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 Oggetto del messaggio: Chi è davvero Gesù!
MessaggioInviato: 09/01/2013, 20:22 
Visto che sono in sintonia con questo utente mi permetto di postare quello che ha scritto rigguardo Gesù Cristo Figlio di Dio, dopo aver sentito di tutto ...




(By (ron) sheran)


"Come la penso io
Carissimi, penso che sia buona cosa esprimere il proprio pensiero su temi importanti che rientrano nella spiritualità di ognuno di noi. Colgo l'occasione di presentarvi una serie di dati storici sull'affermazione della figura di cristo, oggi più che mai oltraggiata da nuove teorie new-age che sminuiscono la figura stessa di Gesù e lo relegano o ad un semplice maestro di verità, o ad un profeta, o ancora al ruolo di un m,aestro asceso, che non si capisce bene che ruolo abbia, visto che Gesù era già per la nostra fede cristiana al massimo livello ascensionale, o meglio non avrebbe avuto bisogno di ascendere, visto che non era nient'altro che essere generato da Dio stesso e della stessa sostanza del Padre. Dopo la sua morte e la sua resurreione, risale al cielo e siede direi di nuovo alla destra del Padre riprendendo il suo posto originale. Apro la storia di gesù ricordando interessanti passi della storia della chiesa che nel tempo ha voluto chiarire dubbi su teorie nuove che nascevano sulla figura di cristo, e denunciando eresie che potevano mettere in discussione la vera identità del messia.
(Prima paarte)
Da Nicea a Costantinopoli.
Il concilio di Nicea, nel 325, aveva condannato l'arianesimo, (di Ario)eresia trinitaria per la quale solo il Padre era il vero Dio, perchè ingenerato (agenétos). Il Verbo, derivando dal Padre, non era ne eterno ne consostanziale a Lui. Dunque non era vero Dio, né figlio di Dio se non nel senso di una adorazione da parte del Padre. Cristo dunque non era Dio, e di conseguenza, il cristianesimo si sfasciava come religione del Dio fatto uomo. Perciò il concilio di Nicea, a conclusione da una lotta grandiosa capitanata da Sabt'Anastasio (295-373), aveva condannato l'arianesimo e nello stesso tempo deinito che il verbo era perfettamente consostanziale al Padre e cioè identico al Padre numericamente nella sostanza, o essenza o natura. Esso aveva fissato questa veritàdi fede già creduta e professata per tre secoli, nella proclamazione del Simbolo che ancora oggi ripetiamo nella Messa. (Il Credo)Se si ripensa ai testi del vaangelo, ci si ende conto della precisazione con cui con questa formula di fede di Nicea viene tradotta e spiegata la rivelazzione evangelica dell'Uomo-Dioe affermata la divinità di Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo. Non puro uomocome voleva Ario; ma nemmeno puro Dio, rivestito di un'apparenza di umanità, come prima aveva voluto il docetismo, confluente poi nelle correnti gnostche, ma vero uomo e vero Dio: Dio come il padre da cui è eternamente generato, uomo come tutti noi. Nasceva però in questo secolo un'altra eresia, intorno all'umnità di Cristo. Fu un vescovo orientale, Apollinare di Laodicea(+ c.390)a suscitarla, quando per salvaguardare l'unità di Cristo sostenne che il verbo si era fatto letteralmente carne, come diceva Giovanni, ossia aveva assunto un corpo del tutto simile al nostro, dotato di un'anima ma non razionale; l'anima razionale di cristo era lo stesso Verbo di Dio. così Apollinare sembrava salvare l'unità di cristo, perché tolta l'anima umana non si aveva più un vero uomo. Perciò anche l'apollinarismo fu condannato nel Concilio primo di Costantinopoli (secondo ecumenico) nel 381.
Il concilio di Efeso.
Se Nicea e constantinopoli avevano fissato la dupplice natura , divina e umana, e l'integrità della naturaa umana di Cristo, non era però ancora risolto il problema della unità delle due nature. Come si univano tra di loro? Come potevano coesistere e sussisterein un solo individuo? Intorno a questo problema la crisi doveva ben presto aprirsi, divampare, e in certi momenti assumere un andamento che si può dire drammatico. Già paolo di Samosata nella seconda metà del III secolo, poi Teodorico di Mopsuestia (+ 428)e in seguito nestorio (384-451)discepolo di Teodoro, sosteneva che in Gesù Cristo, c'era un fondamentale dualismo, tra il Figlio dell'uomo nato da Maria, ed il Figlio di Dio, generato eternamente dal Padre. contro Apollinare, nestorio poneva in Cristo una antura umana integrale, facendone un uomo come noi, in corpo e anima raazionale; ma quest'uomo, generato da Maria, santificato dalla grazia, era diventato semplicemente il tempio del verbo, sichè altra cosa era il Cristo, altra cosa era il Verbo. Quindi non si potevano attribuire al Verbo qualità veramente umane nè si poteva dire che Maria ersa madre di Dio (Theotòcos), ma piuttosto che è l'ospiote di dio (Theodocòs) o tutt'alpiù la madre di cristo (Christotòcos), il quale beninteso non è il Verbo di Dio. E' dunque evidente che per Nestorio vi erano in cristo due persone , tra le quali non esisteva che una unione morale, per via di amore e di cconformità, e che maria non era altro che la madre di un uomo, assunto poi dal verbo. Per tal modo l'unità di Cristo veniva infranta e la tradizionale fede cristiana distrutta o compromessa.
(fine prima parte)
Ron. "



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MessaggioInviato: 09/01/2013, 20:23 
(seconda parte)
Contro Nestorio si erse San Cirillo (+444), patriarca di Alessandria, sostenendo che il verbo si può dire nato e cncepito da Maria nella natura umana, e quindi Maria è vera madre di Dio (Theotocòs). Sosteneva pure che Cristo è uno, è il "verbo fatto carne2 di San giovanni, a cui competono gli attributi divini in quanto realmente possiede la natura divina per cui è consostanziale al Padre , e gli attributi umani in quanto realmente posssiede la natura unamana per cui è consostanziale a noi. Dunque è veramente Figlio di Dio per natura, e non solo per adorazione in forza alla sua santità. Il Verbo non abita in lui solo moralmente come nei santi, ma "unito secondo la natura", senza convertirsi in carne, vi ha abitato in maniera simile a quella dell'anima che abita nel proprio corpo. Uno solo e pertanto è il Cristo Figlio e Signore. San Cirillo difese categoricamente la diferenza delle due nature e l'integrità della natura umana; ma contro nestorio e in generale contro gli antiocheni difese pure l'unione fisica delle due nature, congiunte fin dal primo istante della concenzione di Cristo nel seno di Maria. Qualunque questine si possa fare sulla esattezza in tutti i punti della interpretazione di nestorio da parte di Cirillo, sta il fatto che la sua dottrina fu accettata dal concilio di Efeso, nel 431, che la definì con l'approvazione del Pontefice di Roma presente attraverso i suopi legati. " Noi non diciamo- asserivano i Padri di Efeso - che la natura del Verbo sia diventata carne per una sua mutazione; nè che si sia trasformata in un uomo integrale , composta di anima e di corpo. Diciamo invece che il Verbo , essendosi unita secondo l'ipostasi una carne animata dall'anima razionale, è divnuto uomo in modo insplicabile e incomprensibile" . Dunque un solo Cristo , Figlio di Dio e dell'uomo e vero Dio; e Maria è veramente madre di Dio: in quanto lo stesso Verbo-Dio sussiste nella natura umana assunta nel seno di Maria. Nestorio veniva condannato e si faceva un altro grande passo nello sviluppo dellacristologia.
Il concilio di Calcedonia.
Che cosa significa quel "modo inesplicabile e incomprensibile" in cui, secondo il concilio di Efeso, il Verbo si è unito alla parte umana? Di quale unione si trattava? Qesto era ancora il gran problema.
Il Monofisismo.
D'altra parte San Cirillo, nell'ardore polemico, aveva usato qualche espressione, sostanzialmente giusa, ma che poteva prestarsi a fraintendimenti. Egli aveva sostenuto l'unità personale di Gesù Cristo , negata o compromessa da Nestorio, ma c'era ora il pericolo che venissse compromessa la dualità di nature. Specialmente una frase di Cirillo poteva dar luogo ad interpretazioni false "Una è la natura del verbo di Dio incarnato" frase che erroneamente Cirillo attribuiva ad Atanasio, e che in reltà derivava da Apollinare. Sulla bocca di cirillo, la parola "fisis" = natura, equivaleva ad "ipostasis" =persona, secondo l'uso allora vigente in certi ambienti alessandrini , nei quali con la parola "fisis" si designava l'esser in concreto e quindi anche la persona. E' poi da notare che nei secoli IV e V la terminologia non poteva essere ancora del tutto precisa e usata ancora con rigore tecnico e con valore identico dalle diverse scuole teologiche. Lo stesso termine "ipostasis" nel secolo IVvenne per molto tempo adoperato per designare la natura divina comune alle tre persone della Trinità, mentre più tardi passò a dsignare la persona, proprio in contrapposizione alla natura, per la quale si usava ormai il tgermine "fisis", o "ausia" 0 essenza. Il pensiero di San Cirillo era valida, ma l'espressione usata risentiva della imperfezione tecnicadel linguaggio e sopratutto poteva essere spinta fino a significare l'esistenza in cristo di una sola natura (" Una è la Natura del Verbo di Dio incarnata"), risultante da una mescolanza o da un assorbimento da una natura umana da parte di quella divina. In oltre Cirillo aveva parlato di due nature in senso astratto e di una perfetta unità in Cristo in senso concreto. In realtà dopo la morte di cirillo, ci fu chi abusò abusò delle sue parole, a una nuova interpretazione di Cristo, l'eresia monofisistica (da moné fisis=unica natura), opposta al nestorianesimo e che ha la sua massima espressione nell'eutichianismo, da Eutiche (378-454), archimandrita di un celebre monastero di Costantinopoli, il quale, datosi a combattere a fondo l'eresia di Nestorio, che affermava due persone in cristo, cadde nell'errore opposto.
(fine seconda parte)
Ron.



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MessaggioInviato: 09/01/2013, 20:24 
(TERZA PARTE)
Eutiche.
L'enciclica "Sempiternus Rex" ricostruisce a brevi tratti la situazione. Eutiche, molto imprudente e assai ignorante come lo descrive Leone I Magno nella lettera a Flaviano, asseriva che in un primo momento, e cioè prima della incarnazione, le nature di Cristo erano due, la divina e l'umana, ma in un secondo momento, dopo l'incarnazione, il verbo assorbì l'uomo e quindi non ci fu più che una sola natura. L'umanità di cristo, non era consostanziale alla nostra, non era quindi una vera natura umana. Il corpo che Cristo prese da Maria, non era della stessa sostanza e materia del nostro, sicché pur essendo umano, non era consostanziale a noi e a Maria. Come si vede la formula di San Cirillo: "una sola natura", veniva estesa fino ad un significato estremo, che coincideva con quello inteso da chi per primo aveva parlato di "mia fisis" nel senso di "unità naturale"e non solo "personale"...Apollinare. Ne conseguiva infatti che Cristo non era nato, nè aveva patito, né era stato crocifisso, né era risorto in una vera natura umana. Questa posizione di Etiche era a dir il vero, strana e paradossale: poichè non si capisce come la natura umana di Cristo potesse preesistere al suo concepimento, a meno di non dover ammettere erroneamente, con origene, la preesistenza dell'anima di Cristo, che avrebbe dimorato nel cielo prima di unirsi al verbo nel seno di Maria; o l'altra teoria , egualmente erronea, secondo cui l'unione dell'umanitàe del verbo avrebbe avuto luogo non nello stesso istante del concepimento di Cristo, ma dopo di questo, o anche dopo il parto. Inoltre resta la difficoltà del come due nature vere e concrete, possano confluire e trasformarsi in una sola natura, tanto più che la natura divina è infinita ed immutabile. come ammettere che questa svanisca dissolvendosi nell'umanità, o in essa quasi si condensi, o con esssa si mescoli per formare un "tertium quid" del tutto nuovo ( come l'idrogeno e l'ossigeno formano l'acqua), o l'assuma formando con esssa un unico composto naturale, nel quale le due nature, senza confondersi e mescolarsi, tuttavia si perfezionano a vicenda, come l'anima e il corpo nel composto umano? In tutte queste ipotesi viene violata l'infinita trascendenza e perfezione della natura divina; l'economia della incarnazione si dissolve e il mistero di Cristo si sperde in ombre vane e impalpabili. assurda da un punto di vista metafisico, la dottrina monofisita era anche in contrasto stridente con la rivelazione evangelica della duplice natura di Cristo, vero uomo e vero dio, e con la professione di fede di Nicea. Non c'era dubbio sul suo carattere ereticale. fu riunito un sinodo particolare a Costantinopoli, nel 448, presieduto da flaviano, vescovo della città. Eutiche, che andava in quel tempo disseminando ostinatamente i suoi errori nei monasteri, vi fu pubblicamente accusato dal vescovo Eusebio di Dorilea e, condannato, fu deposto dalla sua carica di archimandrita, dopo che, interrogato, rifiutò di recedere dalle sue formule. Ma egli ritenendo ingiusta la condanna, si appellò ad alcuni vescovi che nella chiesa godevano di grande autorità, come Pietro Crisologo di ravenna, Dioscoro di Alessandria, e specialmente il Sommo Pontefice Leone I, che a questo punto entra in scena ammantato di tutta la sua grandezza ed autorità.
Leone era un grande Papa, (440-461), pieno di sollecitudine per la fede e per la pietà, difensore della città e padre dei poveri, eloquente e profondo assertore della fede cristiana. Egli aveva chiara la nozione del mistero di Cristo e sosteneva vigorosamente la fede della chiesa. " La Chiesa Cattolica vive di questa fede", scriveva a flaviano, "per cui in Gesù cristo non si crede né l'imanità senza divinità, né la divinità senza l'umanità". Anche considerato nelle sue qualità personali era l'uomo più indicato per la controversia. ma inoltre era il vescovo di Roma e proprio in quella metà del V secolo risplendeva in lui la prerogativa del primato romano tra il consenso universale dei vescovi e delle comunità cristiane, come risulta in modo irrefragabile proprio in questa vicenda della condanna di Eutiche e della sua dottrina. Eutiche che non aveva troppa fiducia in Leone, ottenne con raggiri e inganni dall'imperatore Teodosio II, la convocazione di un altro Concilio, ad Efeso, nel quale fosse riveduta la sua causa, esso ebbe luogo nel 449, e fu pressieduto da Dioscoro, vescovo di Alessandria, amico di Eutiche e seguace della sua dottrina. San Leone, per amor di pace, vi mandò i suoi legati, i quali però non ebbero il primo posto, non poterono far leggere le lettere del Sommo Pontefice, mentre tutto veniva manipolato con inganno e violenza. Il vescovo Flaviano fu accusato di eresia e gettato in carcere, dove morì. Gi altri vescovi non favorevoli ad Eutiche vennero deposti, o costretti ad aderire a lui con la violenza. dioscoro, invaso da una sorte di furore, osò adirittura mandare la scomunica al Pontefice di Roma San Leone I Magno!!! Naturalmente tale Concilio non fu approvato da Leone, che anzi lo chiamò un "latrocinio" (latrocinium ephesinum). Nel fratteempo i vescovi deposti avevano mandato al Papa i
loro appelli e il diacono Ilario lo aveva informato di quanto era vvenuto in quello pseudo-concilio. Già prima il vescovo Flaviano gli aveva scritto una lettera nella quale lo informava dello stato della controversia con Eutiche. Ed è qui che risalta tutta la gloria di leone e del pontificato romano. Il 6 ottobre dello stesso anno, il Papa riunì un Concilio a Roma nel quale annullò anergicamente gli atti del oncciliabolo di Efeso e scrisse all'imperratore teodosio peer indurlo a fare altrettanto e ad indurlo a promuovere la velebrazione di un altro Concilio Ecumenico che Leone avrebbe voluto fosse convocato in Italia. Egli rinnovò altre volte le sue accorate suppliche, ma finchè visse Teodosio non potè ottenere nessun risultato. Ma quando nel luglio 450, morto l'imperatore, assunse il governo sua sorella Pulcheria "giglio fulgido di regale e intemerata bellezza" come dice l'Enciclica "Sempiternus Rex" che sposò e associò all'impero marciano mite e saggio principe, la situazione cambiò. Furono restituiti alle loro sedi i vescovi che erano statio deposti; la salma di san Flaviano fu trasportata con grandi onori a Costantinopoli; unanime fu la riprovazione dell'eresia eutichiana. Il vescovo Anatolio che Dioscoro aveva arbitrariamente messo sulla cattedra di Flaviano, sottoscrisse la lettera che Leone aveva mandato a Flòaviano in risposta della sua esposizione alla controversia, il famoso "tomus ad Flaviano", sull'incarnazione del verbo di cui parleremo.



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MessaggioInviato: 09/01/2013, 20:25 
(QUARTA PARTE)
Il nuovo Concilio.
tuttavia fu convocato egualmente il nuovo Concilio Ecumenico, per desiderio dell'Imperatore e con il consenso del Papa, a Calcedonia, presso il Bosforo di tracia, di fronte a Costantinopoli, dove il giorno 8 ottobre 451 si riunirono i padri nella basilica di Sant'Eufemia Vergine e Martire, in numero di circa 600, tutti delle sedi orientali, eccetto due africani profughi dalla patria. In mezzo all'assemblea fu collocato il libro dei Vangeli.Davanti ai cancelli dell'altare presero posto 19 rappresentanti dell'imperatore e del senato. Al primo posto erano i legati Pontifici, e cioè i "piissimi personaggi" Pascasino, vescovo di Lilibeo in Sicilia, Lucenzio, vescovo di Ascoli, Bonifacio e Basilio sacerdoti, ai quali si aggiunse Giuliano, vescovo di Cos, nunzio apostolico a Costantinopoli, per aiutarli forse come consgliere. I legati Pontifici comunicarono le disposizioni minuziose di Papa leone, il quale raccomandava che si evitassero nuove controversie, ma che si agisse in spirito di concordia e di unità, e dichiarava che per la nuova professione di fede era sufficiente l'accettazione della sua lettera dommatica a Flaviano e l'adesione alle decisioni dei Concili di Nicea, di Costantinopoli e di Efeso. Dava ordinazioni disciplinari e giudiziarie da osservarsi nel Concilio e dopo, ma soprattutto disponeva che non si deliberasse nulla nell'assenza dei Legati papali. Fu una grande affermazione del primato della Sede Apostolica e del suo Vescovo, il sommo pontefice. L'enciclica "Sempiterbnus Rex" lo sottoline a apiù riprese. Fu l'autorità del Vescovo di Roma, presente nei suoi legati, che al centro del Concilio di calcedonia, definì la fede Cattolica intorno a Cristo, rigettando l'eresia di Eutiche. Infatti come scrive Papa Pio XII, i Legati del Romano Pontefice, occupavano il primo posto tra i vescovi, per primi sono nominsti, per primi prendono la parola, per primi firmano gli Atti, e,in forza della loro autorità delegata, confermano e rigettano i voti degli altri, come avvenne apertamente nella condanna di Dioscoro, che i Legati del Sommo pontefice retificarono con queste parole: "Il Santissimo e beatissimo Arcivescovo della grande città di Roma, Leone, per mezzo di noi e di questo Santo sinodo, insieme col beatissimo e dignissimo di lode Pietro Apostolo, che è la pietra e la base dell Chiesa Cattolica ed il fondamento della fede ortodossa, ha spogliato lui (Dioscoro) della dignità episcopale come anche lo ha rimossso da ogni ministero sacerdotale." Non ci sono possibilità di equivoco o di dubbio sull'incontrastato primato, non solo di onore, ma di giurisdizione e sulla funzione di supremo giudice della fede che tutti nel V secolo riconoscono al Vescovo di Roma, non per ragioni di antichità e di dignità o per motivi di ascendente personale, ma perché Roma è la "Sede di Pietro". Lo dichiarano i Legati Pontifici al Concilio, lo riconoscono e lo ripetono i vescovi, lo afferma recisamente Leone, lo ammette l'imperatore. Al Vescovo di Roma ricorrono i vescovi deposti, tra i quali Flaviano; a lui ricorre le stesso Eutiche, perché sanno che se saranno riconosciuti da lui innocenti, ciò significherà che sono in comunione con la chiesa universale essendo in comunione con Pietro, pietra d'angolo di tutta l'ecumene dei credenti. Ricorrendo a Leone,E il Vescovo Teodoreto di Ciro Flaviano gli scrive: "Volgendo, come per un partito preso, tutte le cose iniquamente a mio danno, dopo quell'ingiusta sentenza pronunciata contro di me (da Dioscoro), mentre mi appellavo al tronodell'Apostolica Sde di Pietro, principe degli Apostoli, e a tutto il beato Sinodo, soggetto a Vostra Santità, subito mi vidi circondato da molti soldati che non mi permettevano di rifugiarmi presso il santo altare, ma cercavano di trarmi fuori dalla chiesa..." E il vescovo teodoreto di Ciro afferma: " San paolo, araldo della verità, si recò dal grande Pietro...molto più noi umili e picoli ricorriamo alla Vostra Apostolica Sede, per ottenere da Voi rimedio alle piaghe delle Chiese. Perchè a Voi spetta esercitare il primato su tutte...Io aspetto il giudizio della Vostra Apostolica Sede...Anzitutto io aspetto di essere istruito da Voi, se debba rassegnarmi a questa ingiusta deposizione oppure no; attendo la Vostra sentenza. L'Enciclica "Sempiternus Rex" ricorda pure un episodio svoltosi durante il Concilio, molto significativo a questo riguardo. mentre erano assenti i Legati, tra le norme disciplinari preparate dai Padri del Concilio ve n'era una - il canone 28 del Concilio- che attribuiva il secondo posto d'onore della chiesa, dopo roma, alla sede di Costantinopoli, come città imperiale. Non era una violazione del primato romano , ammesso da tutti; e tuttavia i legati prima, e poi il Papa protestarono contro tale canone, sia perché era lesivo dell'onore di altre antiche sedi, come Alessandria e gerusalemme, sia perchè era inaccettabile il principio che la dignità di una sede si stabilisse in base all'importanza politica della città. Alla sentenza del Papa aderirono Marciano e Pulcheria, e il vescovo di Costantinopoli Anatolio scrisse a Leone per scusarsi, aggiungendo che "Di quelle cose che nei giorni scorsi sono state decretate dal Concilio universale di Calcedonia a favore della sede costantinopoliana, sia certa Vostra beatitudine, che io non ho nessuna colpa... ma è il reverendissimo clero della Chiesa costantinopoliana che ha avuto questo desiderio..., essendo stata riservata all'autorità di Vostra Beatutudine tutta la validità e l'approvazione di tale atto." Ecco pertanto un riconoscimento chirisimo sia della diversità tra l'origine del primato romano e quello della dignità della Sede di Costantinopoli, sia del diritto del Vescovo di Roma a dare efficacia con la sua approvazione gli atti del Concilio nel campo della disciplina, e quindi del suo primato di giurisdizione universale. Roma risalta come centro e garanzia della cattolicità e man mano che questa qualità essenziale della Chiesa fondata da Cristo si rivela sul piano degli sviluppi storici, appare sempre meglio come legata all'altro valore dal quale di fatto non è separabile, quello della romanità.
(fine quarta parte)



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(quinta parte)
La dottrina cristologica di San Leone Magno.
L'intervento di Papa leone al Concilio di calcedonia ha un valore e segna un passo decisivo nel campo del dogma cristologico. Nella lettera a Flaviano letta nellla terza sessione del Concilio, il Papa esponeva con completezza e profondità di dottrina, con estrema precisione di termini e con eleganza di stile il pensiero tradizionale riguardo all'Incarnazione, contro le due opposte aberrazioni del nestorianesimo e del monofisismo. Con questa lettera pertanto la cristologia raggiungeva la sua ossatura, specialmente per quella definitiva formulazione del dogma di Cristo, nel quale si esprimeva la massima penetrazione della ragione umana nel suo mistero. vediamo i punti salienti di questa dottrina.
Contro Eutiche e Nestorio:
Anzitutto contro Eutiche che va dicendo: "Confesso che il Signore era di di due nature prima dell'unione; dopo l'unione invece confesso una sola natura." Papa leone protesta e condanna dicendo: "M i meraviglio che una formula così assurda e così perversa non sia stata riprovata nel pseudo Concilio di Efeso, da alcuna protesta dei giudici..., mentre è egualmente empio asserire nel Figlio Unigenito di Dio due nature prima dell'Incarnazione come ammettere in lui una sola natura dopo l'Incarnzione." Ma contro Nestorio che va all'eccesso contrario, fino a porre una duplicità di persone in Cristo, San Leone Magno insegna: " In forza di questa unità di persona da ammettersi nelle due nature si legge che il Figliuolo dell'uomo è disceso dal cielo, quando il Figlio di Dio assunse la carne dalla Vergine, da cui è nato. E ancora si dice che il Figlio di Dioè stato crocifisso e sepolto, mentre egli ha sofferto queste cose non nella Divinità stessa, per lòa quale l'Unigenito è coeternoe consostanziale al Padre, ma nella sua debole natura umana. Sicché tutti professiamo nel Simbolo che l'Unigenito Figlio di Dio è stato crocifisso e seppellito.
Precisazione del credo cattolico.
Leone espone la dottrina cristologica in modo completo e chiaro in questa lettera che non temo di considerare la più alta a livello spiirituale della storia della chiesa cattolica, e che fa definitivamente chiarezzza sulla vera figura e antura di Gesù Cristo.
A mio avviso, questa lettera è un vero capolavoro dogmatico.
Eccola: " Lo stesso Eterno Unigenito dell'Eterno Genitore è nato di Spirito Santo e da Maria Vergine. Questa nascita temporale niente toglie e niente aggiunge alla nascita divina ed eterna, ma tutta la sua ragione d'essere fu la salvezza dell'uomo che era stato ingannato... non avremmo infatti potuto superare l'autore del peccato e della morte se non avesse assunta e fatta sua la nostra natura Colui che né il peccato potè contaminare, né la morte tenere in suo dominio. Poiché fu concepito di Spirito Santo nel seno di una madre vergine, che lo diede alla luce senza lesione della sua verginità, come senza lesione della verginità lo concepì...Ma di questa generazione singolarmente mirabile e mirabilmente singolare non bisogna affatto ritenere che la novità comprometta la proprietà. Lo Spirito santo diede fecondità alla vergine, ma la verità del corpo generato in tal modo miracoloso risulta garantita dal fatto che esso fu tratto dal corpo di Lei." E ancora: "...L'una e l'altra natura conserva senza minorazione la sua proprietà" e tuttavia "uno e il medesimo è veramente Figlio di dioe Figlio dell'uomo". Ossia: due nature, con due serie di proprietà e di operazioni, che però si attribuiscono all'unica persona del Verbo fattosi uomo.
Più ampiamente Leone illustra questa verità dicendo: " Rimanendo dunque salve e confluenti in una sola persona la proprietà dell'una e dell'altra natura o sostanza, è stata assunta l'umiltà dalla maestà, la debolezza dalla forza, la mortalità dall'eternità; e, onde saldare il debito della nostra condizione, una natura inviolabile si è unita a una natura passibile: affinché, come si addiceva alla nostra restaurazione, un solo e identico Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, per un verso potesse morire, per l'altro fossse incapace di morire. In un'integra dunque e perfetta natura di vero uomo è nato un Dio vero, perfetto nelle sue come nelle nostre prerogative. Entra dunque in questo infimo mondo il Figlio di Dio scendendo dalla sede celeste, ma senza recedere dalla gloria del Padre, generato secondo un ordine nuovo ed una nuova nascita.
" Secondo un ordine nuovo: giacché invisibile divenne visibile; incontenibile volle essere contenuto; eterno cominciò a esistere nekl tempo; Signore dell'Universo assunse la forma di servo avvolgendo nell'ombra la sua immensa maestà; Dio impassibile non disdegnò di essere uomo passibile, ed immortale di soggiacere alle leggi della morte. secondo una nuova nascita; giacché uina verginità inviolata non conobbe concupiscenza e fornì la materia della Sua carne. Fu assunta dalla Madre del Signore la natura (umana)non la colpa; né, perché mirabile è la sua nascita, in Gesù Cristo Signore, nato dal seno della vergine, c'è una natura diversa dalla nostra. Colui che è vero Dio è anche vero uomo, e in questa unità non vi è alcuna menzogna, ma al contrario coesistono l'umiltà dell'uomo e la grandezza di Dio. Come appunto Dio non subisce mutazioni al contato con la miseria umana, così l'uomo non rimane asorbito dalla maestà divina. Ciascuna delle due forme compie le operazioni che le sono proprie in comunione con l'altra: compiendo il Verbo ciò che è proprio del Verbo ed eseguendo la carne ciò che è proprio alla carne. L'uno rifulge per i miracoli, l'altra soccombe alle ingiurie. E come il Verbo non recede dall'eguaglianza della gloria paterna, così la carne non abbandona la natura del genere nostro.
I punti salienti.
I punti salienti della dottrina di Papa leone I Magno, sono dunque a) L'unicità di soggetto in Cristo, unica persona del Verbo che assume non un altro individuo, ma semplicemente laa natura umana; b)la sussistenza però in quest'unico soggetto di due nature, la divina e l'umana, reali, sistinte, inconfuse, integre anche dopo l'unione; c)ognuna di queste nature è dotata di delle proprie facoltà (ossia intelligenza e volontà), perfezioni e capacità operative, ma entrambe operano in comunione reciproca, nè una è mai indipendente dall'altra; d)a ragione di questo dualismo sussistenti però in un unico soggetto, si possono attribuire a questo leoperazioni proprie dell'una e dell'altra natura, secondo quella consuetudine bibblico-tradizionale di linguafggio che si suole denominare "comunicazione degli idiomi", sicchè si possono attribuire a Dio, in cristo, operazioni proprie dell'uomo (p.es. che è nato da Maria Vergin, che ha patito, è morto, è risorto), e all'uomo operazioni proprie a Dio, (p.es. che il figlio di Maria, è il creatore del mondo, è eterno, consostanziale al Padre, ecc.) Poiché infatti è unica la Persona sussistente in due nature,, ad essa si può attribuire ciò che è proprio delle due nature, ma non a una natura ciò che è proprio dell'altra, (p.es. non si può dire cghe la Divinità è morta, o che l'umanità sussiste eternamente, consostanziale al Padre). Questa diceva leone era la dottrina della Chiesa Romana, che bisognava non discutere, ma ccogliere, perché era la dottrina della Sede di Pietro. E in realtà, appena finita la lettura della Lettera, tutti i presenti al Concilio gridarono unanimi: " Questa è al fede dei Padri, questa è la fede degli Apostoli. Tutti crediamo così, gli ortodossicredono così. sia scomunicato chi non crede così. Pietro così ha parlato pèer bocca di Leone.
La definizion di Calcedonia.
In conformità alla lettre si San Leone Magno, che tutti trovaono conforme coi Simboli Niceno e Costantinopoliano, fu redatta dalla quinta sessione del Concilio su richiesta dei rappresentanti di Marciano e del senato, una nuova formula di fede, che conteneva un prologo, il Simbolo niceno, Il Simbolo Costantinopoliano e la solenne condanna dell'errore eutichiano. La formula, approvata dai Padri con unanime consenso, sbarazzava definitivamente il terreno dalle deviazioni dogmatiche, e senza sconfessare il lavoro e lòe formulazioni dei precedenti Concili segnava una grande conquista nella chiarificazione dei concetti e nella precisazione dei termini, affermando inequivocabilmente l'unica Persona e le due distinte nature di Cristo. essa dice:
La formula conciliare: " Il Santo, grande e universale Sinodo condanna quelli che fantasticano di due nature del signore prima dell'unione, e ne immaginano una dopo l'unione. Noi dunque, sulle orme dei Santi Padri, insegnamo in pieno accordo a confessare un solo e medesimo Figlio e Signore nostro gesù Cristo; il medesimo perfetto nela divinità e perfetto nell'umanità, Dio vero e uomo vero0, fatta di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre secondo la divinità, consostanziale a noi secondo l'umanità, simile a noi in tutto fuorché nel peccato: generato dal Pdre prima dei secoli secondo la divinità, da Maria Vergine genitrice di Dio, secondo l'umanità, negli ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza; un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore Unigenito, da riconoscersi in due nature senza confusione, senza mutazione, senza separazione, in nessun modo tolata la differenza delle nature per ragione dell'unione, e anzi salva la proprietà dell'una e dell'altra natura concorrenti in una sola persona e sussistenza. non in due persone scisse e diviso, ma un solo e medesimo Figlio e Unigenito di Dio Verbo, Signore gesù Cristo. L'intervento di leone era stato decisivo. La sua dottrina che era la dottrina della Chiesa Romana, aveva trionfato. In lui parlava veramente Pietro e dava ancora una volta la grande testimonianza di cesarea di filippo: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente!



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MessaggioInviato: 09/01/2013, 22:15 
U.

l'intervento è interessante e ben articolato , ma non riguarda il Cristo Storico , infatti parte da Nicea , mentre il Cristo Storico si ferma proprio a Nicea .

In effetti tratta l' origene cella Religione Cattolica e la sua teogonia .




zio ot [;)]



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u_u
Come già ti ha detto Zio OT, Gesù storico è da cercare nella Palestina del I secolo.



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