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Ishtar e la prostituzione sacra a Babilonia (I parte)

Autore: Lawrence Sudbury

Probabilmente per chi come noi occidentali è abituato ad una visione religiosa della vita sostanzialmente sessuofoba e repressiva degli istinti fisici legati alla sfera erotica, potrà apparire a dir poco strana e, molto più probabilmente, “scandalosa” l’esistenza presso numerose civiltà antiche di divinità legate all’amore fisico e, addirittura, di templi che, in definitiva, risultavano essere dei “bordelli sacri”.

In realtà, però, tale fenomeno non è per nulla stupefacente se inquadrato nella sua corretta ottica storica e religiosa.

Per comprendere questo elemento è sufficiente analizzare brevemente la civiltà in cui esso si è sviluppato con maggior forza, quella mesopotamica.

La storia della regione è strettamente legata alla fertilità prodotta da Tigri ed Eufrate, che portò alcune popolazioni dell’area sud-sarmatica a spostarsi, intorno al 5.000 a.C., in una zona in cui non solo le precipitazioni erano minori, ma il suolo era in grado di fornire un surplus di cibo. Proprio grazie a tale surplus si poterono sviluppare agglomerati sempre più estesi che, come in ogni occasione consimile, indussero alla nascita di una divisione ben definita del lavoro, di una organizzazione sociale stratificata e dei concetti di cooperazione e regalità[1].

Da una prima fase di organizzazione autosufficiente prettamente urbana, con città isolate e con pochi contatti tra loro, si svilupparono piuttosto rapidamente entità statati di più ampie dimensioni in cui la classe sacerdotale controllava la vita religiosa della comunità, l’economia, la proprietà della terra, l’occupazione dei lavoratori nonché la gestione del commercio a lunga distanza, che, verso il 3.000 a.C. si estendeva fino alle culture della Mezzaluna Fertile.

Le conquiste della civiltà mesopotamica furono numerose: l’agricoltura, grazie alla costruzione di canali di irrigazione, divenne il principale metodo di sostentamento e venne ulteriormente semplificata con l’introduzione dell’aratro, l’artigianato crebbe con l’introduzione della ruota per la lavorazione della ceramica e con lo sviluppo della metallurgia e iniziarono a sorgere templi monumentali e zigurrat.

Numerosi gruppi etnici si alternarono alla guida della regione, pur in una continuità di civiltà pressoché ininterrotta: prima i Semiti di Ur e Uruk, poi i Sumeri della zona meridionale, che svilupparono la scrittura fonetica cuneiforme e che si organizzarono in città-stato, quindi gli Accadi provenienti dai monti Zagros e i Babilonesi che, nel II millennio a.C, si imposero a partire da Babele, per poi finire con gli Assiri del nord, di origine amorrea[2].

La continuità culturale di cui si è detto risulta particolarmente chiara nell’osservazione dell’ambito religioso, che, per molti versi era fondativo di tutta la vita sociale e politica dei gruppi menzionati.

Ciò appare evidente a partire dal periodo delle città-stato sumeriche: ogni città-stato è “proprietà personale” di un dio particolare: Nannar (luna) vigilava su Ur, Uruk era di An (il cielo), Sippar era di Utu (il sole), Enki (la terra) aveva Eridu e Nippur, il primo centro della religione sumera, era dedicata a Enlil, dio del vento (poi soppiantato da Marduk a Babilonia). Ogni città-stato era, dunque, sacra in quanto attentamente sorvegliata da e collegata a un dio specifico o a una dea. Situato vicino al centro di ogni città-stato vi era un tempio posto sopra uno ziggurat che occupava diversi acri: il complesso del tempio era il vero centro della comunità e il dio principale o la dea abitavano lì simbolicamente sotto forma di una statua, cosicché era possibile sfruttare la potenza della divinità per il bene della città. I sacerdoti, come accennato, controllavano anche tutte le attività economiche poiché l’economia era “redistributiva”: gli agricoltori dovevano portare i loro prodotti ai sacerdoti presso la ziggurat e i sacerdoti avevano il compito di “nutrire” e “vestire” gli dei e poi ridistribuire ciò che restava alla gente della comunità[3].

Con il suo pantheon piuttosto nutrito di dei e dee che animavano tutti gli aspetti della vita, la religione sumera risultava naturalmente politeista. Di gran lunga, le divinità più importanti erano An, Enlil, Enki e Ninhursaga. An era il dio del cielo e, quindi, la forza più importante dell’universo. Era anche visto come la fonte di ogni autorità tra le quali il potere terreno dei governanti e dei padri. Enlil, dio del vento, era considerato la seconda più grande potenza dell’universo ed era divenuto simbolo del corretto uso della forza e del potere sulla terra, ma come dio del vento, egli controllava sia la fertilità del suolo che le tempeste distruttive ed era, quindi, molto temuto. Enki era il dio della terra, dei fiumi e, in generale, delle acque ed era responsabile delle invenzioni e dell’artigianato. Ninhursaga, infine, era inizialmente vista come dea associata a terra, montagne e vegetazione ma, nel tempo, si era trasformata in una vera e propria dea madre, “madre di tutti i bambini”, che manifestava il suo potere dando vita al re.

Sotto questo primo gruppo, vi erano numerosi altri dei e dee: un gruppo dei quali includeva le divinità astrali, che erano tutti nipoti e pronipoti di An, tra i quali spiccavano Utu, dio del sole, Nannar, dio della luna e Inanna, dea della stella del mattino e della sera, nonché della guerra e della pioggia. A differenza degli esseri umani, questi dei e dee erano immortali, ma, comunque, non erano onnipotenti in quanto nessun Dio aveva il controllo su tutto l’universo.

Il rapporto degli esseri umani agli dei era basata su servilismo, poiché, secondo il mito sumero, gli esseri umani sono stati creati per compiere i lavori manuali che gli dèi non erano disposti a fare. Di conseguenza, gli esseri umani tentavano in ogni modo di comprendere il volere divino e, per alleviare l’ansia che poteva derivare da un tale genere di rapporto, l’arte divinatoria aveva un seguito enorme a tutti i livelli sociali e veniva praticata sia con a lettura delle viscere di animali sacrificati o attraverso la lettura delle volute di fumo o delle forme dell’olio gettato nell’acqua[4].

Tutto ciò rendeva la società mesopotamica fortemente superstiziosa (innumerevoli forme e rituali sono stati ritrovati incisi su tavolette d’argilla), in mano alla casta sacerdotale (il cui potere verrà ampiamente formalizzato nel Codice di Hammurabi) e dominata dalla credenza in poteri spirituali onnipresenti che formavano una realtà parallela piena di riflessi simbolici nella vita quotidiana.

Per altro, i rapporti di potere tra gli dei erano variabili nel tempo e dipendevano fortemente dalla forza impositiva delle città di cui erano patroni. In questo senso, uno stesso dio poteva, nell’arco di qualche decennio, assurgere al pantheon delle divinità maggiori per poi esserne sfrattato e venire addirittura ridotto a puro culto locale. Allo stesso modo, non erano infrequenti i casi in cui un dio o una dea, pur mantenendo le medesime caratteristiche, cambiassero nome a seconda della località in cui venivano adorati (con differenze notevoli soprattutto tra nord e sud della Mesopotamia) e in cui, nel corso del tempo, due o più divinità potessero subire una sorta di “crasi” e venire sincretizzati in una divinità unica[5].

E’ questo il caso di una divinità che emerge nel periodo babilonese (passando poi senza variazioni al culto assiro) e che altro non è che la sintesi degli attributi di Inanna (della quale è rappresentazione diretta), di Ninhursaga e, pur in un passaggio da culto solare a culto lunare, di Enlil: Ishtar.

Ma il risultato della crasi è, senza dubbio, maggiore della somma delle sue parti: se Inanna è la dea della bellezza e dell’amore (in effetti una sorta di Venere sumera), Ninhursaga una dea madre della generatività e Enlil un principio procreativo maschile, l’unione dei tre elementi fa di Ishtar una dea composita, che rappresenta sì l’amore, ma non solo nei suoi aspetti sentimentali e legati al’estetica, bensì anche nei suoi aspetti più fisici e carnali[6].

Immagine
Ishtar. Bassorilievo in terracotta , secondo millennio a.C., da Eshnunna.

Su questo nucleo significante centrale si inserisce un’ampia mitologia che vede la dea protagonista di numerosi poemi epici, tra cui quello forse più importante riguarda la sua discesa agli inferi, una lunga vicenda che ricorda l’alternarsi delle stagioni sulla terra e il perpetuo ciclo della vita.

Brevemente, Ishtar discende agli Inferi per riportare in vita il suo amato figlio e amante Tamuz e riesce ad entrarvi minacciando ogni genere di calamità che colpisca gli umani e gli dei nel caso no la si lasci oltrepassare la soglia sacra. Per questo sua sorella, Allatu, dea dei morti, la fa passare, imponendo, però, che le vengano tolti tutti gli ornamenti e i vestiti con cui si ricopriva sulla terra, così da entrare completamente nuda e senz’armi nella terra dei morti. Inoltre, la dea dei morti invia contro di lei ogni genere di spiriti malvagi, che, però, risultano sempre sconfitti da Ishtar che, non a caso, è anche dea della guerra. Mentre la dea si trova negli Inferi, però, la terra isterilisce e non produce frutti, gli animali non procreano e tutto è desolazione e, di conseguenza, gli altri dei non vogliono che essa resti prigioniera degli Inferi e ordinano a sua sorella di restituirle la vita. Un tribunale infernale, inoltre, le concede di riportare sulla terra Tamuz e le rende tutti gli ornamenti di cui si riveste nella vita terrena e con i quali viene normalmente rappresentata nei templi: l’emblema lunare (simbolo femminino per eccellenza) che spicca sul suo capo, la coppa nella mano destra che è simbolo di gioia e abbondanza contenendo il nettare della Vita, il loto nella mano sinistra che, nascendo sott’acqua ma diventando poi un fiore di purezza ineguagliabile una volta sbocciato alla superficie, indica la grandezza delle cose nascoste e la cintura sacra che è simbolo della sua generatività[7].

Anche grazie a tutta la ricchissima mitologia che la riguarda, il culto di Ishtar si diffuse rapidamente in tutta l’area mediorientale: essa era Astarte a Canaan, Attar in Mesopotamia orientale; Athtar nell’Arabia Meridionale; Astar in Abissinia; Atargatis in Siria; Astarte in Grecia …

In tutte le varianti essa risultava essere la personificazione di quella forza della natura che dà la vita come Madre di Tutti: essa è l’”Argentea”, la “Produttrice di Semi”, e “Gravida”, la dea della fertilità, dalla quale proviene il potere della riproduzione e della crescita per i prodotti dei campi, per tutti gli animali e per l’uomo. E’ in quanto tale che diviene, come analizzeremo più approfonditamente, anche dea dell’amore sessuale e la protettrice delle prostitute, “Colei che Apre l’Utero” e principale rifugio delle madri nelle doglie del parto.

Ma Ishtar possiede un carattere duplice: non è soltanto la dispensatrice della vita ma anche la distruttrice: come per la luna, nel suo periodo crescente tutte le cose si sviluppano e nella sua fase calante tutte le cose sono diminuite e rese infime, ma, come per il ciclo della natura (e il ciclo femminile), la luna crescente ritorna di nuovo, la luce subentra all’oscurità anche quando l’oscurità vince la luce. Così anno dopo anno, Tammuz perisce e discende nel mondo infero, mentre tutto il mondo si spegne (cosa che, per altro, viene ripresa e ricordata nel Ramadan musulmano e, anche se in forma meno diretta, nella Quaresima cristiana), nulla può più essere concepito e il lutto si diffonde, ma poi la dea ritorna al mondo per liberarlo [8].

Era soltanto dopo il suo ritorno sulla terra che la fertilità, e anche del desiderio sessuale, poteva ritornare ancora una volta operante. E’ da questo aspetto che si sviluppa l’immagine “erotica” e sessuale che viene a connotare Ishtar in ogni luogo in cui il suo culto si esprime: nelle sue forme continuamente mutevoli essa interpreta tutti i possibili ruoli femminili, come figlia e sorella del dio lunare, il quale nello stesso tempo è anche suo figlio, ma anche, in quanto personificazione del femminino (per molti versi prossimo allo Yin cinese), come amante sensuale. Ecco, allora, che la seducente dea ha molti amanti, viene venerata come “colei-che accetta-tutto” e, addirittura, nella tarda epica di Gilgamesh viene definita colei che tenta alla fine di sedurre Gilgamesh[9].

Non vi era nulla di quanto oggi definiremmo “peccaminoso” nel suo agire: essendo una dea Ishtar doveva agire secondo la sua natura, e la sua natura era tale che dove essa amava, lì doveva darsi. Ma bisogna prestare attenzione ad un particolare: come la luna, Ishtar non poteva mai essere posseduta ed era sempre vergine, in una concezione del suo modo di essere che risulta in deciso contrasto con l’ideale del matrimonio esemplificato da divinità come Era, nel momento in cui, laddove nell’amore di Era si ha la fedeltà ad una promessa, nel caso di Ishtar si ha sempre e solo la fedeltà a se stessa, al sentimento attuale, alla realtà come è vissuta nel momento[10].

(continua).

[1] K. Reilly, Readings in World Civilizations: The Development of the Modern World, St Martins 1995, pp. 93 ss. e passim

[2] V. Schomp, Ancient Mesopotamia: The Sumerians, Babylonians, And Assyrians, CT Press 1995, passim

[3] J. Bottero, T. Lavender Fagan, Religion in Ancient Mesopotamia, University Of Chicago Press 2004, passim

[4] S. N. Kramer, The Sumerians: Their History, Culture, and Character, University Of Chicago Press 1971, pp. 119 ss.

[5] J. Black, A. Green, Gods, Demons and Symbols of Ancient Mesopotamia: An Illustrated Dictionary, University of Texas Press 1992, pp. 22-25

[6] S. Dalley, Myths from Mesopotamia: Creation, the Flood, Gilgamesh, and Others, O.U.P. 2001, pp. 36-41

[7] S. Langdon, Tammuz and Ishtar: a monograph upon Babylonian religion and theology containing extensive extracts from the Tammuz liturgies and all of the Arbela oracles, Nabu Press, 2010, pp. 21-96 passim

[8] A. Frandi-Coory, Whatever Happened to Ishtar?, Sid Harta Publishing 2010, passim

[9] AA.VV., Ancient Near East Law; Code of Hammurabi, Babylonian Law, Maat, Code of Ur-Nammu, Lipit-Ishtar, Laws of Eshnunna, Cuneiform Law, Hittite Laws, LLC Books 2009, pp. 58-61

[10] A. Frandi-Coory, Citato, pp. 87 ss.


[align=right]Fonte: http://www.centrostudilaruna.it/ishtar- ... parte.html[/align]



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Ciao Enki, la mia Melusina è un personaggio al limite tra due elementi, due regni: fra una ninfa e una sirena...sono in pochi a ricordarla. la Dea è l'indiscussa protagonista di un'infinità di leggende e favole, abitatrice misteriosa dei boschi, vecchia sapiente e terrifica, fata buona che reca doni, guaritrice occhiuta e preveggente...la Befana, la Baba-yaga, presenze che accompagnano l'infanzia e l'immaginario collettivo ad sempre. E' un incastro di rimandi che si potrebbe sviscerare all'infinito, trova rimandi ccon tutto quel che l'uomo ha prodotto e produce nell'ambito del fantastico, dell'arte, della religione. Indossiamo i suoi emblemi, ne facciamo gioielli,abiti, architetture. E' dentro di noi, come ogni Madre [:)] Ciao...



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Ishtar e la prostituzione sacra a Babilonia (II parte)

Autore: Lawrence Sudbury


E’ in questo quadro che si pone il grande tema della “prostituzione sacra” vista come atto religioso e non condannabile (anzi, necessario) in un’ottica che possiamo definire pienamente filosofica e, addirittura, teologica.

Va subito chiarito un assunto di base: la “prostituzione sacra” non rientra in nessun modo in un ambito sociale né “libertino” né di particolare “libertà” femminile.

In realtà, il ruolo della donna in Mesopotamia era rigorosamente definito: era, innanzitutto, la figlia di suo padre o la moglie di suo marito e raramente agiva come individuo al di fuori del contesto familiare (con pochissime eccezioni, legate, per lo più, a ruoli legati allo status sociale).

La maggior parte delle ragazze venivano addestrate fin dall’infanzia per assumere i ruoli tradizionali di moglie, madre e governante: imparavano a macinare il grano, a cucinare e a produrre bevande, in particolare la birra, e a filare e tessere. Se una donna lavorava al di fuori della sua casa, di solito il suo lavoro nasceva da una estensione dei suoi compiti domestici: si poteva, così, vendere la birra prodotta o addirittura diventare osti, oppure le conoscenze delle questioni legate alla gravidanza e all’infanzia potevano portare le donne a diventare ostetriche o a creare farmaci che impedivano la gravidanza o producevano aborti, ma qui finiva la loro “indipendenza”. Anzi, poco dopo la pubertà una giovane ragazza era già considerata pronta per il matrimonio e i matrimoni venivano organizzati dalle famiglie dei futuri sposi. Una volta che una donna era impegnata, era considerata parte della famiglia del suo fidanzato e se accadeva che il futuro marito morisse prima del matrimonio, la ragazza era tenuta a sposare uno dei suoi fratelli o, comunque, uno dei suoi parenti maschi[1].

Ci è piuttosto agevole comprendere il ruolo femminile anche solo leggendo il codice di Hammurabi, nel quale il maggior numero delle leggi è dedicato proprio al matrimonio e alla famiglia. In sostanza, la donna veniva “comprata”: per il marito era previsto un pagamento per la sposa, la quale, una volta “acquistata”, come tipico di ogni società patriarcale, aveva pochissimi diritti all’interno del matrimonio. Così, se lei non era in grado di avere figli il marito poteva divorziare, così come poteva divorziare nel caso lei cercasse di lasciare la casa senza autorizzazione al fine di esercitare una propria attività; nel caso poi la donna trascurasse la casa o umiliasse suo marito, poteva persino essere annegata.

Anche i rapporti sessuali erano strettamente regolamentati come “beni primari”: i mariti, ma non le mogli, erano autorizzati all’attività sessuale fuori del matrimonio e se una moglie veniva sorpresa in evidente adulterio poteva essere immediatamente gettata nel fiume. Insomma, i padri avevano piena autorità su mogli e figli e si aspettavano piena obbedienza e sottomissione[2].

In una situazione di questo genere, come è possibile che potesse svilupparsi una attività come quella della prostituzione sacra?

Semplicemente sulla base di un principio chiaramente espresso in una delle più antiche invocazioni trovate scritte sulle tavolette cuneiformi:

” Ciò che è buono in vista di un uomo è male per un dio,
Ciò che è male alla mente di un uomo è buono per il suo dio.
Chi può comprendere il consiglio degli dèi in cielo?
Il piano di un dio è acque profonde, che si può capire di esso?
Dove la confusa l’umanità può mai imparare cosa guida la mente di un dio?“
[3]

Insomma, proprio nel momento in cui la società viveva un duplice aspetto della realtà, legato all’intrecciarsi di piani concreti e di piani simbolici legati al divino, l’etica (o la morale, se vogliamo esprimerci in termini più strettamente teologici) dei due piani poteva non collimare e in questi casi, naturalmente, era, in un mondo largamente dominato dalla casta sacerdotale, l’aspetto del sacro ad avere la meglio.

Ovviamente, con gli occhi di una cultura monoteista, rigidamente maschilista in ambito religioso e, almeno a partire dalla predicazione paolina, che abbiamo definito largamente sessuofoba, l’istituzione di un tempio in cui le prostitute sacre svolgessero la loro attività appare inconcepibile e non è un caso che l’idea di prostituzione venisse, in tutta a letteratura patristica, legata a Babilonia, ma se vogliamo davvero comprendere il senso di tale istituzione non possiamo fare a meno di riferirla ad un ambito sacrale, profondamente legato al rapporto simbolico con il divino.

In quest’ottica, vediamo chi fossero le “sacre prostitute” e come si svolgesse il loro compito (che, per molti tratti, era il medesimo in istituzioni analoghe o derivate in Egitto, a Creta, in India e persino in Grecia e nella Roma arcaica).

Di fatto esse erano sacerdotesse sacre (il termine “prostitute” nascerà solo dal diffondersi di quelle religioni che negheranno, per altro con notevoli influssi dalla filosofia gnostica, la divinità del corpo) che si prestavano ad incarnare e rappresentare la dea in un ambito strettamente sacralizzato e “altro” rispetto al resto del mondo come quello del tempio.

All’interno del tempio, avveniva uno scambio cultuale tra sacerdotessa e “cliente” sotto la supervisione di Ishtar: le donne andavano al tempio per servire la Dea incarnandola e venire adorate in sua vece, decidendo di trascorrervi una giornata o una settimana o un anno in puro spirito di servizio, mentre gli uomini venivano accolti e serviti dalle sacerdotesse prestandosi a rappresentare Baal, il principio divino maschile, il Consorte, il toro sacro, dando il loro amore e la loro passione alla dea e ricevendo la passione, l’amore e l’affetto della Dea[4].

Il “pagamento” altro non era che l’offerta di prodotti e denaro alla dea e non una contropartita per la “fornicazione” con le prostitute del tempio, come è stato erroneamente interpretato successivamente.

Nel suo libro The Secret of Crete, H.G. Wunderlich riferisce che prima del matrimonio, ogni donna in Babilonia era tenuto ad andare al tempio di Ishtar e di giacere con uno sconosciuto[5] e abbiamo un rapporto simile da Gerhard Herm nel suo libro I Fenici[6], nel quale si spiega come venisse richiesto ad ogni donna nelle città cananee di Tiro, Sidone e Biblo di prostituirsi per un giorno e donarsi agli ospiti stranieri durante la festa di primavera[7].

Seppure questa attività “forzata” che includeva gli “stranieri” (quindi anche gli Ebrei e i proto-Cristiani) venisse duramente stigmatizzata nell’antichità [8 ] essa ci dà a pieno la cifra interpretativa del culto sessuale, che risulta completamente disgiunto da qualsiasi forma di volontà di piacere fisico sia da parte degli uomini che, soprattutto, da parte delle donne, ma che si poneva come “atto di glorificazione” della dea nel suo aspetto generativo e di “amore per tutto il creato”.

E sulla sacralità di tutto il processo non può esservi dubbio alcuno: le sacerdotesse a vita appartenevano a una gerarchia organizzata, registrata in modo accurato da parte dei babilonesi e alla cui sommità vi erano le sacerdotesse chiamate “Entu”, le quali indossavano abiti speciali per distinguersi dalle altre, abiti cerimoniali molto simili a quelli del re e che conferivano loro una dignità pari a quella dei più importanti sacerdoti maschi. Accanto a loro vi erano le “Naditu”, provenienti dalle più importanti famiglie del paese, che promettevano di dedicare la loro vita alla dea rimanendo nubili e senza figli, le “Qadishtu”, donne sacre che servivano il tempio per un certo periodo senza voti particolari e le “Ishtaritu”, donne specializzate nelle arti della danza, della musica e del canto che esprimevano la loro sessualità soprattutto ballando una versione molto sensuale della danza del ventre (da cui deriverà il seguito la famosa “danza dei sette veli”)[9]. Infine, vi erano le donne comuni che, già a detta di Erodoto, almeno una volta nella vita dovevano “sedere nel tempio dell’amore e avere rapporti sessuali con uno sconosciuto [... cosicché] gli uomini passano e fanno la loro scelta. Non importa quale sia la somma di denaro che essi offrono: la donna non potrà mai rifiutare, perché compirebbero un peccato visto che il denaro è solo [un accessorio] che rende questo atto sacro. Dopo il rapporto esse si sono santificate agli occhi della dea e se ne vanno a casa loro, e, in seguito, non c’è pagamento per quanto grande, con le quali le si possa ottenere“[10].

Va notato come l’unica “censura” o “biasimo” a cui le sacerdotesse, in particolare le “Qadishtu”, potevano andare incontro riguardava non tanto la sfera sessuale, ma la sfera socio-comportamentale derivata dalla loro permanenza al tempio. Bisogna comprendere che le sacerdotesse di Ishtar erano, per molti versi, delle donne più libere socialmente, più inserite economicamente e più avanzate culturalmente rispetto alla media (insomma, qualcosa di simile a quanto avverrà per le geishe giapponesi o le cortigiane rinascimentali): potevano comprare, vendere, dare in locazione, investire denaro, parlare liberamente con chiunque, studiare ed essere ritenute al pari degli uomini. Ebbene, una volta tornate a casa, difficilmente sapevano riadattarsi ad un ruolo sottomesso e, di conseguenza, alcuni tardi testi sumeri sconsigliano vivamente di prendere in moglie una ex-sacerdotessa, perché essa sarebbe stata “non solo troppo abituata ad aver a che fare con gli uomini, ma anche antipatica e intrattabile“[11].

Proviamo a trarre le file di quanto visto fino ad ora.

L’atto sessuale compiuto dalle “prostitute sacre” di Ishtar è un atto sacro a tutti gli effetti, in cui esse ricordano e attualizzano la presenza della dea madre nel suo aspetto legato alla femminilità generativa e in cui l’uomo assume connotazioni paritetiche di offerta dell’atto agli dei. Tale atto viene a denotarsi come elemento di perpetuazione del ciclo naturale di rinascita della natura e, conseguentemente, come atto simbolico che rinnova la fertilità della terra (non a caso la più importante festività sacra dell’anno prevedeva il congiungimento ogni primavera della Gran Sacerdotessa di Ishtar e del re, a simboleggiare l’atto ierogamico di unione di Baal, principio maschile e Ishtar, principio femminile), così come tipico di una civiltà che, pur nel suo evolversi, è sempre rimasta legata all’agricoltura e ai cicli naturali (con la loro fase generativa, ma anche con le loro fasi distruttive, da cui il “volto negativo” di Ishtar).

La sessualità, dunque, altro non è che il nucleo significante secondario rispetto alla questione più profonda della capacità riproduttiva della Dea Madre, una capacità sacralizzata che assume un ruolo primario nella società contadina e che viene attualizzata simbolicamente nel congiungimento tra uomo e donna.

Da qui derivano le caratteristiche più interessanti della “prostituzione sacra”:

1) l’altissimo ruolo delle sacerdotesse, che impersonando la dea, diventano esse stesse concausa della generatività globale su cui si basa la vita della comunità;

2) il senso del “pagamento” della prestazione sessuale, che si configura come apporto di lavoro maschile per tale generatività;

3) l’importanza attribuita all’accettazione “in qualunque caso” del “cliente”, indipendentemente da chi egli sia e da quale cifra offra, che sta a rappresentare l’universalità dei doni della dea all’umanità e la sua capacità generativa indipendentemente dal principio maschile;

4) l’usanza, sempre con un significato di universalità di doni a tutto il genere umano, da parte delle sacerdotesse di donarsi agli stranieri;

5) la necessità per ogni donna di passare almeno un giorno nel tempio e di accoppiarsi almeno una volta con uno sconosciuto, ad esemplificare e attualizzare sì il senso e il potere del femminino sacro, ma, soprattutto, a ribadirne la forza e la pregnanza alla quale nessuna si può e deve sottrarre, pena l’insenilimento del genere umano.

Ecco allora che la “prostituzione sacra” si rivela, in fondo, un grande atto di potenza proprio dell’elemento femminino sacrale, della archetipica capacità procreativa di cui ogni donna è portatrice e che nessuna donna può negare nel quadro della perpetuazione dei cicli naturali e della specie umana.

Solo laddove la maternità verrà sublimizzata o asetticizzata (a seconda dei punti di vista) in pura idea indipendente dal concreto atto inseminante, tutto ciò potrà apparire solo una “brutalizzazione” di concetti superiori, ma si tratterà di società molto differenti, forse con una capacità di astrazione più forte dovuta ad un minor contatto con la natura, ma anche con l’eliminazione proprio di quel tratto divino e regale che caratterizza l’entità femminile lunare all’interno di sistemi teologici più legati ai cicli della terra.

Note

[1] Z. Bahrani, Women of Babylon: Gender and Representation in Mesopotamia, Routledge 2001, passim.

[2] C. Kenney, Hammurabi’s Code, Simon & Schuster 1995, pp. 61 ss. e passim.

[3] D. Wolkstein, S.N. Kramer, Inanna, Queen of Heaven and Earth: Her Stories and Hymns from Sumer, Harper Perennial 1983, p. 74

[4] N. Qualls-Corbett, M. Woodman, The Sacred Prostitute: Eternal Aspect of the Feminine, Inner City Books 1988, pp. 37 ss.

[5] HG. Wunderlich, The Secret of Crete, Souvenir Press Ltd, 1975, pp, 61-63

[6] G. Herm, The Phoenicians, Littlehampton Book Services Ltd 1975, pp. 42 ss.

[7] Si noti come questa festa sopravviva oggi con il nome di “Pasqua”, che è derivato proprio dalla parola “Ishtar”

[8 ]Nel III secolo d.C., ad esempio, lo storico Eusebio descrisse l’attività di questi templi così: “E’ stata una scuola di empietà per gli uomini dissipati, che rovinavano i loro corpi nel perseguimento della lussuria Gli uomini erano molli ed effeminati, non erano più degli uomini, avevano tradito l’onore del loro sesso; credevano di dover adorare il loro dio con la lussuria impura“. Eusebio, Chronicon, V. III

[9] K.R. Nemet-Nejat, Daily Life in Ancient Mesopotamia, Greenwood Press 1998, passim

[10] Erodoto, Storie, V. II

[11] K.R. Nemet-Nejat, Citato, pp. 109 ss.


Fonte: http://www.centrostudilaruna.it/ishtar- ... parte.html


Penso sia doverosa una nota sull'autore Lawrence Sudbury:

"Nato a Londra nel 1968 ma italiano di adozione, si laurea a 22 anni con il massimo dei voti in Lettere Moderne presso l'UCSC di Milano con una tesi sui rapporti tra cultura cabbalistica ebraica e cinematografia espressionista tedesca premiata in Senato dal Presidente Spadolini. Successivamente si occupa di cinema presso l'Istituto di Scienze dello Spettacolo dell'UCSC, pubblicando alcuni saggi ed articoli, si dedica all'insegnamento storico, ottiene un Master in Marketing a pieni voti e si specializza in pubblicità. Dal 2003 si interessa di storia e simbologia religiosa: nel 2006 pubblica Il Graal è dentro di noi, nel 2007 Non per mano d'uomo? e nel 2009 L’anima e la svastica. Nel 2008 ottiene, negli USA, "magna cum laude", un dottorato in Studi Religiosi a cui seguono un master in Studi Biblici e un Ph.D in Storia della Chiesa, con pubblicazione universitaria della tesi dottorale dal titolo Nicea: what it was, what it was not (2009). Collabora con riviste cartacee e telematiche (Hera, InStoria, Archeomedia) e portali tematici, è curatore della rubrica "BarBar" su http://www.storiamedievale.org e della rubrica "Viaggiatori del Sacro” su http://www.edicolaweb.net.

Sito internet: http://www.lawrence.altervista.org. "
[align=right]
Fonte: http://www.centrostudilaruna.it/autore/ ... e-sudbury/[/align]


Ultima modifica di Hynekeniano il 25/05/2011, 10:25, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 25/05/2011, 10:39 
...veramente molto interessante, complimenti per i contributi...[:)]



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Strano come una discesa vista dal basso somigli tanto ad una salita... (Pippo)
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MessaggioInviato: 25/05/2011, 11:16 
C'è una credenza da sfatare, cioè il fatto che il Femmineo Sacro sia sempre stato associato ai culti lunari, riporto da wiki:

"Comunemente si pensa alle divinità solari come l'equivalente maschile della divinità lunare (in genere femminile); tuttavia, divinità solari femminili si ritrovano in ogni continente (per esempio, Amaterasu nella credenza Giapponese), così come si ritrovano divinità lunari maschili. Tra i primi documenti di credenze umane, le prime dee del pantheon Egizio portavano un sole sulla testa come simbolo di dignità. Il sole era una delle espressioni maggiori dei simboli e dei geroglifici egiziani; tutte le divinità lunari del pantheon erano maschili. Il cobra, la leonessa, la mucca, i simboli dominanti delle più antiche divinità egizie mostravano la loro relazione con il sole in cima alla testa; erano divinità femminili ed il loro culto rimase attivo per tutta la storia della cultura. In seguito, nella diciottesima dinastia, venne posto un dio sole in cima alle altre divinità solari, prima che l'”aberrazione” fosse spenta e il vecchio pantheon ristabilito.

Alcuni mitologi, come Brian Branston, sostengono che le divinità solari femminili siamo, a livello globale, maggiormente diffuse che non le loro controparti maschili. Affermano anche che la convinzione che le divinità solari siano in primo luogo maschili è collegata al fatto che poche mitologie meglio conosciute (come quelle del tarda Grecia classica e la tarda mitologia Romana) raramente infrangono tale regola, sebbene delle analisi più ravvicinate dei miti precedenti di quelle culture rivelino una distribuzione molto diversa di quella della credenza popolare contemporanea. Il dualismo sole/maschio/luce e luna/femmina/oscurità si trova in molte (ma non tutte) tradizioni dell'Europa meridionale che derivano dalle filosofie Gnostiche e Orfiche.

Nella mitologia Germanica il Sole è femmina e la Luna è maschio. Il nome corrispondente in inglese antico è Si#541;el (/#712;s#618; jel/), che deriva dal Proto-Germanico *Sôwilô o *Saewelô. La dea del sole dell'antica Germania Alta è Sunna. Nelle tradizioni scandinave, ogni giorno Sól corre attraverso il cielo sulla sua carrozza, spinta da due cavalli di nome Arvak e Alsvid. Anche Sunna, Sunne, e Frau Sunne venivano chiamate Sól, dalle quali derivano le parole “sun” (sole) e “Sunday”"

http://it.wikipedia.org/wiki/Sole_%28di ... e_maschile

Il sole era associato inizialmente al Femmineo Sacro, sia perchè con i suoi raggi permetteva la vita, sia per il rosso uguale al sangue del ciclo, la luna bianca era accostata al principio maschile dal colore dello sperma.

Troviamo queste analogie anche in alcune scuole ermetiche, comunque poca importanza ha dato che questo ha importanza solo in una limitata visione duale del mondo illusorio, chi comprende il senso della Madre e dei suoi 3 cicli è al di sopra di queste divisioni.



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MessaggioInviato: 25/05/2011, 11:29 
Interessante Hynek...
Proviamo a sviluppare in modo sintetico anche questo(?):

Intorno all'Eone di Maat, vi sono state innumerevoli discussioni: tra le posizioni più interessanti intorno all'argomento abbiamo quella di Kenneth Grant, scrittore-occultista inglese ed attuale leader dell' OTO Tifoniano. Grant ricorda, nell'introduzione al libro di Ingalls, come egli avesse chiesto a Crowley, verso la fine della II Guerra Mondiale, quando l'Eone di Maat avrebbe fatto la sua comparsa e Crowley seccamente rispose che la guerra doveva ancora iniziare, e che Maat avrebbe aspettato ancora a lungo…il grande mago inglese naturalmente si riferiva ai grandi sconvolgimenti che il nostro mondo avrebbe attraversato nei decenni successivi alla fine della guerra. Come Grant precisa, Maat ha aspettato, ma non per tanto quanto Crowley aveva immaginato perchè, giunti al punto in cui siamo in questo Eone di dissoluzione e distruzione, anche la teoria degli Eoni in successione potrebbe essere superata: "Noi viviamo nell'eone in cui proiettiamo tutto di noi stessi, la nostra 'vita', il nostro 'mondo'. Ne consegue che nel momento in cui cesseremo di proiettarci, ci renderemo pronti per la stessa Maat". Secondo Grant Horus ha permesso di liberarci dalle catene delle religioni secolarizzate, e non vi è più bisogno di "attendere" per il prossimo Eone di ricostruzione, ma le energie creative della nuova rinascita Maatiana possono già essere canalizzate, adesso!
In effetti, quale momento migliore per la ricostruzione che quello della distruzione appena avvenuta o addirittura in atto?
Non dimentichiamo che l'Eone di Horus ha due facce: quella solare e distruttiva di Horus stesso, il falco, e quella del suo lato oscuro, Set, signore di Amenti, il regno oscuro e nascosto.
L'Eone di Maat agirebbe in tandem con quello di Horus con Set come ponte unificatore: con una metafora, possiamo immaginare Horus che solca i cieli e vedere dalla sua ombra (Set) staccarsi una piuma di Maat che precipita al suolo, come un seme universale, in un Solve et Coagula macrocosmico.
Ma come applicare al piano pratico tutte queste metafore e simbologie, ma soprattutto il "proiettarsi" nel prossimo eone?
In realtà, all'interno dell'occultismo contemporaneo, possiamo testimoniare direttamente il fermento attuale di queste energie: per la prima volta dall'avvento degli dei-schiavi sterili e patriarcali, vi sono molti thelemiti che Operano finalmente liberati dalla prigionia delle superstizioni, dalle catene delle falsità e dai dualismi noti come "bene" e "male", magia "nera" e "bianca", "bassa" ed "alta" .
La funzione "creativa" dell'Eone di Horus può quindi concretamente canalizzare la forza di Maat in un "coagula" alchemico già da adesso?
Non vi è più bisogno di miraggi fideistici in questo Eone quindi, siano essi il regno dei cieli dei cristiani o l'attesa di un Nuovo Eone…la nuova era dunque la costruiamo noi, canalizzando creativamente le energie dei mondi senza fine che operano dentro e fuori della nostra coscienza.

https://www.facebook.com/topic.php?uid= ... &topic=264



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MessaggioInviato: 25/05/2011, 12:00 
Topic molto interessante. Finalmente riesco ad approfondire l'argomento [:)]
Visto che ci sono, Enkidu, va bene se uso il tuo post di inzio topic (e anche i futuri, che mi sembra di aver capito che farai) come articolo/i per ufoplanet?


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MessaggioInviato: 25/05/2011, 14:14 
Crowley e la sua filosofia hanno fatto scuola, tra l'altro non dimentichiamo che la cronaca del primo "Grigio" la dobbiamo a lui, e che ha influenzato il fondatore di religione che basa il suo credo su entità aliene.

Ma tornando in tema di Madre, Crowley era stato per diverso tempo nella Goldew Down, dove si praticava la magia sessuale e di conseguenza il culto del Femmineo Sacro, poi ne fece il punto nodale per la sua Via spirituale e le sue pratiche magiche.

Da sempre è stata trasmessa per via iniziatica una vecchia conoscenza, forse retaggio dell'età dell'oro, il tempo in cui gli Dei stavano insieme all'uomo.

Queste conoscenze trasmesse per via simbolica, quindi, musica, scultura, disegni (che tutti sono in grado di percepire, anche se non capire), con le opportune chiavi di ricerca e con le oppurtune parole di conoscenza (linguaggio degli uccelli), dovevano perdurare nei secoli, sopravivvendo a guerre, catastrofici, avvoltoi, sciacalli e soprattutto religioni.

Quindi hanno preso diverse forme a volte anche religiose, altre volte alchemiche, altre volte mistiche, a volte sembrano antitetiche ma per chi capisce sono normali.

La Golden Down, l'O.T.O. (Ordo Templis Orientis) e Crawley conoscitori di vecchie tradizioni avevano usato i mezzi a loro disposizione per ricercare l'unità, logicamente erano profondi conoscitori dei culti Shakta e Tantrici orientali, oltre ai misteri egizi, mithraici ed eleusi, che con il passare dei secoli e degli ambienti sono stati logicamente trasformati, e a seconda degli utilizzatori anche inficiati della loro Potenza.

Un racconto della creazione di un'antica tradizione trantica Shakta (culto della Madre) narra che:

All'inizio era il nulla, esisteva un'energia onnipresente femminile pregna di Potenza, la Shakti che vuol dire potenza creatrice, la stessa ad esempio che fa uscire un fiore da un seme.

La Shakti si sentiva sola quasi un'angoscia in quell'immensità di nulla, desiderò una compagnia, la sua energia si divise in due creando una controparte maschile che era Coscienza allo stadio puro.

I due si videro e si amarono dal loro amplesso ci fu un'esplosione di Potenza mista a Coscienza talmente forte che si crearono gli universi ed i mondi, abitanti compresi.

Il desiderio creò anche gli uomini i quali cercano di ricongiungersi oltre che per proseguire la specie anche per tornare alla Madre.

Per far questo le due metà devono essere unite e diventare una sola come all'inizio, si evince che questo va ben oltre uno sterile rapporto sessuale.

Questa ricerca influenzava anche Crowley che riportò le vecchie conoscenze della Via della Mano Sinistra nei suoi esperimenti di Magia Rituale a indirizzo sessuale o bi-sessuale, il tutto per raggiungere l'Uno la Madre Primordiale.

Una sorta di alchimia sessuale, o se preferiamo dei vecchi culti orgiastici che caratterizzarono i primi culti dell'abbondanza, a questo Crowley il dissacramento per le regole etiche e morali della decadente società in cui viveva, in modo da poter spezzare l'ego che incatenava al mondo duale e illusorio.

A questa erano accodate anche pratiche interiori che sfruttavano la dualità presente all'interno di ognuno, in modo che Coscienza e Potenza potessero tornare uno.

Ne troviamo prova di questo in:

"Noi viviamo nell'eone in cui proiettiamo tutto di noi stessi, la nostra 'vita', il nostro 'mondo'. Ne consegue che nel momento in cui cesseremo di proiettarci, ci renderemo pronti per la stessa Maat"

Come detto diverse volte dopo la morte ognuno ha un paradiso consono al suo pensiero e visione, idem dicasi nella vita normale dove quello che vediamo è proiezione soprattutto dei lati oscuri che combattiamo all'interno, quando si riesce a vincere questo a sublimare i due opposti spariscono anche bene e male, e allora si torna uno in questo stadio si è pronti per percepire la Madre che poi è il tutto, la coscienza si espande oltre ogni barriera e si fa parte del tutto e si è la Madre stessa.

Personalmente penso che più indietro si va più vicini alla Vera Madre si sia, il messaggio è stato sempre più elaborato nell'andare dei secoli e sempre meno comprensibile.

Al testo postato manca una parte:

"Non vi è più bisogno di miraggi fideistici, siano essi il Regno dei Cieli dei cristiani o l'attesa di un "Nuovo Eone"…la nuova era la costruiamo noi, canalizzando le energie dei mondi senza fine che operano dentro e fuori della nostra coscienza,

[.....]

attraverso le correnti magiche della doppia spirale della Kundalini cosmica che permettono così al Sole Nero della conoscenza occulta di sorgere sia all'interno di noi stessi che in una dimensione macrocosmica - "ciò che è in alto è come ciò che è in basso" - uomo e cosmo, uniti in un Ouroboros universale.

"Aspettalo non da Oriente e nemmeno da Occidente; poiché quel figlio verrà da un punto inaspettato. Aum! Tutte le parole sono sacre e tutti i profeti veri; eccetto che loro ne capiscono solo una parte; risolvi la prima metà dell'equazione e lascia la seconda intatta. Ma tu possiedi tutto in chiara luce, ed alcune cose, sebbene non tutte, nel buio. "
Liber AL vel Legis: I, 56


La fonte è il Dragon Rouge altra Loggia nata sulle orme delle vecchie società esoteriche, poco diffusa in Italia.

da http://www.dragonrouge.net/

Nell'ultimo pezzo si parla di via yogica di Kundalini la la parte della Shakti presente dentro ognuno di noi come la Cosenza del suo sposo, dalle loro nozze nascerà l'uomo nuovo, quello che Fulcanelli chiamò Bambino Metallico.

Quindi di nuovo l'Uno con il femmineo Sacro per tornare all'Utero della Madre chiamata in questo caso Maat.


Ultima modifica di Hynekeniano il 25/05/2011, 14:22, modificato 1 volta in totale.


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Il Tuono, Mente Perfetta


Io fui mandata dal Potere,

ed Io sono venuta presso coloro che riflettono
su di me,
ed Io sono stata trovata tra quelli
che mi cercano.
Cercatemi, voi che meditate su di me,
e voi uditori, ascoltatemi.
Voi che mi state aspettando,
portatemi a voi.
E non allontanatemi dalla vostra vista.
E non fate in modo che la vostra voce mi possa odiare, e neppure il vostro ascolto. Non ignoratemi, ovunque ed in ogni tempo. State in guardia!
Non ignoratemi.

Perché Io sono la prima e l’ultima.
Io sono l’onorata e la disprezzata.
Io sono la prostituta e la santa.
Io sono la sposa e la vergine.
Io sono la madre e la figlia.
Io sono le membra di mia madre.
Io sono la sterile
E molti sono i miei figli.
Io sono colei il cui matrimonio è grande,
eppure Io non ho marito.
Io sono la levatrice e colei che non partorisce.
Io sono il conforto dei miei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
ed è mio marito che mi generò.
Io sono la madre di mio padre
E la sorella di mio marito
Ed egli è la mia progenie.
Io sono la schiava di lui, il quale mi istruì.
Io sono il sovrano della mia progenie.
Ma egli è colui il quale mi generò prima del tempo, nel giorno della nascita.
Ed egli è la mia progenie, a suo tempo,
ed il mio potere proviene da lui.
Io sono l’appoggio del suo potere nella sua giovinezza, ed egli il sostegno della mia vecchiaia.
E qualsiasi cosa egli voglia, mi succede.
Io sono il silenzio che è incomprensibile,
e l’idea il cui ricordo
è costante.
Io sono la voce il cui suono è multiforme
e la parola la cui apparizione
è molteplice.
Io sono la pronuncia del mio nome.

Perché, voi che mi odiate, mi amate,
ed odiate quelli che mi amano?
Voi che mi rinnegate, mi riconoscete,
e voi che mi riconoscete, mi rifiutate.
Voi che dite la verità su di me, mentite su di me,
e voi che avete mentito su di me,
dite la verità.
Voi che mi conoscete, ignoratemi,
e quelli che non mi hanno conosciuta,
lasciate che mi conoscano.

Perché Io sono il sapere e l’ignoranza.
Io sono la vergogna e l’impudenza.
Io sono la svergognata; Io sono colei che si vergogna.
Io sono la forza e la paura.
Io sono la guerra e la pace.
Prestatemi attenzione.
Io sono la disonorata e la grande.

Prestate attenzione alla mia povertà e alla mia ricchezza. Non siate arroganti con me quando Io sono gettata fuori sulla terra,
e voi mi troverete in quelli che stanno per
giungere.
E non cercatemi nel mucchio di letame
Non andate lasciandomi esiliata fuori,
e voi mi troverete nei regni.
E non cercatemi quando sono gettata fuori tra
coloro che
Sono disgraziati e nei luoghi più miseri,
Non ridete di me.
E non lasciatemi fuori tra quelli che sono uccisi nella violenza.
Ma Io, Io sono compassionevole ed Io sono crudele.

State in guardia!
Non odiate la mia obbedienza
E non amate il mio auto – controllo.
Nella mia debolezza, non abbandonatemi,
e non siate spaventati del mio potere.
Perché voi disprezzate la mia paura
E maledite la mia gloria?
Ma Io sono colei che esiste in tutti i timori
E la forza nel tremare.
Io sono quella che è debole,
ed Io sto bene in un luogo piacevole.
Io sono la dissennata ed Io sono la saggia.

Perché mi avete odiata nelle vostre assemblee? Perché Io dovrò essere silenziosa tra quelli che sono silenziosi, ed Io dovrò apparire e parlare,
Perché quindi mi avete odiata, voi Greci?
Perché Io sono una barbara tra i
barbari?
Perché Io sono la saggezza dei Greci
Ed il sapere dei Barbari.
Io sono il giudizio dei Greci e dei barbari.
Io sono quella la cui immagine è grande in Egitto
e quella che non ha immagine
tra i barbari.
Io sono quella che è stata odiata ovunque
e quella che è stata amata in ogni luogo.
Io sono quella che essi chiamano Vita,
e che voi avete chiamato Morte.
Io sono quella che essi chiamano Legge,
e voi avete chiamato Illegalità.
Io sono quella che voi avete inseguito,
ed Io sono colei che avete
afferrato.
Io sono quella che avete dispersa,
eppure mi avete raccolta insieme.
Io sono quella di cui prima vi siete vergognati,
e voi siete stati svergognati verso di me.
Io sono colei che non riceve festeggiamenti,
ed Io sono quella le cui celebrazioni sono molte.
Io , Io sono senza Dio,
ed Io sono quella il cui Dio è grande.
Io sono quella sui cui avete meditato,
eppure voi mi avete disprezzata.
Io sono incolta,
ed essi imparano da me.
Io sono quella che voi avete disprezzata,
eppure riflettete su di me.
Io sono quella dalla quale vi siete nascosti,
eppure voi apparite a me.
Ma se mai vi nascondeste,
Io stessa apparirò.
Perché se mai voi appariste,
Io stessa mi nasconderò da voi.
Quelli che hanno(…) ad esso (…) insensibilmente.

Prendetemi ( …conoscenza )dal dolore
Ed accoglietemi
Da ciò che è conoscenza e dolore.
Ed accoglietemi dai luoghi che sono brutti e in rovina,
e sottratti da quelli che sono buoni
anche se in bruttezza.
Fuori dalla vergogna, portatemi a voi sfacciatamente,
e fuori dalla sfrontatezza e dalla vergogna,
riprendete le mie membra in voi.
E venite a promuovermi, voi che mi conoscete
E voi che conoscete le mie membra,
e stabilite la Grande tra
le prime piccole creature.
Venite ad appoggiarmi presso l’infanzia,
e non disprezzatela perché è piccola
e piccina.
E non distaccate le grandezze in diverse parti dalle piccolezze,
perché le piccolezze sono conosciute dalle
grandezze.

Perché mi maledite e mi venerate?
Voi avete recato offesa e voi avete avuto misericordia. Non separatemi dai primi che avete
conosciuto.
E non allontanate, né scacciate alcuno
[...] scacciare voi e [...conoscer] lo per niente.
[...].
Ciò che è mio [...].
Conosco quelli che vennero per primi e quelli dopo di loro conoscono me.

Ma Io sono la Mente [Perfetta] ed il riposo di [...]. Io sono la conoscenza della mia domanda, E la scoperta di quelli che aspirano a me,
e il comando di quelli che di me domandano,
e il potere dei poteri nella mia scienza
degli angeli, che sono stati mandati al mio ordine,
e degli dei nelle loro ere dal mio consiglio,
e degli spiriti di ogni uomo che esiste con me,
e delle donne che dimorano dentro di me.
Io sono quella che è venerata, e che è pregata,
e che è disprezzata sdegnosamente.
Io sono la pace,
e la guerra è venuta per causa mia.
E Io sono uno straniero e un compatriota.
Io sono la sostanza e quello che non ha sostanza.

Quelli che sono senza unione con me sono ignari di me,
e quelli che sono nella mia sostanza sono quelli che conoscono me.
Quelli che sono vicini a me sono stati ignari di me,
e quelli che sono distanti da me sono quelli che mi hanno conosciuto.
Nel giorno in cui Io sono vicino a te, tu sei distante da me,
e nel giorno in cui Io sono distante da te, Io sono vicino a te.

[Io sono ...] dentro.
[Io sono ...] delle nature.
Io sono [...] della creazione degli spiriti.
[...] preghiera delle anime.
Io sono il controllo e l’incontrollabile.
Io sono l’unione e la dissoluzione.
Io sono ciò che è perenne ed Io sono la dissoluzione della materia. Io sono quella sotto,
ed essi vengono sopra di me.
Io sono il giudizio e l’assoluzione.
Io, Io sono senza peccato,
e la radice del peccato deriva da me.
Io bramo avidamente l’apparenza esteriore,
e il proprio controllo interiore esiste dentro di me.
Io sono l’ascolto accessibile a tutti
E il discorso che non può essere capito.
Io sono un muto che proprio non parla,
e grande è la moltitudine delle mie parole.

Ascoltatemi in grazia, e imparate di me con approssimazione. Io sono colei che urla,
e Io sono rigettata sopra la faccia della terra.
Io preparo il pane e la mia mente dentro.
Io sono la conoscenza del mio nome.
Io sono quella che grida,
ed Io ascolto.
Io appaio e [... ] cammino in [... ] sigillo del mio [... ].
Io sono [... ] la difesa [... ].
Io sono quella che è chiamata Verità
e ingiustizia [... ].

Voi mi onorate [... ] e voi mormorate contro di me.
Voi che siete conquistati, giudicate loro (chi conquista voi)
prima che essi esprimano sentenza contro di voi,
perché il giudizio e la parzialità risiedono in voi.
Se voi siete condannati da questo, chi vi affrancherà?
Oppure, se voi sarete liberati da questo, chi sarà in grado di tenervi in custodia?
Perché ciò che è dentro di voi è quello che a voi è fuori,
e quello che vi avvolge all’esterno
è quello che dà la forma all’interno di voi.
E quello che voi vedete fuori di voi, voi lo vedete dentro di voi; esso è evidente ed è il vostro vestito.

Ascoltatemi, voi che mi udite,
e imparate le mie parole, voi che mi conoscete.
Io sono la conoscenza che è accessibile a chiunque:
Io sono il discorso che non può essere compreso.
Io sono il nome del suono
e il suono del nome.
Io sono il segno della lettera
e la destinazione della separazione
Ed Io [...].
(3 linee mancanti)
[...] luce [...].
[...] ascoltatori [...] a voi
[...] il grande potere.
E [...] non rimuoverà il nome.
[...] all’entità che mi ha creato.
E Io dirò il suo nome.

Fate attenzione allora alle sue parole
e a tutte le scritture che sono state composte.
Prestate attenzione allora, voi che ascoltate
ed anche voi, gli angeli e quelli che sono stati inviati,
e voi spiriti che vi siete levati dai morti.
Perché Io sono quella che da sola esiste,
ed Io non ho alcuno che mi giudicherà.

Perché sono molti i gradevoli aspetti che esistono in numerosi peccati
e smoderatezze
e passioni scandalose
e piaceri momentanei
che (gli uomini) assaporano finché non diventano equilibrati e salgono al loro luogo di riposo.
E loro mi troveranno lì
ed essi vivranno
ed essi non moriranno di nuovo.

-------------------------------------------------------
La traduzione, curata * Xenia e ddrwydd del Tempio di Ara, cui va il nostro più sentito ringraziamento, é tratta dal log di WiccaNew é deriva da una trascrizione inglese dal copto di George W. MacRae S. J. così come pubblicata in un libro edito da James M. Robinson, The Nag Hammadi Library, HarperCollins, San Francisco, 1990.

fonti bibliografiche:
http://www.stoa.org/diotima/anthology/thunder.shtml
http://www.gnosis.org/naghamm/thunder.html
http://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline ... under.html


Questo materiale è stato pubblicato per la prima volta come inedito nel sito del gruppo Matrika


Purtroppo vedo che non sono più attive diverse fonti, il brano è tratto da un testo trovato a Nag Hammadi.



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MessaggioInviato: 26/05/2011, 09:16 
La questione della dea madre non si può comprendere senza un dio padre. In realtà anche alcune interpretazioni di Genesi fanno propendere per il dualismo. All'inizio Dio aleggiava sulle acque. Per molti versi sembra quasi una sorta di corteggiamento prima della fecondazione. Anche il giardino Eden viene in alcuni casi interpretato in modo femminile. Facciamo a nostra immagine e somiglianza, maschio e femmina ha in sé la duplicità maschile e femminile poi negata con l'affermazione del monoteismo in cui il ruolo femminile viene assunto da Israele, mentre nel cristianesimo dalla Chiesa e dalla Madonna. Il seppellire i morti nella terra è un modo che sin dall'antichità ha il significato di far tornare alla terra ciò che è stato formato dalla terra. Mentre il dogma dell'assunzione dovrebbe simboleggiare l'ascensione della materia e la sua ricongiunzione allo spirito, il che sembra in contrasto all'interno dello stesso cristianesimo dove l'ascensione è subordinata alla trasfigurazione. Anche la crocifissione con il palo piantato nella terra e con il sangue di Cristo che purifica la terra si può leggere secondo questa duplicità maschile-femminile. Si tratta di una simbologia presente in modo diverso, ma non troppo, in tutte le religioni.



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Logicamente è presente una figura maschile anche nei vecchi culti della Madre, o meglio una figura androgine ad indicare l'unità, oppure una figura maschile secondaria.

Le religioni monoteiste nate distruggendo i culti della Madre, hanno portato retaggi di questi per poi gradatamente farli sparire, un po come è capitato con i culti di Iside trasformati prima in Vergini Nere e poi in Madonne normali, stesso dicasi dopo lo sterminio delle sacerdotesse celtiche, dove le divinità sono state soppiantate con i culti mariani.

Lo spirito santo dal punto di Gnostico dovrebbe essere femminile, infatti hai intuito bene centrando i punti dove si evince questo dualismo.

Ma il culto della Madre non è duale, dato che lo è l'illusione della nascita a far credere alle genti di essere tanti, ma il "ventre" (l'atanor) è uno, ecco perchè la rappresentazione bisessuata della Dea.

Penso possa essere interessante questo articolo.


LA DEA MADRE
di francesco faraoni

La dea madre è ovunque.
Era. È. Sarà.
La dea madre è in ogni cosa.


Il culto della Grande Madre ha radici inenarrabili, la sua origine è avvolta nel mistero, o forse non ha alcun principio poiché è il Culto dell’Universo: è all’essenza femminile che si deve l’atto della genesi della creazione di tutte le cose. La dea madre è l’utero primordiale dal quale scaturì la scintilla del Bing Bang Generazionale. Questa forza energetica è di per sé l’unica spiegazione spirituale alla quale possiamo associare l’atto procreativo di ogni cosa. La dea è Utero Materno dove è possibile seminare Creazione e Vita. Il seme della creazione è la sua stessa volontà. Nel neopaganesimo, come in alcune forme della stregoneria, la dea madre è la figura centrale del culto e della tradizione. Rappresenta la fertilità, è causa della vita, è Creatrice e Distruttrice, regina del cielo; è Luna e Sole. Quando si parla di Grande Madre si associa a questa figura esclusivamente l’essenza femminile. Teoricamente nella Grande Madre possiamo intravedere la dualità dello Yin e dello Yang che si contemplano a vicenda, esistendo in concomitanza: pur essendo femminile la dea è anche l’espressione del maschile. Non a caso molte divinità femminili sono state descritte dalla mitologia come “partorienti vergini”, ossia senza un’apparente simbologia di “unione” esterna, distaccata, come non è raro osservare divinità maschili che partoriscono i propri figli per partenogenesi (Zeus che partorisce sua figlia Atena dalla testa).

La profonda poeticità della simbologia della Dea Madre ci viene descritta dalla Terza ATU - ovvero L'Imperatrice che descrive nella sua profonda essenza l'immensità della Madre Dea. Aleister Crowley descrive L'Imperatrice affermando "nella mano destra tiene il loto di Iside che rappresenta la forza femmine o anche passiva. Le sue radici sono nella Terra sott'acqua, oppure nell'acqua stessa, ma i suoi petali si aprono verso il Sole. Sulle colonne del suo trono, che ricordano delle fiamme, sono seduti un passero e una colomba, lo spazio al di sotto del trono è coperto di gigli e di pesci. La simbologia araldica dell'Imperatrice è di duplice natura: da un lato è rappresentato il pellicano tradizionale che nutre i suoi piccoli con il sangue del suo cuore; dall'altro vediamo l'aquila bianca degli alchimisti". Le interessanti osservazioni che Crowley fa su questa simbologia ci danno molteplici informazioni; è particolarmente profonda l'immagine dei petali del Loto che si aprono verso il Sole è un chiaro riferito alla "relazione" tra Dea Madre e Sole (non a caso il loto poggia sulla MANO DESTRA della dea madre, simbolo riconducibile alla potestà della dea madre sul dio padre). La virtù divina del Sole diventa vitale nella simbologia della Dea Madre: il Loto aprendosi al Sole, apre letteralmente la simbologia della Grande Madre alla simbologia Solare. La stessa mitologia ci dà questo riferimento: Iside attraverso l'astuzia e l'intelligenza ottiene dal Dio Sole RA il potere di dominare il Sole. La Dea Iside così oltre a possedere il potere della magia e il potere lunare (immaginazione creativa) acquisisce il potere vitale e razionalista che proviene dall'emanazione solare (realizzazione creativa). E' per questo che la Dea Madre può essere considerata una divinità completa, a tal punto che passa in secondo piano la sua natura sessuale che è tale solo per volontà "antropologica", per la tipica necessità dell'uomo di umanizzare le "cose spirituali e divine" per meglio comprenderle. La dea madre è dedizione e nutrimento come ci viene indicato dall'immagine del Pellicano che nutre i suoi figli, ai quali dona il sangue del suo cuore per sostenerli. La dea madre è il sangue del Pellicano, è il nutrimento che il Pellicano offre ai suoi figli, stillandolo dal suo cuore puro e devozionale. Interessante è anche il messaggio ermetico che ci viene dato dalla simbologia della Dea Madre presente nell'ATU de L'Imperatrice di Crowley dove c'è la presenza di una colomba e di un passero: il passero è associato ad Afrodite e quindi alla cupidigia; la colomba è invece un simbolo di purezza e candore; la dea madre presente nella simbologia di Crowley è rivolta, con lo sguardo, verso la colomba, come se ignorasse il passero di Afrodite. Cosa significa questo? Nella concezione simbolica spesso la dea madre viene associata a Lilith divinità collegata alla cupidigia, alla lussuria e alla sessualità. Nella dea madre crowleiana appare negata questa correlazione simbolica: la dea madre trascende la cupidigia e gli istinti, supera cioè la concezione lilithiana e va oltre, è qualcosa che non concerne la sessualità femminile o la sessualità in genere e viene abrogata quindi la solita corrispondenza della sessualità a cui spesso si associa la dea madre, alla quale in molti hanno associato grande potere di fertilità, di sessualità e di lussuria. La dea madre non è cosciente degli istinti? No... in questa simbologia la dea madre è cosciente e consapevole dei suoi istinti, a tal punto di risultare indifferente ad essi, perchè appunto consapevole! Ecco che questa divinità appare diversa da tutte le altre, e infatti non possiamo dare un nome univoco a questa simbologia: la dea madre non è Iside e nemmeno Afrodite, non è nessun "nome" conosciuto, è oltre, è la correlazione tra Loto e Sole. Crowley associa al ventre della dea madre il simbolo alchimistico del sale. Rimanendo sempre nella dea madre impressa nel terzo arcano maggiore delle ATU d Crowley, il Pellicano e l'Aquila esprimono altre componenti tipiche della Grande Madre. Come già accennato, il Pellicano offre il sangue del suo cuore ai suoi figli, per nutrirli. Questo è un atto di profondo amore ma anche di sacrificio estremo perchè con questo atto il Pellicano è consapevole che dal suo nutrimento e dalla sua dedizione verso i suoi figli si presenterà il suo sacrificio mortale. Appare chiara l'emersione della Dea Madre Oscura presente nella simbologia della Grande Madre: l'oscura regina madre che pretende il sacrificio della vita in nome della salvazione e della nutrizione dei figli! L'aquila è il riferimento non solo del mercurio alchimistico, ma anche della regalità dei gesti e della violenza della decisione. L'aquila è il pensiero dominante della dea madre. Quindi nelle simbologie date alla lama de L'Imperatrice, Crowley ci parla della sua visione della dea madre: va detto che Crowley aveva un forte complesso verso la figura "femminile" e quindi verso il suo archetipo e questo trapela chiaramente nelle simbologie date dove la madre oscura (dea oscura e distruttiva) viene nascosta, velata, dietro le simbologie ermetiche della lama, invece che essere espressa chiaramente come la simbologia della dea madre vorrebbe: dea benefica e magnanima ma anche terribile e oscura.

L’archeologia ci porta testimonianze del culto della Grande Madre iniziando dall’Era Paleolitica inducendo l’antropologia a ritenere che le prime divinità contemplate dalle popolazioni umane fossero femminili. Continuano però le scoperte archeologiche che antepongono il “culto del divino” sin all’Età dei primi ominidi, quando le manifestazioni della Terra e del Cielo erano considerate divine. Un fulmine che colpisce un albero, generando fuoco, sicuramente era considerato un fenomeno divino, perché appunto privo di una spiegazione apparentemente razionale. I primi uomini e le prime donne dell’umanità consideravano divina la Natura con le sue manifestazioni. Nel concetto di “creazione” ancora oggi non è certa alcuna teoria. Nella spiritualità dell’uomo molti sono gli approcci e i metodi con i quali ci si avvicina alle sfere del divino, ma l’unica cosa che accomuna ogni convinzione è che il principio divino si sia generato da sé stesso, e da sé stesso continua a crearsi attraverso il frutto della sua creazione ossia da ogni cosa vivente, animata e inanimata. L’origine del divino è l’origine dell’Universo e a prescindere quale sia l’approccio (da quello spirituale a quello scientifico) la creazione rimane un mistero insondabile, che conduce l’uomo alla meraviglia e alla continua ricerca di una “verità” che plachi lo spirito e la sua affannosa necessità di conoscere e sapere, lungo il cammino dell’iniziazione. La Dea Madre ha accompagnato l’evoluzione dell’umanità sin dai suoi albori, incarnando proprio l’aspetto della “Materna Donna che allatta i suoi figli nel tragitto della vita, sino allo svezzamento”. Ovviamente qui mi riferisco alla vita dell’umanità, al suo percorso, che non è fatto di “anni”, e nemmeno di millenni, ma di ERE. La dea madre, nelle sue tante manifestazioni, è stata sempre centrale nel culto di ogni società; è vero poi che certe civiltà hanno invece portato in maggior risalto i simboli di déi maschili e virili, specie nell’Era postneolitica, ma sotto le vesti di ogni divinità, a prescindere dalla sessualità che l’uomo vuole dargli, c’è e rimane sempre lo stesso “Principio” che possiamo solo definire nel nome di Magna Mater perché non esistono altre parole, in nessuna lingua conosciuta, capaci di definirla con maggiore comprensione. Non è necessario per la Dea Madre ritornare tra l’umanità perché è sempre con essa; quello che si sta verificando ormai da qualche decennio è, invece, la rivisitazione di antichi culti, quindi non tanto il riavvicinamento a divinità antecedenti questi tempi moderni, quanto il riavvicinamento ad approcci postcristiani, di origine pagana, con cui perpetuare la devozione della dèa. Per circa duemila anni la Dea Madre si è manifestata sotto le vesti di una signora definita “Vergine” e chiamata col nome di MARIA (manifestandosi anche in altre vesti, in tutti i culti e le tradizioni conosciute nel mondo). È la dèa che continua a trasformarsi in ogni tempo per meglio essere vicina ai suoi figli prediletti come manifestazione del suo amore eterno fatto di volontà implacabile. La figura della Madonna dei Cristiani è significativa per descrivere la potenza archetipica della déa madre. Nonostante le sacre scritture, nonché i dogmi della Chiesa Cattolica, descrivono la Madonna solamente come “strumento di Dio”, vettore attraverso cui è nato il figlio di Dio, Cristo, - e nonostante la Chiesa abbia più volte vietato il culto mariano, in antichità, poi costringendosi per vox populi a ufficializzarlo - Maria pare a volte distaccata dalla “Trinità Unico Dio” ricreandosi attraverso le sue tante manifestazioni una popolarità insolita, che spesso è di imbarazzo per la Chiesa Cattolica stessa. Maria è centrale nel culto dei Cristiani, a volte viene prima del Signore e di Dio nella tradizione popolare cristiana e cattolica specie nelle preghiere che utilizzano l’invocazione di simboli collegati tutti a questa donna. Maria è la Dea Madre dei Cristiani e nonostante questa affermazione non sarà di certo condivisa da molti pagani, come non troverà d’accordo nessuno cattolico e cristiano, questa figura richiama molti sincretismi con la Grande Madre. Pur non volendo entrare in merito ai fenomeni di prodigio divino, è essenziale tener presente le manifestazioni riconosciute miracolose e divine della Maria dei Cristiani che appare nella maggior parte dei casi a persone umili, attribuendosi dei nuovi nomi, per sua stessa volontà. C’è una divinità che è chiamata “Dea dai Mille Nomi” anche lei caratterizzata dal fatto che è una dea che si “attribuisce” nomi in continuazione, questa è Iside. A Fatima la madonna si è attribuita il titolo di Immacolata Concezione, nonché altri nomi che però risultavano già noti tra il pantheon degli dèi del mondo, tra cui Iside. La madonna si è autoproclamata Regina del Cielo, Regina della Pace, Rosa mistica… tutti nomi che riconducono sempre ad un solo e unico principio: la Grande Madre. Nei messaggi che la Madonna darebbe ai veggenti testimoni delle sue apparizioni è interessante notare l’assenza quasi costante di riferimenti ultra-mariani, ossia la centralità dei messaggi mistici è ella stessa. A questa donna pare quindi che sia poggiato il peso del cielo e quello della terra, e non rimane difficile osservare in queste emanazioni l’amore della dea madre che ha nei confronti dei suoi figli. I tanti fenomeni di lacrimazione di statue di Madonne non è, inoltre, un fatto insolito e unico del culto cristiano/cattolico. Molti documenti storici, dell’età pagana, testimoniano di prodigi sorprendenti dove divinità diverse essudano sangue o strane essenze, o fenomeni di essudazione di altari sacri agli dèi. Sicuramente Tito Livio nella sua opera "Ab Urbe condita libri” ne riporta alcuni di straordinaria impressione, documentando all’attento osservatore che in ogni fenomeno considerato “mistico” o di derivazione “divina” forse coesiste sempre e soltanto uno stesso principio che anela, sinuoso, in tutte le cose dell’Universo, attraverso diverse manifestazioni fortemente influenzate dalla cultura di un popolo, dalla sua storia, il suo ambiente e la sua evoluzione.

L’osservazione attenta e meditativa di numerosi simboli associati a diverse divinità, dalla Madonna dei Cristiani a tante altre dee, riconducono ad una sola emanazione, e se pur è opinabile la visione di ognuno del divino, rimane comunque inalterato il filo conduttore che unisce tutte le divinità femminili, come se ognuna fosse conseguenza dell’altra, perché l’archetipo della grande madre rimane lo stesso, innato, inalterabile, ciò che cambia è l’emanazione del “simbolo” che si genera attraverso l’archetipo. In ogni culto, anche in quello più fondamentalista e patriarcale che vogliate prendere in considerazione, c’è la presenza di una figura femminile che addolcisce i caratteri maschili del Dio Padre. Ma DIO è padre e madre. E forse in questo possiamo trovare una risposta tale da farci avvicinare ad una maggiore comprensione del divino: il polimorfismo sessuale è tipico negli esseri viventi, quindi viene associato anche alle divinità perché esse sono concepite e ragionate dall’uomo. Il divino viene “umanizzato” perché questo processo antropomorfo è necessario per l’uomo, per meglio comprendere il suo spirito. La Grande Madre è Madre perché dal suo utero è scaturita la creazione ed è Padre perché dalla sua volontà si è potuta compiere l’inseminazione del suo Utero, dando origine all’Universo e con esso ad ogni cosa in esso contenuta."

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Fonte: http://cosmogonico.altervista.org/deamadreFF.htm[/align]



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"Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.
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Ma il culto della Madre non è duale, dato che lo è l'illusione della nascita a far credere alle genti di essere tanti, ma il "ventre" (l'atanor) è uno, ecco perchè la rappresentazione bisessuata della Dea.

L'atanor è spesso rappresentato anche dall'uovo quale simbolo alchemico. A Napoli c'è la leggenda dell'uovo e della sirena Parthenope alla base della fondazione della città. Tant'è vero che Castel dell'Ovo si chiama così proprio per la leggenda e un grande ruolo è stato rivestito anche da Virgilio il poeta nonché alchimista.

E' un argomento affascinante anche per chi è credente. Tant'è vero che è un po' di tempo che vorrei dipingere una serie di sirene un po' fantastiche. Spero di riuscirci ho già qualche schizzo.



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Hannah ha scritto:

L'atanor è spesso rappresentato anche dall'uovo quale simbolo alchemico. A Napoli c'è la leggenda dell'uovo e della sirena Parthenope alla base della fondazione della città. Tant'è vero che Castel dell'Ovo si chiama così proprio per la leggenda e un grande ruolo è stato rivestito anche da Virgilio il poeta nonché alchimista.

E' un argomento affascinante anche per chi è credente. Tant'è vero che è un po' di tempo che vorrei dipingere una serie di sirene un po' fantastiche. Spero di riuscirci ho già qualche schizzo.


A proposito della Sirena Parthenope ho trovato questo interessante articolo

La Sirena Partenope ed i nummi neapolitani
di Gionata Barbieri (Napoli, XI-MMVII)

http://digilander.libero.it/storia_e_nu ... 202007.pdf

Questo è il castello

http://it.wikipedia.org/wiki/Castel_dell%27Ovo

Hai elementi da darci sulla leggenda per gentilezza?

Attendiamo i dipinti [:)]



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Hynekeniano ha scritto:

Cita:
Hannah ha scritto:

L'atanor è spesso rappresentato anche dall'uovo quale simbolo alchemico. A Napoli c'è la leggenda dell'uovo e della sirena Parthenope alla base della fondazione della città. Tant'è vero che Castel dell'Ovo si chiama così proprio per la leggenda e un grande ruolo è stato rivestito anche da Virgilio il poeta nonché alchimista.

E' un argomento affascinante anche per chi è credente. Tant'è vero che è un po' di tempo che vorrei dipingere una serie di sirene un po' fantastiche. Spero di riuscirci ho già qualche schizzo.


A proposito della Sirena Parthenope ho trovato questo interessante articolo

La Sirena Partenope ed i nummi neapolitani
di Gionata Barbieri (Napoli, XI-MMVII)

http://digilander.libero.it/storia_e_nu ... 202007.pdf

Questo è il castello

http://it.wikipedia.org/wiki/Castel_dell%27Ovo

Hai elementi da darci sulla leggenda per gentilezza?

Attendiamo i dipinti [:)]


Grazie. Interessante quest'ulteriore documento su Parthenope. Lo stampo e lo leggo con calma.
Su Castel dell'Ovo, per il momento ho solo quello che c'è su Internet. Spero di trovare altro.
Per i dipinti, ci vuole un po' di tempo :-)



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Attendiamo i dipinti


Giusto uno schizzo [:I]


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