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Mohenjo Daro: la collina dei morti radioattivi
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Pagina 1 di 13

Autore:  Teschio [ 11/05/2009, 12:21 ]
Oggetto del messaggio:  Mohenjo Daro: la collina dei morti radioattivi

Mohenjo Daro: la città distrutta dai Vimana?

Immagine

La parola vimana in sanscrito significa "uccello artificiale abitato". Con questo termine le popolazioni dell'antica valle dell' Indo, indicavano le astronavi usate dagli "esseri celesti" per i loro viaggi.

Nel 1875 in un antico tempio indiano viene ritrovato un manoscritto risalente al IV secolo a.C. Il testo descrive in dettaglio la costruzione e il funzionamento di un vimana, ma anche come deve essere pilotato, la dieta da seguire per i piloti, le rotte spaziali, le armi, il radar, i monitor e molte altre cose impensabili per l'epoca. I vimana sono menzionati in quasi tutti i testi sacri indiani. Ogni manoscritto e' ricco di particolari che rendono impossibile credere che il tutto sia solo mitologia.
Molti studiosi sono d'accordo nell' affermare, che molti millenni fa la Terra e' stata visitata da esseri extraterresti, questi Dei hanno accelerato la civilizzazione donandoci conoscenze superiori al livello tecnologico dell'epoca. In passato gli Dei solcavano i nostri cieli su navi volanti equipaggiate con potenti armi da guerra. Gli Dei mitologici sono gli alieni, gli esseri celesti che con i loro vimana hanno dato vita ad una antica guerra tra esseri stellari.

Esistono le prove archeologiche di queste antiche battaglie fatte con armi nucleari, un esempio sono i resti della città di Mohenjo Daro, conosciuta come la collina dei morti. In questo sito sono stati ritrovati 44 scheletri umani estremamente radioattivi. La città presenta tutti i segni di una distruzione avvenuta per mezzo di un esplosione nucleare. Dalle analisi, effettuate dall'Istituto di Mineralogia dell'Università di Roma, risultò che alcuni campioni di vasi e mattoni erano stati sottoposti ad una fusione di pochi istanti subito interrotta, nulla in natura può produrre un tale effetto eccetto una bomba atomica.

Interessanti sono anche le incisioni in scrittura cuneiforme lasciate dalla civiltà sumera. Le tavolette in argilla narrano di una guerra furiosa scoppiata tra fazioni opposte di Dei per il controllo della Terra, che provocò un vento radioattivo sulla penisola del Sinai. Ancora oggi quei luoghi sono cosparsi di pietre annerite.

E' chiaro che nel 2000 a.C. gli antichi popoli dell' Indo e del Sinai sono stati testimoni di una guerra nucleare tra "Dei". Gli alieni sono scesi sulla Terra entrando nel mito dei popoli terrestri, una verità tanto logica quanto scioccante e difficile da accettare.




Qualcuno sa se ci sono novità riguardo la collina dei morti?

Nuove ricerche, libri o ulteriori esami sugli scheletri radioattivi?

Autore:  Ufologo 555 [ 11/05/2009, 15:16 ]
Oggetto del messaggio: 

(Già postato http://www.ufologia.net/forum/topic...whichpage=20)


2000 a. C. ESPLOSIONE ATOMICA



Ora parliamo un po di antichità, precisamente dei famosi "VIMANAS"



David W. Davenport, un inglese, ma nato in India, esperto di Sanscrito e di tradizioni indiane, sembra oggi rinverdire le esperienze di Schliemann e dei suoi rapporti con l'archeologia ortodossa.

David, dunque ha approfondito lo studio dei testi Vedici, partendo dal presupposto, tutto indiano, che quanto dicono i manoscritti non deve essere interpretato in chiave simbolico-mitologica, ma storica.

David tornò in occidente con le prove di un 'ESPLOSIONE ATOMICA nell'Antichità!

I reperti raccolti nella zona ritenuta l'epicentro della deflagrazione a Mohenjo-Daro ( luogo di morte, oggi ), una volta: Suvarnaka-Lanka, sono stati sottoposti a rigorose analisi da parte degli esperti del C.N.R. Con risultati imprevedibili per tutti, tranne che per David.

Gli oggetti riportati ( bracciali, anfore, bronzi, pietre ) appaiono come fusi, vetrificati, per effetto di un calore dell'ordine di circa 1500°, cui è seguito un brusco raffreddamento, in una frazione di secondo!

Nessun evento o calamità naturale poteva condurre a risultati del genere, ne eruzioni vulcaniche, ne meteoriti, ne alluvioni, ne terremoti ( esiste ancora un pozzo funzionante ), ne tanto meno battaglie convenzionali nelle quali fossero impiegati armamenti dell'epoca.

“ Un'esplosione atomica non è poi cosa tanto sorprendente” sostiene Davenport.

“ I testi Vedici parlano di mezzi aerei ( i famosi Vimanas ) e di armi sofisticate quali soltanto oggi potremo immaginare. Dal che si deduce che CHI impiegava una tale tecnologia era in grado di servirsi di energie di tipo Atomico”.

E' un ragionamento che non fa una grinza. Infatti non è pensabile che Valmiki, autore del Ramayana, e gli altri più o meno sconosciuti estensori dei testi Vedici possedessero una fantasia così sbrigliata da poter immaginare missili teleguidati, armi chimiche, batteriologiche e via dicendo, quando le armi impiegate in quel tempo erano soltanto archi, frecce e lance!

E quando nel Ramayana si parla di queste armi non le confonde davvero con esplosioni atomiche e missili, basta controllare i lvolume di David Davenport.

Senza dubbio altrettanto sorprendente è il fatto che nel 2000 a. C. ci fossero Astronavi che solcavano in lungo ed in largo i cieli del nostro pianeta!

I manoscritti le chiamano “Vimanas”, vocabolo che significa letteralmente “uccello artificiale abitato”. Nel Ramayana si parla diffusamente di uno di essi, il “Pushpaka-Vimana”, in dotazione al re di Lanka, Ravana Dashagriva, che se ne era impadronito come trofeo dopo aver usurpato il trono al fratello Dhanada.

Quando, dopo un'aspra lotta, Rama conquistò Lanka per liberare Sita, la sua sposa, rapita dal perfido Ravana, il Pushpaka-Vimana fu catturato come bottino di guerra e servì al vincitore per tornarsene in volo nella città paterna di Ayodhya.

Tutto questo per dire che il viaggio aereo di circa 2000 Km e la descrizione che Rama fa a Sita del territorio sorvolato con i nomi dei fiumi, dei laghi delle città, è uno dei brani più interessanti del Ramayana. Ci si può ragionevolmente domandare come facesse il suo autore a descrivere il cielo buio, di giorno, nel sorvolare la vasta regione dall'alto e conoscere la giusta rotta...

I casi sono tre: o Valmiki si è inventato tutto, il che è improbabile, o aveva avuto una reale esperienza di volo, oppure aveva a disposizione precise carte geografiche.

A parte le difficoltà obiettive a rispondere ad interrogativi del genere, l'enigma delle Astronavi della preistoria si complicano quando ai poemi epici, che parlano dei Vimanas, si aggiunga un altro manoscritto Sanscrito: il Vymanika Shastra, che è un vero e proprio manuale aeronautico!

L'incredibile non è tanto il fatto che anche in questo testo si disserti di vari tipi di velivoli, quanto il fatto che in esso siano descritti i loro piani tecnici, sia pure con l'approssimazione con la quale oggi un profano interessato alla NASA descriverebbe i piani dell'”Apollo” o del “Viking!

Maharashi Bharadwja, autore del Vymanika, concentra in poco più di un centinaio di pagine, istruzioni per i piloti, indicazioni sulla loro alimentazione a bordo, chiarimenti sul tipo di metalli, descrizioni di tre tipi di Vimanas e delle loro più sofisticate apparecchiature!

Nel libro di Davenport è descritto lo sforzo dell'autore, che non era un tecnico, di essere il più possibile chiaro e preciso.

Con tutto ciò appare comunque evidente che colui che ha scritto il Vymanika Shastra ha visto REALMENTE le Astronavi ; le ha viste abbastanza a lungo per descriverle, probabilmente è anche salito a bordo ed ha parlato molto con i piloti...

No vi è paragone fra dovizia d'informazioni che questo testo fornisce e le scarne descrizioni del Ramyana, del Mahabaharata e di altri testi Vedici.

Va fatta un'altra considerazione. Se i testi sono autentici ( come ci assicura davenport, in base alle prove raccolte ), se è stato compilato realmente circa una ventina di secoli fa ( e come ci assicura lo scopritore, Joser, direttore dell'International Accademy of Sanskrit Research di Mysore ) ci troviamo di fronte ad un documento la cui importanza è difficilmente misurabile!

Anzi, è probabile che, se esaminato con cura e mente scevra di pregiudizi da un'equipe di scienziati, possa fornire informazioni tali da far fare un balzo in avanti alla nostra tecnologia!

Per ultimo ho lasciato l'interrogativo più affascinante dell'intera vicenda: CHI PILOTAVA I VIMANAS ?

Il Ramayana ed il Mahabharata sono chiari in proposito: NESSUNO dell'epoca Vedica, sia ariano che dravidico, era in grado di pilotare quelle Astronavi.

David non ebbe dubbi.” EXTRATERRESTRI “ dice “ nella Valle dell'Indo. Almeno fino al 300 a.C., doveva essercene un buon numero. Probabilmente il LORO scopo era quello dello sfruttamento di giacimenti metalliferi per il quale utilizzavano manodopera del posto.

Quanto poi ai loro interventi diretti nelle guerricciole tra gli indigeni “ dice sempre Davenport “ si può ipotizzare che l'uso della Loro sofisticata tecnologia militare voleva significare la Loro capacità di porre fine qa qualsiasi bega che disturbasse il quieto svolgimento del Loro programma.

Quando in seguito il Loro programma di ricerche e di sfruttamento si è concluso, se ne sono andati, lasciando che il Loro ricordo impresso nella memoria degli indigeni, che a loro volta lo tramandarono ai loro discendenti sotto forma di racconti che, con il passare del tempo, si deformarono sempre più trasformandosi in “miti” e “leggende”.

Qui, Davanport, si raffigura questi Esseri abbastanza simili alla nostra Era, dato il loro comportamento!

Comunque, il fatto che 4000 anni fa, nel cielo della Valle dell'Indo sia avvenuta un'esplosione Atomica di potenza tale da distruggere una popolosa città di circa tremila abitanti ( che furono persino avvisati di abbandonare il luogo, infatti furono trovati una dozzina di cadaveri calcificati come ad Hiroshima ) , chiamata a quei tempi Suvarnaka-Lanka, ed ora Mohenjo-Daro ( luogo di morte, dove tuttora gli indigeni si rifiutano di andare,anche mio fratello me l'ha più volte confermato ) e cancellare una civiltà ricca ed evoluta, non è notizia che un occidentale positivista possa tranquillamente accettare come dato storico incontrovertibile...

Un archeologo tradizionalista non la prenderebbe neppure in considerazione! E se qualcuno insistesse portando alcune prove quali la zona individuata dell'epicentro dell'esplosione ( con i muri delle abitazioni che degradano fino a pochi cm. d'altezza a causa dell'onda d'urto avvenuta in quota, proprio come si farebbe ora per la massima distruzione, sull'epicentro ) ed i testi Sanscriti che descrivono la catastrofe nei minimi dettagli, compreso il lampo accecante, il succitato archeologo , guardando l'interlocutore con un misto di ribrezzo e di compatimento, obietterebbe che la storia è un insieme di fatti accertati e non un campionario di invenzioni poetiche e mitologiche.

Ma per noi, i fatti sono questi:

1) Mohenjodaro, fiorente e popolosa città in riva all'Indo è “morta” improvvisamente in un'epoca imprecisata che gli archeologi hanno fissato entro limiti massimi del 1700-2500 a.C.


2) Nelle sue strade, sono stati rinvenuti 44 scheletri, 43 dei quali risalenti al momento della fine della città. Il 44° è invece vecchio di pochi secoli fa e quindi non ci interessa.


3) Le posizioni in cui sono stati trovati gli scheletri denunciano una morte improvvisa, ma senza segni di ferite d'arma bianca.


4) Gli scheletri portano evidenti segni di calcinazione.


5) La posizione in cui sono stati trovati , fa ritenere che le persone non si aspettassero di morire!


6) Gli scheletri sono stati rinvenuti in una fascia semicircolare della città.


7) Durante gli scavi sono state rinvenute pochissime armi.


8) Sui ruderi della città sono state rilevate tracce di vasti incendi che hanno interessato soprattutto i piani più alti.


9) Almeno uno dei pozzi della città è ancora attivo.


10) I ruderi sono di altezze diverse. Collegandone le cime con una linea ideale si ottiene una retta che degrada verso il lato Sud-Sud-Ovest della città.


11) Nel punto in cui questa retta ideale si congiunge al terreno, il suolo è ricpoerto , per una larga zona, di frammenti d'argilla fusi e vetrificati.


12) Questi frammenti sono stati esposti, per un brevissimo periodo, ad un calore di migliaia di gradi.


13) La maggioranza delle case sono state trovate prive delle suppellettili, come se la popolazione avesse EVACUATO la città...




Questi tredici punti essenziali rappresentano altrettanti fatti incontrovertibili, che chiunque può controllare con relativa facilità.

Viste , a grandi linee, le caratteristiche della scomparsa di questa città, resta l'ipotesi che gli eroi e gli dei descritti nei testi Vedici, siano in realtà EXTRATERRESTRI.

E' un'ipotesi che si fa fatica ad accettare, perché sotto sotto, emotivamente , siamo ancora... tolemaici!

Autore:  Aztlan [ 11/05/2009, 15:54 ]
Oggetto del messaggio: 

Ottimo argomento, Teschio! E complimenti a Ufologo!

Mi hai anche dato inconsapevolmente una mano nelle mie ricerche. Sto studiando l' argomento sotto una nuova prospettiva, ma la mole di dati da ricercare e elaborare è infinita.

I vostri interventi mi hanno risparmiato chissà quanto prezioso tempo di ricerca, permettendomi di impegnarmi nell' andare più a fondo. Ve ne ringrazio. [;)]


Presto in arrivo il già pluri-promesso topic con la mia teoria sui fatti vedici.

Autore:  Teschio [ 11/05/2009, 16:49 ]
Oggetto del messaggio: 

Cita:
Aztlan ha scritto:

Ottimo argomento, Teschio! E complimenti a Ufologo!

Mi hai anche dato inconsapevolmente una mano nelle mie ricerche. Sto studiando l' argomento sotto una nuova prospettiva, ma la mole di dati da ricercare e elaborare è infinita.

I vostri interventi mi hanno risparmiato chissà quanto prezioso tempo di ricerca, permettendomi di impegnarmi nell' andare più a fondo. Ve ne ringrazio. [;)]


Presto in arrivo il già pluri-promesso topic con la mia teoria sui fatti vedici.



Infatti l'argomento e' molto importante, ma le notizie che ho io sono vecchie e mi chiedevo se ci fossero novità.

Della città di Mohenjo Daro ne ha parlato anche Malanga in alcune interviste, però viene trattata come una cosa di minore importanza, rispetto ad altri avvenimenti che secondo me valgono di meno.

Se si potesse dimostrare in modo inopinabile che la città e' stata distrutta da una bomba atomica 4000 anni fa, avremmo la prova archeologica che confermerebbe la teoria degli antichi astronauti.

Quindi perché se ne parla poco e non si concentrano le ricerche in questa direzione?

Autore:  Aztlan [ 11/05/2009, 18:54 ]
Oggetto del messaggio: 

Cita:
Teschio ha scritto:

Cita:
Aztlan ha scritto:

Ottimo argomento, Teschio! E complimenti a Ufologo!

Mi hai anche dato inconsapevolmente una mano nelle mie ricerche. Sto studiando l' argomento sotto una nuova prospettiva, ma la mole di dati da ricercare e elaborare è infinita.

I vostri interventi mi hanno risparmiato chissà quanto prezioso tempo di ricerca, permettendomi di impegnarmi nell' andare più a fondo. Ve ne ringrazio. [;)]


Presto in arrivo il già pluri-promesso topic con la mia teoria sui fatti vedici.



Infatti l'argomento e' molto importante, ma le notizie che ho io sono vecchie e mi chiedevo se ci fossero novità.

Della città di Mohenjo Daro ne ha parlato anche Malanga in alcune interviste, però viene trattata come una cosa di minore importanza, rispetto ad altri avvenimenti che secondo me valgono di meno.

Se si potesse dimostrare in modo inopinabile che la città e' stata distrutta da una bomba atomica 4000 anni fa, avremmo la prova archeologica che confermerebbe la teoria degli antichi astronauti.

Quindi perché se ne parla poco e non si concentrano le ricerche in questa direzione?





Ti sei risposto da solo.

Perchè nessuno vuole rovinarsi la carriera nella ricerca della prova della teoria, e soprattutto poteri forti impedirebbero a chiunque lo tentasse di rivelare le prove che ottenesse.

E' una verità troppo scomoda.


Tutti i nostri libri di Storia andrebbero riscritti, tutti quelli - professori, studiosi, archeologi, storici ecc - che hanno costruito la loro carriera sulla teoria ortodossa, vedrebbero demolita la fonte del loro potere: tutto ciò che ci dicevano di sapere era sbagliato.

Praticamente, dovremmo licenziare in tronco tutto l' organico delle Università di Storia di tutto il mondo e sostituirli con improvvisati ufologi dell' ultimo momento che teorizzerebbero all' infinito sulla presenza aliena nell' antichità ma non saprebbero manco la data di fondazione della città di Roma.

Senza nemmeno nominare gli sconvolgimenti culturali, politici, religiosi.....


In poche parole, sarebbe il caos. L' esatto contrario del potere.

In greco antico infatti, le parole "potere", "ordine", "principio" sono una sola: ARHE' (Alpha Rho Chi Eta, per chi volesse cercarla sul Rocci)

Aztlan

Autore:  mauro [ 11/05/2009, 22:29 ]
Oggetto del messaggio: 

cari amici riposto di qui il link sul Vymanika Shastra

http://www.deepertruth.com/books/ufo/vs/index.htm
che è più consono che in
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ ... hichpage=4
(dove, tra l'altro, non si capiva bene.)
Ma, per me ,vale quanto detto di la [;)]
ciao
mauro

Autore:  Arturo [ 11/05/2009, 23:29 ]
Oggetto del messaggio: 

girovagando per la rete ho trovato nel sito del ricercatore Enrico Baccarini (http://www.enricobaccarini.com/daven01.htm) il seguente articolo di Lord William Davemport che penso potrà interessare!

Arturo




Presenze Estranee nell'Antichità

di Lord David William Davenport



Solo ora il problema della possibilità di vita intelligente su altri pianeti sta prendendo piede in termini di indagine scientifica.I primi tentativi di ricerca sono stati condotti dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, accanto e di pari passo, ai loro programmi spaziali, ma finora solo nel nostro Sistema Solare. Questo limite di distanza, molto circoscritto è probabilmente principalmente dovuto al fatto che tra gli altri problemi la nostra tecnologia non riesce a superare quello la cui base è stata identificata da Einstein nella teoria della relatività: la velocità della luce.
In questo caso siamo senz’altro di fronte ad una legge di fondo che regola il rapporto materia-distanza probabilmente valida per l’intero Universo. Tuttavia essa non necessariamente dove essere considerata l’unica.
La ricerca futura, prima o dopo, certamente dimostrerà che all’interno delle coordinate di Einstein, esistono leggi che consentono il superamento della velocità della luce. Quando la nostra tecnologia avrà capito questo "fattore X", ci sarà probabilmente il contatto con le forme di vita intelligente all’interno della nostra galassia.
Questo non vuol dire che forme di vita sviluppata su qualche lontano corpo celeste siano al nostro livello di conoscenza tecnologica. Al contrario, tutti i dati che sono in nostro possesso, da quelli relativi ai testi antichi, agli affreschi, alle sculture e ai disegni fino ai nostri "oggetti non identificati" sembrano testimoniare che questi esseri già siano a conoscenza del "fattore X".
Altrimenti, se avessero considerato la legge di Einstein come un limite invalicabile, non avrebbero attraversato gli spazi e lasciato presso di noi un ricordo cosi nitido della loro presenza.
Voglio parlare dell’importanza di indagare nel nostro passato.
Credo, dopo anni di ricerca, che l’approccio più importante per capire la vita su altri pianeti e la chiave della loro tecnologia sia proprio nell’indagine del materiale che ci viene dal nostro passato più antico.
Questa osservazione può sembrare assurda a molti. Ed è comprensibile, se si prende in considerazione che tutta la cultura occidentale basa i suoi valori su quelli della società industriale, relativamente giovane, e analizza la storia antica dal punto di vista filosofico, mitologico e simbolico.
Tutto ciò che è antico per l’uomo moderno è simbolo di "non-cultura" e di "non-civiltà".
Partendo da questo presupposto è comprensibile che i testi antichi vengano interpretati come le fantasie di un popolo di selvaggi. Al massimo si studiano gli antichi scritti orientali come manuali di mitologia e di filosofia assieme.
Al contrario, io sono arrivato alla conclusione che questi testi sono il racconto fedele della storia dei nostri avi, i quali avevano molta poca fantasia e non vagheggiavano mai, come vorrebbero alcuni linguisti occidentali, di una terra delle meraviglie.
Certamente, i dati storici sono stati mescolati, con il passare del tempo, a quegli elementi simbolici, mitologici e filosofici che hanno colpito i nostri studiosi. Il Ramayana, il Mahabarata e il Rg Veda, però, per fare gli esempi più noti, possono consentire agli archeologi e agli studiosi di avvicinarsi con un ragguardevole livello di approssimazione al nostro passato.
Se sono veri i dati che fanno riferimento alle città, come può essere dimostrato dal Carbonio 14, se sono veri quelli relativi a guerre e all’avvicendarsi delle dinastie degli Ariani, come dimostrano le ricerche di cronologia astronomica, perché essi dovrebbero essere falsi quando fanno riferimento a viaggi spaziali?
Si può obiettare: perché non esisteva una tecnologia avanzata.
Ma la risposta è: chi ci garantisce che i nostri antenati non abbiano visto esseri di altri pianeti o addirittura non abbiano convissuto con loro?
Nessuno, a meno che non si invochino le "certezze" della società industriale moderna.
Qualcuno potrebbe ancora notare: e più facile fare le ricerche sugli avvistamenti moderni, visto che esiste una gran quantità di materiale.
Bene, esaminiamo la questione da questo punto di vista.
Abbiamo anni di avvistamenti, tanti, cosi tanti da costringere americani e sovietici ad installare centri di ricerca. Ma come si può senza ombra di dubbio provare che un UFO è un’astronave extraterrestre?
Dobbiamo lasciare da parte le voci, non provate, che gli americani abbiano preso prigionieri alcuni abitanti di navicelle spaziali.
Dobbiamo lasciare da parte queste voci, perché non c’è materiale sufficiente per condurre, a nostra volta, una ricerca. Esaminiamo invece, gli "incontri ravvicinati del primo tipo", i normali avvistamenti.
Si tratta in questo caso per lo più di oggetti volanti non identificati che sfrecciano nel cielo, che potrebbero essere qualsiasi cosa, in genere impossibili da identificare anche se si usano i più sofisticati strumenti.
Prendiamo in considerazione gli "incontri ravvicinati del secondo tipo", quando questi oggetti lasciano impronte sulla terra, disturbano gli animali, e a volte, lasciano ustioni, paralisi temporanee e nausee nei presenti.
Come si fa a dimostrare senza ombra di dubbio che si tratti di navicelle extraterrestri, solo perché segni e dati ci sembrano "diversi" e sconosciuti?
Veniamo ai famosi "incontri ravvicinati del terzo tipo", che avvengono in genere in aree isolate, avanti ad una o più persone.
Per quel che si sa, gli americani girano da tempo attorno al problema ma raramente riescono a mettere le mani su qualcosa di più di una descrizione vaga e di alcune prove, in genere terrificanti. Anche in questo caso siamo lontani dal riuscire ad individuare come e perché ci siano state queste visite, quali mezzi siano stati usati, da quali pianeti vengano le civiltà a noi sconosciute.
Al massimo si può tentare di fare una raccolta di dati, e usando le statistiche ci si può orientare verso "qualcosa", ma difficilmente si avrà la prova che questo qualcosa esiste veramente.
Persino nei confronti delle fotografie, la scienza più ufficialmente scettica ha buon gioco a sostenere che esse non sono prove.
Le note fotografie di un George Adamski indicateci da Sir Desmond Leslie, ad esempio, sembrano corrispondere a quello che immaginiamo debbano essere le navicelle extraterrestri, per forma, dimensione e proporzioni.
Ma nessuna prova scientifica, nessuna ricerca ci può fare affermare: si tratta senz’altro di una navicella aliena. Senza contare che le fotografie da sole non ci permettono di andare avanti nelle nostre conoscenze tecnologiche, di capire quel "fattore X" cui accennavo prima.
Tutto questo materiale raccolto ci dimostra tuttavia che il fenomeno degli avvistamenti deve essere messo al primo posto nella nostra ricerca scientifica.
Il problema è quello di imboccare la strada giusta.
Ed ecco che interviene l’indagine sui testi antichi. I nostri antenati, secondo me, hanno avuto incontri del primo, secondo e terzo tipo. In molti casi, addirittura, sembrano aver convissuto con esseri extraterrestri per un ragionevole spazio di tempo, a giudicare da quello che ci hanno tramandato, dalle cose scolpite, dalle pitture e dagli affreschi, dall’esperienza che hanno raccontato oralmente.
In questa direzione, un’importanza dominante la devono avere i testi scritti, facilmente databili. Di per sé, nessuna scultura, nessuna pittura prova qualcosa.
Ma se esse sono messe a confronto con quanto è tramandato, allora si può arrivare ad una seria probabilità di successo nell’indagine scientifica.
Prendiamo ad esempio, la pietra tombale più nota, scoperta dall’archeologo messicano Alberto Ruz Lhullier nel 1949, nel Tempio delle Iscrizioni di Palenque. Sono stati scritti numerosi saggi in genere favorevoli all’ipotesi che si tratti di una navicella galattica. Ingegneri aeronautici, come John Sanderson, hanno disegnato la sagoma della astronave. Ma se si arriva al fondo, nessuno ha portato una prova inconfutabile che vada al di là di una supposizione seppure fortemente motivata. La risposta a Palenque è sicuramente sommersa nella letteratura e nella tradizione del popolo che ha immaginato e ha riportato sulla pietra la "navicella spaziale". In alcuni casi persino la letteratura cui popoli vicini può aiutare.
Bisogna recuperare manoscritti, confrontarli, datarli, capire le interpolazioni successive, togliere le mitologie dalla cronaca dei fatti. Una procedura non facile, che richiede in genere, la formazione di un tema scientifico.
Come è successo con Mohenjo Daro.
Sono partito da una tradizione popolare di un’esplosione antica, ho analizzato il Ramayana, ho confrontato la mia ipotesi con quella di alcuni studiosi indiani, sono andato sul posto, ho fatto condurre le analisi sulle pietre fuse, 2000 anni avanti Cristo, da un équipe di geologi dell’Università di Roma.
Dopo queste operazioni, si può dire con quasi matematica certezza: quell’esplosione non fu naturale.
E questo lo considero solo un primo passo per analisi successive che devono scartare anche quel residuo margine di dubbio che qualcuno potrebbe avanzare.
La stessa operazione la sto conducendo sugli avvistamenti nell’antichità e sulle esperienze tramandate dai nostri antenati. Io credo che nel passato sia sepolta la soluzione per il nostro futuro, forse anche un orientamento per capire quel "fattore X" attorno al quale stiamo girando da tempo.
Solo confrontando i dati tecnici estremamente dettagliati raccontati dagli antichi Ariani con quelli oggi in nostro possesso, si può capire quale probabilità c’è che entrambi siano veri.
Le fotografie di un Adamski acquistano ben altro significato se risultano simili, come sembra, agli strumenti utilizzati sulle navi conosciute nell’antico passato. Le pitture smettono di essere frutto della fantasia di un artista per diventare un avvistamento reale. E soprattutto la scienza ufficiale non ha appigli per smontare quello che faticosamente, pezzo per pezzo, è stato oggetto di ricerca.
E solo, a mio parere, attraverso questo metodo comparativo, che un UFO non sarà più un oggetto non identificato, ma diventerà una navicella spaziale, identificata e concreta.


Roma, 1979

Autore:  Arturo [ 11/05/2009, 23:31 ]
Oggetto del messaggio: 

sempre nel sito di Baccarini trovo una bibliografia su i principali testi riguardanti l'argomento e che potrebbero essere di utilità

Arturo


Cita:


Bibliografia essenziale su Mohenjo Daro i suoi misteri e la sua storia


a cura di Enrico Baccarini

1- Ancient Indian Bricks and Brick Remains - T.N. Mishra, 1997
2- Dawn and Devolution of the Indus Civilization - Shikaripur Ranganatha Rao, 1991
3- The Earliest Civilization of South Asia (Rise, Maturity and Decline) - B.B. Lal., 1997
4- Enquiries into the Political Organization of Harappan Society - Shereen Ratnagar, 1991
5- Excavations at Harappa: Being an Account of Archaeological Excavations at Harappa - Excavations at Mohenjo-Daro carried out by the Government of India between the years 1927 and 1931 - E.J.H. Mackay with Chapters by A.S. Hemmy, B.S. Guha and P.C. Basu, Reprint - First published in 1938. 1998, 2 Volumes
6- Harappan Bibliography - R.N. Dandekar, 1987
7- Harappan Civilization: A Recent Perspective, 2nd revised edition - edited by Gregory L. Possehl, 1993
8- Harappan Civilization and Oriyo Timbo - Paul C. Rissman, Y.M. Chitalwala, with contributions tram Gregory L. Possehl, 1990
9- The Harappan Civilization and its Writing - A Model far the Decipherment of the Indus Script - Walter A. Fairservis, 1992
10- India 1947-1997: New Light on the Indus Civilization - B.B. Lal, 1998
11- The Indus-Saraswati Civilization: Origins, Problems and Issues - S.P. Gupta, 1996
12- Its Nature and Structure - B. V. Subbarayappa, 1996
13- The Indus Terracottas - Vibha Tripathi and Ajeet K. Srivastava, 1994
14- Indian Protohistory - M.K. Dhavalikar, 1997
15- The Language of the Harappans: From Akkadian to Sanskrit - Malati J. Shendge, 1997
16- Mohenjo-Daro and the Indus Civilization: Being an Official Account of Archaeological Excavations at Mohenjo-Daro Carried out by the Government of India Between the Years 1922 and 1927 - edited by John Marshall, Reprint. First published: Landan, 1931. 1996
17- Mohenjodaro Seals - S.M. Punekar, 1984
18- Origins of a Civilization: The Prehistory and Early Archaeology of South Asia - Bridget and Raymond Allchin, 1997
19- Plants and Harappan Subsistence-An Example of Stability and Change tram Rojdi - Steven A. Weber, 1991
20- Proto-Historic Pottery of Indus Valley Civilisation: Study of Painted Motifs - Sudha Satyawadi, 1994
21- The Script of Harappa and Mohenjodaro and its Connection with other Scripts - G.R. Hunter, Reprint. 1993
22- A Source Book of Indian Archaeology: Vol. Il Settlements, Technology and Trade - edited by F.R. Allchin and Dilip K. Chakrabarti, 1997
23- The Vedic Harappans - Bhagwan Singh, 1995



Autore:  mauro [ 12/05/2009, 22:15 ]
Oggetto del messaggio: 

cari amici, qui con alcune foto
http://www.satorws.com/mohenjo-daro.htm
ciao
mauro

Autore:  Arturo [ 13/05/2009, 00:24 ]
Oggetto del messaggio: 

grazie, io ho trovato invece questo
http://www.hwh22.it/xit/S18_clipeologia/valleindo.html

Autore:  Teschio [ 13/05/2009, 08:14 ]
Oggetto del messaggio: 

Qui siamo di fronte a uno di quei casi che non può essere spiegato dal mondo accademico.

Quante cose vengono considerate false, non perché sono false, ma perché secondo le teorie ufficiali non dovrebbero esistere.


La città di Mohenjo Daro non dovrebbe esistere. Una città distrutta da un arma nucleare 4000 anni fa, sarebbe una vera bomba nucleare in quasi tutti i settori della conoscenza umana. Una falla tanto grande, da far affondare qualsiasi certezza della scienza.

Un pò come e' successo per le pietre di Ica, considerate fase perché non possono esistere, anche se le analisi confermano che sono autentiche.

Non potendo considerare Mohenjo Daro come un falso, viene semplicemente ignorata, tutto questo dimostra l' importanza che ha la collina dei morti.

Autore:  Arturo [ 13/05/2009, 10:26 ]
Oggetto del messaggio: 

ricordiamo anche che Davemport, Vincenzi (coautore del libro), la moglie stessa di Davemport morirono per un brutto male probabilmente prodotto da ciò che lo studioso riportò con sé dalle sue spedizioni. mi è capitato di conoscere persone che furono amici di Davemport e in mia presenza mi fecero vedere alcuni reperti che l'inglese gli aveva regalato e che in un caso facevano ancora sensibilemente muovere un contatore Geiger!!!! vi giuro che sono rimasto a bocca aperta [:0]

Autore:  Arturo [ 13/05/2009, 10:30 ]
Oggetto del messaggio: 

volevo segnalare questo articolo scritto da Corrado Malanga diversi anni fa dal titolo "LE GUERRE STELLARI DI MOHENJO-DARO".
Malanga stesso ebbe la fortuna, a distanza di anni, di analizzare alcuni campioni riportati da Davemport nel nostro paese osservando come esistessero ancora tracce consistenti di radiazioni.
Questo è il link originario - http://www.edicolaweb.net/un050501.htm

mentre questo è l'articolo:
Cita:
LE GUERRE STELLARI DI MOHENJO-DARO
di Corrado Malanga

Dai Vimana dell’epopea del Ramayana alle scoperte di David Davenport. I risultati dei nostri studi sui reperti di Mohenjo-Daro: sono contaminati da radiazioni atomiche.



La protoufologia è quella branca dell’ufologia che studia la possibilità che, anticamente, la Terra sia stata visitata da razze aliene; e che le interferenze con civiltà esogene al nostro pianeta non siano una novità, lo si deduce da una attenta lettura di molti testi antichi, reinterpretabili in una chiave diversa, che fa perno su una serie di requisiti e di conoscenze che l’uomo di quei tempi non possedeva.
In quest’ottica alcuni studiosi paragonano il termine "lungo coltello" usato dagli indiani Sioux per descrivere un fucile, all’espressione biblica "spada fiammeggiante" che l’Arcangelo Gabriele, a guisa di fucile laser, impiega per tener lontani Adamo ed Eva dall’albero della vita e della morte nell’Eden.
In tutte le popolazioni della Terra ed in tutte le leggende si sente parlare di esseri venuti dallo spazio, dotati di armi e tecnologie avanzatissime, che poi se ne sarebbero andati per la loro strada.
Così come quella europea la letteratura indiana è stracolma di tali racconti. Prendiamo in considerazione l’impero Ashoka che distrusse in una sanguinosa guerra il più antico impero Rama (9.000-7.000 a.C.). Il teatro di queste operazioni era la valle del fiume Indo che attraversa il cuore del Pakistan.
L’impero Ashoka era retto da nove scienziati che avevano scritto nove libri in altrettanti domini della scienza. Tali libri non ci sono pervenuti, in quanto gli Ashoka si erano convertiti al Buddismo, rifiutavano ogni idea di belligeranza e temevano che le loro scoperte scientifiche fossero malamente impiegate. Uno di questi libri si intitolerebbe "Il segreto della gravitazione" e sarebbe noto agli storici sanscritisti, pur restando ancora celato in qualche lamaseria buddista, forse a Lhasa, nel Tibet. Vi si troverebbero gli elementi per controllare la gravità, oltre alla descrizione di futuristiche armi di micidiale potenza.
Il dottor Ruth Reyna, dell’Università di Chandrigarh, ha studiato alcuni di questi testi, scoperti recentemente da Cinesi e tradotti dal sanscrito.
Secondo il dottor Hatcher Childress, studioso delle stesse tematiche, sarebbe la cosiddetta "Laghima" la forza che esiste a livello di capacità umana, e che riguarderebbe qualche sorta di "forza centrifuga" in grado di eliminare quella gravitazionale.
Che si tratti di qualcosa che ha a che fare con l’ipotesi SSH. Le macchine volanti che facevano uso di tale principio venivano chiamate "Astras", ma non basta. Nel testo si parlerebbe anche del sistema per rendersi invisibili detto "Antima", come descrive il lama medico Lobsang T. Rampa nel suo libro Il Terzo Occhio.
Poi c’è il sistema detto "Garima" che serve per aumentare il peso delle cose (noi diremmo per creare deviazioni dello spazio-tempo).
Delle macchine volanti degli antichi Dei dell’India parla anche il Ramayana, opera epica in diciassette volumi che descrive amori battaglie e vizi degi Dei dell’impero Rama. Nel Ramayana le meravigliose macchine volanti vengono definite "Vimana".

VIMANA, REALTÀ TECNOLOGICA
Era il periodo storico dell’impero Rama, con le sue sette grandi città, situate nel nord dell’attuale India e nel Pakistan: una dominava su tutte. Mohenjo-Daro, l’antica Lanka, isola nel fiume Indo. I "Vimana" venivano descritti come oggetti a due piani, rotondi e piatti, ma anche sigariformi, i "Vimana Vallixi", adibiti per il trasporto, per le battaglie, per le gite, eccetera.
Nel 1875 il trattato dal nome "Vimanika" viene rinvenuto in un antico tempio indiano. Lo ha scritto un illuminato, un certo Bharadvajy, in sanscrito, la lingua degli Dei, e verrà tradotto in lingua inglese e successivamente edito nel 1979 da G.R. Josyer, a Mysore. Di questo testo si è occupata anche l’accademia di sanscrito, che però non si esprime sulla sua autenticità, anche perché, nel manoscritto, sono descritti i "Vimana": come funzionano, come devono essere pilotati, le diete dei piloti, le rotte spaziali da seguire per evitare di incappare in tempeste magnetiche, armi fantastiche, il radar e gli schermi televisivi.
Alcuni di questi "Vimana" sono spinti da uno strano propellente giallo-bianco e liquido (Kerosene?), mentre qualche volta si accenna all’impiego di mercurio (Motore a ioni?).
Non sussiste alcun dubbio che il primo razzo vero e proprio lo abbiano costruito i Tedeschi, che avevano organizzato spedizioni in Tibet per cercare i libri e le fonti in cui si descrivevano i motori dei "Vimana".
Nel "Dronaparva" che in realtà è una parte del "Mahabarata" i Vimana sono descritti come sfere dalle quali esce un fiotto di fuoco che fa muovere a grande velocità quegli oggetti che, guarda caso, si dice funzionino con un motore a mercurio.
Curiosamente, ricorda il teosofo David Childress, i Russi hanno recentemente scoperto in alcune caverne del Turkestan e nel deserto del Gobi, degli strani oggetti semisferici che loro chiamano "vecchi strumenti per la navigazione spaziale", di vetro e porcellana contenenti alcune gocce di mercurio.
Nel "Mahavira Bhavabhuti", testo dell’ottavo secolo, possiamo leggere: "Un carro aereo detto Pushpaka, trasportò molte persone ad Ayodhya, la Capitale, ed il cielo era pieno di stupende macchine volanti nere come la notte ma caratterizzate da luci giallo intenso".
Sfortunatamente, il mondo della scienza ufficiale snobba questi antichi testi, con la scusa che fornirebbero erronee interpretazioni di una realtà aulica e non tecnologica dell’antica India.
Si deve però tener conto che testi analoghi stanno venendo alla luce in Cina, mentre in Europa del nord le leggende irlandesi raccontano della civiltà venuta dallo spazio che insegnava a coltivare. Che dire delle leggende atlantidee dove un altro aereo strano volava e dominava i cieli, il così chiamato "Ashvin"?
C’è chi dice che questa protoufologia sia troppo soft per essere presa in considerazione e tutte le volte che si fa riferimento alle antiche storie che circolano sulle Piramidi egizie e sul loro "allineamento" astrale gli scienziati di turno si tappano il naso in un gesto di rigetto. Chissà se si tapperanno ancora il naso quando avrò finito di esporre questa storia nuova di zecca: l’ennesima nostra analisi chimico-fisica fatta su alcuni campioni provenienti da Mohenjo-Daro: ma andiamo con ordine.

BATTAGLIA NEI CIELI DI LANKA
Circa dieci anni fa mi sono imbattuto in un libro che parlava di questa antica città e della sua misteriosa fine: l’autore, David Davenport, era un giovane sanscritista, ma non solo. Profondo conoscitore dell’India e di molte lingue locali, anche se di famiglia inglese, aveva scritto un libro "2000 A.C.: distruzione atomica" (Ed. Sugarco), che tendeva a dimostrare come Mohenjo-Daro fosse stata teatro di una battaglia aerea tra forze extraterrestri contrastanti tra loro.
La città, in effetti, sorge su una piccola collina che una volta era circondata dalle acque del fiume Indo. Oggi dista circa 20 Km da Larkana, nella provincia del Sindh. Circa 3.500 anni prima di Cristo le popolazioni indiane che provenivano da ovest fondarono il sito abitato i cui scavi, risalenti al 1922, mostrano oggi reperti di una civiltà che aveva altissimi livelli di civilizzazione.
Basti pensare che la strada principale della città era larga sei metri ed aveva dei sistemi di canali ai bordi, che servivano a convogliare le acque di lavaggio del fondo stradale per evitare l’accumulo di polvere.
In alcuni punti strategici era previsto non solo lo spazio per quello che noi oggi avremmo chiamato il cassonetto dei rifiuti, ma era previsto anche un posto per il cosiddetto poliziotto che controllava il traffico.
I pavimenti delle case erano piastrellati, così come probabilmente anche i rivestimenti esterni.
L’acqua corrente fino al terzo piano era assicurata con dei pozzi verticali. Al centro città si ergeva il granaio, collocazione intelligente, a garantirne la protezione. Una mega piscina con acqua corrente serviva da bagno pubblico. Tutto questo, 2.500 a.C.
Ma ad un certo momento, circa 1.500 a.C., la città viene abbandonata in tutta fretta. Gli storici a questo proposito non sanno che pesci prendere. Alcuni dicono che un’altra civiltà di ariani avrebbe, con una guerra, annientato la città; altri che la popolazione aveva raggiunto i 400.000 abitanti ed avrebbe collassato da sola. In realtà, David Davenport, nel suo libro, pone l’accento su fatti importanti. All’interno della città esiste una striscia di diverse decine di metri di mattoni esposti ad una forte radiazione calorica (più di 900 gradi centigradi per pochi secondi, come hanno stabilito le analisi fatte a suo tempo all’università di Roma). Ci sono solo scheletri di animali, mentre solo pochissimi resti umani (meno di dieci) tutti raggruppati in un solo sito e soprattutto scaraventati, più che accasciati al suolo, come se fossero stati colpiti da una forte onda d’urto. La mitologia indiana parla di una guerra che si sarebbe svolta nei cieli dell’antica Lanka, guerra preannunciata agli abitanti che avrebbero così potuto mettersi in salvo: va ricordato che tutte le suppellettili presenti nel sito sembrano essere stati abbandonati in una situazione di emergenza, incluse le tavole ancora apparecchiate.

IL RECUPERO DEI REPERTI
David Davenport sosteneva nel suo libro che una guerra tra fazioni diverse di extraterrestri era occorsa nei cieli della città, dove era stata sganciata una piccola bomba atomica da teatro. Grazie alla sua profonda conoscenza delle scritture sanscrite e degli antichi testi, ed ai continui sopralluoghi da lui effettuati, avevano condotto Davenport al recupero di reperti, alcuni dei quali dovevano essersi trovati molto vicino al luogo del presunto impatto atomico.
Purtroppo David moriva in giovane età, stroncato da un male incurabile, ma i reperti ed i suoi studi rimanevano custoditi dall’amico fraterno Giulio Perrone che un giorno, circa dieci anni fa, me ne consegnò tre dei più importanti.
Abbiamo dovuto aspettare dieci anni per poterli fare analizzare senza dare nell’occhio. Abbiamo dovuto attendere dieci anni per trovare le attrezzature necessarie che mettessero in evidenza eventuali anomalie dei radionuclidi (atomi radioattivi, ndr.) contenute nei campioni. Nel frattempo i campioni erano diventati due durante un passamano, a causa di un furto ad opera di qualcuno ben informato.
L’analisi prevede una apparecchiatura dotata di un pozzetto di piombo, per evitare radiazioni dannose, dove vengono introdotti i campioni che, a seguito di una scansione ripetuta dei materiali, mediante una opportuna sonda o detector, producono un grafico di tutti i radionuclidi presenti.
Per evitare di avere delle prove inquinate dall’operatore, data la delicatezza dell’intera procedura, abbiamo fatto analizzare il tutto da un laboratorio che non sa cosa ha analizzato e che, per ovvie ragioni di segretezza - caratterizzanti in questi casi il nostro modo di operare - non possiamo nominare.

RISULTATI STRABILIANTI
I campioni che David ci aveva consegnato e che lui riteneva essere stati contaminati da radiazioni atomiche presentavano il livello dell’Uranio del Plutonio e del Potassio 40 talmente elevati che secondo le leggi vigenti quei materiali non potevano essere impiegati neanche per la costruzione di abitazioni. Avevamo fatto centro!
Non eravamo più di fronte a semplici racconti, a leggende od a manoscritti che i detrattori del problema UFO potevano impugnare come falsi o male interpretati. No, stavolta eravamo di fronte ad un materiale che emetteva una consistente radiazione di fondo ben al di sopra dei valori permessi.
La piccola bomba atomica da teatro di cui parlava David Davenport ci mandava i suoi segnali dal passato. È chiaro che nella zona del Pakistan in cui il campione è stato raccolto non esiste radiazione naturale di fondo, altrimenti tutti quelli che vi risiedono sarebbero morti di cancro da un pezzo e non rimane che rassegnarsi all’idea che gli alieni avevano già visitato il pianeta Terra ed in parte sicuramente già civilizzato molte culture dell’epoca.
Chi erano dunque questi civilizzatori? Quelli che oggi hanno a che fare con i rapimenti?
Diremmo proprio di no. Erano, invece, veri portatori di civiltà e non avevano intenzioni negative, se non nel trovarsi coinvolti in guerre tra loro. Evidentemente noi non rappresentavamo una minaccia per supertecnologie che, comunque, utilizzavano il pianeta per diversi scopi che a noi oggi sfuggono. Gli esseri se ne sono andati, ma hanno lasciato qualcosa nelle nostre tradizioni ed al di là di insegnamenti scientifici o etici, un loro ben più importante messaggio sembra dire: "Un giorno forse torneremo e... rimetteremo le cose a posto, Grigi o non Grigi!"

Si ringrazia Maurizio Rossi, del gruppo di ricerche ufologiche SHADO, senza il cui aiuto questo articolo non sarebbe mai stato scritto.

Autore:  Arturo [ 13/05/2009, 11:10 ]
Oggetto del messaggio: 

girellando per il web ho tovato molte informazioni a riguardo, vorrei postare anzitutto una immagine che corrisponde all'originale dell'analisi effettuata dal CNR di Roma in cui si evidenziavano ancora anomalie nella costituzione dei campioni analizzati ovvero una fortissima temperatura, verosimilmente prodotta dall'esplosione, che ha portato ad una vera e propria 'ebollizione' delle pietre.

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nonché due immagini dei manufatti fusi dall’improvviso ed elevatissimo calore.

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e

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questo è invece Lord William Davemport, a sinistra, e il coautore del libro italiano Ettore Vincenzi , all'estrema destra.

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Autore:  Arturo [ 13/05/2009, 11:14 ]
Oggetto del messaggio: 

questo nè invece un'ottimo articolo di Mauro Paoletti (preso da qui - http://www.edicolaweb.net/edic114a.htm) che da una panoramica generale degli eventi e delle anomalie riscontrate nel territorio della città.

buona lettura

Arturo
[:D]

Cita:
MOHENJO DARO - LA COLLINA DEI MORTI
di Mauro Paoletti
dal Sito Web Edicolaweb -


Mohenjo Daro è un sito archeologico che rappresenta tuttora un appassionante interrogativo, antica sede di una civiltà, di cui si ignorano le cause della repentina scomparsa, che adottò una scrittura di tipo pittografico dal significato ancora sconosciuto e dove si indossavano abiti di cotone (1); il più antico finora scoperto. Mohenjo Daro, luogo dove non ci sono tombe, è chiamato la Collina dei Morti.


È il luogo degli scheletri "estremamente radioattivi" (2). Scheletri, con tracce di carbonizzazione e calcinazione, oramai scomparsi, che ai ricercatori hanno testimoniato decessi istantanei e violenti.


Resti di uomini, donne e bambini, e non di guerrieri morti in battaglia. Non si sono ritrovate armi, e nessun resto umano porta ferite prodotte da armi da taglio o da guerra.


Le posizioni e i luoghi dove sono state rinvenute le ossa indicano decessi istantanei, avvenuti senza avere il tempo materiale di rendersi conto di ciò che stava accadendo; le persone sono state colte durante lo svolgimento delle abituali azioni giornaliere. Sono passate dal sonno alla morte, insieme a decine di elefanti, buoi, cani, cavalli, capre e cervi.


La città è tornata alla luce nel 1921, quando l'archeologo Daya Harappa, dal quale prese il nome la civiltà scoperta, ebbe l'incarico di recuperare le rovine di un tempio buddista situato su di una isoletta in mezzo all'Indo. In precedenza nel 1856, John e William Brunton, incaricati di costruire un tratto di ferrovia, segnalarono che in zona si trovavano rovine dalle quali furono prelevati numerosi mattoni per costruire una massicciata ferroviaria. Gli scavi, proseguiti dal governo Pakistano, hanno restituito ben sette città, una sopra all'altra, e altre se ne ritroverebbe se continuassero gli scavi al di sotto del livello del fiume.


Sette città che gemellano questa collina con quella di Troia.


Mohenjo Daro con la sua piscina coperta di dodici metri, priva di templi e di una reggia, caratteristiche di ogni città antica; ma con strade larghe anche dieci metri e palazzi, costruiti in mattoni del tutto simili ai nostri, alti fino a tre piani, provvisti di acqua corrente, servizi igienici, tubazioni, cloache per i rifiuti e l'acqua piovana. In altre parole, una città moderna di quarantamila abitanti, dediti alla caccia, alla pesca, alla produzione di ceramica, principale attività industriale del luogo, scomparsi nel nulla, finiti carbonizzati, come si è dedotto dai soli quarantatré resti ritrovati.


Con gli abitanti di Mohenjo Daro è scomparsa misteriosamente anche una testina in terracotta, senza volto, con una strana "finestrella all'altezza degli occhi", della quale rimangono solo le foto scattate da Davemport e Vincenti, indicata come un "elmo da guerra".


Curiosità: non è stato rinvenuto nessun elmo di quel tipo.


I primi insediamenti nel bacino dell'Indo risalirebbero a 9.000 anni fa. Secondo le stime vi erano oltre 2500 centri abitati. Principale risorsa i manufatti ceramici di eccezionale qualità tecnologica, con contenuto siliceo medio-alto. A Mohenjo Daro, che si vuole distrutta dallo scoppio di due delle numerose fornaci presenti, a causa di una eccessiva temperatura raggiunta nella camera di combustione, evidenziata, secondo la scienza ufficiale, da blocchi parzialmente fusi e migliaia di gocce nerastre di argilla vetrificata. Gli scavi sono vietati, si dice, per "esigenze conservative".

David Davemport e Ettore Vincenti, autori di "2000 a.C. Distruzione Atomica", fecero esaminare alcuni detriti anneriti raccolti nella zona considerata l'epicentro dell'esplosione, campioni di vasi e mattoni, bracciali vetrificati. Dalle analisi, effettuate dall'Istituto di Mineralogia dell'Università di Roma, l'argilla risultò, come già accennato precedentemente, sottoposta a una temperatura di oltre 1500 gradi per qualche frazione di secondo. Questo avrebbe causato l'inizio di una fusione subito interrotta, escludendo che il calore di una fornace, tanto meno altre calamità naturali, possano produrre un tale effetto. I risultati vennero confermati dal Prof. Bruno Di Sabatino, vulcanologo dell'Istituto di Mineralogia e Petrografia, col quale collaborarono il Prof. Amuleto Flamini e il Dr. Giampaolo Ciriaco.


Ulteriore prova dell'assenza di fenomeni vulcanici e sismici, i pozzi di acqua rimasti al loro posto. Secondo Davemport, esperto in sanscrito, il Ramayana fornirebbe la giusta chiave di lettura. Vi è descritta la vicenda di Ravana di Lanka che costringe il fratello Dhanada a ritirarsi sull'Himalaia impadronendosi del regno. Ravana lo insegue, lo vince e fa suo il veicolo volante, il prestigioso "Pushpaka vimana". Si parla di un velivolo equipaggiato con pilastri d'oro, porte di smeraldo, veloce come il pensiero, costruito su ordine di Brahma. A bordo di questo vimana, Ravana, discese dal monte Kailash.


Nella parte del poema chiamata "Uttara Kanda", nel capitolo 23, è scritto:

"Vedendo il loro esercito abbattuto in volo, i figli di Varuna, sopraffatti dalla pioggia di missili, tentarono di interrompere il combattimento. Stavano fuggendo sottoterra (3) quando videro Ravana sul suo Pushpaka Vimana. Cambiarono repentinamente rotta e si slanciarono verso il cielo con la loro flotta di macchine volanti. Una terribile lotta scoppiò nell'aria."

Ravana rapisce Sita, figlia di Jawata re della città di Mithila e sposa di Rama, il quale dopo un'aspra battaglia ucciderà Ravana e libererà Sita. Nel capitolo 88 dell'Uttara Kanda si legge la reazione di Re Jawata:

"Arderà Indra il reame di quel malvagio con una pioggia di polvere soverchiante. È giunta l'ora dello sterminio di quell'insano e dei suoi seguaci."

Quindi il dardo di Indra distrugge la roccaforte di Ravana. Ma il suo regno, posto fra i monti Vindhya e Saivala, gli odierni Aravalli e Sulaiman, corrisponde a Lanka, parola che significa isola, cioè Mohenjo Daro situata proprio su di un isola del fiume Indo. Conclusioni audaci, ma più attendibili di qualsiasi altra, che si riallacciano alle storie sui vimana, comune mezzo di trasporto del popolo venuto dalle stelle, narrate nel Ramayana e nel Mahabharata.


Con tale tecnologia non si può escludere l'uso di armi atomiche, né che proprio l'uso di tale energia sia la causa della scomparsa di "Lanka". Altri popoli ci narrano vicende simili. Dalla Cina giungono storie di eventi che ricordano quelli descritti nei due libri sacri Indiani. Si dice che la Cina fu governata da re divini per diciottomila anni, fatto in comune con l'India e l'Egitto. Si racconta di un'epoca nella quale uomini e animali vivevano in armonia in un giardino che ricorda tanto il Paradiso.


Nel Shan-hai-ching, un libro sacro, si parla dei "Miao", una razza umana dotata di ali che nel 2400 a.C. vennero a diverbio col Signore delle Altezze e persero la capacità di volare.


Si parla anche di quando il Signore Chang-ti, vedendo che la razza degli Atlantidi aveva perduto ogni virtù, ordinò a due Dhyani (4), Chang e Li, di interrompere ogni contatto fra cielo e terra. Vi si trova la storia dei dieci soli e dell'arciere Yi; ma vi è descritta la vicenda di quattro giganti celesti che, alla testa di centomila guerrieri, corrono in aiuto di Shang impegnato a difendere la montagna di Hsich'i. Il gigante più anziano era alto sette metri e aveva una spada detta "nuvola blu". Quando egli la sguainava spuntava "un vento nero dal quale uscivano migliaia di lance che colpivano il nemico polverizzandolo".


Dietro al vento "una ruota di fuoco riempiva l'aria di decine di migliaia di serpenti di fuoco dorato", dal suolo si alzava un fumo denso che bruciava e accecava le persone. Nel corso della lettura troveremo anche gli Immortali a cavallo di dragoni e unicorni, forse velivoli; conosceremo il Vecchio Immortale del sud che proveniente da Agarthi e dona a Tzu-Ya, eroe della storia, un'arma "che brucia il suolo e produce luce", con la quale potrà conquistare il mondo.

Storie uguali a quelle dell'India, dei Celti della tribù dei Tuatha de Danan, che si verificano in ogni parte della terra nello stesso periodo e richiamano alla mente l'uso di armi atomiche, laser e marchingegni volanti. Rama dopo aver vinto Ravana, vola verso la città di Ahyodhya col Pushpaka Vimana vinto al nemico, per ricondurre Sita a casa. La descrizione del viaggio testimonia che Rama è abituato a volare. Dall'alto riconosce i luoghi sorvolati e li elenca a Sita. Menziona ancora il Kailash e la sua forma piramidale, indicandolo come il luogo "visitato da uomini del cielo" e usato come punto di riferimento in conseguenza della sua forma.


Coincidenza si parli del Monte Kailash, considerato sacro tutt'oggi e della sua forma piramidale, e che il nome Sita sia lo stesso che si attribuisce al fiume di Shambhala?


La storia conferma inoltre che Mohenjo Daro è Lanka:

"Vedi come Lanka è stata costruita da Vishvakarma sulla cima della rocca a tre punte che somiglia al picco del Kailash (5). Guarda il campo di battaglia coperto da un fango di carne e sangue, laggiù è stata fatta una grande carneficina di Titani (6). Laggiù giace il feroce Ravana. (...) Ora abbiamo raggiunto KishKindha con i suoi magnifici boschi, in quel luogo ho ucciso Bali."

Rama è esperto nella geografia aerea di un territorio vasto ben duemila chilometri.


Chi ha scritto il Ramayana come poteva conoscere tutto questo? L'autore era un esperto del volo e in possesso di carte geografiche dell'intera regione? Secondo Davemport,

"gli antichi autori hanno sicuramente visto e sono stati testimoni dei loro effetti; ma, in conseguenza della povertà di linguaggio, o mancanza dei termini necessari, l'immagine che ne danno è carente dal punto di vista tecnico-descrittivo".

Questo è già capitato quando i pellerossa sono entrati in contatto con la tecnologia dei bianchi. Abbiamo avuto "le canne tonanti", i "lunghi coltelli", il "cavallo di ferro". Gli Ariani hanno visto la "freccia intelligente", "l'uccello abitato", la "freccia che segue i suoni", "l'arma del sonno". È il Vymanika Shastra che fornisce i dati tecnici per ottenere un oggetto volante del tutto simile alle capsule spaziali.


Appare evidente che l'autore di questo libro ha potuto osservare a lungo i "Vimana", tanto da fornire accurate informazioni. Il Dr. Josyer, direttore dell'Accademia Internazionale di Ricerche Sanscrite di Misore, ci fornisce queste informazioni. Secondo Davemport e Vincenti, il ritrovamento può contribuire a far avanzare la nostra tecnologia. Altre prove in favore della tesi di Vincenti e Davemport, purtroppo scomparsi prematuramente, vengono fornite dagli studi del Dr. Roy direttore dell'Istituto di Cronologia di Nuova Delhi.


Dalle indagini storico-archeologiche, risulta che effettivamente Mohenjo Daro è la Lanka di Dasagriva, il Ravana menzionato nel Ramayana. Il poema è stato infatti ordito intorno alla conquista di Mohenjo avvenuta quattromila anni fa. Il Dr. Roy identifica il moderno Kalat nella regione che a quel tempo era conosciuta come Kishkindha. Un punto dell'Indo ove il linguaggio, detto Telogu, era una elaborazione di quello della famiglia Dravinian.


Nella guerra Deva Asura, tale Dasatha combatte contro Timidhwaja, appartenente alla razza dei Rakshasa e alleato di Shambara, il cui emblema, un Timi (balena), fa presupporre vivesse vicino al mare, forse nel Makran dove viveva anche Ravana. Inoltre "ravana" era un titolo, un semplice appellativo, non un nome proprio, il nobile ucciso da Rama era Dasagriva, conosciuto come Signore di Lanka, cioè Ravana di Lanka.


Dai dati storici veniamo a sapere che Dasagriva Ravana era amico del re di Kishkinda. Il regno di Ravana era nel Sind, e Mohenjo Daro ne era la capitale. Quindi l'impero Harappa aveva al nord la cultura della razza Danava col suo centro a Hariupia; al sud i Rakshasa con Mohenjo capitale, conosciuta come "l'isola", ossia Lanka in lingua Telogu,

"una stretta striscia di terra fra il letto principale dell'Indo e la curva ovest del fiume Nara, soggetta ad alluvioni fino a quando un lungo terrapieno fu in grado di prevenirle".

Ci sono resti del terrapieno preistorico per un miglio. Sono evidenti anche le successive alluvioni con la conseguente deposizione di strati di sedimenti di sabbia che hanno alzato il piano di trenta piedi. Gli studi idrografici condotti nella regione del Sind hanno dimostrato che l'Indo ha allagato l'Ovest di Mohenjo Daro nel 2000 a.C.. Ulteriore dimostrazione il gigantesco terrapieno anti alluvione che lo circonda.


A quel tempo, durante le alluvioni, doveva apparire come veniva descritta, la Swarna Lanka: l'isola d'oro. Anche le battaglie del Mahabharata sarebbero realmente avvenute. Secondo Roy nel 1424 a.C. La conferma dal Mahabharata che apparterrebbe all'età del Rame, poiché l'antichissima parola vedica "ayas" significa "rame".


Il Dr. Roy afferma che Vyasa usò la parola "ayasa bhima", non "Iron Bhima". Gli scavi avrebbero rivelato che l'ultima cultura Harappa e quella Kuru, sono state coesistenti, e il Dr.Roy ha dimostrato che queste due culture appartenevano all'età del Rame, quindi all'età Vedica. Il materiale astronomico del Rig Veda rivela che nel 3070 a.C. regnava re Manu; nel 2000 a.C. Rama e Dasaratha. Nel 2005 a. C. avvenne la disfatta e il sacco di Lassa collocando così Divodasa nel 2005 a.C.


A quel tempo nel paese vivevano diversi popoli. Vi erano i Devas, gli ariani vedici, adoratori di Indra, e gli Asura, fautori di feroci guerre intorno al 2000 a.C., che valsero loro l'appellativo di malvagi. Un fatto storico che partì dal regno di Divodasa nel 2030 a.C., e finì con la grande battaglia "Dasa Rajana". Abbiamo così la conferma che Dasaratha prende parte attiva alla guerra schierandosi con Divodasa contro Timidhwaja, e questo fatto dimostra che la battaglia si svolse fra due armate umane.


I Danavas erano comandati da Shambara, re di Hariyupia, figlio di Kulitara, che visse e governò intorno al 2000 a.C.. Divodasa mosse una guerra contro di lui, lo uccise, e Hariyupia (ossia Harappa) fu conquistata. L'intera regione Asura fece un’offerta per riscattare la città, ma in un’orribile battaglia sul fiume Parushni (oggi Ravi), Sudasa li respinse. Si tratta di una battaglia nota come quella dei dieci Re (1930 a.C.). I dati storici forniscono anche la data di progettazione della città di Harappa, il 2550 a.C.


Nella regione Harappa vi era una civiltà commerciale per eccellenza, popolata anche dai Nagas e dai Janas anch’essi ottimi commercianti e industriali. Nel poema si trovano riferimenti anche ai Vanaras e al loro grande re Bali, alleato di Ravana, in tal modo tutto prende forma e trova le giuste corrispondenze storiche; non si può parlare più di coincidenze.


Dobbiamo considerare la possibilità che siano state impiegate tecnologie avanzate, e l'uso di armi atomiche, quattromila anni fa (e non solo in India). Un’indagine, seppur limitata nella sua fattibilità, nella zona potrebbe fornire altre prove. Basterebbe verificare l'aumento dei decessi in seguito a tumore, quanti fra gli addetti agli scavi; quante le registrazioni di oggetti aventi tracce radioattive.


Vi sono ancora aree con tracce di radioattività, che, a quanto si racconta, molti, tuttora, eviterebbero per "non essere uccisi dagli spiriti cattivi"? Attraverso la consultazione, pur sempre limitata, di documenti e registri anagrafici o mortuari; qualcosa, se si vuole, credo si possa accertare.


Note

1. La pianta del cotone, proveniente dalle Americhe, fu introdotta nel Mediterraneo solo nel 300 a.C.
2. Secondo Gobrovski, autore di "Enigmi dell'Antichità", cinquanta volte più della normalità.
3. Davemport e Vincenti si chiesero se si trattava di rifugi sotterranei.
4. Appellativo con il quale si indicano gli Dei nella dottrina esoterica come vedremo più avanti.
5. Questo ricorda la città delle tre alture e le sue storie.
6. In tal modo erano indicati gli abitanti di Lanka.


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