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OSIRIDE CHRONOCRATORImmagine: 174,67 KBRituale di resurrezione di Dioniso-Helios a Roma, riconducibile al culto di Osiride
II-III secolo d.C.
Nel versante sud-orientale del santuario sul Gianicolo, nella proprietà Wurts (Villa Sciarpa, ingresso sull’attuale via Dandolo) durante due campagne di scavi, 1906 e 1908-1909, intraprese da Paul Gauckler coadiuvato da Georges Nicole e Gaston Darier, è stato rinvenuto, nel comparto orientale, un percorso che, a partire da una sala ottagonale, portava i fedeli in due stanze pentagonali.
Al centro della prima, sotto il piano triangolare equilatero di un vano monumentale, sepolto in una nicchia, si è avuto il successivo ritrovamento di un idolo mummiforme di bronzo dorato, alto 47 cm., con gli occhi aperti e avvolto da un velo che lo ricopre sin sul capo lasciandone le orecchie scoperte.
Attorno al corpo si avvolge un serpente a sette spire che emerge con la testa sul capo dell’idolo che, al momento del ritrovamento, era ricoperto da offerte votive: uova, frutta e semi.(1).
Datato tra il II e l’inizio del III secolo d.C. l’idolo si ricollega ai culti misterici che a Roma testimoniavano la sopravvivenza di rituali di carattere sincretistico di ascendenza orientale.
Di incerta valutazione è l’identità dell’idolo, attribuito infine a una figura assimilabile a Dioniso-Helios. Tuttavia, noi vogliamo qui precisare che alcune caratteristiche ne rimandano l’identificazione all’iconografia di Osiride Chronocrator, la cui emersione mistica sui cicli del tempo, posto in relazione con il numero di sette vocali di origine gnostica
( alfa, epsilon , eta , iota, omicron , upsilon ,omega )
e loro permutazioni, usate per evocare il nome del dio, è definita proprio nelle sette spire di quel serpente che lo avvolge e lo supera sul capo e dal pertinente rituale di vivificazione di cui tra breve diremo.
Per gli antichi sacerdoti egizi, infatti, la funzione del serpente è quella di manifestare e vivificare l’energia divina; anche in arabo il serpente è denominato el-hayyah, similmente alla parola vita el-hayât. Entrambe derivano dalla stessa radice ebraica hay, che vuol dire: “Il Vivificante”(2)
Il divenire ciclico, rappresentato dal serpente a sette spire, si qualifica nel suo significato soteriologico e cosmologico quando si accerti che -come in analoghe raffigurazioni”(3)- l’idolo sia posto, quando eretto, su una sfera simboleggiante il Cosmo.
Anche le uova si riconducono alla dottrina della rinascita di matrice orientale: in alcune tombe della Beozia si sono scoperte delle figure di Dioniso-Helios, che porta un uovo nella mano, promessa di ritorno alla vita.
Plutarco riporta la dottrina secondo la quale le sessanta uova deposte dal coccodrillo all’atto della cova sono riconducibili alla “prima unità di misura impiegata nello studio dell’astronomia”(4) in riferimento al ciclo sessagenario nei calcoli egizi. Lo splendore del sole, riprodotto sull’idolo con il rivestimento del bronzo,
ci riporta alla luce mistica del risorto: la veste stessa che avvolge l’idolo ripropone la veste di Osiride. Il cui colore, contrapposto a quello variegato delle vesti di Iside, sempre come riferisce Plutarco: “è uno solo: quello della luce”(5). Per questo egli continua: “una volta sola viene usata la veste di Osiride, e poi subito è riposta e custodita come reliquia segreta e intoccabile”(6).
Da questa veste, mistica placenta, avvolto nel tempo del serpente, l’idolo emerge con il volto parzialmente scoperto, visibili gli occhi aperti, le orecchie:
da lì potevano giungere le invocazioni dei postulanti, che si assimilavano al ciclico risorgere del dio in accordo alle dottrine che segnatamente riconoscevano nei numeri otto, cinque e tre, riportate dalle strutture del monumento in cui il dio giaceva nel riposo, le basi della dottrina cosmologica del rinnovamento temporale e in concordanza delle quali, durante feste assegnate, i postulanti traevano fuori del ripostiglio segreto l’idolo per venerarlo.
Così attesta Firmico Materno:Una certa notte un simulacro è collocato in una posizione supina su di una lettiga e viene pianto con dei lamenti regolati secondo cadenze. Poi, saziatisi di queste false cerimonie di lutto, viene introdotto un lume. Allora da un sacerdote viene unta la gola di tutti quelli che piangevano ai quali, unti, il sacerdote mormora con questo lento sussurro: “Non temete, iniziati del dio che è stato salvato; infatti per noi ci sarà salvezza dai mali”.
Un idolo seppellisci, un idolo piangi, un idolo tiri fuori dalla tomba e, sventurato, ti rallegri per quello che tu hai fatto! Tu liberi il tuo dio, tu componi le sue membra di pietra che giacciono, tu rimetti in piedi un sasso insensibile. Che il tuo dio ti ringrazi, ti remuneri con pari doni, voglia che tu sia partecipe della sua stessa divinità. Come lui muore tu possa morire, come lui vivere tu possa vivere”(7)Abbiamo fornito una sufficiente documentazione che giustifichi i rituali che, benché avversati dall’apologeta cristiano, sono da lui testimoniati, non nella speranza in un al di là di matrice escatologica, ma in una adesione personale con il dio e con la sua rinascita foriera di salvezza terrena, perseguita da questi ultimi fedeli, unti, alla gola, da dove provenivano le formule, particolare che ci sembra far eco al rito d’Apertura della bocca, di matrice egizia, rinnovato dagli ultimi iniziati al culto di Osiride nella Roma del III secolo dopo Cristo.
- Tratto dal libro "L'occhio della Fenice" di Umberto Capotummino - Sekhem Editore
NOTE1.Roma, Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, inv.60919
2.R. Guenon, Simboli della Scienza Sacra, p. 129. Milano,1975
3.Arezzo, Idolo di divinità orientale, Museo Archeologico Nazionale “Gaio Cilnio Mecenate”, inv.90450
4.Plutarco, Iside e Osiride, cap. 75
5.Ibidem, cap.77
6.Ibidem, cap.77
7.Firmico Materno, De errore profanarum religionum. (Trad. E. Sanzi)