Time zone: Europe/Rome




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 586 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 35, 36, 37, 38, 39, 40  Prossimo
Autore Messaggio

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22314
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 14/03/2016, 15:37 
Cita:

Lo strano caso di Dio nominato in un articolo scientifico

http://www.altrogiornale.org/wp-content/uploads/2016/03/handart-sh-300x286.jpg

Un paper pubblicato su Plos One attribuisce il design della mano umana al Creatore. Una figuraccia per la rivista, che gli autori dell’articolo spiegano con un semplice errore di traduzione

Errore di traduzione, o maldestro tentativo per parlare di intelligent design su una rivista scientifica?A sollevare il caso è un articolo pubblicato negli scorsi giorni sulla rivista Plos One, in cui si analizzano le caratteristiche biomeccaniche della mano umana in relazione alla capacità di portare a termine una serie di attività quotidiane. Niente di troppo strano, se non fosse che leggendo l’abstract del paper si ha la netta impressione che gli autori attribuiscano al “Creatore” l’esistenza di un legame causale tra l’architettura della mano e le attività per cui viene utilizzata. Come a dire: Dio ha creato la mano, perché è perfetta per farci quello che ci facciamo. Un tipico ragionamento da sostenitori del disegno intelligente (o creazionismo scientifico), che ha scatenato le proteste della comunità scientifica costringendo Plos One a ritirare lo studio. A guardare meglio però, la vicenda nasconde altro: poca, o cattiva, scienza, e un’incredibile figuraccia per la rivista.

La frase incriminata dell’abstract può essere tradotta più o meno così: “Questo collegamento funzionale esplicito indica che le caratteristiche biomeccaniche dell’architettura connettiva tendinea tra muscoli e articolazioni rappresentano il disegno ottimale del creatore [proper design by the Creator, in inglese] per portare a termine una moltitudine di attività della vita quotidiana in modo confortevole”.

Ma non è tutto. Scorrendo l’articolo ci si imbatte infatti in una frase ancor più inequivocabile: “Hand coordination should indicate the mystery of the Creator’s invention”.

Ovvero: “ La coordinazione della mano dovrebbe indicare il mistero dell’invenzione del Creatore ”.
A dirla tutta però, proseguendo nella lettura fino ad arriva alle conclusioni dell’articolo la faccenda inizia a farsi un tantino misteriosa. “Per concludere – scrivono infatti gli autori – il nostro studio può migliorare la comprensione della mano e confermare che la sua architettura meccanica è un design ottimale da parte del Creatore per la per l’esecuzione di numerose funzioni, che deriva dal un rimodellamento evolutivo della mano ancestrale durato milioni di anni”.

Perché di colpo si parla di evoluzione? Presto detto: come ha spiegato uno degli autori nei commenti all’articolo (dove intanto andava in scena una battaglia tra scienziati e sostenitori dell’intelligent design), i ricercatori che hanno scritto il paper sono tutti cinesi, e non essendo l’inglese la loro madrelingua l’uso del termine Creatore è un semplice errore di traduzione. Quello che volevano intendere, spiega Ming-Jin Liu, è natura: attraverso l’evoluzione, la natura avrebbe fornito alla mano un design ottimale per portare a termine una lunga serie di compiti.

Tutto risolto dunque? Non proprio. Come fanno notare diversi scienziati nei commenti, anche eliminando l’intervento divino il ragionamento dei ricercatori cinesi rimane scientificamente scorretto, perché attribuirebbe una chiara intenzionalità all’operato dell’evoluzione, un tipo di ragionamento rifiutato dall’evoluzionismo. L’utilizzo di Creator con la C maiuscola, come si fa quando si parla di Dio (come se scrivessimo il Signore, e non il signore) è difficile da spiegare se i ricercatori cinesi non si riferivano al padreterno, ed è forse per questo che gli editor di Plos One hanno deciso di ritirare definitivamente l’articolo, invece di modificare semplicemente il testo come proposto dai suoi autori.

In conclusione, l’unica certezza che rimane al termine di questa strana vicenda è l’enorme figuraccia fatta da Plos One. Trattandosi di una rivista peer reviewed, per quanto open acces, l’articolo dovrebbe aver superato infatti una revisione da parte di altri scienziati prima di ricevere l’ok per la pubblicazione, e in molti oggi si chiedono come questo autentico pastrocchio scientifico possa essere sfuggito alla loro attenzione.

Simone Valesini

fonte: http://www.altrogiornale.org/lo-strano-caso-dio-nominato-un-articolo-scientifico/


ciò che mi chiedo è: perchè gli scienziati si sollevano quando sentono parlare di intenzionalità dell'evoluzione e cioè di espletamento di un fine e quindi di programmazione ? Che problema c'è? non mi sembra che gli venga l'orticaria quando sentono parlare di intelligenza artificiale o di computer che pianificano ed elaborano strategie predittive.

Se invece lo fa la natura gli sale la scimmia sulle spalle... Come se la natura non debba rispondere agli stessi principi fisici delle SIMULAZIONI CHE SU DI ESSA SI BASANO.

Secondo me il termien CREATORE è corretto a patto di non confonderlo con DIO nel caso specifico dell'homo sapiens :]



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 18/03/2016, 18:27 
Appunti di mitologia celtica
Laura Mossino El-Mouelhy

Seguendo il suggerimento di un amico, caro e competente, ho letto i due splendidi libri di Lady Gregory sulla mitologia dei Celti, e, così di primo acchito e senza troppo pensare due considerazioni iniziali mi vengono in mente.

La prima di queste considerazioni è che, leggendo le storie e le avventure di Cuchulain di Muirthiemne e la storia dei Tuatha de Danaan, in una certa misura continuiamo a rileggere l’eterna storia di Gilgamesh, dal momento che tutta l’epica celtica che conosciamo, o almeno che io conosco, si basa sulla ricerca dell’immortalità, intesa come raggiungimento della perfezione, e sul cammino irto di ostacoli, che tutti, uomini e dei, devono affrontare per raggiungerla.

Naturalmente esistono differenze tra la mitologia celtica e quelle dei paesi mediterranei o dell’Asia Minore, ma, dal momento che si tratta sempre e comunque di popolazioni indoeuropee, è possibile trovare una solida base comune in tutti i loro miti, a prescindere dalle numerosissime differenze e particolari che le distinguono una dall’altra e che si riferiscono a popolazioni con usi e costumi diversi.

Senza analizzare i miti mesopotamici in profondità, vorrei solo notare come sia i Sumeri che i Babilonesi basassero la loro religione sulla fede in una dea madre, una grande dea, madre di tutto quanto esiste, e come a questa dedicassero i più grandi onori e cerimonie. I miti di Ishtar e Tammuz, Inanna e Dumuzi in Mesopotamia, Iside e Osiride in Egitto, Afrodite e Adone in Grecia ripetono tutti il mito primigenio della madre, esistente da sempre, che crea l’universo intero, lo foggia e lo mantiene in vita, resuscitandolo ad ogni stagione. Dee Madri, Veneres, o dee della vegetazione rappresentano tutte lo stesso principio, come si ritrova anche nella grande dea, rappresentata dalla triade divina, nella mitologia celtica.

La leggenda di Gilgamesh, il suo viaggio in territori sconosciuti per raggiungere il paradiso in cui vive l’uomo eterno, Uthnapishtin, colui che si è salvato dal diluvio, e che non rappresenta altro che il cammino iniziatico dell’uomo per raggiungere la salvezza e la felicità eterna, è ripetuta innumerevoli volte nelle leggende irlandesi e gallesi sulle quali si fonda la conoscenza attuale della religione dei Celti, naturalmente con particolari diversi dovuti alla loro diversa concezione della vita.

Gli eroi celtici compiono il loro viaggio iniziatico alla ricerca del “calderone di Karidwen”, che può offrire l’abbondanza, sanare le ferite e in casi estremi riportare un morto alla vita: non molto dissimile dal “paradiso” e dall’immortalità ricercati da Gilgamesh.

La seconda considerazione che mi sorge immediatamente nella mente è che, al contrario delle tradizioni egizie, ebraiche e greco-romane, non esistono presso i Celti miti di creazione: il mondo esiste, non viene creato da una divinità, femminile presso i popoli asiatici almeno in origine, femminile anche presso le popolazioni ebraiche, che però molto prima degli altri popoli la trasformarono in un dio maschile, androgina presso gli Egizi, in modo da includere i due poli naturali della vita.

Questa, vale a dire l’assoluta mancanza di miti di creazione, è la sostanziale differenza tra la concezione del divino tra i celti e gli altri popoli, sia asiatici che mediterranei, e sarebbe bene aggiungere a questi anche le popolazioni germaniche.

Comprendere la religione dei Celti comporta numerose difficoltà, la prima delle quali può essere accordare l’idea di un pantheon estremamente vario e popolato da circa quattrocento divinità con l’idea base di un unico principio divino. Per far questo bisogna rinunciare alle comuni categorie di giudizio tipiche della tradizione culturale dell’Occidente, che sono il frutto dell’incontro tra il pensiero classico e quello giudeo-cristiano. Per farlo dobbiamo imporci di pensare il divino in termini di incessante evoluzione, cosa questa che esclude la possibilità di porre in rapporto antitetico materia e spirito, così come, contemporaneamente, include l’essere umano in un processo evolutivo analogo a quello seguito dalla divinità.

Questo permette di spiegare il motivo per cui presso i Celti non esistessero miti di creazione, perché tutte le esistenze “in corso”, della terra, degli alberi, degli animali, degli uomini comuni, degli eroi e infine degli dei, fanno parte di un continuum, che è costantemente ricreato, poiché si origina da un universo in perpetua evoluzione.

A questo concetto si riallaccia l’idea della pluralità dei mondi, del visibile e dell’invisibile, che non devono essere intesi materialmente come luoghi e neppure come un al-di-qua e un al-di-là inconciliabili l’uno con l’altro.

Secondo l’insegnamento druidico, esistevano quattro mondi, o cerchi, che rappresentavano piani diversi della manifestazione del divino. Il primo di questi mondi era il “cerchio vuoto”, l’Oiw, regno dell’assoluto; il secondo era il regno della coscienza spirituale; il terzo era il mondo fisico e reale, dove esiste la morte; il quarto era il mondo della materia inanimata ed incosciente, punto di partenza del processo evolutivo, che poteva ricondurre all’Oiw.

I druidi, sacerdoti e saggi, insegnavano in primo luogo il rispetto per la natura, non tanto per una forma di ecologismo ante litteram, ma perché concepivano la natura come madre sacra di tutti i viventi. Questo pensiero di fondo faceva sì che, per i Celti, non avesse alcun senso la distinzione tra sacro e profano, materia e spirito, corpo e mente, e che la molteplicità sperimentata dai sensi potesse essere ricondotta facilmente ad un principio unitario.

Questo principio unico e increato era appunto l’Oiw, che era circondato da gerarchie celesti che si manifestavano attraverso le forze della natura.

Il Sole era il simbolo visibile dell’Oiw ed emanava tre raggi, tre forme di energia, da cui dipendeva l’ordine dinamico del cosmo: amore, forza, conoscenza. La materia era ciò che portava testimonianza di questo dinamismo, con le sue svariate forme ed i suoi diversi aspetti.

La ricerca di una via che consentisse all’uomo il passaggio dal mondo fisico, caratterizzato dalla legge della necessità, al mondo spirituale, libero e sciolto da ogni legge immanente, comprendeva il superamento di molte prove e possiamo considerarlo uno dei punti fondamentali della cultura celtica, ed è, tra l’altro, alla base della leggenda del Graal.

Derivata da questa concezione del mondo è l’idea che i Celti avevano della morte: secondo la loro interpretazione la morte fisica non era che la cessazione della cooperazione organica tra i quattro elementi, perciò il corpo astrale di un defunto entrava in un mondo invisibile, considerato un’espansione di quello fisico reale, dove conservava la memoria della sua vita terrena. Secondo la tradizione questa memoria spingeva i defunti a ritornare fra i vivi, che li accoglievano serenamente e senza paura o dolore, nel giorno di Samhain (1° novembre). Questa tradizione è stata recuperata dal calendario cristiano nella festa del Giorno dei Morti, il 2 novembre.

Con il passare del tempo la coscienza della vita terrena si affievoliva nei defunti, che giungevano ad una seconda morte, dopo di che potevano accedere alla terza, il mondo dell’oblio. A questo punto, secondo il livello di evoluzione spirituale raggiunto durante la vita fisica, passavano al piano della coscienza spirituale e all’immortalità, oppure ritornavano al mondo fisico. Questo ciclo secondo i Celti sarebbe continuato fino a che l’ultimo essere non avesse raggiunto la perfezione e fosse quindi riunito all’Oiw. E’ facile capire il motivo per cui Cesare riferisce che i Celti credevano nella reincarnazione, anche se sembra piuttosto che solo alcuni saggi, particolarmente avanzati nella conoscenza della verità, avessero la possibilità di sperimentare diversi stati spirituali. Si spiegherebbe così anche l’insistenza di molti miti sulla capacità di trasformarsi magicamente in animali, cose o persone diverse: tutto farebbe parte dell’esperienza, collegata al perenne e dinamico divenire dell’Oiw.

Secondo la tradizione l’Oltretomba sarebbe un’isola situata all’estremo occidente, oltre l’oceano. Per le popolazioni del Galles, invece, le anime dei defunti dimoravano sull’isola di Avalon, luogo in cui crescevano i frutti che donavano l’eterna giovinezza, l’immortalità e la scienza. Dal momento che i Celti praticamente non ponevano barriere tra il visibile e l’invisibile, questo mondo era facilmente accessibile ai vivi, che credevano di conoscerne le entrate, solitamente poste su colline, vicino a torrenti o nei boschi, tanto che si consigliava ai bambini di non avvicinarsi a questi luoghi, così come anche agli ammalati ed ai deboli, per timore che non avessero energie sufficienti per tornare indietro e vi si smarrissero.

All’Oltretomba è collegato il Sidh, ma tra i due luoghi vi sono alcune differenze sostanziali. Sidh significa “pace”, ma anche “collina incantata”, cioé un luogo abitato da esseri invisibili e fatati, che possono normalmente e facilmente accedere ai due mondi, mentre questo passaggio è casuale e in un certo senso pericoloso per gli esseri umani normali. Il Sidh è un mondo felice e gioioso, dove non esistono sofferenze e bisogni e la vita trascorre tra piaceri di ogni tipo. Si trova in ogni luogo e in nessuno contemporaneamente e potrebbe anche essere inteso come il mondo al quale giunge il defunto dopo la terza morte, a patto che in terra sia riuscito a raggiungere il massimo livello di coscienza.

Al Sidh, luogo di delizie e di piaceri, è collegata tuttavia anche l’idea di esilio: qui infatti si rifugiarono i Tuatha de Danaan, quando, dopo aver respinto quattro invasioni nemiche, non riuscirono a fronteggiare l’ultima, condotta dai figli di Mil. Si ritirarono quindi nel Sidh, immortali ma sconfitti.

Quattrocento divinità sono state enumerate, ma la religione celtica ci appare profondamente unitaria: come non ricordare a questo proposito l’induismo, con il suo dio unico attorniato da circa tre milioni di dei?

Le notizie su questo pantheon celtico ci sono in massima parte fornite da Cesare, che dedica alcuni capitoli del suo De bello gallico alla religione delle Gallie, e dai monaci irlandesi, che, subito dopo la cristianizzazione della regione, misero per scritto le tradizioni fino ad allora tramandate oralmente, come era l’uso dei Celti. Anche se queste informazioni potrebbero in qualche misura essere state alterate ideologicamente, tuttavia ci permettono di ricostruire, almeno in parte, la religione celtica e di tracciare una specie di mitologia comparata.

Il dio più vecchio, Dispater secondo i Romani, fu spodestato da una generazione di dei più giovani, Lug, Karidwen e Dagda, aggressivi ed ambiziosi, proprio come nella mitologia greca accadde ad Urano.

Secondo Cesare, Lug corrisponderebbe a Mercurio ed avrebbe una certa supremazia sugli altri dei. A Lug erano dedicate due della maggiori festività del calendario celtico ed il suo nome è il più ricorrente nei toponimi (Lugdunum per esempio, diventata Lione). Oltre agli attributi dell’Hermes-Mercurio greco-romano, possiede molti degli attributi di Apollo e sempre a Lug sarebbero connessi Keraunos, il dio cornuto, Taransi o Taraunos, il dio delle tempeste, e Belenos, il luminoso.

A Lug era associata, come ad Apollo Artemide, Karidwen, che rappresenta l’archetipo della grande madre, persino superiore a Lug stresso, e che indica la sopravvivenza nella società celtica della concezione matriarcale del divino. Karidwen, nella persona di Artio, diviene la dea della natura intonsa e selvaggia, ed appare nella forma di un’orsa (artos significa orso, come è ricordato nel nome del mitico Artù). Nella forma di Epona, la dea cavalla, conferisce la sovranità ed è estremamente interessante notare come il potere giunga all’uomo tramite una divinità femminile, così come in tutte le favole indoeuropee l’eroe deve sposare la figlia del re per raggiungere la regalità. Epona, inoltre, può prendere la forma di un fiume in piena, riallacciandosi all’idea della fertilità. Altre personificazioni di Karidwen erano Rhiannon, la regina della morte, Morrigain, la maga, Coventina, collegata ai pozzi sacri e regina della poesia e dell’arte profetica, ed infine Brigid o Brigt, la brillante, cristianizzata come Santa Brigida e ancora oggi molto onorata in Irlanda.

Karidwen, la dea madre, era anche associata in modo particolare con la luna e comprendeva le tre forme di questa: la Vergine (luna nuova), la Madre (luna piena) e la Maga (luna calante).

L’ultima divinità della triade principale è Dagda, dio degli inferi, simile ad Ade, ma con caratteristiche anche di Poseidon, inoltre è rappresentato zoppo, quindi può far pensare anche ad Efesto. Non dà origine a molte altre divinità, ma Cesare afferma che era oggetto di grandissima venerazione.

Uno dei punti più interessanti della mitologia celtica è quello che potremmo chiamare la “dominante notturna”. La maggior parte dei riti, infatti, si svolgeva durante la notte e le ore dopo il tramonto del sole, o subito prima dell’alba, erano considerate le più propizie per leggere il futuro. Dal momento che il sole era considerato il simbolo visibile dell’Oiw e il centro di ogni perfezione, questo fatto sembrerebbe essere una contraddizione. In realtà è perfettamente logico, se consideriamo il modo di vivere e concepire il sole che avevano i Celti: infatti ne coglievano anche le caratteristiche distruttive, come le siccità terribili, che dal XIII secolo a.C. in poi avevano devastato l’Europa e che probabilmente erano rimaste nella memoria collettiva della popolazione, dando vita al grande rispetto religioso per l’acqua (fiumi, laghi, stagni: tutti erano considerati sacri), considerata elemento principale di fertilità; per la terra, fecondata dal sole, ma madre effettiva di tutte le creature; per la luna, collegata al ciclo eterno di nascita, morte e resurrezione.

Per chiarirne ancora il ruolo, si consideri che per i Celti il sole, dopo il tramonto, compiva un viaggio agli inferi, nel mondo delle tenebre e riappariva all’alba del giorno successivo dopo “aver fatto morire” le stelle.

E’ importante ricordare ancora che Karidwen, che incarna l’archetipo materno, quindi è a tutti gli effetti una dea.madre, presenta immagini di luce e immagini di tenebre insieme, secondo la dicotomia tipica di queste dee, datrici di vita ed allo stesso tempo di morte.

Anche Dana, madre dei Tuatha de Danaan, la poipolazione divina rifugiatasi nel Sidh, è collegata con la luna e sembra essere in relazione con la Diana italica, che, prima di essere identificata con la greca Artemide, aveva la supremazia sul dio del sole stesso.

Questi sono solo alcuni esempi, tuttavia potrebbero essere sufficienti a spiegare il fenomeno delle “Madonne Nere”, che troviamo sparse su tutti gli antichi territori celtici, dall’Irlanda, alla Francia (Chartres, Vichy, Le Puy, Marsiglia) all’Italia del Nord (Oropa, Madonna della Neve, Loreto): si collegherebbero ai tre aspetti di Karidwen (vergine, madre, maga), l’aspetto femminile dell’Oiw, che era venerata dai Celti comer Dea Bianca (la luna nuova) e come Dea Nera (la luna calante), dea della morte e della profezia.

Le numerose divinità celtiche devono essere interpretate alla luce di una profonda identificazione con la natura, tanto che il contatto con il divino si effettuava nei boschi, sulle alture, presso i laghi o gli stagni, le sorgenti, le grotte, che permettevano di avvicinarsi al grembo della terra. Il bosco era il luogo sacro per eccellenza, anche se menhir, dolmen e cromlech venivano usati nei riti perché segnalavano la via più diretta verso dio, scoperta dagli antenati che per primi avevano abitato quei luoghi.

Il simbolo dell’albero della vita è presente praticamente in tutte le tradizioni mitologiche e rappresenta l’esistenza nella sua totalità, essendo il prodotto dell’unione tra la terra, dove affondano le sue radici, e il cielo, dove si espandono i suoi rami. L’albero, maschile nel suo tronco, ma femminile nella sua capacità di generare frutti, riunisce in sé i due sessi e come ogni immagine androgina è un simbolo di unità.

I Celti, con la loro particolare idea spirituale della natura, attribuirono all’albero un ruolo importantissimo nella loro visione del mondo e nelle loro pratiche religiose.

Tempio degli dei e luogo privilegiato per i culti era il bosco e nelle sue radure i druidi impartivano i loro insegnamenti.. Una delle piante che erano considerate particolarmente significative era la quercia, il cui nome in gaelico significa anche “porta”. Infatti la sapienza druidica permetteva di superare l’esperienza puramente fisica della realtà e di raggiungere la consapevolezza spirituale creando in questo modo un varco, una “porta” quasi, tra i due mondi e gli alberi, la quercia in particolare, agivano da catalizzatori delle energie psichiche. La quercia era anche associata a Brigid, che come Santa Brigida è ancora particolarmente onorata a Kildare, il cui nome significa in irlandese “chiesa delle querce” a Taransi, il dio del fulmine; a Dagda, che possedeva una mazza costruita con legno di quercia, per mezzo della quale apriva per i vivi la porta della morte e al contrario poteva riaprire la via verso la vita per i morti.

Un’altra pianta sacra ai druidi era il vischio, considerato un’emanazione celeste, perché come parassita della quercia non ha bisogno di radicarsi in terra. Il vischio era usato in relazione ai riti del cambiamento del ciclo annuale, in questo caso il solstizio d’inverno, dal momento che è una delle pochissime specie che germoglia nella stagione fredda, in cui la terra sembra morta.

La betulla era considerata un simbolo del femminile, per l’aspetto lunare della sua corteccia, oltre che simbolo della conoscenza e della creatività.

Il salice e l’ontano indicavano i poteri della luna e dell’acqua, ed erano considerati fonte di ispirazione poetica, mentre il nocciolo, flessibile, resistente e produttore di frutti molto nutrienti, rappresentava la saggezza. Il tiglio, invece, era simbolo dell’amore coniugale e dell’amicizia.

Quercia, vischio, betulla, salice e ontano rappresentavano per i Celti l’archetipo femminile, mentre quello maschile era rappresentato da alberi che avevano frutti rossi, il colore del sangue e del fuoco. Uno era il sorbo, i cui frutti, con le mele e le noci, erano considerati divini. Sempre al sorbo era collegato il potere della divinazione e la capacità di proteggere dagli incantesimi negativi e dai fulmini. Assimilati al mondo degli uomini e dei guerrieri erano l’agrifoglio e il frassino, usato per costruire armi.

L’abete era considerato l’albero della nascita per eccellenza, simbolo che si è conservato nella tradizione natalizia attuale. Anche il melo selvatico era considerato particolarmente sacro e lo si trova menzionato molto sovente nei miti e nelle leggende.

Pur senza dar vita ad una dicotomia drastica, esistevano anche alberi che possedevano un potere negativo e tali erano il tasso ed il sambuco. Il tasso era associato alle tenebre ed alla morte, perché con le sue foglie i guerrieri facevano una poltiglia velenosa e vi intingevano le frecce: nel medioevo il tasso si trova costantemente associato alla stregoneria.

Il sambuco, invece, incuteva paura non tanto perché si diceva crescesse presso le vie di ingresso del Sidh, ma perché a causa delle sue bacche nere ricordava l’aspetto oscuro della dea della luna ed il suo potere mortale.

Anche le manifestazioni più umili del mondo vegetale erano circondate da significati sacrali, come ad esempio il giunco, perché collegato alla fertilità dell’acqua, la ginestra, che arricchisce i terreni poveri, l’erica, il cui polline produce un ottimo miele, e infine il trifoglio, oggi simbolo dell’Irlanda, e anticamente caro in modo particolare ai druidi, come manifestazione compiuta della triade divina.

I druidi controllavano la vita pubblica e privata del popolo ed insieme con i cavalieri erano considerati al vertice della società. Le loro prerogative erano vastissime: presiedevano non solo ai culti, ma anche esercitavano la loro autorità nella sfera morale e in quella culturale. Erano sacerdoti, indovini, interpreti dei segni divini, giudici, maestri e uomini di scienza e sarebbe senz’altro troppo riduttivo definirli semplicemente sacerdoti, o, come alcuni vorrebbero, primitivi sciamani. Il druidismo costituì una caratteristica del tutto originale del mondo celtico e fu un elemento unificante in mezzo al particolarismo tribale delle numerose popolazioni che si estendevano dall’Europa del Nord alla Galizia. Cesare ci riferisce che la gente accorreva in gran numero presso le scuole druidiche (l’insegnamento avveniva all’aperto, sovente nei boschi) e che alcuni restavano alla scuola anche dopo i vent’anni.

La trasmissione del sapere era prevalentemente orale e basata sull’esercizio della memoria. Lo scopo principale dell’insegnamento era la conoscenza della natura, delle sue energie telluriche e cosmiche, delle sue leggi e dei suoi ritmi. Questo tipo di insegnamento creava un rapporto molto intenso, rispettoso e armonioso con la natura e l’ambiente, che può trovare paragone solo con la cultura delle Prime Nazioni del Nord America.

Ho iniziato parlando di miti celtici, ma non ne ho parlato per nulla, né li ho riassunti o commentati: questo perché ho preferito mettere un poco di ordine nelle poche informazioni dirette che si hanno del mondo spirituale celtico, in modo da evidenziare quale fosse la concezione della vita e dell’esistenza in generale che avevano questi nostri antenati, troppo spesso messi da parte e quasi dimenticati in favore della gloria di Roma e delle culture successive.

Ho cercato di scoprire il significato dei miti, di interpretarli, di estrarne l’anima più riposta, in modo da ricavare un quadro, forzatamente incompleto, del sistema ideologico celtico.

La mia presunzione, per il futuro, è di rintracciare questa splendida visione naturalistica dell’esistenza umana, ma non solo, nella cultura e nel folclore del mio Piemonte.

BIBLIOGRAFIA

Agrati, G. M.L. Magini. I racconti gallesi del Mabinogion. Milano: Xenia, 1982.
De Galibier, J. I Celti. Aosta: Keltia, 1009.
—. I Druidi. Aosta: Keltia, 1998.
Frazer, J. Il ramo d’oro. Torino: Boringhieri, 1996.
Gregory, Lady. Cuchulain of Muirthemne. New York: University Press, 1970.
—. Gods and fighting men. New York: University Press, 1970.
Hetman, f. Fiabe celtiche. Milano: Mondadori, 1996.
Kruta, V. E V.M. Manfredi. I Celti in Italia.Milano: Mondadori, 2001.
Layard, J. I Celti alle radici di un inconscio europeo. Milano: Xenia, 1995.
Maclean, M. The Literature of the Celts. Reading: Cox & Wyman, 1998.
Markale, j. Il druidismo. Milano: Mondadori, 1995.
Rolleston, T.W. I miti celtici. Milano: Tea, 1998.
Vasconi, M. Miti dei Celti. Colognola ai Colli (VR): Demetra, 1999.

https://grandemadre.wordpress.com/2009/06/28/18/



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 6968
Iscritto il: 10/01/2009, 13:06
Località: Barletta
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 05/09/2016, 01:17 
Cita:
RIFLESSIONI SU MONDI ANTECEDENTI AL NOSTRO

Ricorrendo alle consolidate interpretazioni sulle origini dell'uomo non è possibile spiegare vari riscontri anomali, da manufatti umani reperiti in strati antichi sino ad arrivare a strutture di sabbia e pietra vetrificate da intenso calore, indizio di una guerra nucleare preistorica.

Immagine

Riscontri geologici dell’estrema antichità dell’umanità

Io stesso, ora nel pieno del mio settimo decennio di vita, mi ritrovo ancora a pormi due quesiti a cui, in un modo o nell’altro, la maggior parte dei miei 165 libri editi ha cercato di dare una risposta:

(1) Chi siamo come specie? e
(2) Qual è il nostro destino?

La ragione fondamentale per cui ho scritto Worlds Before Our Own (G. P. Putnams Sons, 1978; Anomalist Books, 2007) è che ho sempre trovato incredibile che in quanto esseri talmente sofisticati, quali noi ci giudichiamo, in realtà non sappiamo chi siamo.

Archeologi, antropologi e accademici di varia estrazione, ligi alle regole del gioco riguardante le “origini dell’uomo”, riconoscono con riluttanza e solo occasionalmente casi in cui riscontri culturali e reperti ossei di era preistorica all’improvviso risultano molto più antichi di quanto dovrebbero – e in luoghi non consoni. Questi irritanti manufatti frantumano l’ordinata linea evolutiva che da lungo tempo il mondo accademico propone al pubblico. Di conseguenza, tali dati sono stati ampiamente lasciati sepolti nei rapporti stilati sul campo, in dimenticati magazzini e in polverosi archivi, dove è lecito sospettare che esista una gran mole di prove culturali preistoriche soppresse, ignorate e fuori posto, prove che modificherebbero le interpretazioni consolidate delle origini dell’umanità e ci consentirebbero una definizione assai più chiara di quello che significa appartenere alla nostra specie.
Attualmente vige un fondamentale consenso accademico sul fatto che il lignaggio dell’”Homo” risale ad almeno tre milioni di anni fa, e che un antenato dell’uomo moderno si evolse all’incirca un milione d’anni fa. L’Homo sapiens, ”l’uomo raziocinante” (la nostra specie), diventò la forma di vita dominante del pianeta all’incirca 40.000 anni fa.
L’improvvisa comparsa dell’Homo sapiens in tale periodo risulta alquanto difficile da spiegare, nondimeno una questione di ancor più complessa valutazione è la ragione della concomitante scomparsa dell’uomo di Neanderthal e dell’uomo di Cro–Magnon. La questione se l’uomo di Neanderthal e i nostri antenati fossero due specie distinte oppure ibridate è oggetto di un’incessante disputa accademica.

E proprio mentre gli scienziati ampliano una crescente mole di riscontri del fatto che l’umanità si sviluppò in Africa, uno scavo ungherese ha restituito un frammento di teschio di Homo sapiens in un contesto discordante di oltre 600.000 anni rispetto alla datazione comunemente accettata inerente alle migrazioni dell’uomo attraverso il pianeta. Fossili di ominidi scoperti a Dmanisi, in Georgia, sono datati come risalenti a 1,77 milioni di anni fa; e il dente di un ominide ritrovato in depositi del Neocene nei pressi del fiume Maritsa, in Bulgaria, viene fatto risalire a sette milioni di anni fa.
Che ne è dell’evoluzione darwiniana quando esistono siti come quello che, in Australia, ha ‘prodotto’ Homo sapiens (uomo moderno), Homo erectus (il nostro antenato di un milione di anni fa) e uomo di Neanderthal (il nostro cugino dell’Età della Pietra) in quello che si presenta come un ambiente di contemporaneità?

Poi vi è il sito di Tabun, nell’odierna Israele, in cui frammenti di Homo sapiens sono stati reperiti in strati sottostanti (vale a dire antecedenti) a tipici reperti ossei di Neanderthal. Nell’agosto 2007, alcuni scienziati che datavano fossili scoperti in Kenya hanno messo in discussione l’opinione convenzionale che l’Homo sapiens (1,44 milioni di anni) e l’Homo erectus (1,55 milioni di anni) si siano evoluti l’uno dopo l’altro. La datazione di nuovi reperti fossili rivela che le due specie vissero fianco a fianco in Africa per quasi mezzo milione d’anni.
Da qualche parte, in quella che sembrerebbe una sregolata baldoria culturale e biologica aperta a tutti, deve trovarsi la risposta al quesito più pregnante: chi siamo?

Ma proprio mentre facciamo del nostro meglio per adattare frammenti di scheletro in un modo tale da risultare accettabile per quello che riteniamo di sapere sulle nostre origini, su alcune pietre sono state ritrovate impronte che, se sono realmente quello che sembrano, metteranno completamente a soqquadro il calendario evolutivo comunemente accettato. Nella Pershing County, in Nevada, è stata scoperta l’impronta di una calzatura in uno strato di calcare del Triassico – uno strato che indica un periodo di 400 milioni d’anni – e la traccia fossilizzata ha rivelato chiaramente una doppia cucitura finemente lavorata nelle costure.
Agli inizi del 1975, il Dr. Stanley Rhine della University of New Mexico annunciò la scoperta di impronte di tipo umano in strati che indicavano un'età di 40 milioni di anni. Alcuni mesi prima si registrò un’analoga scoperta a Kenton, Oklahoma. Pressoché nello stesso periodo, nel Wisconsin centro–settentrionale si ebbe la scoperta di un’impronta nella pietra.
Nella Death Valley, in California, esistono abbondanti reperti fossili e di scheletri indicanti che un tempo quella desolata area era un tropicale Giardino dell’Eden in cui viveva una razza di giganti, i quali si nutrivano con appetitosi alimenti presi dai laghi e dalle foreste locali.
Parlare di una razza di giganti preistorici stanziati in quelle che ora sono le sabbie desertiche della Death Valley vuol dire confutare al contempo la dottrina consolidata secondo cui in termini relativi l’uomo è un nuovo arrivato in America, settentrionale e meridionale. Mentre da una parte nuove datazioni al radio–carbonio dimostrano che il ponte di terra dello Stretto di Bering e il corridoio di ghiaccio della Cordigliera non erano transitabili sino a 9.000 anni fa, una crescente mole di riscontri concreti indica che l’uomo si trovava per certo in questo emisfero molto tempo prima del suddetto recente periodo.

Si dice che il mais, contributo americano alle tavole di tutto il mondo, 9.000 anni fa fosse la nostra più antica coltura da semina addomesticata. Per addomesticare tale semente, alcuni agricoltori dovevano trovarsi nelle Americhe in un periodo antecedente a 9.000 anni or sono. Antichi semi di zucca, arachidi e fiocchi di cotone risalenti a 8.500 anni fa e reperiti nella Valle di Nanchoc, in Perù, costituiscono ulteriore prova che nel Nuovo Mondo l’agricoltura era prassi consolidata. La prova decisiva dell’esistenza di tali antichi agricoltori nelle Americhe venne alla luce allorquando, nel corso di una trivellazione della Humble Oil Company, giunse in superficie polline di mais messicano risalente a oltre 80.000 anni fa.

L’anomala configurazione sanguigna e dentatura dei nativi, nonché la loro distribuzione geografica, prevedono un'impossibile scala temporale genetica in cui trasformare gli immigranti asiatici nei peculiari abitanti del Nuovo Mondo. Anche se ci proponiamo di accettare in qualche modo le teorie condivise sull’abitazione del Nuovo Mondo, dobbiamo comunque assegnare nel Nord America in 40.000 anni una maggiore evoluzione di quella verificatasi in Europa, Asia e Africa in oltre un milione di anni.
Teschi trovati in California, palesemente appartenenti a nativi americani, sono stati retrodatati a 50.000 anni fa. Ma rimane un altro mistero. Presso un sito di scavi iraniano è stato reperito un teschio di tipo nativo americano (determinato tramite analisi metrica) vecchio di 140.000 anni.

Che dire della perduta civiltà amerindia di Cahokia, Illinois, provvista di piramidi e di una grande muraglia? Un sito, nei pressi dell’odierna città di St. Louis, potrebbe aver ospitato una metropoli di oltre 250.000 nativi nordamericani.


Immagine

Sopra: la piramide di Cahokia in Illinois

Chi ha costruito la misteriosa muraglia di sette miglia sulle colline di Berkeley e Oakland, California? E quale popolazione pre–Maya ha realizzato, oltre 2.000 anni or sono, un’elaborata rete idrica nello Yucatán, allo scopo d’irrigare i campi?
La torre del Caracol a Chichén Itzá, Yucatán, è un ragguardevole osservatorio meso–americano che sembra avere correlazioni con analoghi siti nell’America del Nord, fra cui Mesa Verde, Wichita e Chaco Canyon.

Una delle teorie più eretiche che avanzo in Worlds Before Our Own è che la culla della civiltà possa essere migrata dal cosiddetto Nuovo Mondo a quello Vecchio. Ora, nel 2007, a distanza di anni da quando Ruth Shady Solis documentò l’antica città di Caral, in Perù, gli scienziati hanno accettato la datazione al carbonio del 2627 a.C., stabilendo in tal modo che la civiltà in Sudamerica è assai più antica delle città della Valle di Harappa, negli odierni Pakistan e India occidentale, nonché delle piramidi d’Egitto. Caral deve essere ora riconosciuta come “la madre di tutte le civiltà”, l’anello mancante dell’archeologia, la Città Madre.
A quanto pare la conoscenza scientifica è stata tenuta in somma considerazione dai rappresentanti di ogni cultura, nota e non. Incisioni sulla roccia, forse risalenti a 60 milioni di anni fa, ricorrendo a illustrazioni in sequenza raffigurano un’integrale operazione di trapianto di cuore e un taglio cesareo. Gli antichi Egizi utilizzavano l’equivalente della gelatina contraccettiva e disponevano di test di gravidanza basati sull’urina. Il cemento utilizzato dai Maya per l’otturazione delle carie dentali regge ancora a distanza di 1.500 anni.

Si presume che non sia stato reperito alcun tessuto antecedente a 5.000 anni fa, quando gli Egizi produssero materiale per capi di vestiario. In che modo possiamo dunque considerare il sito russo che fornisce fusaioli e disegni di tessuto fantasia risalenti a oltre 80.000 anni fa?
Non solo a quanto pare gli antichi Babilonesi utilizzavano fiammiferi di zolfo, ma disponevano di una tecnologia sufficientemente sofisticata da impiegare complesse celle di batteria elettrochimica provviste di cablaggio. Riscontri di batterie elettriche ed elettrolisi esistono anche a riguardo dell’antico Egitto, dell’India e della terra Swahili (Africa orientale).
Presso l’attuale Medzamor, nella Russia armena, sono stati reperiti resti di un antico stabilimento metallurgico dotato di oltre 200 fornaci. Anche se per fondere il platino è necessaria una temperatura superiore ai 1780° gradi, alcune popolazioni pre–incaiche del Perù producevano oggetti realizzati con tale metallo. Ancor oggi il procedimento per estrarre l’alluminio dalla bauxite è alquanto complesso, tuttavia Chou Chu, celebre generale dell’era Tsin (265–316 d.C.), fu inumato con un abito funebre provvisto di fibbie del cinturone in alluminio.
Nel corso di operazioni di trivellazione di pozzi assai profondi sono state riportate in superficie pietre, gesso e ossa incise, assieme a quelle che si presentano come “monete” riccamente decorate. In una miniera di carbone è stata reperita una strana lastra impressa, decorata con quadrati a forma di diamante, con il viso di un uomo in ciascun “riquadro”. In un’altra scoperta relativa a una miniera di carbone i minatori hanno trovato lisci e levigati blocchi di cemento che formavano un solido muro. Secondo la testimonianza di un minatore, costui scalpellò un blocco solo per scoprire la miscela standard di sabbia e cemento di cui sono fatti per la maggior parte gli odierni mattoni da costruzione. In un pezzo di carbone si è trovata una collana d’oro, mentre in una miniera d’argento in Perù si è reperito uno spillo di metallo; in uno strato carbonifero scozzese è saltato fuori un utensile in ferro. Si stima che tali oggetti risalgano a milioni di anni prima rispetto a quando si ritiene comunemente sia esistito l’uomo.
Nei pressi di Dorchester, Massachusetts, dalla roccia viva è stato estratto un vaso di metallo a forma di campana, intarsiato con un motivo floreale in argento.

Per spiegare la presenza di questi sconcertanti manufatti vi sono due ipotesi:

(1) che furono realizzati da una civiltà terrestre progredita che, a causa di una catastrofe naturale o tecnologica, venne distrutta prima della genesi del nostro mondo;
(2) che siano le vestigia di una civiltà altamente tecnologica di origine extraterrestre che visitò questo pianeta milioni di anni fa, lasciandosi dietro svariati manufatti.

Anche se in tempi preistorici una progredita razza extraterrestre potrebbe aver fatto visita al nostro pianeta, appare improbabile che comuni oggetti d’uso quotidiano quali chiodi, collane, fibbie e vasi siano stati trasportati su un’astronave e depositati in aree così distanti fra loro – perché manufatti di questo genere sono stati reperiti nelle Americhe del Nord e del Sud, in Gran Bretagna, in tutta l’Europa, in Africa, Asia e Medio Oriente.


Indizi di antiche catastrofi

Nonostante la generale impopolarità del catastrofismo, a quanto pare esistono alcune “prove”, scoperte di recente, di antichi cambiamenti – determinati da cataclismi – della crosta terrestre che potrebbero dar conto della quasi totale scomparsa di tali mondi preistorici. I riscontri geologici evidenziano che tali cambiamenti furono al contempo drastici e repentini, e che potrebbero aver sopraffatto e distrutto i remoti abitanti e le loro culture. Forse la prova potenzialmente più strabiliante di un’avanzata tecnologia preistorica, che potrebbe aver distrutto la cultura di riferimento, va ricercata in quei siti che apparentemente recano mute testimonianze di una guerra nucleare preistorica.

Si sono reperite estese aree di vetro verde fuso e città vetrificate nei profondi strati dei seguenti scavi archeologici: Pierrelatte, nel Gabon, Africa; Valle dell’Eufrate; Deserto del Sahara; Deserto del Gobi; Iraq; Deserto del Mojave; Scozia; Antico e Medio Regno d’Egitto; Turchia centro–meridionale.
In epoca contemporanea si sa della presenza di materiali come il vetro verde fuso presso siti adibiti a test nucleari (dove la sabbia si è fusa sino a formare tale sostanza). Per alcuni risulta alquanto sconvolgente prendere in considerazione la possibilità che tali siti forniscano le prove di un conflitto nucleare preistorico. Al contempo, gli scienziati hanno trovato una serie di depositi di uranio che a quanto pare sono stati sfruttati o esauriti in tempi remoti.

Se è possibile che in tempi preistorici si sia verificato il totale annientamento di una civiltà globale, appare ancora più urgente apprendere chi siamo in realtà, prima di ritrovarci condannati a ripetere le lezioni lasciateci da un mondo antecedente al nostro.

Fonte: The Canadian, 21 dicembre 2007, http://tinyurl.com/2w6z3x
Riscontri di un’antica guerra nucleare

”Quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo”. – Genesi 19:24

Il mio precedente articolo apparso su The Canadian, nel quale ho esposto alcune personali riflessioni sul mio libro Worlds Before Our Own, ha suscitato dozzine di domande da parte dei lettori. Alcuni hanno affermato che uno dei canali via cavo – secondo certi lettori si trattava di History Channel; a detta di altri, di Discovery; secondo altri ancora, del National Geographic – aveva presentato “prove” secondo cui il “vetro verde fuso” presente in varie aree era stato creato da esplosioni aeree di meteoriti piuttosto che da guerre nucleari di epoca preistorica. Quanto alle numerose teorie concernenti la preistoria della Terra, resto aperto al dubbio.
Uno dei suddetti lettori indotti a scrivermi, il quale aveva il vantaggio di aver letto sul serio Worlds Before Our Own, ha affermato che presento

“con stile terso e chiaro informazioni riguardanti scoperte archeologiche anomale, senza quell’uso di iperboli solitamente associato a tal genere di argomenti”.

Anche se in alcuni casi è possibile che appezzamenti di “vetro verde fuso” siano stati determinati da esplosioni aeree di meteoriti, mi domando se tale fenomeno naturale possa aver creato tutte le 28 distese di pietre annerite e frantumate che nell’Arabia occidentale ricoprono un'area estesa sino a 7.000 miglia. Le pietre, annerite e dai bordi affilati, sono fittamente raggruppate, come fossero le rovine di una città. Gli esperti hanno decretato che non sono di origine vulcanica, ma sembrano risalire al periodo in cui si pensa che l’Arabia fosse una terra fertile e lussureggiante, bruciata all’improvviso sino a trasformarsi istantaneamente in un deserto.

Quello che oggi conosciamo come il Deserto del Sahara, un tempo era una regione tropicale ricoperta da fitta vegetazione, percorsa da vari grandi fiumi e caratterizzata da abbondante piovosità. Gli scienziati hanno scoperto aree del deserto il cui suolo, ora ricoperto da un sottile strato di sabbia, un tempo conobbe l’azione dell’aratro e dell’agricoltore. I ricercatori hanno inoltre scoperto un enorme bacino idrico al di sotto della superficie inaridita del deserto, la cui origine potrebbe essere stata unicamente la forte piovosità del periodo antecedente al momento in cui una rovente devastazione consumò la rigogliosa vegetazione dell’area.

Il 25 dicembre 2007 uno scienziato francese ha confermato che gli scavi presso l’area di Khamis Bani Sa’ad, distretto di Tehema, provincia di Hodeidah dell’attuale Yemen, hanno portato alla luce oltre un migliaio di rari reperti archeologici risalenti al 300.000 a.C. Prima che intervenisse un drastico cambiamento climatico, gli abitanti di quell’epoca erano stati pescatori e avevano addomesticato una serie di animali non più presenti nella regione, fra cui una razza equina attualmente reperibile solo in Asia Centrale.
Nei pressi del Lago di Lob Nor, nel Deserto del Gobi, i Cinesi hanno condotto test nucleari che hanno lasciato estesi appezzamenti dell’area ricoperti di sabbia vetrosa. Nondimeno il Deserto del Gobi presenta numerose altre aree di sabbia vetrosa, note da migliaia d’anni.
Albion W. Hart, uno dei primi ingegneri a conseguire la laurea presso il Massachusetts Institute of Technology, fu assegnato a un progetto nell’entroterra africano. Mentre egli e i suoi uomini si stavano dirigendo verso una regione quasi inaccessibile, inizialmente dovettero attraversare una vasta distesa desertica. All’epoca Hart rimase sconcertato e del tutto incapace di spiegare un’estesa area di vetro verdastro che ricopriva le sabbie a perdita d’occhio.

“In un’epoca successiva della sua vita – scrisse Margarethe Casson su Rocks and Minerals (n. 396, 1972) – egli passò vicino all’area di White Sands (Nevada), dopo la prima detonazione atomica realizzata in quel luogo, e riconobbe lo stesso tipo di fusione di silice osservata cinquant’anni prima nel deserto africano”.

Nel 1947, nella Valle dell’Eufrate dell’Iraq meridionale, secondo alcune tradizioni collocazione del Giardino dell’Eden nonché luogo in cui gli antichi abitanti della Mesopotamia meridionale [Sumeri] incontrarono il dio–uomo Ea, scavi esplorativi portarono alla luce uno strato di vetro verde fuso. Gli archeologi non poterono non notare la somiglianza fra il vetro fuso risalente a migliaia di anni fa e il suolo desertico di White Sands, New Mexico, dopo che le prime detonazioni nucleari dei tempi moderni avevano fuso roccia e sabbia.
Il Deserto del Mojave presenta ampie aree di forma circolare o poligonale che sono rivestite di una coriacea sostanza assai simile al vetro opaco.


Strutture vetrificate, ruderi bruciati

Nel 1850, mentre esplorava la Death Valley, William Walker dichiarò di essersi imbattuto nei ruderi di un’antica città. Le pietre di un’estremità del grande edificio all’interno delle macerie erano rimaste fuse e vetrificate. Walker si spinse ad affermare che l’intera regione compresa fra i fiumi Gila e St. John è punteggiata di rovine. In ciascuno degli antichi insediamenti egli trovò riscontri del fatto che questi erano stati completamente bruciati da un fuoco abbastanza intenso da aver liquefatto la roccia. Blocchi per pavimentazione e pietre delle abitazioni erano state spaccate da enormi fessure, come cauterizzate da una sorta di gigantesca mannaia di fuoco.
Forse ancor più che le estese aree di vetro verde fuso, mi incuriosiscono i riscontri di città e forti vetrificati, come quelli scoperti da Walker.

In Scozia, Irlanda e Inghilterra esistono alture fortificate preistoriche le cui murature in pietra sono rimaste calcinate a causa di un immenso calore applicato. Non vi è modo per cui un fulmine possa aver determinato esiti di tal genere.
Altre alture fortificate, dalle Isole Lofoten a nord della Norvegia sino alle Canarie a nord–ovest dell’Africa, sono diventate “fortificazioni fuse”. Efich A. von Fange ha notato che i

“massi tondeggianti accatastati delle mura circolari sono stati tramutati in vetro… da un intenso calore”.

Çatal–Hüyúk, nella Turchia centro–settentrionale, ritenuta una delle più antiche città del mondo, in base a riscontri archeologici sembra che abbia raggiunto una fase di civiltà pienamente sviluppata e quindi, all’improvviso, si sia estinta. Gli archeologi sono rimasti sbalorditi nel trovare spessi strati di laterizio bruciato in corrispondenza di uno dei livelli, denominato VI a. I blocchi erano stati fusi assieme da un calore talmente intenso che gli effetti avevano raggiunto la profondità di oltre un metro al di sotto dei pavimenti, dove il tremendo calore aveva carbonizzato la terra, gli scheletri dei morti nonché i doni funebri inumati con essi, bloccando al contempo qualsiasi decomposizione batterica.

Immagine

Una ricostruzione possibile di Çatal–Hüyúk, in Anatolia

Quando si effettuarono scavi sulla ziggurat di Babilonia, questa si presentava come se fosse stata colpita da un terribile fuoco che l’aveva incrinata sino alle fondamenta. In altre parti dei ruderi, ampie sezioni di muratura in mattoni erano state arse sino ad assumere uno stato vetrificato. Svariati cumuli di laterizio erano stati completamente ridotti allo stato fuso. Persino i grandi massi tondeggianti trovati nei pressi delle rovine erano stati vetrificati.
Presso il sito noto come Alalakh o Atchana, Siria settentrionale, i palazzi reali erano stati arsi così in profondità che la parte più interna delle spesse mura era piena di mattoni crudi di colore rosso vivo in fase di sgretolamento. L’intonaco delle pareti di calce e fango era stato vetrificato e in alcune zone le lastre delle mura in basalto si erano di fatto fuse.
In India, fra il fiume Gange e le colline di Rajmahal, si trovano rovine bruciate contenenti consistenti ammassi di pietre fuse e incavate. Alcuni viaggiatori che si sono avventurati sino al cuore delle foreste indiane hanno riferito di ruderi di città le cui mura, a causa di qualche intenso calore, sono diventate enormi lastre di cristallo.
Le rovine delle Sette Città, situate nei pressi dell’equatore, nella provincia di Piauí, in Brasile, sembrano la scena di un mostruoso caos. Dato che non è stata ancora elaborata alcuna spiegazione geologica tale da risultare appropriata sotto il profilo dei riscontri archeologici, alcuni di coloro che hanno svolto ricerche sul sito hanno affermato che il modo in cui le pietre sono state essiccate, distrutte e fuse evoca immagini di Sodoma e Gomorra.

Alcuni ricercatori francesi hanno scoperto le prove di una reazione nucleare spontanea in epoca preistorica presso la miniera di Oldo a Pierrelatte, in Gabon. Gli scienziati hanno rilevato che il minerale grezzo della miniera in questione conteneva percentuali insolitamente basse di U–235, come si trovano soltanto nell’uranio impoverito del combustibile prelevato dai reattori nucleari. Secondo coloro che hanno esaminato la miniera, il minerale grezzo conteneva anche quattro elementi rari in forme simili a quelle presenti nell’uranio impoverito.
Anche se il mondo moderno non ha sperimentato l’energia atomica prima degli anni Quaranta del secolo scorso, esiste una sorprendente mole di riscontri in base ai quali in tempi preistorici potrebbero essersi verificati degli effetti nucleari, che hanno lasciato dietro di sé sabbia fusa sino a diventare vetro in alcune aree desertiche, alture fortificate con parti della muratura in pietra vetrificate, nonché i ruderi di antiche città distrutte da quello che sembra essere stato un estremo calore – di gran lunga più intenso di quello che poteva essere generato dalle torce degli eserciti dell’antichità.
In ciascun caso, gli archeologi esperti e preparati che si sono imbattuti in tali anomale scoperte hanno sottolineato il fatto che nessuna di queste catastrofi era stata provocata da eruzioni vulcaniche, fulmini, impatti di comete o conflagrazioni predisposte da esseri umani.



http://www.nexusedizioni.it/it/CT/rifle ... ostro-5249


Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 6968
Iscritto il: 10/01/2009, 13:06
Località: Barletta
 Oggetto del messaggio: Re: Piramidi , cosa sono veramente 2
MessaggioInviato: 03/10/2016, 22:17 
Cita:
Le ziggurat dei Sumeri? Aeroporti verso il mistero
Per il ministro iracheno Finjan da lì si partiva per viaggi nello spazio. In molti condividono l’idea che gli alieni abbiano istruito le antiche civiltà

Immagine

vedere solo dall’alto. E dev’essere stato un dio, o qualcuno di molto grande e molto forte, a costruire le mura di Cuzco, spostando per chilometri blocchi pesantissimi e tagliandoli in modo da combaciare perfettamente. Anche con le pietre di Stonehenge, in Inghilterra, gli dei devono avere dato una mano. Per convincersi che gli antichi volavano, basta poi guardare il coperchio del sarcofago dell’Uomo di Palenque, chiaramente un astronauta nella sua cabina di pilotaggio.



I dolori del presente

Storici e archeologi studiano da tempo i misteri ancora irrisolti dell’antichità, e arriveranno a trovare una spiegazione a tutto. Nell’attesa è inevitabile che si diffondano le teorie più disparate, con l’aiuto di scrittori a volte seri, a volte visionari, tutti molto amati anche a Hollywood. Ma se i Sumeri volavano davvero, non c’è che da sperare che tornino in fretta: forse loro riusciranno a rimettere a posto il poco che resta dell’antica Mesopotamia.



http://www.lastampa.it/2016/10/03/socie ... agina.html


Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22314
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio: Re: Piramidi , cosa sono veramente 2
MessaggioInviato: 03/10/2016, 23:15 
il taglio dell'articolo è abbastanza fastidioso. Giornalisti babbei.



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Marziano
Marziano

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 1892
Iscritto il: 15/09/2014, 21:42
Località: E paes tira gardeli
 Oggetto del messaggio: Re: Piramidi , cosa sono veramente 2
MessaggioInviato: 04/10/2016, 00:12 
La stampa generalista fa fatica a divulgare la scienza ufficiale figuriamoci quella "di confine"



_________________
Per ogni problema complesso c' è sempre una soluzione semplice.
Ed è sbagliata.
(George Bernard Shaw)
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 8132
Iscritto il: 24/01/2011, 14:04
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 04/10/2016, 00:52 
Aggiungo anche questo articolo, segnalato da Ronin:

Il ministro iracheno: “i sumeri andarono nello Spazio con un’astronave 7 mila anni fa, so quello che dico”
Roma, 30 set. (askanews) - Risalirebbe ad epoca sumera, ovvero 5.000 anni avanti cristo, il primo lancio di un'astronave nello spazio. Di questo ne è fermamente convinto un ministro iracheno, quello per la precisione dei Trasporti che ha esternato questa sua convizione durante una conferenza stampa come riportano i media locali. "Il primo aeroporto costruito sul pianeta terra è stato quello di Thi Qar (Provincia merdionale irachena il cui capoluogo è Nassirya) da parte dei someri 5mila anni Avanti Cristo", ha detto Khadim Finjan, nominato appena 45 fa a ministro dei Trasporti durante una conferenza stampa tenuta a margine dell'inaugurazione dell'aeroporto cittadino, come riporta oggi con grande risalto la tv satellitare curda-irachena "Rudaw". "I sumeri - ha proseguito serio il ministro - sono decollati con astronavi verso altri pianeti proprio dall'aeroporto di Thi Qar ed hanno scoperto il pianeta numero 12 la la riscoperta della quale è stata annunciata nei giorni scorsi dall'Agenzia Nasa". Non solo ma Finjan ha voluto spiegare anche il perchè della scelta dei someri proprio di quell'aeroporto che ai tempi di Saddam Hussein era una base aerea dell'esercito iracheno: "Il cielo di Thi Qar - ha voluto precisare - è privo di disturbi spaziali, fenomeno che appesantisce il moviemnto dei veivoli e limita le loro manovre durante l'atterraggio, ed è per questo che i sumeri hanno optato per la terra di Thi Qar per costruire un'aeroporto". Accorgendosi della perplessita mostrata dai giornalisti, il ministro - sempre secondo Rudaw - rivolgendosi ai presenti ha detto: "Io so di cosa parlo e so anche che molta gente lo ignora ma vi dico di leggere il grande storico Zakaria Sergent", noto come esperto internazionale di storia antica in particolare della civiltà e la cultura dei sumeri. I sumeri sono la prima popolazione sedentaria al mondo. Erano rappresentati da un'etnia della Mesopotamia meridionale (l'odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò fino all'ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Preceduta da una scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, la cui successiva stilizzazione condusse alla scrittura cuneiforme e sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata comparendo attorno alla fine del IV millennio Avanti Cristo.

Risalirebbe ad epoca sumera, ovvero 5.000 anni avanti Cristo, il primo lancio di un’astronave nello spazio. Di questo ne è fermamente convinto un ministro iracheno, per la precisione quello dei Trasporti che ha espresso questa sua convinzione durante una conferenza stampa. “Il primo aeroporto costruito sul pianeta terra è stato quello di Thi Qar (Provincia merdionale irachena il cui capoluogo è Nassirya) da parte dei sumeri 5mila anni Avanti Cristo“, ha detto Khadim Finjan, nominato appena 45 giorni fa a ministro dei Trasporti, durante una conferenza stampa tenuta a margine dell’inaugurazione dell’aeroporto cittadino, come riporta oggi con grande risalto la tv satellitare curda-irachena “Rudaw”. “I sumeri – ha proseguito serio il ministro – sono decollati con astronavi verso altri pianeti proprio dall’aeroporto di Thi Qar ed hanno scoperto il pianeta numero 12 la cui riscoperta è stata annunciata nei giorni scorsi dall’Agenzia Nasa“. Non solo, Finjan ha voluto spiegare anche il perchè della scelta dei sumeri proprio di quell’aeroporto che ai tempi di Saddam Hussein era una base aerea dell’esercito iracheno: “Il cielo di Thi Qar – ha voluto precisare – è privo di disturbi spaziali, fenomeno che appesantisce il movimento dei veicoli e limita le loro manovre durante l’atterraggio, ed è per questo che i sumeri hanno optato per la terra di Thi Qar per costruire un’aeroporto“.

Accorgendosi della perplessita mostrata dai giornalisti, il ministro – sempre secondo Rudaw – rivolgendosi ai presenti ha detto: “Io so di cosa parlo e so anche che molta gente lo ignora ma vi dico di leggere il grande storico Zakaria Sergent“, noto come esperto internazionale di storia antica in particolare della civiltà e la cultura dei sumeri. I sumeri sono la prima popolazione stanziale al mondo. Erano rappresentati da un’etnia della Mesopotamia meridionale (l’odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò fino all’ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Preceduta da una scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, la cui successiva stilizzazione condusse alla scrittura cuneiforme e sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata comparendo attorno alla fine del IV millennio Avanti Cristo.

Fonte



_________________
"Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te hanno perso la testa, forse non hai afferrato bene la situazione" - Jean Kerr

"People willing to trade their freedom for temporary security deserve neither and will lose both" - Benjamin Franklin
"Chi e' disposto a dar via le proprie liberta' fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non otterra' né la liberta' ne' la sicurezza ma le perdera' entrambe" - Benjamin Franklin

"Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni" - Emil Cioran

"Quanto piu' una persona e' intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo" - Joseph Conrad

"Guardati dalla maggioranza. Se tante persone seguono qualcosa, potrebbe essere una prova sufficiente che è una cosa sbagliata. La verità accade agli individui, non alle masse." – Osho

Immagine
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5021
Iscritto il: 05/12/2008, 20:52
Località: Regno di Raziel
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 04/10/2016, 01:51 
Mi sfugge questo zakaria sergent, si riferisce a Sitchin?


Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22314
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 04/10/2016, 11:00 
anche io presumo sia Sichin...



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Rettiloide
Rettiloide

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 3616
Iscritto il: 28/08/2016, 09:26
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 04/10/2016, 17:31 
non ci sono mai stati dei sulla terra e non ci saranno mai.

Ci sono soltanto animali più o meno senzienti.

Ogni tanto,qualche eccezione che conferma la regola.

Se poi qualcuno e qualcosa dice il contrario,o è uno di quelli che si spacciano per dei o un subordinato alla loro influenza.

La terra è una colossale montatura ,toglietele tutti i veli ,le protesi e gli ammenicoli,e non vi resta praticamente niente in mano.

Trovo curioso il fatto che ciò sia considerato normale e vivente .

Probabilmente è una anomalia di questo sistema dell'area di Orione .

Un sistema,diciamolo, alquanto disastrato e abbandonato a sè stesso.

[}:)] [:304] [:306]





[:306]


Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22314
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 04/10/2016, 22:55 
si ma non è che in ogni topic si possono leggere sempre e stesse cose eh -.- Mi passa proprio la voglia di aprirli



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Lo Storico dai mille nomiLo Storico dai mille nomi

Non connesso


Messaggi: 16367
Iscritto il: 01/10/2009, 21:02
Località:
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 05/10/2016, 13:40 
[:246] starman è fatto cosi.
Porta pazienza [;)]


Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 05/10/2016, 20:51 
zakmck ha scritto:
Aggiungo anche questo articolo, segnalato da Ronin:

Il ministro iracheno: “i sumeri andarono nello Spazio con un’astronave 7 mila anni fa, so quello che dico”
Roma, 30 set. (askanews) - Risalirebbe ad epoca sumera, ovvero 5.000 anni avanti cristo, il primo lancio di un'astronave nello spazio. Di questo ne è fermamente convinto un ministro iracheno, quello per la precisione dei Trasporti che ha esternato questa sua convizione durante una conferenza stampa come riportano i media locali. "Il primo aeroporto costruito sul pianeta terra è stato quello di Thi Qar (Provincia merdionale irachena il cui capoluogo è Nassirya) da parte dei someri 5mila anni Avanti Cristo", ha detto Khadim Finjan, nominato appena 45 fa a ministro dei Trasporti durante una conferenza stampa tenuta a margine dell'inaugurazione dell'aeroporto cittadino, come riporta oggi con grande risalto la tv satellitare curda-irachena "Rudaw". "I sumeri - ha proseguito serio il ministro - sono decollati con astronavi verso altri pianeti proprio dall'aeroporto di Thi Qar ed hanno scoperto il pianeta numero 12 la la riscoperta della quale è stata annunciata nei giorni scorsi dall'Agenzia Nasa". Non solo ma Finjan ha voluto spiegare anche il perchè della scelta dei someri proprio di quell'aeroporto che ai tempi di Saddam Hussein era una base aerea dell'esercito iracheno: "Il cielo di Thi Qar - ha voluto precisare - è privo di disturbi spaziali, fenomeno che appesantisce il moviemnto dei veivoli e limita le loro manovre durante l'atterraggio, ed è per questo che i sumeri hanno optato per la terra di Thi Qar per costruire un'aeroporto". Accorgendosi della perplessita mostrata dai giornalisti, il ministro - sempre secondo Rudaw - rivolgendosi ai presenti ha detto: "Io so di cosa parlo e so anche che molta gente lo ignora ma vi dico di leggere il grande storico Zakaria Sergent", noto come esperto internazionale di storia antica in particolare della civiltà e la cultura dei sumeri. I sumeri sono la prima popolazione sedentaria al mondo. Erano rappresentati da un'etnia della Mesopotamia meridionale (l'odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò fino all'ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Preceduta da una scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, la cui successiva stilizzazione condusse alla scrittura cuneiforme e sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata comparendo attorno alla fine del IV millennio Avanti Cristo.

Risalirebbe ad epoca sumera, ovvero 5.000 anni avanti Cristo, il primo lancio di un’astronave nello spazio. Di questo ne è fermamente convinto un ministro iracheno, per la precisione quello dei Trasporti che ha espresso questa sua convinzione durante una conferenza stampa. “Il primo aeroporto costruito sul pianeta terra è stato quello di Thi Qar (Provincia merdionale irachena il cui capoluogo è Nassirya) da parte dei sumeri 5mila anni Avanti Cristo“, ha detto Khadim Finjan, nominato appena 45 giorni fa a ministro dei Trasporti, durante una conferenza stampa tenuta a margine dell’inaugurazione dell’aeroporto cittadino, come riporta oggi con grande risalto la tv satellitare curda-irachena “Rudaw”. “I sumeri – ha proseguito serio il ministro – sono decollati con astronavi verso altri pianeti proprio dall’aeroporto di Thi Qar ed hanno scoperto il pianeta numero 12 la cui riscoperta è stata annunciata nei giorni scorsi dall’Agenzia Nasa“. Non solo, Finjan ha voluto spiegare anche il perchè della scelta dei sumeri proprio di quell’aeroporto che ai tempi di Saddam Hussein era una base aerea dell’esercito iracheno: “Il cielo di Thi Qar – ha voluto precisare – è privo di disturbi spaziali, fenomeno che appesantisce il movimento dei veicoli e limita le loro manovre durante l’atterraggio, ed è per questo che i sumeri hanno optato per la terra di Thi Qar per costruire un’aeroporto“.

Accorgendosi della perplessita mostrata dai giornalisti, il ministro – sempre secondo Rudaw – rivolgendosi ai presenti ha detto: “Io so di cosa parlo e so anche che molta gente lo ignora ma vi dico di leggere il grande storico Zakaria Sergent“, noto come esperto internazionale di storia antica in particolare della civiltà e la cultura dei sumeri. I sumeri sono la prima popolazione stanziale al mondo. Erano rappresentati da un’etnia della Mesopotamia meridionale (l’odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò fino all’ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Preceduta da una scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, la cui successiva stilizzazione condusse alla scrittura cuneiforme e sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata comparendo attorno alla fine del IV millennio Avanti Cristo.

Fonte


Aggiungo una foto...




_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22314
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 05/10/2016, 21:09 
Una bella piattaforma di atterraggio per i khavod...



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5021
Iscritto il: 05/12/2008, 20:52
Località: Regno di Raziel
 Oggetto del messaggio: Re: L'Eredità degli Antichi Dei
MessaggioInviato: 08/10/2016, 00:01 
Si sa veramente poco di queste costruzioni.

http://www.bible-archaeology.info/ziggurats.htm


Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 586 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 35, 36, 37, 38, 39, 40  Prossimo

Time zone: Europe/Rome


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
Oggi è 28/03/2024, 20:09
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org