha colpito moltissimo la lista delle città e le date delle loro fondazioni

7,000 BCE : Choirokoitia (Cyprus)
6,500 BCE : Sesklo (Thessaly, Greece)
6,000 BCE : Starčevo (Serbia)
5,500 BCE : Pločnik (Serbia)
5,000 BCE : Varna (Bulgaria)
5,000 BCE : Hallstatt (Austria)
5,000 BCE : Bratislava (Slovakia)

4,800 BCE : Dimini (Thessaly, Greece)
4,500 BCE : Lerna (Peloponnese, Greece)
4,500 BCE : Glauberg (Hesse, Germany)
4,000 BCE : Plovdiv (Bulgaria)
4,000 BCE : Phaistos (Crete, Greece)
3,900 BCE : Michelsberg (Baden, Germany)

3,800 BCE : Dobrovody (Ukraine)
3,700 BCE : Talianki (Ukraine)
3,700 BCE : Maydanets (Ukraine)
3,250 BCE : Kasenovka (Ukraine)
3,200 BCE : Skara Brae (Scotland)
3,000 BCE : Troy (Turkey)
3,000 BCE : Myrtos Pyrgos (Crete, Greece)



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MessaggioInviato: 30/01/2016, 15:12 
La mitologia Irlandese

Come nella storia del Galles, la mitologia irlandese è stata trascritta dopo la cristianizzazione, tuttavia molto è stato tramandato nel medioevo, e si può quindi affermare che le tradizioni dell'Irlanda sono quelle che sono sopravvissute meglio, sebbene spogliate del loro originale significato. Possiamo quindi distinguere quattro cicli narrativi, che si intitolano:

– Ciclo mitologico
– Ciclo dell'Ulster
– Ciclo Feniano
– Ciclo Storico

Nel ciclo Mitologico troviamo ciò che rimane dell'Irlanda pre-cristiana, ed anche in questo testo le divinità non vengono presentate come tali, ma come re o eroi importanti. Tratta la storia dell'Irlanda, attraverso le varie invasioni, a partire da tempi precedenti al diluvio biblico. La prima serie di tradizioni riguardano i più antichi abitanti d'Irlanda. Quella più conosciuta riguarda il personaggio di Cessair, che sarebbe stata una nipote di Noè, per cui non ci sarebbe stato posto all'interno dell'arca.

Cessair e i suoi seguaci, cinquanta donne e tre uomini, arrivarono solo quaranta giorni prima del Diluvio, venendo spazzati via, tutti eccetto Fintan, che si trasformò in un salmone. Fu lui a sopravvivere, grazie alla trasformazione, e a tramandare le tradizioni.

Sulla storia dopo il diluvio vi sono due visioni diverse; una dice che le terre irlandesi rimasero disabitate per 300 anni, ma che, circa 100 anni dopo il diluvio un giovane, Adna figlio di Bíth, esplorò l'Irlanda, ma si accontentò di portare con sé un ciuffo d'erba da mostrare alla sua gente al suo ritorno. La seconda versione sostiene che i Fomori, guidati da Cichol Gricenchos, si sarebbero stabiliti in Irlanda cent'anni dopo il diluvio.

Dopo di loro, la più importante invasione è quelle dei Fir Bolg, che introdussero il sistema giudiziario e la regalità. Questi vengono sostituiti dai Tuatha De Danann, “i figli di Danu”, che sconfiggono i Fir Bolg nella prima battaglia di Magh Tuiredh, ma il loro re, Nuada, perde un braccio e deve rinunciare al trono, perché secondo le tradizioni un invalido non può regnare. Prende il suo posto il suo rivale, Bres, primo re supremo dell'Irlanda e dei Tuatha De Danann.

Bres, per metà fomoriano, porta le genti irlandesi sotto il dominio Fomoriano, ma Nuada, grazie al braccio d'argento che sostituisce il braccio perduto, guida i Tuatha nella seconda battaglia di Magh Tuiredh. Nuada perde la vita nello scontro, ma Bres viene ucciso da Lug, nipote di Nuada, che e diviene il nuovo Re.

I Tuatha vengono a loro volta sostituiti dai Figli di Mil. Il ciclo dell'Ulster è invece incentrato su Conchobar mac Nessa, sovrano dell'Ulster più o meno ai tempi di Cristo. Il principale eroe della saga è CuChulainn, grande eroe irlandese la cui figura è quasi venerata come quella di un Dio. Nel Ciclo Feniano, o ciclo Ossianico, narra del clan dei Fianna, il cui protagonista è un altro dei più grandi eroi Irlandesi, Fionn il Biondo. Il ciclo Storico è in realtà una raccolta medievale di annali, redatta nei vari monasteri irlandesi.

http://paganiriuniti.jimdo.com/culti/la ... irlandese/



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MessaggioInviato: 02/02/2016, 15:30 
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LE TAVOLETTE CHE MOSTRANO COME I BABILONESI SAPEVANO CALCOLARE LA POSIZIONE DI GIOVE

Una scoperta che riscrive la storia dell'astronomia: cinque tavolette cuneiformi che anticipano di 1400 anni la comparsa del calcolo integrale.

Immagine

Le fondamenta del calcolo integrale potrebbero essere state gettate dagli astronomi e sacerdoti babilonesi, almeno 14 secoli prima di quanto finora creduto.

La scoperta riguarda cinque tavolette babilonesi nelle quali viene calcolata la posizione di Giove, solo sulla base della geometria.

Lo studio, che si è guadagnato la copertina di Science, rivoluziona la storia dell’astronomia perché finora si era convinti che calcoli del genere fossero comparsi nella storia della scienza solo 1400 anni più tardi.

A decifrare le tavolette, che risalgono al periodo compreso fra il 350 e il 50 a.C., è stato l’astronomo Mathieu Ossendrijver, dell’università Humboldt a Berlino, specializzato nella traduzione e interpretazione di tavolette d’argilla babilonesi in caratteri cuneiformi dal contenuto matematico-astronomico.

Le quattro tavolette, che nel frattempo sono state anche riprodotte con una stampante in 3D, sono il più antico esempio finora noto dell’uso della geometria per calcolare la posizione di un pianeta.

Gli antichi astronomi che le hanno scritte hanno usato un trapezio per calcolare la posizione di Giove in due intervalli di tempo: 60 e 120 giorni dopo dalla sua comparsa sull’orizzonte.

«Queste tavolette babilonesi utilizzano la geometria in senso astratto per definire il tempo e la velocità, a differenza degli antichi Greci che usavano le figure geometriche per descrivere la posizione nello spazio fisico», spiega Ossendrijver.

«Le tavolette riscrivono i libri di storia dell’astronomia e rivelano che gli studiosi europei del XV secolo di Oxford e Parigi sono stati preceduti dai Babilonesi nell’uso della geometria per calcolare la posizione dei pianeti», continua l’astronomo.

Ma perché proprio Giove?

Come spiega Ossendrijver in un’intervista rilasciata a MediaINAF, i babilonesi calcolavano la posizione di tutti i pianeti, da Mercurio a Saturno, ma sembrano mostrare un particolare interesse per Giove.

L’astronomo pensa che gli antichi astronomi impegnati nei calcoli erano anche sacerdoti del più importante tempio di Babilonia, dove la divinità principale era Marduk , il cui pianeta simbolo era proprio Giove.

Probabilmente, per gli astronomi babilonesi Giove era particolarmente importante perché pensavano fosse una manifestazione della divinità suprema di Babilonia.

Naturalmente, come ammette lo stesso Ossendrijver, è solo un’ipotesi, perché nelle tavolette astronomiche i Babilonesi non ci hanno lasciato scritto né che Giove fosse un dio, né la motivazioni dei loro calcoli.


Come è possibile che strumenti tanto importanti siano stati dimenticati? La mia idea è che gli utilizzatori di quelle tavolette od i redattori non avevano idea di ciò che stavano utilizzando o al limite erano MOLTO, MOLTO POCHI quelli a contatto con chi realmente si serviva di tali strumenti e che quindi questo sapere non è stato tramandato a causa dell'impossibilità di trasferire RAPIDAMENTE certe conoscenze che presuppongono conoscenze di base elevate per essere acquisite e padroneggiate.

molto interessante anche l'intervista che ho evidenziato in rosso.

un etratto significativo:

Cita:
«Quello che i Babilonesi stanno facendo qui è la visualizzazione del movimento attraverso un grafico tempo-velocità nello spazio. Questo metodo è molto, molto moderno. E anche inaspettato, poiché si pensava fosse stato inventato intorno al 1350, nel Medioevo. Ma ora lo abbiamo su tavolette babilonesi, dove, in aggiunta, viene calcolata l’area del trapezio. Ora, chiunque abbia delle basi di fisica o matematica sa che se si calcola l’area della curva della velocità in funzione del tempo, si ottiene la distanza percorsa dal corpo in movimento. Questo è molto moderno, trattandosi di una parte del calcolo integrale. Un tipo di calcolo che è stato compiutamente sviluppato da Newton e Leibniz nel XVII secolo, ma le cui origini si presume risalgano attorno al 1350, quando si sono cominciati a fare i grafici di velocità rispetto al tempo di corpi in movimento. Quindi, qui nella tavoletta babilonese abbiamo qualcosa di molto, molto simile a quel metodo. Un metodo che ritenevamo inventato nel XIV secolo, ma che ora sappiamo essere stato già utilizzato dai Babilonesi. Questa è la cosa sorprendente.»


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Qui ci sarebbe stato d'aiuto il cecca! avrebbe potuto fornirci elementi per approfondire :\

Sbaglio o la mano A SINISTRA è sproporzionata e al contrario? Ora che mi si venga a dire che sono ERRORI DI PROSPETTIVA da parte di un popolo che padroneggiava perfino il calcolo integrale...



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MessaggioInviato: 02/02/2016, 17:36 
MaxpoweR ha scritto:
Cita:
LE TAVOLETTE CHE MOSTRANO COME I BABILONESI SAPEVANO CALCOLARE LA POSIZIONE DI GIOVE

Una scoperta che riscrive la storia dell'astronomia: cinque tavolette cuneiformi che anticipano di 1400 anni la comparsa del calcolo integrale.

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Le fondamenta del calcolo integrale potrebbero essere state gettate dagli astronomi e sacerdoti babilonesi, almeno 14 secoli prima di quanto finora creduto.

La scoperta riguarda cinque tavolette babilonesi nelle quali viene calcolata la posizione di Giove, solo sulla base della geometria.

Lo studio, che si è guadagnato la copertina di Science, rivoluziona la storia dell’astronomia perché finora si era convinti che calcoli del genere fossero comparsi nella storia della scienza solo 1400 anni più tardi.

A decifrare le tavolette, che risalgono al periodo compreso fra il 350 e il 50 a.C., è stato l’astronomo Mathieu Ossendrijver, dell’università Humboldt a Berlino, specializzato nella traduzione e interpretazione di tavolette d’argilla babilonesi in caratteri cuneiformi dal contenuto matematico-astronomico.

Le quattro tavolette, che nel frattempo sono state anche riprodotte con una stampante in 3D, sono il più antico esempio finora noto dell’uso della geometria per calcolare la posizione di un pianeta.

Gli antichi astronomi che le hanno scritte hanno usato un trapezio per calcolare la posizione di Giove in due intervalli di tempo: 60 e 120 giorni dopo dalla sua comparsa sull’orizzonte.

«Queste tavolette babilonesi utilizzano la geometria in senso astratto per definire il tempo e la velocità, a differenza degli antichi Greci che usavano le figure geometriche per descrivere la posizione nello spazio fisico», spiega Ossendrijver.

«Le tavolette riscrivono i libri di storia dell’astronomia e rivelano che gli studiosi europei del XV secolo di Oxford e Parigi sono stati preceduti dai Babilonesi nell’uso della geometria per calcolare la posizione dei pianeti», continua l’astronomo.

Ma perché proprio Giove?

Come spiega Ossendrijver in un’intervista rilasciata a MediaINAF, i babilonesi calcolavano la posizione di tutti i pianeti, da Mercurio a Saturno, ma sembrano mostrare un particolare interesse per Giove.

L’astronomo pensa che gli antichi astronomi impegnati nei calcoli erano anche sacerdoti del più importante tempio di Babilonia, dove la divinità principale era Marduk , il cui pianeta simbolo era proprio Giove.

Probabilmente, per gli astronomi babilonesi Giove era particolarmente importante perché pensavano fosse una manifestazione della divinità suprema di Babilonia.

Naturalmente, come ammette lo stesso Ossendrijver, è solo un’ipotesi, perché nelle tavolette astronomiche i Babilonesi non ci hanno lasciato scritto né che Giove fosse un dio, né la motivazioni dei loro calcoli.


Come è possibile che strumenti tanto importanti siano stati dimenticati? La mia idea è che gli utilizzatori di quelle tavolette od i redattori non avevano idea di ciò che stavano utilizzando o al limite erano MOLTO, MOLTO POCHI quelli a contatto con chi realmente si serviva di tali strumenti e che quindi questo sapere non è stato tramandato a causa dell'impossibilità di trasferire RAPIDAMENTE certe conoscenze che presuppongono conoscenze di base elevate per essere acquisite e padroneggiate.

molto interessante anche l'intervista che ho evidenziato in rosso.

un etratto significativo:

Cita:
«Quello che i Babilonesi stanno facendo qui è la visualizzazione del movimento attraverso un grafico tempo-velocità nello spazio. Questo metodo è molto, molto moderno. E anche inaspettato, poiché si pensava fosse stato inventato intorno al 1350, nel Medioevo. Ma ora lo abbiamo su tavolette babilonesi, dove, in aggiunta, viene calcolata l’area del trapezio. Ora, chiunque abbia delle basi di fisica o matematica sa che se si calcola l’area della curva della velocità in funzione del tempo, si ottiene la distanza percorsa dal corpo in movimento. Questo è molto moderno, trattandosi di una parte del calcolo integrale. Un tipo di calcolo che è stato compiutamente sviluppato da Newton e Leibniz nel XVII secolo, ma le cui origini si presume risalgano attorno al 1350, quando si sono cominciati a fare i grafici di velocità rispetto al tempo di corpi in movimento. Quindi, qui nella tavoletta babilonese abbiamo qualcosa di molto, molto simile a quel metodo. Un metodo che ritenevamo inventato nel XIV secolo, ma che ora sappiamo essere stato già utilizzato dai Babilonesi. Questa è la cosa sorprendente.»


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Qui ci sarebbe stato d'aiuto il cecca! avrebbe potuto fornirci elementi per approfondire :\

Sbaglio o la mano A SINISTRA è sproporzionata e al contrario? Ora che mi si venga a dire che sono ERRORI DI PROSPETTIVA da parte di un popolo che padroneggiava perfino il calcolo integrale...

Nel cerchio sotto la veste, (non so se vi sembra anche a voi) io ci vedo due dinosauri ed accanto ai piedi non so riconoscere che tipo di animale è,e le stelle impresse nella manica sono sette come le Pleiadi!. [:296] [:291]
In merito ai medaglioni sulla veste potrebbero rappresentare questo:il primo; la Galassia o il sistema solare,il secondo; il quinto pianeta del nostro sistema solare e il terzo la Terra.


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MessaggioInviato: 08/02/2016, 13:24 
Gli Iperborei di Evola

L’homo sapiens abitava il Polo nord 45 mila anni fa, prima della glaciazione: hanno trovato le prove. Sono gli iperborei di Evola.

Lo scrive la rivista Science nel suo numero 351 del 15 gennaio scorso.

La prova provata è nella forma di una carcassa di mammut, congelata da qualche millennio, che porta molti segni di ferite d’arma da punta e da taglio inflitte sia pre sia post-mortem, unita ai resti di un lupo braccato posto in una posizione separata, di età simile. Entrambi i ritrovamenti indicano che esseri umani sapiens, capaci di cacciare e sezionare una preda, potevano essersi ampiamente diffusi in tutta la Siberia artica almeno dieci millenni prima di quanto si pensasse.

L’equipe del paleontologo Vladimir V. Pitulko dell’Accademia russa delle scienze di S. Pietroburgo ha trovato prove di presenza umana a 72° Nord all’interno del Circolo polare risalenti a ben 45.000 anni fa (test del radiocarbonio). Mai, in precedenza, si erano registrate tracce di homo sapiens così a Nord. La località si chiama a Sopochnaia Karga ed è in piena Siberia artica (lat. 71,86 – lon. 82.7).

Sinora, infatti, tutti i ritrovamenti più settentrionali databili 45 mila anni fa si trovavano a 55 ° N, in Siberia occidentale, mentre più sù, nella Siberia artica, tracce di presenze umane erano stata fatte risalire a 30/35.000 anni fa, ma non erano mai state registrate oltre i 66° N.

La notizia è una vera bomba e corrobora le intuizioni del grande tradizionalista Julius Evola esposte nel suo Rivolta contro il mondo moderno. E’ qui, infatti, al Polo Nord, che lo scrittore colloca il paese degli Iperborei che, secondo la geografia sacra di antiche tradizioni “erano il popolo che abitava nella luce eterna, la cui regione era patria dell’Apollo delfico, il puro, il radiante, il dio dell’età dell’Oro”. “E ceppi – cito a memoria – ad un tempo regali e sacerdotali, come quello dei Boreali, trassero questa loro dignità da questa terra apollinea: ciclo dell’essere, ciclo solare, ciclo della luce, tali sono i caratteri che presenta l’Età dell’Oro, ovvero l’Età degli Dei”.

Il Nord come luogo simbolico, dunque, per Evola, il cui significato si confonde con quello del luogo della prima età. “Ci si trova dinnanzi – scrive – ad un motivo il quale ha, simultaneamente, un significato spirituale e un significato reale per rifarsi a qualcosa in cui il simbolo fu realtà e la realtà fu simbolo, in cui storia e super storia furono due parti non separate, anzi trasparenti l’una nell’altra”. Evola dunque sostiene che, secondo la tradizione, in epoca paleolitica (meglio, “di alta preistoria”), che viene a corrispondere alla stessa età dell’oro o dell’essere, “la terra polare sarebbe stata una regione situata nel settentrione, nella zona dove oggi cade il polo artico della terra, regione abitata da esseri in possesso di quella spiritualità non umana (oro, gloria, luce, vita) che ebbe in proprio la tradizione uranica allo stato puro e fu la scaturigine centrale delle forme che questa tradizione ebbe altre civiltà, prima fra tutte quella atlantica”.

Basti pensare alla tradizione romana e romulea ed al suo calendario “artico” di dieci mesi.

O agli scritti del “bramino” indiano Bal Gangadhar Tilak, La dimora artica nei Veda che sostengono, basandosi su inni vedici e l’Avesta, che gli ariani abitassero il Polo Nord prima dell’inizio dell’ultima glaciazione.

Ora, di questa “nostra” Tradizione, ne abbiamo evidenze paleontologiche tangibili.

http://www.centrostudilaruna.it/gli-ipe ... evola.html



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MessaggioInviato: 05/03/2016, 10:48 
Asclepio (Esculapio), il dio della medicina

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Una statua di Asclepio. Glypotek, Copenhagen

Asclepio, che i Romani conobbero col nome di Esculapio, nell’antica Grecia era il dio della medicina. Figlio di Apollo e di Coronide, fu affidato dal padre al centauro Chirone che gli insegnò l’arte medica. Avendo poi osato richiamare in vita i morti, fu fulminato da Zeus.

Gli attributi di Asclepio erano il bastone, il rotolo di libro, il fascio di papaveri, ma soprattutto il serpente; secondo una leggenda un serpente gli avrebbe portato l’erba miracolosa che servì per risuscitare Ippolito, il figlio di Teseo, e dopo la sua morte Asclepio e il serpente furono posti in cielo, raffigurati nelle costellazione di Ofiuco o Serpentario e del Serpente. La moglie di Asclepio era Salute e la sua sacerdotessa era Panacea, “colei che tutto guarisce”.

Asclepio in Grecia, Esculapio a Roma, dio patrono della medicina, non appartiene alla schiera degli dèi prettamente olimpici. Non è chiaro se in origine fosse una divinità sotterranea (ossia demoniaca) della Tracia oppure, analogamente a quanto successo con Imhotep in Egitto, un uomo realmente vissuto che per le benemerenze acquisite nel guarire le malattie sia stato in seguito divinizzato.

Secondo Pindaro, Asclepio era stato generato da Apollo nel grembo di Coronide, figlia di Flegia, re dei Tessali, allorchè Coronide, prima di aver partorito, s’innamorò di un comune mortale di nome Ischi. Apollo, furioso per il tradimento, fece trafiggere l’infedele da Artemide con una delle sue frecce infallibili. Quando però la salma di Coronide si stava già consumando nelle fiamme del rogo, Apollo le strappò dal grembo il frutto del loro amore, Asclepio.

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Statua di Esculapio – Musei Capitolini di Roma

Secondo Esiodo, invece, la madre sarebbe stata Arsinoe, una delle figlie di Leucippo.

Salvato il figlio, Apollo lo affida al centauro Chirone, che lo alleverà e lo istruirà nella medicina.

Si racconta che, a ricordo della sua nascita fra le fiamme, un alone di luce avrebbe circondato il corpo del ragazzo, suscitando lo sgomento dei rozzi pastori vaganti sul monte Pelio, regno di Chirone.

Fattosi adulto, Asclepio, a differenza di tanti altri eroi educati da Chirone, non sceglie il mestiere delle armi, ma mette a profitto le lezioni di Chirone per alleviare le sofferenze del genere umano.

La leggenda narra che Asclepio avrebbe guarito dalla pazzia le Pretidi, dalla cecità i Fineidi, dalle ferite Ercole.

Ma poi cresce la sua ambizione: vuole sconfiggere la morte che sovrasta la vita. Si mette a risuscitare i morti: Orione, Capaneo, Ippolito, Tindareo ed altri. Con ciò, però, sorpassa la misura imposta da Zeus ai mortali, crea uno squilibrio, e Zeus lo fulmina. La fine del figlio suscitò però la collera di Apollo: in un impeto di rabbia uccise i Ciclopi, che avevano forgiato le folgori di Zeus, e poi abbandonò per molto tempo l’Olimpo.

Immagine
Asclepio su uno statere da Epidauro. Monaco, Staatliche Münzsammlung

Il primo luogo di culto di Asclepio era una grotta presso Tricca, dove sotto il simbolo del suo attributo principale, il serpente, dava oracoli.

Poi il culto si estese ad Epidauro, che ne doveva diventare il centro principale, a Coo, ad Atene e a tutto il mondo ellenico. A lui furono dedicate le feste Asclepiee o Asclepiadee; a lui fece risalire la propria origine la gente degli Asclepiadi, che esercitarono tutti l’arte medica, fra i quali lo stesso Ippocrate, il più famoso medico dell’antichità.

I santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, erano costituiti da una fonte o un pozzo, circondati da un bosco sacro, e dalla clinica, chiamata adyton. Sappiamo poco sulla prassi medica seguita in quei luoghi, anche a causa dei misteri che la circondavano. I malati passavano una notte nell’adyton; dopo un sogno, ottenuto probabilmente con mezzi artificiali, seguiva la guarigione. Essa però sicuramente non era effetto della potenza taumaturgica del luogo sacro o soltanto frutto della suggestione, ma anche di interventi chirurgici e di medicine propinate. Dalla moglie Lampezia – secondo altri, da Epiona – Asclepio avrebbe avuto quattro figlie (Igea, cui furono dedicati altari, quale personificazione della salute; Panacea, che guariva tutte le malattie; Iaso, la quale, invece, le provocava; Egle, che fu ritenuta madre delle Grazie) e due figli (Macaone, che fu ucciso da Euripilo all’assedio di Troia, e Podalirio che, per la sua singolare perizia medica, fu fatto signore del Chersoneso e ascritto nel novero degli dei).

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Bassorilievo raffigurante Esculapio e sua figlia Igea. Da Therme, Grecia, V secolo A.C.. Musei archeologici di Istanbul.

All’inizio, Asclepio venne raffigurato giovane e imberbe, ma poi si passò a rappresentarlo come un uomo nel pieno vigore, il viso circondato da una folta barba e soffuso di un’espressione di mitezza e bontà. I suoi attributi sono lo scettro, la verga e il rotolo di libro. Gli erano sacri il serpente che lambisce le ferite e, per lo stesso motivo, il cane e le oche. Sacro gli era anche il gallo, simbolo del giorno e della vita che rinascono.

Con una sublime identificazione della morte con la guarigione dal male della vita, Socrate morente, come ci riferisce Platone nel Fedone, pregò gli amici che si sacrificasse un gallo ad Asclepio: “E già la parte inferiore del ventre veniva ormai raffreddandosi, quando si scoperse il volto che già era stato coperto e disse ancora queste parole (le ultime da lui pronunciate): 0 Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio; dateglielo, e cercate di non dimenticarvene”.

In Roma il culto di Asclepio-Esculapio fu introdotto ufficialmente dopo la pestilenza del 293 a. C. Allora si consultarono i libri sibillini, i quali diedero come responso che la peste sarebbe scomparsa soltanto se fosse venuto Asclepio da Epidauro. Il Senato mandò dunque una legazione, ma quelli di Epidauro erano incerti sulla decisione da prendere.

Nella notte, però, Asclepio apparve al capo della legazione romana, assicurandolo che il giorno dopo sarebbe partito con lui. E difatti, quando i legati si furono raccolti nel tempio del dio, un serpente uscì da un sotterraneo e li seguì fin sulla nave per venire in Italia. Quando, al termine del viaggio, la nave, risalendo il Tevere, giunse all’altezza dell’isola Tiberina, il serpente abbandonò la nave e si rifugiò su quell’isoletta. Interpretando il fenomeno come desiderio di Asclepio che colà dovesse sorgere il suo santuario romano, il Senato romano lo fece costruire nel punto dell’isola Tiberina dove oggi si trova la chiesa di S. Bartolomeo.

Immagine
Questo bassorilievo è una specie di ex voto: queste offerte votive solitamente rappresentavano la parte del corpo che era stata guarita. Atene, Museo Archeologico Nazionale

Affermatosi il culto di Asclepio anche a Roma (si sa, i medici stranieri sono sempre reputati migliori!!), furono trascurate le quattro divinità indigene che prima presiedevano alla salute: Strenua, Cardea, Febris e Salus; quest’ultima finiva per essere identificata con Igea, figlia di Asclepio.

http://tanogabo.com/asclepio-esculapio- ... -medicina/



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MessaggioInviato: 05/03/2016, 13:45 
La "storia" di Girolamo Cardano la conosci?



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MessaggioInviato: 05/03/2016, 16:22 
MaxpoweR ha scritto:
La "storia" di Girolamo Cardano la conosci?


Sarei interessato ad approfondirla grazie a te. Cosa vorresti dirci al riguardo?

[:p]



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MessaggioInviato: 06/03/2016, 00:00 
Questo tizio non era un pinco pallino qualunque era uno scienziato

Cita:
Girolamo Cardano (Pavia, 24 settembre 1501 – Roma, 21 settembre 1576 circa) è stato un matematico, medico, astrologo e filosofo italiano. Poliedrica figura del Rinascimento italiano, è noto anche come Gerolamo Cardano (o Geronimo, in francese Jérôme Cardan) e con il nome latino di Hieronymus Cardanus. Riconosciuto come il fondatore principale della probabilità, coefficiente binomiale e teorema binomiale, Cardano è anche parzialmente considerato come l'inventore della serratura, della sospensione cardanica - che permette il moto libero, ad esempio, delle bussole nautiche ed é alla base del funzionamento del giroscopio - e della riscoperta del giunto cardanico.


Insomma non il primo scemo. L'avvenimento completo l'ha descritto Ivan ceci in una sua conferenza (quando torno la recupero) ma in sintesi egli dice che un giorno riceve la visita da due tizi che "indossavano degli strani calzari" e gli dissero che si dovevano prendere cura di lui. Il buon Cardano gli chiede perché mai e loro rispondono:

Cosí come da voi le persone delle classi sociali più basse si prendono cura delle migliori bestie da noi si prendono cura di voi :)

Sono sempre loro :}



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MessaggioInviato: 12/03/2016, 16:28 
Guido von List e la tradizione magico-religiosa degli Ariogermani

Guido von List (1848-1919) è stato uno studioso, poeta, giornalista, scrittore e alpinista tedesco. Il suo lavoro di ricerca sulle origini delle religioni pagane dell’antica Europa, e in particolar modo le sue intuizioni volte a decifrare i significati più esoterici dell’intero complesso mitico degli antichi popoli germanici, costituisce tuttora un’occasione imprescindibile per chiunque volesse approfondire l’argomento, al punto che Marcello De Martino lo definisce “l’antesignano della teoria duméziliana” della tripartizione indoeuropea, nonché “l’esatto omologo di George Dumézil in ambito occultistico”.

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Tuttavia, i mirabili risultati di una vita intera vennero ben presto dimenticati per non dire osteggiati e banditi dell’intero ambito accademico, in quanto si ritiene che le opere di List ebbero l’infausta colpa di avere influenzato notevolmente, in seguito alla sua morte, l’aspetto trascendentale dell’ideologia nazionalsocialista.

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Quel che è certo è che il suo metodo di ricerca differiva sensibilmente da quello che, secondo il paradigma scientifico moderno, si ritiene accettabile e degno di riconoscimenti nella nostra epoca. List trasse infatti ispirazione dagli insegnamenti teosofici di Helena Petrovna Blavatsky e coniugò i fondamenti dell’occultismo gnostico con nozioni apprese dagli scritti della società segreta dei Rosacroce, riuscendo in tal modo a delineare una visione storico-religiosa molto differente da quella imposta dalla società moderna.

Dopo decenni di studi, List giunse alla conclusione che l’intera Terra era stata un tempo governata da una casta di re-sacerdoti (i rishi indiani, i druidi celtici), detentori della conoscenza sacra che egli chiama Armanenschaft, per mezzo della quale essi civilizzarono i popoli, conferendo loro un culto religioso e un paradigma spirituale di vita che avrebbe reso possibile il mantenimento della pace sociale.

Guido von List: studioso, esploratore, chiaroveggente

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List e i suoi collaboratori durante un sopralluogo presso un sito megalitico in Germania.

Il suo ambito di ricerca comprende la letteratura epica germanica, la quale venne studiata da List nella sua essenza metafisica, l’Edda, l’Havamal e la Voluspain, nonché lo studio esoterico dell’alfabeto runico.

List costituì inoltre una cerchia di dieci persone che chiamò Hoher Armanen-Orden (“Alto Ordine Armanico”) e organizzò spedizioni in tutta la Germania alla ricerca delle impronte degli antichi culti: una volta sul luogo, il gruppo organizzava sessioni di meditazione, in quanto List riteneva che la manifestazione della vera sapienza nascosta fosse fruibile dal gruppo attraverso le pratiche meditative e la fusione con l’elemento naturale. A tal proposito, si rifaceva ai suoi studi sulle antiche pratiche yogiche e tantriche dell’India antica. Molti testimoniano l’effettiva capacità di List di cadere in trance e di ricevere visioni dell’antica eredità perduta.

L’influenza dell’orientalista Schlegel

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Edizione inglese de “La religione degli Ariogermani” di Guido Von List.

Con riferimento alle dottrine dell’India antica, List si rifece agli studi di Karl Wilhelm Friedrich Schlegel e segnatamente al suo saggio “Sulla lingua e saggezza degli Indiani” (1808), nel quale l’autore si dedicò allo studio del sanscrito, giungendo alla conclusione che tutte le grandi civiltà conosciute e studiate al tempo derivavano da un’unica stirpe originaria, quella indo-ariana, originariamente ubicata all’estremo Nord del globo (una leggenda che si trova in pressoché tutte le mitologia antiche, comprese quelle di civiltà che al tempo di Schlegel non costituivano ancora materia di studio accademico, quali per es. le civiltà precolombiane del Mesoamerica), poi migrate verso Sud durante l’ultima grande glaciazione (circa 11.000 anni fa) per poi dividersi e stanziarsi con il passare dei millenni in vari territori, quali la mezzaluna fertile, la valle dell’Indo, la valle del Nilo e, più recentemente, la penisola ellenica e quella italica, oltre che nella valle del Reno.

Queste conclusioni apparivano evidenti a Schlegel in virtù dalle innumerevoli affinità che egli trovò tra il sanscrito e le lingue germaniche, ma anche con il latino. Inoltre, egli derivò l’idea dell’insediamento primordiale posto a Settentrione anche dalle leggende indiane relative alla tradizione del Monte Meru, la montagna sacra del remoto Nord, l’axis mundi che si ritrova, puntualmente nella sua sede polare, in innumerevoli tradizioni antiche—anche di civiltà etnologicamente ben distanti dall’ambito indo-europeo.

Il Wihinei e la “cristianizzazione degli Ariogermani”

https://marcomaculottiblog.files.wordpress.com/2016/01/wolodinhanging.jpg?w=226&h=335
Una rappresentazione di Wotan appeso all’Iggdrasil, l’Albero Cosmico dei Germani. Autosacrificandosi, Wotan acquisì per primo la conoscenza sacra delle rune e divenne per questo il primo maestro del genere umano. Il parallelismo con il Cristo crocifisso è lampante.

Concentrando la sua ricerca sul cristianesimo, che l’Europa aveva ormai da tempo accettato come religione ufficiale, e confrontando i misteri esoterici e le festività del calendario cristiano con quelli dell’antico paganesimo, List giunse alla conclusione che la cosiddetta “cristianizzazione degli Ario-Germani” fu solo esteriore, mentre il culto seguito dagli antenati costituisce ancora oggi il contenuto più profondo del Cristianesimo.

Egli dimostrò le sue teorie con la massima serietà, dimostrando in maniera incontrovertibile la perfetta corrispondenza, etimologica e contenutistica, di ogni ricorrenza sacra cristiana, non solo per quanto riguarda le festività maggiori (Yule: Natale; Ostara: Pasqua, etc.) ma persino in riferimento alle feste dei santi, e quindi per ogni singolo giorno del ciclo dell’anno sacro (L’occultamento del wuotanismo nel cristianesimo).

Secondo List, le innumerevoli corrispondenze trovate da Schlegel tra il sanscrito e le lingue delle antiche genti europee non può che condurre in una ben determinata direzione: tutte le popolazioni indo-europee derivano da una stirpe originaria, la quale, prima della dispersione conseguente all’ultima glaciazione, parlava la stessa lingua (da lui denominata Ursprache). List, dunque, accettò i presupposti derivanti dagli studi di Schlegel, ma si spinse oltre: indagò le corrispondenze esoteriche tra l’antico sistema religioso vedico e il paganesimo dell’Europa arcaica, giungendo così—seguendo un metodo che potremmo definire sincretismo religioso ante-litteram—alla ricostruzione del complesso magico-religioso degli antichi Germani: il Wihinei.

L’ovvia conseguenza del distacco dalla lingua originaria e dell’adozione delle varie lingue volgari da essa derivanti, causò secondo List la scissione della conoscenza tradizionale in due dottrine separate: quella esoterica insegnata agli iniziati (che l’autore denomina “armanismo”) e quella exoterica di facile comprensione, fondata sul mito e sull’antropomorfizzazione degli dèi, per il popolo (“wotanismo”).

La cosmogonia degli Ariogermani ricostruita

Il mistero primordiale è così descritto nel canto del mito antico dell’Edda, il Volupsà, citato da List (La religione degli Ariogermani, p.36), che così recita:

All’origine non vi era sabbia, né mare né vento
non la terra in basso, né il cielo in alto,
vuoto abissale, in nessun luogo cresceva erba.


Esattamente ciò che gli antichi Greci avevano denominato Kaos e che la moderna scienza, come nota List, chiama la “nebbia primordiale”: la sostanza primordiale da cui scaturirono tutti gli elementi. L’autore poi continua:

Su quel vuoto senza fondo dell’abisso primordiale, rinchiuso su se stesso, aleggiava quella incommisurata forza latente, quella causa originaria incausata, quella causa originaria impersonale, che può essere identificata come “il dio nascosto”, quale spirito impersonale, immateriale, che è allo stesso momento tempo e spazio.

Attraverso il proprio respiro esso si condensa in materia.

Più avanti nell’opera (pag.57) List chiama questo dio non manifesto SURTUR (“stabile nel primordiale” o “stabile nell’eterno”) “lo Scuro”, la sostanza primordiale e al tempo stesso il “Grande Spirito” che aleggia sulle tenebre dell’abisso primordiale, lo “spirito della salvezza”, duplice mistero che si sviluppa in seguito come “duplice unità”, dividendosi in una polarità maschile (ALLSATUR, Padre Universale, il primo Logos, vale a dire il dio manifestatosi come “Spirito del Mondo”, creatore di ogni cosa, demiurgo) e in una femminile (HYLE, materia/elemento primordiale, matrice cosmica di ogni essere, Grande Dea Madre).

Gli insegnamenti esoterici dell’armanismo ricostruito da List contemplavano quindi “una tripartizione, o meglio un triplice stato del concetto di Dio, per cui il dio originario era rappresentato come androgino, ossia bisessuato” (La religione degli Ariogermani, p.36). In una prima fase della creazione, prosegue List, questo dio occulto si manifesta proprio con il movimento, partendo da se stesso, rivelandosi come primo Logos, emanando in seguito da sé i primi quattro elementi, e cioè fuoco (Muspilheim), acqua (Audhumbla), aria (Riflheim) e terra (Imir). Questo atto di creazione primordiale è possibile perché, distaccandosi la luce (il primo Logos) dalle tenebre dell’abisso, contemporaneamente si distaccò dall’unità primeva anche ciò su cui la luce proietta il suo raggio, manifestandosi come Hyle, materia cosmica destinata a ricevere l’influsso creatore di Allsatur e a tradurlo nella molteplicità delle forme dell’essere.

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Ymir attaccato da Wotan, Wile, We in un’illustrazione di Lorenz Frølich.

L’uccisione di Imir e la creazione del mondo


L’elemento Imir diede vita al progenitore dei giganti, mentre l’elemento Audhumbla generò dalle pietre di sale un essere androgino, Buri, che a sua volta generò Bör. Quest’ultimo, congiungendosi alla progenie di Imir, generò tre figli (Wotan, Wile, We) che uccisero il gigante Imir (o Ymir), “ne portarono via il corpo nello spazio vuoto fra Muspilheim e Riflheim” (fuoco e aria) e da questo crearono ciò che chiamiamo il nostro mondo.

Si tratta di un mito che trova i suoi parallelismi ovunque nelle tradizioni antiche: Imir è la Tiamat sumero-accadica, il Tifone greco sconfitto da Zeus e dai suoi fratelli olimpi, ed è anche la dea azteca Coyolxauhqui (Chalciuhtlicue, Acuecucyoticihuati). Confrontando il mito germanico con quello mexica non si può fare a meno di notare le somiglianze. Nel primo, riporta List (pag.38):

Con l’uccisione di Imir sgorgò tanto sangue che dalle sue ferite l’intera razza dei Hrimthursi si ammalò, sino a che uno di nome Bergermil (“antico monte”), il cui padre si chiamava Thrudgelmir (“molto antico”) e il nonno Dergelmir (“originario”) salvò sé e la sua famiglia in una “culla”, che utilizzò per navigare come una barca. Nel mondo terreno ormai restaurato impiantò la stirpe dei giganti, che fissò la sua dimora nelle terre al di là del mare, che successivamente divenne il quinto luogo nel quale si stanziò la stirpe umana: Mitgard, la terra artica, la terra posta al polo nord, luogo d’origine degli Ari.

Secondo le narrazioni azteche, Chalciuhtlicue/Acuecucyoticihuati era la dea che dominava i cieli nell’età del quarto sole, vale a dire quella precedente alla nostra. La dea amava molto gli uomini, ma Tezcatlipoca—in tipiche vesti da trickster che ricordano le imprese del Loki norreno—la accusò di mascherare il suo egoismo di ricevere preghiere dagli uomini dietro il pretesto di un amore disinteressato. Chalciuhtlicue fu tanto colpita da questa accusa che pianse sangue per i successivi 52 giorni, causando un terribile diluvio che annegò tutti gli abitanti della Terra. Si salvano solamente un uomo e una donna, riparandosi dentro un tronco di cipresso. Chalciuhtlicue viene poi sconfitta da Huitzilopochtli, che diventa il governatore del quinto sole. Un altro mito riguardante la nascita di Huizilopochtli racconta di come egli fronteggiò la sorella Coyolxauhqui (“quella dai sonagli sul volto”), la uccise e la fece a pezzi, creando il nuovo sole, la nuova luna, la nuova terra e, forse, anche l’odierno pianeta Marte.

I nani e i quattro venti

Il pianeta su cui viviamo, dunque, ha subito negli eoni diverse metamorfosi e con esso l’intero cosmo. Questa verità esoterica traspare da tutte le dottrine tradizionali delle più antiche popolazioni. Unendo la comprensione dei testi epici germanici allo studio della cosmogonia e dell’antropogenesi esposta da madame Blavatsky ne La dottrina segreta, List arrivò alla conclusione che (La religione degli Ariogermani, p.38):

Prima che gli uomini venissero sulla terra, questa città (Mitgard) approntata per gli uomini fu abitata dai nani, che originariamente si erano sviluppati come vermi e bachi nel corpo morto di Imir, e che successivamente ricevettero dagli dèi l’aspetto e lo spirito umano, ma non l’anima umana, e abitarono all’interno della terra in antri oscuri e fenditure.

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Due nani raffigurati nell’edizione dell’Edda poetica del 1895 da Lorenz Frølich.

In seguito, gli dèi posero quattro nani come guide dei venti principali (Austro: est, Vestri: ovest, Sudri: sud, Nordri: nord). Vennero in seguito creati gli astri e i pianeti—vale a dire, gli Asi infusero i propri spiriti divini nei sette pianeti. Con questo atto, dice List, “si concludeva il tempo primordiale”. Leggendo di questa misteriosa razza di “nani” originari dal corpo morto di Imir e abitatori antidiluviani della terra, che ora vivono all’interno di essa “in antri oscuri e fenditure”, il nostro pensiero viene automaticamente condotto a tutto quell’ambito di leggende riguardante il “Piccolo Popolo”, esistenti in tutta l’Europa arcaica (Scandinavia, Islanda, Isole Britanniche, Germania) ma anche altrove (per esempio, nelle tradizioni dei nativi americani).

Gli Asi creano il mondo, Wotan Hänir e Lodur creano l’uomo

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Wotan, Wile e We creano il mondo (illustrazione di Lorenz Frølich).

Quelli che invece List chiama “dèi” non sono quelli della triade primordiale, bensì i sette Asi che derivano dalla scissione dei primi. Secondo l’autore, gli Asi (il significato letterale del termine è “colonne del mondo”) creano la terra, i mari, il cielo, ossia l’intero mondo visibile, dal corpo dell’ucciso Imir, “l’elemento primordiale”, ma non l’uomo, del quale essi sono in grado di creare solo la “figura” (lo “schema” su cui poi verrà innestato il pneuma).

Alla creazione della prima coppia umana (Ask ed Embla, gli “Adamo ed Eva” germanici) contribuiscono Wotan (“luce, spirito, intelletto”; il respiro) che conferisce il pneuma spirituale, Hänir (alt. Wile; “luce, anima, temperamento”; la volontà) crea l’anima inferiore e l’intelletto e Lodur (alt. We; “fuoco, passione, desiderio”; il fuoco originario) il corpo materiale. Il soffio divino che Wotan immette nell’essere umano è il terzo Logos, la scintilla divina presente nella nostra interiorità.

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La creazione dell’uomo. Si noti il simbolo della triade sacra e l’aquila, simboleggiante lo spirito di Wotan.

Ci sarebbero molti appunti da fare: innanzitutto bisogna notare che la tripartizione dell’essere umano è tipica della tradizione indo-europea. È infatti impossibile non notare la corrispondenza tra Wotan/Hänir/Lodur e la triade dei Guṇa nella tradizione hindu, ossia i tre componenti ultimi della prakṛti/materia: sattva (virtuosità, purezza, luminosità, saggezza), rajas (instabilità, attività, desiderio) e tamas (torpore, ignoranza, indolenza). Citiamo anche la Triade latina più arcaica, studiata da Dumézil (La religione romana arcaica), e formata da Giove (principio spirituale; casta dei sacerdoti), Marte (principio animico; casta dei guerrieri) e Quirino (principio materiale; casta dei produttori).

Inoltre, altre tradizioni germaniche chiamano con denominazioni differenti i tre dèi che contribuiscono alla creazione dell’essere umano: se infatti Wotan/Odin è sempre presente, Wile/Hänir è a volte sostituito da Donar/Thor e We/Lodur da Loki, Freyr o Fricco. Ad ogni modo, la denominazione di Wotan si ritrova sempre in tutte le narrazioni mitiche degli antichi Germani poiché secondo List, “egli è il più potente della triade”, è “l’Uno, l’Unico, il solo Essere” (pag.38), aggiungendo poco dopo che:

Quest’Unico è però la seconda manifestazione, che si realizza attraverso la materializzazione dello spirito divino. È il secondo Logos e come tale è il Padre Universale, che ponendosi al di sopra di Wotan è inafferrabile e irrappresentabile, mentre appare in Wotan umanizzato e rappresentabile. Il Padre Universale, chiamato anche Surtur lo Scuro (…) è il creatore di tutto, e Wotan è il suo corrispettivo umanizzato, per cui è “tutt’uno col suo padre in cielo”.

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La seconda triade. Da sinistra a destra, Donar/Thor, Wotan/Odin e Freyr/Fricco. Sotto, Loki che innesta il “fuoco originario” (ovvero le pulsioni provenienti dalla materia) nell’essere umano. Wotan è assiso sul trono in quanto è il secondo Logos: Donar e Freyr non sono altro che altre sue manifestazioni (Loki è manifestazione della sua assenza o, meglio, della sua presenza non percepita). Per questo Wotan è “Uno e Trino”, e nella sua triplice manifestazione è in tutto identico a suo Padre, Surtur “Stabile nell’eterno”, che dà origine a Allsatur, il primo Logos.

L’autosacrificio di Wotan, appeso all’Albero Cosmico

Le analogie con il cristianesimo non si fermano qui. Il mito narra che Wotan conosce i segreti delle rune, le lettere che sono l’origine stessa di ogni conoscenza e di ogni potere. Per ottennere questa sapienza immolò sé stesso (Wotan secondo Logos) in sacrificio a sé stesso (Wotan primo Logos) diventando così il primo Erilaz, ovvero il primo “maestro runico. Per apprendere l’arte della divinazione e della profezia, Wotan rimase appeso all’albero cosmico Yggdrasill per nove giorni e nove notti. Così nell’Hávamál, 139:

Lo so io, fui appeso
al tronco sferzato dal vento
per nove intere notti,
ferito di lancia
e consegnato a Wotan,
io stesso a me stesso,
su quell’albero
che nessuno sa
dove dalle radici s’innalzi
.

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I sette Asi

La sapienza di Wotan è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l’ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell’universo. Forse è per questo che Egli, unico tra gli Asi, riuscì a dare una coscienza spirituale all’essere umano: perché, accedendo alla comunione suprema con il Grande Mistero, e apprendendo i segreti dell’alfabeto del cosmo, Egli riuscì a sintetizzare tutti e sette gli spiriti degli Asi in un’unica entità spirituale, quella che gli antichi Greci chiamavano pneuma.

Con questo atto magico Wotan, secondo Logos, originò da se stesso il terzo Logos, quello che ha il potere di dare la Vita spirituale all’essere umano, così come il secondo Logos si auto-generò dal Primo. Bisogna ora aggiungere che, secondo List, i sette dèi Asi diedero vita ai sette pianeti: Wotan stesso diede la vita a Mercurio—ma anche Loki ha caratteristiche mercuriali, presentandosi ora come trickster ora come eroe culturale—, Urfir (o Baldr) al Sole, Mani/Mannus alla Luna, Tyr/Zio a Marte, Thor/Donar a Giove, Freya/Fena a Venere e il Surtur primordiale a Saturno—List ipotizza che il latino Saturnus sia una deformazione di Surtur, “stabile nell’Ur”, ovvero nel primordiale. A nostro parere si può ipotizzare che Saturno sia anche Freyr, in quanto, esattamente come il Saturnus italico, governa sulla fecondità e sul raccolto dei campi.

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Wotan/Odin

Di questi sette Asi supremi, solo Wotan può riassumerli tutti, in quanto Egli è “tutt’uno con il suo Padre in cielo”. Si vede chiaramente come il mito pagano dell’autosacrificio di Wotan sia stato in seguito adottato dal cristianesimo con riferimento alla figura del Cristo, anch’esso un dio (“Figlio primogenito del Dio Padre”) che sacrifica la sua vita agli uomini: è indubbio che nello Havamal Wotan si rende protagonista di un vero e proprio processo di morte e risurrezione.

Anche il fatto che Wotan si auto-trafigga con una lancia sembra aver ispirato ai cristiani il motivo del ferimento al costato di Gesù per mezzo della lancia di Longino. Sono anche evidenti parallelismi con il mito di Osiride e con quello azteco di Quetzalcoatl, il quale, dopo essere disceso al mondo infero, rubò le “ossa” (le rune del mito germanico) e le immerse nel proprio sangue per far risorgere il genere umano. Invero, non può stupirci constatare che, quando le popolazioni del Nord Europa furono cristianizzate, la figura di Odino venne regolarmente avvicinata a quella di Gesù: raffigurazioni dell’antico dio si trovano ancora oggi in chiese cristiane come la parrocchiale di Akureyri, in Islanda.

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Schema riassuntivo.

Bibliografia consigliata:

Guido von List, La religione degli Ariogermani e Urgrund (Settimo Sigillo, 2008).
Guido von List, Il segreto delle rune (Barbarossa, 1996).
Guido von List, L’occultamento del wuotanismo nel cristianesimo (Arktos, 2005).
Helena Petrovna Blavatsky, La dottrina segreta (Ed. Teosofiche Italiane, 2008).
George Dumézil, La religione romana arcaica (BUR, 2001).
Jean Markale, Il druidismo—Religione e divinità dei Celti (Mediterranee, 1991).
T.G.E. Powell, I Celti (Il Saggiatore, 1959).

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