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MessaggioInviato: 20/12/2014, 15:22 
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Celti: possibile una discendenza dai Neandertal?

Abbiamo visto in uno dei precedenti post come il gene dei capelli rossi, altrimenti detto rutilismo, è il segno di una mutazione genetica avvenuta migliaia di anni fa e come questa sia un tratto tipico dell'aplogruppo R1b, del resto basta mettere accanto le due mappe della diffusione dell'R1b (Y-DNA) e la mappa della diffusione percentuale dei capelli rossi in Europa (Fonte Eupedia.com) per vedere come queste siano strettamente legate.

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Mappa della diffusione dei capelli rossi in Europa

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Mappa della diffusione dell'aplogruppo R1b in Europa


Nei laboratori del Max Planck Institute di Lipsia l'equipe del Dott. Svante Paabo ha da poco terminato la campionatura completa del genoma dei Neandertal ricavato dalle ossa degli scheletri ritrovati in alcuni siti archeologici, gli esiti di questa ricerca sono disponibili pubblicamente scaricando la seguente press release. Il genoma dei Neandertal è inoltre disponibile per il download sul sito dell'Istituto per ulteriori ricerche.

Il genoma dei Sapiens ed il genoma di Neandertal coincidono al 99,9%, inoltre le due specie dovrebbero aver convissuto in Europa per 10.000-12.000 anni, dove probabilmente si sarebbero ibridate, quindi i Neandertal potrebbero essere scomparsi per la cosiddetta "estinzione per ibridazione": una forma di evoluzione abbastanza diffusa in natura che vede l'estinzione di una specie a causa della sua ibridazione con un'altra specie che ha il sopravvento. La percentuale di DNA neandertaliano nel genoma umano (escluso quello africano che ne è privo) è del 4%.

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A questo punto potremmo chiederci due cose:

1) Dato che è stato scientificamente provato che alcuni Neandertal avevano i capelli rossi e la pelle bianca, è possibile che l'R1b si sia sviluppato circa 35.000 anni fa nei Paesi Baschi in seguito ad una ibridazione tra Neandertal e Sapiens da cui sono stati ereditati i geni che provocano il rutilismo?

2) Esiste una correlazione tra aplogruppo R1b, origini ancestrali celto-germaniche e ibridazione coi Neandertal?

Ci sono alcuni particolari che avvalorano questa ipotesi: sembra che l'R1b sia autoctono dell'Europa occidentale con origine nei Paesi Baschi; la diffusione segue una direzione OVEST-EST opposta a quella delle grandi migrazioni indoeuropee; la lingua basca è un ceppo linguistico a se stante (ergativo-assolutiva) e non ha analogie con nessun altra lingua indoeuropea (nominativo-accusative); queste stesse aree sono quelle dei costruttori dei megaliti e del successivo sviluppo della civiltà celtica.

Recentemente è stato pubblicato sul magazine PLOS ONE (link all'articolo), uno studio di alcuni ricercatori italiani sui resti di un soggetto ibrido con padre Sapiens e madre Neandertal ritrovati presso il Riparo di Mezzena - Monti Lessini (VE). La ricerca è molto interessante ed ha carattere epocale perché si tratterebbe del primo ibrido di questo tipo ritrovato. Se fosse possibile fare le analisi del cromosoma Y di questi resti si potrebbe capire la posizione di questa mutazione nell' haplotree del R1b e identificare il relativo marker, allora forse potremmo dare una risposta a molte delle domande di questo post.

Tra le caratteristiche principali degli ibridi tra Sapiens e Neandertal abbiamo un migliorato sistema immunitario, ma anche la possibilità di contrarre malattie autoimmuni e allergie.
Basti pensare a quanto accadde all'arrivo degli spagnoli di Cortéz in Sudamerica: gli europei erano portatori sani di tutta una serie di patologie come il morbillo ed il vaiolo che finirono per sterminare le popolazioni indigene.

Se guardiamo la mappa di diffusione dell'asma nel mondo non possiamo fare a meno di notare come le più alte percentuali di persone affette da asma sono le stesse in cui abbiamo i picchi dell'aplogruppo R1b (Scozia 17% di adulti e bambini affetti e Galles 15,3% di adulti e bambini affetti dalla patologia). Mi sembra ovvio che l'asma non è un fattore ambientale o legato all'inquinamento, ma un fattore legato alla genetica.

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http://bighipert.blogspot.it/2013/05/ce ... a-dai.html


Vi rendete conto quanti collegamenti multidisciplinari possiamo dedurre dai risultati accennati nell'articolo sopraccitato?

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MessaggioInviato: 28/12/2014, 14:47 
Per la nostra teoria "Out of Atlantis". Gli scienziati hanno scoperto il più antico strumento di pietra mai ritrovato in Turchia, rivelando che gli esseri umani hanno attraversato il passaggio dall'Asia all'Europa molto prima di quanto si pensasse, circa 1,2 milioni di anni fa.

Questo accredita l'ipotesi antropologica della multiregionalità a discapito della Out of Africa II maggiormente riconosciuta a livello scientifico.

Cita:
Scoperto in Turchia utensile in pietra risalente a 1,2 milioni di anni fa

Gli scienziati hanno scoperto il più antico strumento di pietra mai ritrovato in Turchia, rivelando che gli esseri umani hanno attraversato il passaggio dall'Asia all'Europa molto prima di quanto si pensasse, circa 1,2 milioni di anni fa.

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Lo strumento in pietra risalente a circa 1,2 milioni di anni fa
[Credit: University of Royal Holloway Londra]


Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Quaternary Science Reviews, la possibilità di trovare una scheggia di quarzite lavorato dall'uomo, in antichi depositi del fiume Gediz, nella Turchia occidentale, offre una nuova visione di quando e come i primi uomini si dispersero da Africa e Asia.

I ricercatori della Royal Holloway, Università di Londra, insieme a un team internazionale dal Regno Unito, Turchia e Paesi Bassi, hanno utilizzato apparecchiature di alta precisione per datare i depositi dell'antico letto del fiume, fornendo il primo calendario preciso di quando gli esseri umani hanno occupato quest'area.

Il professor Danielle Schreve, del Dipartimento di Geografia presso la Royal Holloway, ha dichiarato: "Questa scoperta è fondamentale per stabilire i tempi e e il percorso della precoce dispersione umana in Europa. La nostra ricerca suggerisce che la scheggia è il più antico manufatto datato in modo sicuro dalla Turchia mai registrato e fu abbandonato sulla pianura alluvionale da un antico ominide ben più di un milione di anni fa."

I ricercatori hanno utilizzato una datazione radioisotopica ad alta precisione e misure paleomagnetiche dei flussi di lava, che sia pre e post datano il letto del fiume, per stabilire che i primi esseri umani erano presenti nella zona tra circa 1,24 e 1,17 milioni anni fa. In precedenza, i più antichi fossili di ominidi in Turchia occidentale sono stati recuperati nel 2007 a Kocabas, ma la datazione di questi e di altri reperti di utensili di pietra erano incerti.

"La scoperta della scheggia è stata incredibilmente eccitante", ha detto il professor Schreve. "Stavo studiando i sedimenti sulle pareti del letto del fiume e il mio sguardo è stato attratto da una pietra rossastra sulla superficie. Quando mi sono avvicinato per vedere meglio, le caratteristiche di un manufatto umano sono state immediatamente evidenti.

"Lavorando insieme con geologi e specialisti di datazioni, siamo stati in grado di datare con sicurezza questa scoperta e gettare nuova luce sul comportamento dei nostri antenati più lontani."

http://tycho1x4x9.blogspot.it/2014/12/s ... ietra.html



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MessaggioInviato: 17/01/2015, 14:32 
Il Sapiens non era più evoluto del Neanderthal

Un strumento multiuso in osso risalente al periodo dei Neanderthal è stato scoperto dai ricercatori dell'Università di Montreal, mettendo in discussione la nostra attuale comprensione dell'evoluzione del comportamento umano. E' stato trovato in un sito archeologico in Francia.

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Lo strumento di osso scoperto da ricercatori dell'Università di Montreal.

"Questa è la prima volta che viene scoperto uno strumento di osso multiuso di questo periodo. Ciò dimostra che i Neanderthal erano in grado di comprendere le proprietà meccaniche dell'osso e sapevano come usarlo per fare strumenti, capacità di solito attribuita alla nostra specie, Homo sapiens", ha detto Luc Doyon del dipartimento dell'università di Antropologia, che ha partecipato agli scavi. I Neanderthal hanno vissuto in Europa e in Asia occidentale nel Medio Paleolitico da circa 250.000 a 28.000 anni fa.

Homo sapiens è il termine scientifico per l'uomo moderno. La produzione di strumenti in osso da parte dei Neanderthal è aperta al dibattito. Per gran parte del ventesimo secolo, gli esperti preistorici erano riluttanti a riconoscere la capacità di questa specie di incorporare materiali come l'osso nel loro know-how tecnologico e allo stesso modo la loro capacità di padroneggiare le tecniche necessarie per lavorare l'osso. Tuttavia, negli ultimi due decenni, molti indizi indicano l'utilizzo da parte dei Neanderthal di materiali duri come le ossa di animali. "La nostra scoperta è un ulteriore indicatore di questa capacità anche nei Neanderthal e aiuta mettere in discussione la visione lineare dell'evoluzione del comportamento umano", ha detto Doyon.

Lo strumento in questione è stato scoperto nel giugno 2014 durante gli scavi annuali presso la Grotte du Bison ad Arcy-sur-Cure in Borgogna, in Francia. Estremamente ben conservato, lo strumento viene dal femore sinistro di una renna adulta e la sua età è stimata tra 55.000 e 60.000 anni fa. I segni osservati su di esso ci permettono di tracciare la sua storia. L'ottenimento delle ossa per la fabbricazione di strumenti non era la motivazione primaria per la caccia dei Neanderthal - soprattutto cacciavano per ottenere la ricchezza di energia fornita da carne e midollo. La prova della macellazione di carne e e frattura di ossa frattura per estrarne il midollo sono evidenti sullo strumento. Segni di percussione suggeriscono l'uso del frammento osseo per intagliare e affilare i bordi taglienti degli utensili di pietra. Infine, scheggiature e una lucidatura significativa mostrano l'uso dell'osso come raschietto.

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"La presenza di questo strumento in un contesto in cui gli strumenti di pietra sono abbondanti suggerisce una scelta opportunistica del frammento dell'osso e la sua modifica intenzionale in uno strumento da parte dei Neanderthal", ha detto Doyon. "Si è pensato a lungo che prima dell'Homo sapiens, altre specie non hanno avuto la capacità cognitiva di produrre questo tipo di artefatto. Questa scoperta riduce il divario presunto tra le due specie e ci impedisce di dire che era tecnicamente superiore alle altre."

http://tycho1x4x9.blogspot.it/2015/01/i ... o-del.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 17/01/2015, 14:33, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 17/01/2015, 16:43 
La teoria della multiregionalità inoltre si accorda meglio con l' ipotesi di un intervento artificiale di ibridazione,

in quanto piuttosto che centralizzare il processo e trasportare gli ibridi in tutto il globo sarebbbe stato assai più facile avere diversi centri che lavoravano al progetto,

come suggerito se ben ricordo da MaxpoweR nella sua teoria dei "molti Eden".


Dico bene?



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MessaggioInviato: 21/01/2015, 16:02 
La scomparsa dell’uomo di Neanderthal. Un cugino ingombrante?

La scomparsa dell’uomo di Neanderthal. Ancora un enigma. Da una stessa specie di ominide, L’Homo heidelbergensis (un’evoluzione dell’Homo erectus africano), si dipartirono circa 600.000 anni fa due differenti processi evolutivi: uno portò allo sviluppo dell’Homo sapiens che abbandonò l’Africa 100.000 anni a. C. prendendo dapprima la via del Medio Oriente, dell’India e dell’Australia e soltanto molto più tardi (ca. 45.000 a. C.) quella dell’Europa; l’altro allo sviluppo dell’uomo di Neanderthal, le cui tracce più antiche nel Continente europeo risalgono già al 130.000 a. C. (Uomo di Neanderthal classico).

Ovviamente sono tutti dati approssimativi e di molto semplificati, sia perché parliamo di epoche estremamente remote e temi più che complessi, sia perché la ricerca scientifica apporta di frequente nuove teorie che cambiano di punto in bianco il quadro generale. Ma questi dati possono essere ugualmente interessanti a titolo informativo, tanto per farsi un’idea degli ampi spazi temporali e dei lunghissimi processi evolutivi a cui si fa riferimento nell’articolo.

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Diffusione dell’uomo di Neanderthal in Europa. “Carte Neandertaliens” di 120 – my own work 120. CC BY-SA 3.0

Reperti archeologici dell’uomo di Neanderthal sono venuti alla luce in numerose aree dell’Europa occidentale, centrale, meridionale e orientale, nel Medio Oriente e anche nell’Asia occidentale e centrale. Il suo nome deriva dal sito di ritrovamento parziale di uno scheletro, nella valle tedesca di Neanderthal, regione Nordrheinwestfalen. Nel 1856. In realtà non si trattava della prima scoperta di fossili dell’uomo di Neanderthal, ma in quell’epoca l’archeologia muoveva i primi passi incerti. I mezzi di analisi e la classificazione dei reperti nel giusto contesto lasciavano a desiderare, il metodo di studio interdisciplinare, così come lo conosciamo oggi, non era ancora nato.

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Museo Regionale della Renania a Bonn, resti di scheletro di Neanderthal. Originale del 1856 che risale a 42.000 anni fa. Sito di ritrovamento: Grotta Feldhofer piccola. Erkrath, presso Mettmann. foto – sabina marineo

Già nel 1833 un medico olandese aveva descritto il cranio di un bambino e delle ossa umane appartenenti a questa specie che erano stati scoperti in una grotta belga. Un altro cranio di Neanderthal era venuto alla luce nel 1848, in una caverna situata presso Gibilterra. Ma nemmeno questi reperti erano stati classificati nel modo appropriato, non si andò a fondo della questione. Soltanto nel 1886, con il ritrovamento dei resti di due scheletri di Neanderthal in una grotta della località belga Jemel-sur-Sambre, si cominciò a valutare la possibilità di essere di fronte a una specie umana differente da quella dell’Homo sapiens. Un centinaio di anni dopo, nel 1999, i ritrovamenti erano divenuti ormai così numerosi, che gli studiosi avevano raccolto scheletri e frammenti ossei di ben 300 individui della specie di Neanderthal. Oggi sono più di 400.

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Uomo di neanderthal. Museo Regionale della Renania a Bonn. Grazie a questa ricostruzione, è possibile guardare dritto negli occhi l’uomo i cui frammenti furono scoperti nel 1856 nella valle di Neanderthal presso Mettmann. Colui che ha dato il nome a tutta la specie. Per effettuare una ricostruzione fedele all’originale, la calotta cranica del 1856 è stata completata virtualmente al computer sulla base dei frammenti dello zigomo sinistro, della base cranica, così come della metà destra del cranio. Dopodiché la metà quasi completata è stata proiettata per rispecchiamento su quella opposta ancora incompleta, permettendone la ricostruzione. È seguita l’aggiunta di un frammento di mandibola portato alla luce negli ultimi scavi del 2000. Questo cranio virtuale presentava una notevole somiglianza con un altro (sempre di Neanderthal) trovato nel riparo La Ferrassie, in Francia. Perciò le parti mancanti sono state completate secondo il modello francese. foto – sabina marineo

Osservando la distribuzione dei siti archeologici su una carta geografica, noteremo una particolare concentrazione in Francia, Italia, Spagna, Germania, Belgio e Portogallo. Si potrebbe dire: nell’Europa sud-occidentale. Infatti fu proprio partendo dai territori europei che l’uomo di Neanderthal si spostò, in un secondo tempo, in alcune aree del vicino Oriente e dell’Asia.

L’uomo di Neanderthal era di statura più bassa dell’Homo sapiens, ma più robusto di lui, con articolazioni sorprendentemente forti e resistenti e con un cranio di maggiori dimensioni del Sapiens. Forse la robusta struttura corporea del Neanderthal era dovuta al più freddo clima europeo in cui visse per almeno 130.000 anni. Una curiosità a margine: recentemente il genetista Svante Pääbo dell’Università di Lipsia ha affermato che l’1% dei Neanderthal europei aveva i capelli rossi e gli occhi chiari.

Si trattava di un adattamento all’habitat. Molto più tardi, in un periodo che si estende dal 10.000 al 6000 a. C., questo sviluppo evolutivo porterà alla mutazione genetica responsabile per gli occhi azzurri. Un difetto del gene OCA2, l’addetto alla produzione di melanina la cui carenza può portare alla pelle chiara e ai capelli rossi, sbiadì il colore dell’iride di certi individui, causando…gli occhi azzurri. Secondo il genetista Hans Eiberg, la prima persona con gli occhi azzurri potrebbe essere vissuta nel nord dell’Afghanistan.

L’uomo di Neanderthal era un cacciatore esperto di renne, mammut e bisonti ma la sua dieta prevedeva anche datteri, noci, legumi e vegetali che talvolta consumava dopo aver cucinato, pesce e molluschi. Era quindi molto diversificata. Come quella dell’Homo Sapiens.

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Museo Neanderthal di Mettmann. Osso ioide di Neanderthal scoperto nella Grotta di Kebara, Israele. Risale a 60.000 anni fa. Questo reperto eccezionale è la prova che l’uomo di Neanderthal poteva esprimersi a parole. foto – Sabina Marineo

Ma la scoperta forse più rivoluzionaria è che poteva esprimersi a parole. Nella grotta di Kebara, in Israele, è stato fatto di recente un ritrovamento sensazionale: i resti di un osso ioide di Neanderthal che corrisponde a quello di un Homo Sapiens. L’osso ioide dimostra che il Neanderthal aveva sicuramente una conformazione fisica adatta a parlare. Il suo patrimonio genetico conteneva il gene FOXP2, quello che permette lo sviluppo della parola.

I numerosi ritrovamenti archeologici ci raccontano, inoltre, che era un ottimo artigiano. Produceva armi per la caccia di grande efficacia, utensili di uso quotidiano, talismani da appendere al collo e abiti fatti di pelli d’animali. Anzi, lavorava le pelli facendo uso di una raffinata tecnologia che l’Homo sapiens… potrebbe aver appreso proprio da lui.

E non solo questo. L’uomo di Neanderthal aveva un suo senso dell’estetica, amava dipingersi il corpo, usare penne d’uccello colorate per valorizzare la propria chioma (un po’ come gli Indiani d’America), ornarsi con rudimentali gioielli d’avorio e di osso. Gli spazi abitabili delle caverne venivano da lui suddivise in diverse zone che corrispondevano agli usi differenti e seppelliva i suoi morti. Le salme venivano adagiate sia in posizione supina che fetale in una fossa dipinta di color ocra oppure rosso. Era, insomma, molto meno primitivo di quanto si pensi. A tal punto che gli incontri fra lui e l’Homo sapiens di sovente sfociarono in unioni sessuali.

Diversi indizi provano che nel periodo dal 45.000 al 39.000 a. C. le due specie Neanderthal e Sapiens hanno coesistito nel medesimo, vastissimo territorio europeo. E ancor prima di giungere in Europa, durante la loro permanenza in Medio Oriente, l’uomo di Neanderthal e l’Homo Sapiens si sono accoppiati, lasciando nel nostro DNA di discendenti dell’Homo sapiens la traccia genetica dell’uomo di Neanderthal. Secondo il genetista Svante Pääbo, dall’1% al 4% del nostro genoma ci giunge dall’uomo di Neanderthal, al contrario delle popolazioni africane che invece ne sono prive. Il che significa, considerando la scarsissima densità di popolazione in territorio europeo, che le unioni sessuali fra le due specie non sono state rare, ma piuttosto frequenti. E questo è un dato importante, perché vuol dire che Neanderthal e Sapiens non dovevano considerarsi poi così differenti al punto di non provare nessuna attrazione fisica l’uno nei confronti dell’altro. La scoperta di Pääbo conferma, quindi, il sospetto di ibridazione fra le due specie che era sorto già più di un anno fa, in seguito a uno studio italo-francese sul ritrovamento di un frammento di mandibola di Neanderthal nel sito archeologico italiano di Riparo Mezzena (1957). Una mandibola che mostrava caratteristiche della specie Sapiens. Proprio qui inizia il mistero perché, a un certo punto, l’uomo di Neanderthal si estinse senza un motivo apparente.

Un fatto che provoca da anni infinite discussioni fra gli studiosi e favorisce lo sviluppo di sempre nuove teorie. Sappiamo che il Neanderthal sopravvisse almeno fino a 40.000-39.000 anni fa, il che significa che per circa 5.000 anni uomo di Neanderthal e Homo sapiens vissero entrambi in Europa, di certo anche negli stessi spazi. 5000 anni. Stiamo parlando di un arco di tempo lunghissimo. Poi ci fu la sparizione di una specie, mentre l’altra sopravvisse e continuò il suo sviluppo evolutivo sino ad oggi.

Come mai dei due sopravvisse solamente l’Homo sapiens? Che fine fece l’uomo di Neanderthal? È possibile che sia stato proprio il suo cugino Sapiens ad eliminarlo? Per molto tempo questa sembrò essere l’ipotesi più attendibile. Si ipotizzò che il Sapiens, forte della sua intelligenza superiore e forse anche spinto da una buona dose di aggressività, fosse riuscito a sopraffare il primitivo, ingombrante e sprovveduto cugino, fino a provocarne l’estinzione.

Ma ora si sa che il Neanderthal era sicuramente altrettanto intelligente, si è scoperta anche la prova di un’attività sessuale frequente fra le due specie. La teoria dell’eliminazione voluta del Neanderthal da parte del Sapiens non tiene. Anche l’ipotesi di una rivalità fra i due diversi modus vivendi è poco credibile.

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Ricostruzione del Neanderthal al Museo Neanderthal di Mettmann. Il businessman della valle di Neanderthal veste Armani. foto – sabina marineo

Le due specie vivevano nello stesso habitat, è vero, ma raramente porta a porta. Entrambe avevano lo spazio più che necessario ad esercitare un modo di vita autonomo, in libertà. Forse la lotta per la conquista di nuovi territori portò a lotte fra le due specie? Difficile da immaginarsi, se pensiamo che il Continente europeo era in quell’epoca scarsamente abitato. Spazi e selvaggina abbondavano dovunque, per tutti.

Il sito archeologico francese di La Ferrassie, situato non lontano dalla città di Le Bugue, sembrò poter fornire una risposta all’interrogativo. Circa 50.000 anni fa erano stati seppelliti in quella caverna otto individui della specie di Neanderthal, cinque dei quali erano bambini. Cinque su otto. Dalle analisi svolte, gli studiosi dedussero che i gruppi di Neanderthal fossero soggetti a un alto tasso di mortalità infantile e che la durata della vita adulta fosse in media molto breve. A malapena i Neanderthal raggiungevano i 30 anni di età.

In uno scenario del genere, il clima rigido della glaciazione del periodo Würm (110.000-12.000 anni fa) potrebbe aver ridotto di molto le possibilità di sopravvivenza dei bambini Neanderthal e, al contempo, le possibilità di accoppiamento fra gli adulti dei vari clan portando a una drastica diminuzione di nascite. A lungo andare, questo avrebbe causato l’estinzione della razza. Ma come mai proprio l’uomo di Neanderthal, perfettamente adattato al clima freddo (si trovava da ben 130.000 anni in Europa!), non sopravvisse e si salvò invece l’Homo sapiens arrivato molto più di recente (da 45.000 anni in Europa)? Qualcosa non quadra.

Si chiamò in causa la dieta dell’uomo di Neanderthal. In un clima particolarmente freddo la sua struttura corporea robusta necessitava di una grande quantità di calorie. Secondo l’antropologo Steven Churchill, consumava dalle 4000 alle 5000 calorie al giorno, il che significa – a titolo esemplificativo – due chili di carne di renna quotidianamente. Questo dato corrisponde ad un fabbisogno calorico di un terzo maggiore di quello di un Inuit al giorno d’oggi. Se però l’offerta di selvaggina diminuiva drasticamente, l’uomo di Neanderthal doveva risparmiare le sue energie e di conseguenza anche in questa situazione le possibilità di accoppiamento venivano a mancare.

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Cranio di uomo anatomicamente moderno (Homo sapiens sapiens) e uomo di Neanderthal (Homo sapiens neanderthalensis) a confronto. I disegni e le repliche dei crani sono stati fotografati al Museo Neanderthal di Mettmann. grafica e testi: sabina marineo

L’Homo sapiens sarebbe invece riuscito a sopravvivere grazie alla sua struttura corporea più gracile (consumo inferiore di calorie) e, forse, anche a una dieta più flessibile. Mentre il robusto cugino fu sopraffatto dal troppo freddo e dall’impossibilità di riprodursi. È possibile? Questa spiegazione non soddisfa del tutto. Si potrebbe sollevare la stessa obiezione di prima: il freddo non era riuscito a vincere l’uomo di Neanderthal per decine di migliaia di anni. È difficile credere che i suoi gruppi non fossero abbastanza organizzati da poter tener testa a questa difficoltà.

Più credibile appare l’ipotesi dei paleoantropologi Michael Bolus e Chris Stringer: forse i gruppi di Homo sapiens collaboravano fra di loro in modo più intenso ed erano più numerosi, forse i contatti fra un gruppo e l’altro erano meglio organizzati. I Neanderthal, al contrario, tendevano a vivere isolati e i loro clan erano costituiti da pochi individui. In caso di necessità, avevano difficoltà a trovare aiuto. Come poteva una popolazione di scarsa densità, sparsa in giro per il Continente e priva di una rete sociale organizzata, sopravvivere in un clima inclemente e sviluppare una cultura complessa?

Non è da escludersi, ma forse hanno ragione Michael Barton e Julien Riel-Salvatore, rispettivamente delle università di Arizona e Denver. Secondo un modello virtuale realizzato al computer da Barton e Riel-Salvatore sulla base di dati archeologici e genetici, i Neanderthal si sarebbero estinti proprio nel corso di questo processo di ibridazione con i Sapiens, perché la loro popolazione era numericamente di gran lunga inferiore a quella dell’Homo sapiens. Attività sessuale con esito mortale a lunga scadenza? Un’ipotesi plausibile.

Altro grande quesito irrisolto riguarda la creatività dell’uomo di Neanderthal e quella del suo cugino Homo sapiens. I più antichi artefatti complessi di valore puramente estetico (che non rientrano nella categoria degli utensili di uso quotidiano) risalenti a più di 40.000 anni fa, sono stati scoperti tutti in Europa. Più precisamente in Germania, nella regione Baden-Württemberg. Sono oggetti incredibili: la statuetta della Venere di Hohle Fels, la scultura dell’Uomo-leone, dei flauti e molte altre figurine di animali ed esseri umani di espressiva bellezza che non hanno nulla da invidiare alle opere d’arte moderne. Queste sono, al momento, le sculture più antiche del mondo. Forse anche più antiche dell’arte rupestre di Cueva de los Castillos e sicuramente più antiche dei dipinti parietali nelle grotte preistoriche di Francia e Spagna (35.000-20.000 a. C.).

Tali meraviglie vengono attribuite alla fantasia dell’Homo sapiens. Ebbene, nel corso del suo lunghissimo viaggio fuori dall’Africa e prima di giungere in Europa, l’Homo sapiens si stabilì in Medio Oriente, in Asia, in molti altri territori, e tuttavia in nessuno di questi luoghi è stato trovato un solo manufatto paragonabile alle sculture scoperte nelle caverne europee. Non si trova nemmeno un dipinto parietale che regga il confronto con quelli delle caverne francesi e iberiche. Come si spiega questa discrepanza?

Eppure l’intelligenza del Sapiens giapponese non era di certo inferiore a quella del suo parente tedesco. A cosa è dovuta questa differenza? Alcuni studiosi ipotizzano alle origini dei capolavori preistorici uno scambio culturale fra Homo sapiens e uomo di Neanderthal che è sicuramente avvenuto in Europa. Il nostro continente fu teatro di un transfer unico al mondo che plasmò l’idea di arte nel Paleolitico? E l’uomo di Neanderthal rivestì in questo transfer un ruolo di primo piano?

Un’ipotesi di certo accattivante. Fu l’uomo di Neanderthal l’ispiratore all’arte sacra? Partì da lui l’idea di creare i primi oggetti dal valore artistico che, probabilmente, erano collegati a culti o riti sciamanistici? In questo caso ci si chiede come mai non siano stati ritrovati altri artefatti nei siti occupati esclusivamente da individui della specie Neanderthal. E qui entra in campo un’altra possibilità: forse alcuni oggetti scoperti nelle grotte tedesche furono realizzati proprio dall’uomo di Neanderthal e sono stati erroneamente attribuiti all’Homo sapiens?

Le datazioni dei reperti in quelle epoche del Paleolitico si rivelano talmente complicate, che non di rado devono essere revisionate. Al momento ancora si discute sulla data di sparizione dell’uomo di Neanderthal. E poi, diciamo la verità. Siamo talmente abituati a considerare l’Homo sapiens come la creatura umana più evoluta e perfetta, da attribuirgli automaticamente anche meriti non suoi. Invece non potrebbe essere stato il misterioso – e oltretutto più voluminoso – cervello del grezzo cugino, del cugino troppo a lungo sottovalutato, a creare quei piccoli capolavori del Paleolitico? Domande più che spinose. E, per ora, il mistero rimane.

http://storia-controstoria.org/paleolit ... anderthal/


Ultima modifica di Atlanticus81 il 21/01/2015, 16:04, modificato 1 volta in totale.


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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 03/02/2015, 18:25 
Ricordiamoci sempre il celebre passo biblico...

"... Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra e furono loro nate delle figlie, avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi..."

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Cita:
In un cranio la prova dell'incrocio fra Neanderthal e Sapiens - Scoperto in Israele, risale a 55.000 anni fa

E' in un cranio umano scoperto in Israele la prova dell'incrocio fra uomo di Neanderthal e Homo Sapiens. Risale a 55.000 anni fa e aiuta a ricostruire la storia delle migrazioni dall'Africa verso il continente euro-asiatico, avvenute nel periodo compreso fra 40.000 e 60.000 anni fa. Pubblicata su Nature, la scoperta si deve al gruppo coordinato da Israel Hershkovitz, dell'università di Tel Aviv.

I resti appartengono a un adulto, ma il sesso è sconosciuto perché manca la regione frontale che aiuta a definirlo. La scoperta è avvenuta nella grotta di Manot, lungo l'unica 'rotta' disponibile nella preistoria per viaggiare dall'Africa verso Medio Oriente, Asia ed Europa. Un'area frequentata 'periodicamente' dai Neanderthal, forse spinti dai cambiamenti climatici (come il calo delle temperature) a migrare in posti più caldi, come il Medio Oriente.

Il cranio, tipico di un Sapiens con alcuni tratti dei Neanderthal, dimostra per la prima volta che al tempo di questi spostamenti nell’area vi erano anche uomini più moderni. ''Questa coesistenza era stata ipotizzata nella regione, ma ora ne abbiamo la prova'', osserva la paleontologa Laura Longo, dei Musei Civici Fiorentini.

Il cranio è il secondo fossile che, nei suoi tratti arcaici e moderni, mostra l'incrocio fra Sapiens e Neanderthal, dopo che la genetica ha già dimostrato che il 4% del Dna dell'uomo moderno deriva dai Neanderthal. L'altro fossile è stato scoperto in Italia, a Riparo Mezzena (Verona) e risale a 39.000-40.000 anni fa. ''Il Dna - sottolinea Longo - ci dice che c'è stato un incrocio, e quindi una coesistenza, fra Neanderthal e Sapiens, ma non ci dice quando''. Fossili come questi aiutano a ricostruire la cronologia degli 'incontri'.

In questo caso, a raccontare cosa è accaduto sono alcune strutture ossee, come il rigonfiamento sul retro del cranio, simile quell ao dei Neanderthal ma meno prominente. Tra le linee delle nuca e le linee di inserzione dei muscoli nucali, vi è una fossa, spiega Longo, tipicamente riscontrabile dei neandertaliani. Tipiche degli uomini moderni sono invece le caratteristiche delle pareti del cranio.

http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubr ... 95926.html



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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 05/02/2015, 14:15 
Cita:
LO STRANO FOSSILE DI UN OMINIDE SCONOSCIUTO VISSUTO 120 MILA ANNI FA
Forse si tratta di una nuova specie umana? I resti fossili di una creatura vissuta circa 120 mila anni fa, scoperti in una grotta di Xujiayao, Cina del Nord, sono stati sottoposti a nuove analisi. Le caratteristiche morfologiche dei frammenti di cranio e dei denti presentano caratteristiche simili a quelle dell'Homo Erectus e del Neanderthal. È possibile che si tratti del risultato di un'ibridazione?
5 febbraio 2015 | Sei in Categoria: Ricerca Scientifica | Tags: antropologia
fossile-denisova

Una misteriosa creatura antica, a metà strada tra l’Homo Erectus e il Neanderthal, camminava sul nostro pianeta trai 60 mila e i 120 mila anni fa.

A rivelarlo sono i risultati di nuove analisi condotte su alcuni resti fossili portati alla luce nel 1976 in una grotta della Cina del Nord, nella regione di Xujiayao.

Secondo i ricercatori, i reperti, costituiti da frammenti di cranio e nove denti appartenuti a quattro individui, non sembrano corrispondere a nessuna specie conosciuta, né sembrano adattarsi ad uno qualsiasi degli antenati dell’uomo moderno.

Le nuove ricerche sono state eseguite dalla dottoressa Maria Martinón-Torres, del Centro Nazionale di Ricerca sull’Evoluzione Umana di Burgos, Spagna. Secondo le prime ipotesi riportate dalla BBC, la misteriosa creatura potrebbe essere il risultato di un incrocio tra due specie.

Alcune dei denti, infatti, presentano caratteristiche tipiche degli Homo Erectus più antichi, mentre alcuni sembrano appartenere ai Neanderthal. «Sono un mix di qualcosa di molto primitivo, attualmente sconosciuto», dice la Martinón-Torres. «Non possiamo andare oltre affermando che si tratti di una nuova specie, perché bisogna eseguire altri confronti».

Oltre agli esseri umani moderni, la cui origine è da ricondurre all’Africa, gli antropologi sono a conoscenza di altri tre gruppi di esseri umani primitivi che hanno abitato varie parti del pianeta: i Neanderthal che hanno vissuto in Europa, l’Homo Floresiensis in Indonesia e l’Homo di Denisova in Asia.

Una delle possibilità è che i fossili appartengano ai Denisova, un gruppo umano molto misterioso. Questi primi esseri umani vivevano in Siberia e probabilmente derivano da un distaccamento indipendente dall’albero genealogico che generò i Neanderthal circa 300 mila anni fa. Comunque, si sa veramente molto poco sul loro aspetto e su come vivevano.

Il gruppo trovato nella grotta cinese potrebbe essere un ulteriore ramo distinto proveniente dai Denisova. La speranza è quella di trovare altri resti nella regione che potrebbero aiutare a risolvere il mistero.

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2015/02/05/lo-strano-fossile-di-un-ominide-sconosciuto-vissuto-120-mila-anni-fa/




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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 07/02/2015, 11:23 
Cita:
30.000 anni fa: coesistenza di due specie umane?

Le tracce dell’ultimo Neanderthal conducono in Crimea? Dopo aver convissuto con l’Homo sapiens in Europa per almeno 6000 anni, il Neanderthal è scomparso. Sappiamo che vi fu un’ibridazione fra le due specie, il nostro DNA di uomini moderni contiene una percentuale di genoma neandertaliano. Sappiamo che entrambi – Neanderthal e Sapiens – erano grandi cacciatori, fruivano di notevole abilità artigianale e vivevano all’interno di clan ben organizzati. Ma quei 6000 di convivenza stretta rendono difficile dire quale delle due specie abbia raggiunto per prima i diversi traguardi culturali.

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Le ultime tracce del Neanderthal si perdono in Crimea, sul massiccio Ak-Kaya. Qui Neanderthal e Sapiens vissero insieme per un certo periodo, nelle stesse condizioni climatiche e ambientali. Foto: Maximilian Dörrbecker CC BY-SA 2.5

Generalmente si tende ad attribuire le innovazioni più impressionanti all’Homo sapiens, mentre il suo “cugino” Neanderthal viene considerato il parente meno presentabile, quello più rozzo e poco ispirato. Le splendide pitture delle grotte franco-iberiche, secondo le datazioni ufficiali, sono un prodotto del Sapiens europeo, il cosiddetto Cromagnon. Lo stesso vale per gli utilissimi propulsori, le cui incisioni sono spesso talmente belle, da farne vere e proprie opere d’arte. Le sepolture di Sapiens risalenti a circa 30.000 – 20.000 anni fa e talvolta accompagnate da lussuosi corredi funerari, hanno definitivamente suggellato la superiorità del Sapiens a dogma irreversibile.

Immagine
Le tracce dell’ultimo Neanderthal. Ricostruzione. Museo Neanderthal, Mettmann, Germania. Uomo di Neanderthal intento a lavorare delle pelli. foto – sabina marineo

Eppure ci sono alcuni punti poco chiari e contrastanti. Per esempio, numerose piccole sculture che risalgono a circa 40.000 anni fa e sono state scoperte in alcune grotte tedesche. Forse quando questi artefatti furono realizzati l’uomo di Neanderthal ancora popolava le caverne europee. Magari fu proprio lui l’ispiratore o addirittura il creatore dei piccoli capolavori. Altri reperti intriganti sono degli utensili per la lavorazione delle pelli che risalgono a tempi ancor più antichi e sicuramente appartenevano a individui della specie Neanderthal. In primo luogo i cosiddetti lissoir, i lisciatoi.

Questi utensili erano ricavati dalla costola di capriolo e servivano appunto a lisciare le pelli, a renderle più morbide, malleabili e impermeabili. Ebbene, la cosa stupefacente è che si tratta dei prototipi preistorici di attrezzi usati ancora oggi per la lavorazione artigianale delle pelli. Oggi, 50.000 anni dopo, gli utensili sono sempre gli stessi.

L’attenzione dei ricercatori si è concentrata sui lisciatoi in seguito agli scavi operati in due siti archeologici della Francia meridionale: il riparo Abri Peyrony e quello di Pech-de-l’Azé. I luoghi, frequentati da Neandertaliani, hanno rivelato la presenza di tre lisciatoi di osso e quindi di una tecnologia che, fino a poco tempo fa, si credeva patrimonio esclusivo dell’Homo sapiens. L’archeologa Marie Soressi dell’Università di Leiden ha trovato il primo dei quattro utensili nel sito di Pech-de-l’Azé. La studiosa osserva:

Cita:
“Se i Neanderthal hanno sviluppato per primi questo tipo di utensili di osso, allora gli uomini anatomicamente moderni hanno derivato tale tecnologia da loro. Quando infatti i primi Sapiens popolarono l’Europa, questi portarono con sé esclusivamente utensili appuntiti e solo in un secondo tempo iniziarono a fabbricare i lisciatoi. E questo è il primo indizio che parla per un transfer culturale tra gli uomini di Neanderthal e i nostri progenitori.” (Vedi: “Neandertaler schufen die ersten Spezialwerkzeuge Europas aus Knochen” da: Archaeologie online, 15.08.2013)


Ma alcuni ricercatori obiettano con una certa diffidenza: e se l’Homo sapiens fosse giunto in Europa in tempi ancora più remoti? In questo caso ci sarebbe da chiedersi se sia stato davvero il Neanderthal a insegnare questa tecnologia al Sapiens, oppure se il Sapiens abbia influenzato con le sue conoscenze superiori il comportamento del Neanderthal. Il risultato di tali osservazioni è sempre lo stesso. Insomma, proprio non si vuole concedere al Neanderthal nessun primato. Si preferisce essere prudenti e attendere altre scoperte che confermino la paternità dei reperti provenienti dai due ripari francesi.

Eppure è evidente che i frammenti ossei dei lisciatoi, al ritrovamento, giacevano negli strati di scavo contenenti i tipici utensili di pietra dei Neanderthal, così come ossa degli animali da questi cacciati: renne, cavalli, bisonti. Inoltre è evidente che nei due ripari francesi non vi sono tracce del passaggio di individui della specie Homo sapiens. A ciò si aggiunge la datazione dei reperti in questione, che ha confermato la paternità neandertaliana: 50.000 anni fa. In questo periodo, secondo lo stato attuale di ricerca, l’Homo sapiens non era ancora giunto in Europa.

Neanderthal e Sapiens vissero insieme in Crimea

L’uomo di Neanderthal, invece, popolava il Continente già da 200.000 anni. Si pensa che sia scomparso dalla scena europea intorno a 39.000 anni fa. Le sue ultime tracce ci conducono in Crimea, sul massiccio Ak-Kaya, costellato da grotte e ripari. In questa penisola ucraina del Mar Nero ai confini con la Russia le due specie Neanderthal e Sapiens vissero fianco a fianco per un lungo periodo. Un team di studiosi bavaresi, condotto dal professor Thorsten Uthmeier, ha seguito le tracce. In diversi siti sono stati portati alla luce utensili tipici, resti di selvaggina cacciata e focolari dell’uomo di Neanderthal.

Ed ecco la sorpresa: i reperti della Crimea sono di circa 10.000 anni più “recenti” di tutti gli altri reperti di Neanderthal scoperti finora, risalirebbero quindi a ca. 30.000 anni fa. Dunque, allo stato attuale della ricerca, questo territorio fu l’ultimo luogo di permanenza dell’uomo di Neanderthal prima dell’estinzione. Ma c’è dell’altro: gli archeologi hanno rinvenuto nei medesimi strati di scavo utensili appartenenti sia all’uomo di Neanderthal che all’Homo sapiens. Le due specie hanno vissuto in Crimea nello stesso periodo e forse anche… insieme.

Immagine
Museo Neanderthal, Mettmann. Ricostruzione cranio di uomo di Neanderthal. Sito di ritrovamento: Amud, Israele. foto – sabina marineo

Di conseguenza, se prima si era pensato che l’ibridazione fra le due specie fosse avvenuta nel Medio Oriente 60.000 anni fa, ora non si può escludere che sia avvenuta anche molto più tardi, in Crimea. Il professor Uthmeier è affascinato dall’idea che il Neanderthal possa essersi ritirato nella Crimea proprio come reazione al popolamento dell’Europa da parte dell’Homo sapiens. Abbiamo forse scoperto il suo ultimo rifugio?

Allo studio del team del professor Uthmeier, focalizzato sul massiccio ucraino dell’Ak-Kaya e sui relativi reperti, partecipano altri studiosi di università tedesche, ucraine e svizzere. L’eccezionalità del giacimento paleolitico è data dall’occupazione del luogo da parte di entrambe le specie di ominidi nella stessa fascia temporale. Si tratta infatti di un’area limitata, in cui uomo di Neanderthal e Homo sapiens si sono trovati a dover affrontare gli stessi problemi nelle medesime condizioni climatiche e ambientali.

Facendo parlare i reperti, è quindi possibile ricostruire il modus vivendi delle due specie in Crimea e forse trovare finalmente una risposta chiara e sufficientemente documentata alla misteriosa sparizione dell’uomo di Neanderthal. Forse si potrà sapere se il Neanderthal si estinse a causa dell’uso poco vantaggioso del suo habitat, se fu la concorrenza fra le due specie di ominidi a decretarne l’estinzione, oppure se la causa sia da ricercare in altri fattori fisici e/o sociali. Una sfida senza dubbio affascinante.

http://storia-controstoria.org/paleolit ... anderthal/


Il riferimento alla Crimea ovvero alla zona limitrofa al Mar Nero fa il paio con molte altre ricerche che vogliono il fenotipo dell'occhio azzurro (portato dai Neanderthal? dai Cro-Magnon?) comparire nell'albero genetico del Sapiens proprio nelle regioni caucasiche nei dintorni del Mar Nero e con la presenza in quella regione dei primi insediamenti post-diluviani: Gobekli Tepe, Kisiltepe, la civiltà di Varna in Bulgaria senza dimenticare le piramidi di Crimea.

Possiamo cercare di tirare le prime conclusioni in merito.

I Neanderthal e i Cro-Magnon corrispondono in sostanza agli abitanti di "Atlantide", (discendenti degli Anunnaki?) ovvero della civiltà madre antidiluviana, durante la loro occupazione/colonizzazione secondo la direzione ovest-est dall'Atlantico nell'entroterra europeo incontrano i Sapiens (i figli degli "Uomini") che centinaia di migliaia di anni prima gli Anunnaki avevano creato affinché li servissero nelle loro attività, almeno fino a un certo periodo che potrebbe corrispondere a un grande cataclisma che sconvolse i piani della "Missione Terra" Anunnaka così come se la immaginava Sitchin.

Per esempio l'esplosione del supervulcano Toba, probabilmente il più grande evento eruttivo negli ultimi 25 milioni di anni, che tra 75.000 e 70.000 anni fa rese ancora più rigido il clima del pianeta che già stava attraversando un'era glaciale.

Da studi sul mitocondrio umano alcune ricerche suggeriscono che circa 75.000 anni or sono la specie umana fu ridotta a poche migliaia di individui

Non possiamo dimenticare questo evento nello studio dell'arco temporale che abbraccia la venuta degli Anunnaki, la creazione del Sapiens e gli eventi successivi secondo le logiche dell'Out of Atlantis.

Se pensiamo ad "Atlantide" come culla della civiltà madre non possiamo non individuare un punto zero anche a 75.000 anni fa da cui la civiltà, chiamiamola atlantidea, ha visto la luce sulle ceneri della, chiamiamola, "Missione Terra" Anunnaka sitchiniana.

Così come la nostra si costruisce sulle ceneri di quella atlantidea dopo il diluvio.

In quei 55.000 anni di tempo tra il Toba e il Diluvio, Neanderthal e Cro-Magnon, considerati i rapporti di sangue diretti con gli ex-marziani Anunnaki come ipotizzato nel thread "Anunnaki, Nephilim, Sapiens", sviluppano una civiltà più avanzata rispetto a quella dei Sapiens dai quali vengono visti come divinità per la loro 'tecnologia' e i loro 'saperi' ma anche per particolari caratteristiche fisiche: occhio azzurro, capello biondo o rosso, pelle chiara, mentre il sapiens aveva probabilmente più tipicamente i capelli scuri e la carnagione scura ed ecco perché i sumeri, prima civiltà sapiens post-diluviana istruita dai Nephilim sopravvissuti al Diluvio, mi pare venissero descritti come "dalla testa nera".

Fu con l'ibridazione che si concretizzò il celebre passo biblico in cui i "figli degli dei" videro che le "figlie degli uomini" erano belle ed ebbero con loro dei figli... e quella fu la "stirpe del graal" di cui però parliamo in un altro thread.

.... che ne pensate? Plausibile come cosa?

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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 25/02/2015, 16:13 
L’origine ignota dei “Popoli del Mare”. I veri discendenti di Atlantide?
Secondo le fonti egiziane risalenti alla 19° dinastia, un tempo remoto esisteva una confederazione di “Popoli del Mare” che, navigando verso il Mar Mediterraneo orientale, sul finire dell'età del bronzo invasero l'Anatolia, la Siria, Palestina, Cipro e l'Egitto. In realtà, non si sa molto su di loro, né quale fosse il luogo di provenienza. Le fonti egiziane descrivono queste popolazioni solo dal punto di vista militare: “Sono venuti dal mare sulle loro navi da guerra, e nessuno poteva andare contro di loro”!
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I “Popoli del Mare” sono oggetto di un infinito dibattito tutt’ora in corso tra gli studiosi di storia antica.

Si tratta, infatti, di un gruppo umano di cui si sa molto poco, la cui scarsità di notizie ha favorito il fiorire di numerose di teorie ed ipotesi.

Non si sa chi fossero, nè il loro luogo di origine e nemmeno che fine abbiano fatto. Dunque, la precisa identità di queste “popolazioni del mare” è ancora un enigma per gli studiosi.

Alcuni indizi suggeriscono invece che per gli antichi egizi l’identità e le motivazioni di queste popolazioni erano note. Le poche informazioni che abbiamo, infatti, ci vengono da fonti dell’antico Egitto risalenti alla 19° dinastia.

In realtà, le fonti egizie descrivono tali popoli solo dal punto di vista militare. Sulla stele di Tanis si legge un’iscrizione attribuita a Ramses II, nella quale si legge:
«I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli».
Il fatto che varie civiltà tra cui la civiltà Ittita, Micenea e il regno dei Mitanni scomparvero contemporaneamente attorno al 1175 a.C. ha fatto teorizzare agli studiosi, che ciò fu causato dalle incursioni dei Popoli del Mare.

I resoconti di Ramses sulle razzie dei Popoli del Mare nel mediterraneo orientale sono confermati dalla distruzione di Hatti, Ugarit, Ashkelon e Hazor.

È da notare che queste invasioni non erano soltanto della operazioni militari ma erano accompagnate da grandi movimenti di popolazioni per terra e mare, alla continua ricerca di nuove terre in cui insediarsi.

I Popoli del Mare


Il termine “Popoli del Mare” fa riferimento ad un gruppo composto da dieci popolazioni provenienti dall’Europa meridionale, una sorta di confederazione, che sul finire dell’Età del Bronzo, navigando verso il Mar Mediterraneo orientale, invasero l’Anatolia, la Siria, Palestina, Cipro e l’Egitto.

Le fonti antiche più importanti nelle quali vengono citati i Popoli del Mare sono l’Obelisco di Biblo, databile tra il 2000 e il 1700 a.C., le Lettere di Amarna, la Stele di Tanis e le iscrizioni del faraone Merenptah.

Tra le popolazioni citate nelle iscrizioni antiche, le più intriganti sono certamente i Lukka, gli Shardana, i Šekeleš e i Danuna.
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I Lukka

La prima menzione di queste genti compare nell’obelisco di Biblo, dove viene nominato Kwkwn figlio di Rwqq, transliterato Kukunnis figlio di Lukka.

Le terre di Lukka http://it.wikipedia.org/wiki/Lukka vengono spesso citate anche nei testi ittiti a partire dal II millennio a.C. Denotano una regione situata nella parte sud-occidentale dell’Anatolia. Le terre di Lukka non furono mai poste in modo permanente sotto il controllo ittita, e gli stessi Ittiti le consideravano ostili.

I soldati di Lukka combatterono alleati agli Ittiti nella famosa battaglia di Qadeš (ca. 1274 a.C.) contro il faraone egizio Ramesse II. Tuttavia, un secolo dopo, Lukka si rivolse contro gli Ittiti. Il re ittita Šuppiluliuma II tentò invano di sconfiggere Lukka, i quali contribuirono al collasso dell’impero ittita.

Gli Shardana

Gli Shardana http://it.wikipedia.org/wiki/Shardana compaiono per la prima volta nelle fonti egiziane nelle lettere di Amarna (1350 a.C. circa) durante il regno di Akhenaton. Vengono poi menzionati durante il regno di Ramses II, Merenptah e Ramses III con i quali ingaggiarono numerose battaglie navali.

Nella raffigurazione vengono dipinti con lunghe spade triangolari, pugnali, lance e uno scudo tondo. Il gonnellino è corto, sono dotati di corazza e di un elmo provvisto di corna.

Le similitudini fra i guerrieri Shardana e quelli dei nuragici della Sardegna, nonché l’assonanza del nome Shardana con quello di Sardi-Sardegna, hanno fatto ipotizzare, ad alcuni, che gli Shardana fossero una popolazione proveniente dalla Sardegna o che si fosse insediata nell’isola in seguito alla tentata invasione dell’Egitto.

I Šekeleš

I Šekeleš, http://it.wikipedia.org/wiki/%C5%A0ekele%C5%A1 detti anche Sakalasa, vengono citati insieme ad altri otto componenti dei Popoli del Mare nelle iscrizioni commissionate dal faraone Merenptah (13° secolo a.C.).

Sono stati associati ai Siculi, popolazione indoeuropeea che si stanziò nella tarda età del bronzo in Sicilia orientale scacciando verso occidente i Sicani.

Non è escluso che la loro emigrazione in Sicilia possa essere stata precedente agli scontri con l’Egitto di Merenptah, se è affidabile l’alta cronologia della cultura Pantalica I (datata a partire dal 1270 a.C.) e la testimonianza di Ellanico di Mitilene, riportata da Dionigi di Alicarnasso, secondo cui lo sbarco dei Siculi in Sicilia sarebbe avvenuto tre generazioni prima della guerra troiana, intorno al 1275 a.C.; Dionigi riporta anche la datazione fissata da Filisto (ventiquattro anni prima della Guerra di Troia) più o meno contemporanea al conflitto tra il faraone Merneptah e i Popoli del mare.

I Danuna

I Danuna, o Denyen, http://fr.wikipedia.org/wiki/Danan%C3%A9ens sono certamente i più enigmatici. Secondo la leggenda, i Danuna avrebbero lasciato il continente di Atlantide per stabilirsi sull’isola di Rodi.

Questo popolo adorava la dea Danu, una dea primordiale presente nella mitologia di molte culture (da quella celtica a quella indiana). Veniva rappresentata come una luna avvolta dal serpente e che si suppone era considerata la dea madre delle acque.

La mitologia greca tramanda che gli abitanti primordiali dell’isola di Rodi erano chiamati Telchini. Secondo lo storico greco Diodoro, questo popolo aveva il potere di guarire le malattie, di modificare le condizioni atmosferiche e assumere qualsiasi forma desiderassero. Ma non desideravano rivelare le proprie capacità, mostrandosene assai gelosi.

Erano rappresentati sotto forma di esseri anfibi, metà marini e metà terrestri. Avevano la parte inferiore del corpo a forma di pesce o di serpente, oppure i piedi con dita palmate.

Un po’ prima del Diluvio, ebbero il presentimento della catastrofe e lasciarono Rodi, la loro patria, per disperdersi nel mondo. È possibile che la mitologia e le leggende tramandino la storia di un popolo tecnologicamente avanzato, percepito dagli antichi come in possesso di poteri magici?

È possibile che ci sia un collegamento tra i Danuna e i Talchini? Potrebbero essere davvero i superstiti del continente di Atlantide?
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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 25/02/2015, 17:59 
Ipotesi più che plausibile, caro Atlanticus.


Quanto ai Popoli del Mare, l' arco temporale e geografico in cui sono collocati li può far riconoscere come discendenti dei superstiti di Atlantide fuggiti dopo il Diluvio, ma non come gli Atlantidi originali.

Il che trova anche riscontro nella tecnologia in loro possesso.



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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 25/02/2015, 18:24 
Aztlan ha scritto:
Ipotesi più che plausibile, caro Atlanticus.


Quanto ai Popoli del Mare, l' arco temporale e geografico in cui sono collocati li può far riconoscere come discendenti dei superstiti di Atlantide fuggiti dopo il Diluvio, ma non come gli Atlantidi originali.

Il che trova anche riscontro nella tecnologia in loro possesso.

Appunto!.


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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 27/02/2015, 17:32 
Ancora una volta il Neanderthal risulta non essere quell'antenato troppo spesso dipinto dall'antropologia ortodossa come un rude selvaggio.

E' questo ciò che emerge dall’analisi di un reperto eccezionale: il flauto di Divje Babe che, secondo l’ultima datazione, risalirebbe addirittura a 60.000 anni fa.

Soffermiamoci un attimo su queste datazioni, perché nell’Europa di 50.000 anni fa l’Homo sapiens ancora non era arrivato.

Il flauto del Neanderthal e la scoperta della musica

Lo strumento musicale più antico del mondo

L’uomo di Neanderthal, l‘antenato fin troppo spesso dipinto come un rude selvaggio, amava la musica? Fabbricava strumenti musicali? Proprio questo emerge dall’analisi di un reperto eccezionale: il flauto di Divje Babe che, secondo l’ultima datazione, risalirebbe addirittura a 60.000 – 50.000 anni fa. Bisogna soffermarsi un attimo su queste cifre, perché il flauto è stato scoperto in Europa, e nell’Europa di 50.000 anni fa l’Homo sapiens ancora non ci era arrivato. Dunque fu l’uomo di Neanderthal a inventare la musica?

Il flauto di Divje Babe, reperto imbarazzante

La Grotta di Divje Babe si trova nella Slovenia occidentale vicino a Cerkno, a 450 metri sul livello del mare. Sin dal 1980 il giacimento paleolitico è oggetto di scavi organizzati dall’Istituto di Archeologia di Lubiana. Ma soltanto nel 1995 il team dell’archeologo Ivan Turk ha portato alla luce un reperto di straordinaria importanza, un oggetto che può cambiare totalmente l’immagine dell’uomo di Neanderthal agli occhi del mondo. In realtà il flauto era talmente danneggiato, che all’inizio non fu riconosciuto in quanto tale. Si presentava come un pezzo di femore di circa 12 cm di lunghezza, con dei piccoli fori.

Immagine
Grotta di Neanderthal di Divje Babe in cui è stato trovato il flauto più antico del mondo – foto Thilo Parg CC-BY-SA 3.0

Per capire bene le diatribe sollevate dallo strumento musicale sloveno, bisogna prima inquadrarlo nell’ambiente in cui è stato trovato. La grotta di Divje Babe fu abitata, nel Pleistocene superiore (ca. 127.000 – 11.700 anni fa), soprattutto dagli orsi delle caverne. Ma anche orsi bruni, leoni delle caverne, volpi, leopardi e linci vi cercarono riparo.

Più di 700 manufatti di pietra, 14 oggetti di osso e una ventina di focolari testimoniano la presenza di ominidi, dall’uomo di Neanderthal sino all’Homo sapiens. Questi reperti risalgono, infatti, per la maggior parte al periodo Musteriano tipico del Neanderthal e, in minor quantità, a quello Aurignaziano in cui apparve l’uomo anatomicamente moderno. Per questo motivo era molto importante capire subito a chi fosse attribuibile il reperto. Ecco una descrizione del flauto, così come si presentò al momento del ritrovamento, nel fatidico luglio 1995:

Un femore di 11,5 centimetri, che apparteneva a un giovane orso delle caverne, presentava nella parte posteriore due fori conservati totalmente e uno parzialmente. Nella parte anteriore era conservato parzialmente un quarto foro. Ad entrambe le estremità dell’osso, superficialmente incrostato ma del tutto privo di spongiosi, mancavano le epifisi. Le metafisi erano rotte fino ai due fori parzialmente conservati“ (Matija Turk, „Il flauto di Divje Babe I“, da: Storia delle Alpi, 2010/15, pag. 135)

Una prima analisi al radiocarbonio fornì una datazione di 46.000 anni fa.

La cosa si faceva sempre più emozionante, perché di lì a poco si cristallizzò l’idea che si trattasse di un flauto, e in questo caso sarebbe stato il flauto più antico al mondo. Tuttavia gli studiosi si mostravano restii ad ammettere di avere di fronte uno strumento musicale a causa delle caratteristiche dei fori che non erano simili a quelli eseguiti sugli strumenti del Paleolitico superiore.

Non si vedeva nessun segno palese di lavorazione, quindi i fori potevano anche non essere stati prodotti dalla mano dell’uomo. E poi c’era un altro problema: pure ammesso che i fori fossero opera dell‘uomo, la datazione collocava lo strumento in un periodo tipico del Neanderthal, quando il Sapiens ancora non aveva fatto la sua apparizione in Europa. E un Neanderthal che fabbricava e suonava flauti non corrispondeva affatto all’immagine diffusa da decenni in ambiente accademico, nonché fuori di esso.

Solo un femore mordicchiato da animali selvatici?

Allora? Si trattava di un semplice osso di orso mordicchiato da animali selvatici oppure danneggiato da batteri? Era necessario analizzare per bene i fori. Ne risultò che erano stati prodotti da pressioni meccaniche esterne. A questo punto si scartò l’ipotesi di un processo chimico causato da batteri. Bisognava vedere se si trattava effettivamente di fori praticati da un individuo della specie Neanderthal oppure da animali selvatici.

Immagine
Il flauto di Divje Babe è ricavato dal femore di un orso delle caverne – foto Thilo Parg CC-BY-SA 3.0

Gli animali frequentatori della grotta nel Paleolitico erano orsi e leoni delle caverne, lupi, orsi bruni, leopardi. A loro appartenevano i resti fossili trovati in loco. Quindi se i fori erano riconducibili all’azione di denti animali, il responsabile doveva essere uno di questi. Gli animali mordono le ossa per svariati motivi: con consapevolezza, per giungere al midollo osseo; d’istinto, per rinforzare la propria dentatura; per rinforzare la muscolatura; oppure anche per effetto collaterale, mentre sono intenti a sbranare la preda.

Ma proprio la parte di osso (diafisi) da cui è stato ricavato il flauto (femore di orso), a causa della sua densità, una volta sottoposto all’azione di denti di orso, si sarebbe spezzato. In altri casi invece (per esempio ipotizzando il morso di un lupo) la dentatura animale non sarebbe riuscita nemmeno a produrre un foro, oppure (nel caso di una iena) tra i fori prodotti non vi sarebbe stata la distanza atipica che intercorre tra un foro e l’altro sul flauto di Divje Babe.

A ciò si aggiunge il fatto che denti animali non avrebbero potuto eseguire dei fori ben allineati in un’unica fila, com’è il caso del flauto in questione. Il risultato degli esperimenti effettuati in laboratorio inficiò, quindi, la teoria delll’intervento di animali selvatici all’origine dei fori dello strumento musicale.

L’uomo di Neanderthal e la musica

La definiva soluzione del dilemma è giunta grazie all’esperimento dell’archeologo Giuliano Bastiani. Per provare l’origine umana dei fori sul flauto di Divje Babe, Bastiani ha forato un osso di orso con repliche di arnesi appuntiti che sono stati trovati nella grotta slovena proprio nel medesimo strato di scavo, vale a dire insieme al flauto. Usando un utensile di pietra come punta perforante, Bastiani vi ha battuto sopra con una mazza di legno, ottenendo sull’osso dei fori molto simili a quelli dello strumento di Divje Babe.

Immagine
Interno della grotta di Divje Babe, sito di ritrovamento del flauto – foto Thilo Parg CC-BY-SA 3.0

Ma la cosa più importante è che i fori praticati con questa tecnica sperimentale non presentavano tracce di lavorazione, esattamente come nel caso del nostro flauto preistorico. Anche i danni collaterali, causati all’osso da una foratura di questo tipo, corrispondono perfettamente a quelli riscontrati sul flauto neanderthaliano. Ultima certezza ha portato un’ulteriore analisi eseguita per mezzo di tomografo assiale computerizzato (TAC), la quale ha confermato la natura dei fori, che non possono essere stati prodotti da denti animali. Insomma, un artefatto umano a tutti gli effetti.

L’archeologo Matija Turk osserva inoltre:

„La scoperta fondamentale della TAC è che i fori e i danni prodotti da animali non sono contemporanei. Prima sono stati prodotti i quattro fori e solo in seguito la maggior parte dei danni attribuiti agli animali selvatici. (…) I fori potevano essere realizzati solo dall’uomo con uno scopo ben preciso. Quando il manufatto è andato perso, gli animali selvatici lo hanno danneggiato alle estremità.“ (M. Turk, ibidem, pag. 144)

Dunque non sembrerebbero esserci dubbi: si tratta di un flauto e questo flauto è stato fabbricato da un individuo della specie uomo di Neanderthal. Fino alla scoperta dello strumento di Divje Babe, il flauto più antico era quello trovato in Germania nella Grotta di Geißenklösterle, atttribuito all’inventiva dell‘Homo sapiens e datato a circa 36.000 anni fa. Tale reperto, così come la produzione di statuette artistiche, propulsori per lance e altre innovazioni del Paleolitico superiore, hanno contribuito a definire l’uomo anatomicamente moderno come la specie più evoluta, capace di fare dell’arte e di pensare in modo astratto.

Adesso il flauto di Divje Babe apre nuovi orizzonti. Turk afferma:

„Gli strumenti compositi e d’osso, tecniche di trapanatura, di scavatura, di taglio e di levigatura dell’osso e del legno vengono spesso visti come innovazioni portate dall’uomo anatomicamente moderno. Tuttavia, singole scoperte mostrano che questi elementi erano presenti in Europa già prima della sua comparsa.(…) L’uomo di Neanderthal poteva realizzare un foro in pochi minuti, grazie alla tecnica riscoperta da Horusitzky. Per realizzare dei fori con la tecnica della trapanatura, l’uomo anatomicamente moderno doveva spendere moltissimo più tempo ed energia. “ (M. Turk, ibidem, pag. 146)

[img]http://i0.wp.com/storia-controstoria.org/wp-content/uploads/2015/02/ricostruzione-flauto-più-antico-neanderthal-Bob-FinkCC-BY-SA-3.0.jpg[/img]
Ricostruzione del flauto di Divje Babe – immagine Bob Fink CC-BY-SA 3.0

E poi, a parte la sua abilità tecnica ormai indiscutibile, l’uomo di Neanderthal ci appare ora anche come un’individuo sensibile, sociale, amante della musica e quindi di certo anche capace di formulare un pensiero astratto. Che cosa c’è di più astratto, impalpabile e spirituale della musica? Che cosa c’è di più sociale, che consenta di riunire i membri di un clan attorno al fuoco e di celebrare insieme feste e riti cultuali?

Per concludere, vorrei evidenziare ancora una volta che le nuove datazioni del flauto di Divje Babe, eseguite con il metodo più preciso della ESR (risonanza di spin elettronico), hanno determinato un’età compresa fra i 60.000 e i 50.000 anni. Attualmente questo è l’unico strumento musicale attribuito all’uomo di Neanderthal, ma le ricerche sulle risorse tecniche del flauto continuano e non finiscono di stupire gli esperti. Il nostro lontanissimo cugino poteva produrre con il suo strumento le melodie più differenti e fascinose, in quel suo mondo preistorico, in cui già aveva imparato a superare con la mente i limiti angusti della realtà quotidiana.

http://storia-controstoria.org/paleolit ... al-musica/


Torno a dire che l'incontro tra Sapiens e Neanderthal corrisponda al passo biblico in cui i "Figli degli Dei" si unirono con le "Figlie degli Uomini"... ora andrebbe capito perché i Neanderthal venissero identificati con l'epiteto "Figli degli Dei"...

Forse per la loro origine Atlantidea???

[:296]

Contestualizziamo il tutto con quanto ho riportato nel thread che cerca di approfondire il tema dei Nephilim legando queste figure all'incrocio interspecie tra Sapiens e Neanderthal

viewtopic.php?p=380185#p380185

E cerchiamo di definire una visione di insieme più ampia.



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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 28/02/2015, 10:19 
Atlanticus81 ha scritto:
Torno a dire che l'incontro tra Sapiens e Neanderthal corrisponda al passo biblico in cui i "Figli degli Dei" si unirono con le "Figlie degli Uomini"... ora andrebbe capito perché i Neanderthal venissero identificati con l'epiteto "Figli degli Dei"...

Forse per la loro origine Atlantidea???


Nelle abduction si riscontra tra gli addotti una o più caratteristiche di una linea di sangue - Discendenza Franco Spagnola - occhi chiari o capelli chiari - sangue Rh - La cosa più evidente confrontandosi con addotti, che se la propria discendenza paterna e materna è divisa tra Francia e Spagna prevale l'interferenza dei milabs



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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 03/03/2015, 13:54 
Cita:
ECCO IL GENE CHE RENDE “UNICO” IL CERVELLO UMANO
Si chiama ARHGAP11B ed è il gene che fa aumentare il numero di cellule della corteccia cerebrale, requisito fondamentale per l’intelligenza.
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cervello-umano

[La Stampa] Scovato uno dei geni che “disegnano” la corteccia cerebrale dell’uomo, lo strato più esterno e evolutivamente recente dove nascono le nostre capacità cognitive: è un gene che esiste solo nell’uomo ed è il “motore” che fa aumentare il numero di cellule della corteccia.

A scoprirlo è stato il gruppo di ricerca tedesco guidato dall’italiana Marta Florio, dell’Istituto Max Planck di Dresda, i cui risultati sono stati pubblicati su Science.

«È uno dei geni che servono alla formazione del cervello umano, uno di quelli che fa la differenza tra noi e gli scimpanzé», ha detto all’Ansa Florio.

La scoperta del gene, chiamato ARHGAP11B, è stato un lungo lavoro di ricerca partito dall’analisi delle differenze esistenti nella formazione del cervello umano e quello dei topi, in particolare nella regione della corteccia.

Una delle caratteristiche principali del cervello umano, condivisa solo da pochissimi mammiferi, è infatti la presenza di un grande quantità di cellule che formano lo strato più esterno del cervello, la corteccia. Così numerose nell’uomo da doversi “accartocciare” formando la tipica superficie “rugosa”.

Il gene scoperto sarebbe alla base della grande proliferazione, nell’embrione, di cellule staminali da cui si formerà poi la corteccia cerebrale vera e propria.

Un gene quindi fondamentale, che già nel 2010 era stato riconosciuto come una delle sequenze genetiche esistenti solo nell’uomo, sia Sapiens che Neanderthal e e Denisovano, nata per “errore” solo dopo la divisione evolutiva dagli altri primati.

«Il gran numero di cellule che formano la corteccia cerebrale – ha proseguito Florio – è un requisito fondamentale per l’intelligenza e il gene ARHGAP11B ha quindi dato quindi un contributo in questa direzione».


per errore? :)



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 Oggetto del messaggio: Re: La Teoria dell'Out of Atlantis
MessaggioInviato: 07/03/2015, 00:10 
Sì... per l'errore di chi ibridò parte del suo patrimonio genetico con quello di un Heidelbergensis o di un Herectus per creare il primo Sapiens!

[:290]

"Errore" che poi venne ereditato dai successivi rami evolutivi del Sapiens, ivi compreso l'eventuale Neanderthal che ipotizziamo essere il risultato dell'incrocio tra gli Anunnaki puri e il Sapiens; incrocio interspecie che diede origine alla stirpe del graal Nephilim, 'usciti' da Atlantide dopo ciò che viene ricordato come Diluvio Universale.

Gli esseri umani si incrociarono con i Neandertal

Una nuova analisi del DNA ha scoperto le prime valide prove genetiche secondo cui i “moderni” esseri umani (gli Homo sapiens) si incrociarono con i Neandertal, misteriosamente estintisi circa 28000 anni fa.

In più, l’accoppiamento tra le due specie apparentemente ebbe luogo nel Medio Oriente – e non in Europa come precedentemente ritenuto – poco dopo che gli esseri umani lasciarono l’Africa.

“Ora possiamo dire che, con ogni probabilità, vi fu un flusso di geni dai Neandertal agli uomini moderni”, dice un autore dello studio, Ed Green dell’Università della California a Santa Cruz.

Immagine
Una ricostruzione di femmina di Neandertal (Joe McNally, National Geographic)

Non si tratta di una sorpresa per antropologo Erik Trinkhaus, le cui affermazioni sull’ibridazione tra Sapiens e Neandertal – che contraddicevano gli studi del DNA eseguiti fino ad allora – sembrano dunque essere confermate dalla nuova ricerca in pubblicazione su Science.

“Hanno finalmente visto la luce… perché è stato evidente per molti di noi che ciò accadde”, ha detto Trinkaus, della Washington University di St. Louis nel Missouri.

Trinkhaus ha aggiunto che la maggior parte degli esseri umani viventi probabilmente ha una composizione genetica derivata dai Neandertal molto maggiore di quanto non dica il nuovo studio: “Dall’1 al 4 % è veramente minimo,” sostiene lui. “Ma è il 10 %? 20 %? Non ne ho idea”.

Immagine
Le tre ossa usate per il sequenziamento del DNA e provenienti dalla grotta di Vindija in Croazia (Science)

Gli scienziati hanno confrontato il genoma di cinque esseri umani viventi – originari di Cina, Francia, Papua Nuova Guinea, Sud Africa e Africa occidentale – con quel che ne sappiamo sul genoma dei Neandertal (il 60 % del totale; il sequenziamento di questo è frutto di un lavoro durato quattro anni e condotto dal Max Planck Institute e da altre università).

I risultati hanno dimostrato che il DNA dei Neandertal è identico al 99,7 % a quello degli uomini moderni, rispetto, per esempio, al 98,8 % che condividiamo con gli scimpanzé.

Inoltre, lo studio dice che tutti i gruppi etnici moderni, a parte quelli africani, portano tracce di DNA di Neandertal nel loro genoma. In un primo momento ciò ha reso perplessi gli scienziati: sebbene non ci siano fossili che provino la coesistenza di Neandertal e uomini moderni Africa, si pensa che entrambe le specie siano sorte su quel continente.

Tra l’altro, stando all’attuale documentazione archeologica, i Neandertal non vissero mai in Cina o in Papua Nuova Guinea, nella regione del Pacifico della Melanesia.

“Ma il fatto è che cinesi e melanesiani sono in stretta relazione con i Neanderthal” in quanto europei, dice un altro autore dello studio, David Reich, genetista al Broad Institute del MIT e a Harvard.

Immagine
(Science)

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(Science)

Come ha fatto dunque l’uomo moderno col DNA di Neandertal a finire in Asia e in Melanesia?

I Neandertal, dice lo studio, probabilmente si mescolarono con i primi Homo sapiens subito dopo la loro partenza dall’Africa, ma prima che si dividessero in diversi gruppi etnici e si diffondessero in tutto il mondo.

La prima occasione per incrociarsi probabilmente avvenne circa 60000 anni fa nel Medio Oriente, dove le testimonianze archeologiche mostrano che le due specie si sovrapposero per un certo tempo.

E non ci sarebbe stato bisogno di molti accoppiamenti per avere un effetto, dice Reich. Potrebbero esser stati sufficienti sia pochi che migliaia di “incontri” tra le due specie.

Immagine
Diffusione dei Neandertal (Science)

Il nuovo studio non è il solo a trovare indizi di un incrocio tra Homo sapiens e Homo neanderthalensis.

Il genetista Jeffrey Long è co-autore di un nuovo studio, non ancora pubblicato, che mostra le prove d’ibridazione tra i primi uomini moderni e le specie “umane arcaiche” – non sono chiare quali – grazie alle analisi dei genomi di centinaia di esseri umani (ma non dei Neandertal).

Anche secondo questo lavoro l’incrocio si sarebbe verificato quando la nostra specie lasciò l’Africa.

“Nel momento in cui cominciammo il progetto, non avrei mai immaginato che ne avrei mai visto una conferma empirica”, ha dichiarato Long. “Quindi sono abbastanza felice di vederlo.”

http://ilfattostorico.com/2010/05/06/gl ... andertal2/



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