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Dei, razze umane ed evoluzionismo http://www.ufoforum.it/viewtopic.php?f=12&t=13596 |
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Autore: | Bastion [ 29/08/2012, 11:29 ] |
Oggetto del messaggio: | Dei, razze umane ed evoluzionismo |
Articolo di "Il Pensatore" Fonte: http://www.sentistoria.org/index.php/articoli/cat_view/34-italiano/52-il-pensatore Questo lavoro prende le mosse dalla prima E-mail che ho inviato al professor Malanga. Uno degli interrogativi che mi sono portato dietro per anni riguarda il dimorfismo razziale, congiuntamente all'apparente origine, in una zona abbastanza circoscritta dell'Asia a sud-est del Caucaso, di tutte le maggiori migrazioni nella storia dell'umanità. Come illustrerò di seguito, i vari popoli che hanno popolato l’Eurasia iniziarono il loro cammino, in momenti diversi, da una zona che può essere identificata con una buona approssimazione. L'aspetto affascinante è che, pur avendo un punto di partenza comune, presentavano fattezze diversissime: insomma, una morfologia somatica (comprendente, quindi, anche la struttura scheletrica) tutt’altro che uniforme. Quando ne chiedevo ragione, ai tempi del liceo e, successivamente, all'università, mi veniva risposto in vari modi, ma, tutto sommato, simili: variazioni di dettaglio nell'ambito del binario costituito dall'evoluzione della specie Homo, scherzi di madre natura e così di seguito. Differente era il commento che potevo trovare in ambito cattolico; ricchezza dell'amorevole fantasia di Dio che si protrae ben oltre il momento della Creazione. Fin dall'inizio trovai queste spiegazioni insoddisfacenti e ‘di comodo’, ma la loro insufficienza si accrebbe mano a mano che procedevo nello studio dell'antropologia culturale e della mitologia comparata. Cominciai, quindi, a fare delle considerazioni che, nel campo delle cosiddette scienze sociali (e, più in generale, di quelle umanistiche) impediscono qualsiasi tipo di carriera accademica: caddi nell'eresia metodologica e concettuale, incamminandomi in studi eterodossi. Corroborato anche dall'esistenza dei cosiddetti "manufatti fuori posto”, cioè gli OOPART, incominciai a ritenere plausibile l'intervento di esseri evoluti e non terrestri nella nostra storia. Ovviamente, trovai elementi molto interessanti nella cosiddetta archeologia misteriosa e nell'ufologia, ma quello che mi mancava era il riscontro prettamente tecnico, ovvero una conferma basata su studi condotti da persone preparate in chimica, o fisica, oppure genetica. Qualche mese fa, durante le mie navigazioni in rete, mi imbattei nell'articolo del prof. Malanga intitolato Creazione, Evoluzione, Estinzione? Sopravvivenza, quindi gli scrissi. Nel presente lavoro mi soffermerò a lungo sulla Bibbia, in quanto tale opera ha il vantaggio di essere il tessuto connettivo delle cosiddette tre religioni monoteistiche attuali e per il fatto che le sue radici affondano nei millenni passati; inoltre, che ci piaccia o no, essa è la base di ciò che noi siamo oggi. Mi rivolgerò anche alla religione Indù, utilizzando soprattutto il poema sacro Mahabarata (anche questa è opera antica di millenni e preziosa per quasi un miliardo di induisti), nonché alla mitologia egizia e ad alcune tradizioni degli Indiani d'America. Questo lavoro può essere visto come il primo capitolo del disvelamento di una storia nascosta, narrata apparentemente per tutti, eppure in alcuni punti esposta in modo sommesso, quasi a denti stretti, ed in altri, invece, deliberatamente occultata dai suoi stessi autori. Non espongo nessuna mia scoperta personale, o tutt'al più scopro l’acqua calda, poiché analizzo dati sensibili che sono alla portata di tutti: basta solo leggere qualche buon libro ed usare azzeccate parole-chiave in Internet. Qui ritengo di avere fatto un lavoro sufficientemente buono nello studio delle religioni e della storia; non mi sono spinto troppo oltre nel campo filologico unicamente perché non ho i testi in lingua originale a portata di mano. Riporterò ampie citazioni di altri autori, perché in alcuni punti fondamentali voglio che il lettore non abbia il benché minimo dubbio sulla correttezza delle argomentazioni, cioè non voglio che, su questioni che stridono fortemente con il senso comune o con quanto viene dato per assodato dalla cultura dominante, mi si attribuisca una sbagliata interpretazione. In riferimento alla Bibbia, nonostante ci siano altre versioni più valide, la traduzione qui usata è quella canonica (però molto errata da un punto di vista etimologico) della Conferenza Episcopale Italiana - CEI, dato che è più facilmente reperibile da parte del grande pubblico. Una nota esplicativa in riferimento alle citazioni bibliche; per esempio 2° Re 18, 1/8 significa che mi sto riferendo al secondo Libro dei Re, capitolo 18, versetti dal primo all'ottavo. Elohim disse - Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza... Bibbia, Genesi 1, 26 UTILITà DELL’ESEGESI BIBLICA Anche il cattolicesimo, obtorto collo, ha accettato (non prima del Concilio Vaticano II) i risultati ottenuti dalla critica (o analisi) letteraria, cioè lo studio esegetico condotto da parte di studiosi cristiano-protestanti sulla Bibbia. Questa ricerca venne iniziata in Germania, Francia ed Inghilterra sul finire del secolo XVII e, già all’inizio del XIX, aveva portato a risultati notevoli. In sintesi è stato appurato che la Bibbia venne scritta in periodi diversi e raggruppabili in tre fondamentali tradizioni che hanno raccolto ed elaborato preesistenti fonti orali. Tradizione iahvista, in quanto i suoi redattori usano, riferendosi a Dio, il nome proprio Yahvé. La redazione inizia all’incirca negli ultimi anni del regno di David, nel 900 a.C. Tradizione elohista, per il fatto che viene usato il sostantivo al plurale Elohim, a partire dal periodo coevo alla caduta del regno di Israele (al Nord, sottomesso dagli Assiri all'incirca nel 722 a.C.), da parte dei redattori del regno di Giuda (al Sud). Tradizione sacerdotale, che inizia con l'esilio dei Giudei (cioè gli abitanti del regno di Giuda) in Mesopotamia, dopo la conquista di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor, re di Babilonia, nel 587 a. C.. Tale tradizione compilatoria continua sino ai tempi del principato di Ottaviano Augusto, quando la Palestina è una provincia romana. Grazie alla critica letteraria, in primo luogo, viene sfatata l'immagine di Mosè quale compilatore unico dei primi 5 libri (il Pentateuco). addirittura nel XIII secolo a.C., inoltre si capisce che la redazione è avvenuta con modalità simili a quelle che hanno portato alla stesura della maggior parte degli altri antichi testi sacri: mi riferisco agli induisti Mahabarata e Ramayana ed, almeno in parte, ai greci Iliade ed Odissea, solo per citare qualche esempio. In pratica, tanto per intenderci, il redattore Y del 550 a.C. (in questo caso appartenente alla tradizione sacerdotale) non solo aggiorna la Bibbia con gli avvenimenti a lui contemporanei (e successivi, ad esempio, ai libri di Geremia, che parlano degli avvenimenti della caduta del regno di Giuda), ma mette la mano nei cinque libri che formano il Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), facendo delle interpolazioni in alcuni ed addirittura riscrivendo interi capitoli. Insomma, ad un nucleo primigenio si sono sommati strati concentrici, in cui gli autori successivi sono intervenuti massicciamente nella rielaborazione di avvenimenti appartenenti a periodi anche di molto antecedenti e, pertanto, narrati da altri autori. Questa esposizione ci aiuta (oltre che a capire come vi siano tante apparenti contraddizioni ed incongruenze, a volte sanabili a volte no, nonché a contestualizzare le varie ideologie che emergono in ben determinati periodi storici) a trovare una pista per affrontare lo studio dell'intervento alieno testimoniato a più riprese nella Bibbia. Più avanti vedremo come. IL PERIODO DEI PROGENITORI Grazie, si fa per dire, ai Raeliani, a partire dal 1973 si è abbastanza diffusa, presso l'opinione pubblica, la notizia che il primo sostantivo con cui inizia il versetto 26 del primo capitolo del libro Genesi è declinato al plurale: Elohim, cioè Dei, mentre Eloha sta per Dio nella declinazione al singolare (in effetti la Bibbia inizia con la frase Bereshit bara Elohim tradotta con In principio Dio creò). Nel 1976, Zecharia Sitchin pubblicò. negli USA. l'opera The 12th Placet, che in Italia è stata tradotta solo nel 2000 (Il Pianeta degli Dei, Piemme), dove si affronta anche il problema posto da tale sostantivo. Prima di quelle date, lo studioso italiano poteva trovare approfondimenti solo nell'ambito dell'esegesi, in riferimento ai molti nomi della divinità biblica. In ebraico la desinenza him è sempre plurale (la radice del sostantivo è Eloh, che rimane sempre invariata). A questo Ebrei e Cristiani rispondono che i predicati verbali che fanno seguito ad Elohim sono, quasi sempre, coniugati alla terza persona singolare e ciò nel tentativo di ribadire che il soggetto agente è individuale: Dio stesso. Ebbene, un sostantivo al plurale può essere concettualmente reso con un nome collettivo: per esempio Gli astanti applaudirono al momento del goal può essere legittimamente inteso come II pubblico applaudì al momento del goal ed in quest'ultimo caso il verbo è coniugato alla terza persona singolare a seguito di un nome collettivo, cioè che indica una pluralità di individui. Qualcosa di simile succede con il termine greco Pantheon, che definisce il tempio (che è una costruzione singola) in cui sono adorati tutti gli dei (della mitologia classica greco-romana); nonostante Pantheon sia declinato al plurale (Tutti gli Dei), le concordanze dei verbi sono fatte alla terza persona singolare. Per la precisione lo stesso accade, ed in qualsiasi lingua oltre che nello stesso greco antico, quando si vuole indicare in senso figurato la collettività degli dei olimpici, cioè nell’uso comune i due sostantivi Pan Theon divengono una sola parola composta, Pantheon appunto. Il travisamento continua pure quando si sostiene che Elohim è un pluralis majestatis: questa formula ampollosa era completamente ignota agli Ebrei e nessun personaggio di rilievo (che sia il Faraone, o Nabucodonosor, oppure Ciro) la usa. Insomma, ciò che è valido per il termine composto greco è valido anche per Elohim, che può legittimamente e correttamente essere inteso per il Concilio degli Dei (creò l'uomo a sua immagine) e concordarlo, quindi, al predicato verbale in terza persona singolare. GLI ALBORI DI UNA STORIA... PRIMA DELLA STORIA Incesti leciti ed incongruenze logiche In base alla lettera del racconto biblico, i figli e le figlie di Adamo ed Eva si accoppiarono tra loro e, grazie a questi ripetuti incesti, l’umanità si diffuse sul pianeta (non scandalizziamoci, nella Bibbia troveremo altri incesti). A parte la validità del discorso etico, che per me rimane fondamentale, l'incesto è il mezzo d'elezione per la trasmissione delle cosiddette tare ereditarie; a fronte di quest'ultima obiezione l'insegnante di catechesi ed il teologo rispondono che i nostri patriarchi erano cosi vicini alla perfezione (perduta da Adamo ed Eva a causa del loro peccato) che, nonostante l'accoppiamento tra consanguinei, i discendenti erano scevri da deficienze di qualsiasi tipo e questo deve ritenersi valido per i figli e le figlie dei figli di Noè (cioè i suoi pronipoti), dato che anche essi si accoppiarono tra loro per il bene superiore: la sopravvivenza dell'essere umano. Eh no, nella Bibbia c'è ben altro. In primo luogo vengono nominati solo figli maschi, di femmine nemmeno l'ombra, comunque ciò non è fondamentale. Il grande problema è dato da quel discolaccio di Caino, che non sta quieto nemmeno dopo aver ucciso il buon Abele. In: Genesi 4, 13-16. [13] Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? [14] Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla Terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». [15] Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. [16] Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden. Orbene, in base alla lettera dei precedenti capitoli, al momento della sua cacciata dalle vicinanze del giardino di Eden (la coppia originaria ne è già stata espulsa) non deve esistere altra umanità se non quella rappresentata dai suoi genitori, dato che egli ha ucciso Abele e che il terzogenito Seth non è ancora nato. Eppure egli teme che chicchessia possa nuocergli. Non solo, ma Dio lo rassicura che lo proteggerà dall'attacco di chiunque imprimendogli un segno di riconoscimento e minacciando l'eventuale offensore che sarebbe da Lui ferocemente perseguitato. è da sottolineare che, quando si usa la denominazione - Il Paese di... - si vuole intendere che quella località è popolata. Quindi a Nod il nostro trova moglie e costruisce perfino una città, che chiama Enoch (l'etimologia di tale nome non è chiara e dovrebbe riferirsi alla dedicazione di un monumento o di una città), dal nome del primo figlio; non si costruisce una città se si deve sistemare solo la propria famiglia. Tutto questo pone seri problemi di coerenza: nonostante parli esplicitamente solo della coppia primordiale, lo scrittore biblico lascia chiaramente intendere l'esistenza di altri esseri umani, pur non citandoli per nome, in territori tra l'altro vicini ad Eden. Per ovviare a ciò una quarantina di anni fa vari teologi cattolici proposero la teoria della poligenesi, cioè che Dio avesse creato più coppie umane (od addirittura vere e proprie tribù) disseminandole per il mondo, ed i discendenti di queste si fossero incrociati tra loro, ma che si fosse soffermato su di una in particolare: Adamo ed Eva. La proposta fu stroncata sul nascere. In una bella edizione della Bibbia (precedente al testo edulcorato della Conferenza Episcopale Italiana, la CEI), edita dalla Casa Editrice Confalonieri (scusatemi, ma non ricordo l’anno di pubblicazione, comunque è dell'inizio degli anni ‘60), monsignor Carlo Marcerà (che è uno dei pochi teologi ortodossi a darsi la briga di prendere in considerazione questa opzione, seppure per smentirla) ascrive la palese contraddizione sopra esposta alla rudimentale conoscenza letteraria del compilatore, sia esso Mosè od un altro sconosciuto. Marcerà assicura che la buona interpretazione è data solo dal magistero cattolico. Quest’ultimo e la tradizione cattolica sono le pezze che si mettono ovunque la più elementare logica cozzi contro la contraddizione. A riprova del fatto che gli amanuensi biblici conoscevano assai bene il corretto modo di scrivere, basti dire che il solo cambiamento di poche lettere poteva significare anche un cambiamento concettuale. Un esempio per tutti: nella versione letterale ebraica Abramo si chiama, in origine, Abram (che significa padre elevato) e, successivamente alla nascita di Ismaele, Dio gli cambia nome in Abrahamo, inserendo il sostantivo hamon (che significa moltitudine) sotto forma di desinenza contratta, in quanto gli promette una discendenza numerosa quanto i granelli di sabbia del deserto. Genetica e biologia non sono affatto il mio forte, ma ho capito che, per stabilizzare morfologicamente una specie, è più redditizio lavorare su diverse coppie anziché su una sola. Ad esempio (sono un appassionato cinofilo), se un allevatore vuole creare, nell'ambito di uno standard preesistente, una tipologia a suo gusto, od addirittura creare una nuova razza canina (ad esempio il Pitbull è una razza nuovissima), lavorerà almeno su 4 coppie ed i primi risultati realmente concreti saranno ottenuti non prima di 15/20 anni. Insomma, più è elevato il numero delle coppie capostipiti, maggiori sono i risultati utili in tempi brevi, purché tali coppie presentino morfologie simili, come condicio sine qua non. Quindi, è mia convinzione che vi sia stata una poligenesi ad opera degli alieni e di ciò è presente una chiara esposizione in Genesi, capitoli 4 e 5, nonostante il peso letterario assegnato ad Adamo ed Eva. I VENUTI DAL CIELO L'intervento alieno è conclamato in: Genesi 6,1-4. [1] Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla Terra e nacquero loro figlie, [2] i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. [3] Allora il Signore disse: «II mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». [4] C’erano sulla Terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi. In questi quattro versetti c’è il nostro passato ed il peso del nostro destino. Le definizioni fondamentali sono Figli di Dio, Giganti e Uomini famosi. La grammatica ebrea di Gesenius, di H. W. F. Gesenius, trad. di A. E. Crowley (Oxford: Qarendon Press, 1910, pag. 418), espone: "C'è un altro uso di ben (figlio) o beney (figli di): per denotare l’appartenenza ad una associazione o società (o ad una tribù, e qualsiasi classe definita). Cosi beney haelohim (figli degli Dei) Gen 6:2, 3, Giobbe 1:6, 2:1, 38:7 [...] propriamente significa non figli del Dio (al plurale), bensì esseri appartenenti alla classe degli Elohim (Dei). Quindi abbiamo un gruppo di esseri simili all'uomo, ma superiori, che si accoppiano con femmine umane dando vita ad una stirpe ibrida di uomini potentissimi. Il sostantivo Giganti è frutto di una voluta cattiva traduzione: il sostantivo ebraico è Nefilim, che è il participio passato al plurale del verbo nefal, il quale significa discendere; pertanto la traduzione corretta è C'erano sulla Terra i Discesi, a quei tempi [.,.]. Nefilim è da intendersi come correlato (quindi una ripetizione con in più l’informazione dell'atto della discesa sulla Terra) a Beney ha-Elohim. Che vi siano accoppiamenti sessuali tra extraterresti e terrestri oppure, più probabilmente, manipolazioni genetiche in provetta, il risultato non cambia: ci fu l'avvento di una stirpe ibrida, Zecharia Sitchin traduce, in un modo che sembra particolare ma che è, in realtà, valido, il sostantivo shem con razzi, quindi avremo [..,] sono questi gli eroi dell'antichità, gli uomini dei razzi, anziché uomini famosi, sottolineando l'esistenza e l’uso di mezzi atti al trasporto aereo. Per il complesso cursus dell'etimologia di questo termine rimando al libro di Sitchin II Pianeta degli Dei, Piemme. A chi trova troppo tecnologico il termine italiano razzo nel contesto biblico, faccio notare che esso deriva dal latino radius, che significa raggio, né più né meno. In ambito esegetico cristiano si cerca di riferire Beney ha-Elohim ai discendenti di Seth, il terzogenito di Adamo, sostenendo che egli era il seguace dei comandamenti di Dio (come Abele, ma al contrario di Caino) e pertanto i suoi figli erano innalzati dal compilatore biblico al rango onorifico di Figli di Dio, mentre le figlie dell’uomo sarebbero, in senso lato, le città cananee che indussero in tentazione; riporto questo tentativo per onore di cronaca. Ed arriviamo al Diluvio Il capitolo 5, intitolato Lista dei Patriarchi da Adamo e Noè, è un vero e proprio enigma: è stato riscritto quasi integralmente dai redattori della tradizione sacerdotale, cioè posteriormente al 587; dov’è finito il brano originale, composto probabilmente circa 400 anni prima? Esso doveva essere di un'importanza fondamentale, dato che riguardava la testimonianza del periodo in cui i Nefilim vivevano a fianco degli esseri umani; inoltre in quel periodo avvenne un fatto senza precedenti e con solo due analogie negli eventi seguenti (le assunzioni in cielo di Elia e di Gesù Cristo): l'assunzione in cielo di Enoch (da non confondere con Enoch, figlio di Caino, sperduto chissà dove), figlio di lared e padre di Matusalemme, nonno di Lamech e, quindi, bisnonno di Noè. Genesi 5, 24, dà un riassunto striminzito di un fatto che avrebbe dovuto scuotere pure le colonne d'Ercole: Poi Enoch camminò con Dio, e non fu più perché Dio l'aveva preso. ovvero se l’era portato in cielo da vivo e con tutti i panni, dato che era stato un uomo probo. Perché meno di 20 parole per descrivere un evento unico ed assoluto? In quali termini era scritto il capitolo quinto? Perché viene omesso il ruolo di testimone rivestito da Enoch? Cosa diceva il capitolo originale? Senz'altro l’intervento della tradizione sacerdotale è massiccio anche nei capitoli fino al nono, che conclude la saga del diluvio universale. Però, amici miei, ciò che viene buttato fuori dalla porta principale rientra dalla finestra, come direbbe il filosofo Immanuel Kant: a partire dal 1947, in una località a nord-ovest del Mar Morto (attuale Cisgiordania, ovverosia il territorio occupato di West Bank, falsamente noto come Territorio libero di Palestina), inizia una serie di importantissimi ritrovamenti archeologici. Casualmente in quell'anno un pastorello arabo, alla ricerca delle sue capre, scopre una serie di grotte con all’interno delle anfore piene di antichi rotoli manoscritti, molti dei quali in buone condizioni di conservazione. I ritrovamenti successivi, avvenuti ad opera sia di archeologi che di predatori (e, più che in un caso, con modalità romanzesche), si protrassero fino al 1956. Sto parlando di Qumran e dei rotoli trovati nelle biblioteche nascoste dalla comunità essenica in undici grotte. Tra gli altri preziosissimi documenti, nella grotta n. 4 venne scoperta l'ultima redazione dell'opera completa attribuita (ma solo convenzionalmente, dato che è pseudoepigrafica) al patriarca Enoch: il cosiddetto Pentateuco Enochiano (pentateuco deriva dal greco antico Penta [cinque| + Teuchos [cofanetto] in riferimento ai cinque cofanetti che contenevano, separatamente, i primi cinque libri della Bibbia, chiamati in ebraico Torah [Legge]. Tale opera è così composta: Libro dei Vigilanti, Libro dell'Astronomia, Libro dei Sogni, Epistola di Enoch (ritrovati quasi integralmente), e da tre frammenti del Libro dei Giganti (noto anche come Apocalisse di Noè), tutti e cinque compilati in aramaico. La prima edizione analitica e commentata (tuttora fondamentale) fu opera dei semisti J.T. Milik e M. Black, con il titolo The Books of Enoch: Aramaic Fragments of Qumran Cave 4, Oxford, 1976. In questi libri il patriarca Enoch parla in prima persona (addirittura dopo l'assunzione in cielo) e ci dice tutto quello che non si trova nel capitolo quinto. Vengono identificati, senza mezzi termini, i Figli degli dei ed i loro discendenti: i Nefilim. I Figli del cielo sono descritti come esseri dotati di un corpo antropomorfo ma, nello stesso tempo, sovrumano e di poteri enormi; i figli avuti con femmine umane sono grandi come torri ed in grado di commettere atti di cannibalismo. Vediamo alcuni brani dal Libro dei Vigilanti: Ed accadde che aumentarono i figli degli uomini, ed in quei tempi nacquero, ad essi, ragazze belle di aspetto. E gli angeli, figli del cielo, le videro, se ne innamorarono e dissero fra loro: "Venite, scegliamoci delle donne fra i figli degli uomini e generiamoci dei figli". E disse loro Semeyaza, che era il loro capo: "Io temo che possa darsi che voi non vogliate che ciò sia fatto e che io solo pagherò il fio di questo grande peccato". E tutti gli risposero e gli dissero: "Giuriamo, tutti noi, e ci impegnamo che non recederemo da questo proposito e che lo porremo in essere". Allora tutti insieme giurarono e tutti quanti si impegnarono vicendevolmente ed erano, in tutto, duecento. E scesero in Ardis, cioè sulla vetta del monte Armon e lo chiamarono Monte Armon poiché su esso avevano giurato e si erano scambiati promessa impegnativa. E questi sono i nomi dei loro capi: Semeyaza, che era il loro capo, Urakibaramel, Akibeel, Tamiel, Ramuel, Dami, Ezeqeel, Suraquyal, Asael, Armers, Batraal, Anani, Zaqebe, Samsaweel, Sartael, Turel, Yomyael, Arazeyal. Questi sono i più importanti dei duecento angeli e con loro vi erano tutti gli altri. Capitolo VII. [...] E i Giganti si voltarono contro di loro per mangiare gli uomini [...] Ma non c'è solo la conferma della proliferazione di una potentissima razza ibrida: nel capitolo ottavo si rivela l’insegnamento della metallurgia e di arti che si sarebbero dovute tenere nascoste: Capitolo VIII. Ed Azazel insegnò agli uomini a far spada, coltello, scudo, corazza da petto e mostrò loro quel che, dopo di loro e in seguito al loro modo di agire sarebbe avvenuto: braccialetti, ornamenti, tingere ed abbellir le ciglia, pietre più di tutte le pietre preziose e scelte, tutte le tinture e gli mostrò anche il cambiamento del mondo [...] Inoltre, ci sono informazioni riguardo a Noè che non si trovano affatto in Genesi 5/9, i capitolo dedicati a tale personaggio ed al diluvio. Vediamo qualcosa tratto dal frammento Libro dei Giganti o Apocalisse di Noè, che è l'ultima parte del Pentateuco Enochiano: Capitolo CVI. Dopo del tempo, mio figlio Matusalemme prese una moglie per suo figlio Lamech e costei rimase incinta da lui e generò un figlio. Ed era la sua carne bianca come neve e rossa come rosa, i capelli del suo capo e la sua chioma erano come bianca lana e belli erano i suoi occhi e, quando li apriva, illuminava tutta la casa, come il sole, e tutta la casa risplendeva assai. E quando fu preso dalle mani della levatrice, aprì la bocca e parlò al Signore di giustizia. Suo padre Lamech ebbe paura di lui e fuggì. E venne da suo padre Matusalemme e disse: "Io ho generato un figlio diverso. Non è come gli uomini, ma sembra figlio degli angeli del cielo e la sua creazione è diversa e non è come noi e i suoi occhi sono come i raggi del sole: la sua faccia risplende. Mi sembra che egli non sia nato da me, ma dagli angeli ed io temo che, ai suoi giorni, avverrà un prodigio sulla Terra. Ed ora io, padre mio, ti scongiuro e ti prego affinché tu vada da Enoch, nostro padre, ed ascolti da lui il vero, poiché la sua residenza è con gli angeli". E quando Matusalemme ascoltò le parole del figlio, venne da me, ai confini della Terra, poiché aveva udito che io stavo colà, e gridò. Io udii la sua voce e venni presso di lui e gli dissi: “Eccomi, figlio mio: perché sei venuto presso di me?" Egli mi rispose e mi disse: "Son venuto da te per causa di una gran cosa e per la visione terribile per la quale mi sono avvicinato. Ora, ascoltami, o padre mio, poiché a mio figlio Lamech è nato un figlio il cui aspetto e la cui creazione non è come la creazione degli uomini: il suo colore è bianco più della neve e rosso più della rosa, i suoi capelli sono bianchi più della bianca lana e i suoi occhi sono come i raggi del sole ed egli ha aperto gli occhi ed ha illuminato tutta la casa. è stato sollevato dalle mani della levatrice, ha aperto la sua bocca e ha benedetto il Signore del cielo. E suo padre Lamech si è spaventato ed è corso da me e non credeva che egli fosse nato da lui, ma quasi come dagli angeli del cielo. Ed ecco, sono da te perché tu mi annunci il vero". Ebbene sì, Noè nasce con fattezze nordiche nel bel mezzo della Mesopotamia prediluviana, tanto che il terrorizzato Lamech teme che sia nato da una relazione adulterina di sua moglie proprio con uno dei temutissimi Nefilim ultraterreni (scusatemi, ma le analogie con la nascita di Gesù, figlio di Giuseppe sono numerosissime); eppure Dio affida proprio a Noè il compito di riprodurre la razza umana. Alla fine del citato capitolo (che ha la stridente particolarità di presentare i nomi della geneaologia di Noè in senso invertito), Enoch tace completamente sull’aspetto a dir poco strano di Noè (che significa confortatore, dall'ebraico Nhm), ma rassicura suo figlio Matusalemme (nonno del piccolo Noè): [...] Questo figlio che vi è stato generato, egli solo resterà sulla Terra e tre suoi figli si salveranno con lui. Quando sulla Terra moriranno tutti gli uomini, lui ed i suoi figli si salveranno. E adesso annuncia a tuo figlio Lamech che questo che è nato è veramente suo figlio e chiamalo Noè, perché egli vi sopravvivrà ed egli ed i suoi figli si salveranno dalla distruzione che giungerà sulla Terra, causata da tutti i peccati e da tutta la violenza che si compirà, ai suoi giorni, sulla Terra. E, dopo di ciò, vi sarà sulla Terra iniquità maggiore della precedente, perché io conosco i segreti dei santi, dato che il Signore me li ha mostrati e fatti conoscere ed io ho letto sulle tavole del cielo. Ancora da Qumran esce un notevole rotolo, denominato Apocrifo della Genesi, in cui Lamech dice, paventando il tradimento da parte di sua moglie Bit-Enosh: Capitolo II: [...] Ecco, pensai allora in cuor mio, che il concepimento viene dai Vigilanti e dal seme dei Santi e che questo bambino assomiglierà forse ai Giganti [...] In tutti questi casi il termine aramaico da cui viene tratta la traduzione Giganti è il participio passato di nafal, quasi identico all'ebraico Nefilim. Questo apre una serie di interrogativi (ma ne troveremo tanti altri, purtroppo): Noè è, nella Bibbia, indubbiamente il capostipite della seconda umanità, mentre Adamo lo fu della prima, quindi: a) Forse i riferimenti ad atti sessuali tra esseri umani e dei sono la banalizzazione di esperimenti genetici? b) è questo il segnale dell'avvento di una specie che compare ex abrupto sul pianeta, cioè il Cro-Magnon, il quale si sovrappone al Neandertal estinto (od almeno in via di estinzione)? c) Oppure il bambino "fuori posto" ha a che fare con la comparsa del fattore Rh negativo (cfr. il citato articolo di Corrado Malanga), assegnando, quindi, il ruolo di Cro- Magnon già ad Adamo? Zecharia Sitchin, nel suo Il Pianeta degli Dei, risponde affermativamente alla domanda che io pongo al punto a). Altri frammenti da Qumran parlano dei Vigilanti (e dei sinonimi, Figli degli Dei, Dei, Giganti, Figli del Cielo, ecc.). Orbene, quello che viene taciuto dai compilatori canonici, e che quindi non appare nella Bibbia, viene narrato da scribi di una confraternita iniziatica, quella degli Esseni, rivali dei Sadducei e dei Farisei, discendenti ideologici (pur se queste due ultime correnti erano tra loro rivali) dei rabbini che avevano imposto la tradizione sacerdotale quale ultimo rimaneggiamento del testo originario. Grazie agli Esseni (che hanno redatto il Pentateuco Enochiano in un periodo precedente l'entrata di Alessandro il Macedone in Gerusalemme, nel 332 a. C.) si è recuperato un testo più simile a quello che, a mio avviso, era contenuto nei capitoli biblici primevi in riferimento al diluvio e ad un personaggio fondamentale quale Enoch. Tra l'altro, quest'ultimo (nella sostanza che sia Enoch di persona o che tale nome rappresenti un simbolo in riferimento ad un altro individuo o ad altri individui non cambia assolutamente nulla) viene descritto come un addotto in stato cosciente; inoltre si afferma più volte, nel corso dell'intera opera, che Yahvè punirà e/o perseguiterà il genere umano anche dopo quell'evento catastrofico. Ma, evidentemente, per alcuni in possesso del potere era meglio occultare buona parte della faccenda. IDOLI AMMESSI ED IDOLI NON CONCESSI Come nasce una nazione La saga dell'Esodo si deve collocare all’incirca a metà del secolo XIII a. C. A quel tempo, la penisola del Sinai e la Transgiordania meridionale furono un crogiuolo di tribù seminomadi; alcune di queste erano scappate dall’Egitto, altre provenivano dal lontano oriente mesopotamico. Al momento non è possibile individuare con esattezza tutti i precisi luoghi d'origine, né affermare quanto sia durato il processo di amalgamazione cha ha portato alla nascita di un popolo unitario, quello israelitico. è possibile, però, individuare delle tappe successive, ancorandole a località contigue lungo il percorso verso la Terra promessa: 1) Sinai. 2) Gruppo delle oasi di Kades. 3) Bassa valle del fiume Giordano (che fu la porta attraverso la quale il popolo neounitario penetrò nella Terra di Canaan). Lo scenario complessivo è quello della cosiddetta Mezzaluna fertile, che ha nella Terra tra il Tigri e l’Eufrate il suo ganglio principale. Adesso è chiaro che il racconto che verte su Abramo si riferisce solo ad una parte degli accadimenti: Genesi 11, 27/31. [27] Questa è la posterità di Terach: Terach generò Abram, Nacor e Aran. Aran generò Lot, [28] Aran poi morì, alla presenza di suo padre Terach, nella sua Terra natale, in Ur dei Caldei. [29] Abram e Nacor si presero delle mogli; la moglie di Abram si chiamava Sarai e la moglie di Nacor Milca, ch'era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca. [30] Sarai era sterile e non aveva figli. [31] Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran, figlio, cioè, del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. Genesi 12, 4/6. [4] Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. [5] Abram, dunque, prese la moglie Sarai e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan. Arrivarono al paese di Canaan [6] e Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem, presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano allora i Cananei. Questi versi, tratti da Genesi 11 e 12, pure ampiamente rimaneggiati dalla tradizione sacerdotale, si riferiscono ad una vera e propria emigrazione che partì dall’importantissima città sumera di Ur, oppure dai suoi immediati dintorni, in un periodo precedente all'occupazione da parte dei clan arameo dei Caldei. Siamo nel XIV secolo a. C. Dunque, che sia stato veramente Abramo, o don Ciccillo, oppure mastro Geppetto ad avere tutte quelle avventure, lo ripeto, il risultato non cambia; da un punto di vista dei contenuti (cioè di antropologia culturale) è indifferente. Vitale è, invece, sapere che una delle radici del popolo ebraico affonda nel cuore della politeistica ed idolatra antica Sumer. Quindi, che Abramo sia arrivato veramente o no in Canaan e poi in Egitto non è imprescindibile (certo è, comunque, un argomento importante da un punto di vista delle cronache); nemmeno lo è il racconto di Giuseppe (che è la spiegazione della permanenza dei figli di Giacobbe (cioè gli eroi eponimi delle rispettive 12 tribù ebraiche in Egitto, formando, quindi, il substrato del racconto dell'esodo) narrato in Genesi 37, 1/36 e, successivamente, dal capitolo 39° sino al conclusivo 50°. Ciò che è vitale per la determinazione del senso è che i transfughi politeisti di origine sumerica subiscono l'influsso di un pensiero ben preciso, proveniente da un momento assolutamente particolare vissuto dal grande Egitto: mi riferisco alla riforma del faraone Amenofi IV, della XVIII dinastia, ribattezzatosi Akhenaton (Pace di Aton, oppure Aton è Pacificato). Questo grande uomo aprì una brevissima parentesi nella storia politicoreligiosa del suo paese: a fronte del diuturno potere vessatorio della miriade di sacerdoti dedita a succhiar sangue al singolo ed allo Stato, spazza via fantocci e parassiti ed impone il culto di Aton, il Disco Solare (per la precisione, già il faraone suo padre aveva aperto la strada alla riforma), unico dio che riassume in se stesso tutte le prerogative delle divinità più antiche. Fa togliere da obelischi e monumenti i nomi delle vecchie divinità e riesce a sequestrare una piccola parte dei tesori ammassati nei santuari che vengono interdetti o riconvertiti al nuovo culto, ma nel paese scoppia la guerra civile, fomentata dal clero che non si dà per vinto. Musa ispiratrice nell'impresa è la sua bellissima moglie, la regina Nefertiti. Il sovrano muore di una misteriosa morte prematura (probabilmente ammazzato per strangolamento o per avvelenamento) e la sua opera riformatrice lo segue nella tomba, le sue spoglie ancora non sono state identificate con sicurezza. Il successore, forse suo nipote (la discendenza non è chiara), Tutankaton (che significa Immagine Vivente di Aton) viene costretto dai sacerdoti alla riscossa a cambiar nome in Tutankamon, per confermare la sudditanza ai vecchi dei (in particolare all'antico culto di Amon). Sì, è il faraone più noto al pubblico attuale, morto giovinetto a soli 19 anni. I suoi resti mummificati presentano evidenti segni di violenza; in particolare, le radiografie effettuate al cranio dal prof. R. G. Harrison (docente di anatomia all'Università di Liverpool negli anni sessanta) dimostrano una grave frattura alla nuca, inferta da un corpo contundente. La riforma di Akhenaton ha luogo immediatamente prima dell'esodo condotto da Mosè. Il primo autore a sostenere la sudditanza dello pseudo-monotesimo mosaico nei confronti della riforma di Akhenaton fu Sigmund Freud, nel 1937. IL FALSO MONOTEISMO Vengo subito al punto: nego che la religione ebraica sia stata in origine una religione monoteistica. Essa partì con una pluralità di dei e, dopo due tentativi di riforma in senso monoteistico, ritornò ad essere ciò che era. Non solo: nonostante i luoghi comuni sulla pura spiritualità di Yahvè e degli angeli, essa testimonia l'avvento di esseri extraterresti simili a noi, ma assai più evoluti, e di altri dall'aspetto terrificante. Qui di seguito vi dimostrerò la mia, strana ed assurda solo in apparenza, affermazione; vi chiedo solo di seguirmi in quest'indagine a ritroso nel tempo. Esodo 32, 1/7. [1] Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: «Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». [2] Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d'oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me». [3] Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. [4] Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». [6] Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. II popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento. [7] Allora il Signore disse a Mosè: «Va', scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto, si è pervertito. [6] Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata! Si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: «Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto». Esodo 32, 19/20. [19] Quando si fu avvicinato all'accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l'ira di Mosè: egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna. [20] Poi afferrò il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell'acqua e la fece trangugiare agli Israeliti. Queste estrapolazioni riguardano l'inizio e la fine del famoso episodio del "Vitello d’Oro”, tratte dal secondo libro della Bibbia. Tale accadimento è presentato quale manifestazione eclatante del sacro odio mosaico (e dei Leviti, dato che furono gli unici a non peccare) per l'idolatria, insomma il monoteismo è il binario e tutto ciò che vi è di diverso è deviazionismo eretico. Benissimo, possiamo stare tranquilli: abbiamo a che fare con un dio geloso e vigilante sui buoni costumi. Ma non è così: Numeri 21, 4/9. [4] Poi gli Israeliti partirono dal monte Cor, dirigendosi verso il Mar Rosso per aggirare il paese di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. [5] Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». [6] Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi, i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. [7] Allora il popolo venne a Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. [8] Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita». [9] Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame restava in vita. Questi versi riguardano l'assai meno noto (non mi risulta che venga letto in chiesa) episodio del "Serpente di Rame". A questo punto, in riferimento a quest'ultimo capitolo, è necessario riportare integralmente la nota C) della Traduzione Ecumenica della Bibbia - TOB, Editrice Elle DiCi-Leumann, Torino, 1995 (edizione italiana della Tradution Oecumenique de la Bible-TOB, Parigi 1988; su questa importantissima edizione biblica ritornerò più volte): Nota C) pag. 299. Era il simbolo del dio guaritore (un serpente arrotolato ad una pertica) ed era frequentemente rappresentato nel mondo antico. Il nostro racconto potrebbe essere il tentativo di assimilare un culto pagano di quella divinità. Gli elementi contrastanti con la fede d'Israele sono eliminati ed è il Signore stesso che offre al suo popolo questo mezzo di guarigione. Ma come!? A fronte di un pupazzo taurino (costruito da un popolo disorientato), che non combina assolutamente nulla, il geloso Yahvè in persona (che è contrario a qualsiasi immagine divina o pseudo tale) ordina a Mosè di costruire un serpente di rame e di metterlo in cima ad un palo! Amici miei, ma sapete cosa significa questo? Significa ordinare di costruire un totem (termine degli amerindi di ceppo algonchinoathabaska, per esempio i Lakota), che è uno dei simulacri pagani più antichi e diffusi del mondo. Il torello non faceva nemmeno Muuuh, ma al serpente di rame viene conferito, dal gran capo stesso, il potere di guarire dai morsi dei serpenti veri chiunque lo guardi. Dio poteva dire al suo interlocutore di imporre le mani (insomma di fare pranoterapia), di soffiare sulle ferite o qualsiasi altra cosa, ma nossignore, dice di costruire un serpente. Ma il serpente non era stato maledetto all'inizio dell'umanità? Non era già stato indicato come il nemico pubblico numero 1? Allora perché dargli tanta importanza? Inoltre, il suo popolo eletto si lamenta con Mosè perché patisce la fame e la sete, deve combattere quasi a stomaco vuoto (visto che la manna non riesce davvero a riempirlo) contro nemici più forti; quindi, per tutta risposta, Dio manda una punizione terribile a colpire non i dissidenti, ma indiscriminatamente tutti! Un fatto del genere ha la valenza morale del mettere le mine antiuomo ovunque nei prati davanti alle scuole. A Napoli si dice, in casi simili, sparare alla gamba di uno che è già zoppo! No, questi brani non sono metafore che debbono essere interpretate al fine di capire il grande amore che si cela dietro la grande (e rancorosa, aggiungo io) gelosia del vero dio (come direbbe il classico insegnante di catechismo messo con le spalle al muro dalla scabrosità dell'argomento; eh sì, comoda la scappatoia!), sono testimonianze che celano ben altro. Più che un dio ineffabile, Yahvè si mostra come un pendolo oscillante, che propende per la raffigurazione che più gli aggrada in momenti diversi! Non viene eliminato proprio alcun elemento contrastante, come invece vorrebbe fare intendere il commentatore della Bibbia-TOB. Questo è un monoteismo spurio, di apparenza, che sarà ancora più chiaro una volta arrivati alla fine di questa prima parte. Ma non è il primo caso: già all'epoca delle pressioni sul faraone per lasciare l'Egitto si rivela lo strano feeling del gran capo per lo strisciante animale: Esodo 7, 8/13. [8] Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: [9] «Quando il faraone vi chiederà: ‘Fate un prodigio a vostro sostegno!’ tu dirai ad Aronne: ‘Prendi il bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente!’». [10] Mosè e Aronne vennero dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il bastone davanti al faraone e davanti ai suoi servi ed esso divenne un serpente. [11] Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell'Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa. [12] Gettarono ciascuno il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni. [13] Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva predetto il Signore. E adesso vediamo che peso ha avuto l'inserimento di questo totem vero e proprio nella storia di Israele antico. UN CORAGGIOSO TENTATIVO DI RIFORMA La risposta è in: 2° Re 18, 1/8. [1] Nell'anno terzo di Osea figlio di Ela, re di Israele, divenne re Ezechia figlio di Acaz, re di Giuda. [2] Quando egli divenne re, aveva venticinque anni; regnò ventinove anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abi, figlia di Zaccaria. [3] Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, secondo quanto aveva fatto Davide suo antenato. [4] Egli eliminò le alture e frantumò le stele, abbatté il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, eretto da Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso e lo chiamavano Necustan. [5] Egli confidò nel Signore, Dio di Israele. Fra tutti i re di Giuda nessuno fu simile a lui, né fra i suoi successori né fra i suoi predecessori. [6] Attaccato al Signore, non se ne allontanò; osservò i decreti che il Signore aveva dati a Mosè. [7] Il Signore fu con Ezechia e questi riuscì in tutte le iniziative. Egli si ribellò al re d'Assiria e non gli fu sottomesso. [8] Sconfisse i Filistei fino a Gaza e ai suoi confini, dal più piccolo villaggio fino alle fortezze. In riferimento a tale brano è letteralmente illuminante la nota D), pag. 689 della Bibbia- TOB: Gli Israeliti vedevano in questo oggetto, in forma di serpente (in ebraico nahas), il serpente eretto da Mosè e lo adoravano. Se tali avvenimenti si fossero riferiti ad uno qualsiasi dei tanti popoli di quell'area del vicino o medio oriente qualsiasi studioso avrebbe parlato di riforma religiosa, con passaggio dal politeismo al monoteismo; ma in questo caso no! Ma certo, lo sanno pure le pietre che l'ebraismo ed il (succedaneo) cristianesimo sono monoteisti da sempre; che discorsi del piffero, direbbe il catechizzatore. Ma analizziamo il suddetto brano e quindi scopriamo che, fino al regno di Ezechia (re di Giuda dal 716 al 687 a. C.), gli ebrei hanno avuto: 1) santuari naturali, cioè le alture, classici luoghi di culto sciamanico-animisti, (ma non vi ricorda qualcosa in riferimento al Monte Graham nel mio penultimo articolo?). 2) stele liriche probabilmente votive, cioè come i Maya, gli Aztechi, ecc. 14 3) Soprattutto palo-totem con serpente, che ha persino un nome proprio (Necustan), nato dalla contrazione di nahas, cioè serpente, con shatan, cioè satana, che significa avversario, nemico. Abbiamo quindi sua maestà il Serpente Satana, (cfr. l'articolo del prof. Malanga Il Dio Serpente) che si trova al di fuori del Santissimo (il luogo più interdetto di tutto il tempio di Salomone, ove è conservata l'arca dell'alleanza) e niente di meno gli bruciano incenso, cioè lo adorano (come è costretto ad ammettere il commentatore della Bibbia- TOB). Ovverosia, i presunti monoteisti si sono tenuti per circa 6 secoli (a parte tutta una pletora di luoghi di culto sacrileghi) una statua serpentiforme a portata di tutti, proprio sul suolo più santo dell'intera Terra promessa (stando a molti autorevoli commentatori della Bibbia, il tempio di Salomone fu eretto nel luogo dove Abramo sacrificò l'ariete al posto del proprio figlio Isacco). Amici miei, tale faccenda è di una portata enorme: dato che nel Santissimo solo il sommo sacerdote poteva entrare una volta all'anno, vuol dire che il popolo ebraico aveva familiarità indiscutibilmente solo con Necustan e quindi era dedito al culto del Serpente! Questa è la realtà che emerge da un rigoroso studio esegetico della Bibbia, piaccia o no. Inoltre, a riprova di quanto Necustan sia importante nell'ambito della nostra tradizione giudaico-cristiana, voglio segnalare che, nella basilica di sant'Ambrogio, a Milano (la più antica dopo quella di san Nazaro in Brolo), c'è una statua (di epoca rinascimentale, in bronzo) che raffigura proprio il suddetto. è sotto la navata di sinistra. E ADESSO PARLIAMO DI ANGELI I messaggeri della corte divina II sostantivo ebraico per angelo è mal'ak (cioè messaggero, identico, quindi, al significato del sostantivo greco anghelos) ed appare per la prima volta in Genesi 16, 7 (in occasione della fuga di Agar nel deserto insieme al figlioletto Ismaele, vero primogenito di Abramo) che fa parte di un capitolo schiettamente iahvista, cioè della tradizione più antica. Ci viene insegnato da sempre che pure essi, come Yahvè, sono di puro spirito (nonostante prendano sovente l'aspetto di uomini notevoli). Daniele 10, 1/9 ce ne dà una pregnante visione: [1] L'anno terzo di Ciro re dei Persiani, fu rivelata una parola a Daniele, chiamato Baltazzàr. Vera è la parola e la lotta è grande. Egli comprese la parola e gli fu dato d'intendere la visione. [2] In quel tempo io, Daniele, feci penitenza per tre settimane, [3] non mangiai cibo prelibato, non mi entrò in bocca né carne né vino e non mi unsi d'unguento finché non furono compiute tre settimane. [4] Il giorno ventiquattro del primo mese, mentre stavo sulla sponda del gran fiume, cioè il Tigri, [5] alzai gli occhi e guardai ed ecco un uomo vestito di lino, con ai fianchi una cintura d'oro di Ufàz; [6] il suo corpo somigliava a topazio, la sua faccia aveva l'aspetto della folgore, i suoi occhi erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le gambe somigliavano a bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una moltitudine. [7] Soltanto io, Daniele, vidi la visione, mentre gli uomini che erano con me non la videro, ma un gran terrore si impadronì di loro e fuggirono a nascondersi. [8] Io rimasi solo a contemplare quella grande visione, mentre mi sentivo senza forze; il mio colorito si fece smorto e mi vennero meno le forze. In questo brano della tradizione sacerdotale, più che di un puro spirito, che al massimo dovrebbe avere i contorni sfocati di un alone di luce (come spesso viene raffigurato nella filmografia di ispirazione cristiana) oppure non apparire per niente, abbiamo la manifestazione di un essere antropomorfo, sulla cui pelle avvengono scariche elettromagnetiche. Ma in Daniele 10, 13 c’è anche un episodio che mostra la conflittualità esistente nei cieli: Ma il principe del regno di Persia mi si è opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi principi, mi è venuto in aiuto e io l'ho lasciato là presso il principe del re di Persia. Qui compare per la prima volta l'angelo Michele (Pari a un dio, oppure Simile a dio; la traduzione, di ambito cristiano, in Chi è simile a dio? è ridicola), definito come il principe di Israele, che poi diventerà, nella tradizione cattolica, il primo degli arcangeli (letteralmente: primi angeli), insieme a Gabriele (Forza di dio) e Raffaele (Cura di dio); anche se Tobia 12, 15 fa riferimento ad un totale di sette, solo questi vengono esplicitamente citati. Ma di inquietante c'è ben altro: mi riferisco ai serafini ed ai cherubini. Andiamo all'origine: Isaia 6, 1/3. [1] Nell'anno in cui mori il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. [2] Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. [3] Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la Terra è piena della sua gloria». e quindi la nota F) in riferimento a tale brano, pag. 731: II termine significa bruciante, designa in origine un temibile serpente del deserto (Num 21, 6/8; Dt 8, 15) raffigurato con ali (Is 14, 29; 30, 6) e la cui effige di bronzo era venerata nel tempio di Gerusalemme fino ad Ezechia (2° Re 18, 4). Serve qui a descrivere degli esseri ibridi (serpenti alati dal volto e dalle mani d'uomo, che si possono immaginare con l'aiuto di alcune note raffigurazioni dell'iconografia orientale antica) i quali sono al servizio di Dio e devono persino coprirsi la faccia davanti a lui. Il loro aspetto bruciante ne fa forse dei simboli del lampo quando la manifestazione di Dio somiglia ad un uragano, come nei caso presente, stando al verso 4. E poi ci vogliono propinare la bubbola della fede in esseri spirituali! Prima dell’Ellenizzazione a causa della conquista di Alessandro Magno (nel 332 a. C.), gli israeliti si rapportavano ad esseri intelligenti non terrestri ben definiti e materialissimi; tra questi alcuni avevano conclamate fattezze umane, ma distorte in grande (cioè esseri simili a noi ma sovrumani); altri, invece, erano letteralmente serpentiformi! Ad essi l'amanuense dà il nome di Serafini (Seraphim), dal verbo Seraf, che significa bruciare, ardere: abbiamo quindi i Brucianti (come furono brucianti i serpenti mandati da Yahvè contro il suo popolo quasi morente per la fame e le guerre, strana coincidenza). Il fatto che, giustamente, il commentatore della Bibbia-TOB li descriva, riferendosi all'origine della tradizione, quali esseri ibridi, dimostra che tali esseri avevano una struttura scheletrica vicina alla nostra, con due braccia e due gambe, tanto per capirci, ma con la pelle da rettile! Inoltre abbiamo visto, nel capitolo 32° dell’Esodo, che Aronne, fratello di Mosè, decide di dare una forma ben precisa all’idolo reclamato con forza dagli Israeliti, disorientati dal fatto che Mosè mancava dall'accampamento da ben 40 giorni (egli era sulla cima del Sinai per scrivere le tavole della legge sotto dettatura di Dio stesso). Tra migliaia di altre possibilità, viene scelta proprio l'immagine di un vitello, che in questo ambito deve essere inteso come giovane toro. Se la vita del vitello d'oro è brevissima, non lo è quella dei cherubini, i quali, però, sono strettamente correlati a quel feticcio. In ambito cattolico, per cherubino si intende ciascuno di quegli angeli presenti nella seconda gerarchia (mentre i serafini, vedi sopra, essendo quelli più vicini a Dio, sono nella prima gerarchia). Pertanto, pure i cherubini ci vengono descritti come bei giovani dall'aspetto efebico e come tali sono universalmente raffigurati sul Propiziatorio, che è il coperchio dell'arca dell'alleanza. Niente di più falso! II termine cherubino deriva dall'assiro karub (che è, a sua volta, di origine sumera) e significa essere possente (o potente) ed è raffigurato nella forma di un toro alato con la testa umana. A parte che in tutto il mondo (e da sempre) il toro è il classico simbolo della prorompente fisicità, nell'antica Terra di Sumer gli dei erano sempre raffigurati con le corna. Quindi Yahvè dà le precisissime istruzioni per la costruzione dell’arca facendo un chiaro riferimento a quelle divinità. Successivamente Salomone porrà a guardia del grande tempio di Gerusalemme proprio due enormi cherubini lignei ricoperti d'oro. Premettendo che i Sumeri sono stati i primi a mappare il cielo ed a disegnare le costellazioni (in questo caso i Greci non fecero altro che continuare in una tradizione ben tracciata), mi nascono due domande: 1) La costellazione del Drago ha preso tale nome perché ci furono degli esseri serpentiformi (chiamati poi serafini) che sbarcarono sulla Terra provenendo da quelle coordinate celesti? Sottolineo che 3000 anni prima di Cristo, periodo in cui nacque la civiltà sumerica, la stella polare (cioè la stella allineata all'asse terrestre nel cielo boreale) era proprio l'Alfa del Drago. 2) I cherubini sono forse correlati alla costellazione del toro? Utilizzando la griglia interpretativa fornita dai lavori del prof. Corrado Malanga, mi viene da rispondere proprio di sì. A questo punto debbo parlare di un elemento fortemente stridente nell'ambito dell'umanità contemporanea ai fatti dell'Antico Testamento. La Bibbia non è un libro precisissimo sulle misure quantitative, ma in riferimento al tabernacolo ed all'arca dell'Alleanza è di una puntigliosità estrema. L'unità di misura è il cubito egizio: esso indica la distanza tra la punta del gomito e la punta del dito medio, però ne esistono due versioni, quello normale (di 45 centimetri) ed il cubito reale (di 52 centimetri), usato in riferimento almeno ai due suddetti manufatti. In base agli antichi testi egizi, quest'ultima misura è stata presa sull'avambraccio di un faraone egizio (non è chiaro se bisogna riferirsi al semi-mitico Nemes, l'unificatore di quel paese). Ordunque, dato che in un tappo di 170 centimetri quale io sono io il cubito è di 44 cm, quant’era alto il faraone sul quale è stato preso il cubito reale? Almeno 2 m. Pertanto Yahvè, nel vero significato della Bibbia, non è l'unico dio, ma il super-dio, in mezzo ad una moltitudine di dei a volte alleati tra loro ed altre volte nemici, ma anche, addirittura e pure spesso, in lotta con lo stesso gran capo. Con l'avvento delle truppe greche penetra nella chiusa Palestina anche il pensiero aristotelico e soprattutto platonico. Da quest’ultimo si propaga la filosofia del mondo delle idee: le anime sono le idee incarnate nell'uomo. Al di fuori di esso formano la spiritualità perfetta nell’ultramondo iperuranico. Quindi il mondo ebraico subisce quel processo che, in antropologia culturale, si chiama acculturazione, nel quale un popolo subisce l'influsso di un altro maggiormente avanzato e ne assimila molti elementi, pur rimanendone (almeno ideologicamente, in questa fattispecie) staccato. In tale ambito avviene la trasfigurazione di quelli che noi chiamiamo tradizionalmente angeli, che nella realtà sono i Nefilim, i Figli degli Dei, i Brucianti, i Possenti, esseri extra-terrestri immanenti, a volte con sembianze da incubo, sempre dotati di mezzi a noi ancora sconosciuti, che i compilatori del Talmud (vera base del mondo giudaico post-biblico e quindi anche di quello attuale) tentano di riciclare privandoli del corpo fino a farli diventare i soggetti della angelologia cabalistica. Ecco l'origine del concetto di spiritualità che pervade perfino le opposte correnti politico-religiose del tempo di Cristo. L'esilio a Babilonia, sotto il giogo di Nabucodonosor, fu un reale ritorno alle origini: i Giudei rientravano in Mesopotamia, dove affondava la loro radice etnica più importante. Gli antesignani dei rabbini ritrovarono i nomi degli esseri appartenenti ai Mal’ak ed ai Karub (Mal'akim e Karubim nella corretta declinazione plurale ebraica) e si iniziò la redazione del Talmud babilonese e quella del Libro degli Splendori. Un esempio esaustivo di come venga codificata, in ambito cattolico, la stravolta natura di quei personaggi, si ha nel seguente brano. Dalle Omelie sui vangeli di san Gregorio Magno, papa (Om. 34, 8-9; PL 76, 1250- 1251). è da sapere che il termine «angelo» denota l'ufficio, non la natura. Infatti quei santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non si possono chiamare sempre angeli, poiché solo allora sono angeli, quando per mezzo loro viene dato un annunzio. Quelli che recano annunzi ordinari sono detti angeli, quelli invece che annunziano i più grandi eventi son chiamati arcangeli. II termine Italiano dio deriva dal latino deus, che trova il suo antecedente nell'antico aggettivo che significa niente di più e niente di meno che luminoso (così come il termine indostano devo, il quale deriva dal sanscrito senza alcuna modifica sostanziale); esso risale all'antichissima radice sanscrita ed indoariana deu. Ecco perché, nella Bibbia, i termini strategici sono Yahvè (dal Tetragramma YHWH. che significa Colui che è), Adonai (cioè Signore, il sostantivo di gran lunga più usato) ed Elohim (vedi sopra). Questi termini indicano la differenza rispetto alle altre divinità, che per lo più, ma non sempre, rimangono indistinte. Ecco perché il cristianesimo ha sempre aggiunto al vaghissimo termine Dio gli aggettivi onnipotente, misericordioso, onnisciente, onnipresente, ecc., ecc. (non si è ritenuto sufficiente scriverlo con la d maiuscola): nella Bibbia compaiono molti dei, ma uno solo è il premier. YAHVè, IL CAPO DI TUTTI GLI DEI A riprova di quanto detto riporto alcuni esempi biblici: Deuteronomio 10, 17. […] perché il Signore vostro Dio è il Dio degli dei, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali […] Il Salmo di Asaf 82. [1] Dio si alza nell'assemblea divina, giudica in mezzo agli dèi [...] [6] Io stesso ho detto: ‘Voi siete dèi. E voi tutti siete figli dell'Altissimo. A rafforzare quanto detto qui sopra abbiamo Gesù stesso che rimbecca i farisei: Giovanni 10, 34/36. Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: ‘Io ho detto: voi siete dei?’ [35] Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), [36] a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: ‘Sono Figlio di Dio?’» Insomma, Gesù vuole affermare che, come non c’è scandalo nel prendere atto che Dio padre si rivolge ad un'assemblea di dei a lui sottoposti, così non ci può essere a causa della sua affermazione di essere figlio di Dio: ambedue le proposizioni sono veritiere! Altri esempi si trovano in: Salmo 97, 7-9. Siano confusi tutti gli adoratori di statue e chi si gloria dei propri idoli. Si prostrino a lui tutti gli dei! […] Perché tu sei, Signore, l'Altissimo su tutta la Terra, tu sei eccelso sopra tutti gli dei. Salmo 136, |
Autore: | Enkidu [ 02/09/2012, 23:35 ] |
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Trovo questi post spaventosi.... ti rendi conto di quanti giorni mi vorranno per studiarmelo tutto? |
Autore: | Bastion [ 03/09/2012, 08:05 ] |
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Posso immaginarlo... Ma ti assicuro che ne vale la pena. Il pensatore (l'articolista), è veramente una persona molto colta. Quando lo leggevo (o ascoltavo), a volte mi faceva "paura" per tutte le cose che sapeva, e per i concetti che esprimeva. |
Autore: | MaxpoweR [ 03/09/2012, 14:40 ] |
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Ho iniziato a leggerlo *_* mi ci vorrà un pò per leggerlo tutto! p.s.: posso riportare l'articolo in un'altro forum? E si in che modalità posso farlo? |
Autore: | Hannah [ 03/09/2012, 15:28 ] |
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Cita: Enkidu ha scritto: Trovo questi post spaventosi.... ti rendi conto di quanti giorni mi vorranno per studiarmelo tutto? Lol, Scioccante: copiato e incollato in word senza modificare il carattere sono 41 pagine! !! ![]() |
Autore: | Bastion [ 03/09/2012, 18:09 ] |
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Cita: MaxpoweR ha scritto: Ho iniziato a leggerlo *_* mi ci vorrà un pò per leggerlo tutto! p.s.: posso riportare l'articolo in un'altro forum? E si in che modalità posso farlo? Riporta esattamente come ho fatto io. Con la fonte di sentistoria. Cita: Hannah ha scritto: Cita: Enkidu ha scritto: Trovo questi post spaventosi.... ti rendi conto di quanti giorni mi vorranno per studiarmelo tutto? Lol, Scioccante: copiato e incollato in word senza modificare il carattere sono 41 pagine! !! ![]() Lo so... Sono state proprio quelle 41 pagine a farmi desistere dal mettere a posto l'articolo ![]() |
Autore: | Hannah [ 03/09/2012, 18:52 ] |
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Al momento, ho sbirciato in modalita` random mx va letto con ordine. |
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