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Grigio
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MessaggioInviato: 26/02/2010, 08:36 
Dopo tutte queste discussioni, c'è una domanda che mi sta frullando nella testa. O meglio, una riflessione. Viene da chiedersi perchè popoli primitivi, il cui problema principale era la sopravvivenza in condizioni difficili, abbiano sviluppato più o meno tutti questa storia in cui si parla di un'età dell'oro che ha preceduto la loro misera storia. Perché a certi individui possa essere venuta l'idea, in tempi così lontani, che la loro orgine era di molto migliore rispetto al loro stato attuale. Per quanto non scientifica, l'idea di una creazione che procede per separazione e non per aggiunta è un concetto che trovo molto elaborato. Per non parlare di tutti i significati simbolici che ancora oggi non siamo in grado di decifrare completamente! Non si può rimpiangere ciò che non si è mai posseduto!

Mi viene in mente una frase detta da Filumena Marturano nell'omonima opera, quando viene rimproverata da Domenico Soriano di non essere in grado di piangere, di soffrire e lei risponde così: "Sai quanno se chiagne? Quanno se cunosce 'o bbene e nun se po' avé! Ma Filumena Marturano bene nun ne cunosce... e quanno se cunosce sulo 'o mmale nun se chagne!"
Tradotto: "Sai quando si piange, quandosi consoce il bene e non si può avere! Ma Filumena Marturaono bene non ne conosce... e quando si conosce solo il male, non si piange".

Scusate la divagazione [:)]



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MessaggioInviato: 26/02/2010, 09:07 
Cara Hanna, la risposta al tuo acutissimo quesito è molto più.... "terrena": non c' è bisogno di cercare nel soprannaturale e nell' interpretazione biblica.

Semplicemente tutti questi popoli ricordavano quello che era appena stato: la Civiltà che li aveva preceduti e che è finita bruscamente a causa di qualche cataclisma.

Una civiltà umana, che nei 100.000 anni dalla comparsa della nostra specie ha avuto tutto il tempo di evolversi fino ad un altissimo livello, e spazzata via per un disastro naturale o artificiale - tempesta solare, inversione dei poli, meteorite, conflitto nucleare - e che ci ha lasciato in eredità il suo vago e confuso ricordo nei miti di moltissimi popoli.


Quali quello della mitica "età dell' oro" dell' umanità, in cui l' Uomo aveva raggiunto grandi livelli di evoluzione e benessere, quello del racconto platonico di Atlantide o quello azteco dell' Atland o Aztlan, quello delle "Sette Potenti Isole nel Mare d' Oriente" presente nella mitologia dell' India Antica, e numerosissimi indizi del suo passaggio su questa Terra, nei siti megalitici di tutto il mondo, come segni della loro presenza, testimonianze che cercano di dirci: "noi eravamo" e "prima della vostra Storia c' è stata la nostra", "quel che è accaduto a noi potrebbe succedere anche a voi", come impronte di pietra che se sapessimo ripercorrere ci porterebbero fino a ciò che resta di Loro.


La Civiltà che con tutta probabilità eresse le Piramidi e la Sfinge 10.500 anni fa, perfettamente allineate astronomicamente, così come tutti i siti megalitici, a comporre sulla Terra un enorme mappa che, se solo seguissimo, ci indicherebbe ciò che loro volevano giungesse fino a noi, a dispetto dei millenni - l' unico motivo per cui qualcuno potrebbe davvero mettersi a sollevare blocchi di 20 tonnellate, nell' unico materiale che può sfidare il tempo: la pietra.

Una Civiltà che, comunque la si chiami, è esistita e ha lasciato la sua impronta nella Storia, prima che la tempesta sollevasse la sabbia e cancellasse gran parte delle tracce.

Esattamente come accadrebbe alla nostra civiltà se noi scomparissimo - vedi il documentario "La Terra dopo l' Uomo".


QUESTA è la risposta, cara Hanna.

Saluti,

Aztlan



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 26/02/2010, 10:39 
Cita:
ombras ha scritto:

Cita:
Enkidu ha scritto:

Cita:
ombras ha scritto:

[quote]Mauro ha scritto: Il frutto del Paradiso, non era una mela?


[8D]Ritorna sul serpente attorcigliato,esso è una rappresentazione stilizzata che ti indica la strada!!

Cita:
Enkidu ha scritto:

Qualcuno ha ipotizzato che potesse essere il dattero, frutto molto comune e apprezzato in Medio Oriente fin da tempi remoti.


Nessun frutto "vegetale" ti porta "ad essere simile a un dio"!
[}:)]...dall'albero della vita...



E neanche nessun altro tipo di frutto può rendere l'uomo "simile a un dio", se non in senso simbolico......

[8D]Beh certo,se lo dici tu.. .
Io dico che l'uomo è un dio,certo non un uomo come te o come comunemente inteso ma un uomo reintegrato con la propria "originaria"essenza.
E ti dico che in realtà sei in errore.
Rileggi quanto ho scritto sul serpente e,forse,si accenderà in te quella curiosità che spinge "il genio"alla ricerca di se stesso.Non rammaricarti se ciò non dovesse accadere,significa che per te non è ancora giunto il tempo.
[/quote]

No, non penso affatto di essere in errore, solo perchè la penso in modo diverso dal tuo riguardo l'interpretazione della Genesi.... punto.
Le mie opinioni riguardo il libro della Genesi le devo ancora spiegare, quindi perché credi di sapere quello che penso?
Aspetta che le abbia esposte bene, dunque....


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MessaggioInviato: 26/02/2010, 10:55 
Cita:
fgb ha scritto:

Cita:
Enkidu ha scritto:

Cita:
fgb ha scritto:

[quote]Enkidu ha scritto:








Caro Enkidu,

Mi ripeto

Cita:
Io ho cercato in tutti i modi di evitare lo scontro


Ho già espresso più volte che io sono spudoratamente di parte, cionondimeno ho appoggiato attivamente la campagna di informazione sul film Agora, l'ho fatto postando interventi in forum anche cattolici e pubblicando una pagina sul mio siterello, invitando altri a copiare l'idea e a diffondere il più possibile la notizia, ho anche gioito sul raggiungimento di quota 10000 firme, obiettivo psicologico nella petizione on line.

Già solo questo fatto dovrebbe farti capire che non è vero che non so o non posso mettere in dubbio ciò in cui credo, l'ho fatto e continuo a farlo mettendomi alla prova e mettendo alla prova la mia fede (che detto per inciso è una virtù).

Non amo lo scontro, ma non posso certo accettare, nella dialettica interconfessionale, atteggiamenti di aggressione che ho sentito sulla mia pelle, forse questo ha fuorviato la mia capacità di discernimento, magari ti ho male interpretato e me ne scuso, non mi sono accorto neanche di avere iniziato la polemica, io ho solo puntualizzato il mio punto di vista che si rifaceva al senso letterale della frase di Genesi 1,1.

E' vero che non si parla della creazione degli angeli in Genesi, ma in Genesi 19,1 le figure che vanno verso Sodoma, vengono chiamati Angeli e il salmo 8,5-6 è un richiamo all'Uomo, fatto poco meno degli Angeli; poi, Lucifero, la caduta di Lucifero è citata da Isaia, 14,12.

Altro riferimento al Frutto Proibito (tema di questa discussione) e la definizione di peccato originale, anche se è vero che non si parla apertamente di peccato originale nella bibbia, il concetto può essere fatto risalire a Paolo che nella lettera ai Romani, capitolo 5 ne parla identificandolo nel peccato di Adamo. Mi dirai che in ogni caso Paolo fa parte della nuova dottrina cristiana, ma i concetti legati al peccato di Adamo e alla figura del serpente, che rappresenta più la fertilità che il diavolo, erano noti nell'ambiente in cui viveva l'Apostolo.

Se poi ti appaio confuso non so cosa farci, magari non esprimo al meglio i concetti, ma pensavo di essere chiaro, mi farò un bell'esamino di coscenza.

Per ciò che concerne la vispa teresa, ripeto che l'ho usata per spezzare i toni, per sdrammatizzare, anzi alla fine la gentil farfalletta, ne esce vincitrice, giacchè,

...confusa, pentita, Teresa arrossì, dischiuse le dita e quella fuggì.


O mi dirai che è fuori luogo anche una piccolissima citazione, anche buffa, per portare un attimo di ilarità?

Io sono abituato a mettermi in gioco, ma se la discussione non è rispettosa, allora si che non vi partecipo più; e i toni percepiti quando dicevi

Cita:
...Io non accetto proprio un bel niente, scusa....


o quando affermi

Cita:
La Genesi comincia così: "in origine la Terra era buia e vuota".


saltando a piè pari il primo versetto, versetto della discordia.

e poi quando hai portato il diavolo nella discussione:

Cita:
che diavolo vuol dire che lo interpreti in senso "asettico"?


negandomi la possibilità di interpretare una parola slegandola dal significato relativo alla religione e comunque alla cultura generale.

Forse ho sbagliato ad interpretare ma mi sembravano atteggiamenti quanto meno astiosi, ora mi dici che non avevi tali intenzioni e ne sono anche sollevato, ma anche la perplessità che esprimi, mi lascia un po' perplesso (scusa il gioco di parole): cosa ti aspetti da uno che si definisce spudorato cattolico?

[:25]

Spero tanto che la discussione possa continuare con toni più sereni, ce le metterò tutta, ma non tiratemi le cattiverie con le pinze per favore, non ho voglia di peccare troppo che...

...se perdo la pazienza devo fare penitenza.


(citazione da "Porgi l'altra guancia" film del 1974 regia di Franco Rossi)

Buone cose gente




Beh, vedendo che insisti col ritenerti "parte lesa" e mi attribuisci un linguaggio astioso che io non riconosco, dato che io sinceramente non ci trovo niente di offensivo o di astioso, penso che sia bene finirla qua, per non proseguire oltre con una discussione sterile che non si capisce dove voglia portare, se non all'inutile battibecco.
Inoltre, sarei anche stanco di venire frainteso qualsiasi cosa scrivo. Non ho visto nessun vero desiderio, da parte tua, di porti in dialogo o di cercare di capire meglio il mio pensiero, o anche solo di intavolare una discussione con un certo metodo, e anche una scarsa volontà di approfondire i temi.
Naturalmente tu scambierai le mie parole di critica per "aggressione" o "astio", ma io dico che se tu davvero consideri aggressione e astio qualsiasi forma di critica, anche velata, possa esserti mossa, allora mi domando cosa una persona possa dire in una discussione senza che tu immagini di venire perseguitato e odiato solo perché la si pensa in modo diverso da te.
Quindi tanto vale non essere più tanto diplomatico come ho cercato di essere fino adesso, dato che in ogni caso tu ti offenderesti.
Siccome argomenti del genere non possono essere trattati come se niente fosse, penso che finora le nostre discussioni non hanno avuto niente di costruttivo.
Penso inoltre che gli altri utenti del forum abbiano finito con lo stancarsi delle nostre discussioni, che non fanno proseguire la discussione.
Quindi, prima che qualcuno ce lo faccia notare, faccio così: proseguo per conto mio nella trattazione che volevo portare a termine, e vedrò di non rispondere inutilmente a eventuali critiche prima di aver finito di esporre il mio pensiero, sia che sia stato frainteso, come fino adesso, oppure no.
In fin dei conti, io ho partecipato a questa discussione solo per proporre dei temi di esegesi biblica, non per litigare con qualcuno che si è offeso perchè non ho sempre usato il linguaggio che più gli aggradava....


Ultima modifica di Enkidu il 26/02/2010, 11:21, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 26/02/2010, 11:41 
Ok, ricomincio da capo e cerco di completare le argomentazioni che avevo lanciato all’inizio, con il mio primo messaggio su questa discussione.
Cercherò di non lasciarmi distrarre da inezie e interventi inopportuni, a cui risponderò solo a fine trattazione.
Permettetemi di riepilogare brevemente ciò che ho già detto, e di completarlo.
Questa discussione ha per oggetto in cosa consisteva il “frutto proibito” del racconto della Genesi, e il suo eventuale significato “spirituale”, e quindi, se direttamente riguarda un particolare specifico del libro della Genesi, indirettamente poi riguarda il significato generale della Genesi, dato che il frutto proibito del giardino dell’Eden è solo un particolare del mito biblico della Creazione.
La Genesi, appunto, perché in greco “genesis” significa “creazione”, “generazione”, “nascita”. È il libro che, primo fra tutti i libri della Bibbia, racconta come sono iniziate tutte le cose, e perché il mondo e l’uomo sono fatti in un certo modo piuttosto che in un altro.
Parlare della Genesi, in particolare come in questo caso, o in generale, significa fare dell’esegesi biblica, cioè cercare di interpretare i significati dell’opera biblica.
Non c’è alcun dubbio che sia così, sempre che si voglia trattare la cosa seriamente.
E per interpretare le Sacre Scritture, bisogna avere un minimo di cultura e conoscenza dell’argomento, e un minimo di onesta riflessione.
C’è gente che legge i libri senza capirli, e attribuendogli significati arbitrari nati per metà dalla sua ignoranza, per l’altra metà dalla sua fantasia.
In particolar modo i testi religiosi. Sotto questo punto di vista, bisogna denunciare soprattutto due piaghe molto gravi, che riguardano i testi religiosi:
1) Oggi l’ignoranza religiosa è spaventosamente diffusa, e di fatto nessuno sa niente di ciò che riguarda le religioni. Non solo quelle degli altri, ma addirittura la propria.
Una cosa ingiustificabile, dato che solo gli atei e gli agnostici hanno diritto di non interessarsi di questioni religiose, mentre chiunque dice di professare una religione, o perlomeno si pone in una prospettiva anche spirituale e non unicamente materialistica, ha il dovere di conoscere almeno qualcosa dei problemi fondamentali della religione.
Capita sovente di incontrare per esempio cattolici o cristiani di altre fedi, ma soprattutto penso cattolici, che non conoscono i dogmi della propria fede, non conoscono la Bibbia, non conoscono la teologia.
Vi faccio un esempio: provate a chiedere a un cattolico se sa che cos’è l’Immacolata Concezione: vi risponderà che il parto verginale di Maria, mentre in realtà è il dogma secondo cui Maria, per essere Madre di Dio, doveva essere stata concepita “senza peccato originale”, quindi pura come lo era Eva prima del peccato originale.
In realtà, molte persone che dicono di credere in Dio lo dicono tanto per dire qualcosa, ma mi domando se si siano mai poste dei problemi nella loro vita al riguardo.
2) Oggi imperversano coloro che leggono alla lettera la Bibbia, o attribuendogli significati arbitrari (cosa che hanno fatto anche le gerarchie delle varie Chiese, notoriamente), e guardano come ad acerrimi nemici coloro che invece, molto più razionalmente e scientificamente, cercano di leggere i testi religiosi, siano essi biblici o meno, inquadrandoli nel loro contesto storico, linguistico e culturale, poiché è solo quello che ti fa capire il vero significato di ciò che c’è scritto, e non il significato arbitrario di chi si basa sui propri pregiudizi personali e su una pessima traduzione, per interpretare i testi biblici.
I creazionisti sono forse la branca più nota di questa folta schiera, che trova seguaci soprattutto negli Stati Uniti, che essendo un paese soprattutto evangelico, mastica versetti biblici da sempre nella sua cultura, ma molto spesso non vi accompagna la cultura necessaria per comprenderne il significato.
Detto questo, comincio l’analisi dell’argomento trattato qui, che è essenzialmente biblico, e non altro.
La Genesi è un mito della Creazione, come ce ne sono tanti a questo mondo. Ogni popolo antico o cosiddetto “primitivo” (oggi invece si parla di “società primarie”, per evitare ogni significato razzistico in termini che devono essere solo scientifici) ha un mito della Creazione, un mito che spiega l’origine delle cose e l’ordine divino che vi sta dietro.
Ma le Chiese cristiane, innanzitutto quella cattolica e ortodossa, e poi quelle evangeliche, l’hanno interpretata non alla luce dell’epoca in cui è stata scritta (non avrebbero potuto farlo, dato che fino a un paio di secoli fa, non esisteva la critica storica, e si conosceva molto di meno del nostro passato), bensì alla luce della dottrina cristiana, per far cercare di combaciare il Dio della Genesi con il Dio del Vangelo.
Infatti la Bibbia è stata scritta in diverse epoche. I primi cinque libri, il Pentateuco, sono i più antichi e vengono da un’epoca risalente a molti secoli prima di Cristo.
Gli altri libri si sono succeduti nei secoli seguenti, fino al Nuovo Testamento, man mano che la società ebraica e la sua religione si evolvevano.
Mosé pare sia vissuto intorno al XIII o XII secolo avanti Cristo…. Più di mille anni prima del fondatore del Cristianesimo, dunque, quando la società e la religione ebraica erano molto diverse da quella in cui nacque, crebbe e predicò Gesù Cristo.
Più in avanti vedremo come sono cambiate. Io non sono un esperto di Ebraismo, ma so che determinati dogmi si sono formati con il tempo, e non sono nati subito, all’età di Mosé, sulla cui storicità poi c’è anche un ampio dibattito. In fin dei conti, anche il Cristianesimo si è formato ed evolto nei secoli, come qualsiasi altra religione. La storia è cambiamento, ricordiamoci…. Altrimenti non ci sarebbe nessuna storia da raccontare!
Queste cose è importante saperle, e qualsiasi studioso serio della Bibbia, non prevenuto e intellettualmente onesto, ve lo confermerebbe, sia esso cristiano, ebreo, musulmano, ateo, agnostico o quant’altro mai.
Ora però rivediamo come tradizionalmente le Chiese cristiane ci hanno presentato il mito della Creazione e cosa di fatto ci dice il libro della Genesi, e notiamone le enormi discrepanze.
Cominciamo da ciò che dice la tradizionale teologia cristiana.
A catechismo (se qualcuno di voi c’è stato), ci hanno insegnato che all’inizio dei tempi, Dio ha creato l’universo intero, visibile e invisibile (e per “invisibile” intendo il mondo spirituale, dove ci sono i tre regni ultraterreni: Paradiso, Inferno e Purgatorio). L’ha creato dal nulla assoluto, poiché non c’è nessuna realtà che sia esclusa da Dio, e tutto proviene dalla sua volontà. Ma siccome per la teologia cristiana, che non è panteista, Dio non può aver creato l’universo dalla propria sostanza, deve averlo creato “ex nihilo”, dal nulla, tramite la sua volontà e la sua sapienza, identificata con il Verbo, la Parola di Dio, che è poi nella teologia cristiana la persona divina incarnata in Gesù Cristo. Quindi per la teologia cristiana prima dell’universo esisteva solo Dio, da sempre.
Dio, per la teologia cristiana, ha creato innanzitutto gli Angeli, con Lucifero che era il più grande di tutti, e poi il mondo fisico, terra e cielo, e vi ha posto il Giardino dell’Eden in una zona fra l’Iraq e la Palestina, per porvi la prima coppia umana: Adamo ed Eva, il cui nome significa rispettivamente Fango e Vita.
Poi Lucifero si è ribellato per superbia, poiché voleva essere uguale a Dio, e ha iniziato una guerra contro Dio nei cieli. L’arcangelo Michele e la sua fazione, che combattevano in difesa della supremazia di Dio, ottengono la vittoria e scaraventano Lucifero giù dal cielo nell’inferno, e così Lucifero, esiliato nell’inferno e ridotto a estendere il suo dominio solo alla Terra, decide di rompere le uova nel paniere a Dio in tutti i modi.
Secondo la teologia cristiana, Adamo ed Eva, quando furono posti nell’Eden, erano “senza peccato”, puri e perfetti, e destinati a una vita immortale, priva di fatiche e dolori.
A loro era stato dato ogni potere sulla Terra, e loro e i loro discendenti avrebbero dovuto popolarla e governarla con saggezza e giustizia, sotto il comando e la protezione di Dio.
Solo una cosa era stata loro proibita: mangiare del frutto dell’albero della “conoscenza del bene e del male”, perché se l’avessero fatto “sarebbero morti”.
Le chiese cristiane dicono che quando Dio aveva detto questo ad Adamo ed Eva, significava che essi sarebbero “morti spiritualmente”, cioè sarebbero diventati peccatori, perché il peccato è la morte dell’anima, e l’anima vale più del corpo, per la teologia cristiana. Loro lo spiegano in questo modo.
Ma Lucifero pensa bene di assumere la forma del serpente, simbolo di inganno e menzogna, e dice ad Adamo ed Eva che Dio mente e che se mangeranno il frutto proibito, essi non moriranno affatto e diventeranno simili a Dio, in grado di distinguere il bene dal male.
Adamo ed Eva cadono nel tranello e mangiano il frutto proibito. Cosa sia, non è dato saperlo e alle Chiese sembra che non importi molto: può darsi che sia stato davvero un frutto (sicuramente però non la mela, che non era coltivata in Palestina al tempo in cui fu scritta la Genesi), può darsi che fosse un simbolo. Per le Chiese cristiane non è importante cosa sia, conta solo la disubbidienza dei progenitori dell’umanità. Potrebbe essere stata anche un gamberetto o un ombrello, ciò che conta è che essi hanno disubbidito, e questo ha separato l’uomo da Dio e dallo stato di grazia che gli era stato donato.
Certamente però nessuna Chiesa, a parte forse qualche Chiesa evangelica molto dissidente, insegna che il “frutto proibito” sarebbe stato in realtà il sesso.
Solo alcuni singoli credenti lo pensano, ma senza l’approvazione delle loro Chiese.
Per esempio, la famosa veggente Maria Valtorta, nella sua presunta “Vita di Gesù”, che affermava di vedere tutti i momenti della vita del Messia in visioni concessegli da Gesù stesso, afferma quest’idea, che per fortuna la Chiesa Cattolica non ha mai seguito, che io sappia…. (non che per questo la Chiesa Cattolica sia meno sessuofobia, per questo).
Adamo ed Eva mangiano il frutto e peccano, e improvvisamente si accorgono di “essere nudi”, per cui si fanno delle vesti improvvisate con le foglie dei fichi, perché si vergognano di essere tali.
Anche qui le Chiese vi vedono una metafora delle conseguenze del peccato. Adamo ed Eva si vergognano di essere peccatori, e cercano di nascondere le loro nudità a Dio.
Ma è davvero così?
Dio si incollera con la coppia dei progenitori, e li scaccia dal Giardino dell’Eden, affinché non mangino anche dell’albero della vita, un altro albero proibito, che però non dona la conoscenza del bene e del male, ma l’immortalità fisica.
Dio predice ad Adamo ed Eva una vita di sofferenze fuori dall’Eden: fatica e dolore nel lavoro dei campi per Adamo, sofferenze per il parto per Eva, e così per tutti i loro discendenti.
Le Chiese cristiane insegnano tutte che questo sarebbe stato il cosiddetto “peccato originale”, il primo peccato che ha inquinato la natura umana, rendendola imperfetta ed esposta al male, mentre prima era pura e innocente, assolutamente perfetta.
Tutti noi, per le Chiese, siamo portatori delle conseguenze di tale peccato originale, più o meno come una malattia ereditaria incurabile. Di fatto, saremmo tutti peccatori solo perché lo sono stati i nostri progenitori. Poco importa che agli occhi della logica e del più elementare buon senso, questa appaia una mostruosa ingiustizia. Le Chiese se la scampano con il solito ritornello, quello che usano di fronte a ogni problema teologico: sono i misteri del disegno di Dio! Punto.
Le Chiese insegnano che Gesù Cristo è stato inviato sulla Terra per questo: per mondare l’umanità dalle conseguenze del peccato. Perlomeno le conseguenze spirituali, dato che senza la redenzione di Cristo, l’intera umanità non avrebbe potuto più raggiungere Dio dopo la morte fisica, e tutte le anime sarebbero andate perse nella “morte seconda”, cioè l’inferno, la notte eterna dell’anima.
Alla fine del mondo, l’umanità, perlomeno quella che ha cercato di tornare a Dio tramite Cristo, potrà risorgere in un nuovo Eden, e godere appieno di ciò che la prima coppia ha perduto, mangiando anche del frutto dell’albero della vita che dona l’immortalità. L’albero della vita ovviamente, per le Chiese, è una metafora della potenza redentrice e ri-creatrice di Dio.
La redenzione di Cristo come Uomo-Dio non avrebbe senso senza la dottrina del peccato originale, e i due dogmi sono profondamente legati, poiché l’una non esisterebbe senza l’altra.
Questo quanto insegnano le Chiese.
Ma leggendo il testo biblico così come ci si presenta, cercando di inquadrarlo nel suo contesto storico e alla luce della storia delle religioni, cioè vedendolo come un mito delle origini proveniente da un popolo di semplici pastori semitici, di più di tre millenni fa, sotto l’influenza delle grandi civiltà sumerica, assiro-babilonese ed egiziana, e provando a leggerlo cercando di non tenere conto di quello che ci hanno insegnato a catechismo, ma come se lo leggessimo la prima volta…. È davvero quello che vi troviamo?
Siccome l’argomento è lungo da trattare e mi sono già dilungato molto, concludo il post qui e continuerò la questione nel prossimo.
Grazie della pazienza, per chi mi ha letto fin qui.


Ultima modifica di Enkidu il 26/02/2010, 11:42, modificato 1 volta in totale.

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Bene Enkidu, aspetto il prosieguo. Visto dalla tua angolazione, molto asciutta e rigorosa, il discorso non fa una piega. [:)]



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Cita:
Hannah ha scritto:

Bene Enkidu, aspetto il prosieguo. Visto dalla tua angolazione, molto asciutta e rigorosa, il discorso non fa una piega. [:)]


Grazie del tuo incoraggiamento, Hannah. Portate pazienza però, perché non credo di sbrogliarmela in poco tempo.... ci sono molte cose da analizzare.......


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Rieccomi qua. Proseguo la trattazione che avevo cominciato a sviscerare nel precedente lungo post.
Prima di entrare nel vivo del discorso, voglio precisare un paio di cose.
Innanzitutto, devo dire che anche se la discussione verte sulla questione del frutto proibito dell’Eden, è importante cercare di analizzare tutto il racconto della Creazione, o almeno gli elementi essenziali di essi, per poterne capire appieno il significato dei particolari.
Perciò cercherò di analizzare diversi passi della Genesi, e solo alla fine arriverò alla questione del frutto proibito, e dell’episodio ad esso legato.
Inoltre, ritengo importante far notare come nel precedente post non ci sia quasi niente che sia frutto delle mie opinioni personali, ma solo dati e conoscenze che chiunque può reperire per conto proprio, e che io ho tratto molto semplicemente dalle mie conoscenze di storia e di teologia.
Questo per far capire che ci tengo a far sì che le mie tesi abbiano un minimo di attendibilità, e che le fonti possano essere controllate da chiunque.
Troppo spesso in questo ambiente vagano discorsi che non si capisce da dove vengono e chi li avrebbe formulati per la prima volta.
Un’altra cosa, che apparentemente può sembrare irrilevante sul momento, ma che vedremo essere molto importante nella trattazione, è l’importanza del tenere a mente quali sono le origini della teologia cristiana.
Forse qualcuno potrà pensare che i dogmi fondamentali della teologia cristiana siano venuti semplicemente dalla cultura ebraica e dai testi del Nuovo Testamento.
Non è affatto così. Molti dogmi e dottrine hanno tratto ispirazione e derivazione dai concetti e dalle dottrine della filosofia greca, che era assai diversa dal pensiero religioso ebreo e medio-orientale.e semitico in genere.
Perché? Semplicemente perché i Padri della Chiesa, cioè i primi studiosi cristiani, che hanno elaborato per primi la dottrina cristiana, non erano ebrei, ma in massima parte pagani convertiti al Cristianesimo, o figli di convertiti non-ebrei.
Essi dunque erano o greci o non-ebrei ellenizzati, dato che a quel tempo la cultura ellenica era la più diffusa e importante, grazie prima alla colonizzazione greca del Mediterraneo, poi delle conquiste di Alessandro, e infine dell’Impero Romano, dato che Roma si ellenizzò enormemente, diffondendo poi tale cultura nelle sue province; e la lingua sacra della Chiesa, sia orientale che occidentale, fu per i primi due secoli solo il greco, non il latino, come è avvenuto nella Chiesa Cattolica in seguito. E infatti, le Chiese Ortodosse hanno in gran parte una cultura di tipo ellenico.
L’influenza della filosofia e del pensiero greco, ha fatto in modo che nella dottrina cristiana si infiltrassero concetti e dogmi estranei alle sue radici ebraiche, concetti piuttosto astratti, che hanno poi influenzato anche l’interpretazione delle Sacre Scritture.
Alcuni teologi predicano una “deellenizzazione” della teologia cristiana, dato che i concetti di derivazione greca non sarebbero necessari alla dottrina cristiana, e siccome il Cristianesimo non è una filosofia, bensì una religione, certe dottrine potrebbero essere sostituite da una filosofia nuova, più adatta ai tempi moderni.
Di fatto, è importante operare questa “deellenizzazione” del pensiero anche leggendo la Genesi, sfrondandosi dai concetti astratti che abbiamo ereditato dalla cultura greca (e dalla sua figlia, la cultura occidentale moderna, dato che la civiltà occidentale deriva da quella greca), per vedere questo libro nella sua nuda concretezza e materialità (eh sì…. Lo so che scandalizzerò qualcuno! Ma chi ha detto che la religiosità deve essere fatta solo di simboli astratti?)
Ma cominciamo allora con l’analisi dei versetti della Genesi, iniziando proprio dai primi:

In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: «Sia la luce!».
E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte.
E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque».
Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento.
E così avvenne.
Dio chiamò il firmamento cielo.
E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Dio disse: Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto».
E così avvenne.
Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare.
E Dio vide che era cosa buona.

Vediamo subito qui che cominciano i problemi e gli enigmi.
La prima frase sembra dire esplicitamente “in principio Dio creò il cielo e la terra”.
Qualcuno mi ha rimproverato di avere “dimenticato” tale frase, e credo anche di essere stato accusato di una certa “furberia”… pazienza.
La verità è che ho corso troppo e sono passato di palo in frasca. Mi sono accorto solo allora che dovevo essere più approfondito nelle mie enunciazioni, o rischiavo un fraintendimento notevole.
La frase non specifica se prima di questo atto creativo esistesse qualcosa. Semplicemente, non lo prende in considerazione. Non lo afferma, ma nemmeno lo nega.
Niente di strano. È così per altri miti cosmogonici.
Nota: “cosmogonico” significa tutto quello che riguarda il momento della creazione del mondo.
Tali miti cominciano dicendo che esisteva “qualcosa” al “principio” dell’universo, ma non sono mai espliciti riguardo il fatto se prima non c’era nient’altro, o se invece può esserci stato, che so, un altro mondo.
Anche Esiodo, l’autore greco che raccontò dei miti cosmogonici ellenici o anche pre-ellenici nella sua opera “Le Opere e i Giorni”, comincia così: “all’inizio, si generò il Caos”.
Ma da dove si sia originato, non lo dice.
Quindi già la prima frase è ambigua, e chi crede che sia “ovvio” che s’intenda dire implicitamente che non esisteva niente, è semplicemente condizionato a pensarla così, perché nessuno gli ha mai suggerito la possibilità contraria.
Se una cosa non viene detta, semplicemente non viene detta. Che poi tale cosa sia implicita, se nelle altre frasi non c’è niente che permetta di farne delle deduzioni logiche, allora volerla dedurre è un’interpretazione arbitraria, non una certezza. Può essere accettata o rifiutata a seconda del soggetto.
Il fatto è che i miti sono sempre ambigui, perché non sono produzione della logica, che si preoccupa di essere sempre chiara ed esente da contraddizioni, bensì sono prodotti dal sentimento, dalla fantasia, dalla tradizione e dai fatti concreti della vita, che con l’ambiguità ci sono sempre andati tutti quanti a nozze…
Ma proseguiamo.
Dopo questa frase iniziale, si dice che “la terra era informe e deserta” e “lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”.
Le acque? E quando le ha create, le acque? Prima o dopo il cielo e la terra? O forse NON le ha create lui?
Già, perché proseguendo, ci accorgiamo di altre cose che sul momento appaiono poco chiare…
Dio crea la luce, e a dire il vero, guarda caso, se chiedete a qualcuno qual è la prima cosa che Dio ha creato, vi risponderà “la luce” e non “il cielo e la terra”.
Dio dopo aver creato la luce, la separa dalle tenebre, e chiama la prima giorno e le seconde notte….nasce così il primo giorno della Creazione.
Lo strano è che il Signor Dio ha creato il giorno senza aver prima creato il sole…. Quello lo creerà il terzo giorno, assieme alla luna e a tutte le stelle del firmamento, allo scopo di “illuminare la terra”.
Ma non bastava già la luce di per sé? Sì, probabilmente sì, dato che pare che gli antichi mediorientali credevano che il sole non fosse la causa diretta della luce del giorno, bensì semplicemente il suo accompagnatore. Di fatto, viene detto in seguito che il sole e la luna sono “regolatori” del giorno e della notte (contraddicendo la realtà dei fatti, dato che la luna compare anche di giorno).
Se ne deduce qui che il racconto della Genesi appare segnato da una logica vaga, zoppicante, contraddittoria… e come si fa a dare un significato preciso e definitivo a un testo che di per sé è vago e ambiguo, come ogni testo mitico?
Il volerne dedurre dei dogmi risulta già un’operazione di per sé improponibile.
Non è forse che semplicemente la teologia cristiana prima si è inventata i dogmi e poi li ha applicati al mito biblico?
Ma proseguiamo:
sempre durante il primo giorno della Creazione, il Signor Dio, dopo aver creato il giorno e la notte, “separa le acque”. E separa le acque che stanno SOTTO il firmamento da quelle che stanno SOPRA il firmamento, e il firmamento lo chiama “cielo”!!!!
Un momento, un momento, un momento…. Cosa è questa storia? Non si era detto che il cielo l’aveva creato all’inizio, assieme alla terra? L’ha ricreato di nuovo, perché la prima volta non gli era venuto bene? O forse non è vero che Dio ha creato per primi il cielo e la terra, ma appunto la luce?
E poi, cos’è questa storia delle acque che stanno sopra il cielo? Ci sono acque lassù? C’è un altro oceano nel cielo? Forse perché è azzurro, gli antichi ebrei pensavano che il cielo fosse fatto di un grande oceano?
Già, qua bisogna cercare di capirsi meglio….
Forse, quel “in principio Dio creò il cielo e la terra” è solo un prologo, una frase d’inizio che annuncia tutto il racconto.
Molti scrittori cominciano così.
Provate a immaginare un racconto che comincia così: “Quel giorno, Festa della Mamma, la Vispa Teresa picchiò selvaggiamente sua madre con un bastone, perché non voleva lasciarla andare a caccia di farfalle….” Dopodiché lo scrittore comincia a narrare come si è svolta la vicenda, fino alla sua drammatica conclusione.
Non vi sembrerebbe naturale che forse l’autore della Genesi abbia voluto cominciare col dire: “adesso vi racconto come Dio ha creato il cielo e la terra”?
Ciò spiegherebbe appunto perché il cielo non sia la prima cosa creata.
E che dire poi di questa faccenda delle acque?
Lo spirito di Dio aleggia sulle acque, ma non sulla terra… perché? Gli piaceva stare al mare, e odiava la terraferma?
O piuttosto era perché di fatto la terra come la intendiamo noi non esisteva, e c’era solo un abisso di acque buie, dove la terra era ridotta solo ad un ammasso di fango vagante?
Sembrerebbe proprio così, in effetti, dato che dopo aver separato le acque sub-celesti dalle acque super-celesti, il Signor Dio pensa bene di separare poi le acque sub-celesti dall’asciutto, chiamando poi le prime “mare” e il secondo “terra”.
Già, la terra…. La terra che prima era “informe e deserta”, mescolata con le acque dell’abisso. Adesso invece è qualcosa di stabile, di compiuto….
Il Signor Dio “l’ha creata”, cioè l’ha formata dalla massa di fango amorfa e senza vita che era prima, ma non c’è scritto da nessuna parte che sia stato lui a crearla, la massa di fango che all’inizio veniva pietosamente chiamata “terra”.
Dunque Dio non ha creato il cielo e la terra dal niente, ma da una materia preesistente?
Sembra proprio di sì: sembra che l’abbia creata dall’acqua, dall’Abisso di acque buie che riempivano un cosmo amorfo, oscuro e privo di vita. E infatti da nessuna parte del racconto biblico, si dice che Dio abbia creato l’acqua. Sembra proprio l’unica cosa che il Signor Dio non abbia creato, o anche l’aria, altro elemento vago e amorfo.
Filone d’Alessandria, molti secoli dopo, ebreo ellenizzato vissuto nel I secolo a.C, e studioso della filosofia greca, ha pensato che l’idea di una sostanza amorfa preesistente all’universo, che il Signor Dio aveva utilizzato per dare forma al mondo, ma non aveva creato lui, fosse un modo per limitare il rigido monoteismo in cui l’Ebraismo voleva mantenersi, e immaginò che fosse “implicito” che prima della creazione del cielo e della terra, il Signor Dio avesse creato l’Abisso di acque amorfe dal nulla.
Ma “essere” e “nulla” sono concetti della metafisica greca, dai tempi di Parmenide di Elea, il primo dei grandi pensatori greci che si chiese cosa fosse l’Essere e cosa fosse il Nulla. Nella Bibbia, non si parla mai di concetti astratti filosofici, ma solo di eventi di origine divina, o di comandamenti divini, senza che si dia loro un significato filosofico.
Dunque, Essere e Nulla NON sono concetti religiosi, in quanto sono concetti logico-astratti, completamente estranei alla cultura religiosa del Medio Oriente antico.
L’idea che Dio abbia creato le cose dal nulla dunque non è un’idea ebraica, ma ellenica, e non è nemmeno un’idea cristiana, dato che non c’è alcun passo del Nuovo Testamento che dica che “Dio ha creato le cose dal nulla”.
Ma allora, da dove viene questa idea che il Signor Dio ha creato tutto dall’Abisso primigenio di acque buie?
Beh… cosa ci dice la leggenda riguardo la prima origine degli Ebrei? Cosa ci dice la Genesi al riguardo? Non sta forse scritto nella Genesi che Abramo venne da Ur dei Caldei, circa nel XVIII secolo a.C.?
Oh, sì, è una leggenda…. Non si è sicuri che sia vero… ma neanche falso. Potrebbe benissimo darsi che la prima origine degli Ebrei sia posta là, e che Abramo sia davvero il primo patriarca ebreo, giunto da quella città in Palestina. Certo, la Genesi non è un testo storico nel senso moderno del termine, ma neanche anti-storico e completamente mitico. Una traccia di eventi storici c’è sicuramente, anche se è difficile stabilire in che misura.
Ma Ur era una delle più importanti città dei Sumeri, un popolo di cui non si parla mai nella Bibbia, e che pure sembra aver segnato con la sua cultura il libro della Genesi, basti pensare al racconto del Diluvio, che assomiglia molto a quello del re sumero Ziusudra, che come Noé scampò al Diluvio.
E cosa ci dicono i Sumeri della creazione del mondo?
Essi credevano che in origine esistesse solo un abisso infinito di acque buie, senza limiti, chiamato Apsu, che significa appunto Abisso. Da notare che la radice “ap” in indoeuropeo significa appunto “acqua”, e non è un caso che anche i Polinesiani, che sembrano avere originari legami culturali con l’Asia e il Mediterraneo, dicono anche loro che in origine l’universo è stato tratto da un abisso infinito di acque chiamato…. Po.
E a questo riguardo, ci sarebbero da fare innumerevoli accostamenti e paragoni, ma purtroppo li rimando ad altri post. Basti pensare che anche il fiume italiano Po prende il nome dalla stessa radice, come dimostra il Dio delle Acque Sotterranee di Abano Terme, presso Padova (anche lì, è sempre la stessa radice che gli ha dato il nome). Esso si chiamava “Aponus”. La somiglianza con l’Apsu è evidente.
Comunque, i Sumeri credevano che origine di tutte le cose fosse l’Apsu, l’Abisso di acque dolci che si stende in profondità nel sottosuolo e in alto sopra i cieli, all’infinito. In pratica, credevano che l’universo mondo fosse una sorta di bolla sospesa in un oceano infinito che si stendeva in tutte le direzioni, come lo spazio cosmico.
Il Dio Creatore dei Babilonesi, la cui cultura derivava in parte da quella sumerica, in particolar modo religiosa, credeva che il Dio Creatore, Marduk, il corrispondente del nostro Giove, avesse creato l’universo dal corpo di una Dea-Mostro, Tiamat, personificazione dell’Abisso, che prima di lui dominava incontrastata nell’Apsu.
La via più breve per raggiungere l’Apsu dalla terra, è penetrare nell’abisso di acque sotterranee, di cui Enki (il cui nome significa Signore della Terra) è il Dio.
Enki, oltre che Dio dell’Abisso, è anche Dio della Sapienza, in quanto conoscitore degli infiniti spazi acquei oltre il mondo. È lui che fa scaturire i fiumi e le fonti di acqua dolce dal sottosuolo, e quindi è anche Dio dei Fiumi. Da notare che nelle religioni antiche, il serpente, lungi dall’essere solo simbolo di inganno e tradimento, è anche il simbolo dei fiumi, in quanto essi strisciano sulla terra come serpenti, e hanno il colore e le tinte dei serpenti, oltre che scaturire da tane sotterranee, come serpenti.
Presso i Pelasgi e i Baschi, antichi popoli pre-indoeuropei, gli uni estinti e vissuti in Grecia e nell’Egeo, i secondi ancora presenti sui Pirenei, la Dea suprema dell’universo aveva per sposo un Dio-Serpente la cui sede era la terra per i Pelasgi, e il mare per i baschi.
Ma torneremo forse anche su questo.
A questo punto forse qualcuno avrà già capito dove voglio andare a parare….
Chi era dunque in realtà il Serpente dell’Eden, che sapeva parlare e ragionare come gli uomini?
È possibile che gli Ebrei, provenendo dalla lontana Ur, abbiano portato dunque con sé non solo e chiaramente il mito dell’Abisso originario di acque, ma anche l’eco dell’immagine di un Dio astuto e sapiente ad esso legato, che era simboleggiato dal serpente?
Un Dio in cui acqua, conoscenza e spazio cosmico sono associati in un’unica immagine….
Per il momento mi fermo qui, per non sovraccaricarvi.


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Astronave
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MessaggioInviato: 26/02/2010, 23:23 
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Beh, vedendo che insisti col ritenerti "parte lesa" e mi attribuisci un linguaggio astioso che io non riconosco, dato che io sinceramente non ci trovo niente di offensivo o di astioso, penso che sia bene finirla qua, per non proseguire oltre con una discussione sterile che non si capisce dove voglia portare, se non all'inutile battibecco.
Inoltre, sarei anche stanco di venire frainteso qualsiasi cosa scrivo. Non ho visto nessun vero desiderio, da parte tua, di porti in dialogo o di cercare di capire meglio il mio pensiero, o anche solo di intavolare una discussione con un certo metodo, e anche una scarsa volontà di approfondire i temi.
Naturalmente tu scambierai le mie parole di critica per "aggressione" o "astio", ma io dico che se tu davvero consideri aggressione e astio qualsiasi forma di critica, anche velata, possa esserti mossa, allora mi domando cosa una persona possa dire in una discussione senza che tu immagini di venire perseguitato e odiato solo perché la si pensa in modo diverso da te.
Quindi tanto vale non essere più tanto diplomatico come ho cercato di essere fino adesso, dato che in ogni caso tu ti offenderesti.
Siccome argomenti del genere non possono essere trattati come se niente fosse, penso che finora le nostre discussioni non hanno avuto niente di costruttivo.
Penso inoltre che gli altri utenti del forum abbiano finito con lo stancarsi delle nostre discussioni, che non fanno proseguire la discussione.
Quindi, prima che qualcuno ce lo faccia notare, faccio così: proseguo per conto mio nella trattazione che volevo portare a termine, e vedrò di non rispondere inutilmente a eventuali critiche prima di aver finito di esporre il mio pensiero, sia che sia stato frainteso, come fino adesso, oppure no.
In fin dei conti, io ho partecipato a questa discussione solo per proporre dei temi di esegesi biblica, non per litigare con qualcuno che si è offeso perchè non ho sempre usato il linguaggio che più gli aggradava....



Per carità Enkidu,

Ho già metabolizzato il tutto, siamo solo partiti con il piede sbagliato e ti ho già chiesto scusa, scusa anche se ho pensato di indicarti i punti che mi sembravano "astiosi"; in piena buona fede non li riconosci come tali, poco importa, la vita va avanti e la discussione va ancora avanti.

Non mi sento affatto "parte lesa", ho inteso a cosa ti riferisci e devo riconoscere la tua preparazione; ora con i due precedenti post, dal mio punto di vista hai cambiato atteggiamento, possiamo metterci una pietra sopra, concludere effettivamente il "diverbio" anche monotono se vogliamo, e procedere con la discussione che, finalmente si fa più interessante.

Per intenderci, non mi sono offeso affatto, ho recepito qualcosa e l'ho trattatata per come l'ho recepita, non era tua intenzione offendere? Molto bene, ne sono lieto e sollevato, penso che ci siamo fraintesi troppo per cui volentieri ti invito a fumare il kalumet della pace (nota che non fumo quindi.... cough cough) ecco te lo passo (cough)

Non dico che diventeremo amici, ma non mettiamo limiti alla provvidenza divina, non si sa mai.


[:D]

Un saluto



_________________
fgb [:122] [:122] [:122] [:122] [:122]

noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio
Lettera ai Romani, 8,28
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Ufetto
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MessaggioInviato: 27/02/2010, 11:31 
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Enkidu ha scritto: C’è gente che legge i libri senza capirli, e attribuendogli significati arbitrari nati per metà dalla sua ignoranza, per l’altra metà dalla sua fantasia.

[8D]..e tu non c'entri niente,no?
A quella gente [;)]manca la chiave di lettura per poter concretizzare i concetti.
Le chiacchiere da 'grammaticonzoli' non portano a nulla,alimentano la confusione anche di chi le fa.
L'essere umano nella propria fisicità è al centro della questione,
il frutto proibito è lì che va cercato.La doppia elica,la kundalini,i chakra,il dna,lo rna,etc.
non sono contemplati nel messaggio che ha attraversato i millenni.
Il messaggio non va interpretato ne elaborato ne 'arzigogolato'.
Un saluto.


Ultima modifica di ombras il 27/02/2010, 11:48, modificato 1 volta in totale.

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ombras ha scritto:

Cita:
Enkidu ha scritto: C’è gente che legge i libri senza capirli, e attribuendogli significati arbitrari nati per metà dalla sua ignoranza, per l’altra metà dalla sua fantasia.

[8D]..e tu non c'entri niente,no?
A quella gente [;)]manca la chiave di lettura per poter concretizzare i concetti.
Le chiacchiere da 'grammaticonzoli' non portano a nulla,alimentano la confusione anche di chi le fa.
L'essere umano nella propria fisicità è al centro della questione,
il frutto proibito è lì che va cercato.La doppia elica,la kundalini,i chakra,il dna,lo rna,etc.
non sono contemplati nel messaggio che ha attraversato i millenni.
Il messaggio non va interpretato ne elaborato ne 'arzigogolato'.
Un saluto.




Un saluto a te.
Io proseguo per la mia strada, bello, fino a quando qualcuno non mi dà delle motivazioni razionali e documentate per dire che sbaglio....
Di fatto, quello che hai scritto, rivolto a me, sia adesso che prima, non ha alcun significato e non parla di niente di specifico e concreto.... ripassa quando saprai scrivermi qualcosa di chiaro da comprendere.
Come ho detto già prima, continuo nella mia trattazione senza badare o senza lasciarmi sviare da chi non vuole che la porti avanti, distrandomi con questioni irrilevanti o confuse.
E intendo mantenere il mio proposito......


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MessaggioInviato: 27/02/2010, 19:53 
Proseguiamo con le nostre elucubrazioni bibliche.
Nel precedente post ho analizzato i primi versetti della Genesi, e ho mostrato come in essa non ci sia alcuna traccia di una dottrina della Creazione dal nulla da parte di Dio, ma di una Creazione intesa come formazione del cielo e della terra da un abisso acqueo.
Ora vediamo come tale Creazione procede, e all’uopo riferisco cosa è successo in seguito ai primi due giorni, in cui vengono creati prima la luce, il giorno e la notte, poi il cielo e infine il mare e la terra nel terzo giorno.
Riparto da dove avevo finito, il versetto 10. Nel versetto 11 vediamo che le opere del terzo giorno non sono ancora concluse:

E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie».
E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie.
Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte: servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni, e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra».
E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno, la luce minore per regolare la notte, e le stelle.
Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre.
E Dio vide che era cosa buona.
E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo».
Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie.
E Dio vide che era cosa buona.
Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, gli uccelli si moltiplichino sulla terra».
E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie».
E così avvenne.
Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie.
E Dio vide che era cosa buona.
E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Dio creò l’uomo a sua immagine:
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».
E Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.
A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde».
E così avvenne.
Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.
E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Così, dopo questa serie di versetti vediamo che:
Il terzo giorno Dio crea, dopo il mare e la terra, tutte le piante che crescono sulla terra stessa.
Il quarto giorno crea il sole, la luna e le stelle, e questo ci appare decisamente strano: perché prima crea il giorno, la notte, il cielo nel primo giorno, poi, dopo aver creato la terra e il mare nel terzo, decide poi di popolare la terra di piante?
Si nota già una discrepanza, una illogicità dell’agire di Dio. Non sarebbe stato più logico e coerente creare, subito dopo il cielo, anche gli astri? Inoltre si dice nei versetti che gli astri sono stati creati per separare il giorno dalla notte, e per regolare il tempo.
Sembrerebbe quasi che Dio, dopo aver separato il giorno dalla notte, sentisse il bisogno di affidare poi il compito di mantenerli separati a qualcun altro.
Ma la stranezza della sua azione continua.
Forse accortosi che non aveva molto senso pensare prima alla terra e poi al cielo, nel quinto giorno crea prima le creature marine, e logicamente, perché le acque dell’abisso primigenio erano state la prima sostanza del mondo, poi le creature del cielo, gli uccelli, perché il cielo era stato creato prima della terra.
E per questo motivo il sesto giorno crea tutti gli animali terrestri, prima di creare l’uomo: sia bestiame domestico, che bestie selvatiche, e rettili, come se fosse particolarmente importante definirli come genere, mentre invece sarebbe stato giusto metterli assieme a tutte le bestie selvatiche.
I rettili, dunque, nella Genesi sembrano rivestire un’importanza particolare già prima che compaia il Serpente dell’Eden. Vengono definiti come “esseri che strisciano sul suolo”, e in effetti è una caratteristica di quasi tutti i rettili, sia ofidi (serpenti) che sauri (lucertole, ramarri, etc;). Però scommetterei che in questo caso per “rettili” si intende soprattutto serpenti.
Da notare poi che Dio, alla fine della creazione, dice che il cibo degli uomini saranno i frutti degli alberi e “le erbe che producono seme”, cioè i cereali e i legumi, evidentemente, che sono la base dell’alimentazione umana e che implicano l’idea di una società fondamentalmente dedita all’agricoltura. Se ne deduce che il mito doveva essere nato appunto in una società agricola.
Come viene narrata la Creazione in questi versetti, è la dimostrazione che la Genesi non ha alcuna attendibilità scientifica.
Qualcuno ha ipotizzato che nei sei giorni della Creazione, venisse rappresentata un’allegoria simbolica di sei ere geologiche in cui si sarebbe formato l’universo e la terra. Asimov aveva provato a fare quest’operazione, ma non ho avuto il piacere di leggere le sue elucubrazioni in merito.
Se fosse vero questo, allora il racconto della Genesi sarebbe cominciato con la creazione del cielo, poi degli astri, poi della terra e del mare, poi con quella delle creature marine, poi delle piante terrestri, poi dei rettili, infine delle bestie selvatiche e degli uccelli, per finire con l’uomo e gli animali domestici.
L’ennesima dimostrazione che la Genesi è innanzitutto un mito. Un mito che può contenere alcuni fatti storici, certamente, ma appunto e innanzitutto un mito, che va compreso nello stesso modo in cui va compreso qualsiasi altro mito antico.
Certo, chi pensa che la Genesi sia un racconto “ispirato da Dio”, sia esso seguace dell’una o dell’altra religione monoteista, avrà difficoltà a seguire ed accettare le mie argomentazioni, che gli parranno “spregiudicate”, se non addirittura “ciniche”.
Ma se la mia non è certo l’ottica di un cristiano o di ebreo o di qualsiasi altra religione abramitica, la mia non è neanche la prospettiva di un ateo.
Non ho problemi a pensare che, per i suoi tempi, la Genesi abbia avuto una grande importanza spirituale e abbia contribuito a suo modo all’evoluzione spirituale, morale e religiosa dell’uomo, nello stesso modo in cui possono averlo fatto tanti altri miti.
A questo punto penso sia importante dire cosa pensano gli storici delle religioni dei miti, soprattutto dei miti delle origini, quelli che ci parlano di come si è formato il mondo, la natura, l’uomo e la società, i miti fondativi, dunque.
Essi esistono, o sono esistiti nelle società pre-scientifiche o pre-urbane non per divertire la gente, né per raccontarsele intorno al fuoco la sera e basta, ma per dare una spiegazione del perché il mondo segue certe regole. Perché l’uomo deve lavorare? Perché la donna deve partorire con dolore?
Perché bisogna seguire determinate regole, determinate tradizioni e determinati riti?
Perché bisogna stare attenti a certe bestie, come i serpenti, e altre no?
Noi troviamo giustificazioni razionali, o non le troviamo, e magari a volte seguiamo ancora certe tradizioni del cui motivo non sappiamo darci una spiegazione, per esempio perché a Natale bisogna fare l’albero… senza sapere che un tempo il Natale era la festa del passato solstizio d’inverno, in cui si festeggiava il fatto che i giorni tornavano ad allungarsi, promettendo la primavera, e l’albero carico di palline e decorazioni colorate non è altro che la promessa degli alberi che in primavera si caricano di fiori e d’estate di frutti.
Ho preso questo esempio per far capire quanto del simbolismo mitico può influire ancora sul nostro comportamento.
Così anche il mito della Genesi non è altro che un mito che giustificava, agli occhi degli Ebrei primordiali, il perché il mondo fosse fatto in certo modo e perché gli uomini avessero determinati compiti e determinate sofferenze da subire.
Quindi il racconto della Genesi era valido per loro, ma non per noi. In seguito, sia gli Ebrei “moderni” (intendendo però anche quelli di 2000 anni fa, molto più urbanizzati e civilizzati di quelli del tempo di Mosé), sia i cristiani, hanno dovuto inventarsi dei concetti e delle interpretazioni, spesso abbastanza tirate per i capelli, che potessero giustificare un sostanziale accordo del racconto della Genesi con il nuovo Dio, sia ebreo che cristiano, che diventava sempre più razionale, astratto, privo di forma e di immagine, e scacciava uno dopo l’altro le originarie immagini mitiche.
Il mondo contemporaneo non sa cosa farsene di una o di più divinità mitiche. Il mito non può più essere uno dei veicoli religiosi, in un mondo che ha una sola preoccupazione ormai: che un discorso abbia una sua coerenza razionale e una sua comprensibilità immediata, altrimenti non viene preso sul serio da nessuno.
In pratica, la Genesi non ci parla del Dio delle quattro grandi religioni abramitiche (vi aggiungo anche il Bahaismo, com’è giusto che sia). Ci parla di qualcun altro. Vediamo di capire meglio chi…..
Il primo capitolo della Genesi viene attribuito agli studiosi biblisti come facente parte della tradizione “elohista”, che si contrappone nella Bibbia alla tradizione “jahwista”.
I due termini derivano dai due modi di chiamare Dio nella Bibbia: Elohim e Jahweh.
Essi indicano che esistono due diverse fonti che hanno originato i libri del Pentateuco.
Secondo i critici, il primo capitolo della Genesi appartiene alla tradizione elohista, il secondo alla tradizione jahwista, e vedremo anche cosa implica questo nel prossimo messaggio della mia trattazione.
Il termine “Elohim” non è altro che il plurale del termine ebraico antico “Eloha”, che significa “Dio”, presumibilmente affine al termine di origine cananea, “El”, che ha lo stesso significato.
Infatti, il Dio supremo dei Fenici, popolo vicino degli Ebrei, si chiamava El.
Di fatto, Elohim significa “gli Dei”, e viene usato pare anche per indicare gli Angeli.
Da notare che nella Genesi non si parla della creazione degli Angeli. Il termine “angelo” in italiano deriva poi dal termine greco “angelos” che significa “messaggero” e infatti è riferito normalmente nella Bibbia a esseri che vengono inviati da Dio sulla terra per compiere una missione presso gli uomini, ma sulla loro natura la Bibbia non è mai esplicita, e anche il loro aspetto resta abbastanza vago, dato che a volte gli Angeli appaiono come uomini dall’aspetto assolutamente normale, oppure come figure terrificanti nel cielo, non certo come fanciulli biondi e alati come appaiono nella tradizione cristiana.
Quindi, se volessimo essere corretti, dovremmo leggere il primo libro della Genesi sostituendo al termine “Dio” il termine “Dei”, e volgere tutto al plurale.
Ciò ha creato e crea molto imbarazzo da parte sia di ebrei che cristiani, perché lascia immaginare che il mito della Genesi abbia avuto una fonte politeistica, e che prima della fase monoteistica della religione ebraica, possa esserne esistita una politeistica.
Di fatto, Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.
Qualcuno ha pensato che si trattasse di una sorta di “plurale maiestatis”, ma di fatto l’idea non convince.
Non convince neanche l’idea di un Dio che sembra non fare altro che parlare da solo.
Non si comprende bene se Dio, nel racconto della Genesi, ha il potere di creare le cose semplicemente con la parola, o se invece è qualcuno che, prima di fare una cosa, dice cosa sta per fare, come se stesse promulgando una decisione, o stesse dando degli ordini.
Il monoteismo degli Ebrei è sempre stato assoluto? Sembrerebbe di no.
Di fatto, il primo dei dieci comandamenti dati da Jahweh a Mosé dice “Io sono il Signore Dio tuo: non avrai altro Dio al di fuori di me”. E non dice: “non esiste altro Dio al di fuori di me”.
Si può quindi benissimo credere che di fatto l’Ebraismo primitivo non fosse tanto una forma di monoteismo, quanto piuttosto di monolatria.
Jahweh era il Dio della nazione ebraica, e ogni nazione semitica aveva il suo Dio tutelare, come ogni città-stato delle altre civiltà aveva un Dio o una Dea tutelare.
I popoli semitici hanno sempre avuto una certa tendenza al monoteismo. Erodoto diceva che gli Arabi adoravano un solo Dio, Orotalt-Dioniso, e una sola Dea, Astarte.
Ma un conto è adorare un Dio solo, un conto è affermare in modo deciso e coerente il monoteismo metafisico.
Un conto è dichiarare che c’è un solo Dio da adorare, un conto è dire che esiste un solo Dio e tutti gli altri sono frutto di immaginazione o superstizione.
Di fatto, io penso che il secondo concetto sia stato estraneo alla cultura ebraica originaria, perché si è formato solo relativamente tardi, con l’introduzione di altre culture, più sofisticate da un punto di vista speculativo, come quella greca innanzitutto, e poi anche quella indoiranica, che diffondeva i suoi culti solari di tipo enoteistico o monoteistico, come il culto di Ahura Mazda o di Mitra.
Direi quindi che non è affatto peregrina l’idea di una mitologia in cui all’origine una congerie di Dei, affini nel carattere agli Dei cananei e mesopotamici, crea il mondo e l’uomo, mentre solo uno di essi, Jahweh, diventerà poi il Dio degli Ebrei, creando poi contraddizioni e ambiguità nei testi antichi, che come ho detto hanno diverse fonti.
Inoltre, “Elohim” appare decisamente antropomorfo, dato che dice “creiamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”.
I teologi cristiani hanno voluto credere che per “immagine e somiglianza” si intendesse una somiglianza spirituale, non fisica.
Ma l’idea di “spirito” nel senso occidentale-cristiano del termine, quello ereditato da Platone, non esisteva nella cultura antica. Per i popoli antichi, se una cosa era ad immagine e somiglianza di un’altra, significava che lo era in senso fisico, e basta. Come lo è un figlio dei propri genitori.
Dunque, gli Dei erano simili, nell’aspetto, all’uomo. Erano perciò divinità antropomorfe.
Si noti poi che alla fine del capitolo non si dice che Dio crea Adamo ed Eva, bensì che crea “l’uomo, maschio e femmina”.
Ariel, in un precedente post, dice che nell’originale ebraico è scritto che “Dio LO creò maschio e femmina, e non LI creò maschio e femmina”, per indicare che si accennerebbe a una originaria natura ermafrodita dell’uomo Adamo, prima della separazione di Eva dal suo corpo.
Mi perdonerà Ariel, ma non sono affatto convinto da questa tesi, perché vorrei sapere se dopo, quando “gli Dei” dicono all’uomo di moltiplicarsi e di soggiogare la terra, dica anche nell’originale “moltìplicati” e non “moltiplicatevi” come nella traduzione italiana.
Quando Adamo era ermafrodito, era già programmato per riprodursi per partenogenesi autofecondata e diventare madre?
Non credo… credo che semplicemente questo capitolo della Genesi racconta una storia diversa da quella raccontata nel secondo capitolo, dato che la fonte è diversa…. Ma questo lo vedremo nel prossimo messaggio della mia trattazione.


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MessaggioInviato: 28/02/2010, 11:10 
Dopo aver analizzato il primo libro della Genesi, proverò ad analizzare il secondo, per capire come prosegue il racconto della Creazione.
I versetti del secondo capitolo dicono:

Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere.
Allora Dio nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.
Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.
Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo.
Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo, e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.
Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.
Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi.
Il primo fiume si chiamava Pison: esso scorre tutto intorno al paese di Avila, dove c’è l’oro, e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’onice.
Il secondo fiume si chiama Gihon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia.
Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur.
Il quarto fiume è l’Eufrate.
Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».
E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile».
Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto.
Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
Allora l’uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e ossa dalle mie ossa.
La si chiamerà donna (ishà), perché dall’uomo (ish) è stata tolta».
Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Questo è il capitolo 2 della Genesi, e se il primo capitolo appariva problematico, qua si apre una voragine, perché di fatto il secondo capitolo dice cose che sono assolutamente in contrasto con il primo.
Infatti, se notate, viene detto all’inizio del secondo capitolo che, una volta che Dio ha creato il cielo e la terra, essa è un vero e proprio deserto dove non piove e non cresce nulla. Non ci sono né piante, né animali, né uomini.
Nel primo capitolo invece abbiamo assistito alla creazione di tutte le forme di vita, uomo compreso, sia esso concepito come individuo ermafrodito, come ipotizza Ariel, o come insieme di individui maschi e femmine. E non si parla di nessun costola di Adamo….
Ora invece lo svolgersi della Creazione appare completamente diverso. La terra è un deserto, e anche il cielo, che non ha uccelli.
Dio pensa bene allora di piantare un giardino in un non ben identificato paese chiamato Eden, e fa scaturire dal suolo un fiume per irrigarlo, che poi si divide in altri quattro fiumi. Due si sa benissimo quali sono, altri due invece sembrano fiumi mitici, dato che uno passa per un paese chiamato Avila, che non è ben chiaro dove sia, e l’altro gira addirittura attorno all’Etiopia, che è in un altro continente, almeno secondo i concetti attuali. Chiaramente la cosa non è possibile, quindi l’ubicazione dell’Eden, in base a questi dati, è puramente mitica e rende pressoché impossibile stabilirla con certezza.
Si suppone che il giardino dell’Eden abbia il suo prototipo nell’isola mitica di Dilmun, secondo la mitologia sumerica, posta presumibilmente nel Golfo Persico, dove poi pare che ci sia un’isola, ora molto arida, ma che a quel tempo doveva essere rigogliosa, dove sono state trovate delle rovine e delle tombe sumeriche, per cui Dilmun non sarebbe soltanto un luogo mitico, ma una splendida isola oceanica. Niente di strano: da sempre le isole dei Mari del Sud sono state spesso identificate con l’Eden o quello che più gli si avvicina al mondo.
Comunque, il Signor Dio, che appare molto più antropomorfo nel secondo capitolo che nel primo, sembra essere un gran lavoratore e uno non che se ne sta in cielo, ma che vuole vivere e lavorare su questa terra.
Infatti, mentre Elohim, (sia esso Dio o gli Dei nel loro insieme) nel primo capitolo, creava l’universo apparentemente solo pronunciando delle parole, il Signor Dio del secondo capitolo, che è di fonte jahwista e quindi suppongo che venga nominato con il nome di Jahweh e non di Elohim, si vede che “fabbrica” le cose con le sue mani, e si comporta come un agricoltore che vuole bonificare e coltivare il deserto.
Infatti all’inizio del capitolo si dice: “non c’era ancora nessuno che scavasse canali per irrigare il suolo”.
Un simile scenario dà l’idea che questo racconto si riferisca a una terra dove la gente doveva appunto scavare canali che portavano acqua dai fiumi per irrigare un suolo arido, dove non pioveva mai o quasi mai, come per esempio avveniva in Egitto e in Mesopotamia.
Poi il Signore Dio si accorge che ha bisogno di un servitore, uno schiavo per coltivare e custodire il giardino, che è di sua proprietà, esattamente come un potente signore terriero affida a braccianti la sua terra oppure vi mette degli schiavi per coltivarla.
Questo Dio antropomorfo fabbrica l’uomo dalla polvere della terra, e soffia nelle narici per dargli vita.
Ora, la tradizione cristiana dice che con l’atto del soffio nelle narici, Dio avrebbe dato all’uomo l’anima spirituale, che lo differenziava dagli animali.
Ma è un errore pensare così, perché a quel tempo non c’era l’idea dell’anima come principio spirituale separato dal corpo, né c’era la distinzione e contrapposizione fra anima e corpo, che sarebbe invece iniziata con i Greci, tramite le religioni misteriche e la filosofia platonica.
Per gli antichi Ebrei, l’anima era semplicemente il principio vitale che dava vitalità e movimento agli esseri corporei, fossero essi animali o uomini.
Ma in ogni caso poi, vediamo che mentre nel primo capitolo Dio o gli Dei hanno creato l’uomo semplicemente per popolare la terra e dominarla, nel secondo capitolo invece risulta che Dio ha creato l’uomo per fargli da fedele servitore.
Dio crea così l’uomo, ma si rende conto che non basta. Un servitore solo non basta per coltivare e custodire tutto il giardino, quindi gli fa un aiuto.
E solo allora Egli crea tutti gli animali terrestri e celesti, nello stesso modo in cui ha creato l’uomo, cioè traendoli dalla polvere del suolo.
Ma come… non li aveva già creati nel precedente capitolo?
E poi, nel capitolo primo risulta che prima furono creati i pesci e gli uccelli, poi le bestie della terra, e infine l’uomo.
Qui invece vediamo che l’uomo è il primo di tutti gli esseri viventi creati sulla terra, e i pesci non vengono neanche nominati, così come non si parla dei rettili come di una categoria separata, come nel primo capitolo.
Bastano già queste contraddizioni, per capire che appunto il primo e il secondo capitolo hanno una fonte mitica diversa, e nascono da due racconti diversi della Creazione, che sono stati malamente fusi insieme.
Dico “malamente” perché agli occhi di un lettore smaliziato, essi appaiono semplicemente un unico racconto contraddittorio, mentre invece vanno visti come due racconti diversi, che parlano di cose diverse e hanno, secondo me, persino protagonisti diversi.
Il Dio e l’uomo del primo capitolo non sono gli stessi Dio e uomo del secondo.
Si tratta di due diversi miti.
A questo punto, ritengo necessario dire cosa ho trovato a livello di ricerca storica su Internet.
Si sa che la prima redazione del Pentateuco, cioè i primi cinque libri della Bibbia, che ne costituiscono la base originaria, risale circa al V o VI secolo a. C. e corrisponderebbe al ritorno degli Ebrei dalla deportazione di Babilonia.
Babilonia era una città semitica in cui gran parte della cultura e della religione derivava dagli antichi Sumeri, esattamente come a Roma gran parte della religione e della cultura derivava dagli Elleni.
I Sumeri erano stati la fonte della civilizzazione in Mesopotamia, e quando gli Ebrei erano stati deportati a Babilonia, la grande capitale della Mesopotamia, avevano anch’essi assorbito parte della cultura mesopotamica nella loro cultura.
Per questo, tutte le strane somiglianze fra la mitologia della Genesi e quella sumerica e assiro-babilonese, che deriva in parte dalla prima.
La stessa leggenda di Abramo, che sarebbe venuto da Ur in Sumeria fino alla Palestina, potrebbe essere una prefigurazione del ritorno dell’esilio a Babilonia.
E probabilmente deriva anche dalla deportazione di Babilonia l’idea di un Dio che fa lavorare l’uomo nel suo giardino in mezzo al deserto, irrigato da un fiume che, guarda caso, si divide poi in quattro fiumi di cui due sono proprio quelli mesopotamici.
O forse, anche il ricordo ancora più antico del tempo in cui, prima di Mosé, gli antenati degli Ebrei vivevano in Egitto.
Fatto sta che mentre il secondo capitolo è di tradizione jahwista, ed è imparentato di più con la mitologia babilonese, il primo capitolo deve venire da un’altra fonte mitica, simile ma comunque diversa.
Forse in parte egiziana, perché ho notato una strana somiglianza fra il primo capitolo della Genesi e certi aspetti del mito cosmogonico egiziano della città sacra di Heliopolis.
Una delle traduzioni antiche della Bibbia, la Vulgata, dice che lo Spirito di Dio “covava” sulle acque, come se fosse un uccello.
Nel mito egiziano, all’origine dell’universo c’è solo il Nun, che è uguale all’Apsu mesopotamico, e in esso compare l’uccello Bennu, la Fenice, che con il suo canto crea la luce e fa emergere un’isola dall’oceano buio, da cui poi emergerà l’Egitto e la terra intera, mentre sul luogo dell’isola sorgerà Heliopolis, città sacra alla Fenice.
Questa è solo una mia ipotesi, beninteso.
Nel giardino c’è ogni specie di albero di frutto. In pratica sembra essere un grande frutteto, e fra questi c’è anche l’Albero della Vita, di cui si parla nelle leggende mesopotamiche, per esempio nell’Epopea di Gilgamesh, poema sumero che parla del Re di Uruk, che cerca la pianta che può tenere indietro la vecchiaia.
L’uomo non è immortale, ma può mangiare dell’albero della vita e vivere per sempre. Se non fosse mortale, non avrebbe bisogno di mangiare il frutto dell’albero della vita, per diventarlo.
Probabilmente, però, dovrebbe continuare a mangiarne per sempre, per mantenersi eternamente giovane. Ma il testo biblico non è chiaro.
Quello che invece non deve mangiare, è il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Perché? Dio dice all’uomo che, se lo fa, sicuramente morirà.
Cosa intendeva dire Dio con questo? Che l’uomo sarebbe “morto” spiritualmente? No di certo. Simili concetti al tempo non esistevano.
Che sarebbe diventato mortale? No di certo, abbiamo visto che non c’è nessun motivo per pensare che l’uomo fosse immortale al tempo. Semplicemente, poteva usufruire dell’albero della vita, che respingeva la morte e serviva da elisir di lunga vita.
E allora cosa? Semplicemente, bisogna dedurne la cosa più semplice: che Dio intendeva dire proprio questo. Se mangi il frutto, muori!
Però sappiamo bene che il frutto non era velenoso, anzi. E l’uomo non è morto, né sua moglie.
E allora perché Dio dice che se mangia il frutto, muore? Ha mentito dunque? E ha mentito semplicemente perché così credeva di poter spaventare abbastanza l’uomo da tenerlo lontano da quel frutto che non voleva assolutamente che mangiasse?
Certo allora che questo Signor Dio non ci fa una bella figura….. crea un giardino nel deserto, e sembra che sia quello il fine di tutto, dato che crea l’uomo non per popolare la terra, ma per lavorargliela, e per aiutarlo a lavorare meglio crea gli animali, poi si accorge che non serve a molto perché l’uomo non li ritiene dei validi aiuti e gli crea la donna. Probabilmente voleva che poi figliassero in modo da avere tanti servitori che gli lavoravano il giardino.... E poi cosa fa? Per impedire loro di fare qualcosa che lui non vuole, li spaventa con minacce di morte. Un po’ come un padre o una madre direbbe al figlio: “non andare nel bosco, o le vipere ti saltano addosso e tu muori avvelenato”!
In questo caso però è un padrone che minaccia i servi che lui ha portato alla vita solo per servirlo, non certo per fare loro dei regali. E non per servirlo in cielo, ma qui sulla terra, dove sembra che viva anche lui, altrimenti non si capirebbe perché ha voluto piantare un giardino nel deserto, facendone scaturire ben quattro fiumi.
Da notare che il Dio della Genesi, sia nel primo che nel secondo capitolo, non ha una locazione precisa. Non pone la sua sede "nel cielo", e non si capisce bene dove voglia vivere, o se davvero vive in un luogo, pur essendo un essere, o più esseri, antropomorfi.
Per finire, vediamo che viene fatto notare che l’uomo e la donna erano nudi, ma che non provavano vergogna di questo.
Chi è che non prova normalmente vergogna di essere nudo? In genere, due categorie di esseri: gli animali, e i selvaggi.
Sembrerebbe che il significato della loro condizione prima di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, sia proprio questo. Non si vergognavano perché erano persone senza consapevolezza, senza conoscenza, come i selvaggi e le bestie del bosco.
In pratica, detto così non sembra tanto un segno di innocenza perduta, quanto piuttosto il fatto che alla coppia di progenitori mancasse qualcosa di fondamentale per diventare esseri umani compiuti.
La loro condizione dunque appare ambigua: è una benedizione, o una situazione di incompletezza?
Il Signor Dio appare troppo una figura ambigua per poterlo capire chiaramente.
Mi interrompo qui, e nel prossimo post vedremo la conclusione della vicenda.


Ultima modifica di Enkidu il 28/02/2010, 11:15, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 28/02/2010, 19:10 
Passiamo ora al capitolo 3 della Genesi. In questo capitolo si conclude veramente la vicenda iniziale, ciò che ha fatto sì che il mondo e l’uomo avessero una determinata struttura e determinate leggi naturali.
Poiché è questo il senso di ogni mito delle origini: far capire, in un modo immaginifico, perché la vita umana e la vita dell’universo sono regolati da determinate leggi, far capire che sono iniziate all’origine e che non è possibile modificarle. Lo fa poi in un modo che se ne infischia dei nostri concetti moderni di “giusto” o “sbagliato”, di “coerente” e “contraddittorio”, in quanto proviene da culture che hanno concetti completamente diversi dal nostro, non basati su un’organizzazione razionale della vita umana e della conoscenza, ma su presupposti diversi.
Vediamo dunque cosa ci dice la Genesi al riguardo:

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.
Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: non dovete mangiare di nessun albero del giardino?».
Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».
Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?».
Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».
Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?».
Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato».
Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?».
Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».
All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre.
Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».
L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.
Il Signore Dio disse allora: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male.
Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!».
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.
Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.

Così si conclude la storia della Creazione e del giardino dell’Eden, e comincia la storia dell’uomo così come lo conosciamo.
Infatti, nella frase iniziale del quarto capitolo, si dice subito che Adamo si unì ad Eva e generò Caino.
Se analizziamo i versetti del terzo capitolo, se li leggiamo con attenzione come se li leggessimo per la prima volta, ci accorgiamo di una serie di fatti sconcertanti, a tal punto che ci si domanda come sia stato possibile, per tanti secoli, che nessuno facesse caso a quello che vi è scritto.
Il serpente viene definito “il più astuto delle bestie selvatiche”. Non si sa perché. Perché il serpente dovrebbe essere ritenuto particolarmente astuto?
Di fatto, il serpente è una bestia che, più che strisciare senza farsi notare, non fa. Non emette nemmeno suoni. Tanto è vero che è anche sordo. Di fatto, è il prodotto di un’involuzione da rettili più evoluti, ma ovviamente gli Ebrei e i Mesopotamici non potevano saperlo. Ma si saranno pure accorti che il serpente non appare certo brillante come un cane, un lupo, un gatto o una volpe, anche loro considerati animali astuti e intelligenti dagli antichi, come dai moderni.
Da dove è venuta l’idea che il serpente sia una bestia astuta, quando di fatto non lo è?
Eppure nella vicenda della Genesi, è l’unico animale che sembra avere il potere di parlare.
Non si spiega neanche che tipo di serpente sia, il che può apparire strano, dato che anche nell’antico Medio Oriente si sapeva benissimo che esistono diverse specie di serpenti.
Abbiamo visto poi nel primo capitolo che essi sono considerati un genere a parte, come se avessero qualcosa di speciale. Forse perché assomigliavano in parte a qualcosa o qualcuno di cui qui sono diventati un simbolo, un nascosto riferimento?
Forse, fatto sta che, per quanto strano, il serpente della Genesi è semplicemente un serpente.
Non è Lucifero, in quanto viene detto a chiare lettere: è una delle bestie di Dio, la più astuta.
E ribadisco: la più astuta, non la più malvagia.
Ciò che lo caratterizza è l’intelligenza, non la malvagità.
E cosa fa, il serpente? Chiese alla donna una domanda che più o meno suona così: «Senti, bella… ma è vero quello che ho sentito dire, che il Signor Dio, oltre a farvi coltivare e custodire il giardino, vi proibisce di cogliere i frutti degli alberi?»
La donna, che non si chiama ancora Eva, e poi vedremo il perché, risponde qualcosa del tipo: «Ma no, figurati! Possiamo mangiare tutti i frutti che vogliamo, di qualsiasi specie. A parte quelli dell’albero che sta proprio in mezzo al giardino, che si chiamano “frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male”. Di quello ci ha detto: “non mangiate e non toccate quella roba! È veleno! È cacca! Ha detto che se mangiamo, moriamo sul colpo! Perché si tenga un albero dai frutti velenosi proprio non lo so… fatti suoi!».
Il serpente, che forse voleva essere sicuro di come erano messe le cose, o forse le sapeva già e stava solo cercando un pretesto per portare la donna dove voleva lui, le dice qualcosa del tipo: «Seeee… e tu credici, bella! Non ti accorgi che ti sta intortando? Non è per niente velenoso, ti ha mentito! Mentito spudoratamente! E sai perché? Perché non vuole che diventiate come lui, intelligenti e consapevoli come lui, in grado di distinguere fra bene e male, giusto e sbagliato…. Insomma, di fare le vostre scelte e sapere perché le fate. Vuole tenervi nell’ignoranza!».
La donna non si pone il problema di come il serpente sappia questo. Come fa a esserne sicuro? Lui è solo un animale, no? Eppure è l’unico animale che sentiamo parlare nella Genesi e la sa anche più lunga della donna e dell’uomo… la sa lunga quanto il Signor Dio, o i Signori Dei.
Così la donna gli dà ascolto, si accorge che il frutto è bello da vedere e buono da mangiare, e sì, vuole sapere, vuole conoscere… qualche maligno direbbe che le donne sono sempre curiose. In realtà, da quel che sembra, è assetata di conoscenza.
E lo strano è che non ha paura! Manco si pone il problema se magari il serpente sia lui a mentire, e non invece Dio. Perché se il serpente ha ragione, allora lei potrà diventare come Dio, con una mente pari alla mente divina, mentre se invece è il serpente a mentire, lei morirà… e non ha alcun modo per sapere se è vero.
Manco dice al serpente: “prova tu a mangiare per primo, così sono sicura che non mi vuoi ammazzare!”. Chissà, forse sapeva che il serpente l’aveva già mangiato anche lui, il frutto, e perciò era diventato tanto astuto e intelligente.
Forse, la verità è che non vedeva l’ora di fare le scarpe a Dio…..
La donna quindi ne mangia e lo dà al marito, il quale fa ciò che faranno tutti i mariti di questo mondo, in tutta la storia: fa quello che gli dice di fare la moglie!
Non si capisce se, nel suo caso, sia un folle e sventato coraggio, come nel caso della moglie, e non piuttosto una stolida ossequienza alla supremazia muliebre.
Mangiano del frutto, che non si sa cosa sia, anzi probabilmente non è nessuno degli alberi esistenti, anche se forse un certo frutto tropicale dell’isola di Dilmun può averlo ispirato, e per prima cosa “gli si aprono gli occhi”, cioè diventano consapevoli, mentre prima non lo erano.
La loro nuova autoconsapevolezza, la loro capacità di distinguere fra giusto e sbagliato, fra buono e cattivo, fa capire loro che non è bene che siano nudi.
Evidentemente, il pudore fisico era considerato una delle basi del vivere civile, a quel tempo.
Essi non sono più come animali o selvaggi, cominciano ad essere persone che agiscono e pensano autonomamente e non seguendo ordini, come automi o animali domestici.
Sono d’accordo sulla possibilità che l’albero della conoscenza possa essere il fico, dato che Adamo ed Eva per prima cosa si fanno dei vestiti improvvisati di foglie di fico. Tuttavia, penso che sarebbe opportuno analizzare prima il significato dell’albero di fico nell’antica cultura mesopotamica, se ne aveva uno.
Di fatto, assieme al dattero, doveva essere uno degli alberi da frutto più comuni, tant’è vero che compare anche in uno dei Vangeli, come protagonista di una parabola di Gesù.
Poi avviene il patatrac: il Signor Dio si sta facendo una passeggiata ristoratrice nel giardino, godendosi la brezza diurna. Beh, è il suo giardino, no? E i signori potenti e nobili si fanno sempre le loro passeggiatine nei loro parchi personali…. E magari vogliono incontrare i giardinieri e sapere se stanno facendo bene il loro lavoro….
Apriti cielo! Il giardiniere e la sua spalla, sua moglie, hanno fatto proprio la cosa che gli aveva tanto proibito di fare.
Inutili le minacce di morte, il dire: “non farlo, o crepi all’istante! Te lo sei messo in testa bene???”.
Come è stato possibile?
Eh…. Ci si è messo uno che, a dire il vero, appare più furbo di lui.. Qualcuno che evidentemente non aveva piacere che il Signor Dio trattasse Adamo ed Eva come due servi, tenendoli nell’ignoranza, impedendogli di fare le loro scelte di vita.
Perché di fatto, leggendo il racconto nudo e crudo, è questa l’impressione che se ne ha.
E il Signor Dio s’in….. kavola a morte! E scaglia una maledizione per ognuno dei tre colpevoli, in ordine di misfatto.
Certo, Adamo ed Eva sono bravi a fare gli scaricabarile!
Soprattutto Adamo, ci fa la figura peggiore! Prima fa la parte del marito grullo che fa quello che la moglie gli dice di fare senza neanche discutere, poi quando gli si chiede perché lo ha fatto, lui si giustifica scaricando la colpa non solo sulla donna, ma sul Signor Dio stesso!
“La donna che TU mi hai messo accanto mi ha detto di mangiare del frutto….”. Come dire: “se tu non mi avessi dato quella mascalzona come mio braccio destro, mi sarei comportato bene! Prenditela con lei o con te stesso! Ma non con me!”
Molto coraggioso, eh?
Ma lei adesso non si dimostra molto meglio: mentre prima aveva dimostrato un coraggio da incosciente, forse dovuto al fatto che NON aveva ancora mangiato il frutto, e quindi era molto meno consapevole delle corbellerie che faceva, ora invece inventa delle scuse in cui sicuramente non crede lei stessa, infatti dice: “il serpente mi ha ingannata….”. Sicuro che ti ha ingannata, bella? Non hai ottenuto ciò che volevi? Volevi essere uguale a Dio, uguale nella conoscenza del bene e del male…. Non ti eri resa conto che magari il Signor Dio avrebbe trovato da ridire, dato che te l’aveva fatto chiaramente capire, anche se raccontando delle balle?
Comunque, per prima cosa Dio maledice il serpente, e gli dice quale sarà il suo destino, il destino di tutti i serpenti: strisciare la terra, mangiare la polvere, essere odiato e maledetto da tutti gli uomini e le donne, essere un pericolo per tutti loro, perché nell’erba e nascosto tra le rocce, azzannerà il calcagno dei figli di Eva, avvelenandoli. Come dire: hai voluto rendere l’uomo e la donna i miei nemici, i miei avversari, e renderli tuoi alleati per i tuoi oscuri scopi, ma io faccio in modo che tu diventi per sempre il loro nemico, e che tu gli dia il veleno veramente, e non solo per minaccia, come facevo io.
Il serpente diventa ciò che è ora, dunque.
Questo mito non è diverso dal mito dei Tre Giorni della Merla, che spiega perché i merli sono diventati tutti neri: perché prima erano tutti quanti bianchi, ma un giorno, negli ultimi tre giorni di gennaio una merla si rifugiò in un caminetto del Polesine per ripararsi dal gran freddo e ci rimase per tutti i tre giorni. Alla fine dei tre giorni, lei uscì ma era diventata nera. E così poi tutti i merli divennero neri.
Il mito spiega e giustifica il perché delle cose. I serpenti sono nemici dell’uomo perché il loro antenato ha cercato di metterli contro Dio.
Meglio stargli lontani…. Qualsiasi cosa si intenda per “serpenti”.
E nelle religioni del tempo i serpenti erano molto comuni, come simboli e come oggetto di culto, e a quel punto devo fare un intermezzo riguardo altri miti e altre divinità.
Ho già detto nei precedenti post che il serpente è simbolo dei fiumi, delle acque sotterranee che sgorgano dalla terra. È anche simbolo di sapienza, come in questo caso.
In moltissime parti del mondo, praticamente in tutte le antiche civiltà, il serpente, o il drago, occupa un posto importantissimo, e non è affatto simbolo di malvagità, ma di fecondità, di saggezza, di progresso e di crescita, e anche di vita eterna, perché il serpente cambia la pelle e si rinnova.
Ovunque compaiono Dei-Serpente regolarmente associati al sottosuolo e all’acqua, a volte al cielo, come nel caso di Quetzalcoatl, e si trovano perciò associati anche ai numerosi Dei-Pesci che compaiono del pari dappertutto, esseri ugualmente portatori di saggezza e di prosperità, fondamentalmente benevoli.
Gli Oannes sumerici, i Naga indiani, Dagon il Dio-Pesce dei Filistei, i Telchini e i Tritoni della Grecia, Cecrops l’uomo-serpente fondatore di Atene, i Kappas giapponesi, gli uomini-pesce delle leggende precolombiane sia messicane che peruviane, la fata Melusina, il Dio Enki dei Sumeri e il Dio Quetzalcoatl dei Maya, i Nommo dei Dogons, appaiono tutti come misteriosamente collegati tra loro.
E il serpente della Genesi è del pari loro parente.
Ma come è possibile questo?
Ritorniamo dunque alla fonte del mito.
Ritorniamo in Mesopotamia, nell’antica Sumeria e nell’antico archetipo dell’Eden: la terra di Dilmun, nel Golfo Persico.
Ma qui mi interrompo, accorgendomi che non sono stato capace di esaurire le analisi del racconto della Genesi.
Sperando di riuscirci nel prossimo post.


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MessaggioInviato: 28/02/2010, 21:50 
Una domanda per per quelli che credono che la bibbia sia un libro ispirato:per esempio Hannah,FGB, ecc
Dio sapeva o non sapeva che Adamo ed Eva avrebbero disobbedito ?
Che li avrebbe cacciati dal paradiso terrestre ?
Insomma, sapeva o no che le cose dovevano andare a finire come purtroppo o per fortuna sono andate a finire?

L’ideale:rispondere con un “SI” o con un “NO” ,il resto verra’ sicuramente da se !!


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