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Stellare
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MessaggioInviato: 30/01/2009, 12:14 
" Il cammello e la cruna dell' ago "


Un superbo studio filologico :

http://forumbiblico.forumfree.net/?t=36033161&st=60


Emilio, in particolare leggi l' ultimo post di Rain ( in data 30/01/09 ): soprendente !


zio ot [8D]


Ultima modifica di barionu il 30/01/2009, 12:15, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 30/01/2009, 16:53 
Cita:


C'è un errore hai postato due volte lo stesso link...

Visto che oramai hai superato me nel ruolo di MERCURIO, il messaggero dei forum, e visto che il buon Emilio te lo fatto conoscere io, pensi si balzana l'idea di aggregare a questa comunità anche il vecchio (per me) Veritas???

...lo conobbi come giacomo minor, poi Elio(fiore) e infine Veritas, se vai a ricercare con questi nick fino a dieci dodici anni fa troverai materiale interessante quanto quello di Emilio.

peppe



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MessaggioInviato: 30/01/2009, 17:07 
UNO STUDIO SU NAZARETH

http://forumbiblico.forumfree.net/?t=35842464


Garzie Peppe ,

URCA !!!

Veritas

http://www.spazioforum.it/forums/religioni-forum-2.html

è un ' altra voce che merita di essere conosciuta il più possibile...

A te l' iniziativa ! [;)]

zio ot [8D]


Ultima modifica di barionu il 30/01/2009, 17:10, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 30/01/2009, 18:00 
Non c'è da farsi soverchia meraviglia! Mettendo in crisi le "verità" bibliche, i riflessi negativi non si limiterebbero alla sola comunità israelitica, ma anche a quella cristiana e quella musulmana, le quali hanno i loro fondamenti proprio nella Bibbia ebraica!

Mi sono sempre chiesto se gli attuali rabbini non conoscessero invero tutta la verità sulle origini del cristianesimo, malgrado l'apparente "penuria" di informazioni nei loro libri sacri! A me sembra diffiicile credere in una cosa del genere!

Se Gesù fu veramente un carattere storico (e su questo non ci piove!) allora il mondo giudaico deve necessariamente conoscere molto di lui!! E' matematicamente impossibile il contrario!

Ma cosa accadrebbe se all'improvviso i rabbini decidessero di "vuotare" il sacco?.. Beh, non ci vuole molta fantasia per immaginarlo!.. Il crollo della "santa" struttura sarebbe asssicurato!

Ma il mondo rabbinico ha veramente un tale interesse?.. Francamente io credo di no, anche perchè, di rimando, le gerarchie cattoliche conservano nei loro archivi sufficiente documentazione atta a provare tutta la truffaldina evoluzione dell'ebraismo giudaico, a partire dall'antico ebraismo "mosaico"! Insomma, ne risulterebbe una sorta di "gioco al massacro", che nessuno sicuramente vuole perchè significherebbe rinunciare a tutti quei benefici che provengono dalla massa "fedina"!


Ego sum veritas


"...la verità vi farà liberi.."

fonte> http://www.spazioforum.it/forums/religi ... sc-15.html

peppe



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Grigio
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MessaggioInviato: 30/01/2009, 18:18 
E se l'intenzione di Gesù fosse stata proprio quella di smontare il sistema delle religioni come sostengon alcuni ed anch'io, da un po' di tempo a questa parte? Un rivoluzionario? Si ma senz'armi. La rivoluzione della parola Il fatto è che riconoscendo questo, i suoi aguzzini nessuno escluso, si sarebbero gettati la zappa sui piedi.
Gli ebrei lo hanno capito da un pezzo e, quindi, quando riconoscono l'esistenza di Gesù cercano di evdienziarne in tutti i modi l'ebraicità e, quindi, la sua fedeltà alla legge. (E da poco tempo lo sto capendo anch'io: ammetto i miei limiti [:I])
Ai cattolici, (ergo Babilonia) invece, fa comodo sia la difesa della religione, sia l'affermazione della continuità con gli ebrei, salvo poi rivendicarne la sostituzione in virtù della Gerusalemme celeste.
Tra poco, grazie anche ai lefebvriani, ognuno scoprirà finalmente le proprie carte. Chissà quanto costeranno a BVI le scuse di Williamson!



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Giovanni 8:32 conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
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Ufetto
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MessaggioInviato: 01/02/2009, 01:20 
II - Sono realmente esistiti gli Apostoli di Cristo?

Come abbiamo verificato con l'ultimo studio, quando Luca inventò l’Atto del Sinedrio nel cui interno fece testimoniare il falso a Gamalièle sul Profeta Theudas, l'evangelista non si sbagliò, ma vi fu costretto.
Infatti, uno studioso che, seguendo la narrazione di Giuseppe Flavio, giunto ai paragrafi dal 97 al 102 del XX Libro di “Antichità”, laddove si parla di Theudas e di Giacomo e Simone, i due figli di Giuda il Galileo, si rende conto che sono versi manomessi ed il 101 addirittura interpolato nel libro per intero (incollato come il Testimonium Flavianum). Esso si richiama ad una gravissima carestia che afflisse i Giudei, già descritta dettagliatamente dall’ebreo qualche paragrafo prima.

97. “Durante il periodo in cui Fado era Procuratore della Giudea, (44-46 d.C.) un certo sobillatore di nome Tèuda persuase la maggior parte della folla a prendere le proprie sostanze e a seguirlo fino al fiume Giordano. Affermava di essere un Profeta al cui comando il fiume si sarebbe diviso aprendo loro un facile transito. (stile Mosè n.d.a.) Con questa affermazione ingannò molti.
98. Fado però non permise loro di raccogliere il frutto della loro follia e inviò contro di essi uno squadrone di cavalleria che piombò inaspettatamente contro di essi uccidendone molti e facendone altri prigionieri; lo stesso Tèuda fu catturato, gli mozzarono la testa e la portarono a Gerusalemme.
99. Questi furono gli eventi che accaddero ai Giudei nel periodo in cui era Procuratore Cuspio Fado (44-46 d.C.).

100. Il successore di Fado fu Tiberio Alessandro (Procuratore dal 46 al 48 d.C.), figlio di quell’Alessandro che era stato alabarca in Alessandria.
101. Fu sotto l’amministrazione di Tiberio Alessandro che in Giudea avvenne una grave carestia, durante la quale la Regina Elena comprò grano dall’Egitto con una grande quantità di denaro e lo distribuì ai bisognosi, come ho detto sopra.
102. Oltre a ciò, Giacomo e Simone, figli di Giuda Galileo, furono sottoposti a processo e per ordine di Alessandro vennero crocefissi; questi era il Giuda che - come ho spiegato sopra - aveva aizzato il popolo alla rivolta contro i Romani, mentre Quirino faceva il censimento in Giudea.
” (Ant. XX, 97/102).

Ciò che colpisce è il risalto fatto alla datazione, vero scopo dell’introduzione spuria di questo passo: sotto l’amministrazione del Procuratore Tiberio Alessandro (46-48 d.C.), quindi sotto il principato di Claudio. In effetti cosa aveva “detto sopra” lo storico ebreo della Regina Elena?:

La sua venuta fu di grande utilità per il popolo di Gerusalemme, perché in quel tempo la città era rattristata dalla carestia e molta gente moriva perché sprovvista del denaro per acquistare ciò di cui abbisognava. La Regina Elena inviò i suoi attendenti, ad Alessandria, per acquistare ingenti quantità di grano, ed altri a Cipro per carichi di fichi secchi. Quando Izate, suo figlio, seppe della carestia, anch’egli mandò ai capi di Gerusalemme una grande somma di denaro. La distribuzione di queste somme ai bisognosi, liberò molti dai disagi della carestia. Lascio a un altro momento il racconto dei benefici compiuti da questa coppia reale per la nostra città". (Ant. XX, 51/53).

Elena e suo figlio Izate furono rispettivamente Regina e Re, ebrei, dell’Adiabene, una regione a sud dell’Armenia e ad est dell’alto corso del fiume Eufrate, confine fra l’Impero Romano e la Parthia.
Poco prima di questo episodio, leggiamo che appena nominato Re:
Quando Izate giunse ad Adiabene per prendersi il regno e vide i suoi fratelli, giudicando cosa empia ucciderli, tenendo presente gli affronti ricevuti, ne mandò alcuni a Roma da Claudio Cesare, con i loro figli come ostaggi; e con la stessa scusa altri ( fratelli) li mandò da Artabano re dei Parti” (Ant. XX 36-37).

L’accostamento cronologico dei due “Grandi” nella vicenda è un errore storico gravissimo che Giuseppe Flavio non ha potuto commettere: lui sapeva benissimo che Artabano sarebbe morto nel 38 d.C. (lo riferisce più avanti), e che Claudio fu proclamato Imperatore nel 41 d.C..
Essendo Artabano vivo, l’unico Imperatore avente causa con lui fu Tiberio e non altri.

Che si trattasse dell’imperatore Tiberio lo conferma inequivocabilmente ancora la storia, infatti: in (Ant. XX, 92) Giuseppe scrive: “Izate morì, avendo l’età di cinquantadue anni e ventiquattro di regno”. Sapendo da Tacito (Ann. XII, 13-14) che nel 49 d.C. Izate era sempre vivo, ne ricaviamo che fu nominato Re prima del 30 d.C., ma, avendo letto che, appena insediato nel regno, mandò i suoi fratelli come ostaggi all’Imperatore di Roma, questi non poteva essere che Tiberio.

La sostituzione del nome dell’imperatore Tiberio con quello di Claudio la effettuarono degli scribi impostori per farci credere che l’episodio della carestia avvenne sotto Claudio, esattamente come è riportata negli “Atti degli Apostoli” (XI 28-29), che ci condiscono “l’eschetta storica” della carestia col trucchetto della profezia: “E un profeta di nome Agabo, alzatosi in piedi, annunziò per impulso dello Spirito Santo che sarebbe scoppiata una grave carestia su tutta la terra. Ciò che di fatto avvenne sotto l’Impero di Claudio. Allora i discepoli si accordarono per mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea, indirizzandolo agli anziani per mezzo di Bàrnaba e Saulo (Paolo)”.

Il riferimento a Claudio non fu casuale, ma mirato. Infatti Luca, spulciando fra la storia alla ricerca di un alibi per sviare la ricerca, dopo aver scartato una carestia avvenuta a Roma sotto Tiberio nel 32 d.C. (Ann. VI, 13) poiché troppo vicina all’epoca di “Gesù”, lo trovò in un altra carestia che afflisse Roma durante l’Impero di Claudio, riportata da Svetonio e da Tacito
“…l’addebito avanzato contro uno dei due fu d’aver visto, in sogno, Claudio coronato di una corona di spighe rivolte all’indietro, con conseguente predizione di una carestia” (Ann. XI, 4).

Questo “sogno profetico” servì a Luca per farsi “dettare da Dio” il vaticinio del Profeta Agabo e depistare, cronologicamente, la vera carestia, molto più grave, avvenuta in Giudea nel 35-36 d.C. ma, essendo i due territori troppo lontani fra loro, per contenerli entrambi, fece dichiarare al Profeta che “una grave carestia sarebbe scoppiata su tutta la terra”, evento di una drammaticità tale da dover essere riferito da tutti gli scrittori dell’epoca, fatto che non si è verificato, ovviamente. Infatti, quella di Roma, più che di una grave carestia si trattò di carenza di cibo, di breve durata, risolta senza che nessuno morisse di fame.

Lo “storico” Vescovo Eusebio di Cesarea, quando si inventò la sua “Storia Ecclesiastica”, in essa riferì di tale carestia in modo particolareggiato e, per renderla più credibile, non poté fare a meno
(sic!) di collegare le “testimonianze” di Giuseppe Flavio e degli Atti degli Apostoli (riportando la profezia di Agabo) con l’intervento della regina Elena, il tutto, ovviamente sotto Claudio (HEc. II 12, 1/3).

Con la sua “testimonianza” Eusebio intese “garantire” le menzogne di “San Luca” facendo manomettere l’opera dello storico Giuseppe Flavio al fine di nascondere i veri protagonisti delle vicende e la loro datazione.
San Paolo Saulo, “il Segretario di Stato” senza jet-executive, fu lui ad occuparsene e possiamo star certi che i Giudei si rimpinzarono a sazietà e gli storici mistici contemplativi odierni, allibiti dalla suddetta profezia, si inghiottono l’eschetta infilzata sull’amo del “Profeta”, quasi fosse un’ostia consacrata e, all’unanimità, si danno subito da fare per “interpolare” con note, allusive alla carestia sotto Claudio e agli “Atti”, i testi didattici e “Antichità Giudaiche” allo scopo di indottrinare i giovani in ossequio alla veridicità storica di San Luca evangelista...l’impostore.

Ma perché questa menzogna?
Della carestia lo storico ebreo ne parla all’inizio del XVIII libro al par. 8, nel prologo riferito agli Zeloti e così introduce: “Per colpa loro ribollirono sedizioni e si sparse molto sangue civile, sia per i massacri che facevano i nazionalisti fanatici (gli Zeloti), sia per la strage che facevano dei loro avversari. Venne poi la carestia che li rese sfrenati in modo travolgente…”

Se gli “Atti degli Apostoli” ed Eusebio di Cesarea hanno sentito la necessità di mentire sulla datazione di questa carestia è evidente che essa era vitale per la dottrina cristiana e doveva essere depistata per impedire la ricostruzione delle vicende che coinvolsero i veri protagonisti col rischio che venissero identificati in “Gesù Cristo” e gli “Apostoli”.

Dal 34 al 37 d.C. si aprì un conflitto fra Roma e il Regno dei Parti perché Artabano III, il loro Re dei Re, si impossessò dell’Armenia minacciando di invadere le terre già possedute da Ciro e Alessandro, fra le quali era compresa la Palestina. Per impedirlo Tiberio inviò ad Antiochia il suo Luogotenente, Lucio Vitellio, con pieni poteri su tutto l’Oriente (Tacito Ann. VI 32) e questi, durante la crisi bellica trovò il tempo di recarsi a Gerusalemme per la Pasqua del 36 d.C., 600 km più a sud, con le sue legioni per:

Intanto Vitellio giunse in Giudea e salì a Gerusalemme dove i Giudei stavano celebrando la loro festa tradizionale chiamata Pasqua e accolto con molti onori, rilasciò in perpetuo agli abitanti tutte le tasse sulla vendita dei prodotti agricoli e che l’abito del Sommo Pontefice, e con esso i suoi arredi, fossero custoditi dai sacerdoti nel tempio” (Ant. XVIII 90/95).
Questo evento ha un “prologo”: in “Antichità” lo scrittore spiega che la “Sacra Veste”, appartenuta ai Re e ai Sommi Sacerdoti della famiglia Asmonea, fu tolta ai Giudei alla morte del Re Erode il Grande. Da allora i Romani la custodivano nella fortezza Antonia e la concedevano ai Sommi Sacerdoti solo per le festività ebraiche (Ant. XV 403/409).

Ciò si protrasse fino alla Pasqua del 36 d.C., appunto, quando Vitellio riconsegnò la veste alle autorità religiose ebraiche. Lo storico conclude il prologo dicendo che: “Questa digressione è stata occasionata dalla triste esperienza che si ebbe dopo” (ibid). Ma quale “triste esperienza” si ebbe dopo? E perché fu la causa della “digressione”?: in “Antichità” non troviamo la spiegazione perché verrà censurata.

Infatti un paio di giorni prima Lucio Vitellio aveva giustiziato Giovanni il Nazireo, figlio primogenito di Giuda il Galileo, per aver preso il potere a Gerusalemme a capo di una rivolta contro la guarnigione romana, in occasione della festa delle Capanne alla fine del raccolto agricolo del 35 d.C., ed essere stato unto come Re dei Giudei e Sommo Sacerdote dopo che Artabano, il Re dei Parti, era entrato in conflitto con Roma mentre la Giudea era afflitta da una grave carestia e il popolo “vessato dai tributi dovuti a Cesare”. Giovanni fu riconosciuto dai Giudei e dal Sinedrio come “Salvatore” fino a che non fu crocefisso dai Romani dopo che l’Impero sconfisse Artabano costringendolo a mollare la presa sull’Armenia.

A questo punto chiedo ai frequentatori del forum di non “vessarmi” con citazioni premature su “Giovanni” ma avere la pazienza di seguire il filo logico della analisi storica che sarà lunga.
Dobbiamo ritornare ai versi dal 99 al 102 del XX libro di Antichità e soffermarci su di essi.
Notiamo che Giacomo e Simone sono due nomi giudaici e indicati con il patronimico, mentre il Profeta Theudas è un attributo che nel greco arcaico voleva dire “Luce di Dio” e rende l’idea di una traduzione corretta ma non è accompagnato dal nome proprio né da quello del padre, quindi non identificabile come dato storico da tramandare ai posteri; pur avendo compreso che si trattava di una persona importantissima se i Romani ne portarono la testa a Gerusalemme per esibirla alla popolazione come monito. L’anomalia di questo attributo senza nome è condivisa in “Atti degli Apostoli”, come abbiamo visto col discorso di Gamalièle.

Riguardo a Giacomo e Simone va rilevato che manca la motivazione per cui furono uccisi; non essendo sufficiente la semplice discendenza da Giuda il Galileo perché si sarebbe violato sia la legge ebraica che quella romana, motivazione, peraltro, che sarebbe valsa subito anche per Menahem (ultimo figlio di Giuda) e Lazzaro figlio di Giairo (suo nipote) i quali moriranno molto tempo dopo in circostanze precise e ben motivate. Non solo, dal modo come viene introdotto, il par. 102 risulta chiaro che lo storico ebreo ne ha già parlato, pertanto i lettori sono stati informati prima delle gesta degli Zeloti (rileggere il testo).

Lo stesso vale anche per Theudas: il fatto che “sobillasse” i suoi seguaci ad attraversare il Giordano ai Romani non importava più di tanto, e questo dimostra che la notizia è incompleta.
Ma perché San Luca è tanto interessato a lui sino al punto di farlo dichiarare morto ancor prima di Giuda il Galileo? Semplice: lui sapeva chi era nella realtà perché aveva letto “Antichità Giudaiche” prima che venissero censurate da falsari copisti e sapeva che era figlio di Giuda il Galileo, ma se fa risultare che muore prima di lui egli non potrà mai essere suo figlio.
Era una realtà che contrastava con la nuova ideologia, il cristianesimo come lo conosciamo noi oggi, evolutosi da una dottrina primitiva filo giudaica che postulava una figura diversa di Messia Salvatore.
L’evangelista sapeva anche il vero nome di quel “Profeta” ma non lo celò accontentandosi di chiamarlo “qualcuno” per evitare che quell’attributo potesse essere collegato ad “Apostolo” e, soprattutto, non doveva risultare una documentazione storica, un paragrafo dopo l'altro, con tre nomi dei fratelli di "Gesù" giustiziati dai Romani.

Da una verifica delle liste degli Apostoli degli evangelisti risulta che Luca, facendo lo gnorri sulla scelta dei “Dodici” voluta da Cristo (secondo Matteo e Giovanni "detto Marco"), chiama Taddeo “Giuda, fratello di Giacomo” : “Giuda di Giacomo. Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui” (At. 1, 13-14).

In questo passo rileviamo che Luca, citando “Giacomo”, non sente il dovere di specificare a quale “Giacomo” si riferisce, dei due che risultano nel suo Vangelo, e ciò significa che in origine c’era un solo Giacomo, fatto che accerteremo con l’aiuto della storia quando tratteremo l’inesistente “Giacomo il Minore” e relativo martirio. Un “Giacomo” accreditato di troppe paternità (Alfeo, Zebedeo, Cleofa) per poter essere giustificato storicamente come persona reale.

Taddeo ovvero Taddaios in greco e Taddaeus in latino erano nomi inesistenti in quelle lingue nel I secolo, sono soltanto parolacce derivate dalla traslazione volutamente errata da una lingua all’altra per impedirne l’identificazione col Profeta Theudas di nome Giuda, che aveva un fratello di nome Giacomo, a sua volta fratello di Giovanni. O meglio, se leggiamo l’insieme dei fratelli riportati nei Vangeli, risulta: “Non è costui (Gesù) il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, Ioses (Giuseppe), di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui con noi?” (Mc. 6,3);
Non è forse (Gesù) il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?” (Mt. 13, 55)

Sono tutti nomi di tradizione giudaica ai quali manca “Giovanni” perché è lui il soggetto di cui si sta parlando. Sono anche nomi di “Apostoli” ai quali manca “Giuseppe” in quanto, ultimo dei fratelli, era troppo giovane per essere un capo carismatico trascinatore di uomini pronti a dare la vita per una causa nazionalista. Ma sono anche nomi che, come vedremo in seguito, corrispondono a quelli dei figli di Giuda il Galileo.
“Gesù” e “Cristo” sono due attributi divini: “L’angelo Gabriele fu mandato da Dio a una vergine che si chiamava Maria. Entrato da lei disse: Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc. 1, 26-31).

“Gesù”: tale nome - giunto sino a noi attraverso il latino “Iesus”, traslitterato dal greco “Iesous”, a sua volta dall’ebraico “Jeshùa”, forma contratta di “Jehoshù a” - è il nome biblico di Giosuè, l’eroe dell’Antico Testamento e significa “Colui che salva” o “Salvatore”.
“Gesù” e “Giosuè” sono due nomi resi dissimili, volutamente, nelle traduzioni da una lingua all’altra ma, inizialmente, il vocabolo era uguale.

I manoscritti originali in greco di “Antichità Giudaiche” e “La Guerra Giudaica”, ricopiati dagli amanuensi cristiani secoli dopo, chiamano “Gesù” anche il condottiero biblico che conquistò la terra di Canaan. Ciò vuol dire che, in prima stesura, a partire dall’Antico Testamento, in tutte le opere di Giuseppe Flavio era presente un solo identico nome: Giosuè.

Mosè, ormai vecchio, designò Gesù a succedergli sia nella funzione profetica sia come comandante in capo per qualsiasi occorrenza: e a lui, per ordine di Dio, affidò la direzione di tutti gli affari” (Ant. IV, 165).
Jehoshù a” o “Jeshùa” (contratto), come per noi “Salvatore”, aveva un doppio significato: come nome proprio di persona, oppure come titolo divino. Il titolo, attribuito a chi si rese protagonista di gesta eroiche “per ordine di Dio”, fu “Colui che salva”, “Jehoshù a”, proprio come Giosuè.

Le molte persone di nome “Gesù” che incontriamo nelle opere dello scrittore ebreo, in quelle originali erano tutti “Giosuè”.Gli Ebrei che adottavano quel nome lo facevano per onorare la memoria del conquistatore della Terra promessa a loro da Dio e questo spiega perché incontriamo tanti “Gesù” nelle opere di Giuseppe Flavio: i Giudei si riferivano al successore di Mosé, che “salvò” i loro padri dando ad essi una patria, non alla nuova divinità “Gesù detto il Messia” che non avevano mai sentito nominare.

Questo titolo “Salvatore” fu conferito a Giovanni da una corrente religiosa essena pertanto non corrisponde ad un semplice nome proprio di persona e la prova consiste nel fatto che, in “Atti degli Apostoli”, i Sadducei e i Farisei del Sinedrio, sempre, lo chiamano “costui”, mai “Gesù”. Coloro che trascrissero i Vangeli e gli “Atti” sapevano che “Gesù” era un attributo divino e, quando ravvisarono in Giovanni un “Salvatore” (Gesù), inviato da Dio, erano consapevoli che solo chi lo accettava come tale poteva chiamarlo “Gesù”, pertanto ne scaturì che gli Ebrei, seguaci di una fede diversa, non potevano riconoscergli né il titolo né la divinità.

Se “Gesù” fosse stato un semplice nome di persona, e ve n’erano molti fra i Giudei, nelle riunioni del Sinedrio e all’interno delle Sinagoghe i sacerdoti non avrebbero avuto alcun problema a chiamarlo “Gesù”, col patronimico, obbligatorio per gli Ebrei, ma sempre assente per “Gesù”, né, soprattutto, risulta che lui stesso si sia mai chiamato, o presentato a terzi con tale nome.
In conseguenza della contrazione subita dal vocabolo iniziale, derivato da Giosuè, “Jehoshù a”, questi, essendo uguale, “coerentemente”, fu riportato dai copisti, nelle opere di Giuseppe, col nome greco “Iesous”.

“Gesù Cristo”, l’essere soprannaturale descritto nei Vangeli, non è mai esistito. Le testimonianze sulla sua nascita sono talmente contraddittorie da rappresentare solo una delle molteplici prove di come sia stato “costruito” il suo mito evolutosi nei secoli.
Giovanni, eroe sacrificato alla causa giudaica, dopo la distruzione del Tempio da parte di Tito, venne riconosciuto dagli Esseni come “Salvatore” Messia, prescelto da Dio, con uno dei nomi più popolari fra gli ebrei sino a tutto il I secolo.
Ma, soprattutto, era il significato del vocabolo, con cui fu chiamato, che interessò i cristiani gesuiti: “Salvatore”; equivalente al “Soter” dei pagani, in particolare il Dio Mitra, il culto del quale ebbe maggior seguito popolare prima del cristianesimo.

Dopo che l’Imperatore Costantino, nella veste di Pontefice Massimo, decise di sincretizzare, in un solo Credo e unico “Salvatore”, i “Soter” delle più importanti religioni esistenti nelle Province imperiali, il Cristianesimo, risultato vincente dopo oltre un secolo di lotte, gradualmente, per distinguersi dai “Soter” pagani, preferì far passare il titolo divino di “Salvatore” soltanto come semplice nome proprio di persona: “Gesù”. Ma “Gesù” con aggiunto “il Salvatore” significa “Salvatore, il Salvatore”.

Giovanni, il vero nome del “Messia”, non fu citato dagli evangelisti Marco e Matteo, insieme ai suoi fratelli, perché lui era il soggetto. Giovanni è il vero protagonista dei Vangeli in cui si equivoca volutamente e spesso fra Giovanni Battista e “Gesù”, sovrapponendo le due figure ideologiche, fino al punto che San Luca inizia la sua novella con la “nascita” di “Giovanni, egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti” (Lc. 1, 13/15).

E il vero Giovanni di Gamala infatti era un Nazireo che non poteva bere vino, ma questo aspetto - gravissimo per la dottrina della “salvezza” fondata sul rito teofagico eucaristico (di origine pagana) che per il modo come fu ripreso dal cristianesimo prevedeva la trasformazione del vino nel sangue di “Gesù”, il nuovo “Soter” - costringerà i Padri creatori della fede cristiana a farlo divenire “Nazareno”:
Avvertito in sogno da un angelo, (Giuseppe) si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai Profeti: Sarà chiamato Nazareno” (Mt. 2, 19/23).
Va rilevato che la profezia dei Profeti sul nome “Nazareno”, è inesistente nell’Antico Testamento e successivamente, quando il Cristianesimo andrà al potere, Nazaret iniziò ad essere edificata, nel IV secolo, a 6 Km dalla capitale Seffori che, all’epoca del racconto “evangelico” di Matteo, fu rasa al suolo dai Romani in una Galilea in guerra. Ma chi scelse il sito commise un errore gravissimo: la descrizione di Nazaret e la sua ubicazione, nei Vangeli, corrisponde a quella di Gamala, la città di Giuda il Galileo e dei suoi figli. Fatto che proverò con uno studio specifico.

E gli “Apostoli”?. Oltre alla impossibile e fantasiosa evasione di Simone Cefa dal carcere aiutato da un angelo del Signore, tutti gli appellativi sono serviti nel tempo, attraverso contraffazioni delle traduzioni nelle varie lingue e la manipolazione dei termini originali, sia a celare le vere identità dei fratelli Zeloti dietro santi “Apostoli”, sia a “replicarli” per raggiungere il numero di “Dodici” come fecero dire a “Gesù” nei Vangeli : “siederete anche voi (gli Apostoli) su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele”.

Ma neanche tale numero, pure di valenza assoluta e vincolante in quanto “profetato” dallo stesso “Gesù”, verrà rispettato dagli evangelisti:gli Apostoli destinati a sedere sui “dodici troni” nell’alto dei cieli, elencati nei Vangeli canonici e negli “Atti”, sommati, diventano “sedici”.
In particolare troviamo replicati: Simone detto Pietro con Simone lo zelota o Simone il cananeo; Giacomo il maggiore con Giacomo il minore; Giuda detto Taddeo (Theudas) con Giuda detto Toma (San Tommaso) e con Giuda iscariota (l’aggettivo è una contraffazione di “sicario”). I Vangeli, volutamente, non spiegano il significato di “iscariot”; termine manipolato e trascritto dai copisti in modi diversi per mascherarne l’ideale zelota .

Apostoli con nomi inventati, parolacce, come “Taddaios” (Taddeo) o “Petros” o “Petrus” (Pietro), inesistenti sia in greco che in latino, nel I secolo, semplici aggettivi qualificativi fatti passare per nomi, come: “San Bartolomeo” ovvero “bar tolomeo” che vuol dire “figlio del valoroso”, o anche il fantomatico fratello di Simone, “Andrea”, aggettivo che vuol dire “vigoroso” o “gagliardo” dal greco “andreas” cioè “vigoroso, fratello di Simone”… o ancora “San Tommaso” dall’aramaico “toma” che significa “gemello” o dal greco “didimo” anch’esso equivalente a “gemello”, sino al punto di inventarsi un nome, addirittura, composto di due aggettivi con le iniziali maiuscole “Tommaso detto anche Didimo” (Gv. 11, 16), che vuol dire “gemello detto anche gemello”, privo di alcun significato.

Aggettivi trasformati in nomi greci affibbiati a Ebrei della Galilea, assurdità storica, impossibile essere avvenuta, perché in Palestina i Greci erano nemici dei Giudei e in guerra tra loro nel I secolo. Aggettivi che, col trascorrere dei secoli, grazie all’ignoranza dei fedeli sul vero significato originario, verranno accettati e adottati come “nomi” di persone.

Gli Apostoli, dei cui nomi non esiste traccia in alcun documento degli storici d’epoca, non sono mai esistiti. La finalità dottrinale di crearli fu dettata dalla necessità, messa in atto da ignoranti in storia e cultura giudaica, di nascondere nel “mucchio” i cinque fratelli Zeloti e si ricollega alla necessità di replicare più “Marie”, sorelle e cognate di Maria (quella vera) per confonderne il riconoscimento.
Come sopra abbiamo visto, Giuda il Galileo era padre di Simone e Giacomo, ma essendo questi fratello di Giuda Taddaeus, più correttamente Giuda Theudas, ciò significa che Giuda il Galileo era anche suo padre.

Questo è solo un breve parziale compendio di una lunga analisi dei Vangeli comparati con la storiografia dell’epoca, studio che ha richiesto anni per scoprire e dimostrare che le falsificazioni in essi contenute non erano semplici errori, ma mirate a nascondere una storia vera che vide protagonista una stirpe di Ebrei in lotta contro il dominio di Roma sulla “Terra Promessa da Dio al popolo d’Israele”, rivendicando, nel contempo, il diritto a sedersi sul Trono dei Giudei: gli Asmonei.

http://www.vangeliestoria.eu/index.php


Ultima modifica di Emilio Salsi il 01/02/2009, 01:40, modificato 1 volta in totale.


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Scusatemi se non sarò prolisso come voi, ma il Cristo storico è quello che ha dato chiare indicazioni sul suo pensiero. Se non erro, suonava più o meno così: "Non mi servono templi di legno o pietra, osserva un albero e mi troverai, alza una pietra ed io sarò li" Tutto quello che è stato costruito poi dall' uomo, difetta in quanto tale. Diventa difficile perfino ricostruire i testi più vicini alla vita terrena di Gesù, figuriamoci le loro evoluzioni. A me piace pensare che sia stato un personaggio straordinario, e che il suo messaggio non sia da interpretare ma da applicare.

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greenwarrior ha scritto:

Scusatemi se non sarò prolisso come voi, ma il Cristo storico è quello che ha dato chiare indicazioni sul suo pensiero. Se non erro, suonava più o meno così: "Non mi servono templi di legno o pietra, osserva un albero e mi troverai, alza una pietra ed io sarò li" Tutto quello che è stato costruito poi dall' uomo, difetta in quanto tale. Diventa difficile perfino ricostruire i testi più vicini alla vita terrena di Gesù, figuriamoci le loro evoluzioni. A me piace pensare che sia stato un personaggio straordinario, e che il suo messaggio non sia da interpretare ma da applicare.

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... infatti, Caro Green, ho aperto un 3d a tergo di questo ,proprio per indirizzare lì interventi come il tuo :

qui ci basiamo solo su l' analisi storica delle fonti.



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barionu ha scritto:

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greenwarrior ha scritto:

Scusatemi se non sarò prolisso come voi, ma il Cristo storico è quello che ha dato chiare indicazioni sul suo pensiero. Se non erro, suonava più o meno così: "Non mi servono templi di legno o pietra, osserva un albero e mi troverai, alza una pietra ed io sarò li" Tutto quello che è stato costruito poi dall' uomo, difetta in quanto tale. Diventa difficile perfino ricostruire i testi più vicini alla vita terrena di Gesù, figuriamoci le loro evoluzioni. A me piace pensare che sia stato un personaggio straordinario, e che il suo messaggio non sia da interpretare ma da applicare.

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... infatti, Caro Green, ho aperto un 3d a tergo di questo ,proprio per indirizzare lì interventi come il tuo :

qui ci basiamo solo su l' analisi storica delle fonti.



zio ot [img]/Public/data/Barionu/200842184257_bevo.gif[/img]

( caffè d'orzo [;)] )


http://www.sabinaoggioni.it/Vangeli%20Apocrifi.htm

http://www.fenice.info/wisdom/apocrifi.asp

Secondo il mio parere, l' approfondimento e la possibilità di ricostruire un quadro veritiero, partono da quì.



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Emilio Salsi ha scritto:
“Mosè, ormai vecchio, designò Gesù a succedergli sia nella funzione profetica sia come comandante in capo per qualsiasi occorrenza: e a lui, per ordine di Dio, affidò la direzione di tutti gli affari” (Ant. IV, 165).
“Jehoshù a” o “Jeshùa” (contratto), come per noi “Salvatore”, aveva un doppio significato: come nome proprio di persona, oppure come titolo divino. Il titolo, attribuito a chi si rese protagonista di gesta eroiche “per ordine di Dio”, fu “Colui che salva”, “Jehoshù a”, proprio come Giosuè.

Le molte persone di nome “Gesù” che incontriamo nelle opere dello scrittore ebreo, in quelle originali erano tutti “Giosuè”.Gli Ebrei che adottavano quel nome lo facevano per onorare la memoria del conquistatore della Terra promessa a loro da Dio e questo spiega perché incontriamo tanti “Gesù” nelle opere di Giuseppe Flavio: i Giudei si riferivano al successore di Mosé, che “salvò” i loro padri dando ad essi una patria, non alla nuova divinità “Gesù detto il Messia” che non avevano mai sentito nominare.

Questo titolo “Salvatore” fu conferito a Giovanni da una corrente religiosa essena pertanto non corrisponde ad un semplice nome proprio di persona e la prova consiste nel fatto che, in “Atti degli Apostoli”, i Sadducei e i Farisei del Sinedrio, sempre, lo chiamano “costui”, mai “Gesù”. Coloro che trascrissero i Vangeli e gli “Atti” sapevano che “Gesù” era un attributo divino e, quando ravvisarono in Giovanni un “Salvatore” (Gesù), inviato da Dio, erano consapevoli che solo chi lo accettava come tale poteva chiamarlo “Gesù”, pertanto ne scaturì che gli Ebrei, seguaci di una fede diversa, non potevano riconoscergli né il titolo né la divinità.

Se “Gesù” fosse stato un semplice nome di persona, e ve n’erano molti fra i Giudei, nelle riunioni del Sinedrio e all’interno delle Sinagoghe i sacerdoti non avrebbero avuto alcun problema a chiamarlo “Gesù”, col patronimico, obbligatorio per gli Ebrei, ma sempre assente per “Gesù”, né, soprattutto, risulta che lui stesso si sia mai chiamato, o presentato a terzi con tale nome.
In conseguenza della contrazione subita dal vocabolo iniziale, derivato da Giosuè, “Jehoshù a”, questi, essendo uguale, “coerentemente”, fu riportato dai copisti, nelle opere di Giuseppe, col nome greco “Iesous”.

“Gesù Cristo”, l’essere soprannaturale descritto nei Vangeli, non è mai esistito. Le testimonianze sulla sua nascita sono talmente contraddittorie da rappresentare solo una delle molteplici prove di come sia stato “costruito” il suo mito evolutosi nei secoli.
Giovanni, eroe sacrificato alla causa giudaica, dopo la distruzione del Tempio da parte di Tito, venne riconosciuto dagli Esseni come “Salvatore” Messia, prescelto da Dio, con uno dei nomi più popolari fra gli ebrei sino a tutto il I secolo.
Ma, soprattutto, era il significato del vocabolo, con cui fu chiamato, che interessò i cristiani gesuiti: “Salvatore”; equivalente al “Soter” dei pagani, in particolare il Dio Mitra, il culto del quale ebbe maggior seguito popolare prima del cristianesimo.

Dopo che l’Imperatore Costantino, nella veste di Pontefice Massimo, decise di sincretizzare, in un solo Credo e unico “Salvatore”, i “Soter” delle più importanti religioni esistenti nelle Province imperiali, il Cristianesimo, risultato vincente dopo oltre un secolo di lotte, gradualmente, per distinguersi dai “Soter” pagani, preferì far passare il titolo divino di “Salvatore” soltanto come semplice nome proprio di persona: “Gesù”. Ma “Gesù” con aggiunto “il Salvatore” significa “Salvatore, il Salvatore”.

Giovanni, il vero nome del “Messia”, non fu citato dagli evangelisti Marco e Matteo, insieme ai suoi fratelli, perché lui era il soggetto. Giovanni è il vero protagonista dei Vangeli in cui si equivoca volutamente e spesso fra Giovanni Battista e “Gesù”, sovrapponendo le due figure ideologiche, fino al punto che San Luca inizia la sua novella con la “nascita” di “Giovanni, egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti” (Lc. 1, 13/15).

E il vero Giovanni di Gamala infatti era un Nazireo che non poteva bere vino, ma questo aspetto - gravissimo per la dottrina della “salvezza” fondata sul rito teofagico eucaristico (di origine pagana) che per il modo come fu ripreso dal cristianesimo prevedeva la trasformazione del vino nel sangue di “Gesù”, il nuovo “Soter” - costringerà i Padri creatori della fede cristiana a farlo divenire “Nazareno”:
“Avvertito in sogno da un angelo, (Giuseppe) si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai Profeti: Sarà chiamato Nazareno” (Mt. 2, 19/23).


Hai risolto molti miei dubbi [;)]



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MessaggioInviato: 01/02/2009, 12:46 
greenwarrior,

sono un semplice storico analista e come tale porto avanti una ricerca basata sulla lettura dei testi evangelici (considerati sacri dalla Chiesa), comparati con la storiografia dell'epoca. Gli studi, per ovvi motivi, sono lunghi ma infinitamente più brevi di tutta la "documentazione neotestamentaria" inventata da scribi monastici scaltri e ben consapevoli del grande "affaire" che avrebbe ingenerato l'illusione della vita eterna. Della interminabile, verbosa, "documentazione" clericale o filo clericale non mi pare abbia mai avuto da lamentarti, anzi ne consigli dell'altra.
In verità, da quanto letto, sin dalla prima analisi, avrei dovuto mettere in guardia voi credenti: se volete conservare intatta l'illusione della "resurrezione" è bene evitiate di approfondire la conoscenza sull'argomento del Cristo storico.
La storia è neutrale ma il suo innocente, lucido, candore verrà percepito come un pugno nello stomaco da chi è uso inghiottire l'ostia consacrata convinto che il pasto teofagico del proprio Dio gli possa aprire, un domani lontano nel tempo, le porte del "paradiso".
Amen.

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MessaggioInviato: 01/02/2009, 13:17 
Cita:
Emilio Salsi ha scritto:


greenwarrior,

sono un semplice storico analista e come tale porto avanti una ricerca basata sulla lettura dei testi evangelici (considerati sacri dalla Chiesa), comparati con la storiografia dell'epoca. Gli studi, per ovvi motivi, sono lunghi ma infinitamente più brevi di tutta la "documentazione neotestamentaria" inventata da scribi monastici scaltri e ben consapevoli del grande "affaire" che avrebbe ingenerato l'illusione della vita eterna. Della interminabile, verbosa, "documentazione" clericale o filo clericale non mi pare abbia mai avuto da lamentarti, anzi ne consigli dell'altra.
In verità, da quanto letto, sin dalla prima analisi, avrei dovuto mettere in guardia voi credenti: se volete conservare intatta l'illusione della "resurrezione" è bene evitiate di approfondire la conoscenza sull'argomento del Cristo storico.
La storia è neutrale ma il suo innocente, lucido, candore verrà percepito come un pugno nello stomaco da chi è uso inghiottire l'ostia consacrata convinto che il pasto teofagico del proprio Dio gli possa aprire, un domani lontano nel tempo, le porte del "paradiso".
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Che sia un illusione è una tua considerazione, accettabile ma comunque personale. Io credente mi sono posto mille domande, non tanto per autoipnotizzarmi ma per arrivare ad una conclusione logica ( lunga vita e prosperità ). Il risultato di questa mia profonda riflessione, mi ha portato a credere nell' esistenza dell' anima come entità governante e assestante dal corpo, quindi quello che tu chiami paradiso io lo chiamo passaggio e se ti infastidisce il rito della comunione, senza averne compreso il significato rituale, almeno evita di essere offensivo e parti dal presupposto che in questo forum ci sono persone che hanno un credo. E' più facile non credere e criticare, che credere e sperare.. Sono altresi convinto che la distanza che ci separa dalla verità, sia molto più lontana di quello che ci raccontano, ma che il traguardo sia quello.

Che Dio ti benedica fratello.[:D]



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Lawliet ha scritto:

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Skeptikos ha scritto:

Sulle falsificazioni della chiesa cattolica sono abbastanza daccordo, sul fatto che Gesù non sia storicamente vissuto no.



Le opinioni personali in un contesto di ricerca lasciano il tempo che trovano, devono essere abbandonate per essere sicuri di rimanere coerenti ed attinenti ai fatti.

In ogni caso già il fatto che prima di Gesù ci siano stati numerevoli Dei e culti con protagonisti persone con la stessa identica vita di Gesù (apostoli, data di nascita, luogo di nascita, morte, etc. etc.), ne mette seriamente in dubbio la veridicità.


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greenwarrior ha scritto:

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Emilio Salsi ha scritto:


greenwarrior,

sono un semplice storico analista e come tale porto avanti una ricerca basata sulla lettura dei testi evangelici (considerati sacri dalla Chiesa), comparati con la storiografia dell'epoca. Gli studi, per ovvi motivi, sono lunghi ma infinitamente più brevi di tutta la "documentazione neotestamentaria" inventata da scribi monastici scaltri e ben consapevoli del grande "affaire" che avrebbe ingenerato l'illusione della vita eterna. Della interminabile, verbosa, "documentazione" clericale o filo clericale non mi pare abbia mai avuto da lamentarti, anzi ne consigli dell'altra.
In verità, da quanto letto, sin dalla prima analisi, avrei dovuto mettere in guardia voi credenti: se volete conservare intatta l'illusione della "resurrezione" è bene evitiate di approfondire la conoscenza sull'argomento del Cristo storico.
La storia è neutrale ma il suo innocente, lucido, candore verrà percepito come un pugno nello stomaco da chi è uso inghiottire l'ostia consacrata convinto che il pasto teofagico del proprio Dio gli possa aprire, un domani lontano nel tempo, le porte del "paradiso".
Amen.

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Che sia un illusione è una tua considerazione, accettabile ma comunque personale. Io credente mi sono posto mille domande, non tanto per autoipnotizzarmi ma per arrivare ad una conclusione logica ( lunga vita e prosperità ). Il risultato di questa mia profonda riflessione, mi ha portato a credere nell' esistenza dell' anima come entità governante e assestante dal corpo, quindi quello che tu chiami paradiso io lo chiamo passaggio e se ti infastidisce il rito della comunione, senza averne compreso il significato rituale, almeno evita di essere offensivo e parti dal presupposto che in questo forum ci sono persone che hanno un credo. E' più facile non credere e criticare, che credere e sperare.. Sono altresi convinto che la distanza che ci separa dalla verità, sia molto più lontana di quello che ci raccontano, ma che il traguardo sia quello.

Che Dio ti benedica fratello. [:D]


Sei libero di credere quello che vuoi riguardo Dio e riguardo il rito della comunione.
Ma lascia il diritto a chi vuole farlo di controllare la veridicità dei passi della Bibbia.
Oppure credi in Dio e nel passaggio solo perchè è scritto in un testo? Alla faccia della fede [;)].

Il credo dovrebbe partire da se stessi, non condizionato da fattori esterni.



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Lawliet ha scritto:

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greenwarrior ha scritto:

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Emilio Salsi ha scritto:


greenwarrior,

sono un semplice storico analista e come tale porto avanti una ricerca basata sulla lettura dei testi evangelici (considerati sacri dalla Chiesa), comparati con la storiografia dell'epoca. Gli studi, per ovvi motivi, sono lunghi ma infinitamente più brevi di tutta la "documentazione neotestamentaria" inventata da scribi monastici scaltri e ben consapevoli del grande "affaire" che avrebbe ingenerato l'illusione della vita eterna. Della interminabile, verbosa, "documentazione" clericale o filo clericale non mi pare abbia mai avuto da lamentarti, anzi ne consigli dell'altra.
In verità, da quanto letto, sin dalla prima analisi, avrei dovuto mettere in guardia voi credenti: se volete conservare intatta l'illusione della "resurrezione" è bene evitiate di approfondire la conoscenza sull'argomento del Cristo storico.
La storia è neutrale ma il suo innocente, lucido, candore verrà percepito come un pugno nello stomaco da chi è uso inghiottire l'ostia consacrata convinto che il pasto teofagico del proprio Dio gli possa aprire, un domani lontano nel tempo, le porte del "paradiso".
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Che sia un illusione è una tua considerazione, accettabile ma comunque personale. Io credente mi sono posto mille domande, non tanto per autoipnotizzarmi ma per arrivare ad una conclusione logica ( lunga vita e prosperità ). Il risultato di questa mia profonda riflessione, mi ha portato a credere nell' esistenza dell' anima come entità governante e assestante dal corpo, quindi quello che tu chiami paradiso io lo chiamo passaggio e se ti infastidisce il rito della comunione, senza averne compreso il significato rituale, almeno evita di essere offensivo e parti dal presupposto che in questo forum ci sono persone che hanno un credo. E' più facile non credere e criticare, che credere e sperare.. Sono altresi convinto che la distanza che ci separa dalla verità, sia molto più lontana di quello che ci raccontano, ma che il traguardo sia quello.

Che Dio ti benedica fratello. [:D]


Sei libero di credere quello che vuoi riguardo Dio e riguardo il rito della comunione.
Ma lascia il diritto a chi vuole farlo di controllare la veridicità dei passi della Bibbia.
Oppure credi in Dio e nel passaggio solo perchè è scritto in un testo? Alla faccia della fede [;)].

Il credo dovrebbe partire da se stessi, non condizionato da fattori esterni.


Io invertirei la tua ultima frase. Il credo prima viene influenzato da fattori esterni, e poi crescendo una persona può riflettere. [:D]


Ultima modifica di greenwarrior il 01/02/2009, 15:04, modificato 1 volta in totale.


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