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Stellare
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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 15/02/2015, 12:22 
Una tesi interessante...


Sapete come la penso a riguardo, sono un sostenitore dell' ipotesi della ingegneria genetica ante litteram.

Penso però che piuttosto che i rettiliani i responsabili siano gli Anunnaki, chiunque essi fossero (uso questo nome come si usa Omero per indicare l' autore dell' Odissea).


Se è da loro che abbiamo preso la nostra innegabile aggressività si spiegherebbero molte cose.



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

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Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 15/02/2015, 14:33 
Thethirdeye ha scritto:

L’aggressività potrebbe essere il discriminante capace di spiegare l’aumento dell’intelligenza all’interno dei gruppi.

Un conflitto potrebbe essere visto come una forma di predazione, evento nel quale preda e predatore sono costretti a diventare più veloci, più furbi o più intelligenti per raggiungere il loro scopo”. Certo, è un pò triste l’ipotesi del prof. Tattersall, secondo la quale l’uomo sarebbe un predatore intraspecie.

Eppure ci si chiede come sia possibile che un essere come l’homo, sviluppatosi ed evolutosi in un contesto naturale, ad un certo punto sia precipitato in una spirale di aggressività, che benché ne abbia aumentato l’intelligenza tecnica, lo ha privato dell’intelligenza sociale, diventando predone di se stesso e mettendo a repentaglio la sua stessa esistenza.

Siamo sicuri che l’aggressività da sola basti a giustificare l’evoluzione così rapida dell’Homo Sapiens? E se l’aggressività fosse il sottoprodotto di questa evoluzione così rapida?

Qual è l’ingrediente che rende così speciale, e così distruttiva, la nostra specie? E’ possibile ipotizzare un qualche intervento esterno da parte di qualcosa o di qualcuno, che abbia influenzato indebitamente l’evoluzione umana, facendola deviare dal suo percorso naturale?


La teoria del cervello trino
Secondo McLean vi sono tre formazioni anatomiche distinguibili in:

R-complex (Cervello rettiliano)
Sistema limbico
Neocortex
Ognuna di queste strutture è adibita a determinate funzioni; queste funzioni furono tradotte in operatori.

R-complex (o cervello rettiliano): si occupa dei bisogni e degli istinti innati nell'uomo; gli operatori rettiliani sono i seguenti: isoprassico, specifico, sessuale, territoriale, gerarchico, temporale, sequenziale, spaziale e semiotico.

Nel sistema limbico (o cervello paleomammaliano) agisce l'emotività dell'individuo; infatti questa struttura contiene prevalentemente operatori emozionali: fobico, aggressivo, cura della prole, richiamo materno, innamoramento, ludico.

Il neo-cortex (o cervello neomammaliano) è la sede degli operatori specifici che caratterizzano l'essere umano: olistico, riduttivo, generalizzatore, causale, binario, emotivo.

L'R-complex risiede nel diencefalo, nel mesencefalo e nella parte iniziale del telencefalo. A livello strutturale il sistema limbico è costituito dai bulbi olfattivi, il setto, il fornice, l'ippocampo, l'amigdala, il giro del cingolo, i corpi mammiliari. La struttura neocorticale è formata da materia neuronale.



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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 15/02/2015, 14:42 
caro AZTLAN,
Cita:
Penso però che piuttosto che i rettiliani i responsabili siano gli Anunnaki


secondo le fonti gli Anunnaki sono di razza"rettiliana" [;)]

ciao
mauro



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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 06/03/2015, 01:39 
Cita:
Più antica di 500.000 anni la comparsa del genere Homo

La scoperta di una mandibola fossile dalle caratteristiche tipiche del nostro genere fa retrodatare di mezzo milione di anni la separazione di Homo da Australopithecus. Questo evento fu probabilmente favorito da un cambiamento climatico che interessò la culla dell'umanità, la regione dell'Afar, e che è testimoniato dall'analisi degli strati geologici in cui è avvenuto il ritrovamento

La comparsa del genere Homo è retrodatabile a 2,8 milioni di anni fa, circa mezzo milione di anni prima di quanto era stato stabilito sulla base dei resti più antichi finora noti, che risalivano a 2,3 o 2,4 milioni di anni fa. E' questa la conclusione tratta dall'analisi di un reperto fossile (la parte sinistra di una mandibola, insieme a cinque denti) di un ominide portato alla luce nel 2013 nel sito di Ledi-Geraru, nella regione dell'Afar. Lo studio – condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università del Nevada a Las Vegas, dell'Arizona State University e della Pennsylvania State University, in collaborazione con l'Authority for Research and Conservation of Cultural Heritage dell'Etiopia – è illustrato in due articoli pubblicati su “Science”.

Immagine

L'esame del fossile – condotto da Brian Villmoare, William H. Kimbel e colleghi - ha rivelato caratteristiche evolute, come una mascella uniformemente proporzionata, premolari simmetrici e molari sottili , che distinguono le prime specie del lignaggio Homo (come Homo habilis, risalente a 2 milioni di anni fa), da quelle di Australopithecus, caratterizzate da tratti più scimmieschi. Tuttavia, il mento inclinato ha una struttura ancora relativamente primitiva, che ricollega la mandibola di Ledi-Geraru a qualche suo antenato di fattezze simili a quelle di Lucy (Australopithecus afarensis).

La ricostruzione di Villmoare e colleghi, inoltre, è in accordo con i risultati ottenuti da Fred Spoor e colleghi del Max Planck Institut di Lipsia e dell'University College di Londra che, avendo ricostruito un cranio di un tipico esemplare di H. habilis risalente a 1,8 milioni di anni fa, oggi offrono su “Nature” un quadro inaspettatamente primitivo della sua mandibola. Anche grazie a quest'ultimo studio, "la mascella di Ledi-Geraru aiuta a ridurre il divario evolutivo tra Australopithecus e Homo", ha detto Kimbel.

Lo studio a prima firma Erin DiMaggio descrive invece il contesto geologico in cui è stato trovato il fossile, contesto che, oltre a confermarne l'età, ha permesso di tracciare anche una ricostruzione dell'ambiente dell'epoca: 2,8 milioni di anni fa, la regione era caratterizzata da praterie miste e bassi arbusti, con solo alcune aree coperte da foresta a galleria. In prossimità del sito c'erano anche un lago e dei fiumi, abitati da specie strettamente affini agli attuali ippopotami e coccodrilli.

Immagine

Questo ambiente testimonia che 2,8 milioni di anni fa in Africa era sopravvenuto un clima relativamente più arido rispetto a quello dell'epoca in cui era vissuto Australopithecus, corroborando l'ipotesi che i cambiamenti climatici abbiano avuto un ruolo nella comparsa di nuove specie e nell'estinzione di altre; tuttavia - osserva la DiMaggio - "è ancora troppo presto per affermare che il cambiamento climatico sia responsabile dell'origine di Homo. Abbiamo bisogno di un campione più ampio di fossili di ominidi, ed è per questo che continueremo le ricerche nella zona di Ledi-Geraru".


http://www.lescienze.it/news/2015/03/04 ... 09991/?rss


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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 23/06/2015, 17:25 
Scoperta la prima lettera 'accentata' del Dna nei mammiferi, la sua funzione resta da scoprire

L'alfabeto della vita si fa sempre più ricco: nel Dna dei mammiferi è stata infatti scoperta la prima lettera 'accentata', che con la sua 'punteggiatura' può cambiare il modo con cui vengono letti i geni.

Dopo le tradizonali quattro lettere: A (adenosina), C (citosina), G (guanina) e T (timina), ecco dunque la nuova lettera, chiamata 5fC (5-formilcitosina): nata da un'alterazione chimica temporanea della 'lettera' C (citosina), è poi diventata un 'mattone' stabile nel codice genetico dei mammiferi.
Lo hanno scoperto i ricercatori dell'Università di Cambridge analizzando il genoma del topo: lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Chemical Biology, potrebbe aprire un nuovo capitolo nello studio della genetica e delle malattie umane, soprattutto quelle del cervello.

La funzione di questa lettera accentata nel Dna è ancora tutta da scoprire, ma la posizione ben precisa che occupa nella molecola della vita lascia supporre che possa modificarne la forma tridimensionale, alterando l'espressione dei geni. Il suo 'accento', dato da una modificazione chimica divenuta stabile, ''è come un vestito, che il Dna può mettere o togliere cambiando così il modo che ha di intergire con altre molecole - afferma il genetista Giuseppe Novelli, dell'Università di Roma Tor Vergata - esattamente come accade a noi che veniamo riconosciuti in modo diverso dagli altri se ci vestiamo in smoking o con una tuta da ginnastica''.

La 5-formilcitosina è stata trovata ''in tutti i tessuti del corpo - precisa il coordinatore dello studio, Martin Bachman - anche se è presente a livelli molto bassi'': la sua presenza è inferiore alle 5 parti per milione; nel cervello, dove è relativamente più abbondante, arriva a 10 parti per milione.
''Si tratta ovviamente di un elemento molto raro, ma non trascurabile, soprattutto per un organo di cui sappiamo pochissimo come il cervello'', commenta Edoardo Boncinelli, genetista dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano. ''Mi auguro che questa scoperta possa aprire una nuova era per quanto riguarda la ricerca sul cervello. Dobbiamo ricordarci che questo organo è l'unico distretto del corpo in cui si accendono tutti i nostri geni''.

http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubr ... 7d579.html



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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 23/08/2015, 20:33 
SCIENTISTS NOW BELIEVE; ALIENS CREATED OUR SPECIES AND MANIPULATED OUR DNA

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Researchers who worked for 13 years in the Human Genome Project indicate that they came across an amazing scientific discovery: They believe that the so-called 97% of non-coding sequences in the human DNA is nothing less than the genetic code of extraterrestrial life forms. Originally referred to as “Junk DNA” its functioned remained a mystery for researchers. Now researchers believe that our DNA is extraterrestrial in origin.

After extensive analysis with the help of other researchers in diverse fields such as mathematics, chemistry and programing, Professor Chang ventured out and asked if there is a possibility that, what we call “junk DNA” is actually some sort of extraterrestrial code, created by an “Alien” programmer.

Professor Chang further explained “Our hypothesis is that a more advanced extraterrestrial civilization was engaged in creating new life and planting it on various planets. Earth is just one of them.”
Professor Chang indicates that “What we see in our DNA is a program consisting of two versions, a giant structured code and a simple or basic code.”

Guarda su youtube.com


Professor Chang and his team believe for a fact that the first part of our DNA code was not written on Earth and according to them it is verifiable. Secondly and most importantly, genes alone are not enough to explain the evolution/abrupt evolution process and there must be something more in ‘the game’.

Professor Chang says that “Sooner or later,” “we have to accept the fact that all life on Earth carries the genetic code of our extraterrestrial cousins and that evolution is not what we think it is.”

The implications of these scientific findings reinforce claims by other individuals and observers that claim to have had contact with aliens that look like humans. Human-like aliens could have provided some of the genetic material necessary for human evolution.

Immagine

Researchers in Kazakhstan believe that the human DNA was encoded with an alien signal for an ancient extraterrestrial civilization, and they refer to it as “Biological SETI”. The mathematical code in the human DNA can not be explained by evolution. Basically, we are living and breathing holders of some sort of alien message that can be used,in a much more efficient way then using Radio-signals, to search for Extraterrestrial life.

Once the code had been set, it would remain unchanged in cosmological time-scales, in fact, researchers believe that our DNA is the most durable “construction” known, and that is why it represents an exceptionally reliable and intelligent storage for an alien signature, according to an article in the journal Icaurs.

Writing in the journal Icarus, they assert: “Once fixed, the code might stay unchanged over cosmological timescales; in fact, it is the most durable construct known. Therefore it represents an exceptionally reliable storage for an intelligent signature. Once the genome is appropriately rewritten the new code with a signature will stay frozen in the cell and its progeny, which might then be delivered through space and time.”

Scientists believe that the human DNA is arranged in such a precise way that it reveals a “set of arithmetic patterns and ideographic symbolic language”. These studies have led scientists to believe that we were literally invented “outside of Earth” several billions of years ago.

These ideas or beliefs are anything but accepted in the scientific community. Yet these studies have proven what some researchers have talked about for decades, that evolution could not have happened on its own, and that there is something extraterrestrial to our entire species. Is our entire history wrong?

One mystery that would remain as THE GREAT QUESTION is, if extraterrestrial beings did in fact create the human race and life on planet Earth, then “who” or “what” created these extraterrestrial beings?

http://www.belgievandaag.com/universal/ ... d-our-dna/



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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 23/08/2015, 20:35 
..ieri sera sono stato ad ascoltare mauro biglino qui a rimini e lo sosteneva pure lui coadiuvato da uno scatenato roberto pinotti


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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 29/08/2015, 14:44 
Piante e animali geneticamente modificati in modo deliberato

Nelle origini di diverse piante attuali si può ipotizzare una ricerca genetica, svolta in periodi molto antichi.

Il frumento, per esempio, apparve misteriosamente nello stesso periodo dell’esplosione agricola in Armenia e in Anatolia (moderna Turchia) verso l'8000 a.C. Prima, il frumento era soltanto un’erba selvatica, ma come risultato non di uno, ma tre “accidenti genetici” – come li definiscono gli storici tradizionalisti – la pianta fu improvvisamente trasformata in una ricca e nutriente fonte di cibo. Innanzitutto, il frumento selvatico fu incrociato con un’erba da pascolo naturale, e i quattordici cromosomi dell’uno si combinarono con i quattordici dell’altra a produrre una nuova pianta, più robusta, chiamata emmer, con ventotto cromosomi. Poi, in breve tempo, l’ibrido emmer fu nuovamente incrociato con un’altra “erba da pascolo” per creare una pianta con spighe molto più grandi, con quarantatue cromosomi.

Infine, si ebbe una terza mutazione. Uno dei quarantadue cromosomi subì una mutazione. Se ciò non fosse accaduto, il frumento che oggi conosciamo, che nutrì i primi contadini armeni e tutti i loro successori, non sarebbbe mai esistito. Il fatto che queste combinazioni e alterazioni genetiche siano avvenute tutte casualmente, in un periodo piuttosto breve, è in contrasto con tutte le leggi della probabilità. Se poi ciò non bastasse, entra nel quadro un altro elemento favorevole. A differenza delle altre erbe selvatiche che l’avevano preceduto, il singolo grano di frumento è troppo pesante per essere trasportato dal vento e provvedere così alla riproduzione spontanea.

La riproduzione della pianta deve essere praticata artificialmente, altrimenti la pianta non sopravvivrebbe e si estinguerebbe in breve tempo.Come ha sostenuto lo storico della scienza Jacob Bronowski, “attraverso una felice concomitanza di eventi naturali ed umani” (e si suppone che il genere umano stesse apparendo proprio allora sulla scena del mondo), fu scoperta “accidentalmente” la pianta ibrida del frumento, e si scoprì che, tra le circa 195000 specie di piante esistenti nel Medio Oriente, proprio questa era meritevole di coltivazione, e l’uomo provvide alla sua diffusione in un momento critico, raccogliendo e seminando personalmente i semi per coltivarla. Si tratta proprio di fortuna pura, all’ennesima potenza!

Appare molto più probabile sostenere che il frumento fosse invece il prodotto di uno sviluppo mirato del periodo preistorico, sin dal principio della sua creazione genetica. Ciò presupporrebbe ovviamente che i primi coltivatori del neolitico, nel Medio Oriente, possedessero una conoscenza della genetica e degli incroci di Mendel comparabile a quella che noi possediamo oggi. Se il frumento fosse stato la sola pianta a subire improvvise mutazioni generiche, sarebbe stato già abbastanza miracoloso. Tuttavia, in quello stesso periodo si verificarono in tutto il mondo altre improvvise e importanti mutazioni botaniche.

I cromosomi delle banane e delle mele furono moltiplicati per fattori di due e di tre, mentre le arachidi, le patate, il tabacco e altre piante si espandevano con un fattore di quattro volte. La canna da zucchero fu inesplicabilmente alterata da un antenato di 10 cromosomi alla pianta complessa odierna, che possiede 80 cromosomi. Ogni indicazione punta a far supporre che importanti sperimentazioni genetiche avessero luogo in tutto il mondo in un momento specifico dei tempi preistorici. I ricercatori e sviluppatori della moderna agricoltura ammettono, a proposito dell’improvviso avvento dei cereali nutritivi moderni, che migliaia di generazioni di selezioni genetiche sarebbero state necessarie per ottenere anche un modesto grado di un tale importante sviluppo.

Dobbiamo ancora identificare con certezza la durata richiesta dalla natura per arrivare a completare in modo spontaneo una tale selezioni. Non ci sono spiegazioni per giustificare tali miracolose creazioni botaniche, a meno che il processo verificatosi non fosse una selezione naturale, ma il prodotto di manipolazioni artificiali. Karl F. Kohlenberg, nel suo studio sulla storia dello sviluppo della coltura del mais, osservò con tali parole la sua dipendenza dall’intervento dell’uomo: “Ciò che distingue la pianta del mais da tutti gli altri tipi di piante a grani è la sua elevata fragilità biologica. Lasciata a se stessa, morirebbe in breve tempo.

I suoi semi sono talmente stretti e solidi sotto il loro involucro che nessun vento potrebbe spargerli. Se per caso una pannocchia di mais abbandonata finisse al suolo, i semi produrrebbero una miriade di piantine, che non potrebbero mai crescere in modo normale, strette l’una contro l’altra”. Ancora una volta, come per il frumento, non sembra che l’alterazione del mais sino alle sue forme attuali e l’intervento dei contadini per propagarlo, in un momento critico della sua evoluzione, possano essere disgiunti e visti come un caso fortuito.

La tremenda difficoltà che s’incontra oggi per produrre un ibrido genetico di successo è stata dimostrata dall’Orto Botanico di San Pietroburgo, in Russia, quando, dal 1837, i botanici hanno cercato di coltivare una forma selvatica di segale per farla sviluppare in un nuovo genere domestico. I risultati sono stati deludenti e la caratteristica fragilità della spiga della segale selvatica; con i suoi piccoli grani, permangono insieme alla debolezza degli steli e delle radici. Se tali ostacoli sono ardui da superare per gli esperti moderni, come poterono fare i coltivatori neolitici di diecimila anni fa, a sviluppar le specie cereali che sono giunte sino a noi? Il frumento e gli altri cereali furono dapprima prodotti nel Medio Oriente, mentre il mais era coltivato in origine nel Nuovo Mondo. Entrambe quelle aree erano anche centri di un numero notevole d’altri alimenti “altamente evoluti”.

Nel Medio Oriente, l’inizio dell’agricoltura vide il rapido avvento del miglio, del farro, del lino, di uva, mele, pere, olive, lenticchie, piselli, fichi, mandorle, pistacchi, nocciole e ci furono rapidi adattamenti della qualità di tutte queste piante. Nello stesso periodo, nel Nuovo Mondo si svilupparono un’ampia varietà di zucche, pepe, fagioli, patate e cotone. In alcuni casi, pare che ci sia stato uno scambio attivo di materiale genetico tra le due aree. Per esempio, la prima varietà di cotone conosciuta nelle Americhe conteneva tredici piccoli cromosomi, mentre la corrispondente specie del Vecchio Mondo, coltivata in India, aveva tredici grandi cromosomi. Nei resti di cotone scavati ai primi livelli a Huaca Prieta in Perù, databili intorno al 2500 a.C., sono stati individuati tredici cromosomi piccoli e tredici grandi.

In altri termini, il cotone peruviano era un ibrido tra la specie orientale e quella occidentale. Gli storici ortodossi hanno cercato di spiegare tale ibridazione come un fenomeno naturale, “accidentale”, ma l’ipotesi non ha avuto molto successo. La pianta del cotone è troppo delicata, sia allo stato di seme, sia durante la crescita, per essere stata semplicemente trasportata da un emisfero all’altro dalle correnti marine, dalle migrazioni di uccelli o dai venti. Inoltre, la spiegazione del trasporto del cotone dal Vecchio Mondo al Perù costituisce solo metà del problema. L’altra coinvolge la propagazione delle due forme in una forma comune. Non solo le piante, ma anche gli animali possono essere stati il prodotto di una manipolazione e selezione genetica.

È degno di nota il fatto che nella stessa epoca, nel Medio Oriente, l’avvento dei cereali e dei frutti altamente sviluppati abbia coinciso con l’apparizione di cani, cavalli, pecore, capre, maiali e altro bestiame addomesticato. All’incirca nella stessa epoca, nell’Estremo Oriente, insieme all’avvento di piante di riso e di soya geneticamente migliorate, comparivano anatre e pollame domestici e il bufalo d’acqua. In India, sempre nello stesso periodo preistorico, la cultura proto-Harappana della valle del fiume Indo stava praticando le proprie sperimentazioni. Il frumento usato dagli Harappani era molto sviluppato. Esso cresce ancor oggi nel Punjab, persino intorno a campi coltivati con cereali di qualità inferiore. Lo stesso si può dire per l’allevamento degli animali.

Gli zoologi che hanno esaminato i sigilli di Harappa e altre opere d’arte hanno notato il ricorrere di immagini di bestiame ibrido, altamente specializzato, che non esiste più. Gli Harappani allevavano anche cani e pecore e addomesticarono l’elefante, e forse persino il rinoceronte (una cosa che oggi è ritenuta impossibile). Con l’addomesticamento di animali andiamo incontro a ben altro livello di problemi, rispetto a quello delle modifiche genetiche delle piante. Condurre un cucciolo di lupo a diventare un cane in una comunità umana, o mettere del bestiame selvatico in un recinto e riuscire a trasformarlo in una specie animale produttrice di latte, non comporta solo un cambiamento di forme, ma un vero e proprio cambiamento delle caratteristiche di natura, una completa negazione degli istinti semi–selvatici per trasformarli in una natura docile.

Ciò implicava una manipolazione genetica di natura molto più complessa, basata sul controllo dei geni del comportamento. Negli anni 1920 e 1930, il botanico russo Nicolai Vavilov fondò 400 istituti di ricerca botanica attraverso l’Unione Sovietica e organizzò dozzine di spedizioni in tutto il mondo, per raccogliere 50000 campioni selvatici di flora con il germoplasma originale dei semi. Attraverso tale ricerca estensiva, Vavilov fu il primo a poter concludere che la maggior parte dei cereali odierni deriva concretamente da otto centri maggiori e da alcuni minori, in appoggio, e che tutti operarono nel passato in un periodo specifico.

Più tardi, nel 1971, un altro scienziato, Jack Harlan, aggiornò l’opera di Vavilov, e nel 1992 estese ulteriormente la propria ricerca, proponendo l’esistenza di ciò ch definì i “biomi globali”, o aree che avevano forme sia di flora, sia di fauna, che avevano subito nel passato una mutazione specifica d’addomesticamento. Costruendo su tutto ciò, le ricerche più recenti hanno scoperto che le finestre di tempo, correlate con le localizzazioni e con le manipolazioni dei tipi di piante e d’animali, sono molto rivelatrici. Ecco un sommario delle più importanti tra tali scoperte:

*8000 a.C.—Turchia, Asia Centrale —frumento, orzo, segale, lino, avena

*8000 a.C.—Iran, Siria, Israele—ceci, lenticchie, fichi, datteri, uva, lattuga, mandorle, olive, carote

*7500 a.C.—Sud America—fagioli, zucca, cassava

*7000 a.C.—Asia S.Orient., Nuova Guinea—radice di taro, piselli, fagioli mung, agrumi, banane, cocco, canna da zucchero

*7000 a.C.—Siria—pecore, capre

*7000 a.C.—Cina—riso, bufalo d’acqua, miglio, soya, cavolo

*6500 a.C.—India—cocomeri, melanzane, piselli “piccione”, cotone asiatico (orientale)

*6500 a.C.—Turchia—maiali, bovini

*6000 a.C.—Perù—mais, patate, arachidi, cotone americano (occidentale)

*6000 a.C.—America Centrale — mais, zucca, fagioli, pepe e peperoncino, pomodoro

*6000 a.C.—Africa—sorgho, piselli “mucca”, manioca, melone, okra

È veramente notevole il fatto che, benché le località indicate siano molto distanti e sparse in tutto il mondo, tutti i gruppi di piante e di animali originari fossero creati, e fossero divenuti totalmente dipendenti, dallo stesso diretto intervento degli agricoltori imani, e nello stesso (breve) periodo di soli duemila anni. Di grande significato è anche il fatto che la virtuale esplosione di forme di vita sostenibili, radicalmente differenti, apparse ovunque al principio del periodo neolitico, non conoscesse precedenti, e da quell’epoca lontana non si sia mai più ripetuta, neppure con gli attuali progressi della biochimica e dell’ingegneria genetica. Tali rivelazioni suscitano la questione se quelle regioni preistoriche fossero state scelte e predisposte in precedenza, di proposito. E inoltre, se le manipolazioni fossero praticate nella stessa epoca in modo deliberatamente pianificato e condotte da un singolo gruppo, diffuso in tutto il mondo, di sconosciuti pionieri genetici, la cui sapienza era superiore, diecimila anni fa, a quella odierna.

Il genoma bovino rivela manipolazioni genetiche da parte dell’uomo, compiute 10000 anni fa

[Washington Post, 28/4/2009, David Brown, “Cow’s DNA Shows Human Influence”]

“Un gruppo composto da centinaia di scienziati, che opera in più d’una dozzina di paesi, ha pubblicato l’intera sequenza del DNA—il genoma—d’una vacca di razza Herford di 8 anni, che vive in una fattoria sperimentale del Montana. “Tra i suoi circa 22000 geni sono nascoste le tracce di come la selezione naturale abbia scolpito il corpo e la personalità del bovino nei passati 60 milioni d’anni e quanto si sia ulteriormente sviluppata negli ultimi 10000 anni.

“’Ci sono tracce di opera umana nel genoma bovino? La risposta è sicuramente, senza alcun dubbio, positiva, ha detto Harris Lewin di Bilogia del Genoma, presso l’Università dell’Illinois, Urbana-Champaign. Egli è l’autore di uno dei tre documenti sul genoma della vacca, pubblicati sulla rivista Science. “Il genoma della vacca è stato il primo del quale abbiamo individuato la sequenza, fra tutto il bestiame d’allevamento”.

-Nota—Quali altre manipolazione genetiche troveranno gli scienziati, quando elaboreranno la sequenza del genoma d’altre specie di bestiame d’allevamento?...

C’è stata una “convergenza genetica” primitiva?

Nel novembre del 2009, i genetisti di tutto il mondo hanno annunciato che, dopo un’intensiva collaborazione di anni, avevano finito di mappare il genoma completo del mais, e hanno pubblicato una dozzina di articoli scientifici sull’argomento. I loro studi rivelano che in vari momenti, nel passato del mais, ci sono stati inusuali “interventi sui geni” e “meccaniche evolutive” che taluni ricercatori stanno trovando sia difficile spiegare senza presupporre una manipolazione intelligente. La sequenza del genoma mostra che un sorprendente 85 per cento dei circa 32000 geni del mais sono fatti di “elementi trasponibili”—o “geni salterini”—e ciò porrebbe in evidenza il fatto che siano stati messi in movimento e spostati nei 10 cromosomi del mais, nel corso della storia, e per lo più negli ultimi 10000 anni.

Il fatto che neppure una di tali sottili trasmutazioni abbia dato come risultato un fatale tracollo genetico, con la conseguente estinzione dell’antica pianta—ma invece siano stati ottenuti significativi e positivi rafforzamenti nell’opera ininterrotta di crescita e di nuova semina, di gran lunga superiori a quanto la selezione naturale avrebbe potuto consentire—costituisce la potente evidenza che qualcuno, molto tempo fa, abbia previsto il prodotto finale e manipolato in conseguenza la pianta. Sono state anche trovate indicaioni che in un’altra parte del processo di sviluppo del mais siano intevenute azioni di un’intelligenza ancor più antica. Circa 5 milioni d’anni fa, per esempio, avvenne improvvisamente l’importante fusione tra due specie imparentalte ancestrali, che diedero alla specie risultante di mais un forte patrimonio di nuove possibilità genetiche, per poter sopravvivere e adattarsi a vari ambienti.

In modo significativo, questo vero e proprio processo di fusione ebbe luogo all’incirca nel periodo in cui furono modificate anche altre piante e lo furono anche certi mammiferi, discendenti di quelli che erano stati addomesticati, e persino un certo numero di ominidi primitivi. In altre parole, come avvenne una convergenza di mutazioni genetiche circa 10000 anni fa, che fece nascere i nostri alimenti odierni “addomesticati”, ci sarebbe stata una analogo convergenza di manipolazioni genetiche in un periodo molto più antico, 5 milioni d’anni fa? Varie scoperte archeologiche e paleontologiche “fuori posto” rivelano che esistette certamente una qualche forma di vita con intelligenza di tipo umano, in un tale periodo molto remoto.

Sarebbero stati questi uomini, d’una civiltà a noi sconosciuta, i responsabili anche di modificazioni genetiche del bestiame e della flora e della fauna di quella lontana epoca? La prosecuzione della mappatura del genoma e ulteriori ricerche, su tutte le sequenze genetiche non ancora studiate, in un’ampia varietà di specie, viventi ed estinte, potrà darci un giorno la risposta che cerchiamo.

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 Oggetto del messaggio: Re: La prima manipolazione genetica della razza umana
MessaggioInviato: 05/10/2015, 01:14 
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Individuare la razza attraverso le impronte digitali

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Per anni, gli scienziati forensi hanno studiato le differenze nelle impronte digitali e hanno utilizzato queste informazioni per identificare modelli unici.

Ora, un nuovo studio è giunto ad una conclusione interessante: le impronte digitali permettono di identificare la razza di appartenenza di un individuo.

Tanto per dire come le ‘razze non esistono’.

In particolare, questo studio ha individuato differenze tra le impronte di europei e di africani.

I risultati mostrano che le minuzie di un’impronta digitale possono dirci la probabile appartenenza razziale ed etnica di una persona.

Il dito indice destro di 243 persone – divise equamente tra i sessi e tra africani ed europei – sono stati analizzati nello studio.

A Livello 1, i dettagli sono il tipo di pattern e il conto delle creste.

Ma i ricercatori si sono concentrati sulle differenze di livello 2, che includono biforcazioni, dove le linee-creste si dividono. Tali fattori hanno dimostrato una correlazione con l’identità razziale del gruppo.

“Questo è il primo studio ad analizzare la correlazione razza-impronta digitale a questo livello di dettaglio, ed i risultati sono estremamente promettenti”, ha dichiarato Ann Ross, professore dell’università della North Carolina State di antropologia e autore senior dello studio.

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A livello di minuzie, africani ed europei differiscono nel numero di biforcazioni. Questo deriva da differenze genetiche più profonde. Anche perché c’è una relazione intima, tra cervello e impronte digitali.

Come le impronte digitali, anche l’individuo è unico; ma appartiene anche ad un gruppo. Disperdere questa differenza nel meticciamento è un crimine contro l’umanità.


http://www.ecplanet.com/node/4786


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