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 Oggetto del messaggio: mura vetrificate
MessaggioInviato: 22/12/2012, 14:58 
cari amici,
per non andare fuori tema nell'altro topic ho aperto questo

http://www.edicolaweb.net/arti047a.htm

e
Cita:
Riscontri di un’antica guerra nucleare
”Quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo”. – Genesi 19:24

Il mio precedente articolo apparso su The Canadian, nel quale ho esposto alcune personali riflessioni sul mio libro Worlds Before Our Own, ha suscitato dozzine di domande da parte dei lettori. Alcuni hanno affermato che uno dei canali via cavo – secondo certi lettori si trattava di History Channel; a detta di altri, di Discovery; secondo altri ancora, del National Geographic – aveva presentato "prove" secondo cui il “vetro verde fuso” presente in varie aree era stato creato da esplosioni aeree di meteoriti piuttosto che da guerre nucleari di epoca preistorica. Quanto alle numerose teorie concernenti la preistoria della Terra, resto aperto al dubbio.
Uno dei suddetti lettori indotti a scrivermi, il quale aveva il vantaggio di aver letto sul serio Worlds Before Our Own, ha affermato che presento "con stile terso e chiaro informazioni riguardanti scoperte archeologiche anomale, senza quell'uso di iperboli solitamente associato a tal genere di argomenti".
Anche se in alcuni casi è possibile che appezzamenti di “vetro verde fuso” siano stati determinati da esplosioni aeree di meteoriti, mi domando se tale fenomeno naturale possa aver creato tutte le 28 distese di pietre annerite e frantumate che nell'Arabia occidentale ricoprono un~area estesa sino a 7.000 miglia. Le pietre, annerite e dai bordi affilati, sono fittamente raggruppate, come fossero le rovine di una città. Gli esperti hanno decretato che non sono di origine vulcanica, ma sembrano risalire al periodo in cui si pensa che l'Arabia fosse una terra fertile e lussureggiante, bruciata all'improvviso sino a trasformarsi istantaneamente in un deserto.
Quello che oggi conosciamo come il Deserto del Sahara, un tempo era una regione tropicale ricoperta da fitta vegetazione, percorsa da vari grandi fiumi e caratterizzata da abbondante piovosità. Gli scienziati hanno scoperto aree del deserto il cui suolo, ora ricoperto da un sottile strato di sabbia, un tempo conobbe l'azione dell'aratro e dell'agricoltore. I ricercatori hanno inoltre scoperto un enorme bacino idrico al di sotto della superficie inaridita del deserto, la cui origine potrebbe essere stata unicamente la forte piovosità del periodo antecedente al momento in cui una rovente devastazione consumò la rigogliosa vegetazione dell'area.
Il 25 dicembre 2007 uno scienziato francese ha confermato che gE scavi presso l'area di Khamis Bani Sa’ad, distretto di Tehema, provincia di Hodeidah dell'attuale Yemen, hanno portato alla luce oltre un migliaio di rari reperti archeologici risalenti al 300.000 a.C. Prima che intervenisse un drastico cambiamento climatico, gli abitanti di quell'epoca erano stati pescatori e avevano addomesticato una serie di animali non più presenti nella regione, fra cui una razza equina attualmente reperibile solo in Asia Centrale.
Nei pressi del Lago di Lob Nor, nel Deserto del Gobi, i Cinesi hanno condotto test nucleari che hanno lasciato estesi appezzamenti dell'area ricoperti di sabbia vetrosa. Nondimeno il Deserto del Gobi presenta numerose altre aree di sabbia vetrosa, note da migliaia d’anni.
Albion W. Hart, uno dei primi ingegneri a conseguire la laurea presso il Massachusetts Institute of Technology, fu assegnato a un progetto nell'entroterra africano. Mentre egli e i suoi uomini si stavano dirigendo verso una regione quasi inaccessibile, inizialmente dovettero attraversare una vasta distesa desertica. All'epoca Hart rimase sconcertato e del tutto incapace di spiegare un'estesa area di vetro verdastro che ricopriva le sabbie a perdita d'occhio.
“In un'epoca successiva della sua vita – scrisse Margarethe Casson su Rocks andMinerals (n. 396, 1972) – egli passò vicino all'area di White Sands (Nevada), dopo la prima detonazione atomica realizzata in quel luogo, e riconobbe lo stesso tipo di fusione di silice osservata cinquant'anni prima nel deserto africano”.
Nel 1947, nella Valle dell'Eufrate dell'Iraq meridionale, secondo alcune tradizioni collocazione del Giardino dell'Eden nonché luogo in cui gli antichi abitanti della Mesopotamia meridionale [Sumeri] incontrarono il dio–uomo Ea, scavi esplorativi portarono alla luce uno strato di vetro verde fuso. Gli archeologi non poterono non notare la somiglianza fra il vetro fuso risalente a migliaia di anni fa e il suolo desertico di White Sands, New Mexico, dopo che le prime detonazioni nucleari dei tempi moderni avevano fuso roccia e sabbia.
Il Deserto del Mojave presenta ampie aree di forma circolare o poligonale che sono rivestite di una coriacea sostanza assai simile al vetro opaco.

Strutture vetrificate, ruderi bruciati
Nel 1850, mentre esplorava la Death Valley, William Walker dichiarò di essersi imbattuto nei ruderi di un'antica città. Le pietre di un'estremità del grande edificio all'interno delle macerie erano rimaste fuse e vetrificate. Walker si spinse ad affermare che l'intera regione compresa fra i fiumi Gila e St. John è punteggiata di rovine. In ciascuno degli antichi insediamenti egli trovò riscontri del fatto che questi erano stati completamente bruciati da un fuoco abbastanza intenso da aver liquefatto la roccia. Blocchi per pavimentazione e pietre delle abitazioni erano state spaccate da enormi fessure, come cauterizzate da una sorta di gigantesca mannaia di fuoco.
Forse ancor più che le estese aree di vetro verde fuso, mi incuriosiscono i riscontri di città e forti vetrificati, come quelli scoperti da Walker.
In Scozia, Irlanda e Inghilterra esistono alture fortificate preistoriche le cui murature in pietra sono rimaste calcinate a causa di un immenso calore applicato. Non vi è modo per cui un fulmine possa aver determinato esiti di tal genere.
Altre alture fortificate, dalle Isole Lofoten a nord della Norvegia sino alle Canarie a nord–ovest dell'Africa, sono diventate “fortificazioni fuse”. Efich A. von Fange ha notato che i "massi tondeggianti accatastati delle mura circolari sono stati tramutati in vetro... da un intenso calore".
Çatal–Hüyúk, nella Turchia centro–settentrionale, ritenuta una delle più antiche città del mondo, in base a riscontri archeologici sembra che abbia raggiunto una fase di civiltà pienamente sviluppata e quindi, all'improvviso, si sia estinta. Gli archeologi sono rimasti sbalorditi nel trovare spessi strati di laterizio bruciato in corrispondenza di uno dei livelli, denominato VI a. 1 blocchi erano stati fusi assieme da un calore talmente intenso che gli effetti avevano raggiunto la profondità di oltre un metro al di sotto dei pavimenti, dove il tremendo calore aveva carbonizzato la terra, gli scheletri dei morti nonché i doni funebri inumati con essi, bloccando al contempo qualsiasi decomposizione batterica.
Quando si effettuarono scavi sulla ziggurat di Babilonia, questa si presentava come se fosse stata colpita da un terribile fuoco che l’aveva incrinata sino alle fondamenta. In altre parti dei ruderi, ampie sezioni di muratura in mattoni erano state arse sino ad assumere uno stato vetrificato. Svariati cumuli di laterizio erano stati completamente ridotti allo stato fuso. Persino i grandi massi tondeggianti trovati nei pressi delle rovine erano stati vetrificati.
Presso il sito noto come Alalakh o Atchana, Siria settentrionale, i palazzi reali erano stati arsi così in profondità che la parte più interna delle spesse mura era piena di mattoni crudi di colore rosso vivo in fase di sgretolamento. L’intonaco delle pareti di calce e fango era stato vetrificato e in alcune zone le lastre delle mura in basalto si erano di fatto fuse.
In India, fra il fiume Gange e le colline di Rajmahal, si trovano rovine bruciate contenenti consistenti ammassi di pietre fuse e incavate. Alcuni viaggiatori che si sono avventurati sino al cuore delle foreste indiane hanno riferito di ruderi di città le cui mura, a causa di qualche intenso calore, sono diventate enormi lastre di cristallo.
Le rovine delle Sette Città, situate nei pressi dell'equatore, nella provincia di Piauí, in Brasile, sembrano la scena di un mostruoso caos. Dato che non è stata ancora elaborata alcuna spiegazione geologica tale da risultare appropriata sotto il profilo dei riscontri archeologici, alcuni di coloro che hanno svolto ricerche sul sito hanno affermato che il modo in cui le pietre sono state essiccate, distrutte e fuse evoca immagini di Sodoma e Gomorra.
Alcuni ricercatori francesi hanno scoperto le prove di una reazione nucleare spontanea in epoca preistorica presso la miniera di Oldo a Pierrelatte, in Gabon. Gli scienziati hanno rilevato che il minerale grezzo della miniera in questione conteneva percentuali insolitarriente basse di U–235, come si trovano soltanto nell'uranio impoverito del combustibile Prelevato dai reattori nucleari. Secondo coloro che hanno esaminato la miniera, il minerale grezzo conteneva anche quattro elementi rari in forme simili a quelle presenti nell' uranio impoverito.
Anche se il mondo moderno non ha sperimentato l'energia atomica prima degli anni Quaranta del secolo scorso, esiste una sorprendente mole di riscontri in base ai quali in tempi preistorici potrebbero essersi verificati degli effetti nucleari, che hanno lasciato dietro di sé sabbia fusa sino a diventare vetro in alcune aree desertiche, alture fortificate con parti della muratura in pietra vetrificate, nonché i ruderi di antiche città distrutte da quello che sembra essere stato un estremo calore – di gran lunga più intenso di quello che poteva essere generato dalle torce degli eserciti dell'antichità.
In ciascun caso, gli archeologi esperti e preparati che si sono imbattuti in tali anomale scoperte hanno sottolineato il fatto che nessuna di queste catastrofi era stata provocata da eruzioni vulcaniche, fulmini, impatti di comete o conflagrazioni predisposte da esseri umani.
da http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=270


ma anche a FERRARA [8]


ciao
mauro



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sono lo scuro della città di Jaffa
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MessaggioInviato: 22/12/2012, 16:39 
qualche informazione su questo pdf, in inglese e molti termini tecnici non ci ho capito molto ma in poche parole sembra che in sud america non ci sono dubbi sulò fatto che le pietre siano vetrificate e volutamente (cioè non dipendendo da colate laviche meteoriti ecc.ecc.)
http://www.ancient-mysteries-explained. ... f_peru.pdf

sul come e perchè queste pietre sono vetrificate non è ancora chiaro


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MessaggioInviato: 23/12/2012, 15:24 
a proposito di vetrificazione ,un po di tempo fa stavo cercando informazioni su questa pietra verde

Immagine

secondo voi è vetrificata ? qualcuno ne sa qualcosa?

qui c'è un po di quello che ho trovato, sembra che sia un regalo di Ramesse II agli ittiti.Si trova nel tempio di Hattusa

http://ugiat.freeforumzone.leonardo.it/ ... d=10227072

http://www.hittitemonuments.com/bogazkoy/


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MessaggioInviato: 23/12/2012, 15:51 
Visto su History Channel.
Sembra sia una pietra meteorica che si è levigata per lo sfregamento delle mani, essendo considerato il contatto come di buon auspicio.



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MessaggioInviato: 23/12/2012, 16:16 
Cita:
greenwarrior ha scritto:

Visto su History Channel.
Sembra sia una pietra meteorica che si è levigata per lo sfregamento delle mani, essendo considerato il contatto come di buon auspicio.


l'hai visto in rete ? magari uno dei documentari su you tube?


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MessaggioInviato: 24/12/2012, 12:35 
Dalle mie parti se ne trovano molte,(di più nelle spiagge)però grosse come questa ancora non ne ho viste.[:0]


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MessaggioInviato: 01/01/2013, 23:31 
Riguardo le rovine vetrificate trovate nella Valle della Morte... ricordo che Peter Kolosimo ne aveva parlato in uno dei suoi libri, poi non ne ho più sentito parlare.... a parte il fatto che già trovare rovine di città in California è un fatto straordinario, non si capisce perché nessuno sia andato a fare dei sopralluoghi dopo William Walker.... o forse qua in Italia, come al solito, mancano delle notizie in proposito?


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 Oggetto del messaggio: Re: mura vetrificate
MessaggioInviato: 13/04/2018, 15:21 
Cita:

Il mistero dei forti vetrificati



La vetrificazione dei forti di pietra è uno dei grandi misteri dell’archeologia. Ancora oggi non è perfettamente chiaro il metodo utilizzato per realizzare simili strutture. In particolare, come abbiano fatto i costruttori a esporre le pietre alle alte temperature necessarie per provocare la parziale o totale fusione dell’opera muraria, ottenendo per raffreddamento una sorta di vetro colato e solidificato. I forti vetrificati si trovano in diversi luoghi d’Europa, in Medio Oriente e in Sud America. La preistoria del Vecchio continente è ricca di testimonianze di questa natura. In territorio scozzese sorgono fortificazioni come Spynie Castle nell’Invernesshire e Top-o-Noth nella contea di Aberdeen, oppure Craig Phoedrick e Ord Hill of Kissock, edificati su due colline all’estremità del golfo di Moray, nei pressi della città di Inverness. Sono vetrificati anche i ruderi della torre dell’isola di Toriniz, oggi Tory, situata nel Donegal, sulla punta settentrionale dell’Irlanda. Una dozzina di forti si trova in Francia, nella zona del fiume Creuse, come a Chateauvieux e a Ribandelle, ma anche nella regione della Vienne, oppure in Bretagna, dove per esempio sorgono le famose mura di Péran nel comune di Plédran, che alcuni ritrovamenti farebbero risalire ad almeno tremila anni fa. Si tratta in genere di recinti di forma ellittica, innalzati sulle alture con l’utilizzo di pietre molto grandi. Le mura, nella parte inferiore, a volte su un lato, oppure su entrambi, in molti casi solo nella parte interna, sono vetrificate.

Immagine

Residui di muro vetrificato in Francia a Sainte-Suzanne, nella Mayenne

Gli studi eseguiti su questi materiali hanno rilevato che i massi utilizzati appartengono a differenti tipi di roccia (metamorfica, ignea o sedimentaria), quindi che il processo di vetrificazione può operare su un ampio ventaglio di materiali. Il mistero sta proprio nella difficoltà di creare le giuste condizioni per innescare il processo: le temperature necessarie per indurre la vetrificazione superano infatti i 1000 gradi centigradi. Granito, basalto, gneiss o altri silicati iniziano a cristallizzare a temperature di circa 650 gradi, fondono e vetrificano se sottoposti a temperature comprese tra i 1050 e i 1235 gradi, la biotite (fillosilicato ferrifero appartenente al gruppo delle miche) fonde a 850 gradi, calcare e dolomia vanno incontro a calcinazione se esposti a temperature di 800 gradi. Per poter raggiungere simili temperature è verosimilmente necessario un forno, ma molte delle pietre usate per l’edificazione hanno dimensioni talmente grandi da pretendere l’uso di forni veramente enormi. Talvolta gli archeologi hanno attribuito la vetrificazione agli effetti di un grande incendio, come nel caso delle pietre presenti tra le rovine di Hattusa in Turchia, oppure ad agenti atmosferici e calamità naturali, come nel caso della Ziqqurat di Borsippa in Iraq, dove si chiamano in causa i fulmini. Tuttavia, nella maggioranza dei casi la vetrificazione è il frutto di un progetto deliberato, si vedano per esempio le opere megalitiche realizzate in Bolivia e Perù. Oltre al “come” rappresenta un problema il “perché”: secondo l’ipotesi di alcuni ricercatori, l’intento di quegli antichi costruttori era rafforzare la pietra, altri invece ritengono che il calore venisse utilizzato per indebolire la pietra e lavorarla meglio.

Immagine

Il forte di Tap o’ Noth in Scozia

Gli studi scientifici sulla vetrificazione risalgono addirittura alla fine del ‘700, il geologo britannico John Williams fu il primo a descrivere tale processo chimico-fisico (l’espressione “forti vetrificati” è sua). Il più noto esperimento sui forti vetrificati è stato effettuato nel 1934 e ripetuto tre anni dopo da Wallace Thorneycroft e Vere Gordon Childe, che accesero un fuoco contro un muro di pietra appositamente innalzato per il test: il basalto divenne incandescente, probabilmente raggiungendo 800-1200 gradi centigradi. Sarebbero state trovate tracce di vetrificazione, ma l’esperimento non fu risolutivo, perché il muro sperimentale alto poco meno di due metri crollò tre ore dopo, come descritto in “The Proceedings of the Society of Antiquaries of Scotland”. Ecco allora che per molti la risposta all’enigma non può essere cercata in un semplice muro “arrostito” con un braciere posto in aderenza alle pietre. In ambito di architettura megalitica andina, per esempio, è stato rilevato che le rocce vetrificate si caratterizzano per un insolito aspetto lucido in grado di riflettere la luce come uno specchio, una sorta di patina che si dice non possa essere ricavata per mezzo della normale lucidatura della pietra (come nel Tempio della Luna, a Cuzco, in Perù), scolorimento evidente o cambiamento di colore della roccia. Secondo alcuni annunci si riscontrerebbero perfino anomalie magnetiche della pietra rilevabili con una bussola (si veda il Trono dell’Inca di fronte alla fortezza di Sachsaywaman). Ecco allora che per spiegare la vetrificazione alcune ipotesi hanno fatto appello all’elettromagnetismo e alle teorie eterodosse di Edward Leedskalnin, costruttore del Coral Castle in Florida, che l’autore espose nel libro “Magnetic Current” del 1945. Tuttavia, molte delle ricerche in materia sono state condotte da studiosi revisionisti e detective del mistero, spesso animati da spirito fantarcheologico, pertanto le conclusioni raggiunte non possono essere validate dalla scienza.

Immagine

Esempi di vetrificazione andina a Cuzco e Sacsayhuamán



http://www.ilsecoloxix.it/p/blog/2018/0 ... cati.shtml


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