25/02/2016, 14:12
26/02/2016, 10:33
MaxpoweR ha scritto:E' il conferire autorevolezza AD UNA INTERPRETAZIONE, qualunque sia, il problema non decidere quale interpretazione SIA GIUSTA o quale SIA SBAGLIATA.
26/02/2016, 12:48
Atlanticus81 ha scritto:Ed è questo che molti fanno (e potrebbero fare in futuro) con il lavoro di Biglino, ma più in generale con la "Teoria degli Antichi Astronauti" e buona parte degli studi e delle ricerche alternative...
Io non sto sputando sul lavoro di Biglino sia chiaro. Io sto cercando di ragionare sul rischio preoccupante di quello che sta avvenendo, stiamo assistendo alla nascita dei presupposti di quella nuova religione basata su grigi e antichi astronauti citata nella puntata numero 35 del nostro podcast intitolata "L'Utile Idiota" dove l'utile idiota potrebbe essere chiunque di noi.
Ho letto diversi commenti sui gruppi dei fan di Biglino... non ho riscontrato differenze nel modo di porsi rispetto a quelli dei "bovini" cristiani.
Occhio a non passare da un gregge all'altro... tutto qui.
Soprattutto perché riscontro inoltre che il movimento paleoastronautico sta portando un attacco a ogni forma di spiritualità, negando il sacro molto più di quanto la scienza abbia mai fatto.
26/02/2016, 12:50
shighella ha scritto:(Avete visto come applaudivano Brosio quando ha parlato di juventus per confutare Biglino ? )
26/02/2016, 12:53
Atlanticus81 ha scritto:MaxpoweR ha scritto:E' il conferire autorevolezza AD UNA INTERPRETAZIONE, qualunque sia, il problema non decidere quale interpretazione SIA GIUSTA o quale SIA SBAGLIATA.
Riguardo questa tua osservazione invito gli amici di ufoforum a leggere il seguente articolo relativamente alla interpretazione di una opera d'arte.Angoscia - Auguste Friedrich Albrecht Schenck
Le forme cambiano a seconda del modo in cui le si osserva: un cono può sembrare un cerchio se lo si guarda dal vertice, o un triangolo se lo si vede di lato. Lo stesso vale per i quadri!
L’agnello è morto, e la pecora dietro di lui, probabilmente sua madre, lo sta piangendo; ma già si avvicinano i corvi per far banchetto del suo cadavere.
La lettura più immediata è l’immedesimazione empatica con la madre: l’opera diventa allora il veicolo di una potentissima emozione, una disperazione tanto più nera quanto è cosciente della propria impotenza. E’ un emozione tremenda, eppure il cuore umano cerca anche questi abissi, come se nel farne esperienza vi trovasse una sorta di liberazione – tanto meglio poi se sono soltanto rappresentati su una tela!
Passato l’impatto iniziale, subentrano le interpretazioni allegoriche. Nella nostra cultura, l’agnello è principalmente un’immagine del Cristo, e la sua morte accenna allora al sacrificio della croce. La pecora che lo piange dev’esser quindi Maria; ma i corvi?
Qui subentra la soggettività. Un credente risponderà: il corvo è il peccato, oppure i peccatori, o ancora coloro che non seppero accogliere il messaggio del Vangelo. Ma un anticlericale non potrà far a meno di notare come le loro penne nere richiamino la tunica dei sacerdoti! Furono i sacerdoti del sinedrio a volere la morte di Gesù; e furono dei sacerdoti a ucciderne nel corso dei secoli la parola, con la loro rigidità, la loro ottusità ed i loro interessi.
Se l’osservatore è incline al vittimismo, potrebbe facilmente immedesimarsi nell’agnello, e vedere nei corvi i suoi persecutori, reali o presunti che siano.
Difficilmente ci potremmo immedesimare coi corvi, nonostante spesso finiamo proprio col ricoprire il ruolo di quelli: quando ad esempio seguiamo con interesse morboso le ultime notizie di cronaca nera, o magari quando diamo addosso ai gruppi sociali più deboli per giustificare le nostre deviazioni.
Se usciamo dalla metafora per attenerci ad un punto di vista più concreto e realista, potremmo anche ricordare che pure i corvi devono mangiare per vivere. Se stanno guardando l’agnello è per fame, e non per fare un dispetto alla madre, e neppure per simboleggiare il nero male che prevale sulla bianca innocenza. Forse anche loro hanno dei figli da sfamare, e la tenera carne dell’agnello potrebbe essere la salvezza che permette loro di far scampare alla prole la morte per inedia.
Ogni punto di vista è in fin dei conti legato all’altro: ora che abbiamo pensato ai corvi, ci può viene in mente che anche l’eucaristia è il corpo di Cristo, la carne dell’agnello sacrificale donata per la salvezza dei peccatori.
Nessuna interpretazione è l’unica: non esiste un significato giusto o sbagliato, ma visioni più o meno parziali. Anche l’intenzione dell’autore conta solo fino ad un certo punto: quante volte capita di compiere qualcosa pensando invece di intendere tutt’altro?
Quello fra opera ed osservatore è un rapporto a due: la prima è il presupposto oggettivo, e l’altro è la componente soggettiva. Entrambe sono importanti, ma nessuna deve prevalere mettendo in ombra l’altra. Se ci si attiene troppo strettamente all’oggettivo, l’interpretazione risulterà arida; se invece ci si concede troppa soggettività, quel che ne risulta sarà una narcisistica descrizione di sè stessi.
Cercare più interpretazioni per un medesimo quadro è un ottimo esercizio per armonizzare queste due componenti: si impara così ad ampliare e vivificare i simboli che esso contiene, evitando però di violentarli imponendo loro significati non congeniali alla loro natura
https://zoticone.wordpress.com/2013/05/02/049/
26/02/2016, 13:22
Atlanticus81 ha scritto:
Riguardo questa tua osservazione invito gli amici di ufoforum a leggere il seguente articolo relativamente alla interpretazione di una opera d'arte.Angoscia - Auguste Friedrich Albrecht Schenck
Le forme cambiano a seconda del modo in cui le si osserva: un cono può sembrare un cerchio se lo si guarda dal vertice, o un triangolo se lo si vede di lato. Lo stesso vale per i quadri!
L’agnello è morto, e la pecora dietro di lui, probabilmente sua madre, lo sta piangendo; ma già si avvicinano i corvi per far banchetto del suo cadavere.
La lettura più immediata è l’immedesimazione empatica con la madre: l’opera diventa allora il veicolo di una potentissima emozione, una disperazione tanto più nera quanto è cosciente della propria impotenza. E’ un emozione tremenda, eppure il cuore umano cerca anche questi abissi, come se nel farne esperienza vi trovasse una sorta di liberazione – tanto meglio poi se sono soltanto rappresentati su una tela!
Passato l’impatto iniziale, subentrano le interpretazioni allegoriche. Nella nostra cultura, l’agnello è principalmente un’immagine del Cristo, e la sua morte accenna allora al sacrificio della croce. La pecora che lo piange dev’esser quindi Maria; ma i corvi?
Qui subentra la soggettività. Un credente risponderà: il corvo è il peccato, oppure i peccatori, o ancora coloro che non seppero accogliere il messaggio del Vangelo. Ma un anticlericale non potrà far a meno di notare come le loro penne nere richiamino la tunica dei sacerdoti! Furono i sacerdoti del sinedrio a volere la morte di Gesù; e furono dei sacerdoti a ucciderne nel corso dei secoli la parola, con la loro rigidità, la loro ottusità ed i loro interessi.
Se l’osservatore è incline al vittimismo, potrebbe facilmente immedesimarsi nell’agnello, e vedere nei corvi i suoi persecutori, reali o presunti che siano.
Difficilmente ci potremmo immedesimare coi corvi, nonostante spesso finiamo proprio col ricoprire il ruolo di quelli: quando ad esempio seguiamo con interesse morboso le ultime notizie di cronaca nera, o magari quando diamo addosso ai gruppi sociali più deboli per giustificare le nostre deviazioni.
Se usciamo dalla metafora per attenerci ad un punto di vista più concreto e realista, potremmo anche ricordare che pure i corvi devono mangiare per vivere. Se stanno guardando l’agnello è per fame, e non per fare un dispetto alla madre, e neppure per simboleggiare il nero male che prevale sulla bianca innocenza. Forse anche loro hanno dei figli da sfamare, e la tenera carne dell’agnello potrebbe essere la salvezza che permette loro di far scampare alla prole la morte per inedia.
Ogni punto di vista è in fin dei conti legato all’altro: ora che abbiamo pensato ai corvi, ci può viene in mente che anche l’eucaristia è il corpo di Cristo, la carne dell’agnello sacrificale donata per la salvezza dei peccatori.
Nessuna interpretazione è l’unica: non esiste un significato giusto o sbagliato, ma visioni più o meno parziali. Anche l’intenzione dell’autore conta solo fino ad un certo punto: quante volte capita di compiere qualcosa pensando invece di intendere tutt’altro?
Quello fra opera ed osservatore è un rapporto a due: la prima è il presupposto oggettivo, e l’altro è la componente soggettiva. Entrambe sono importanti, ma nessuna deve prevalere mettendo in ombra l’altra. Se ci si attiene troppo strettamente all’oggettivo, l’interpretazione risulterà arida; se invece ci si concede troppa soggettività, quel che ne risulta sarà una narcisistica descrizione di sè stessi.
Cercare più interpretazioni per un medesimo quadro è un ottimo esercizio per armonizzare queste due componenti: si impara così ad ampliare e vivificare i simboli che esso contiene, evitando però di violentarli imponendo loro significati non congeniali alla loro natura
https://zoticone.wordpress.com/2013/05/02/049/
26/02/2016, 13:52