Lilith, la vergine nera L’Alfabeto di Ben Sira è la fonte più nota tra quelle che riportano la leggenda di Lilith e cioè quella che la identifica con la prima moglie di Adamo. Prima di Eva, per intenderci.
Gli studiosi datano l’Alphabeto tra il decimo e l’ottavo secolo dopo Cristo. La storia, ovviamente, si riferisce ad un periodo di gran lunga anteriore. Non si può stabilire con esattezza quando sia nato il mito di Lilith: di sicuro gli amuleti, l’ambiente, i personaggi appartengono alla notte dei tempi.
Perché parliamo di mito? Non per sminuire la credibilità di quanto affermano Ben Sira e coloro che, come lui, hanno dedicato la vita allo studio della Cabala: semplicemente nei testi sacri “ufficiali” e cioè, nella Bibbia e nel Nuovo Testamento, non si trova praticamente traccia di Lilith. Sappiamo che tutti i testi sacri non nascono così, semplicemente, ma sono il risultato di una selezione, fatta assolutamente in buona fede, che dura secoli e quindi è probabile che quasi tutto quello che concerneva Lilith, e che era in contrasto con la linea ortodossa, non sia stato accolto nei testi sacri.
L’autore dello Zohar, Moshè de Leon, conosceva certamente la vicenda di Lilith riportata nell’Alphabeto ed era anche a conoscenza di tradizioni più antiche dell’Alphabeto, che non sempre collimano con quella riferita da Ben Sira, che, bisogna sottolineare, non considera la vicenda di Lilith un mito, ma le attribuisce la stessa credibilità di quando è contenuto, per esempio, nella Bibbia.
Lilith, prima donna creata, spirito immortale o demone? Su un solo punto concordano le varie tradizioni: non ha toccato l’albero della conoscenza ed è quindi immortale. Nessun tentativo è stato fatto per armonizzare le varie tradizioni. Che Eva non sia stata la prima donna creata non è certo un’idea di Ben Sira: se ne fa menzione nella Genesi di Rabbah. Queste tradizioni, però, non fanno alcuna menzione di Lilith e, di fatto, non coincidono con la versione di Ben Sira.
Secondo la tradizione accetta da Ben Sira, Dio, dopo aver creato Adamo, vide che era solo. Allora Egli disse: “Non è bene per l'uomo sia solo”(Gen 2,18). Creò allora una donna per Adamo, con la stessa terra con cui aveva creato Adamo e la chiamò Lilith. Adamo e Lilith cominciarono quasi subito a litigare. Lei disse: “Io non sarò sottomessa a te” e lui disse: “Non voglio essere sottomesso a te. Non voglio stare sotto di te, ma solo sopra. Tu sei adatta solo per stare sotto di me, mentre io sono stata creato per stare sopra di te”. Lilith ribatté: “Noi due siamo uguali, perché siamo stati creati con la stessa terra, da Dio, nello stesso modo. Adamo non la ascoltò e Lilith, irata, pronunciò il nome di Dio e volò via.
Secondo la Genesi, II 18-25; III 20, Dio, avendo deciso di dare una compagna ad Adamo perché non si sentisse solo, visto che tutti gli esseri viventi erano stati creati in coppie, lo fece sprofondare in un sonno profondo, gli tolse una costola e richiuse la ferita. Con la costola formò una donna. Quando Adamo si destò disse. “Costei sarà chiamata donna perché è tratta da un uomo. Un uomo e una donna saranno la stessa carne”. Le impose il nome di Eva: “la madre di tutti i viventi”.
Secondo alcune tradizioni Dio, nel sesto giorno, creò un uomo e una donna a sua somiglianza e diede loro l’incarico di vegliare sul mondo.
Altre tradizioni dicono che Eva non esisteva ancora e allora Dio formò Lilith, la prima donna, ma usò solo sudiciume e scarti e non polvere pura. Adamo si accoppiò con Lilith e generarono Naamah, sorella di Tubal Cain (Caino. È anche il nome di un discendente di Caino), Asmodeo e innumerevoli demoni. Lilith e Naamath, molte generazioni più tardi, si recarono alla corte di Salomone travestite da prostitute di Gerusalemme e in seguito Lilith regnò come regina prima a Zmagart e poi a Sheba.
Una tradizione riferisce che Dio, dopo la fuga di Lilith, creò un’altra donna, sotto lo sguardo di Adamo, ma questi, avendo visto come Dio aveva sistemato carne, ossa, muscoli e sangue, ne fu tanto disgustato da non riuscire ad accoppiarsi con lei. Dio ne creò allora un’altra, mentre Adamo dormiva e la adornò come una sposa. Adamo rimase colpito dalla sua bellezza e questa fu la Eva definitiva.
Secondo alcune tradizioni, Dio creò in realtà due esseri umani, un maschio e una femmina e ad uno diede un viso d’uomo, col volto in avanti; all’altro un viso di donna, col volto all’indietro. Cambiò poi idea e fece in modo che lo sguardo di Adamo si volgesse all’indietro e creò un corpo femminile.
Altre tradizioni, infine, sostengono che Adamo in origine fu creato come un androgino, con un corpo maschile e un corpo femminile uniti per il dorso. Siccome questa sistemazione rendeva impossibile la conversazione, l’accoppiamento e perfino camminare, Dio divise il corpo, rendendo le due metà indipendenti. Li sistemò allora nell’Eden, ma proibì loro di accoppiarsi.
Gli uomini primitivi, d’altro canto, erano considerati dai Babilonesi come androgini. Enkidu , nel poema di Gilgamesh, è descritto con sembianze androgine: “capelli simili a quelli di una donna, con ricci folti come quelli di Nisaba, la dea del grano”. Nell’antichità, d’altro canto, era diffusa la convinzione che i primi uomini fossero bisessuali.
Lilith, dunque, litiga con Adamo, rifiuta si sottomettersi a lui e se ne va. Molte sono le interpretazioni che sono state date a quest’episodio.
Chi considera Lilith un demonio, vede nell’episodio la dimostrazione che l’uomo è stato creato per essere superiore ai demoni, per dominarli. Non dimentichiamo il motivo della ribellione di Lucifero, l’angelo prediletto di Dio, il capo delle schiere celesti. Quando Dio gli ordinò di rendere omaggio ad Adamo e di riconoscersi sottomesso a lui, Lucifero si ribellò e allora Dio lo invitò a gareggiare con Adamo e di dimostrare la sua sapienza. Lucifero uscì umiliato dal confronto, si ribellò allora a Dio e fu cacciato dal Paradiso da Mi-ka-El.
C’è chi invece vede in questo episodio la dimostrazione che Dio vuole la donna inferiore all’uomo e ad esso sottomessa. Non c’è da stupirsi di ciò, visto che queste tradizioni fanno a capo a società e a religioni fortemente maschiliste, nelle quali, spesso, la donna è considerata poco più di un oggetto o di un animale domestico.
C’è chi vede, infine, nella vicenda di Lilith un episodio della lotta eterna tra il principio maschile e femminile. Una lotta che anima l’universo dal momento della sua creazione.
Adamo, allora pregò il suo Creatore: “Sovrano dell'universo!” disse, “la donna che mi hai dato è fuggita.” Immediatamente, il Santo, benedetto Egli sia, inviò tre angeli, Snsvi, Smnglof e Snvi con l’incarico di riportarla indietro.
Lilith, però, era fuggita sulla terra, si era accoppiata con i demoni dell’oscurità e del deserto e aveva generato migliaia di figli e di figlie, gli Jinn e le Lilim.
Disse allora il Santo ad Adamo: ”Se lei accetta di tornare, bene. Se no un centinaio dei suoi figli morirà ogni giorno”. Gli angeli della mano sinistra Dio inseguirono Lilith, che era fuggita oltre le acque profonde in cui erano destinati ad annegare gli egiziani e le riferirono le parole di Dio, ma lei non acconsentì a tornare. Gli angeli allora le dissero: “Noi ti affogheremo nel mare”.
Lilith, in quel momento, rivelò la sua natura demoniaca: fece notare agli angeli che, essendo immortale, non temeva la morte e aggiunse: “Ho il potere di causare la malattia nei bambini. Se il bambino è maschio, ho potere su di lui per otto giorni dopo la sua nascita e, se femmina, per venti giorni”.
Gli angeli insistettero ugualmente perché lei tornasse indietro, ma non ci fu nulla da fare e Lilith accettò che centinaia di demoni suoi figli morissero ogni giorno e si impegnò a rinunciare al proprio potere su un bambino, se accanto a lui ci fosse stato un amuleto con incisi i nomi dei tre angeli, o il loro simbolo.
Fin qui la tradizione ebraica, preoccupata di trovare in qualche modo un escamotage che rassicurasse in qualche modo i genitori, in un’epoca storica in cui la mortalità infantile era elevatissima.
In realtà la seconda parte del mito non è del tutto coerente con la prima e risulta evidente anche ad una lettura superficiale.
Di fatto, Lilith, dopo avere abbandonato volontariamente il Paradiso Terrestre, vagò per la terra e si accompagnò con i demoni dell’oscurità e del deserto. Lilith, che non aveva toccato l’albero della conoscenza, non solo era immortale, ma non era nemmeno stata macchiata dal peccato originale. Desta, quindi, perplessità il volerla a tutti i costi considerarla un demone, un malvagio demone della notte, che uccide i bambini nel sonno e induce sogni peccaminosi nei maschi adulti e arriva a sfinirli col sesso.
Suscita anche perplessità il fatto che Lilith, della quale non c’è praticamente traccia nella Bibbia, sia invece così presente nelle credenze popolari ebraiche e più in generale dell’area mesopotamica, fin dalle epoche più antiche.
Alcune fonti seguono la linea del principio femminile, linea che trae origine dal culto della Grande Dea, la Terra, Il cui culto sopravvisse per migliaia di anni e fu a poco a poco sostituito dal principio maschile, rappresentato dal Dio Padre. Queste stesse fonti sostengono che il culto della Grande Dea sia sopravvissuto nel mondo cristiano in forma addomesticata nella venerazione di Maria, Madre di Dio.
Nell’antica Babilonia la Grande Dea fu venerata come Ishtar, Lamshtu o Lilitu. La figura di Lilith rappresenta quindi un aspetto della Grande Dea e trova riscontro nel mondo cristiano, secondo queste fonti, nelle diverse Madonne Nere venerate in molti antichi santuari.
Lilith, dunque, lascia l’Eden, vaga per la terra ancora deserta e si unisce con i demoni dell’oscurità, che vivono nel mondo sotterraneo, lontani dalla luce del sole. Demoni che sono anch’essi creature di Dio.
Numerosi sono i miti conosciuti fin dai tempi più antichi, che descrivono la discesa negli inferi di un’eroina o di un eroe.
Particolare è la vicenda di Inanna , dea sumera, nota anche come Ishtar, dea babilonese.
L'antico mito sumero di Inanna e la sua discesa negli Inferi rivela una serie di profondi messaggi e alcuni vedono in esso l’abbandono dei vecchi valori, una forma di iniziazione spirituale, una ricerca della sapienza e della crescita spirituale e la caduta delle illusioni (rappresentata dal fatto che Inanna si spoglia via dei propri abiti).
L’analogia con Lilith è forte, visto che entrambe sono di origine divina, che abbandonano il mondo della luce e che restano inconsapevoli prigioniere delle tenebre.
I miti legati ad Inanna risalgo ad un’epoca che va dal 3500 al 1900 a.C. e sono stati progressivamente modificati dalla società patriarcale, che ha spogliato a poco a poco la Grande Dea - Inanna della sua sacralità. Un po’ come è avvenuto a Lilith, addirittura trasformata in mostro che durante la notte succhia lo sperma degli uomini non sposati.
Inanna, tuttavia, a differenza della Grande Dea, offre una multiforme immagine simbolica, che va al di là del modello femminile materno. È la dea del grano, della fertilità, dell’ordine, della guerra, dell’amore, del cielo e della terra, della guarigione, delle emozioni.
Come dea della guerra, è più potente di Atena e Artemide messe insieme, e come dea dell’amore sessuale è più affascinante di Afrodite. È conosciuta con molti nomi: Ishtar, Iside, Neith, Metis, Astarte, Lil.
Tra le tante storie e canti su Inanna, quattro sono particolarmente degni di nota.
Il primo si occupa della sua acquisizione del trono e del letto, simboli di regalità e della sua femminilità, della sua sovranità e della sua sessualità.
In un secondo mito, Inanna acquisisce dal dio Enki, gli attributi della civiltà, che lei, a sua volta, concede alla sua città di Uruk e in ultima analisi, al genere umano. In tal modo, dimostra la sua potenza e la sua abilità e diventa dea - protettrice di nome e di fatto.
Nel terzo mito, Inanna prende il pastore Dumuzi come suo consorte e lo eleva alla dignità di re. Diventa anche madre e concepisce due figli.
Nel quarto mito, la discesa negli inferi, la dea intraprende il suo viaggio finale. Inanna abbandona le sette città del suo culto, tutte le glorie del cielo e della terra e si prepara a fare il viaggio “ da cui nessun viaggiatore fa ritorno”. Si adorna dei sette Me, attributi della civiltà, che trasforma nella sua corona e nei gioielli d'oro e indossa come protezione l’abito regale. Istruisce anche la sua serva fedele, Ninshubur, su cosa fare nel caso non fosse tornata.
Davanti alle porte esterne degli Inferi si annuncia come “Inanna, regina del cielo, per la mia strada verso l'Oriente”. Neti, il custode - capo dell’oltretomba, è scettico e allora Inanna spiega che lei ha voluto scendere a causa della sua sorella maggiore, Ereshkigal: per essere presente alle esequie del marito di Ereshkigal, Gugalanna. Neti è ancora incerto e le dice di aspettare, mentre comunica il messaggio alla sua regina.
Quando Neti riferisce alla sua regina, Ereshkigal, che la splendida Inanna attende alle porte del palazzo, vestita dei sette simboli del suo fascino femminile, Ereshkigal si infuria e dice a Neti di trasformare le sette porte degli inferi in fessure per obbligare Inanna a spogliarsi delle sue vesti regali, una per una, per poter passare. Gli dice anche di “lasciare che la dea entri e di farle un inchino”.
Neti esegue gli ordini e permette ad Inanna di attraversare ogni cancello.
Inanna è costretta a togliersi la corona, gli orecchini di piccole perle, la doppia elica di perle intorno al collo, la corazza, la cintura d’oro e la veste reale. Ogni volta Inanna chiede: “Perché lo devo fare?” e Neti risponde: “Tranquilla, Inanna, le leggi dell’oltretomba non possono essere trasgredite”.
Quando Inanna, nuda, entra nella sala del trono, Ereshkigal si alza dal suo trono e gli Annuna, i giudici del mondo sotterraneo, circondano Inanna e pronunciano una sentenza contro di lei. Ereshkigal fissa su Inanna gli occhi della morte, pronuncia contro di lei la parola dell’ira, proferisce contro di lei il grido della colpa e la colpisce. Inanna è trasformato in un cadavere, un pezzo di carne in decomposizione ed appesa ad un gancio sulla parete.
Dopo tre giorni e tre notti, vedendo che Inanna non ritorna, Ninshubur comincia a piangere e battere il tamburo per Inanna. Va dal nonno paterno di Inanna, Enlil, e poi dal padre di Inanna, supplicando ciascuno di loro di non lasciare che la loro figlia sia messa a morte nel mondo sotterraneo. Entrambi sono però arrabbiati con Inanna per le sue azioni e si rifiutano di aiutarla.
Ninshubur va allora da a Enki, che è turbato e addolorato per Inanna. Per salvarla, Enki crea due creature, il kurgarra e la galatur, ai quali dà il cibo e l’acqua della vita e li istruisce su come entrare nel mondo sotterraneo assumendo l’aspetto di mosche. Dice loro che Ereshkigal si lamenterà con le grida di una donna in procinto di partorire.
Il kurgarra e la galatur seguono le istruzioni di Enki ed entrano nel mondo sotterraneo assumendo l’aspetto di mosche. Intanto Ereshkigal si lamenta come se stesse per partorire. Si lamenta della schiena, del cuore e del fegato e ogni volta il kurgarra e la galatur fanno eco al suo dolore, mostrandolo di condividerlo. Quando Ereshkigal si ferma a guardarli, si chiede chi sono e perché condividono il suo dolore. Offre loro la sua benedizione: prima il dono dell’acqua del fiume nella sua pienezza e quindi il dono del grano, ma ogni volta il kurgarra e la galatur rifiutano il dono. Quando Ereshkigal chiede loro che cosa vogliono, chiedono il cadavere appeso al gancio. Ereshkigal dà loro il cadavere e loro lo cospargono con il cibo e l’acqua della vita e Inanna si alza.
Inanna sta per abbandonare gli inferi, quando gli Annuna le dicono che deve lasciare qualcuno al suo posto e ordina ai Galla, i demoni del mondo sotterraneo, di restare aggrappati al fianco di Inanna fino a quando lei sceglierà la persona che prenderà il suo posto.
Come Inanna esce dal cancello del palazzo, con i Galla, Ninshubur, vestita di un sacco sporco, si getta ai piedi di Inanna. I Galla sono disposti a prendere Ninshubur, ma Inanna si rifiuta, ben consapevole che deve a Ninshubur la sua salvezza. Inanna si rifiuta anche di inviare i suoi figli, che avevano pianto la sua morte, ma quando arriva a Uruk e trova il marito, Dumuzi, seduto sul suo trono, con indosso il suo vestito migliore e incurante della sua assenza, Inanna dice ai Galla di prendere Dumuzi.
Dumuzi tenta di fuggire con l’aiuto del dio Utu, che lo trasforma in un serpente e poi in una gazzella. Ma ogni volta i Galla lo trovano. La sorella di Dumuzi, Geshtinanna, cerca di proteggere il fratello, ma senza alcun risultato. Alla fine, Dumuzi è tradito da un amico, che si fa corrompere dai Galla, che gli donano l’acqua e il grano.
Geshtinanna, in lutto per il fratello, grida che lei avrebbe condiviso la sua sorte. Inanna, commossa, ordina che Dumuzi e Geshtianna stiano negli inferi ciascuno per metà dell’anno e che trascorrano l’altra metà nel mondo di sopra. Inanna pone poi su di loro le mani dell’eternità e li rende immortali.
La discesa di Inanna negli Inferi è un mito, che con il suo simbolismo spiega la Genesi del mondo e l’alternarsi delle stagioni (Dumuzi e Geshtianna si alternano per metà dell’anno nel loro soggiorno negli inferi). Spiega anche l’istituzione della regalità e descrive l’evoluzione di Inanna, dopo che è diventata regina, moglie, madre e ha compiuto grandi imprese eroiche.
Il nome Ninshubur significa “Regina d'Oriente” e Inanna proclama alle porte degli inferi che è “sulla strada per l’Oriente”, frase, questa, che sopravvive nella moderna Massoneria, in cui un candidato per l’iniziazione proclama che egli è in viaggio per l’Oriente, prima di essere avvertito che non tornerà mai più dalla sua ricerca.
Ereshkigal, la regina degli Inferi, è in realtà il lato oscuro di Inanna, la parte della Regina del Cielo che è senza amore, abbandonata, pieno di rabbia, di avidità e di disperata solitudine. Ereshkigal cerca la propria soddisfazione sessuale, un desiderio che non ha mai soddisfatto. Anche in Lilith, Lilitu, la Regina dell’Aria, dell’atmosfera, spirito del mondo di sopra, c’è un lato oscuro, pieno di rabbia e di risentimento, che brama la soddisfazione sessuale. Sia in Ereshkigal che in Lilith c’è una rabbia primordiale: sono piene di furore, di avidità, di paura di restare sole.
La reazione di Ereshkigal nei confronti di Inanna è comprensibile perché la luce di Inanna, la sua gloria sono state, in qualche misura, realizzate a spese di Ereshkigal. Per molti aspetti, Ereshkigal è il lato oscuro di Lilith, che distrugge senza pietà tutto ciò che non è la nostra vera individualità.
Il nome Lilith è una derivazione dell’accadica dea delle tempeste Lilitu, che a sua volta deriva dalla sumera Lil, la “donna - tempesta” e non dalla parola ebraica laylah (notte), successivamente diviene un demone femminile, che nella mitologia ebraica rappresenta tutti gli aspetti negativi della femminilità: adulterio, stregoneria e lussuria.
Nella civiltà sumera, era rappresentata con due civette al fianco, nuda, con i piedi di lucertola posati su due leoni sdraiati, una corona lunare sul capo e due lunghe ali, che, partendo dalle spalle, si andavano a riunire sul dorso. Nelle mani, levate davanti a sé, sorreggeva un simbolo: quello di Ishtar-Innanna-Afrodite-Venere.
Il mito Sumerico più antico, racconta la storia di come Adapa arrivi per rompere le ali del Vento del Sud. Questo vento era associato a Ninlil (“Signora del Vento”, nome che deriva da Nin, Signora e Lil, Vento) e cioè la moglie di Enlil (En, Signore e Lil, Vento), Re degli Dei.
Secondo un mito, Enlil rapisce Ninlil e la violenta e come punizione è mandato nel mondo sotterraneo, dominio di Ereshkigal (Eresh, Sotto; Ki , Terra e Gal, Grande). Ninlil dopo aver vagato per il mondo, lo segue nel mondo sotterraneo e giura di vendicarsi del genere maschile. Nella versione babilonese del mito, Ninlil diventa Lilitu, accompagnata da Ardat Lili e da Idlu Lili.
Abbiamo già visto che secondo la tradizione cabalistica, Lilith fu la prima sposa di Adamo ed entrò in conflitto con quest’ultimo perché pretendeva di essere pari al maschio. Quando si trattò di consumare il primo rapporto sessuale Lilith si dimostrò insofferente per la posizione che Dio le aveva imposto (la donna sotto e l’uomo sopra). Adamo volle imporre a tutti i costi la sua volontà e Lilith fuggì nel Mar Rosso. Dio, vedendo di nuovo l’uomo solo, tentò di richiamarla, ma lei rifiutò.
Una versione dice che Dio fece un secondo tentativo e mandò tre angeli, che la trovarono fra le acque, circondata da altri demoni (secondo la tradizione ebraica nell’acqua si annidano le creature del male). Gli angeli la minacciarono di morte, se non fosse tornata dal suo sposo, ma Lilith li dissuase sostenendo che Dio le aveva affidato la custodia dei bambini maschi, fino all’ottavo giorno di vita e delle femmine, fino al ventesimo.
Dio allora punì Lilith uccidendo i suoi figli, gli Jinn e le Lilim, che generava accoppiandosi con i demoni e Lilith dal quel momento cominciò a vagare nella notte per strangolare i neonati che non sono protetti da talismani su cui sono incisi i nomi o i simboli dei tre degli angeli, Senoy, Sansenoy e Semangelof, che Dio aveva inviato per convincerla a tornare da Adamo. Cerca anche di indurre sogni impuri ed eiaculazioni negli uomini non sposati, durante il sonno.
Ad Adamo fu data una nuova donna, Eva, della quale Lilith era gelosissima e si dice che addirittura Lilith abbia ucciso molti figli di Eva.
Alcune versioni del mito identificano in Lilith il serpente che convinse Eva a toccare l’albero della conoscenza e a cogliere il frutto proibito.
Nel Libro dello Splendore Lilith è descritta come un demone coperto di sangue e di saliva e nello stesso tempo come una donna molto bella. I cabalisti medioevali, quando hanno disegnato i ventidue arcani maggiori dei tarocchi, per l’arcano del Diavolo si sono ispirati a questa rappresentazione.
Come è noto, gli arcani maggiori sono in realtà un alfabeto, l’alfabeto dell’anima. Ad ognuno, come nell’alfabeto ebraico, corrisponde un numero e ognuno rappresenta una forza e nasconde un archetipo: trasmette quindi un messaggio di vita. Il quindicesimo arcano dei tarocchi, il Diavolo, rappresenta l’Androgino, l’Uomo primordiale, un essere ancora indifferenziato, l’Albero della conoscenza o Albero della vita. La fiaccola che il Diavolo tiene nella sua mano sinistra è il fuoco di Dio, che gli venne rubato. L’Androgino si trasformò in un essere doppio, maschio e femmina. Le due figure incatenate, prigioniere del Diavolo e quindi dei loro peccati e della loro imperfezione, rappresentano il principio maschile e il principio femminile, separati, che danno origine ad un essere incompleto, eternamente ed inutilmente in cerca della sua unità originale.
Nello Zohar Lilith è un demone, una figura impura legata a Satana e nel Talmud babilonese è descritta come il demone classico della letteratura giudaica: dotata di ali, di artigli, nuda, con lunghi capelli.
Abbiamo lasciato Lilith sulle sponde del Mar Rosso: si è rifiutata di tornare nell’Eden e di diventare la compagna di Adamo e ha stretto una sorta di patto con i tre angeli del Signore. Non scompare, però, dalla mitologia ebraica.
Per centotrent’anni, dopo essere stato bandito dal Paradiso Terrestre, Adamo evitò la compagnia di Eva e generò fantasmi e demoni maligni e demoni femmina, e cioè i demoni della notte.
“Adamo visse cento e trenta anni e generò un figlio a lui somigliante (Seth), fatto a sua immagine. E da ciò si deduce che prima di quel tempo non avesse generato a sua immagine. Quando vide che attraverso di lui la morte era divenuta punizione, spese cento e trenta anni in dissolutezze, non si accostò a sua moglie per cento e trenta anni, indossò vestiti di fico per cento e trenta anni”. (Talmud, Erubin, 18b).
Secondo lo Zohar, Adamo incontrò Lilith, ma non si accoppiò con lei. Alcune fonti, però, sostengono che in realtà Caino non era figlio di Adamo e di Eva, ma di Adamo e di Lilith, mentre altre ancora sostengono che fosse figlio di Lucifero, che si era accoppiato con Eva dopo aver assunto le sembianze di Adamo. Altre ancora affermano che sia Seth, e non Caino, il figlio di Lilith. In ogni caso, il male, nella specie umana, sarebbe stato trasmesso, secondo queste fonti, o da Lucifero, tramite Caino, o da Lilith, tramite Seth, o Caino.
Rimane il fatto che Lilith incarna l’immaginario della bellezza e della fecondità femminile e questo ci riporta alla mitologia mesopotamica e alla terna di demoni costituita da Lilu, Lilitu e Ardat Lili; alla Lamassu della mitologia assira (la Lamia della tradizione greca), simbolo di distruzione, la cui immagine era utilizzata per allontanare i malefici e per incutere terrore ai nemici; all’Astarte, o Astariel, Astaroth, sempre della mitologia assira, dea dal fascino irresistibile, molto simile alla sumera Inanna, per la quale si praticava la prostituzione sacra; alla cananea Asherah, che era venerata dagli stessi ebrei, nonostante la proibizione di venerare qualunque principio femminile.
Ed ecco che torniamo ad Inanna, la dea della stella a otto punte, la dea di tutte le emozioni: dell’amore, della gelosia, della gioia, del dolore, della timidezza e dell’esibizionismo, della passione, dell’ambizione e della generosità. Tutte emozioni legati al principio femminile. Come Lilith, Inanna fu eternamente giovane, dinamica, fiera, sensuale e libera. Col nome di Ninnanna, era adorata come regina del cielo e come Ninsianna, era la personificazione del pianeta Venere.
Come Lilith, è una dea vestita in modo regale e lussuoso, o è completamente nuda. Come Lilith non fu mai sottomessa a nessuno. Molto bella e indipendente, era alla perpetua ricerca della sua casa, un luogo in cui vivere in pace. Regina del cielo, regina dell’aria, dea delle piogge e degli acquazzoni, dea del mattino e stella della sera, dea della fertilità, ma anche, nel suo lato oscuro e cioè Ereshkigal, regina dell’oltretomba, dea della guerra e dell’amore sessuale: questa è Inanna, ed è Lilith.
Il suo culto si diffuse per tutto il mondo antico ed è in definitiva il culto della Grande Dea e la dea assunse diversi nomi. Ishtar, Iside, Neith, Meti, Astarte, Cibele, Afrodite, Brigit (la dea più importante della mitologia celtica).
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