08/04/2015, 19:06
Una vecchia storia indiana su una misteriosa rete di grotte sotterranee antica migliaia di anni
Numerose leggende narrano dell'esistenza di mondi sotterranei abitati da esseri semidivini che, in qualche modo, influenzano le sorti della vita degli abitanti della superficie. La tribù dai nativi Sioux tramanda del viaggio di Cavallo Bianco verso il centro della Terra.
Molte culture del nostro pianeta hanno tramandato storie di misteriosi mondi posti sotto la superficie terrestre.
Incredibilmente, molte di queste strane città sotterranee esistono realmente. Basti pensare all’enigmatico sito sotterraneo di Derinkuyu.
In altre parti del mondo sono state scoperte intere reti sotterranee di tunnel scavate da uomini antichi, alcune delle quali lunghe diversi chilometri.
Alcuni ricercatori ritengono addirittura che sotto la superficie della Terra ci sia un’enorme sistema di gallerie segrete e corridoi in grado di collegare città e persino continenti.
Il problema è che conosciamo solo una piccola parte di questo mondo misterioso che si trova sotto i nostri piedi. Dunque, quando si parla di racconti di esplorazione di mondi sotterranei, ci troviamo sulla linea di confine tra la leggenda e la storia.
Uno di questi racconti è tramandato dalla tribù dei nativi americani Sioux. Il protagonista del racconto è un vecchio della loro tribù chiamato “Cavallo Bianco”.
Un giorno, mentre partecipava ad una caccia al bisonte in quella che oggi una delle aree della California, Cavallo Bianco trovò un insolito varco nella roccia. Incuriosito dall’anfratto, il vecchio sioux entrò nell’apertura, trovandosi poco dopo davanti ad un tunnel lungo, molto lungo.
Deciso a scoprire dove portasse la galleria, Cavallo Bianco si inoltrò all’interno del passaggio, fino a quando non notò una luce verdastra molto debole alla fine del tunnel. Fu lì che ebbe l’incontrò incredibile con due sconosciuti: un uomo di pelle bianca e una donna dai capelli biondo oro, entrambi seduti nel mezzo di una grande sala.
Guardandoli, il vecchio aveva avuto l’impressione che i due fossero addolorati per qualcosa. Facendosi forza, chiese loro il motivo della loro disperazione, scoprendo così che il figlio della coppia era morto ucciso da poco tempo.
Poi, i due si presentarono a Cavallo Bianco affermando di essere abitanti del mondo sotterraneo e che, nonostante sapessero dell’esistenza del mondo esterno, non avevano mai avuto occasione di vedere qualcuno della superficie. Da parte sua, il vecchio sioux spiegò loro di aver avuto accesso al loro mondo sotterraneo solo accidentalmente.
Durante il lungo incontro, la coppia descrisse a Cavallo Bianco il modo in cui si svolgeva la vita nel mondo interno. Inoltre, gli rivelarono che gli antenati dei nativi americani provengono proprio dal mondo interno e che sono in qualche modo legati ad un’antica razza antidiluviana proveniente dal continente sommerso di Atlantide.
Quando Cavallo Bianco decise di tornare in superficie, i due donarono all’anziano sioux una sorta di talismano, un misterioso pezzo di ferro che aveva la capacità di emettere un’insolita luce in grado di fondere le rocce, tagliare gli alberi e cambiare la sabbia in pietra!
L’anziano uomo non volle mai separarsi dal suo prezioso talismano, il quale lo accompagnò per tutta la sua vita. Quando morì, l’incredibile oggetto fu seppellito insieme a Cavallo Bianco.
A prima vista, l’avventura di Cavallo Bianco sembra essere nient’altro che una fiaba o una leggenda. Tuttavia, secondo il dottor Harold T. Wilkins (1891-1960), storico e giornalista britannico, sovente le leggende fanno riferimento ad un qualche evento realmente accaduto.
Wilkins scoprì che l’intrigante storia dei Sioux presentava molte somiglianze con le storie tramandate dalle altre tribù native d’America.
Tra i Shoshone e Apache, per esempio, vi è la credenza comune dell’esistenza di un’antica rete sotterranea, piena di grotte e cunicoli segreti. Essi credono che il luogo di origine dei loro antenati sia nel sottosuolo.
Per sfuggire al cataclisma globale che cancellò, tra l’altro, il grande continente al centro dell’Atlantico, i superstiti ripararono nel sottosuolo delle terre rimaste emerse, scavando dei rifugi che divennero vere e proprie città sotterranee.
Dopo alcuni anni, quando le condizioni climatiche e geologiche della Terra si normalizzarono, alcuni dei superstiti tornarono in superficie per dare inizio ad una nuova storia (di cui noi siamo gli eredi). Gli altri sopravvissuti, ormai abituati alla vita nel sottosuolo, continuarono a vivere e a prosperare sotto terra.
Anche se molti studiosi relegano Atlantide nel mondo della leggenda e del mito, per i nativi americani il continente perduto è realmente esistito, credendo che i loro antenati siano in qualche modo legati ai superstiti del mondo antidiluviano andato distrutto.
Il primo occidentale a parlare di Atlantide è stato Platone, raccontandone gli splendori e l’improvvisa scomparsa. Tuttavia, i nativi americani quasi certamente non hanno mai letto le opere di Platone.
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Aztlan ha scritto:Quando fu entrato, il gruppo giunse in una grande sala illuminata dove sembrava che la luce venisse emanata dalle pareti stesse.
[cut]
Il gruppo trovò una piccola cripta dove era posto uno smeraldo grande quanto il pugno di una mano d’adulto, irradiante una luce verde di estrema limpidezza che illuminava tutta la cripta.
Ancora l' elemento ricorrente della luce verde che scaturisce dalle pareti, stavolta scisso in due oggetti diversi.
18/01/2018, 22:04
In Messico la caverna sommersa più grande del mondo
È lunga quasi 350 chilometri ed è l’unione di due sistemi di caverne sommerse, Sac Actun e Dos Ojos, entrambi nella penisola dello Yucatán
Lo scorso mercoledì, dopo dieci mesi di lavoro, l’Underwater Exploration Group del Great Maya Aquifer Project (GAM) ha scoperto un punto di connessione tra due dei sistemi di caverne sommerse più grandi del pianeta - Sac Actun e Dos Ojos, entrambi nella penisola messicana dello Yucatán - che sono così diventati la caverna allagata più ampia del mondo, lunga quasi 350 chilometri.
“Quest’enorme caverna rappresenta il sito archeologico sommerso più importante del pianeta, con i suoi oltre cento contesti archeologici tra i quali troviamo evidenze dei primi coloni dell’America, di fauna ormai estinta e, ovviamente, della cultura Maya”, spiega Guillermo de Anda, National Geographic explorer e direttore del GAM.
Questa fase del progetto è iniziata a marzo 2017 con il lavoro di Robert Schmittner, direttore delle esplorazioni a GAM, e un team di subacquei specializzati in caverne. Schmittner aveva cercato quella connessione per 14 anni, mentre mappava nuovi tunnel e gallerie in questo labirinto d’acqua. Finora il sistema Ox Bel Ha, con i suoi quasi 270 chilometri a Sud di Tulum, in Messico, era il più lungo.
Il sistema Sac Actun, a Nord-Est di Tulum, era il secondo, con circa 262 chilometri di lunghezza. Al terzo posto il sistema Koal Baal, 90 chilometri; al quarto il sistema Dos Ojos, 83 chilometri. Ora, al termine di questa approfondita esplorazione, Dos Ojos è stato unito a Sac Actun.
In base alle normative che regolano questi ambienti, quando due sistemi di caverne vengono uniti è la caverna più grande ad assorbire la più piccola, il cui nome scompare. Il prossimo obiettivo sarà connettere Sac Actun con gli altri tre sistemi sommersi, tutti vicini tra loro e all’interno della municipalità di Tulum. Secondo i dati del Quintana Roo Speleological Survey nella parte settentrionale dello Stato ci sono 358 sistemi di caverne sommersi, ovvero quasi 1400 chilometri di passaggi sommersi d’acqua dolce.
La madre di tutti i cenote
Nella stessa ricerca, il gruppo di esplorazione GAM ha registrato la presenza di un altro importante sistema lungo 17 chilometri, che finora veniva chiamato “madre di tutti i cenote”. Si spinge a una profondità massima di 20 metri e si trova a Nord di Sac Actun. Per quanto ne sappiamo si tratta di un unico sistema ma il gruppo di esploratori potrebbe riuscire a connetterlo a Sac Actun.
“Abbiamo alle spalle più di 20 anni nei quali abbiamo percorso centinaia di chilometri nelle caverne sommerse, soprattutto nel Quintana Roo, e 14 li ho spesi per esplorare lo straordinario sistema di Sac Actun. Ora dovremo continuare su questa strada”, dice Schmittner. Questi “centinaia di chilometri” di passaggi nel sottosuolo sono diventati dei veri tunnel del tempo e custodiscono la storia della regione messicana, quella più recente e quella più remota.
Un tesoro di biodiversità
A rendere ancor più importante la scoperte c’è che il sistema supporta un’elevata biodiversità e rappresenta un’estesa riserva di acqua dolce, che da tempi immemori dà vita a questa regione della penisola dello Yucatán.
Questo e gli altri progetti di GAM hanno come obiettivo una maggior conoscenza del sottosuolo, della sua biodiversità e del rapporto che gli umani hanno con le acque ancestrali, per poter comprendere in modo adeguato le risorse naturali che dipendono dalla falda acquifera.
La prossima fase dell’ambizioso progetto comprende un’analisi della qualità dell’acqua nel sistema Sac Actun System, uno studio della sua biodiversità e conservazione, oltre a dare ulteriore continuità alla mappatura e dettagliate descrizioni dei contesti archeologici sommersi.
Tulum è diventata una mecca per le immersioni subacquee in caverna e gli esploratori subacquei di tutto il mondo hanno dedicato una grossa parte delle loro vite a esplorare questo ambiente. Tra loro c’è Bill Philips, co-fondatore del Quintana Roo Speleological Survey, un database con mappe dettagliate di questi sistemi complessi che è anche uno strumento per conoscere e proteggere l’area.
Philips, che è morto nel novembre 2017, ha esplorato questo mondo sottomarino fino alla fine dei suoi giorni. Ha dedicato più di 40 anni alla comprensione delle profondità del sito, investigando le sue acque ancestrali. Il team GAM ha dedicato il traguardo proprio a Philips, cartografo sottomarino del progetto.