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MessaggioInviato: 05/06/2011, 20:36 
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Blissenobiarella ha scritto:

Anche in Puglia, in alcuni paesini, è sopravvissuto una sorta di sciamanesimo che viene tramandato per linea femminile.
Ci sono incappata per caso, perchè l'ex ragazza di mio fratello era appunto l'ultima esponente di una di queste "catene" di passaggio di questa cultura al femminile. DIco L'ultima perchè sua madre, dopo alcuni episodi di eccessiva creduloneria popolare, ha deciso di non tramandare i riti e le pratiche che a sua volata aveva acquisito da sua madre. La ragazza in questione in ogni caso mostrava una certa propensione allo psichismo e alla percezione allargata, anche se razionalmente le rifiutava.


Effettivamente tutto il sud, sotto questo aspetto, presentava un "sostrato" culturale, per così dire, propizio verso questo genere di percorsi. Io credo che derivi più che dall'apporto magno greco, pur presente, da quello osco.

La Lucania, da questo punto di vista, presentava e forse presenta ancora situazioni particolarmente genuine, ma anche Puglia, Molise, Calabria e alcune zone della Campania. In sostanza l'area di influenza osca (comprendendovi sanniti e popoli sabelli vari, tutti parenti). I romani consideravano i marsi per esempio dei maghi ed incantatori di serpenti (vedi Cocullo ancora oggi), e non mancano gli episodi delle guerre sannitiche in cui si cita la magia da parte dei sanniti (ed un certo timore romano in merito), ultimo esempio la legio linteata. Visto l'isolamento del sud Italia negli anni è normale e bello che si siano conservate queste tradizioni di cui riferisci ed un vero peccato la loro graduale dissipazione; un vero peccato. Molto interessante come testimonianza.

Però io pensavo alla possibile sopravvivenza di una vera e propria iniziazione "eleusina", legata a Cerere, nel sud Italia e in Sicilia, terra magnogreca e cara a Cerere, è maggiormente probabile una possibile persistenza di ciò, secondo me.


Ultima modifica di quisquis il 05/06/2011, 20:47, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 05/06/2011, 20:42 
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Hynekeniano ha scritto:


Esiste una linea Sacrale e pochi meglio di uno che è figlio e nipote di quell'ambiente te lo possono testimoniare.

La linea non è necessariamente di sangue reale può esserlo di sangue spirituale, ricordiamo che parliamo di piccole comunità agricole e pastorali.



Questo è molto vero, decisamente vero. L'importanza di una linea di sangue è fondamentale in molti casi, meno forse nel caso di una trasmissione stregonesca (per così dire, impreciso ma ci si capisce), di più nel caso di un culto famigliare. Quando a Roma una gens si estingueva il culto gentilizio moriva con essa, a meno che lo stato non lo rilevasse in qualche modo, diluendolo su un corpo più vasto. Sul legame culti e gentes vedere il caso dei Potitii e dei Pinari rispetto al culto di Ercole.


Ultima modifica di quisquis il 05/06/2011, 20:43, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 05/06/2011, 20:52 
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Blissenobiarella ha scritto:
[

Ed è un vero peccato... Purtroppo trovandomi distante, non ho avuto il tempo nè il modo di approfondire, ma a parte pentolini e litanie, queste tradizioni si posano su un apparato filosofico articolatissimo, una vera e propria cultura alternativa a cui solo le adepte hanno accesso.


Questo è l'aspetto decisamente più interessante delle tradizioni stregonesche (termine forse poco preciso ma ci si capisce) italiane, che le rende così affascinanti, genuine e distanti da revival moderni; senza nulla togliere alla serietà di alcuni di questi ultimi, sicuramente la presenza genuina di una visione del mondo articolata di questo tipo in parte del sud Italia viene da molto lontano; e non è un caso,viene da pensare, che l'anglosassone Lelend sia venuto in Italia per apprendere certe cose.



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MessaggioInviato: 05/06/2011, 23:37 
A proposito dei Pelasgi:

Un estratto da http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=200

Cita:
I discendenti illirico–albanesi

Appare naturale porsi alcune domande: Esistono ancora i discendenti diretti dei Pelasgi? In tal caso, dove possiamo trovarli? Il francese Zacharie Mayani ha trovato connessioni tra le lingue etrusca e pelasgica e la moderna lingua albanese. (14)
La maggior parte degli studiosi ritiene gli argomenti di Mayani estremamente fragili. Tuttavia, l’ipotesi d’una discendenza degli Albanesi dai Pelasgi non ha solamente un’origine nazionalista e non è neppure d’epoca recente, anzi è molto antica ed è stata sostenuta da diversi autori (Falaschi, Catapano, Marchiano, D’Angely, Kolias, Pilika).

Il geografo franco–danese Conrad Malte–Brun (1755–1826) ipotizzò connessioni tra la lingua albanese e quella pre–omerica. Egli fu il primo a proporre che gli Albanesi potessero essere i moderni discendenti dei Pelasgi. Johann Georg von Hahn (1811–1869) diede per sicura tale discendenza e collegò gli Illiri con i Pelasgi. Lo studioso francese Edouard Schneider, specialista della lingua etrusca, tradusse iscrizioni etrusche tramite l’albanese e si convinse che i Pelasgi fossero gli antenati degli Albanesi. August Schleicher (1821–1868) era indeciso se la lingua albanese fosse più vicina al latino o al greco; infine la catalogò come ramo della lingua pelasgica. (15)

La studiosa albanese Nermin Vlora Falaschi ha tradotto diverse iscrizioni etrusche e pelasgiche (come la Stele di Lemnos), usando la moderna lingua albanese. (16)
Ciò mostrerebbe gli Albanesi (discendenti degli Illiri) come gli odierni discendenti dei Pelasgi, una delle più antiche stirpi d’Europa. Ecco ad esempio alcune traduzioni della signora Falaschi. In Italia esiste la località dei Toschi (la Toscana), così come i Toschi abitano nella “Toskeria”, nell’Albania meridionale. Diveersi autori sostengono che la parola Tosk (Tok) sia sinonimo di Dhe, tanto che oggi in albanese, per dire “terra”, si usa indifferentemente sia la parola Dhe, sia Tok.
In Toscana si trova l’antichissima città di Cortona, che si ritiene fondata dai Pelasgi. In albanese, Cor = raccolti, tona = nostri, cioè “i nostri raccolti”. Nel suo museo archeologico si trova un’iscrizione particolarmente bella e interessante, su un sarcofago con decorazioni floreali. Nermin Vlora Falaschi tradusse quella scritta usando la lingua albanese: “La nave è per noi fierezza, coraggio e libertà”.
Le fonti storiche riferiscono che i Greci appresero dai Pelasgi non solo la lavorazione dei metalli e la costruzione delle mura, ma anche il loro modo di scrivere e fecero proprie le loro divinità, come per esempio De–mitra (Dhe = terra, Mitra = utero, cioè la Dea Madre Terra), nonché Afrodite, Afer–dita (Afer = vicino, Dita = Giorno, più tardi chiamata Venus dai Romani).

I Pelasgi, detti anche Popoli del Mare perché erano abili e liberi navigatori, chiamarono Iliria (Illyria per i Romani) la loro patria: Liri (Lir = libero), ossia: “il Paese del popolo libero”, dal Mediterraneo sino al Danubio. Nel Lazio esistono il monte Liri, il fiume Liri e Fontana Liri.
Diversi nomi etnici hanno un significato preciso nella lingua albanese: E–truria (E = di, Truria = Cervello, paese di gente con cervello), Messapi (Mes = ambiente, centro, Hapi = aperto, paese di gente aperta), Dauni (separati), Veneti (nome derivante dalla dea Vend, patria, luogo per eccellenza), Piceni (Pi = bere, Keni = avete, luogo con acqua abbondante). Il nome Pelasgi si può riferire alla parola albanese Pellg (mare profondo, “pelago”). In albanese Pellazget significa “coloro che navigano nei mari profondi”

Un’iscrizione illirica datata tra il sec. III ed il II a.C., custodita attualmente nel museo archeologico di Durazzo, in Albania, è stata letta: “Sopporta il tuo dolore e piangi se ti aiuta, però affidalo alla terra calda, alla Grazia Celeste e al Supremo Bene”. Il linguaggio dell’iscrizione è talmente simile all’albanese odierno, che sembra difficile pensare che risalga a più di duemila anni fa.
In generale, le iscrizioni più antiche si leggono da destra a sinistra e continuano talvolta da sinistra verso destra, in forma bustrofedica, spesso senza interruzione tra una parola e l’altra. Questo documento di Durazzo è stato inciso da sinistra verso destra, ciò che dimostra la sua origine più recente. Nel Museo Archeologico d’Atene c’è una stele molto antica, proveniente dall’isola di Lemnos, con un’iscrizione bustrofedica, in alfabeto pelasgico, di contenuto funerario. Le coincidenze rilevate dalla Falaschi sono impressionanti, ma gli argomenti a sostegno della sua tesi sono basati esclusivamente su assonanze linguistiche. Appare quindi impossibile accertarsi della validità scientifica delle sue teorie.



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« Nel regno di chi cerca la verità non esiste nessuna autorità umana. Colui che tenta di recitarvi la parte di sovrano avrà a che fare con la risata degli dei » (Albert Einstein)

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MessaggioInviato: 06/06/2011, 02:09 
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quisquis ha scritto:


Questo è molto vero, decisamente vero. L'importanza di una linea di sangue è fondamentale in molti casi, meno forse nel caso di una trasmissione stregonesca (per così dire, impreciso ma ci si capisce), di più nel caso di un culto famigliare. Quando a Roma una gens si estingueva il culto gentilizio moriva con essa, a meno che lo stato non lo rilevasse in qualche modo, diluendolo su un corpo più vasto. Sul legame culti e gentes vedere il caso dei Potitii e dei Pinari rispetto al culto di Ercole.




Ti lascio un REGALO così capici meglio, spero sia utile se lo senti.

Stiamo parlando di Elite non di plebe e Gens. [;)]



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Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei" - Oracolo di Delfi
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MessaggioInviato: 09/06/2011, 00:54 
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Enkidu ha scritto:

DIANA, ISIDE E LA BEFANA...


Se ti interessano questi argomenti immagino tu abbia letto i bellissimi studi di Carlo Ginzburg, se non è così te li consiglio.
Il più famoso (e "corposo") è "Storia notturna - una decifrazione del sabba" che tratta proprio della permanenza dei riti pagani nelle culture contadine, ma sono interessantissimi anche "I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra il cinquecento e il seicento" e "Il formaggio e i vermi". Tutti pubblicati da Einaudi.


Ultima modifica di Trystero il 09/06/2011, 00:55, modificato 1 volta in totale.


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Vorrei proporre alla benevola considerazione del lettore una teoria che potrà sembrare paradossale e sovversiva. La teoria è questa: che sarebbe opportuno non prestare fede a una proposizione fino a quando non vi sia un fondato motivo per presupporla vera. (Bertrand Russell)
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MessaggioInviato: 09/06/2011, 14:43 
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Trystero ha scritto:

Cita:
Enkidu ha scritto:

DIANA, ISIDE E LA BEFANA...


Se ti interessano questi argomenti immagino tu abbia letto i bellissimi studi di Carlo Ginzburg, se non è così te li consiglio.
Il più famoso (e "corposo") è "Storia notturna - una decifrazione del sabba" che tratta proprio della permanenza dei riti pagani nelle culture contadine, ma sono interessantissimi anche "I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra il cinquecento e il seicento" e "Il formaggio e i vermi". Tutti pubblicati da Einaudi.





QUOTO



Consiglio anche

Il Dio delle Streghe di Margaret Murray .

Vecchio e insuperato saggio sul tema ..... checchè ne dica wiki ...


zio ot [;)]


( Cavolo , scusa caro Enk , ma mi ero perso questo bellllissssssimo topic [:I] [:I] [:I] ...... provo a recuperare .... )


Ultima modifica di barionu il 09/06/2011, 14:47, modificato 1 volta in totale.


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http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=57
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Hannah ha scritto:

Cita:
termine greco “epifania” che significa manifestazione ed è riferita alla presentazione di Gesù al Tempio

Dal punto di vista cattolico, l'epifania si riferisce alla visita dei Magi e, quindi, ai doni che avrebbero portato a Gesù appena nato, per cui se la nascita fu testimoniata dai pastori, in quest'occasione il bambino si presenta uffricialmente al mondo.
Ovviamente, dal punto di vista antropologico molte cose si sovrappongono:
Gennaio, anno nuovo, e Dio bambino
Per quel che riguarda la befana ed il fatto che si festeggi all'inizio di gennaio, i doni rappresentano gli ultimi frutti della terra che vengono consumati all'inizio dell'anno prima che il ciclo ricominci, per cui la befana rappresenterebbe per così dire il fantasma dell'anno passato.
Non a caso Giano, da cui deriva il nome gennaio, era rappresentato come una divinità bifronte, rivolta al passato ed al presente e, quindi, un momento di passaggio.



Infatti.... l'atto di "bruciare la vecchia" rappresentata da un fantoccio di paglia e stracci rappresenta il passaggio della vita dal vecchio al nuovo, per cui anche Diana probabilmente era rappresentata come "vecchia che torna giovane" il 6 gennaio, attraverso il volo purificatore sopra i campi....


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Blissenobiarella ha scritto:

A proposito dei Pelasgi:

Un estratto da http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=200

Cita:
I discendenti illirico–albanesi

Appare naturale porsi alcune domande: Esistono ancora i discendenti diretti dei Pelasgi? In tal caso, dove possiamo trovarli? Il francese Zacharie Mayani ha trovato connessioni tra le lingue etrusca e pelasgica e la moderna lingua albanese. (14)
La maggior parte degli studiosi ritiene gli argomenti di Mayani estremamente fragili. Tuttavia, l’ipotesi d’una discendenza degli Albanesi dai Pelasgi non ha solamente un’origine nazionalista e non è neppure d’epoca recente, anzi è molto antica ed è stata sostenuta da diversi autori (Falaschi, Catapano, Marchiano, D’Angely, Kolias, Pilika).

Il geografo franco–danese Conrad Malte–Brun (1755–1826) ipotizzò connessioni tra la lingua albanese e quella pre–omerica. Egli fu il primo a proporre che gli Albanesi potessero essere i moderni discendenti dei Pelasgi. Johann Georg von Hahn (1811–1869) diede per sicura tale discendenza e collegò gli Illiri con i Pelasgi. Lo studioso francese Edouard Schneider, specialista della lingua etrusca, tradusse iscrizioni etrusche tramite l’albanese e si convinse che i Pelasgi fossero gli antenati degli Albanesi. August Schleicher (1821–1868) era indeciso se la lingua albanese fosse più vicina al latino o al greco; infine la catalogò come ramo della lingua pelasgica. (15)

La studiosa albanese Nermin Vlora Falaschi ha tradotto diverse iscrizioni etrusche e pelasgiche (come la Stele di Lemnos), usando la moderna lingua albanese. (16)
Ciò mostrerebbe gli Albanesi (discendenti degli Illiri) come gli odierni discendenti dei Pelasgi, una delle più antiche stirpi d’Europa. Ecco ad esempio alcune traduzioni della signora Falaschi. In Italia esiste la località dei Toschi (la Toscana), così come i Toschi abitano nella “Toskeria”, nell’Albania meridionale. Diveersi autori sostengono che la parola Tosk (Tok) sia sinonimo di Dhe, tanto che oggi in albanese, per dire “terra”, si usa indifferentemente sia la parola Dhe, sia Tok.
In Toscana si trova l’antichissima città di Cortona, che si ritiene fondata dai Pelasgi. In albanese, Cor = raccolti, tona = nostri, cioè “i nostri raccolti”. Nel suo museo archeologico si trova un’iscrizione particolarmente bella e interessante, su un sarcofago con decorazioni floreali. Nermin Vlora Falaschi tradusse quella scritta usando la lingua albanese: “La nave è per noi fierezza, coraggio e libertà”.
Le fonti storiche riferiscono che i Greci appresero dai Pelasgi non solo la lavorazione dei metalli e la costruzione delle mura, ma anche il loro modo di scrivere e fecero proprie le loro divinità, come per esempio De–mitra (Dhe = terra, Mitra = utero, cioè la Dea Madre Terra), nonché Afrodite, Afer–dita (Afer = vicino, Dita = Giorno, più tardi chiamata Venus dai Romani).

I Pelasgi, detti anche Popoli del Mare perché erano abili e liberi navigatori, chiamarono Iliria (Illyria per i Romani) la loro patria: Liri (Lir = libero), ossia: “il Paese del popolo libero”, dal Mediterraneo sino al Danubio. Nel Lazio esistono il monte Liri, il fiume Liri e Fontana Liri.
Diversi nomi etnici hanno un significato preciso nella lingua albanese: E–truria (E = di, Truria = Cervello, paese di gente con cervello), Messapi (Mes = ambiente, centro, Hapi = aperto, paese di gente aperta), Dauni (separati), Veneti (nome derivante dalla dea Vend, patria, luogo per eccellenza), Piceni (Pi = bere, Keni = avete, luogo con acqua abbondante). Il nome Pelasgi si può riferire alla parola albanese Pellg (mare profondo, “pelago”). In albanese Pellazget significa “coloro che navigano nei mari profondi”

Un’iscrizione illirica datata tra il sec. III ed il II a.C., custodita attualmente nel museo archeologico di Durazzo, in Albania, è stata letta: “Sopporta il tuo dolore e piangi se ti aiuta, però affidalo alla terra calda, alla Grazia Celeste e al Supremo Bene”. Il linguaggio dell’iscrizione è talmente simile all’albanese odierno, che sembra difficile pensare che risalga a più di duemila anni fa.
In generale, le iscrizioni più antiche si leggono da destra a sinistra e continuano talvolta da sinistra verso destra, in forma bustrofedica, spesso senza interruzione tra una parola e l’altra. Questo documento di Durazzo è stato inciso da sinistra verso destra, ciò che dimostra la sua origine più recente. Nel Museo Archeologico d’Atene c’è una stele molto antica, proveniente dall’isola di Lemnos, con un’iscrizione bustrofedica, in alfabeto pelasgico, di contenuto funerario. Le coincidenze rilevate dalla Falaschi sono impressionanti, ma gli argomenti a sostegno della sua tesi sono basati esclusivamente su assonanze linguistiche. Appare quindi impossibile accertarsi della validità scientifica delle sue teorie.






Ampliando l'argomento (qualcuno potrà dire che sto andando "off topic", ma non lo credo), si potrebbe allora domandarsi se, esistendo dei legami fra Pelasgi e Albanesi (e a questo punto, anche fra Pelasgi e Baschi), si potrebbe porre anche qualche possibile legame fra Albanesi e culture preistoriche balcaniche, magari proprio con i costruttori delle Piramidi di Visoko, antenati forse degli stessi Pelasgi.
Per andare invece ai miti della Dea Madre nel mondo mesopotamico, mi riallaccio a ciò che ha narrato Hynekeniano all'inizio della discussione, e che sinceramente mi ha fatto ipotizzare una possibile connessione di tali miti con il mito di Oannes e quindi con i misteriosi uomini-pesci-serpenti all'origine di tanti miti, compreso quello del Serpente dell'Eden.
Hynekeniano ha mostrato come in origine la Dea-mostro primigenia Tiamat, Signora dell'Abisso di acque primordiali e dal cui corpo è poi nato l'intero universo, fosse in realtà da identificare con la Dea Madre Nammu.
Mi ha colpito la somiglianza del nome con i Nommu, cioè gli Oannes nella versione del mito che ci viene dagli antichi Dogons... una coincidenza?
Forse no. La mostruosa Tiamat, simile a un drago, appare un'immagine della Dea Madre fusa con il suo stesso compagno, il Dio-Serpente che compare invece nel mito pelasgico di Eurinome e in quello basco di Mari.
Inoltre bisogna ricordare il mito di Melusina, la Fata-serpente acquatica, nota nelle leggende francesi ma anche in una leggenda veneziana, che racconta come la Fata fosse una donna sulla terra, una sirena in mare, e un serpente ogni sabato (allusione al sabba delle streghe?), sia che fosse in mare o sulla terraferma.
Inoltre bisogna considerare il carattere ermafrodito degli Oannes e dei Nommu, e l'ermafroditismo era un carattere anche di alcune immagini della Dea Madre, in quanto generava i suoi figli per partenogenesi, come per esempio la Dea Madre dei miti polinesiani che, come Eurinome, se ne stava in origine da sola nell'abisso, e dal suo proprio corpo generò, da sola, l'intero universo.
Anche in Australia, alcune popolazioni aborigene dicono che la vita è stata originata da un dio-pesce ermafrodito uscito dalle acque... sempre coincidenze?
La butto là come ipotesi: è possibile che nella remota preistoria o proto-storia, i misteriosi e antichi esseri anfibi, ermafroditi e rettiloidi che forse hanno dato origine a tante leggende, essendo all'origine della cultura umana, siano stati identificati con i figli o parenti prossimi della Dea Madre? O che addirittura il Suo culto originario provenga da essi, o che essi hanno inserito nelle religioni preistoriche concetti propri della loro cultura, come per esempio l'idea che l'acqua è l'origine della vita e dell'universo?


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Come ipotesi direi che regge...[8]


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oannes...abbiamo Uaana presso i maya, Uan per i sumeri, Oe in Egitto..sono tutti nomi che fanno riferimento ad esseri con connotazioni anfibie.

"Sembra che il simbolismo di Oannes o di Dagon non sia solo quello del pesce in generale, ma che si relazioni particolarmente con quello del delfino. Il delfino, per i Greci, era vincolato al culto di Apollo[9] e aveva dato il nome a Delfos; si diceva che tale culto provenisse dagli Iperborei. Ciò che ci spinge a considerare tale vincolo (che invece non si trova chiaramente indicato nel caso della manifestazione di Vishnu) è soprattutto la stretta connessione che esiste fra il simbolo del delfino e la “Donna del mare” (l’Afrodite Anadiomene dei Greci)[10]; essa,precisamente, si presenta sotto altri nomi, come il paredro femminile di Oannes e dei suoi equivalenti, cioè come figurazione di un aspetto complementare dello stesso principio[11]. “La Dea del fondo dei mari” è la “Dama del Loto” (Ishtar, come Ester in ebraico, significa “loto” e a volte anche “giglio”, due fiori che, nel simbolismo, si sostituiscono a vicenda)[12], così come il Kwan-yin dell’estremo oriente, che è allo stesso modo una delle sue forme. "
http://www.esonet.org/simbolismo/il-sim ... -del-pesce



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