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Essere Interdimensionale
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MessaggioInviato: 14/05/2009, 21:51 
forse qualcosa qui
http://www.hinduismtoday.com/archives/1 ... 2-09.shtml
ciao
mauro



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sono lo scuro della città di Jaffa
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MessaggioInviato: 14/05/2009, 23:41 
Cita:
mi sarebbe piaciuto leggere il pdf citato:
A Critical Study Of The Work Vaimanika Shastra
ma non è operativo [xx(]


ciao mauro,
possiedo quel file ma non ho idea come poterlo caricare sul forum!!! [V]
qualche drittà? [?] [?] [?]

per quanto riguarda ciò che dice wikipedia è corretto. nella prima edizione si afferma che
Cita:
The story of this book is as follows: sometime in the period just before World War I, a Brahman named
Pandit Subbaraya Sastry began to dictate previously unknown texts in Sanskrit which purported to contain
ancient Indian technological knowledge. He in turn, credited a Vedic sage named Maharshi Bharadwaja, as
well as other Rishis who appear in legitimate Hindu texts.


ho raccolto molto materiale a riguardo e in questi giorni cercherò di postare il possibile per offrirlo ai membri del forum!

Arturo


Ultima modifica di Arturo il 14/05/2009, 23:42, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 15/05/2009, 00:00 
Bravi ragazzi sta venendo fuori un ottimo topic!

Anche io penso che siano queste le migliori prove che abbiamo per credere a qualcosa di molto diverso rispetto a quanto narrato nei libri di storia e in generale di un contatto della nostra razza con qualcun'altra esogena nell'antichità.

Tempo fa trovai questa storia interessantissima, ricollegabile per parecchi spunti a Mohenjo Daro e quindi a Tunguska:

http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/tu_calde.htm

Riporto qui uno stralcio di quanto contiene il link:

Cita:
A circa 500 chilometri, in linea d'aria, dall'epicentro più importante dell'esplosione della Tunguska, nella zona di nord-ovest della Yakutia, si trova il fiume Verkhnij Viliuj (Viliuj Superiore). È una zona impervia, recante ancora tracce di un disastroso cataclisma: boschi abbattuti da circa 800 anni e frammenti di roccia dispersi per centinaia di chilometri. In codesta zona quasi disabitata sono stati trovati degli oggetti di struttura metallica, sconosciuti alla scienza terrestre, la maggior parte dei quali interrati nel permafrost siberiano. Altri oggetti simili, sempre misteriosi, invece sono stati rinvenuti in superficie. La loro presenza è individuabile solamente attraverso le macchie di vegetazione rigogliosa e bizzarra cresciuta sul terreno.
Il nome antico di questo luogo in lingua yakuta è Ulyuyu Cherkechekh, che vuol dire "Valle della Morte". La zona di cui si sta parlando è da considerarsi un gran pantano con isole di taiga anfrattuosa, avente una superficie totale di oltre 100.000 chilometri quadrati.
Uno dei primi ricercatori russi a testimoniare ufficialmente questa presenza è stato R. C. Maak, il quale nel 1853 lasciò scritto: "In Suntar mi è stato raccontato che nelle vicinanze delle sorgenti del fiume Viliuj vi è un suo affluente chiamato Algyi Timirnit (Grande Caldaia Sotterrata). Nelle vicinanze della sua riva, in mezzo alla foresta, vi è nel terreno come sepolto un grande 'calderone fatto di rame', del quale emerge soltanto una piccola parte della sua struttura. Le sue dimensioni rimangono ignote come pure il significato di questa presenza è oscuro, sebbene che nel suo intorno ci siano tantissimi alberi."
Richard Carlovich Maak nacque il 23 Agosto 1825 nella città di Harensburg, sull'isola di Ezel, appartenente all'epoca all'Estonia. Fu educato in una scuola classica di San Pietroburgo, quindi si iscrisse alla Facoltà di Scienze Naturali presso la locale Università. Egli era attratto da tutte le novità e dall'ignoto: per questa ragione fu selezionato per insegnare nella lontana città di Irkutsk. Il giovane professore della scuola classica accettò però di partecipare alle attività di ricerca del Dipartimento Siberiano della Compagnia Geografica Imperiale Russa e con piacere intraprese delle spedizioni nei bacini dei fiumi quali il Viliuj, Chona e Tunguska Inferiore. Riferendosi alla storia anteriore a queste spedizioni, Maak ebbe a dire: "Già vi erano dicerie, logorate dal tempo, che mettevano in condizioni di supporre che l'area del fiume Viliuj, distretto della Yakutia, fosse ricca di ferro, di giacimenti minerali, di pietre preziose e che in molti altri fiumi abbondassero le sabbie aurifere".


che si ricollega a questo, postato dal caro Ufologo555:
Cita:
David non ebbe dubbi.''EXTRATERRESTRI''' dice '' nella Valle dell'Indo. Almeno fino al 300 a.C., doveva essercene un buon numero. Probabilmente il LORO scopo era quello dello sfruttamento di giacimenti metalliferi per il quale utilizzavano manodopera del posto''.


In questa storia dei calderoni sul fiume Viliuj ci sono alcuni parallelismi con Mohenjo Daro, non ultima l'antica traduzione dei nomi: Luogo dei morti, valle della morte. L'esplosione di tipo sconosciuto, i mezzi volanti e i terreni ricchi di particolari minerali...

Non lo trovate interessante?

Vorrei solo sapere se quanto trovato su edicolaweb sia o meno materiale affidabile...qualcuno ne sa qualcosa di più?


Ultima modifica di Manny il 15/05/2009, 00:05, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 15/05/2009, 00:18 
grazie per i complimenti, personalmente è la passione e il fascino verso questo mondo, il nostro mondo, che mi portano a far così.
per rispondere alla tua domanda riguardo all'affidabilità del materiale penso che la risposta migliore venga dallo stesso. In poche pagine
è stato prodotto un accenno di quanto possibile ma allo stesso tempo tanto inattaccabile quanto verificato. si parte dal 79 con Davemport
e le sue ricerche (se non si volesse accettare l'ipotesi extraterrestre non si può comunque negare il fatto di una immane esplosione atomica occorsa
nel 2000 a.C.), per passare al Vimanyka Shastra che ci dice cose incredibili per giungere a parallelismi e evidenze archeologiche senza precedenti.

questo è il mio pensiero, e come diceva Cicerore "Dubitando ad veritatem pervenimus". noi stiamo dubitando di quanto la storiografia ufficiale ci ha
propinato fino ad oggi, producendo prove di ciò che da anni non vuole essere accettato unanimemente, che cioè siamo gli ultimi inquilini di questo pianeta e
che molto ancora deve essere scoperto.

Un saluto

Arturo [:I]



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MessaggioInviato: 15/05/2009, 07:41 
Cita:
Arturo ha scritto:

Cita:
mi sarebbe piaciuto leggere il pdf citato:
A Critical Study Of The Work Vaimanika Shastra
ma non è operativo [xx(]


ciao mauro,
possiedo quel file ma non ho idea come poterlo caricare sul forum!!! [V]
qualche drittà? [?] [?] [?]



Fa cosi, va su http://www.mediafire.com/ , uploadi il file e poi posti l'indirizzo che ti danno da dove scaricarlo. E' facile da capire come fare, comunque se ti serve un aiuto chiedi pure.

Oltre a questo se volete posso postare un pezzo di un libro che ho che parla di Mohenjo Daro. Dovrete darmi un po di tempo però...


Ultima modifica di * Cesco * il 15/05/2009, 07:45, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 15/05/2009, 09:03 
anche io devo ringraziare tutti voi per questo post molto interessante.
se si dovesse confermare tutto, direi interessantissimo, interessante al massimo,ecc. ecc.
così ad occhio le prove documentali mi paiono un po' debolucce: essendo cose trascritte in tempi recenti, manca totalmente la prova storica del documento.

cmq il punto interessante non è questo. la prova fumante non sarebbe il documento, sarebbero le evidenze fisiche misurabili di un'esplosione atomica fuori dal tempo.
io non sono un fisico né un chimico e non sono in grado di dirimere la questione. certo mi piacerebbe che, chi ne ha la possibilità, dimostrasse e rendesse note le analisi fatte e le conclusioni raggiunte, con la possibilità di replicare i risultati...


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MessaggioInviato: 15/05/2009, 09:46 
Ecco la prima parte del pezzo del libro che dicevo.

Distruzione atomica a Mohenjo - Daro

Lo studioso D. Hatcher Childress, nel suo “Ancient Indian Aircraft Technology”, sottolinea come I Veda descrivano vimana di varie forme e dimensioni: l’ahnihotra.vimana con due motori, i “vimana elefanti” con più motori, e altrimodelli chiamati con nomi di animali. L’uso di questi caccia, come abbiamo visto, nella realtà e al di là delle riletture mistiche, non fu quasi mai per fini pacifici. Interpretazione fantasose a parte, pare che di tali guerre nucleari al tempo degli dei vi siano anche delle prove tangibili. Nel 1920 gli archeologi portavano alla luce le rovine della città di Harappa, nell’India Occidentale, risalente al 2500 a.C. Un'altra città fu poco dopo scoperta a 565 km più a sud sul fiume Indo, la città di Mohenjo – Daro. Queste città facevano da centri gemelli per più di 40 cittadine e villaggi, i cui abitanti usavano le stesse misure di peso con un sistema basato sul numero 16, costruivano case con mattoni di un solo tipo, cotti sul fuoco invece di essere fatti asciugare al sole. Gli archeologi pensano perciò che la che la vegetazione fosse forte e rigogliosa, data la grande quantità di legna necessaria come combustibile per le fornaci. Le città della valle dell’Indo dovettero il loro sviluppo al commercio e all’industria resi possibile dall’abbondanza degli alimenti. Le due città erano state progettate in modo simile, le strade principali (larghe fino a 9 m), dividevano la città in settori rettangolari con l’asse di circa un km e mezzo. In entrambe le città esisteva un sistema di canali di scolo di gran lunga superiore a quello di qualsiasi città antica: gli scoli che uscivano dalle case si scaricavano in canali più grandi che correvano sotto le strade e conducevano a enormi pozzi neri. In molte case c’erano stanze da bagno e a Mohenjo – Daro c’era una piscina in mattoni, impermeabilizzata con bitume. Chi vi abitava, dunque, sembrava avesse attinto ad una cultura “superiore”. Nella Valle dell’Indo le città prosperarono per molti secoli, fino al 2000 a.C. quando l’India fu invasa da uno o pià popoli di razza sconosciuta che, su carri trainati da cavalli e scoccando frecce della punta di metallo, saccheggiarono e bruciarono le città, distruggendo così la loro cultura che scomparve definitivamente nel 1200 a.C. Mohenjo – Daro fu una metropoli in cui si sviluppò una fiorente civiltà, sorta tra il 2500 e il 2100 a.C. che fu distrutta in circostanze misteriose ed i cui resti furono portati alla luce nel 1944 da Sir Mortimer Weeler. Tra i suoi enigmi vi è la scrittura pittografica, ancora indecifrata, in cui gli studiosi hanno classificato almeno 400 segni, simili a dei rebus. In merito alla sua fine, la scienza ufficiale propone due ipotesi: la prima considera l’inondazione del fiume Indo, e la seconda adduce le invasioni dei popoli arii. Ma i segni di bruciatura sui muri della città escluderebbe gli scontri bellici preistorici umani.
Lo studioso Salvatore Poma vede una stretta analogia tra la distruzione di Mohenjo – Daro e la distruzione di Sodoma e Gomorra. Innanzitutto, entrambe le regioni (la Valle dell’Indo e la pentapoli biblica nella valle di Siddim) vengono devastate e in entrambi i casi un personaggio, avvertito dell’imminente pericolo, riesce a rifugiarsi in una zona sicura. Inoltre, nelle due versioni, il provvedimento punitivo viene inflitto come conseguenza di un reato a sfondo sessuale, dove nel caso di Danda/Mohenjo – Daro la punizione vendica la violenza sessuale subita dalla figlia di Bhargava. Questa vicenda, ritenuta per secoli un episodio fantastico, un mito, ha trovato invece una conferma scientifica quando David Davenport ha rinvenuto, proprio a Mohenjo – Daro, evidenti tracce di contaminazione atomica avvenuta nel 2000 a.C., oltre ad innumerevoli oggetti vetrificati che solo un intenso calore avrebbe potuto produrre, e mura crollate sotto uno spostamento d’aria di inaudita potenza. Lo studioso Roberto Pinotti commenta: “Gli specialisti derisero Heinrich Schliemann, il commerciante tedesco che meno di un secolo fa pretese di andare alla ricerca dell’antica Troia, prendendo per buone le indicazioni dell’Iliade e dell’Odissea, che secondo gli studiosi erano un miscuglio di miti e leggende senza fondamento. Ma fu proprio quel Schliemann, il dilettante, a scoprire Troia.”
Forse è proprio quell l’attegiamento giusto: condurre le ricerche avendo sott’occhi i testi antichi, e sforzarsi di prenderli sul serio anche quando appaiono inverosimili. E’ quel che hanno fatto nel 1978 uno studioso di sanscrito, David Davenport, cittadino britannico nato in India, e il giornalista italiano Ettore Vincenti, dopo la lettura del Ramayana. Poema epico e contemporaneamente testo sacrò indù, come del resto l’altro poema nazionale, il Mahabharata, un confuso racconto di guerre e di battaglie avvenute in un antichità indefinita e leggendaria lungo la Valle dell’Indo. In quest’ultimo, le armi degli dei vi sono puntualmente descritte nel quinto libro. Esso narra la cruenta battaglia fra dei e guerrieri che indossavano armature di metallo. Questi ultimi vennero percossi da un arma insolita, chiaramente in grado di diffondere radioattività, sotto l’effetto della quale presero unghie e capelli: “ogni essere vivente impallidì poiché era stato sfiorato dal soffio mortale del dio”. Commenta l’autore: “ fu una visione terrificante. I cadaveri giacevano storpiati dalla tremenda vampa e avevano perso ogni fattezza umana. Mai prima d’ora vi fu un arma cosi micidiale …”.
Ulteriori informazioni ci giungono da un altro testo epico indiano, il Ramayana, che riporta: “avvolto negli abiti del cielo, Rama salì sul carro e si lanciò in una battaglia quale non era mai apparsa ad occhi umani. Dei e mortali assistettero alla lotta osservando tremanti l’attacco di Rama sul carro da guerra. Nubi di frecce oscurarono il volto splendente del firmamento. E fu buio sul campo di battaglia. I colli, le valli, l’oceano furono scossi da venti terribili; il sole impallidì. Poiché la battaglia non volgeva al termine, Rama, nella sua collera, afferrò l’arma di Brahma, colma del fuoco celeste. Era l’arma alata della luce ferale, come il fulmine del cielo. Accelerata dall’arco ricurvo, la saetta mortale precipitò trapassando il di metallo di Rama. Quando fu di nuovo silenzio, sulla pianura insanguinata piovvero fiori celesti e arpe invisibili intonarono nel cielo una musica di pace”.
Nei testi Indù si parla abbondantemente di aerei. I libri sacri dicono che i vimana possono volare e li descrivono come vere e proprie macchine. Vien detto anche che al loro interno “non fa ne troppo caldo ne troppo freddo”, è impossibile non pensare alla climatizzazione dei nostri aerei. Gli increduli possono scuotere il capo. David Davenport ed Ettore Vincenti hanno fatto qualcosa di più costruttivo. Nel Ramayana (Uttara Kanda, cap. 81) si parla di un rishi (un sapiente) che, adirato contro gli abitanti di una città chiamta Lanka, da un preavviso di sette giorni; al termine dei quali promette “una calamità, che cadrà come fuoco dal cielo”. Ebbene: testo scascro alla mano, i due si sono recati in India per identificare questa Sodoma orientale. Davenport e Vincenti ritengono, per motivi linguistico – geografico, di aver identificato l’antica Lanka, nella citta di Mohenjo – Daro, centro della “civiltà di Harappa”, fiorita (e improvvisamente estinta) attorno al 200 a.C. Mohenjo – Daro, nome moderno (significa Luogo della Morte) era chiamato qualche secolo fa “Isola” (Lanka), perché era circondata da un braccio secondario del fiume Indo, oggi prosciugato. Gli scavi archeologici, condotti soprattutto dai britannici, una trentina d’anni fa, hanno messo in luce una realtà misteriosa e sconvolgente. “Gli ultimi abitanti di Mohenjo – Daro sono periti di una morte subitanea e violenta”, ha scritto l’archeologo Sir Mortimer Wheeler. Nelle macerie della città sono stati trovati 43 scheletri: si tratta di persone colte da morte istantanea mentre attendevano alle loro faccende. Una famigliola composta da padre, madre e un bambino, è stata trovata in una strada, schiacciata al suolo mentre camminva tranquillamente. “Non si tratta di sepolture regolari” ha scritto l’archeologo John Marshall, “ma probabilmente del risultato di una tragedia la cui natura esatta non sarà mai nota”. Un’incursione di nemici è esclusa, prechè i corpi non presentano ferite da arma bianca. In compenso, come ha scritto l’antropologo indiano Guha, “si trovano segni di calcinazione su alcuni degli scheletri. E’ difficile spiegare questa calcinazione…”. Tanto più che gli scheletri calcinati sembrano meglio conservati degli altri.
“E’ un mistero per cui Davenport e Vincenti hanno arrischiato una spiegazione, di cui hanno reso minutamente conto in un libro che hanno scritto insieme, 2000 a.C. : Distruzione atomica.”
L’antica Lanka è stata spazzata via, sostengono, da una esplosione assimilabile ad una deflagrazione nucleare, Le prove? “abbiamo individuato chiarante sul posto l’epicentro dell’esplosione”, spiga Davenport, “è una zona coperta de detriti anneriti, resti di manufatti di argilla. Abbiamo fatto esaminare alcuni di questi detriti presso l’Istituto di Mineralogia dell’Università di Roma: risulta che l’argilla è stata sottoposta ad una temperatura altissima, più di 1500 gradi, per qualche frazione di secondo. C’è stato un inizio di fusione subito interrotta. E’ escluso che un normale incendio o il calore di una fornace possano produrre questo effetto. Inoltre, le case dell’antica città sono state danneggiate con tanto minor gravità, quanto più son lontane dall’epicentro. Nei pressi dello scoppio, gli edifici, sono stati rasi al suolo. Un po’ più lontani della città le mura rimaste in piedi superano i 3 metri”.
“E’ l’inequivocabile effetto di un esplosione avvenuta a qualche metro da terra. L’ipotesi che il disastro sia stato provocato da un esplosione di tipo nucleare”, dice Ettore Vincenti, “è rafforzata da una leggenda che abbiamo raccolto da un abitante del luogo. Egli ci ha raccontato che i signori del cielo, adirati con gli abitanti dell’antico regno dove ora c’è il deserto, hanno annientato la città con una luce che brillava come mille soli e che mandava il rombo di diecimila tuoni. Da allora chi si arrischia ad avventurarsi nei luoghi distrutti viene aggredito da spiriti cattivi che lo fanno morire”.
David Davenport e Ettore Vincenti non si nascondono che la loro ipotesi appare del tutto inverosimile. “E’ difficile credere che una civiltà di quattomila anni or sono, capace di costruire missile, macchine volanti, e bombe atomiche, sia scomparsa senza lasciare traccia”. Una civiltà tecnologica sarebbe anche una civiltà industriale: quindi una civiltà che lascia montagne di rifiuti e di rottami. Anche fra quattromila anni i resti della nostra cultura tecnologica dovrebbero essere visibile: se non altro per la grande quantità di macerie, ruderi di cemento, spazzatura di vario genere. Niente di tutto quanto si trova nella città di Mohenjo – Daro: la quale era una città prospera ed avanzata, con pozzi disposti razionalmente ed un progredito sistema di fognature, ma certamente non inserita in un sistema tecnologico paragonabile al nostro. Le poche armi ritrovate sono lance e spade, nonc erto fucili e pistole.
E allora? “si impone l’ipotesi aliena” dice Vincenti. “I signori del cielo” che distrussero l’antica Lanka erano forse esseri giunti da atrove…

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Più tardi posterò anche la seconda parte.


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MessaggioInviato: 15/05/2009, 12:43 
Ed ecco la seconda parte!

L’enigma dei reperti

Il 4 giugno 1979 il quotidiano “Paese sera” scriveva: “La paura delle esplosioni nucleari sarebbe cosa antica. Secondo lo studioso inglese David Davenport, Mohenjo-Daro sarebbe stata distrutta da un esplosione di tipo atomico … Le analisi del prof. Bruno Di Sabatino, incaricato di vulcanologia all’Istituto di mineralogia e petrografia, del prof. Amleto Flamini e del dott. Gianpaolo Ciriaco indicano che i reperti sono stati sottoposti a temperature superiori ai 1500 gradi, in tempi brevissimi. Secondo i nostri docenti dell’università non si può trattare di fenomeni naturali; un vulcano avrebbe reso la massa esaminata più compatta, un meteorite presenterebbe una composizione chimica diversa da quella analizzata, un terremoto avrebbe scomposto le falde acquifere e gli strati geologici della zona. Al contrario, le fotografie scattate a Mohenjo-Daro fanno rilevare che tutto è rimasto al suo posto, compresi i pozzi d’acqua tutt’ora funzionanti.
Gli scettici hanno obbiettato che non esiste traccia dei misteriosi scheletri calcificati (almeno, non se ne parla negli esami condotti in laboratorio in Italia) e che l’intero evento potrebbe essere spiegato (con argomentazioni peraltro inconsistenti) con una fuga di grisou. Ma campioni raccolti da Davenport erano stati consegnati al Centro Ufologico Nazionale e studiati presso il Dipartimento di chimica dell’Università dei Pisa, che aveva rilevato una contaminazione da radiazioni atomiche, con i livelli dell’uranio, del plutonio e del potassio 40 enormemente elevati e non certo spiegabili con la radiazione naturale di fondo. Da parte sua, nel proprio libro, Davenport affermava, a proposito di altri reperti da lui fatti studiare, che “i due campioni analizzati si presentano come scoriacei (con scorie), con diverso grado di bollosità. Il primo indicato come un frammento di un manufatto (vaso) presenta una leggera patina esterna meno bollosa della parte interna del campione; tale fenomeno si potrebbe imputare ad un riscaldamento che procede dall’esterno verso l’interno e un veloce raffreddamento che consente la conservazione della bollosità. Il secondo campione indicato come un frammento di rocciasi presenta molto più bolloso del precedente. All’analisi diffrattometrica i due campioni hanno la stessa associazione mineralogica, costituita da quarzo,feldspati (plagioclasio, anortoclasio), pirosseno,e vetro, ma in quantità diverse; infatti l’incidenza di vetro è minore nel primo campione.
Dallo studio condotto si evidenziava che nel primo campione di cui si parlava, il calore era riuscito a far evaporare quasi completamente l’acqua per uno strato sottile all’esterno, ma il raffreddamento, veloce, era sopraggiunto prima che il processo si riproducesse con la stessa evidenza all’interno della massa. Era dunque relativamente facile stabilire la temperatura minima raggiunta: tenendo presente l’aspetto dei campioni e il fatto che le condizioni non erano “stabili” (il calore, cioè, non aveva avuto il tempo di distribuirsi uniformemente su tutta la massa), la temperatura raggiunta si aggirava attorno ai 1100/1200 gradi. Ma non era assolutamente possibile stabilire quale fosse stata la temperatura effettiva raggiunta per la mancanza del secondo elemento di valutazione, il tempo. Il secondo esame condotto fu la diffrattometria ai raggi X, per l’analisi della struttura della materia. Un frammento del campione di minerale venne finemente polverizzato, posto in una provetta e, attraverso la polvere venne fatto passare un fascio di raggi X ad alto potenziale; questi raggi impressionarono una lastra sensibile, dandoci una vera e propria radiografia del minerale. E’ stata sottoposta a questo esame una “goccia” di argilla fusa, e risolidificatasi. Davenport riferiva che lo spettro di diffrazione del campione 1 (parte interna) presentava alcuni deboli riflessi che indicavano la presenza di qualche microcristallo. Lo spettro relativo al campione 2 (parte esterna, che si presentava visivamente allo stato di liquefazione) non presentava alcun riflesso ed era tipico di sostanza completamente amorfa. Il punto di fusione del minerale è di circa 1400/1500 gradi centigradi, ma l’aspetto dei vacuoli è tipico di temperature superiori a tempi brevissimi. Non c’è peraltro da stupirsi di ciò, del punto di fusione notevolmente più elevato di quello indicato dal precedente. I reperti di Mohenjo-Daro sono stati dunque espposti ad un’ondata di calore intensissimo ma di brevissima durata; dopo di che la temperatura è istantaneamente scesa a livelli normali.


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MessaggioInviato: 15/05/2009, 13:09 
Ciao Angel,
grazie infinite per il materiale davvero interessante.Me lo studierò a fondo e quanto prima vedrò di pubblicare altre cose messe in archivio.

Un saluto

Arturo



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MessaggioInviato: 15/05/2009, 13:10 
Scusa Angel,
potrei chiederti le indicazioni bibliografiche precise del libro da cui hai attinto?
Grazie mille e a buon rendere

Arturo



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Di niente! [:)]


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Il libro è "UFO impatto cosmico" di Alfredo Lissoni.


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grazie mille, a buon rendere [:)]



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Lanka (Sanskrit:#2354;#2306;#2325;#2366; Lanka -, significa "isola") è il nome dato nella mitologia indù alla capitale dell'isola fortezza del re Ravana nei poemi epici Ramayana e Mahabharata, ed è quella che, ai giorni nostri, si pensa essere il moderno Sri Lanka. La fortezza era situata in un altopiano tra tre montagne note come le Montagne di Trikuta Trincomalee. La città dell'antica Lanka fu bruciata dal Dio Hanuman.

Dopo che Ravana fu ucciso da Rama, il fratello Vibhishana di Ravana dominò il regno. I suoi discendenti dominarono il regno durante il periodo del Pandavas. Come per il poema epico Mahabharata, il Pandava Sahadeva aveva visitato questo regno durante la sua campagna militare e meridionale per il Rajasuya sacrificio di Pandava re Yudhisthira.

I regnanti di Lanka

Lanka fu dominata originalmente da un Rakshasa chiamato Sumali (come per Ramayana). Più tardi fu presa da Visarvana (Kubera) che era un Yaksha. Da lui, Rakshasa Ravana, ottenne la leadership di Lanka. Rama uccise Ravana e fece salire suo fratello Vibhishana sul trono di Lanka.

Secondo il Mahabharata, il re Yahska Vaisravana alias Kubera era il regnante di Lanka. Il suo capitale fu protetto da Rakshasas. Suo cugino Ravana lottò con Kubera in una battaglia, ottenendo così la sovranità di Lanka. Ravana dominò Lanka come il re di Rakshasas. Avendo ucciso il re del Rakshasas, viz Ravana, assieme con suo fratello Kumbhakarna, figli e parentela, Rama installò nel regno di Lanka il capo di Rakshasa, Vibhishana, pio, riverente, gentile e devoto a colui cui era a carico.

L'invasione di Rama e la conquista di Lanka

Secondo la storia raccontata nel Ramayana e (in una versione abbreviata) nel Mahabharata (il Libro III: Varna Parva, Sezioni 271 ff.), Ravana era un re potente, che dominò Lanka in India così come area ragionevole. Laxman che era il fratello di Rama tagliò il naso a Surpankha, sorella di Ravana, quando lei stava per assaltare Sita. Per vendicare questo, Ravana catturò Sita e la portò via alla sua fortezza in Lanka. Rama formò un'alleanza con [qui il paragrafo di Wikipedia si interrompe O.o]

La Battaglia di Lanka è dipinta in un bassorilievo famoso nel tempio di Khmer di Angkor Wat del 12° secolo.


Riferimenti a Lanka nel Mahabharata


Molti dei riferimenti a Lanka nel Mahabharata si trovano nella narrazione di Markandeya, saggio della storia di Rama e Sita sino al re Yudhishthira, una narrazione che ammonta ad una versione troncata del Ramayana. Le referenze nel sommario seguente sono al Mahabharata, ed aderisce alla forma seguente: (il book:section). la narrazione di Markandeya della storia comincia a Libro III (Varna Parva), Sezioni 271 del Mahabharata.

La spedizione di Sahadeva a Sud

Il figlio di Pandu, viz. Sahadeva, conquistò la città di Sanjayanti ed il paese del Pashandas ed il Karanatakas grazie ai suoi messaggeri da soli, i quali dovetterò poi pagare i tributi a lui. L'eroe portò sotto la sua soggezione ed esigè tributi dal Paundrayas (Pandyas?) ed il Dravidas insieme all'Udrakeralas e l'Andhras ed il Talavanas, il Kalingas e l'Ushtrakarnikas, ed anche la città deliziosa di Atavi e che dello Yavanas. E, quando fù arrivato alla spiaggia, inviò grandi messaggeri di assicurazione all'illustre Vibhishana, al nipote di Pulastya e al regnante di Lanka (2:30).

Fonte:
http://en.wikipedia.org/wiki/Lanka

La traduzione è la mia, quindi mi scuso per le incongruenze (se mai ci fossero) :D


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MessaggioInviato: 15/05/2009, 14:24 
Si, c'è sto dilemma amletico su quale sia la vera Lanka, se mohenjo-daro o lo sri lanka. Boh, se si può fare una supposizione: il termine Lanka = isola, Sri Lanka = isola di Sri o isola Sri, mentre Lanka da sola come nome di città sarebbe più "L'Isola" potrebbe benissimo essere lo sri lanka, ma potrebbe benissimo essere un altra città da cui poi lo sri lanka per differenziarsi aggiunse lo Sri di specificazione.

In pratica c'è già una Lanka, ne troviamo un altra ma siccome il nome è già in uso specifichiamo che è un altra, è la Sri Lanka. Non so se mi sono spiegato... comunque sono solo speculazioni. L'unico modo per capire qual'è quella vera è quel passo:

Cita:
La fortezza era situata in un altopiano tra tre montagne note come le Montagne di Trikuta Trincomalee.


bisogna trovare quelle montagne... quali sono? dove stanno?


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