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MessaggioInviato: 24/08/2013, 11:48 
Per capire la cronologia nella quale le società gilaniche emerse dalla Rinascita Enkilita sono state soppiantate dalle invasioni dei Kurgan che, forse inconsapevolmente, lasciarono campo aperto ai giochi di "Riconquista" di Yahweh agevolando l'annessione o l'affiliazione delle nuove culture europee basta seguire il percorso storico delle immagini del culto della "Grande Dea", traccia quest'ultima, della cultura presente in Europa (e non solo) prima dell'arrivo delle orde Kurgan e del potere di Yahweh in tutto il mondo.

La Grande Dea e le Dee nel Neolitico

La figura della Dea nel neolitico è ricchissima e complessa. Il Neolitico è l'epoca della piena manifestazione della Dea in tutte le sue valenze, volti, funzioni e misteri. E tale costellazione è ancora presente negli inizi dellla storia, nelle sue culture politeiste.

Il neolitico è anche il luogo della profonda e traumatica trasformazione che vede le civiltà della Dea fiorire in tutto il mondo civile e in seguito soccombere sotto le invasioni dei più arretrati popoli patriarcali, portatori di guerra, violenza e del principio di sottomissione del femminile al maschile. Nel corso di tali invasioni, i templi della Dea vengono distrutti, i luoghi sacri profanati e le sacerdotesse-regine violate.

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La Grande Madre è una divinità femminile primordiale, presente in quasi tutte le mitologie, rappresentante la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l’umano e il divino.

Il culto della Grande Madre risale al Neolitico e forse addirittura al Paleolitico, se si leggono in questo senso le numerose figure femminili steatopigie ritrovate in tutto il mondo.

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Venere di Willendorf (da 24.000 a 26.000 anni fa)

l periodo storico è antichissimo (dal 30.000 al 1000 a.C.): la fase più fiorente si situa dal 7000 al 3000 a.C. (Neolitico). La spiritualità della Grande Madre si rivolge verso l’aspetto femminile e materno di Dio.

La Madre Terra diventa il simbolo della Grande Madre, Dea della Natura e della Spiritualità. Fonte divina di ogni nascita dà e sostiene la vita; è a Lei che la vita ritorna per rinascere come nei cicli della vegetazione. La Dea è, in tutte le sue manifestazioni, il simbolo dell’unità di tutte le forme esistenti in natura. Il suo potere è nell’acqua, nelle pietre, negli animali, nelle colline, negli alberi, nei fiori. La grande creatività di quel periodo caratterizzò la cultura come cultura dell’arte. Templi, abitazioni, ceramiche, statuette, abitazioni, portano evidenti tracce di questo culto. Sono state rinvenute molte veneri che presentano i simboli della Dea. In esse sono incisi o dipinti semi, boccioli, germogli, uova, crisalidi e segni acquatici come rappresentazione della rinascita e rigenerazione, del divenire e della trasformazione.

Lungo le generazioni, con gli spostamenti di popoli e la crescita di complessità delle culture, le “competenze” della Grande Madre si moltiplicarono in diverse divinità femminili. Per cui la Grande Dea, pur continuando ad esistere e ad avere culti propri, assumerà personificazioni distinte, per esempio, per sovrintendere all’amore (Ishtar – Astarte - Afrodite – Venere), alla fertilità delle donne (Ecate triforme), alla caccia (Artemide – Diana), alla fertilità delle sementa (Demetra – Cerere e Persefone – Proserpina) analoga alla domanda dell’uomo di rinascere come il seme rinasce dalla terra.

L’area geografica analizzata riguarda Africa, America e l’Europa. In Africa la Grande Madre viene chiamata Nana e Iside; in America la Dea dall’abito di serpente;presso i Navajos e gli Apache la Estsanatlehi era la Madre di tutti gli esseri viventi che all’alba del mondo, quando si unì al sole, partorì due gemelli che sconfissero i mostri che popolavano il suolo terreste. In Asia, in area mesopotamica (V millennio AC) e in area anatolica (II millennio AC), viene adorata come Ninhursag, Cibele, e Anahita, in Cina è chiamata Quan-Yin, in India Durga. Per l’Europa in Grecia con Gea e Athena, l’Italia con Cibele, Bona Dea, Minerva ed Uni, con l’antica Dea Mater Matuta degli etruschi, Spagna e Malta con la Dea Astarte, l’Irlanda con la Dea Brigit, la Russia con la Dea Lada ( famosa incarnazione di Lada è Matersva, la dea uccello ).

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Reperti molto interessanti si trovano in Bulgaria, in Russia ed in Lombardia (Val Camuna) del 2000 a. C. dove vi sono incisioni rupestri in mezzo alla natura con evidenti simboli che appartengono al culto della Grande Madre: serpentine, labirinti reti, bande ondulate, motivi a zig-zag. Per Jung questi sono i frutti interiori che emergono dall’inconscio collettivo, il regno della spiritualità della Grande Madre. Per lui la Grande Madre è una delle potenze numinose dell’inconscio, un archetipo di grande ed ambivalente potenza, salvatrice e distruttrice degli aspetti negativi della nostra personalità, nutrice e divoratrice. delle nostre ossessioni. Altri reperti significativi sono due statuette della Dea rinvenuti in Turchia e a Creta. In quello della Turchia, risalente al 6000 a.C., la Dea è rappresentata seduta in trono, maestosa e regale con 2 fiere accanto; le sue mani sono posizionate in modo forte e tranquillo sulla testa delle fiere.

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Turchia 6000 a.C.

In quello di Creta ha in mano 2 serpenti. Il serpente era il simbolo della saggezza oracolare della Dea, infatti nell’antica Delfi la sacerdotessa che dava consigli ai capi di stato era raffigurata in associazione con il serpente. Anche il serpente era un simbolo collegato alla Grande Madre; il suo movimento verticale ascendente rappresentava la forza vitale e l’energia (la Kundalini) mentre il letargo e la muta rappresentavano il divenire e la trasformazione, l’immortalità ed il risveglio ciclico della natura. Questo tipo di cultura e di spiritualità si inserisce in una società di tipo agricolo dedito alla cura della vegetazione, dell’artigianato, del commercio. Fu un periodo di stabilità e pacifico.

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1600 a.C.

Le donne erano considerate e valorizzate – regine, sacerdotesse, artigiane, membre anziane del clan – la società era di carattere egualitario. Si evidenziava un particolare rispetto verso la Madre Terra come simbolo della Grande Madre. Il potere della donna era inteso non come dominio ma come capacità di illuminare e trasformare la coscienza umana. Più tardi nell’epoca medievale tutto ciò sarà simboleggiato nel vaso femminile: il calice del Sacro Graal. Un potere, quindi, non terreno ma spirituale che si estrinseca non solo nella conoscenza e nella saggezza, ma soprattutto nella verità, nell’amore, nella giustizia. Queste qualità verranno in seguito attribuite alla Vergine Maria. La dispensatrice della nascita e la Madre Terra si fusero con la Madonna. Alla fine di questo periodo la spiritualità antica della Grande Madre gradualmente si attenuò fino a scomparire come risultato delle scontro tra culture diverse e del successivo affermarsi delle religioni patriarcali.

Seguì l’alienazione dell’uomo dalla natura e da se stesso i cui effetti sono ben evidenti nella società odierna. Per nostra fortuna il culto della Grande Madre ed i suoi simboli non sono andati perduti in quanto hanno costituito lo strato primario dell’inconscio collettivo, presenti come archetipi e visibili nelle fiabe, nei miti, nei sogni. I cicli storici non si fermano mai; e la spiritualità della Grande Madre riemerge in tutte le sue forme (ecologia ed interesse verso i temi dell’unione, dell’integrazione, della pace) a donarci speranze per il futuro ricollegandoci alle nostre più antiche radici.

Iside

Iside è spesso simboleggiata da una vacca, in associazione con la Dea Hathor, ed è raffigurata con le corna bovine, tra le quali è racchiuso il sole. Nell’iconografia è rappresentata spesso come un falco o come una donna con ali di uccello e simboleggia il vento. In forma alata è anche dipinta sui sarcofagi nell’atto di prendere l’anima tra le ali per condurla a nuova vita. Solitamente viene raffigurata con una donna vestita, con in testa il simbolo del trono, che tiene in mano un loto, simbolo della fertilità. Frequenti anche le rappresentazioni della dea mentre allatta il figlio Horus. Il suo simbolo è il tiet, chiamato anche nodo isiaco.

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http://benvenutiinparadiso.wordpress.co ... 0-1000-ac/



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MessaggioInviato: 11/11/2013, 23:44 
I popoli del Nord e la «civiltà della madre»

L’affiorare d’una fisionomia europea dalle nebbie dell’alta preistoria ha luogo nel quarto millennio a. C. È un avvenimento che si accompagna ad una scelta già spiritualmente significativa: il rifiuto della «civiltà della madre» e l’affermazione dell’Urvolk indoeuropeo come comunità essenzialmente virile e patriarcale.

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Il neolitico – l’età della prima agricoltura e dei primi villaggi, l’età in cui le famiglie diventano tribù e le tribù popoli — si inaugura sul continente europeo con una penetrazione dell’elemento orientale e mediterraneo. Sono le cellule tessale di Sesklo-Dimini — eredi delle comunità medio-orientali — che, risalendo il corso del Danubio, prolificano in tutta l’Europa centrale e balcanica. È la cosidetta cultura danubiana, con la sua ceramica a nastro (Bandkeramik) , le rozze zappe di legno e le grandi case collettive. Questa cultura ci trasmette il suo messaggio spirituale attraverso le figurine rappresentanti una divinità femminile nuda. È la madre terra — gê metér — la gran madre delle messi, dispensatrice di fecondità che tiene le chiavi della vita e della morte. È la dea nuda, il cui regno si estende dalla Mesopotamia fino all’Asia Minore, a Creta, a Malta e oltre. Anche in tutta l’Europa occidentale e atlantica, dalla Spagna alle Isole Britanniche, ricorre, nelle incisioni megalitiche, la dea armata di pugnale. È il cielo euroasiatico ed euroafricano della Madre che — attraverso la razza mediterranea, nelle suo prolificazioni libiche, liguri, iberiche, pelasgiche penetra fin nel cuore del continente europeo.

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Ascia da battaglia. Gotland (Svezia). Fonte: Nordisk familjebok (1917), vol.26 Till art. Stenålder. I (via Wikipedia).

Dalla dominazione della Madre resta intatta l’Europa Settentrionale. E’ la regione intorno al Baltico meridionale, l’area del faggio, del tasso, della betulla, dell’abete; l’area del lupo, dell’orso, del salmone, del castoro; il territorio che la geografia linguistica presuppone per la Urheimat indoeuropea. E’ altresì il territorio della razza nordica dove — fin dalla metà del quarto millennio — i gruppi locali di cacciatori e pescatori, eredi delle comunità magdaléniane d’epoca glaciale, si riorganizzano in una nuova cultura agricola che resta estranea al mondo dei Danubiani e della Grande Madre.

La cultura nordica megalitica, con le grandi tombe di pietra attestanti una salda struttura politica e gentilizia, e le sue due emanazioni — la cultura delle anfore globulari e quella della ceramica cordata — sono la matrice originaria delle lingue indoeuropee e — con esse — d’una violenta trasformazione che investirà l’Europa e vaste regioni dell’Asia. A partire dal 2500 a., C., tutta l’Europa centrale, orientale e balcanica subisce le incursioni dei popoli del Nord. La cultura delle anfore globulari, quella della ceramica cordata — partendo dalle loro sedi nel bassopiano germanico — investono, con le loro asce-martello, le pacifiche comunità della Madre, trasformando il quadro archeologico fino alla Grecia e all’Ucraina.

E’ significativo che questa irruzione s’accompagni alla comparsa di simboli solari. Nasce la svastica — il più antico esemplare è su una ceramica della cultura delle anfore globulari rinvenuta in Polonia — nascono la croce raggiata, il cerchio riquadrato, il disco puntato e quello radiante.

E’ tutta una vasta gamma simbolica che trova la sua massima fioritura a Troia, città di confine tra l’Europa e l’Asia e che marca il passaggio di ceppi indoeuropei in Asia Minore. La svastica — il primordiale simbolo della generazione e della resurrezione della luce — è associata al primo apparire dei popoli indoeuropei nel cuore del terzo millennio, e solo millecinquecento anni più tardi raggiungerà l’India e la Cina.

Nel cuore dell’Anatolia, le tombe di Alaja Huyuk — preludenti ai futuri splendori del reame ittita — ci mostrano, insieme agli spilloni a testa di martello dei barbari del Nord — gli stendardi ornati di svastiche e altri simboli solari. Uno di questi stendardi ci mostra un grande cervo in mezzo a due tori più piccoli. Assistiamo qui al rovesciamento del simbolismo tellurico, meridionale, materno.

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Al toro — simbolo della cieca forza generatrice, connesso con la ideologia della fecondità, rozzamente raffigurato insieme con la Dea Nuda nelle più antiche culture agricole europee — si contrappone il cervo, I’animale dei cacciatori del Nord, Seelentier des nordischen Menschen, e, secondo Weisweiler, «animale della civiltà artica».

Il cervo è significativamente associato col simbolismo del sole e della luce:

«Den Sonnenhirsch sah ich von Süden her gehen
Seine Füsse standen auf der Erde
aber die Hörner reichten zum Himmel».

Questi versi dell’Edda ci vengono illustrati da una quantità di figurazioni preistoriche — prime tra tutte quelle della Valcamonica — in cui le corna del cervo sono stilizzate in forma di disco solare.

È altresì significativo che, in Irlanda — quando l’elemento celtico si scontra con gli aborigeni di stirpe iberica — il cervo e il toro giocano un ruolo centrale nelle saghe, là dove le parole oss, dag e ag, che nella saga del Leinster indicano il cervo, in quella dell’Ulster sono passati a significare «toro».

Dietro a questo urto di simboli, dietro alla espansione dei popolidell’ascia da combattimento e alla diffusione dei linguaggi indoeuropei, si cela un avvenimento di grande importanza spirituale.

È il principio paterno che si urta contro la «civiltà della Madre»; la virilità olimpica contro il mito taurino e materno della fecondità; l’ethos delle «società degli uomini» contro la promiscuità entusiastica dell’antico matriarcato.

L’eco se ne spande per tutta l’Europa dove, mille anni più tardi, la migrazione dorica e latina creerà le premesse della visione classica della vita. Ma, prima ancora, gli effetti di questa subitanea ascesa della stirpe nordica, bianca e indoeuropea si fanno avvertire nei più lontani centri d’irradazione: sugli altipiani della Persia e alle soglie dell’India.

http://www.centrostudilaruna.it/i-popol ... C2%BB.html



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MessaggioInviato: 01/12/2013, 14:30 
Quale fu la terra di origine della famiglia/tribù di Abramo? Quale il loro retaggio genetico e le conseguenti caratteristiche fenotipiche (biondismo/occhi azzurri/rutilismo) dell'originario popolo che darà origine al popolo ebraico?

Una teoria vede gli ebrei strettamente legati alla cultura indo-europea... ariana che, geneticamente si collega all'aplogruppo R, guarda caso quello associato alla cultura kurgan.

Cita:
L'aplogruppo R1 è rappresentato principalmente da due linee evolutive del cromosoma Y: La R1a (SRY1532) che potrebbe essersi originata nelle steppe euroasiatiche a nord del Mar Caspio e del Mar Nero. È associato alla cultura kurgan, più volte citati nei nostri commenti facendo riferimento agli studi antropologici di Marija Gimbutas, kurgan noti per la domesticazione del cavallo (circa 5000 anni fa).

Questa linea è attualmente presente in Asia centrale e occidentale, India, e nelle popolazioni slave dell'Europa orientale. La linea R1b (M343) è la più comune nelle popolazioni europee. Nell'Irlanda occidentale raggiunge una frequenza prossima al 100%.

L'aplogruppo R1b, nella sua mutazione M343, compare in Europa già 30000 anni fa con l'Uomo di Cro-Magnon, appartenente alla specie Homo sapiens e diretto progenitore degli attuali europei, ma si attesta verosimilmente solo dopo l'ultima era glaciale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Aplogruppo_R1a_(Y-DNA)

http://it.wikipedia.org/wiki/Aplogruppo_R_(Y-DNA)

http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_ge ... l%27Europa



Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Soprattutto se consideriamo il possibile collegamento tra Cro-Magnon=Giganti=Discendenti di Atlantide di cui abbiamo parlato nella puntata n.4 del nostro podcast!

http://www.atlanticast.com/2013/Puntata0004.htm

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CHI ERA ABRAMO? - Connessioni con l'antica India

Nella sua Storia degli Ebrei, l’erudito e teologo ebreo Flavio Giuseppe (37 – 100 d.C.) scrive che il filosofo greco Aristotele aveva detto: “… Questi ebrei sono derivati dai filosofi indiani; sono chiamati dagli indiani Calani” (Libro I, 22).

Clearco di Soli ha scritto: “gli Ebrei discendono dai filosofi dell’India. In India i filosofi sono chiamati Calaniani e in Siria sono detti Ebrei. Il nome della loro capitale è molto difficile da pronunciare. Si chiama Gerusalemme”.

“Megastene fu mandato in India da Seleuco Nicator circa trecento anni prima di Cristo. I suoi racconti stanno trovando ogni giorno nuove conferme da nuove ricerche. Egli dice che gli Ebrei “erano una tribù o setta indiana, chiamata Kalani…” (Godfrey Higgins, Anacalypsis, vol. I, p. 400). Martin Haug, Ph.D., ha scritto in The Sacred Language, Writings, and Religions of the Parsis, “si dice che i Magi chiamassero la loro religione Kesh–î–Ibrahim. Essi attribuivano i loro libri religiosi ad Abramo, che si diceva li avesse portati dal cielo” (p. 16).

Ci sono certe notevoli somiglianze, che sono più di pure coincidenze, fra il dio indù Brahma e la sua consorte Saraisvati e l’Abramo e la Sara ebrei.

Nel suo libro Moisés y los Extraterrestres, l’autore messicano Tomás Doreste ricorda che Voltaire era dell’opinione che Abramo fosse il discendente di qualcuno dei numerosi sacerdoti Brahmani che avevano lasciato l’India per diffondere i loro insegnamenti nel mondo intero; a sostegno della sua tesi ricorda la somiglianza dei nomi ed il fatto che la città di Ur, terra dei patriarchi, era vicino al confine della Persia, lungo la strada verso l’India, in cui quel Brahmano era nato.

Anche se in tutta l’India c’è soltanto un tempio dedicato a Brahma, questo culto è la terza setta più grande degli Indù. Il nome di Brahma era altamente rispettato in India e la sua influenza si espandeva, attraverso la Persia, sino alle terre bagnate dai fiumi Eufrate e Tigri. I Persiani adottarono Brahma e ne fecero una propria divinità. Successivamente avrebbero detto che il dio era arrivato dalla Bactria, una regione montagnosa situata a metà strada sul percorso verso l’India. (pp. 46–47). La Bactria o Battriana (una regione dell’antico Afghanistan) era la sede di una primitiva nazione ebrea denominata Juhuda o Jaguda, ed anche Ur–Jaguda. Ur significava “il luogo” o “la città”. Di conseguenza, la Bibbia era corretta nel dichiarare che Abraham era venuto “da Ur dei Caldei”. “Caldeo”, più correttamente Kaul–Deva (santo Kaul), non era il nome di un’appartenenza etnica specifica, ma il titolo di un’antica casta sacerdotale indù di Bramani, che viveva nella zona ora compresa tra l’Afghanistan, il Pakistan e lo stato indiano del Kashmir.

“La tribù di Ioud o del Brahmino Abramo fu espulsa o lasciò il Maturea del regno di Oude in India e, stabilendosi a Goshen, o la casa del Sole o Heliopolis nell’Egitto, diede a quella località il nome del posto che aveva lasciato in India, Maturea”. (Anacalypsis, vol. I, p. 405).

“Egli era della religione o della setta della Persia e di Melchizedek”. (Ibidem, Vol. I, p. 364).

“I Persiani inoltre pretendono che Ibrahim, cioè Abraham, fosse il loro fondatore, così come gli Ebrei. Così vediamo che secondo tutta la storia antica i Persiani, gli Ebrei e gli Arabi sono discendenti di Abramo. (p. 85)… dicono che Terah, il padre di Abramo, fosse venuto in origine da un paese dell’Est chiamato Ur, dei Caldei o dei Culdei, per abitare in una regione denominata Mesopotamia. Qualche tempo dopo che abitava là, Abraham, o Abramo, o Brahma e sua moglie Sara o Sarai, o Sara–iswati, lasciarono la famiglia del loro padre ed entrarono in Canaan. L’identificazione d’Abramo e di Sara con Brahma e Saraiswati in primo luogo è stata precisata dai missionari Gesuiti”. (Vol. I, p. 387).

Nella mitologia indù, Sarai–Svati è sorella di Brahma. La Bibbia presenta due versioni della storia d’Abramo. Nella prima versione, Abramo ammise di al Faraone aver mentito quando gli aveva presentato Sara come sua sorella. Nella seconda versione, disse anche al re di Gerar che Sara era realmente sua sorella. Tuttavia, quando il re lo rimproverò per aver mentito, Abramo rivelò che Sara era in realtà sia sua moglie sia sua sorellastra! “… ma effettivamente è mia sorella; è stata generata da mio padre, ma non è figlia di mia madre; ed è diventata mia moglie”. (Genesi, 20,12).
Le anomalie non terminano qui. In India, un affluente del fiume Saraisvati è Ghaggar. Un altro affluente dello stesso fiume si chiama Hakra. Secondo le tradizioni ebree, Hagar era la serva di Sara; i musulmani dicono che era una principessa egiziana. Si notino le somiglianze di Ghaggar, Hakra e Hagar.

La Bibbia afferma anche che Ishmael, il figlio di Hagar, ed i suoi discendenti vissero in India.

“… Ishmael trasse il suo ultimo respiro e morì e si riunì alle sue parentele… Abitarono a Havilah (India), a Shur, che è vicino all’Egitto, e lungo tutta la strada che porta ad Asshur”. (Genesi, 25,17–18).
È un fatto interessante che i nomi d’Isacco e d’Ismaele derivino dal Sanscrito: (Ebreo) Ishaak = Ishakhu (Sanscrito) = “amico di Shiva”. (Ebreo) Ishmael = Ish–Mahal (Sanscrito) = “grande Shiva”. Una terza mini–versione della storia d’Abramo lo trasforma in un altro “Noé”. Sappiamo che un’inondazione guidò Abramo dall’India. “… Così disse il signore Dio d’Israele, i vostri padri abitavano anticamente dall’altro lato dell’inondazione, Even Terah, il padre d’Abramo e il padre di Nachor; ed hanno servito altri dei. Ed ho preso il vostro padre Abramo dall’altro lato dell’inondazione e l’ho condotto per tutta la terra di Canaan”. (Giosuè, 24,2– 3.)

Genesi 25 accenna ad alcuni discendenti della sua concubina Ketura (nota: I musulmani sostengono che Ketura è un altro nome di Hagar): Jokshan; Sheba; Dedan; Epher. Alcuni discendenti di Noé erano Joktan, Sheba, Dedan e Ophir. Queste varianti mi hanno indotto a sospettare che gli autori della Bibbia stessero provando ad unire vari rami di giudaismo.

Verso il 1900 a.C., il culto di Brahm fu portato nel Medio e nel Prossimo Oriente da vari gruppi indiani, dopo una terribile pioggia e un terremoto che imperversarono sull’India del Nord, cambiando persino i corsi dei fiumi Saraisvati e Indo. Il geografo classico Strabone dice quanto l’abbandono dell’India nord–occidentale fosse stato quasi totale. “Aristobolo dice che, quando egli fu inviato in India per una certa missione, vide un paese di più di mille città, insieme ai villaggi, che erano stati abbandonati perché l’Indo aveva abbandonato il proprio letto naturale”. (Strabone, Geografia, XV, I.19).
“L’essiccamento del Sarasvati intorno al 1900 a.C., che condusse ad uno spostamento importante della popolazione concentrata intorno al Sindhu e alle valli del Sarasvati, potrebbe essere l’evento che causò un’emigrazione verso ovest dall’India. Subito dopo quel tempo l’elemento Indico comincia a comparire dappertutto in Asia occidentale, in Egitto e in Grecia”.
(Subhash Kak, Indic Ideas in the Graeco–Roman World, in IndiaStar online literary magazine, p.14)

Lo storico indiano Kuttikhat Purushothama Chon ritiene che Abramo fosse stato cacciato dell’India e dichiara che gli Ariani, incapaci di sconfiggere gli Asura (la casta mercantile che comandava un tempo nella valle dell’Indo, o Harappani), s’impegnarono per molti anni a combattere segretamente contro gli Asura, sino a distruggere il loro enorme sistema di laghi d’irrigazione, causando l’inondazione distruttiva, che Abramo e la sua famiglia se ne andarono e marciarono verso l’Asia Occidentale. (v. Remedy the Frauds in Hinduism).

Di conseguenza, oltre ad essere cacciati dall’India del Nord dalle inondazioni, gli Ariani costrinsero anche i commercianti indiani, gli artigiani e le classi istruite a fuggire in Asia Occidentale.

Edward Pococke scrive in India in Greece: “… in nessun caso simile sono accaduti eventi carichi di conseguenze di tale importanza, come negli eventi successivi alla grande guerra religiosa che, per un lungo periodo d’anni, infuriò in lungo e in largo per l’India. Quel confronto si concluse con l’espulsione d’ampi gruppi di popolazione; molti dei quali esperti nelle arti e civilizzati e molti di più guerrieri di professione. Stretti a nord dalle montagne himalayane, e bloccati verso sud a Ceylon, la loro ultima fortezza, invasero la valle dell’Indo ad ovest, e questi loro spostamenti generarono i germi delle arti e delle scienze europee. La vigorosa marea umana passò la barriera del Punjab e si diresse verso l’Europa ed il resto dell’Asia, per compiere la propria missione nell’evoluzione morale del mondo.

L’ampiezza del movimento migratorio era così grande, il cambiamento dei nomi così completo e le informazioni – che abbiamo da parte dei Greci – riferite in modo talmente fuorviante, che nulla di meno di una negligenza totale dei principi teoretici e la risoluzione della ricerca indipendente, hanno dato la minima probabilità di chiarimento di tale mistero”. (p. 28)

Se tutti quei popoli immigrati e dominanti erano esclusivamente di origini indiane, perché mai la storia non ne fa menzione?

L’esodo dei rifugiati dall’antica India non avvenne in una sola ondata, ma lungo un periodo di mille anni, o più migliaia d’anni. Se tutti quei profughi erano esclusivamente di origini indiane, perché mai la storia non ne fa menzione? Essi sono citati piuttosto come Kassiti, Hittiti, Siriani, Assiri, Hurriti, Aramei, Hyksos, Mitanni, Amaleciti, Etiopi (Atha–Yop), Fenici, Caldei, e con molti altri nomi. Tuttavia saremmo in errore se pensassimo che si tratti di gruppi etnici indigeni dell’Asia Occidentale. I nostri libri di storia li chiamano anche “Indo–Europei” e suscitano l’interrogativo da dove essi realmente provenissero.

“I popoli dell’India giunsero a indicare la propria identità sociale in termini come Varna e Jati (funzioni sociali o di casta), non in termini di razze e tribù”. (Foundations of Indian Culture; p. 8)
Ecco un esempio di come gli indiani antichi identificavano la gente: I capi erano denominati Khassi (Kassiti), Kushi (Kushiti), Cosacki (casta militare russa), Cesari (casta romana di comando), Hattiya (Hittiti), Cuthiti (una forma dialettica di Hittiti), Hurriti (un’altra forma dialettica di Hittiti), Cathay (capi cinesi), Kasheetl/Kashikeh fra gli Aztechi, Kashikhel/Kisheh dai Maya e Keshuah/Kush dagli Incas. Gli Assyrians (in inglese), Asirios (nello Spagnolo), Asuras o Ashuras (India), Ashuriya, Asuriya (Sumeri e Babilonia), Asir (Arabia), Ahura (Persia), Suré nel Messico centrale, ecc., erano coloro che adoravano Surya (il Sole). Naturalmente, nelle zone dove questa religione è prevalsa, sono stati conosciuti come “Assiri”, qualunque fossero i nomi reali dei loro rispettivi regni d’origine. Un altro problema che gli eruditi occidentali hanno nell’identificazione degli Indo–Europei con gli Indiani è che l’India non era allora e non è mai stata una nazione. Ancora di più, non era “l’India”. Era Bharata, e anche il termine Bharata non indica una nazione, ma una collezione di nazioni, proprio come l’Europa è una collezione di nazioni, ed è attualmente tenuta insieme dalla minaccia reale o percepita dell’espansionismo musulmano. Gli eruditi indiani mi hanno detto che quando e se mai questo espansionismo sparisse, “l’unione di Bharata” si scheggerà ancora in molte più piccole nazioni. “Gli storici arabi discutono sul fatto che quel Brahma ed Abraham, il loro antenato, sia la stessa persona. I persiani hanno denominato generalmente Abraham Ibrahim Zeradust. Ciro considerava la religione degli ebrei la sua stessa. Gli Indù devono discendere venire da Abraham, o gli Israelites da Brahma…” (Anacalypsis, vol. I, p. 396).

Il nostro Abramo corrisponde realmente con la divinità indù Ram?

Ram e Abramo furono forse la stessa persona o lo stesso clan. Per esempio, la sillaba “Ab” o “Ap” significa “padre” in Kashmiri. Il termine ebreo primitivo potrebbe aver indicato Ram come “Ab–Ram” o “il padre Ram”. Si può anche pensare che la parola “Brahm” si sia evoluta da “Ab–Ram” e non vice–versa. La parola Kashmiri per “misericordia divina”, Raham, sembra derivata da Ram. Ab–Raham = “padre di misericordia divina”. Rakham = “misericordia divina”, in ebraico. Ram è inoltre il termine ebraico per il capo o l’alto reggente. Lo storico indiano A. D. Pusalker, il cui saggio “Traditional History From the Earliest Times” è apparso in The Vedic Age, ha detto che Ram visse verso il 1950 a.C., all’incirca all’epoca in cui Abramo, gli Indo–Ebrei e gli Ariani fecero la più grande espansione dall’India al Medio Oriente, dopo la grande inondazione.

“Uno dei santuari nella Kaaba inoltre era dedicato al dio creatore degli Indù, Brahma, ma il profeta illetterato dell’Islam pensava che fosse dedicato ad Abramo. La parola “Abraham” è nient’altro che una cattiva pronuncia della parola Brahma. Ciò può essere dimostrato chiaramente se si studiano i significati della radice di entrambe le parole. Abraham sarebbe uno dei profeti semitici più anziani. Si suppone che il suo nome derivi dai due termine semitici ‘Ab’ che indica il Padre e ‘Raam/Raham’ che significa “dell’elevato”. Nel libro della Genesi, Abraham significa semplicemente ‘Moltitudine’. La parola Abraham è derivata dalla parola Sanscrita Brahma. La radice di Brahma è Brah, che significa ‘crescere in numero o moltiplicarsi’. In più il Signore Brahma, il dio del creatore dell’Induismo, sarebbe il padre di tutti gli uomini e il più elevato di tutti gli dei, dato che da lui tutti gli esseri sono stati generati. Così veniamo ancora al significato di ‘padre elevato’. Questa è una chiara indicazione che Abraham non è altro che il padre celestiale Brama”. (Vedic Past of Pre–Islamic Arabia, Part VI, p.2).

Diversi significati possono essere estratti dalla parola “Abram”, ciascuno dei quali indica direttamente la sua posizione elevata. Ab = “padre”; Hir o H’r = “testa; parte superiore; Elevato”; Am = “la gente”. Di conseguenza, Abhiram o Abh’ram può significare “il padre dell’elevato”. Eccone un altro: Ab – î – ram = “padre del misericordioso”. Ab significa anche “il serpente”, e potrebbe indicare che Ab–Ram (serpente elevato) era un re Naga. Tutti i significati che possono essere estratti dalla parola composta “Abraham” rivelano il destino divino dei suoi seguaci. Hiram di Tiro, stretto amico di Salomone, era “gente elevata” o Ahi–Ram (serpente elevato).

In India antica, il culto Ariano era chiamato “Brahm–Aryan”. Gli Ariani adoravano molti dèi. Abraham si allontanò dal politeismo. Così facendo, potrebbe essere diventato “A–Brahm” (non più un Brahman). Gli Ariani chiamarono gli Asura “Ah–Brahm”. Di conseguenza, possiamo supporre logicamente che i padri della civiltà dell’Indo fossero probabilmente precursori degli ebrei.

Gerusalemme era una città degli Hittiti (casta indiana di tipo ereditario) ai tempi della morte d’Abramo. In Genesi, 23:4, Abramo chiese agli Hittiti di Gerusalemme di vendergli un terreno per la sepoltura. Gli Hittiti risposero: “… tu sei un principe fra noi: scegli tra i nostri sepolcri dove vuoi seppellire i tuoi morti; nessuno di noi te lo negherà”. (p. 6). Se Abramo era riverito come principe dagli Hittiti, doveva essere anche un membro stimato della casta ereditaria e guerriera dell’India. La Bibbia non ha mai affermato che Abramo non fosse un Hittita. Dice solo: “sono uno straniero e un ospite temporaneo tra voi”. (Genesi, 23: 4.) Come gli Hittiti hanno detto, essi riconoscevano addirittura Abramo come loro superiore. Come gli Hittiti non avevano un’origine etnica unica, così non l’avevano gli Amoriti o gli Amarru. Marruta era il nome indiano di casta degli uomini comuni. La parola “Amorita” (Marut) era il primo nome della casta dei Vaishya indiani: artigiani, coltivatori, vaccari, commercianti, ecc.
G.D. Pande scrive in Ancient Geography of Ayodhya: “I Marut rappresentavano il Visah. I Marut sono descritti come componenti delle truppe o delle masse. Rudra, il padre dei Maru, è il signore del bestiame”. (p. 177.) Malita J. Shendge li definisce così: “… i Marut sono la gente comune”. (The Civilized Demons, p. 314). Non dovremmo essere sorpresi nello scoprire che i Khatti (Hittiti) e i Marut (Amoriti) fossero i padri (protettori) e le madri (aiutanti o assistenti) di Gerusalemme.

In India, gli Hittiti erano anche conosciuti come Cedi o Chedi (pronunciato Hatti o Khetti). Gli storici indiani li classificano come una delle più vecchie casti degli Yadava. “I Cedi hanno formato una delle tribù più antiche fra gli Ksatriya (la classe aristocratica composta di Hittiti e Kassiti) nei più antichi periodi Vedici. Fin dal periodo del Rgveda i re dei Cedi avevano acquistato grande rinomanza… erano uno dei poteri principali in India del Nord nella grande epica”. (Yadavas Through the Ages, p. 90). I Ram o Rama inoltre appartenevano al clan di Yadava. Se i nostri Abraham, Brahm e Ram sono quello e la stessa persona, Abramo andò a Gerusalemme per stare con la sua propria gente!

Le congregazioni dei Ram si segregarono nelle loro proprie comunità, denominate Ayodhya, che in Sanscrito significa “l’Inconquistabile”. La parola Sanscrita per “il combattente” è Yuddha o Yudh. Abramo ed il suo gruppo appartenevano alla congregazione di Ayodhya (Yehudiya, Judea) che rimase distante dai non–credenti e dagli Amaleciti (Ariani?).

Melchizadek… il saggio di Salem

Se ciò che ho detto finora non è abbastanza convincente, forse la parola “Melchizedek” lo sarà. Melchizedek era un re di Gerusalemme che possedeva poteri mistici e magici segreti. Era inoltre insegnante d’Abramo.

Melik–Sadaksina era un gran principe indiano, un mago e un gigante spiritoso – il figlio d’un re dei Kassiti. In Kashmiri e in Sanscrito, Sadak = “una persona con poteri magici e soprannaturali”. Un certo Zadok (Sadak?) era anche un sacerdote con doti soprannaturali, che unse Salomone. Perché il Kassita (di casta reale) Melik–Sadaksina, un personaggio mitico indiano, compare improvvisamente a Gerusalemme come l’amico e la guida d’Abramo? Secondo Akshoy Kumar Mazumdar, nella storia indù, Brahm era il leader spirituale degli Ariani. Come Ariano (non di Yah), credeva naturalmente negli idoli. La Bibbia dice che persino li fabbricava. Nel vedere come l’aumentare del culto degli idoli e il dubbio religioso stavano contribuendo ad un’ulteriore rovina della sua gente, Brahm ripudiò l’Arianesimo e riabbracciò la filosofia indiana antica (di Yah) (culto dell’Universo Materiale) anche se quello pure stava affondando nelle malvagità umane. Si convinse che l’umanità si sarebbe potuta conservare soltanto occupandosi di cose reali, non immaginarie.

Scossi dalla barbarie e dall’egoismo cieco della gente, gli uomini saggi e la gente istruita fra i proto–Ebrei s’isolarono dalle masse.

Il Dott. Mazumdar ha scritto: “La caduta morale era veloce. I colti e i saggi vivevano staccati dalle masse. Si sposavano raramente e principalmente si dedicavano alle pratiche religiose. Le masse, senza luce e capo adeguati, presto divennero viziose oltre ogni limite. La violenza, l’adulterio, il furto, ecc., diventarono comuni. La natura umana diventava selvaggia. Brahma (Abramo) decise di riformare e rigenerare la gente. Incitò i colti e i saggi a sposarsi e mescolarsi con la gente. La maggior parte rifiutò di sposarsi, ma 30 acconsentirono”. Brahm sposò la sua sorellastra Saraisvati. Quei saggi furono conosciuti come i prajapatis (progenitori).

“L’Afghanistan del Nord era denominato Uttara Kuru ed era un grande centro d’apprendimento. Una donna andò là studiare e ricevette il titolo di Vak, cioè Saraisvati (signora Sara). Si crede che Brahm, il suo insegnante (e fratellastro), fosse rimasto tanto impressionato dalla sua bellezza, formazione e intelletto potente, che la sposò”. (The Hindu History; p. 48, passim)

Dalla santa comunità nell’Afghanistan del sud, simili comunità si sparsero dappertutto: in tutta l’India, Nepal, Tailandia, Cina, Egitto, Siria, Italia, Filippine, Turchia, Persia, Grecia, Laos, Irak, – persino nelle Americhe! La prova linguistica della presenza di Brahm in varie parti del mondo è più di evidente: Persiano: Braghman (santo); Latino: Bragmani (santo); Russo: Rachmany (santo); Rachmanya ucraino (sacerdote; Santo); Ebreo: Ram (capo supremo); Norvegese: From (Divinamente).

Una parola sacra fra gli Indù era ed è la sillaba mistica OM. È associata in eterno con la terra, il cielo ed il paradiso, l’universo triplice. È inoltre un nome di Brahm. Anche gli Aztechi adoravano e recitavano la sillaba OM come il principale doppio di tutta la creazione: OMeticuhlti (principio maschile) e OMelcihuatl (principio femminile). La casta sacerdotale dei Maya era chiamata Balam (pronunciato B’lahm). Se nella lingua Maya ci fosse stato il suono “R”, esso sarebbe stato Brahm. Gli Incas peruviani adoravano il sole come Inti Raymi (Hindu Ram).

Nomi che innegabilmente derivano letteralmente da Rama si trovano nelle lingue dei Nativi americani, particolarmente le lingue di quelle tribù che si estendono dal sud–ovest degli Stati Uniti al Messico e sino nel Sudamerica, oltre il Perù. Gli indiani Tarahumara di Chihuahua sono un esempio ideale. Il loro nome reale è Ra–Ram–Uri. Come in Sumeria ed in India del Nord, Ra–Ram–Uri “Uri” = “la gente”. Poiché la R spagnola ha un suono particolare, questo “Uri” potrebbe anche essere Udi o Yuddhi, il nome Sanscrito per “Guerriero; Conquistatore”. Molte tribù messicane ricordano che una razza straniera di Yuri invase una volta la loro parte del mondo. Il dio del sole dei Ra–Ram–Uri è Ono–Rúame. In Kashmiri, Ana = “figlio favorito”; La dea della luna dei Ra–Ram–Uri, consorte di Ono–Rúame, è Eve–Ruame. In Kashmir Hava = “Eva, o il principio femminile”. Un governatore dei Ra–Ram–Uri si chiamava Si–Riame. In Sanscrito/Kashmiri, Su–Rama = “Grande Rama”. Secondo le antiche leggende messicane, gli Yori appartenevano ad una tribù denominata Surem (Su–Ram?). Prima della conquista, il Messico centrale ed il sud–ovest degli Stati Uniti, sino al Colorado orientale, erano conosciuti come Suré. Suré = “Sole” in Kashmiri. Il medico curatore o guida spirituale dei Tarahumara è un Owi–Ruame. In Sanscrito, Oph = “speranza”. Il loro diavolo è denominato Repa–Bet–Eame. Kashmiri: Riphas (Comparsa) + Buth (Spirito maligno) + Yama (Angelo della morte). Molte altre sorprendenti corrispondenze con il Kashmiri e il Sanscrito compaiono nella lingua dei Ra–Ram–Uri. Il loro rapporto con l’antica Fenicia, la Sumeria e l’India del Nord è ovvio.

I Fenici... navigatori globali

La maggior parte di noi pensa che i Fenici fossero un popolo di navigatori e commercianti, che abitava in quello che oggi chiamiamo Libano. Tuttavia, i Pancika o Pani, come gli Indù li chiamavano, o Puni, come li chiamavano i Romani (un altro nome derivato da Rama), erano, come gli zingari, sparsi su tutto il globo.

Gli spagnoli chiamarono la terra dei Ra–Ram–Uri Chihuahua, pronunciata come Shivava dagli stessi nativi. In Sanscrito, Shivava = “tempio di Shiva”. Secondo gli eruditi religiosi indù, Ram ed il dio Shiva erano una volta la stessa divinità. Il nome di Yah e di Shiva (lo stesso di cui leggiamo nella Bibbia) è inoltre prevalente nelle pratiche religiose dei Nativi americani e può essere trovato iscritto in petroglifi dappertutto nel sud–ovest americano. (Cfr. il mio libro India Once Ruled the Americas! )

Ayodhya era inoltre un altro nome per Dar es Salaam in Tanzania (Africa) e per Gerusalemme (Giudea). È vero che gli abitanti di Gerusalemme erano conosciuti come Yehudiya o Giudei (guerrieri di Yah), un fatto che rende le origini indiane degli ebrei incontrovertibili.

Non c’era parte del mondo antico, compresa la Cina, che non fosse influenzata dai punti di vista religiosi di Ram. Per esempio, i cristiani e gli ebrei hanno subito un lavaggio del cervello per credere che Mohammed copiasse i suoi insegnamenti dalle fonti ebree. La verità è che, nel tempo di Mohammed, la teologia di Ram o d’Abramo era la pietra di fondamento di tutte le sette religiose. Tutto ciò che Mohammed ha fatto fu di eliminarne il culto degli idoli.

“… Il Tempio della Mecca è stato fondato da una colonia di Bramini provenienti dall’India. Era un posto sacro prima dell’epoca di Mohamed, e fu loro consentito di fare pellegrinaggi ad esso per parecchi secoli dopo il suo tempo. La sua gran celebrità come luogo sacro molto prima del periodo del profeta non può essere contestata”. (Anacalypsis, vol. I, p. 421)

“… I bramini dicono, dall’autorità dei loro antichi libri, che la città della Mecca è stata fondata da una colonia proveniente dall’India. I suoi abitanti a partire dall’era più antica hanno avuto una tradizione che è stata sviluppata da Ishmael, il figlio di Agar. Questa città, nella lingua dell’Indo, sarebbe denominata Ishmaelistan”. (Ibidem, p. 424)

Prima del tempo di Mohammed, l’Induismo della gente araba era denominato Tsaba. Tsaba o Saba è una parola Sanscrita, significante “L’Assemblea degli Dei”. Tsaba si diceva anche Isha–ayalam (tempio di Shiva). Il termine Musulmano o Moshe–ayalam (tempio di Shiva) è solo un altro nome di Sabaismo. La parola ora è limitata al mondo dell’Islam. Mohammed stesso, essendo un membro della famiglia di Quraish, era inizialmente un Tsabaista. I Tsabaisti non consideravano Abramo come un dio reale, ma piuttosto un’incarnazione o un insegnante divino chiamato Avather Brahmo (Giudice del mondo sottoterra).

Ai tempi di Gesù, le lingue, il simbolismo religioso e le tradizioni degli arabi e degli ebrei erano quasi identici. Se potessimo prendere una macchina del tempo verso il passato, la maggior parte di noi non vedrebbe alcuna differenza reale fra gli arabi e gli ebrei. La storia ci dice che gli arabi del tempo di Cristo adoravano gli idoli. Così facevano le classi più basse e gli ebrei rurali. Per questo motivo, la controversia del Medio Oriente fra gli ebrei ed i musulmani e l’avversione fra i musulmani e gli Indù in India è ridicola. I musulmani stanno combattendo gli ebrei e gli Indù, o vice–versa, sulla base di niente. Tutti e tre i gruppi sono scaturiti dalla stessa fonte. L’equivalente Kashmiri–Sanscrito di Hebron (Khev’run in ebraico) grida le origini indiane dei più antichi abitanti di Gerusalemme: Khab’ru (tomba). (V. il dizionario del Grierson, p. 382). Anche nell’ebraico, Kever = “tomba”.

Il libro del linguista ed orientalista indiano Maliti J. Shendge The Languages of Harappans salda insieme, una volta per tutte, l’Asia Occidentale e la civiltà della valle dell’Indo. Non solo dimostra che Harappa era accadica e sumerica, dimostra anche che il primo “Abramo” non era altri che Adamo, prima che Eva fosse generata da una delle sue costole.

“… Si può dire che la regione dal Tigri–Eufrate all’Indo ed al suo oriente fosse abitata dagli Accadi che parlavano una lingua semitica, i quali successivamente chiamarono se stessi Asshuraiu. Il loro nome indiano come conosciuto dai Rgveda è Asura, che non è stato dimenticato da molto tempo. Non è molto sorprendente che questa regione fosse abitata in da clan differenti della stessa razza. Tuttavia sarebbe errato pensare che fosse un gruppo razziale omogeneo. La nostra conoscenza linguistica prova che si trattava d’una popolazione mista di Accadi e Sumeri. Altri gruppi etnici potevano essere presenti, le cui tracce potranno essere identificate grazie i lavori futuri.

Questa composizione mista della popolazione non è in contraddizione con lo stato attuale delle conoscenze, perché la presenza di questi elementi etnici nella valle dell’Indo conferma ed estende un modello demografico identico, che esisteva probabilmente a partire dai tempi più antichi della preistoria e della civiltà.

Se questi Accadi fossero gli stessi del clan omonimo dell’Asia Occidentale, ci dovrebbe essere una preponderanza uguale di questa coppia primigenia nella mitologia vedica. Tuttavia, oltre un cenno enigmatico, non c’è riferimento a loro. Ciò stava confondendo. Sembrava improbabile che questo clan fosse privo dei genitori primordiali, benché il loro dio fosse Asura. C’è la predominanza di Brahma in Rgveda come il padre primordiale, ma appare inadeguato che vi sia un principio maschile da solo. Uno sguardo da vicino a Brahma ha rivelato che la sua ascendenza derivava da due parole Abu + Rahmu che è l’accoppiamento primordiale in mitologia Semitica. La controparte Accade di Rahmu è Lahmu che successivamente è diventata la dea Laksmi, nata nel mare e corteggiata sia dai dei sia dai demoni. Lahmu è un drago in Accadico ma in Ugaratico Rahmu è la parte femminile di Abu.

Brahma (abu + rahmu = abrahma = brahma): tutti i cambiamenti qui postulati corrispondono alle connessioni di cui sopra, o la femmina di Abu, il Dio supremo dei Semiti, ha subito molte trasformazioni ed ha molte controparti nel pantheon indiano, fra le quali Laksmi è uno di quelli importanti, adorata come la dea di tutta la creazione materiale. Così il clan di Asura della valle dell’Indo adorava Abu–Rahmu come la coppia primigenia”. (pp. 269 – 270)

La ricerca della signora Shendge rafforza la mia convinzione che i resti d’Abramo e di Sara a Hebron possano essere quelli di Brahm e della Saraisvati reali. Il nostro Abramo era evidentemente un sacerdote, forse persino il fondatore del culto di Abu–Rahmu (Adamo ed Eva), che portò la sua religione monoteistica nell’Asia Occidentale. Benché lui e Sara fossero divinizzati in varie forme nella loro India natale, sono rimasti come esseri umani nel giudaismo.

http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=219

Leggasi anche

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=307756

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=301120


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Abramo, molto probabilmente, non è mai esistito.



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Forse non è mai esistito l'Abramo così come la Bibbia lo descrive.

Ma è probabile sia esistito un capostipite di ciò che diventerà successivamente il popolo ebraico e che genererà le tre religioni abramitiche, strumenti per consentire il controllo totale del pianeta all'Elohim Yahweh.

Mi aspettavo qualcosa di più da te Max, considerando tutte le varie coincidenze che l'articolo collega dalle implicazioni notevolissime. Perché se gli ebrei erano ariani... non vado oltre...



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Ulteriori spunti di riflessione.


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Ma allora, a dispetto della teoria antropologica ufficiale dell Out of Africa, quale può essere il luogo geografico da dove gli Ariani (o meglio le loro caratteristiche genetico-fenotipiche) hanno avuto origine?

Iniziamo a considerare la possibilità che, accanto alle Out of Africa I e II, che descrivono, secondo l'antropologia ufficiale, la diffusione dell'homo erectus prima e sapiens poi, in tutto il mondo, possa esistere una nuova teoria, che chiamerei "Out of Atlantis" che spiegherebbe la diffusione di particolari caratteristiche genetiche e di una conoscenza accompagnata a queste persone identificate spesso come 'divinità'.


Ultima modifica di Atlanticus81 il 01/12/2013, 17:03, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 02/12/2013, 03:09 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Forse non è mai esistito l'Abramo così come la Bibbia lo descrive.

Ma è probabile sia esistito un capostipite di ciò che diventerà successivamente il popolo ebraico e che genererà le tre religioni abramitiche, strumenti per consentire il controllo totale del pianeta all'Elohim Yahweh.

Mi aspettavo qualcosa di più da te Max, considerando tutte le varie coincidenze che l'articolo collega dalle implicazioni notevolissime. Perché se gli ebrei erano ariani... non vado oltre...






MA gli ebrei come popolo non esistevano, da quel che ho capito e se quanto scritto nella bibbia è accaduto davvero e non è la semplice riproposizione di eventi accaduti prima, quelli usciti dall'Egitto erano una accozzaglia di gente, formata come popolo col sangue e crudeltà in un ambito paramilitare; l'ebraico come lingua non esisteva così come Abramo non parlava ebraico e così come il nome del PRESUNTO dio che il presunto Abramo ha udito non era certo in ebraico ma probabilmente in egiziano o in qualche idioma che si parlava in quella zona. Quindi cosa sono gli ebrei?

Nascono come popolo in quel momento quindi come fanno ad avere radici?

Se volessimo identificare il popolo ebreo mi sentirei di identificarli con la popolazione sumera o parte di quel che ne restava ma di certo nel momento in cui sono usciti dall'Egitto quelle genti, non esisteva nè un popolo ebraico nè una cultura ebraica e quindi come potevano avere radici o poteva averne il loro "capo"?

Secondo me ciò che l'articolo mette maggiormente in evidenza è che probabilmente la bibbia e in generale molte delle "storie" del'antico testamento sono solo riadattamenti di "storie" ancora più antiche ed essendo la mitologia indù forse la più antica nota non mi sorprende che le origini di TUTTO possano essere ricercate lì. Ma non riesco a cogliere il nesso tra gli ariani ed il popolo ebreo che di fatto nasce in un momento ben preciso e con modalità precise senza radici comuni nel passato se è vero che rappresentano una commistione di genti fuoriuscite dall'Egitto.

Se poi ci mettiamo che probabilmente la figura di Abramo sia pura invenzione... Quanto meno l'Abramo biblico. Poi magari un Abramo è esistito davvero ma non lì e nel momento in cui la bibbia lo colloca.


Ultima modifica di MaxpoweR il 02/12/2013, 03:12, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 28/12/2013, 17:35 
Il modo in cui Manco Capac elimina i propri fratelli diventando l'unico sovrano della regione mi ricorda il modo in cui Yahweh, escluso dall'assegnazione di popoli e terre durante l'assemblea degli Elohim, si sceglie la stirpe di Abramo per assoggettare l'intera regione... e forse il mondo intero.

Il racconto incas della creazione è conosciuto grazie ai racconti tramandati dai sacerdoti oppure dalla iconografia delle ceramiche o delle costruzioni architettoniche, e grazie ai miti e alle leggende sopravvissute tra i nativi americani.

Secondo questi racconti, nei tempi antichi la terra era immersa nell'oscurità. Allora, da un lago chiamato Collasuyu (adesso Titicaca), emerse il dio Con Tiqui Viracocha, portando con sé alcuni esseri umani. Allora Con Tiqui creò il sole (Inti), la luna e le stelle per illuminare il mondo.

È proprio da Inti che il Sapa Inca, imperatore del Tawantinsuyu, discende. Al di fuori delle grandi caverne Con Tiqui modellò numerosi esseri umani, incluse alcune donne che erano già incinte. Allora egli mandò fuori queste persone in ogni angolo del mondo.

Tenne però con sé un uomo e una donna a Cusco, l'"ombelico del mondo".

Con, il creatore, aveva forma umana ma era senza ossa. Egli riempì la terra con cose buone per sopperire ai bisogni dei primi esseri umani.

Le persone, però, dimenticarono il dio Con e si ribellarono. Così egli li punì smettendo di mandare la pioggia. La gente allora fu costretta a lavorare duramente arrangiandosi con la poca acqua che poteva trovare nei rigagnoli rimasti. Allora si affermò una nuova divinità, Pachacamac, che cacciò Con e trasformò le persone da lui create in scimmie.

Pachachamac poi si impossessò della Terra e creò gli antenati del genere umano.

Il fondatore della prima dinastia dei sovrani di Cusco fu Manco Capac. Secondo una leggenda egli emerse dalle profondità del lago Titicaca grazie al dio del sole Inti.

Un'altra versione della storia sosteneva che egli fosse il figlio di Tici Viracocha. In uno dei due miti Manco Capac era il fratello di Pachacamac ed entrambi erano figli del dio del sole Inti, conosciuto anche con il nome di Apu Punchau. Lo stesso Manco Capac veniva onorato come un dio del fuoco o del sole.

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Secondo la leggenda di Inti, Manco Capac e i suoi fratelli di madre erano stati mandati sulla terra dal dio del sole ed erano fuoriusciti da una caverna del Pacaritambo portando un bastone dorato chiamato tapac-yauri. Essi dovevano creare un Tempio del Sole nel luogo dove il bastone sarebbe affondato dentro la terra. Essi viaggiarono fino a Cusco lungo gallerie sotterranee e finalmente trovarono il luogo adatto per costruire il tempio in onore del dio del sole Inti, loro padre. Durante il viaggio uno dei fratelli di Manco Capac e forse anche una delle sue sorelle vennero tramutati in pietre sacre (huaca). In un'altra versione di questa leggenda, invece di apparire da una caverna a Cusco, i fratelli sarebbero emersi dalle acque del lago Titicaca.

Secondo la leggenda di Tici Virachocha, invece, Manco Capac era il figlio di Tici Viracocha: egli e i suoi fratelli (Ayar Anca, Ayar Cachi e Ayar Uchu) e sorelle (Mama Ocllo, Mama Huaco, Mama Raua e Mama Cura) vivevano vicino Cusco, presso Pacari-Tampu (oggi Pacaritambo, a 25 km a sud di Cusco). Una volta formato un popolo piuttosto numeroso riunito in dieci ayllu essi tentarono di assoggettare le tribù della valle di Cusco. Questa leggenda comprende inoltre il bastone d'oro, sostenendo che questo era stato dato a Manco Capac da suo padre.

La leggende inoltre narra che il giovane Manco avrebbe ucciso i suoi fratelli più grandi diventando così l'unico governante di Cusco.

http://www.tanogabo.it/mitologia/Inca/c ... e_inca.htm



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MessaggioInviato: 10/02/2014, 10:42 
La Bibbia è stata politeista sino al V secolo a.C. con Jahvè il sommo degli dèi.

Jahvè è il nome personale di Dio, analogo a Pasquale o Michele. In ebraico il nome individuale di Dio è l'incrocio di quattro consonanti (JHWH tetragramma) e vocalizzato in Jahvè, Jahweh o Yahweh.

La conferma che Dio possiede un nome è nel Salmo 83,19: Sappiamo che tu hai nome «Jahweh»... Ma ancor più esplicito è il Salmo 8,2: O Jahweh, nostro Signore, quanto è glorioso il tuo Nome... [I Salmi, G. Ravasi, Rizzoli 1986]. Nel primo Comandamento c'è l'autopresentazione personale di Dio "Io sono YHWH, tuo Dio" modificato nelle traduzioni "Io sono il Signore, tuo Dio". Nella Bibbia ebraica il nome Jahvè è presente più di cinquemila volte, mentre nella Bibbia CEI non compare mai. In verità, il tetragramma JHWH è assente anche nelle precedenti Bibbie cattoliche e non c'è neppure nei manoscritti del Nuovo Testamento. Per quale motivo?

PARTIAMO DAL DIFETTO CONGENITO

Un Dio trascendentale, ma con un nome e una personalità individuale, contraddice il principio di Assoluto. In verità, l'impronta umana di Jahvè è presente in tante sue manifestazioni: ira, vendetta, gelosia... e nelle sacre Scritture c'è persino la simbologia del suo organismo. In sostanza, la stessa critica antropica rivolta agli dèi ellenici la ritroviamo nella biografia biblica di Jahvé. Motivo per cui, l'abrogazione del nome personale di Dio [ - JHWH] era un atto "teologicamente dovuto" per decontestualizzare il Soprannaturale. Come eliminare, allora, tale errore commesso proprio da Dio?

LE DUE FORME ABROGATIVE

C'è stato un disegno comune tra gli esegeti della Bibbia ebraica e cristiana nel rimuovere il nome individuale di Dio.

#9632; L'artifizio ebraico: 4 lettere ineffabili
Le quattro consonanti [ #8594; JHWH] non si potevano depennare dal testo biblico perché erano impresse nella tradizione. E così fu ideata la soppressione orale: il nome di Dio non va letto, né menzionato. C'è ma non si legge! E chi trascriveva la Bibbia ebraica, prima di comporre il nome di Dio [], doveva fare un'abluzione con l'acqua: un rituale per purificarsi [Esodo 30,20].

#9632; L'artifizio cristiano: il nome surrogato
Le Bibbie cristiane, senza farsi troppi scrupoli, hanno soppresso il nome individuale
di Dio sostituendolo con il generico "Signore" o "Dio". Come se Pasquale o Michele li chiamassimo "uomo".

JHWH - Dio in ebraico

QUANDO È AVVENUTO IL CAMBIAMENTO NELLA BIBBIA CRISTIANA?

Gli ebrei ellenizzati di Alessandria d'Egitto, quando tradussero la Bibbia in greco [La versione dei LXX], furono influenzati dai filosofi greci che avevano intrapreso una severa critica alle pseudo-divinità dell'Olimpo (Zeus, Venere...). E dalla critica agli dèi ellenici si passò alla critica del nome Jahvè sostituendolo con "Signore", "Dio" o "Altissimo". Questo cambiamento fu poi travasato nella Vulgata e successivamente nelle versioni in italiano, nonostante l'hebraica veritas.

La formazione religiosa di Cristo e degli Apostoli avvenne sulla Bibbia dei LXX. Tant'è vero che la maggior parte delle citazioni dell'Antico Testamento riprese dal Nuovo Testamento provengono dalla traduzione della Septuaginta: su 350 rimandi, 310 citazioni dalla LXX e 40 dal testo ebraico. Ragion per cui, Cristo e gli Apostoli si sono formati quando era già stato soppresso il nome di Dio. Ed ecco perché anche nel Nuovo Testamento non c'è scritto Jahvè.

Immagine
Zitto! Non si deve menzionare il nome del Signore [Jahvè]
Amos 6,10

Gli dèi nella Bibbia

Nella Bibbia sono presenti vari personaggi divini e creanti, tra cui gli Elohim e Jahvè.

Elohim indica gli dèi, sia maschili che femminili. È plurale numerico di "divinità".
Jahvè è il nome personale di un dio maschio, il personaggio principale della Bibbia.
Gli Elohim compaiono sin dalla prima frase della Bibbia [Gen 1,1]. È il terzo vocabolo in assoluto!
Jahvè compare dal secondo capitolo della Genesi [Gen 2,4].

Nella Bibbia viene prima la "creazione" degli dèi e poi quella di Jahvè

Compaiono prima gli dèi che hanno plasmato i corpi inanimati [la terra, il Sole...] e successivamente il dio Jahvè che ha forgiato gli esseri viventi. Jahvè prende il sopravvento sugli altri dèi perché ha compiuto l'opera più importante: noi. Più esattamente, il maschio a sua immagine e somiglianza.

In primo luogo, vediamo la traduzione più fedele: «In principio gli dèi fecero il cielo e la terra». Osserviamo, ora, cosa dice la nota della Bibbia Vulgata/Martini sulla parola "dèi". Questa voce [Dio] è nel numero plurale, onde letteralmente si tradurrebbe: A principio gli dii crearono. Ciò «parve argomento... delle pluralità delle persone che è in Dio».

C'è un'evidente forzatura per giustificare il plurale dii [gli dèi] con la Triade, nonostante Jahvé non ha mai avuto un figlio in tutto il periodo dell'Antico Testamento. Ma soprattutto c'è la conferma che tutte

le Bibbie ufficiali traducono in modo menzognero la prima frase della Bibbia.

#9632; Gli dèi nella nota nella Bibbia Martini #9632; Fecero nella Vetus latina e nella Vulgata.

La soppressione degli «dèi»

Le stesse parole che hanno sostituito il nome personale di Dio [da Jahvè a Dio o Signore] sono state utilizzate dalle Bibbie cattoliche per cambiare «gli dèi»: da Elohim #8594; a Dio o Signore.
Con questa manipolazione - dal plurale al singolare - è stato eclissato il conflitto tra politeismo e monoteismo biblico. Tuttavia, nonostante le centinaia di soppressioni, nella Bibbia sono ancora presenti alcuni brani con «gli dèi» lì dove gli Elohim sono una correlazione e non il soggetto.

Dio è il Dio degli dèi #8594; Jahvé è il Dio degli dèi Deuteronomio 10,17
Dio si alza nell'assemblea divina, giudica in mezzo agli dèi Salmo 82,1 *
Dio è il Signore, grande Re sopra tutti gli dèi. Salmo 95,3
"Parla il Signore, Dio degli dèi" Salmo 50,1 **
Signore… o Re degli dèi Ester 4,17r
Chi è come te fra gli dèi, Signore? Esodo 15,11

il Signore vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande. Deuteronomio 10,17
è il Dio degli dèi Daniele 2,47
Ti loderò davanti agli dèi Salmo 138,1
il nostro Dio è più grande di tutti gli dèi 2-Cronache 2,4

Il Signore Dio disse allora: "Ecco l'uomo è diventato
come uno di noi, #8594; Jahvé si rivolge agli dèi: NOI divinità Genesi 3,22
Fra gli dèi nessuno è come te, Signore Salmo 86,8

(Dio) segnò i confini delle nazioni e diede a
ognuna un dio protettore. Deuteronomio 32,8

Bibbia Interconfessionale Ed. 2001 Approvata dalla CEI
* Dio, nel senato divino, si erge tra gli déi.
** È Dio che parla direttamente.

La doppia matrice biblica

Immagine

La concezione politeistica/elohista nacque nel regno settentrionale di Israele dall'influenza Babilonese, mentre quella monoteista/jahvista successivamente nel regno meridionale di Giuda dalla casta sacerdotale.

Nel libro della Genesi si intersecano le due concezioni e i due testi; sono ancora presenti le due matrici con significative differenze sulla creazione e sulla vita nel Paradiso.

Nei brani politeisti, in Paradiso si potevano consumare tutti i frutti (mela compresa), tranne quelli senza semi [Gen 1,29] poiché il seme è il simbolo del maschio. Inoltre Adamo ed Eva furono creati nello stesso momento [Gen 1,27].

Invece, nei brani monoteisti la mela del sapere non doveva essere mangiata per introdurre la cacciata dal paradiso e l'ipoteca del peccato originale [Gen 3,3]. Inoltre, Eva fu creata dopo l'uomo e dopo gli animali [Gen 2,20].

Il Nuovo Testamento ha scelto in tutto e per tutto la seconda matrice «Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva» [1-Tm 2,13].

La monolatria biblica

Jahvè è un membro della numerosa famiglia divina. Egli non nega l'esistenza dei colleghi dèi: pretende la superiorità, ma sa di non avere l'esclusività. Tuttavia, il duello per la supremazia è stato lungo e travagliato: il dio Baal è stato il principale antagonista di Jahvè, tanto da essere menzionato decine e decine di volte nella Bibbia [da Giudici 2,13 sino alla Lettera ai Romani 11,4]. Il dio Baal intercede nella domanda materialista (pioggia e fertilità), mentre Jahvè riveste una funzione più finalistica.

In realtà, le due divinità rappresentano le due facce della domanda religiosa.

Il culto esclusivo del monoteismo si è affermato col trionfo di Jahvè solo dopo l’esilio babilonese (con Esdra, dal 539 a.C.). Di conseguenza, la Bibbia è stata politeista sino al V secolo avanti Cristo. Perfino nel "puro monoteismo" di Allah ci sono residui di politeismo. E siamo nel 610 dopo Cristo.

Quando l'esegesi cattolica asserisce che la Bibbia è sempre stata monoteista, dichiara il falso! E così gli Ebrei, quando si proclamano il "popolo monoteista per eccellenza", mentono dimenticandosi il trascorso di Jahvè. Tra l'altro, è più corretto parlare di «Jahvismo» piuttosto che di «monoteismo».

Il politeismo cristiano

Con l'avvento del Cristianesimo si è passati a un politeismo triadico che l’esegesi ha truccato in "intrinseca unità". In realtà è sufficiente leggere i brani pertinenti per appurare che si tratta di una Trinità gerarchica e non consustanziale [tabella Trinità].

Per di più, la parola «trinità» o «trino» non esiste in tutta la Bibbia, anzi «il Signore è uno solo» Bibbia CEI, «è un Dio solo» Bibbia Martini, «Dominus unus est» Vulgata in Deuteronomio 6,4.

In ogni caso, c'è una circostanza che fa piazza pulita della Trinità. Nel libro Sapienza - l'ultimo dell'Antico Testamento ma scritto dopo la morte di Cristo - Dio è sempre nominato al singolare: tu. «Non v'è infatti altro Dio fuori di Te» [Sap 12,13 - Bibbia Ed. Paoline 1969]. L'ultimo testo biblico ispirato da Jahvè, oltre a disconoscere la Resurrezione, sconfessa il dogma della Trinità. Anche su questo argomento nessun biblista ne parla.

http://www.utopia.it/manipolazione8.htm

A me sembra tutto talmente così chiaro...

[;)]


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MessaggioInviato: 10/02/2014, 22:56 
è ideologia. E' davvero di una chiarezza sconcertante, c'è poco da dire.



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Il seguente articolo, tratto dal sito citato in fondo allo stesso, ci parla di un popolo misterioso le cui origini Progetto Atlanticus collega all'antica vicenda dell'alluvione del Mar Nero di cui abbiamo parlato anche nel corso di una delle puntate del nostro podcast.

http://www.antikitera.net/news.asp?ID=3942

http://www.atlanticast.com/2014/Puntata0011.htm

L'enigma dei Pelasgi e degli Etruschi

I Pelasgi, un popolo antichissimo, gli antenati di tutti i popoli indoeuropei, furono un popolo che seppe illuminare e insegnò la cultura all’Europa, di loro si conosce poco, o meglio dire quasi nulla.

I’alfabeto di questo popolo misterioso si chiama Pelasgico poiché a quella civiltà risale, DIODORO il SICULO ci informa che i poeti preomerici si esprimevano proprio con quell’alfabeto, e dalla stessa fonte, apprendiamo che, almeno 10 secoli aC. Si usava quella stessa scrittura. Inoltre Diodoro riferisce che furono i Pelasgi a portare per primi l’alfabeto in Italia, nonche’ nel resto dell’Europa, praticando opportuni adattamenti e migliorie.

Anche Plinio il Vecchio conferma le informazioni di Diodoro. Virgilio (Eneide, VIII, V. 62-63), scrive:

“Si dice che i primi abitatori della nostra Italia furono i Pelasgi”

Dagli autori dell’antichita’ abbiamo appreso che prima dell’arrivo dei Greci, il terrotiorio dove si stabilirono si chiamava Pelasgia, Le varie fonti ci informano inoltre, che i Greci impararono dai Pelasgi non solo l’arte della lavorazione dei metalli, della costruzione delle mura, ma appresero, perfezionandolo, il loro modo di scrivere e facendo proprie le loro divinità.Varie popolazioni, specie quella pelasgica, hanno dato al paese il loro nome

Pausania (Arcadia, Libro VIII, 1,4,6)

“Gli Arcadi dicono che Pelago fu il primo a nascere nella terra dell’Arcadia. Dato che Pelago divenne re, il paese si chiamò Pelasgia in suo onore”

Pindaro (Carminia, Fragmenta Selecta, I, 240)

“Portando un bel dono, la Terra fece nascere per primo l’essere umano nell’ARCADIA, il “DIVINO PELASGO”, molto prima della luna”

La citazione di Pindaro potrebbe apparire valida solo come ispirazione poetica, forse perfino mitologica, però malgrado cio’, scienziati posteriori hanno dimostrato che la luna e’ un frammento staccato dal nostro globo. Omero menziona i Pelasgi fra gli alleati dei Troiani, (Illiade, II, 840-843) e narra che Achille pregava lo “ZEUS PELASGICO DI DODONA” (Iliade, XVI, 223). Omero li menziona anche come “POPOLI di CRETA” , (Odissea, XIX, 177).

Lo storico Eforo riferisce di un brano di Esiodo che attesta la tradizione di un popolo dei Pelasgi in Arcadia e sviluppa la teoria che fosse un popolo di guerrieri diffusosi da una "patria" che aveva annesso e colonizzato tutte le regioni della Grecia in cui gli autori antichi fanno cenno a loro, da Dodona a Creta alla Triade fino in Italia, dove i loro insediamenti sono ben riconoscibili ancora nel tempo degli Elleni e sono in stretta relazione con i "Tirreni".

La caratteristica struttura della muratura della cittadella di Atene ha fatto si che tutte le costruzioni in blocchi non squadrati e senza l'uso di malta abbiano avuto il nome, di "muratura pelasgica" esattamente come talvolta sono dette "mura ciclopiche", cioè costruite dai Pelasgi, coloro che insegnarono ai greci i metodi delle costruzioni, il modo di scrivere e la cultura.

[img]http://www.thelosttruth.altervista.org/SitoItalian/some_images/dodona1.jpg[/i]
(una fantastica veduta di Dodona, forse il centro dei Pelasgi)

Potremmo continuare all’infinito con citazioni sui Pelasgi, per terminare ad ogni modo e sempre che le civiltà in generale cominciano con i Pelasgi, ma la domanda principale che sorge a questo punto è: esistono ancora i Pelasgi? Se si, chi sono?

Nermin Vlora Falaski, nel suo libro "Patrimonio linguistico e genetico" (scritto anche in lingua italiana), ha decifrato iscrizioni Etrusche e Pelasgiche con la lingua odierna Albanese. Questo proverebbe che gli Albanesi (Discendenti degli Illiri) siano gli odierni discendenti dei Pelasgi, una delle più antiche stirpi che popolò l’Europa. Qui di seguito proporremo alcune traduzioni di Falaski.

Dunque, in Italia esiste la località dei TOSCHI (la Toscana), così come i Toschi abitano nella “Toskeria”, nell’Albania meridionale.

Nota: Molti autori sostengono che la parola Tosk, oppure Tok, sia il sinonimo di DHE, tanto che oggi in albanese si usa indifferentemente la parola DHE che quella TOK per dire “terra”.

In Toscana si trova un’antichissima città, verosimilmente fondata dai Pelasgi, che si chiama Cortona, (Nota, in Albanese: COR=raccolti, TONA=nostri, cioè “i nostri raccolti”). Dalla vasta e fertile pianura della Val di Chiana si accede a una rapida collina, in cima alla quale si trova un bellissimo castello, trasformato in museo archeologico. In mezzo ad un grosso patrimonio epigrafico, vi è anche una iscrizione particolarmente bella e interessante, su un sarcofago con addobbi floreali.

Su questo sarcofago appare la seguente scritta:

Immagine

Nermin Vlora Falaski tradusse questa scritta pelasgica semplicemente con la lingua Albanese:

Immagine

“La nave è per noi fierezza, coraggio e libertà”

La voce verbale â o âsht (in Italiano è) si usa ancora nel dialetto dell’Albania settentrionale e nel Kossovo, mentre nel sud e nella lingua ufficiale, che è quella dei Toschi, si impiega la voce ësht.

Le varie fonti ci informano che i Greci impararono dai Pelasgi non solo l’arte della lavorazione dei metalli, della costruzione delle mura, ma appresero, perfezionandolo, il loro modo di scrivere e fecero proprie le loro divinità, come per esempio DE-MITRA (Dhe=terra Mitra=utero, cioè la DEA MADRE TERRA), nonché AFER-DITA(Afer=vicino, Dita=Giorno, più tardi chiamata Venus dai Romani, oggi Venere).

I Pelasgi, che furono chiamati anche “Popoli del mare”, poiché erano abili e liberi navigatori, chiamarono ILIRIA (ILLYRIA per i Romani) la loro patria: LIRI (LIR=libero), che voleva dire: “Il Paese del popolo libero”, paese che si estendeva dal Mediterraneo fino al Danubio.

Parole con la radice Lir la troviamo con lo stesso significato nelle seguenti lingue:

Pelasgo-illirico(liri), Etrusco(liri), Albanese odierno(liri), Italiano(libertà), Francese(libertè), Latino(libertas), Inglese(liberty), Spagnolo(libertad), Romeno(libertade), Portoghese(liberdade).

In italia, e precisamente nel Lazio, esiste il monte Liri, nonché il fiume Liri, e Fontana Liri.

Questo nome è stato conservato durante i secoli nei vari paesi Europei Mediterranei, molto probabilmente attraverso la “irradiazione” delle varie tribù illiriche, come gli Etruschi, i Messapi, i Dauni, i Veneti, i Piceni, etj, Ognuno di questi nomi ha un significato nella lingua Albanese:

E TRURIA(E=di, TRURIA= Cervello, paese di gente con cervello), MESSAPI (MES=ambiente, centro, HAPI=aperto, paese di gente aperta), DAUNI (dauni, separati, separatevi), VENETI (nome derivante dalla dea VEND, patria, luogo per eccellenza), PICENI (PI=bere, KENI=avete, luogo con acqua abbondante).

Il nome Pelasgi si può riferire alla parola Albanese PELLG (mare profondo), come in italiano “pelago”.

Questa è un’iscrizione illirica postumata, datata tra il III-II secolo a.C, che attualmente si trova nel museo archeologico di Durazzo, in Albania:

Immagine

“Sopporta il tuo dolore e piangi se ti aiuta, però affidalo alla terra calda, alla Grazia Celeste e al Supremo Bene”

È importante notare che il linguaggio di questa iscrizione è talmente simile all’Albanese odierno, che con difficoltà si può pensare che risalga a più di duemila anni fa.

In generale, le iscrizioni più antiche si presentano formulate da destra a sinistra e continuando talvolta da sinistra a destra, cioè in forma bustrofedica, e spesso senza interruzione tra una parola e l’altra. Però questo documento di Durazzo è stato inciso da sinistra verso destra, ciò che dimostra la sua origine più recente, quando l’alfabeto latino, molto più pratico, si era già affermato e ormai si scriveva sempre da sinistra verso destra.

Andando alla ricerca di nuove iscrizioni, dall’Egeo all’Atlantico e casualmente in Egitto ed oltre, non solo nel tentativo di scoprire il loro contenuto, ma anche per verificare la monogenesi delle lingue che viene sostenuto da eminenti studiosi, nel Museo Archeologico di Atene è stata incontrata una stele molto antica che contiene un’iscrizione bustrofedica redatta con l’alfabeto dei Pelasgi ed è di contenuto funerario. Questa stele è stata scoperta nell’isola di Lemno e, in generale, viene considerata molto difficile e poco convincente ogni tentativo di comprendere il contenuto di quella scrittura. Ed è per questo che fino ad oggi pochi si sono seriamente impegnati a sciogliere quell’enigma. Cominciamo mostrando questa Stele di Lemno, attribuita al VI secolo a.C. (ma da alcuni qualificati studiosi ritenuta anche più antica):

Immagine

Però, osservando con attenzione l’iscrizione, fin dalle primissime parole, si nota che è stata incisa nella lingua pelasgo-illirica, come nel resto dei territori euro-mediterranei, ed è perciò evidente che si comprende solo attraverso l’albanese.

Nella Penisola Iberica si trovano iscrizioni molto simili a quelle dell’Illiria e dell’Etruria, incise con l’alfabeto pelagico-fenicio e si interpretano sempre attraverso l’albanese.

http://www.thelosttruth.altervista.org/ ... sgico.html



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MessaggioInviato: 14/07/2014, 14:44 
Un vecchio articolo relativo a una vecchia mostra del 2007 che però ci permette di circoscrivere l'area di provenienza dei Kurgan e collegarli ad altre parole chiave concernenti ricerche che stiamo portando avanti parallelamente su altri thread, principalmente quello su Khazari e Ashkenazi...

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=17005

Cita:
Ori ed eroi delle steppe in mostra a Trento

Selvaggi, incivili, inospitali: in una parola, barbari. Questa è l'immagine che le fonti greche e romane ci hanno lasciato dei nomadi, di quelle popolazioni delle steppe che si estendono su un territorio sconfinato che va dal Mar Nero fino alla Grande Muraglia cinese. Popoli più o meno noti – almeno di nome – come gli Unni, i Goti e gli Avari, e meno familiari come gli Sciti, i Sarmati, i Cimmeri, gli Alani, i Khazari, i Peceneghi e i Polovzi. Gli storici classici con loro sono stati tutt'altro che clementi. Li dipingono come società tribali fondate sull'autorità di un re e senza statuto costituzionale e norme che regolino la vita civica. Inospitali perché infidi e guerreschi.

Omero ed Erodoto ricordano che, essendo nomadi e praticando l'allevamento invece che l'agricoltura, bevevano latte e si cibavano dei suoi derivati, cosa piuttosto disdicevole per un greco che racchiude nella pratica del simposio e nel consumo di vino l'ideale aristocratico di civiltà. Nell'epos omerico vengono definiti "mungitori di giumente", un riferimento esplicito al valore che per loro aveva l'allevamento del cavallo, mezzo di trasporto e macchina da guerra, oltre che necessario presupposto del loro nomadismo, e pertanto curato e bardato come un principe.

Queste descrizioni sembrano più il prodotto di un topos letterario e di uno studiato opportunismo politico. A Trento, nel castello del Buonconsiglio, una mostra dischiuderà ai nostri un mondo completamente diverso da come ce lo aspetteremmo. Oggi il nomadismo nel nostro immaginario non fa mai il paio con ricchezza e lusso, fasto e opulenza, potere e prestigio, oro e pietre preziose, con corti, principi e principesse. Nell'esposizione "Ori dei cavalieri delle steppe: collezioni dai musei dell'Ucraina" (dal 1° giugno al 4 novembre 2007) avremo un'illuminazione: vedremo circa quattrocento oggetti abbaglianti realizzati in materiali preziosi, provenienti in particolare dalla cosiddetta "Camera d'Oro" del Museo dei Tesori Storici di Vinitza.

Queste popolazioni svilupparono un'abilità nella lavorazione dell'oro davvero invidiabile. I motivi decorativi di questi preziosi sono mutuati dall'ambiente naturale della steppa: fiori minuti, grifoni, felini e cervi. Gli stessi che si trovano sulle placche d'oro destinate ad essere applicate su abiti di personaggi di stirpe principesca. Ma l'esempio più fulgido di quest'arte cosiddetta "animalistica", che molto deve allo stile raffinato dell'arte greca con cui venne spesso in contatto, si ha nella coppa rituale in oro trovata nel Tumulo di Ol' gino, decorata in altorilievo da sei teste di cavalli in circolo, un vortice di potenza e movimenti equini.

La misura dell'importanza del ruolo del cavallo per l'aristocrazia guerriera dei popoli delle steppe è data dalla ricchezza delle bardature da parata per i cavalli, in oro e dalle raffinate decorazioni con scene di caccia, motivi a palmette e volute. Sono tutti materiali che provengono dalle tombe di principi e re, i tumuli funerali chiamati "kurgan", e denotano uno sfarzo che neanche lontanamente richiama alla mente rozzi capi di tribù di allevatori "mangiatori di latte", come storici e geografi vorrebbero far credere. Dalla composizione dei corredi funerari l'immagine che ci si figura è quella di fieri principi guerrieri, abili cavalieri, valenti nell'uso di arco e spada, e in grado di imporre il loro potere sui sudditi. Nelle tombe accanto a spade in ferro rivestite d'oro, faretre per arco e frecce sbalzate e cesellate in oro, elmi e cinturoni decorati, figurano anche simboli di potere come scettri in oro, sigilli e monete.

Anche le principesse nella tomba non si facevano mancare magnifici corredi, che a differenza di quelli degli uomini, non hanno nulla che attiene alla vita guerresca, ma a tutto ciò che concerne la cura personale. Il più straordinario di questi tumuli funerari è il kurgan di #268;entomlyk, nella steppa ucraina, appartenente sicuramente a una sovrana, dal momento che indossava oltre a magnifici gioielli in oro, tra cui orecchini, bracciali e ben dieci anelli, anche un diadema con una veletta a copricapo di una stoffa color porpora bordata con numerose placchette dorate. Se fra il VI e il III secolo avanti Cristo il gusto è orientato verso monili prettamente d'oro con raffinate raffigurazioni zoomorfe, successivamente andranno per la maggiore gioielli che associano l'oro a pietre semipreziose, come la corniola, il turchese, il granato e il cristallo di rocca, e le paste vitree policrome.

Paradossalmente questi popoli avevano le necropoli, le città dei morti, ma non città per i vivi, essendo dei nomadi. Tuttavia possedevano abitazioni mobili. Pensiamo alle tende: in mostra si può vedere un esempio di yurta risalente al secolo scorso e completa di arredi originali e finimenti per cavalli. Ma dobbiamo pensare anche a vere abitazioni mobili su carri, come dimostra il modellino di carro in argilla dl I secolo dopo Cristo proveniente dalle coste settentrionali del Mar Nero.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... iew=Libero


E che si collega a mio parere anche ai ritrovamenti archeologici nei pressi della città di Varna, in Bulgaria, sempre nell'area circostante il bacino idrico del Mar Nero...

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=338027

[^]


Ultima modifica di Atlanticus81 il 14/07/2014, 14:51, modificato 1 volta in totale.


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Selvaggi, incivili, inospitali: in una parola, barbari. Questa è l'immagine che le fonti greche e romane ci hanno lasciato dei nomadi, di quelle popolazioni delle steppe che si estendono su un territorio sconfinato che va dal Mar Nero fino alla Grande Muraglia cinese. Popoli più o meno noti – almeno di nome – come gli Unni, i Goti e gli Avari, e meno familiari come gli Sciti, i Sarmati, i Cimmeri, gli Alani, i Khazari, i Peceneghi e i Polovzi. Gli storici classici con loro sono stati tutt'altro che clementi. Li dipingono come società tribali fondate sull'autorità di un re e senza statuto costituzionale e norme che regolino la vita civica. Inospitali perché infidi e guerreschi.


Secondo me qui siamo sempre nella stessa situazione, la storia che leggiamo è un VEICOLO di propaganda. In un serie su sky "TE LO DO IO IL MEDIOEVO" viene mostrato che queste culture barbare\nomadi non erano per niente BARBARICHE nel senso dispregiativo del termine ed anzi furono foriere di innovazioni in ambito culturale\religioso e tecnologico. Nella puntata che ho visto si fa anche una digressione sul cambiamento nella "VISIONE DI GESù" ed in generale l'evoluzione del cristianesimo con delle cose davvero sensazionali. I primi gesù ad esempio incarnavano sia la figura maschile che femminile, le sue rappresentazioni infatti ne riproducevano i tratti giovani e belli (capigliatura bionda, un accenno di seno, forme morbide, ad andava in giro a fare mracoli servendosi DI UNA BACCHETTA magica) nel cristianesimo ARIANO cioè quello praticato dai GOTI (che nel processo di migrazione si sono divisi in VISIGOTI, quelli venuti in italia ed OSTROGOTI quelli unitesi ai popoli della steppa, gli UNNNI, nel loro incedere minaccioso verso l'europa).

Eccone uno splendido esempio nella Battistero Degli Ariani (http://it.wikipedia.org/wiki/Battistero_degli_Ariani)

Immagine


Tale cristianesimo definito poi ERETICO da roma ha sostituito gesù con la FIGURA MASCHILE molto mascolina che tutti conosciamo; per compensazione hanno dovuto introdurre una divinità femminile e quale miglior modello se non ISIDE con in grembo il figlio da cui mutuarono l'immagine della madonna madre di gesù.

Immagine

Consiglio di vedere questa serie offre spunti di riflessione davvero straordinari.

Per la precisione la puntata di cui parlo è:

Te lo do io il medioevo - Scontro fra divinità

p.s.: le puntate sono... ehm... scaricabili... ehm... qui: http://www.dasolo.info/film/documentari ... 3-ITA.html

spero possa esserti utile :)


Ultima modifica di MaxpoweR il 14/07/2014, 20:48, modificato 1 volta in totale.


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Una mappa più dettagliata delle migrazioni dei popoli collegati alla tribù di Dan in movimento da Harran, città cara a Marduk (Yahweh?)

Immagine



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Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Quale fu la terra di origine della famiglia/tribù di Abramo? Quale il loro retaggio genetico e le conseguenti caratteristiche fenotipiche (biondismo/occhi azzurri/rutilismo) dell'originario popolo che darà origine al popolo ebraico?

Una teoria vede gli ebrei strettamente legati alla cultura indo-europea... ariana che, geneticamente si collega all'aplogruppo R, guarda caso quello associato alla cultura kurgan.

Cita:
L'aplogruppo R1 è rappresentato principalmente da due linee evolutive del cromosoma Y: La R1a (SRY1532) che potrebbe essersi originata nelle steppe euroasiatiche a nord del Mar Caspio e del Mar Nero. È associato alla cultura kurgan, più volte citati nei nostri commenti facendo riferimento agli studi antropologici di Marija Gimbutas, kurgan noti per la domesticazione del cavallo (circa 5000 anni fa).

Questa linea è attualmente presente in Asia centrale e occidentale, India, e nelle popolazioni slave dell'Europa orientale. La linea R1b (M343) è la più comune nelle popolazioni europee. Nell'Irlanda occidentale raggiunge una frequenza prossima al 100%.

L'aplogruppo R1b, nella sua mutazione M343, compare in Europa già 30000 anni fa con l'Uomo di Cro-Magnon, appartenente alla specie Homo sapiens e diretto progenitore degli attuali europei, ma si attesta verosimilmente solo dopo l'ultima era glaciale.

http://it.wikipedia.org/wiki/Aplogruppo_R1a_(Y-DNA)

http://it.wikipedia.org/wiki/Aplogruppo_R_(Y-DNA)

http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_ge ... l%27Europa



Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Soprattutto se consideriamo il possibile collegamento tra Cro-Magnon=Giganti=Discendenti di Atlantide di cui abbiamo parlato nella puntata n.4 del nostro podcast!

http://www.atlanticast.com/2013/Puntata0004.htm

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CHI ERA ABRAMO? - Connessioni con l'antica India

Nella sua Storia degli Ebrei, l’erudito e teologo ebreo Flavio Giuseppe (37 – 100 d.C.) scrive che il filosofo greco Aristotele aveva detto: “… Questi ebrei sono derivati dai filosofi indiani; sono chiamati dagli indiani Calani” (Libro I, 22).

Clearco di Soli ha scritto: “gli Ebrei discendono dai filosofi dell’India. In India i filosofi sono chiamati Calaniani e in Siria sono detti Ebrei. Il nome della loro capitale è molto difficile da pronunciare. Si chiama Gerusalemme”.

“Megastene fu mandato in India da Seleuco Nicator circa trecento anni prima di Cristo. I suoi racconti stanno trovando ogni giorno nuove conferme da nuove ricerche. Egli dice che gli Ebrei “erano una tribù o setta indiana, chiamata Kalani…” (Godfrey Higgins, Anacalypsis, vol. I, p. 400). Martin Haug, Ph.D., ha scritto in The Sacred Language, Writings, and Religions of the Parsis, “si dice che i Magi chiamassero la loro religione Kesh–î–Ibrahim. Essi attribuivano i loro libri religiosi ad Abramo, che si diceva li avesse portati dal cielo” (p. 16).

Ci sono certe notevoli somiglianze, che sono più di pure coincidenze, fra il dio indù Brahma e la sua consorte Saraisvati e l’Abramo e la Sara ebrei.

Nel suo libro Moisés y los Extraterrestres, l’autore messicano Tomás Doreste ricorda che Voltaire era dell’opinione che Abramo fosse il discendente di qualcuno dei numerosi sacerdoti Brahmani che avevano lasciato l’India per diffondere i loro insegnamenti nel mondo intero; a sostegno della sua tesi ricorda la somiglianza dei nomi ed il fatto che la città di Ur, terra dei patriarchi, era vicino al confine della Persia, lungo la strada verso l’India, in cui quel Brahmano era nato.

Anche se in tutta l’India c’è soltanto un tempio dedicato a Brahma, questo culto è la terza setta più grande degli Indù. Il nome di Brahma era altamente rispettato in India e la sua influenza si espandeva, attraverso la Persia, sino alle terre bagnate dai fiumi Eufrate e Tigri. I Persiani adottarono Brahma e ne fecero una propria divinità. Successivamente avrebbero detto che il dio era arrivato dalla Bactria, una regione montagnosa situata a metà strada sul percorso verso l’India. (pp. 46–47). La Bactria o Battriana (una regione dell’antico Afghanistan) era la sede di una primitiva nazione ebrea denominata Juhuda o Jaguda, ed anche Ur–Jaguda. Ur significava “il luogo” o “la città”. Di conseguenza, la Bibbia era corretta nel dichiarare che Abraham era venuto “da Ur dei Caldei”. “Caldeo”, più correttamente Kaul–Deva (santo Kaul), non era il nome di un’appartenenza etnica specifica, ma il titolo di un’antica casta sacerdotale indù di Bramani, che viveva nella zona ora compresa tra l’Afghanistan, il Pakistan e lo stato indiano del Kashmir.

“La tribù di Ioud o del Brahmino Abramo fu espulsa o lasciò il Maturea del regno di Oude in India e, stabilendosi a Goshen, o la casa del Sole o Heliopolis nell’Egitto, diede a quella località il nome del posto che aveva lasciato in India, Maturea”. (Anacalypsis, vol. I, p. 405).

“Egli era della religione o della setta della Persia e di Melchizedek”. (Ibidem, Vol. I, p. 364).

“I Persiani inoltre pretendono che Ibrahim, cioè Abraham, fosse il loro fondatore, così come gli Ebrei. Così vediamo che secondo tutta la storia antica i Persiani, gli Ebrei e gli Arabi sono discendenti di Abramo. (p. 85)… dicono che Terah, il padre di Abramo, fosse venuto in origine da un paese dell’Est chiamato Ur, dei Caldei o dei Culdei, per abitare in una regione denominata Mesopotamia. Qualche tempo dopo che abitava là, Abraham, o Abramo, o Brahma e sua moglie Sara o Sarai, o Sara–iswati, lasciarono la famiglia del loro padre ed entrarono in Canaan. L’identificazione d’Abramo e di Sara con Brahma e Saraiswati in primo luogo è stata precisata dai missionari Gesuiti”. (Vol. I, p. 387).

Nella mitologia indù, Sarai–Svati è sorella di Brahma. La Bibbia presenta due versioni della storia d’Abramo. Nella prima versione, Abramo ammise di al Faraone aver mentito quando gli aveva presentato Sara come sua sorella. Nella seconda versione, disse anche al re di Gerar che Sara era realmente sua sorella. Tuttavia, quando il re lo rimproverò per aver mentito, Abramo rivelò che Sara era in realtà sia sua moglie sia sua sorellastra! “… ma effettivamente è mia sorella; è stata generata da mio padre, ma non è figlia di mia madre; ed è diventata mia moglie”. (Genesi, 20,12).
Le anomalie non terminano qui. In India, un affluente del fiume Saraisvati è Ghaggar. Un altro affluente dello stesso fiume si chiama Hakra. Secondo le tradizioni ebree, Hagar era la serva di Sara; i musulmani dicono che era una principessa egiziana. Si notino le somiglianze di Ghaggar, Hakra e Hagar.

La Bibbia afferma anche che Ishmael, il figlio di Hagar, ed i suoi discendenti vissero in India.

“… Ishmael trasse il suo ultimo respiro e morì e si riunì alle sue parentele… Abitarono a Havilah (India), a Shur, che è vicino all’Egitto, e lungo tutta la strada che porta ad Asshur”. (Genesi, 25,17–18).
È un fatto interessante che i nomi d’Isacco e d’Ismaele derivino dal Sanscrito: (Ebreo) Ishaak = Ishakhu (Sanscrito) = “amico di Shiva”. (Ebreo) Ishmael = Ish–Mahal (Sanscrito) = “grande Shiva”. Una terza mini–versione della storia d’Abramo lo trasforma in un altro “Noé”. Sappiamo che un’inondazione guidò Abramo dall’India. “… Così disse il signore Dio d’Israele, i vostri padri abitavano anticamente dall’altro lato dell’inondazione, Even Terah, il padre d’Abramo e il padre di Nachor; ed hanno servito altri dei. Ed ho preso il vostro padre Abramo dall’altro lato dell’inondazione e l’ho condotto per tutta la terra di Canaan”. (Giosuè, 24,2– 3.)

Genesi 25 accenna ad alcuni discendenti della sua concubina Ketura (nota: I musulmani sostengono che Ketura è un altro nome di Hagar): Jokshan; Sheba; Dedan; Epher. Alcuni discendenti di Noé erano Joktan, Sheba, Dedan e Ophir. Queste varianti mi hanno indotto a sospettare che gli autori della Bibbia stessero provando ad unire vari rami di giudaismo.

Verso il 1900 a.C., il culto di Brahm fu portato nel Medio e nel Prossimo Oriente da vari gruppi indiani, dopo una terribile pioggia e un terremoto che imperversarono sull’India del Nord, cambiando persino i corsi dei fiumi Saraisvati e Indo. Il geografo classico Strabone dice quanto l’abbandono dell’India nord–occidentale fosse stato quasi totale. “Aristobolo dice che, quando egli fu inviato in India per una certa missione, vide un paese di più di mille città, insieme ai villaggi, che erano stati abbandonati perché l’Indo aveva abbandonato il proprio letto naturale”. (Strabone, Geografia, XV, I.19).
“L’essiccamento del Sarasvati intorno al 1900 a.C., che condusse ad uno spostamento importante della popolazione concentrata intorno al Sindhu e alle valli del Sarasvati, potrebbe essere l’evento che causò un’emigrazione verso ovest dall’India. Subito dopo quel tempo l’elemento Indico comincia a comparire dappertutto in Asia occidentale, in Egitto e in Grecia”.
(Subhash Kak, Indic Ideas in the Graeco–Roman World, in IndiaStar online literary magazine, p.14)

Lo storico indiano Kuttikhat Purushothama Chon ritiene che Abramo fosse stato cacciato dell’India e dichiara che gli Ariani, incapaci di sconfiggere gli Asura (la casta mercantile che comandava un tempo nella valle dell’Indo, o Harappani), s’impegnarono per molti anni a combattere segretamente contro gli Asura, sino a distruggere il loro enorme sistema di laghi d’irrigazione, causando l’inondazione distruttiva, che Abramo e la sua famiglia se ne andarono e marciarono verso l’Asia Occidentale. (v. Remedy the Frauds in Hinduism).

Di conseguenza, oltre ad essere cacciati dall’India del Nord dalle inondazioni, gli Ariani costrinsero anche i commercianti indiani, gli artigiani e le classi istruite a fuggire in Asia Occidentale.

Edward Pococke scrive in India in Greece: “… in nessun caso simile sono accaduti eventi carichi di conseguenze di tale importanza, come negli eventi successivi alla grande guerra religiosa che, per un lungo periodo d’anni, infuriò in lungo e in largo per l’India. Quel confronto si concluse con l’espulsione d’ampi gruppi di popolazione; molti dei quali esperti nelle arti e civilizzati e molti di più guerrieri di professione. Stretti a nord dalle montagne himalayane, e bloccati verso sud a Ceylon, la loro ultima fortezza, invasero la valle dell’Indo ad ovest, e questi loro spostamenti generarono i germi delle arti e delle scienze europee. La vigorosa marea umana passò la barriera del Punjab e si diresse verso l’Europa ed il resto dell’Asia, per compiere la propria missione nell’evoluzione morale del mondo.

L’ampiezza del movimento migratorio era così grande, il cambiamento dei nomi così completo e le informazioni – che abbiamo da parte dei Greci – riferite in modo talmente fuorviante, che nulla di meno di una negligenza totale dei principi teoretici e la risoluzione della ricerca indipendente, hanno dato la minima probabilità di chiarimento di tale mistero”. (p. 28)

Se tutti quei popoli immigrati e dominanti erano esclusivamente di origini indiane, perché mai la storia non ne fa menzione?

L’esodo dei rifugiati dall’antica India non avvenne in una sola ondata, ma lungo un periodo di mille anni, o più migliaia d’anni. Se tutti quei profughi erano esclusivamente di origini indiane, perché mai la storia non ne fa menzione? Essi sono citati piuttosto come Kassiti, Hittiti, Siriani, Assiri, Hurriti, Aramei, Hyksos, Mitanni, Amaleciti, Etiopi (Atha–Yop), Fenici, Caldei, e con molti altri nomi. Tuttavia saremmo in errore se pensassimo che si tratti di gruppi etnici indigeni dell’Asia Occidentale. I nostri libri di storia li chiamano anche “Indo–Europei” e suscitano l’interrogativo da dove essi realmente provenissero.

“I popoli dell’India giunsero a indicare la propria identità sociale in termini come Varna e Jati (funzioni sociali o di casta), non in termini di razze e tribù”. (Foundations of Indian Culture; p. 8)
Ecco un esempio di come gli indiani antichi identificavano la gente: I capi erano denominati Khassi (Kassiti), Kushi (Kushiti), Cosacki (casta militare russa), Cesari (casta romana di comando), Hattiya (Hittiti), Cuthiti (una forma dialettica di Hittiti), Hurriti (un’altra forma dialettica di Hittiti), Cathay (capi cinesi), Kasheetl/Kashikeh fra gli Aztechi, Kashikhel/Kisheh dai Maya e Keshuah/Kush dagli Incas. Gli Assyrians (in inglese), Asirios (nello Spagnolo), Asuras o Ashuras (India), Ashuriya, Asuriya (Sumeri e Babilonia), Asir (Arabia), Ahura (Persia), Suré nel Messico centrale, ecc., erano coloro che adoravano Surya (il Sole). Naturalmente, nelle zone dove questa religione è prevalsa, sono stati conosciuti come “Assiri”, qualunque fossero i nomi reali dei loro rispettivi regni d’origine. Un altro problema che gli eruditi occidentali hanno nell’identificazione degli Indo–Europei con gli Indiani è che l’India non era allora e non è mai stata una nazione. Ancora di più, non era “l’India”. Era Bharata, e anche il termine Bharata non indica una nazione, ma una collezione di nazioni, proprio come l’Europa è una collezione di nazioni, ed è attualmente tenuta insieme dalla minaccia reale o percepita dell’espansionismo musulmano. Gli eruditi indiani mi hanno detto che quando e se mai questo espansionismo sparisse, “l’unione di Bharata” si scheggerà ancora in molte più piccole nazioni. “Gli storici arabi discutono sul fatto che quel Brahma ed Abraham, il loro antenato, sia la stessa persona. I persiani hanno denominato generalmente Abraham Ibrahim Zeradust. Ciro considerava la religione degli ebrei la sua stessa. Gli Indù devono discendere venire da Abraham, o gli Israelites da Brahma…” (Anacalypsis, vol. I, p. 396).

Il nostro Abramo corrisponde realmente con la divinità indù Ram?

Ram e Abramo furono forse la stessa persona o lo stesso clan. Per esempio, la sillaba “Ab” o “Ap” significa “padre” in Kashmiri. Il termine ebreo primitivo potrebbe aver indicato Ram come “Ab–Ram” o “il padre Ram”. Si può anche pensare che la parola “Brahm” si sia evoluta da “Ab–Ram” e non vice–versa. La parola Kashmiri per “misericordia divina”, Raham, sembra derivata da Ram. Ab–Raham = “padre di misericordia divina”. Rakham = “misericordia divina”, in ebraico. Ram è inoltre il termine ebraico per il capo o l’alto reggente. Lo storico indiano A. D. Pusalker, il cui saggio “Traditional History From the Earliest Times” è apparso in The Vedic Age, ha detto che Ram visse verso il 1950 a.C., all’incirca all’epoca in cui Abramo, gli Indo–Ebrei e gli Ariani fecero la più grande espansione dall’India al Medio Oriente, dopo la grande inondazione.

“Uno dei santuari nella Kaaba inoltre era dedicato al dio creatore degli Indù, Brahma, ma il profeta illetterato dell’Islam pensava che fosse dedicato ad Abramo. La parola “Abraham” è nient’altro che una cattiva pronuncia della parola Brahma. Ciò può essere dimostrato chiaramente se si studiano i significati della radice di entrambe le parole. Abraham sarebbe uno dei profeti semitici più anziani. Si suppone che il suo nome derivi dai due termine semitici ‘Ab’ che indica il Padre e ‘Raam/Raham’ che significa “dell’elevato”. Nel libro della Genesi, Abraham significa semplicemente ‘Moltitudine’. La parola Abraham è derivata dalla parola Sanscrita Brahma. La radice di Brahma è Brah, che significa ‘crescere in numero o moltiplicarsi’. In più il Signore Brahma, il dio del creatore dell’Induismo, sarebbe il padre di tutti gli uomini e il più elevato di tutti gli dei, dato che da lui tutti gli esseri sono stati generati. Così veniamo ancora al significato di ‘padre elevato’. Questa è una chiara indicazione che Abraham non è altro che il padre celestiale Brama”. (Vedic Past of Pre–Islamic Arabia, Part VI, p.2).

Diversi significati possono essere estratti dalla parola “Abram”, ciascuno dei quali indica direttamente la sua posizione elevata. Ab = “padre”; Hir o H’r = “testa; parte superiore; Elevato”; Am = “la gente”. Di conseguenza, Abhiram o Abh’ram può significare “il padre dell’elevato”. Eccone un altro: Ab – î – ram = “padre del misericordioso”. Ab significa anche “il serpente”, e potrebbe indicare che Ab–Ram (serpente elevato) era un re Naga. Tutti i significati che possono essere estratti dalla parola composta “Abraham” rivelano il destino divino dei suoi seguaci. Hiram di Tiro, stretto amico di Salomone, era “gente elevata” o Ahi–Ram (serpente elevato).

In India antica, il culto Ariano era chiamato “Brahm–Aryan”. Gli Ariani adoravano molti dèi. Abraham si allontanò dal politeismo. Così facendo, potrebbe essere diventato “A–Brahm” (non più un Brahman). Gli Ariani chiamarono gli Asura “Ah–Brahm”. Di conseguenza, possiamo supporre logicamente che i padri della civiltà dell’Indo fossero probabilmente precursori degli ebrei.

Gerusalemme era una città degli Hittiti (casta indiana di tipo ereditario) ai tempi della morte d’Abramo. In Genesi, 23:4, Abramo chiese agli Hittiti di Gerusalemme di vendergli un terreno per la sepoltura. Gli Hittiti risposero: “… tu sei un principe fra noi: scegli tra i nostri sepolcri dove vuoi seppellire i tuoi morti; nessuno di noi te lo negherà”. (p. 6). Se Abramo era riverito come principe dagli Hittiti, doveva essere anche un membro stimato della casta ereditaria e guerriera dell’India. La Bibbia non ha mai affermato che Abramo non fosse un Hittita. Dice solo: “sono uno straniero e un ospite temporaneo tra voi”. (Genesi, 23: 4.) Come gli Hittiti hanno detto, essi riconoscevano addirittura Abramo come loro superiore. Come gli Hittiti non avevano un’origine etnica unica, così non l’avevano gli Amoriti o gli Amarru. Marruta era il nome indiano di casta degli uomini comuni. La parola “Amorita” (Marut) era il primo nome della casta dei Vaishya indiani: artigiani, coltivatori, vaccari, commercianti, ecc.
G.D. Pande scrive in Ancient Geography of Ayodhya: “I Marut rappresentavano il Visah. I Marut sono descritti come componenti delle truppe o delle masse. Rudra, il padre dei Maru, è il signore del bestiame”. (p. 177.) Malita J. Shendge li definisce così: “… i Marut sono la gente comune”. (The Civilized Demons, p. 314). Non dovremmo essere sorpresi nello scoprire che i Khatti (Hittiti) e i Marut (Amoriti) fossero i padri (protettori) e le madri (aiutanti o assistenti) di Gerusalemme.

In India, gli Hittiti erano anche conosciuti come Cedi o Chedi (pronunciato Hatti o Khetti). Gli storici indiani li classificano come una delle più vecchie casti degli Yadava. “I Cedi hanno formato una delle tribù più antiche fra gli Ksatriya (la classe aristocratica composta di Hittiti e Kassiti) nei più antichi periodi Vedici. Fin dal periodo del Rgveda i re dei Cedi avevano acquistato grande rinomanza… erano uno dei poteri principali in India del Nord nella grande epica”. (Yadavas Through the Ages, p. 90). I Ram o Rama inoltre appartenevano al clan di Yadava. Se i nostri Abraham, Brahm e Ram sono quello e la stessa persona, Abramo andò a Gerusalemme per stare con la sua propria gente!

Le congregazioni dei Ram si segregarono nelle loro proprie comunità, denominate Ayodhya, che in Sanscrito significa “l’Inconquistabile”. La parola Sanscrita per “il combattente” è Yuddha o Yudh. Abramo ed il suo gruppo appartenevano alla congregazione di Ayodhya (Yehudiya, Judea) che rimase distante dai non–credenti e dagli Amaleciti (Ariani?).

Melchizadek… il saggio di Salem

Se ciò che ho detto finora non è abbastanza convincente, forse la parola “Melchizedek” lo sarà. Melchizedek era un re di Gerusalemme che possedeva poteri mistici e magici segreti. Era inoltre insegnante d’Abramo.

Melik–Sadaksina era un gran principe indiano, un mago e un gigante spiritoso – il figlio d’un re dei Kassiti. In Kashmiri e in Sanscrito, Sadak = “una persona con poteri magici e soprannaturali”. Un certo Zadok (Sadak?) era anche un sacerdote con doti soprannaturali, che unse Salomone. Perché il Kassita (di casta reale) Melik–Sadaksina, un personaggio mitico indiano, compare improvvisamente a Gerusalemme come l’amico e la guida d’Abramo? Secondo Akshoy Kumar Mazumdar, nella storia indù, Brahm era il leader spirituale degli Ariani. Come Ariano (non di Yah), credeva naturalmente negli idoli. La Bibbia dice che persino li fabbricava. Nel vedere come l’aumentare del culto degli idoli e il dubbio religioso stavano contribuendo ad un’ulteriore rovina della sua gente, Brahm ripudiò l’Arianesimo e riabbracciò la filosofia indiana antica (di Yah) (culto dell’Universo Materiale) anche se quello pure stava affondando nelle malvagità umane. Si convinse che l’umanità si sarebbe potuta conservare soltanto occupandosi di cose reali, non immaginarie.

Scossi dalla barbarie e dall’egoismo cieco della gente, gli uomini saggi e la gente istruita fra i proto–Ebrei s’isolarono dalle masse.

Il Dott. Mazumdar ha scritto: “La caduta morale era veloce. I colti e i saggi vivevano staccati dalle masse. Si sposavano raramente e principalmente si dedicavano alle pratiche religiose. Le masse, senza luce e capo adeguati, presto divennero viziose oltre ogni limite. La violenza, l’adulterio, il furto, ecc., diventarono comuni. La natura umana diventava selvaggia. Brahma (Abramo) decise di riformare e rigenerare la gente. Incitò i colti e i saggi a sposarsi e mescolarsi con la gente. La maggior parte rifiutò di sposarsi, ma 30 acconsentirono”. Brahm sposò la sua sorellastra Saraisvati. Quei saggi furono conosciuti come i prajapatis (progenitori).

“L’Afghanistan del Nord era denominato Uttara Kuru ed era un grande centro d’apprendimento. Una donna andò là studiare e ricevette il titolo di Vak, cioè Saraisvati (signora Sara). Si crede che Brahm, il suo insegnante (e fratellastro), fosse rimasto tanto impressionato dalla sua bellezza, formazione e intelletto potente, che la sposò”. (The Hindu History; p. 48, passim)

Dalla santa comunità nell’Afghanistan del sud, simili comunità si sparsero dappertutto: in tutta l’India, Nepal, Tailandia, Cina, Egitto, Siria, Italia, Filippine, Turchia, Persia, Grecia, Laos, Irak, – persino nelle Americhe! La prova linguistica della presenza di Brahm in varie parti del mondo è più di evidente: Persiano: Braghman (santo); Latino: Bragmani (santo); Russo: Rachmany (santo); Rachmanya ucraino (sacerdote; Santo); Ebreo: Ram (capo supremo); Norvegese: From (Divinamente).

Una parola sacra fra gli Indù era ed è la sillaba mistica OM. È associata in eterno con la terra, il cielo ed il paradiso, l’universo triplice. È inoltre un nome di Brahm. Anche gli Aztechi adoravano e recitavano la sillaba OM come il principale doppio di tutta la creazione: OMeticuhlti (principio maschile) e OMelcihuatl (principio femminile). La casta sacerdotale dei Maya era chiamata Balam (pronunciato B’lahm). Se nella lingua Maya ci fosse stato il suono “R”, esso sarebbe stato Brahm. Gli Incas peruviani adoravano il sole come Inti Raymi (Hindu Ram).

Nomi che innegabilmente derivano letteralmente da Rama si trovano nelle lingue dei Nativi americani, particolarmente le lingue di quelle tribù che si estendono dal sud–ovest degli Stati Uniti al Messico e sino nel Sudamerica, oltre il Perù. Gli indiani Tarahumara di Chihuahua sono un esempio ideale. Il loro nome reale è Ra–Ram–Uri. Come in Sumeria ed in India del Nord, Ra–Ram–Uri “Uri” = “la gente”. Poiché la R spagnola ha un suono particolare, questo “Uri” potrebbe anche essere Udi o Yuddhi, il nome Sanscrito per “Guerriero; Conquistatore”. Molte tribù messicane ricordano che una razza straniera di Yuri invase una volta la loro parte del mondo. Il dio del sole dei Ra–Ram–Uri è Ono–Rúame. In Kashmiri, Ana = “figlio favorito”; La dea della luna dei Ra–Ram–Uri, consorte di Ono–Rúame, è Eve–Ruame. In Kashmir Hava = “Eva, o il principio femminile”. Un governatore dei Ra–Ram–Uri si chiamava Si–Riame. In Sanscrito/Kashmiri, Su–Rama = “Grande Rama”. Secondo le antiche leggende messicane, gli Yori appartenevano ad una tribù denominata Surem (Su–Ram?). Prima della conquista, il Messico centrale ed il sud–ovest degli Stati Uniti, sino al Colorado orientale, erano conosciuti come Suré. Suré = “Sole” in Kashmiri. Il medico curatore o guida spirituale dei Tarahumara è un Owi–Ruame. In Sanscrito, Oph = “speranza”. Il loro diavolo è denominato Repa–Bet–Eame. Kashmiri: Riphas (Comparsa) + Buth (Spirito maligno) + Yama (Angelo della morte). Molte altre sorprendenti corrispondenze con il Kashmiri e il Sanscrito compaiono nella lingua dei Ra–Ram–Uri. Il loro rapporto con l’antica Fenicia, la Sumeria e l’India del Nord è ovvio.

I Fenici... navigatori globali

La maggior parte di noi pensa che i Fenici fossero un popolo di navigatori e commercianti, che abitava in quello che oggi chiamiamo Libano. Tuttavia, i Pancika o Pani, come gli Indù li chiamavano, o Puni, come li chiamavano i Romani (un altro nome derivato da Rama), erano, come gli zingari, sparsi su tutto il globo.

Gli spagnoli chiamarono la terra dei Ra–Ram–Uri Chihuahua, pronunciata come Shivava dagli stessi nativi. In Sanscrito, Shivava = “tempio di Shiva”. Secondo gli eruditi religiosi indù, Ram ed il dio Shiva erano una volta la stessa divinità. Il nome di Yah e di Shiva (lo stesso di cui leggiamo nella Bibbia) è inoltre prevalente nelle pratiche religiose dei Nativi americani e può essere trovato iscritto in petroglifi dappertutto nel sud–ovest americano. (Cfr. il mio libro India Once Ruled the Americas! )

Ayodhya era inoltre un altro nome per Dar es Salaam in Tanzania (Africa) e per Gerusalemme (Giudea). È vero che gli abitanti di Gerusalemme erano conosciuti come Yehudiya o Giudei (guerrieri di Yah), un fatto che rende le origini indiane degli ebrei incontrovertibili.

Non c’era parte del mondo antico, compresa la Cina, che non fosse influenzata dai punti di vista religiosi di Ram. Per esempio, i cristiani e gli ebrei hanno subito un lavaggio del cervello per credere che Mohammed copiasse i suoi insegnamenti dalle fonti ebree. La verità è che, nel tempo di Mohammed, la teologia di Ram o d’Abramo era la pietra di fondamento di tutte le sette religiose. Tutto ciò che Mohammed ha fatto fu di eliminarne il culto degli idoli.

“… Il Tempio della Mecca è stato fondato da una colonia di Bramini provenienti dall’India. Era un posto sacro prima dell’epoca di Mohamed, e fu loro consentito di fare pellegrinaggi ad esso per parecchi secoli dopo il suo tempo. La sua gran celebrità come luogo sacro molto prima del periodo del profeta non può essere contestata”. (Anacalypsis, vol. I, p. 421)

“… I bramini dicono, dall’autorità dei loro antichi libri, che la città della Mecca è stata fondata da una colonia proveniente dall’India. I suoi abitanti a partire dall’era più antica hanno avuto una tradizione che è stata sviluppata da Ishmael, il figlio di Agar. Questa città, nella lingua dell’Indo, sarebbe denominata Ishmaelistan”. (Ibidem, p. 424)

Prima del tempo di Mohammed, l’Induismo della gente araba era denominato Tsaba. Tsaba o Saba è una parola Sanscrita, significante “L’Assemblea degli Dei”. Tsaba si diceva anche Isha–ayalam (tempio di Shiva). Il termine Musulmano o Moshe–ayalam (tempio di Shiva) è solo un altro nome di Sabaismo. La parola ora è limitata al mondo dell’Islam. Mohammed stesso, essendo un membro della famiglia di Quraish, era inizialmente un Tsabaista. I Tsabaisti non consideravano Abramo come un dio reale, ma piuttosto un’incarnazione o un insegnante divino chiamato Avather Brahmo (Giudice del mondo sottoterra).

Ai tempi di Gesù, le lingue, il simbolismo religioso e le tradizioni degli arabi e degli ebrei erano quasi identici. Se potessimo prendere una macchina del tempo verso il passato, la maggior parte di noi non vedrebbe alcuna differenza reale fra gli arabi e gli ebrei. La storia ci dice che gli arabi del tempo di Cristo adoravano gli idoli. Così facevano le classi più basse e gli ebrei rurali. Per questo motivo, la controversia del Medio Oriente fra gli ebrei ed i musulmani e l’avversione fra i musulmani e gli Indù in India è ridicola. I musulmani stanno combattendo gli ebrei e gli Indù, o vice–versa, sulla base di niente. Tutti e tre i gruppi sono scaturiti dalla stessa fonte. L’equivalente Kashmiri–Sanscrito di Hebron (Khev’run in ebraico) grida le origini indiane dei più antichi abitanti di Gerusalemme: Khab’ru (tomba). (V. il dizionario del Grierson, p. 382). Anche nell’ebraico, Kever = “tomba”.

Il libro del linguista ed orientalista indiano Maliti J. Shendge The Languages of Harappans salda insieme, una volta per tutte, l’Asia Occidentale e la civiltà della valle dell’Indo. Non solo dimostra che Harappa era accadica e sumerica, dimostra anche che il primo “Abramo” non era altri che Adamo, prima che Eva fosse generata da una delle sue costole.

“… Si può dire che la regione dal Tigri–Eufrate all’Indo ed al suo oriente fosse abitata dagli Accadi che parlavano una lingua semitica, i quali successivamente chiamarono se stessi Asshuraiu. Il loro nome indiano come conosciuto dai Rgveda è Asura, che non è stato dimenticato da molto tempo. Non è molto sorprendente che questa regione fosse abitata in da clan differenti della stessa razza. Tuttavia sarebbe errato pensare che fosse un gruppo razziale omogeneo. La nostra conoscenza linguistica prova che si trattava d’una popolazione mista di Accadi e Sumeri. Altri gruppi etnici potevano essere presenti, le cui tracce potranno essere identificate grazie i lavori futuri.

Questa composizione mista della popolazione non è in contraddizione con lo stato attuale delle conoscenze, perché la presenza di questi elementi etnici nella valle dell’Indo conferma ed estende un modello demografico identico, che esisteva probabilmente a partire dai tempi più antichi della preistoria e della civiltà.

Se questi Accadi fossero gli stessi del clan omonimo dell’Asia Occidentale, ci dovrebbe essere una preponderanza uguale di questa coppia primigenia nella mitologia vedica. Tuttavia, oltre un cenno enigmatico, non c’è riferimento a loro. Ciò stava confondendo. Sembrava improbabile che questo clan fosse privo dei genitori primordiali, benché il loro dio fosse Asura. C’è la predominanza di Brahma in Rgveda come il padre primordiale, ma appare inadeguato che vi sia un principio maschile da solo. Uno sguardo da vicino a Brahma ha rivelato che la sua ascendenza derivava da due parole Abu + Rahmu che è l’accoppiamento primordiale in mitologia Semitica. La controparte Accade di Rahmu è Lahmu che successivamente è diventata la dea Laksmi, nata nel mare e corteggiata sia dai dei sia dai demoni. Lahmu è un drago in Accadico ma in Ugaratico Rahmu è la parte femminile di Abu.

Brahma (abu + rahmu = abrahma = brahma): tutti i cambiamenti qui postulati corrispondono alle connessioni di cui sopra, o la femmina di Abu, il Dio supremo dei Semiti, ha subito molte trasformazioni ed ha molte controparti nel pantheon indiano, fra le quali Laksmi è uno di quelli importanti, adorata come la dea di tutta la creazione materiale. Così il clan di Asura della valle dell’Indo adorava Abu–Rahmu come la coppia primigenia”. (pp. 269 – 270)

La ricerca della signora Shendge rafforza la mia convinzione che i resti d’Abramo e di Sara a Hebron possano essere quelli di Brahm e della Saraisvati reali. Il nostro Abramo era evidentemente un sacerdote, forse persino il fondatore del culto di Abu–Rahmu (Adamo ed Eva), che portò la sua religione monoteistica nell’Asia Occidentale. Benché lui e Sara fossero divinizzati in varie forme nella loro India natale, sono rimasti come esseri umani nel giudaismo.

http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=219

Leggasi anche

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=307756

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=301120


Sitchin nel libro "Il Libro Perduto del Dio Enki" parla di un certo Ibru-Um ( l'Abramo biblico) come discendete di una famiglia reale di Nippur e Ur..
Paolo hai già letto quel libro?
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi...[8]



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La scienza è solo una perversione, se non ha come fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità.(Nikola Tesla)
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