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U.F.O.
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 Oggetto del messaggio: Una versione gnostica di Gesù.
MessaggioInviato: 25/11/2009, 20:55 
23/11/2009
IO, YESHUA, IL GRANDE DI GUERRA

Qui posto l'introduzione, la prefazione e un capitolo intero del mio prossimo romanzo sul Cristo.

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Introduzione

E’ un Gesù che narra i fatti dei vangeli a posteriori, come gia vissuti. Non v’era bisogno di rinarrali. A me intrigherebbe vedere in azione il Gesù che insegna nel privato. Se volete le sue gesta, i vangeli sono disponibili a tutti, generosi di informazioni. Ma avrei scritto uno dei tanti libri del Cristo. A me interessava descrivere un Gesù che non si vede nei sinottici, e solo accennato negli apocrifo-gnostici. Gli ho messo in bocca le parole dei saggi del passato e del futuro, perché, come dicevano Paolo di Tarso e Jacob Bohme: non io, ma lui in me

E’ un Gesù che si ritira nel suo guscio, che istruisce i suoi, che conferisce loro le chiavi del regno, e fa il punto della situazione. Che chiama in disparte ciascuno e gli offre ciò che ha meritato con il lavoro su se stesso

Forse Gesù non fu così esplicito. Forse suggeriva ai suoi discepoli come sempre fa lo Spirito, sia che si manifesti nella carne che rimanendo nell’occulto

E’ un Gesù diverso quello che emerge da queste pagine, un Gesù non solo maestro di compassione, ma un vero e proprio combattente, un signore della guerra, un uomo dalla forza interiore immensa, uno che porta un nuovo modo di combattere i poteri immondi che spadroneggiano su questo piano

Ho mescolato nel testo molte rivelazioni che ho avuto dall’alto di me stesso

Chi vuol capire, capisca.Chi può intendere, intenda…sono tipiche espressioni di un maestro che sa di non poter parlare in pubblico e lascia che siano gli iniziati a comprendere o essere istruiti nel privato da lui


Prefazione

Io sono Gesù, il Grande di Guerra noto in ogni epoca. L’eroe che sta dietro tutti gli eroi, il Re dietro tutti i grandi veri re, e il sacerdote dietro tutti i veri sacerdoti. Questa è la mia vera storia, la storia che nessuno ha mai voluto narrare perché il mondo mi odia e odia tutti coloro che fanno la mia volontà.

Io sono la grande sintesi. Il passato è venuto avanti verso di me, il futuro è tornato indietro a me. Io sono il mezzo di ogni cosa



Cap. della Tradizione Primordiale
“Rabbi, ha un nome la scienza dell’Assoluto?”, chiese Maria Maddalena.
“Fratelli, la scienza di Io Sono ha molti nomi ma noi la chiameremo Tradizione Primordiale. Essa si occupa dell’unica e divina realtà, consustanziale al mondo molteplice delle cose e delle anime. Questa realtà immanente e al contempo trascendente non può essere appresa immediatamente e direttamente se non da coloro che lavorano su se stessi per addivenire alla purezza di cuore e alla povertà in spirito, ossia al sentirsi totalmente bisognosi di Dio”.
“Perché la chiami primordiale, maestro?”. Chiese ancora Maria.
“C’è un’antica dottrina che esiste da sempre, che da sempre è stata conservata dalle città e dalle nazioni più sagge e dagli uomini più savi (Origene, Contra Celsum I,14). Io vi parlo di una sapienza, di una gnosi, che non è di questo mondo. In verità, nessuno degli Arconti di questo mondo ha potuto conoscerla (Paolo, 1 Corinzi 2:6-8). Ma i perfetti la conoscono e sanno che molto di essa è celata nella Torah. Coloro cui fu affidata la Torah, e non ne hanno saputo estrarre il senso spirituale, sono come asini carichi di inutile conoscenza, proprio come quelli che si dedicano esclusivamente alla sapienza mondana (è una celebre espressione del Corano 62:5, mutuata da molti maestri del sufismo). In verità, Maria, questa scienza spirituale è salvifica, se applicata su se stessi riscatta dalla caduta ad amica. La chiamo primordiale perché si tratta di una sapienza che era custodita da Adamo, l’uomo primordiale, e lo è ancora, dato che quell’uomo è in voi. E’ scritto: La Sapienza protesse il Padre del mondo, formato per primo da Dio, quando fu creato solo, poi lo liberò dalla sua caduta e gli conferì la forza per dominare su tutto (Sapienza 10:1). Sappiate che Sapienza, o Sophia, e Melkizedek sono uno. In verità, io, Melkizedek, offrì una gnosi possente ad Adamo affinchè potesse riscattarsi. Gli uomini passano, ma la dottrina dello Spirito permane eternamente. Quelli che vengono da Dio si servono dello stesso linguaggio e si trasmettono l’insegnamento veritiero attraverso le età. Io sono venuto anche per offrire il senso celato e profondo della Torah di Mosè e per radunare i brandelli della tradizione sparsi in ogni dove. Sono venuto per raccogliere ciò che è sparso, per ricomporre l’unità originaria e dare nuova linfa alla Tradizione. Questa Religione della sapienza divina è stata ed è ancor oggi l’eredità dei santi, dei profeti, dei veggenti e degli spiriti illuminati di ogni nazione, quale sia il sistema esterno di religione a cui essi hanno aderito. Essa fu insegnata dagli antichi Bramini, dagli Egiziani e dagli Ebrei in templi e caverne. Mosè, Zarathustra, Gauthama Buddha la predicarono. Essa formava la base dei misteri bacchici, eleusini ed orfici dei greci. E’ la religione dell’umanità che non ha nulla a che vedere con opinioni e forme. Oggi, come anticamente e come nel futuro, le sue verità sono e saranno fraintese e mal rappresentate da uomini che si dichiarano maestri di altri uomini”.
“Rabbi, vorrei comprendere meglio. Questa Tradizione appartiene al passato? Ad un passato remotissimo?”, chiese Bartolomeo.
“L’Antica Tradizione è da intendersi come un corpus di insegnamenti appartenenti a un non tempo e a un non spazio, per lo più segreti, che da tempi immemorabili sono stati trasmessi da Dio direttamente ad alcuni uomini eletti, e solo secondariamente trasmessi per via orale, secondo una catena, da maestro ad allievo, e da Ordini Sacri, che terminavano la loro funzione naturale, ad altri Ordini Sacri. Ma la prerogativa fondante della Tradizione è la teofania, Dio che insegna all’anima, rammentatelo sempre. La tradizione non è il passato. La tradizione ha a che vedere col passato né più e né meno di quanto ha a che vedere col futuro o col presente. Si situa al di là del tempo. Non si riferisce a ciò che è antico, a ciò che è alle nostre spalle: bensì a ciò che è permanente, a ciò che ci sta dentro. Essa è una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria (Paolo 1 Corinzi 2:7). E’ un Mistero non manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente, ma rivelato ai suoi Santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito, mistero nascosto da secoli nella mente di Dio e che io rivelerò (Paolo Efesini 3:5-9). Questa sapienza non è un mero contrario dell’innovazione, ma il quadro entro cui debbono compiersi le innovazioni per essere significative e durevoli. Questa è la Tradizione del non tempo, perché il tempo è un’illusione. Come me e tutti noi, questa Tradizione è nel mondo ma non è del mondo, quindi non è di uno spazio né di un tempo specifico. In verità, essendo il non tempo qualcosa che già è ma verrà rispetto al tempo, essa è non solo primordiale, ma anche la Tradizione del futuro. Eppure, la Tradizione non è il frutto di un passato nè di un futuro, essa è questo tempo profetico che si immerge nell’a-temporale e si incarna nell’istante (Annick de Souzenelle, Il Simbolismo del Corpo Umano)
“Rabbi, è essa una religione?” chiese Andrea.
“E’ indifferente definirla in un modo o in un altro. Se per Tradizione intendiamo un patrimonio di conoscenze atto a favorire il legame col divino, allora la Tradizione è una religione. Nella lingua ebraica religione è Dat che ricorda molto Daat che significa conoscenza. Ma nel latino dei romani, religione viene da relegere, che significa raccogliere in ordine tutto ciò che si riferisce al culto divino, e di qui ritorniamo al principio del raccogliere ciò che è sparso nelle diverse tradizioni spirituali”.
“Rabbi, puoi spiegarci quali siano i principi di questa scienza sacra?” chiesero.
“In verità, l’oggetto di questa scienza è l’Essenza Unitaria con le sue proprietà, dette archetipi o volti o attributi, in primo luogo i suoi tre volti. Le questioni che affronta sono: come da essa origina la molteplicità e vi fa ritorno; i luoghi epifanici dei nomi divini; come il popolo di Dio può tornare a Lui; le varie modalità del viaggio, la disciplina e le pratiche operative; la spiegazione del frutto di ogni opera. I principi base della Tradizione sono: la precisa conoscenza della sua definizione, della sua utilità, delle espressioni tecniche degli iniziati al riguardo. Questa scienza è la più nobile e la più difficile, per la sublimità del suo argomento e la difficoltà delle questioni che affronta. Questa scienza è soprattutto la conoscenza precisa del metodo di viaggio iniziatico e dello sforzo interiore per conoscere se stessi, ossia l’anima, e liberare l’anima in primo luogo dalle ristrettezze delle condizioni personali e particolari, per ricondurla poi al suo stato primordiale o meglio pre-primordiale, che è uno stato glorioso. Io prego sempre e dico: Padre, dammi la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse (Giovanni 17:5). Di questa scienza hanno beneficiato sempre e solo coloro che possiedono percezione sottile, intuizione per il non manifestato e esperienza estatica. Avviene sempre così, ogni volta che un figlio della luce esce dal torpore dell’incuranza, si accorge che oltre alle fruizioni animali vi sono attrattive diverse. Allora cessa di occuparsi di cose mondane e si rivolge a Dio in lui, cercando le sue tracce all’esterno e la sua Presenza nell’interiore, inseguendo le perfezioni del mondo invisibile. Una volta entrato nella Via, egli si astiene da tutto ciò che gli può essere d’ostacolo per il suo scopo come le ricchezze o le condizioni di vita relative a questo mondo. Si allontana dagli interessi sensibili, svuotando il cuore da ogni desiderio per essi, e dispone completamente la sua interiorità alla Verità e alla Luce. Inizia a far ricorso alla solitudine e al ritiro, alla purezza rituale, alla devozione e alla fedeltà al suo principio spirituale. Prova stati di estasi, di ebbrezza spirituale, di consapevolezza intima, di desiderio ardente, di rabbia spirituale. Si riversano sull’amante della tradizione tutti i tesori nascosti delle conoscenze metafisiche e dei misteri spirituali, e di poi la pace dello Spirito, entrando così nel mondo dell’onnipotenza”.
“Maestro, ci stai dicendo che la Tradizione è la religione del Centro, dell’Intimo?”, chiese Matteo.
Yeoshua replicò: “L’intera esistenza dei popoli antichi, e dei popoli tradizionali in genere, è dominata da due idee chiave: quella di Centro e quella d’Origine. Nel mondo spaziale in cui viviamo, ogni valore si riferisce in qualche modo ad un centro sacro, che è il luogo ove il Cielo ha toccato la terra. In ogni mondo umano vi è un luogo nel quale Dio si è manifestato per diffondervi le sue grazie. E similmente per l’Origine, che è il momento quasi atemporale in cui il Cielo era vicino e le cose terrestri erano ancora semicelesti. Ma è pure, per le civiltà che hanno un fondatore storico, il periodo nel quale Dio ha parlato, rinnovando così per una certa parte dell’umanità l’alleanza primordiale d’Origine. Essere conformi alla tradizioni comporta il restare fedeli all’Origine e appunto per questo porsi al Centro. Significa permanere nella purezza originaria e nella legge universale. Tutto, nel comportamento dei popoli antichi, si spiega per mezzo di queste due idee. Occorre che vi dica un’altra cosa. La nostra progressiva debolezza, e con essa il rischio di oblio e di tradimento, ci costringe ad esteriorizzare o a rendere esplicito ciò che in origine era incluso in una perfezione interiore e implicita. I veri santi non hanno bisogno né del tomismo né dei templi, giacchè tutte le profondità e tutti gli splendori si trovavano in loro stesse e, intorno a loro, nella santità intima. Le esteriorizzazioni e gli sviluppi del patrimonio spirituale esistono non per alterarlo ma solo per trasmetterlo nel modo più efficace ed integrale possibile (Frithjof Schuon, Sguardi sui Mondi Antichi)”.
“Maestro, dove andrà la Tradizione dopo di te, cosa ne sarà di lei?”, chiesero.
“Prima di dirvi cosa ne sarà di lei, è cosa buona dirvi come si è sviluppata. Nove collegi disseminati sulla terra hanno sempre insegnato questo agli adepti della Luce: apprendere i segreti, perfezionarli e adattarli, appropriarsene o realizzarli, il triplice esercizio che l’iniziato alla Tradizione esegue. Questi nove collegi erano in Egitto, presso gli Eumolpidi a Eleusi, presso i Cabiri in Samotracia, presso i Magi dell’antico Iran e della Caldea, presso i Gimnosofisti, presso i Pitagorici, presso i Mori in Arabia a Fez, presso gli Esseni di Qumran e presso i Bramini (Michael Maier, Rosicruciano, Silenzio dopo i clamori). Ma il sapere più potente, il corpo più notevole delle pratiche occulte e dei segreti del cielo, è stato appannaggio soprattutto degli antichi sacerdoti egiziani e dei magi iranici, come l’alchimia, la magia, la metafisica. Essi, come tutti gli gnostici, conoscevano la verità di questo mondo, e sapevano che l’umanità è totalmente dominata dagli dèi Arconti. I sacerdoti egizi serbarono queste conoscenze e le custodirono arcanamente sia nella tradizione orale che in quella scritta, in quest’ultima forma, arcanamente custodita. A tal fine inventarono un sottile linguaggio, il quale insinuava i suoi segreti significati fra le cose dette apertamente. Di questa arcana sapienza, accompagnata dall’arcano linguaggio, si componevano principalmente i misteri. In verità vi dico, gli Egizi acquisirono la Tradizione del Corpo di Luce dagli Hiksos-Cananei, che infatti sono noti per aver portato in Egitto la scienza del carro. Ma qui per carro intendiamo soprattutto il Carro Divino, il Merkaba, di cui un giorno vi parlerò. Voi sapete dalle scritture che la tradizione esoterica fu una rivelazione interiore di Elohim-Sapienza ad Adamo e ad Eva, e pervenne fino a Noè il giusto e poi ad Abramo che infatti fu istruito da Melkizedek. E da Abramo trasmessa ad Isacco, a Giacobbe. E i Patriarchi furono in Egitto e la tradizione esoterica entrò in possesso degli anziani di quel popolo. La cosa si tramandò tra loro finchè nacque il grande Mosè. Quando Mosè si isolò nel deserto, il Signore di Tutto gli si rivelò nel roveto e lo istruì. Ora, il primo flusso in uscita della sapienza egizia, la madre della tradizione, fu il trasferimento parziale dei misteri ai saggi greci che trovarono l’iniziazione nei diversi templi d’Egitto. Solone, Talete, Platone, Eudosso, Pitagora, vennero in Egitto e s’incontrarono con i Sacerdoti. Eudosso fu discepolo di Chnufis di Memfi, Solone di Sonchis di Sais, Pitagora di Enufis di Heliopolis. Soprattutto Pitagora rimase così colpito ed ebbe tanto ammirato quegli uomini da trasfondere la loro tensione simbolica e misterica nelle sue dottrine, adattandole ad una forma enigmatica. Anche Omero, come pure Talete, ha appreso dagli Egizi il concetto secondo cui l’acqua, simbolicamente e alchemicamente parlando, è principio ed origine di tutte le cose e del lavoro su se stessi (Plutarco, De Iside et Osiride 10 E-F). L’altra catena della Tradizione, come trasmessa dagli Egizi ed in particolare dal tempio di Heliopolis, vide il trasferimento integrale del Corpus dall’antica accademia di Heliopolis a Mosè e ai settanta anziani. Ora, voi vedete che Mosè fu prima istruito dagli Egizi che gli insegnarono le parole di potenza con cui divenne un grandissimo teurgo (Atti 7:22), poi istruito direttamente da Io Sono, nome divino che nessuno aveva prima conosciuto né peraltro gli Egizi glielo avevano insegnato. Il Dio di Mosè e dei profeti non fu preso in prestito dai santuari d’Egitto perché la nuvola, i lampi e i tuoni del monte Sinai non sono cose che si possono prendere in prestito. E neanche la visione in un santuario egizio di un Dio creatore, descritta nel trattato ermetico Pimandro è presa in prestito da qualcuno (Anonimo, Meditazioni sui Tarocchi). A ogni corrente, la sua rivelazione, sul solco della continuità. Gli Esseni di Qumran, i cui maestri erano eredi iniziatici dei settanta anziani di Israel, hanno ereditato questo patrimonio, nonché quello della mistica zoroastriana. Contrariamente a ciò che vi hanno insegnato o che sapete, voi vedete che oltre alla Legge letterale, vi fu qualcos’altro che venne trasmesso agli ebrei, ciò che io chiamo oracoli di Dio. Nessuno nega che agli ebrei fu rivelata la lettera, la legge letterale. Ma essa non è assolutamente una prerogativa, perché di per sè la lettera uccide. Se la lettera non è vivificata dallo spirito essa è del tutto morta. Ma oltre a questa legge furono loro rivelati gli oracoli di Dio, di cui a buon diritto si gloriano, i quali non sono altro che ciò che gli stessi ebrei chiameranno Cabbala, cioè il vero significato della Legge ricevuta dalla bocca. L’espressione presso di loro Torah-sce-be-al-phe significa legge dell’insegnamento da bocca a orecchio, in quanto ricevuta per trasmissione, che è poi il significato del termine Cabbala. Vi sia noto che Mosè comunicò ai soli settanta anziani questa scienza ricevuta da Dio, e da questi agli Esseni, grandissimi cabalisti e alchimisti (Pico della Mirandola, Migne 14:4). Gli altri ebrei ne sono rimasti esclusi, sia perché si sono legati alla lettera, non credendo nello spirito della Torah, sia perché non lo hanno meritato per la loro condotta. Scribi, Farisei e Dottori della Legge, non hanno le chiavi né sanno penetrare le sottigliezze della scrittura, al contrario dei Giusti di Qumran. I maestri di Qumran hanno poi istruito me. Per questo simbolicamente sono andato in Egitto, e per questo simbolicamente i Re Magi sono venuti ad onorarmi. Ma come Mosè, anche io sono stato istruito direttamente dalla Sapienza, e in verità la Sapienza non istruisce direttamente che coloro i quali si sganciano dai maestri o dagli ordini, per quanto illuminati possano essere. Tutto ciò che io conosco sarà il patrimonio della religione che io vi porto per l’èra dei Pesci. Più in là, questo patrimonio io lo trasferirò a tre di voi che saranno chiamati Figli del Tuono. Essi lo trasferiranno ad altri iniziati che si definiranno gnostici, la cui conoscenza sarà un essenismo riformato, più universale e meno legato al giudaismo. A voi, io insegnerò prima per figure e misteri, poi in parabole ed enigmi, e infine, in terza istanza, in modo chiaro e diretto, ogni volta che ognuno di voi sarà solo con me (Clemente Alessandrino, Hyptotyposes). Di poi, dagli gnostici, la Tradizione passerà alla Casa o Fortezza della Scienza degli Ismailiti fatimidi del Cairo, e da questi in parte ai Sufi e in parte ai cabalisti ebrei. Successivamente verrà un Ordine di Cavalieri, che si chiameranno templari, veri eredi degli Esseni. Essi riceveranno la conoscenza esoterica araba, ebraica e quella della nuova religione che sarà definita cristiana, e in gran segreto giungeranno alla grande sintesi, soprattutto mellla scienza della trasmutazione alchemica. Saranno gli unici al mondo a conoscere la verità sulla mia missione, sulla mia trasmutazione in luce e saranno gli unici a conoscere e amare Melkizedek. In verità, dopo i Templari, ordini sacri legati all’Ordine di Melkizedek non ve ne saranno più. Dopo che quest’Ordine sarà spazzato via dagli Arconti, la Parola sarà apparentemente perduta, in realtà adeguatamente nascosta in pochissimi uomini che la custodiranno fino alla fine dell’Eone. La Tradizione Primordiale potrà essere perduta per quei centri secondari che cesseranno di essere in relazione col centro supremo. Quest’ultimo conserva sempre intatto il deposito della Tradizione e non è intaccato dai cambiamenti che sopravvengono nel mondo esterno. La Tradizione sarà perduta per l’insieme dell’umanità, destinata a pervertirsi e a divenire sempre più profana, e la massa degli uomini non vi parteciperà più in modo cosciente ed effettivo, contrariamente a quanto avveniva nello stato originario o primordiale, posto molto al di là di quanto è accessibile alla storia ordinaria e profana. Ogni legame cosciente col centro per mezzo di organizzazioni regolari sarà interrotto, e così sarà per molti secoli. Tale rottura però non avverrà tutt’a un tratto, ma in varie fasi successive. La prima di queste avverrà con l’estinzione dell’Ordine del Tempio, uno dei cui compiti principali sarà di garantire una comunicazione fra l’Oriente spirituale e l’Occidente dei morti, tra l’altro mondo e questo mondo. Ma l’occidente, rifiutando un patto quasi concluso, attraverso la costituzione dell’Ordine dei Templari, si allontanerà dal mistero di Grazia e Giustizia di cui quell’Ordine costituirà la possibilità e la sanzione. Questo mistero è quello di Melkizedek, prototipo eterno del sacerdozio in eterno, e fondamento dell’Ordine tradizionale universale e immortale (Pierre Ponsoye, L’Islam e il Graal). Dopo la distruzione dell’Ordine del Tempio, solo un movimento non strutturato che sarà noto come Rosacroce, continuerà a garantire il medesimo legame, benchè in modo più dissimulato (Rene Guenon, Il Re del Mondo). Ma per il resto dell’umanità, i segreti diverranno conoscenza essoterica perché in quella generazione perversa domineranno prostituzione, delazione, calunnia e odio nel cuore, e la qelippah, ovvero le potenze malvagie, si estenderà in tale misura che la gente si vergognerà di agire piamente (testo di derivazione lurianica citato in I Mistici Messianici di Moshe Idel). Io ve l’ho predetto”.
“Rabbi Yeoshua, vuoi dire che la nuova religione è di fatto la Tradizione originaria?”, chiese Maria Maddalena.
“Sorella, la buona novella che io vi porto rappresenta il coronamento della dottrina interiore dei misteri di tutte le nazioni, essendo mèta comune a tutti la rivelazione del Mistero dell’Uomo. I Misteri sono sempre stati rivelati all’individuo che si è applicato a penetrare nell’arcano, ma io li rivelerò all’umanità nel suo complesso e rappresenterò innanzi ad essa l’intero dramma del Dio-Uomo. Il Mistero dell’Uomo sarà svelato in me (G.R.S Mead, Hermes Tre Volte Grande). La religione che vi mostrerò già esisteva fra gli antichi, e non ha mai smesso di esistere dall’inizio dei tempi, fino a che, essendo io venuto, comincieranno a chiamare cristiana la vera religione che esisteva fin dall’inizio del mondo (S.Agostino, Retractationes 1,12,3). Nessuna setta nè religione è mai esistita sulla terra tranne la religione che verrà fuori da me (Blaise Pascal, Pensieri 703). Sappiate che questa nuova religione affonda le proprie radici in un fondo tradizionale universale, particolarmente immutabile su questo punto, e in modo più specifico nel fondo di origine abramica, alla cui sorgente si trova il Re-Sacerdote per definizione: Melkizedek. La religione che emergerà da me è la religione primordiale dell’Ordine di Melkizedek e della sua gerarchia. Questa è la verità, e più in la comprenderete meglio”.
“Rabbi, ho sentito parlare del mito greco di Prometeo. Secondo i greci, fu Prometeo a portare il fuoco della tradizione agli uomini”, disse Filippo.
“Scrisse il nostro Platone che l’Antica Tradizione fu un dono degli dèi agli uomini che, da un punto del cielo divino, fu gettato un giorno sulla terra per mezzo di Prometeo insieme ad un fuoco di una chiarezza abbagliante, e gli antichi, che erano più valenti di noi e vivevano più vicino agli dèi ce lo hanno tramandato quasi una rivelazione (Platone, Filebo). Sono io Prometeo, Filippo. Melkizedek, il Re di Salem, è il Prometeo della tradizione esoterica ebraica. Sono io il ladrone che ruba ai ladri astrali per donare luce agli uomini di buona volontà. Sono io che li risveglio, sottraendo potere agli Arconti di questo mondo. Sono io che ho gettato il fuoco sulla terra e veglio affinché esso arda”.

fonte>>> http://mikeplato.myblog.it/archive/2009 ... uerra.html



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 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 26/11/2009, 02:03 
Cita:
testo riportato da peppe


fonte: http://mikeplato.myblog.it/archive/...-guerra.html

Michele Plato ha scritto:

Qui posto l'introduzione, la prefazione e un capitolo intero del mio prossimo romanzo sul Cristo.

E’ un Gesù diverso quello che emerge da queste pagine, un Gesù non solo maestro di compassione, ma un vero e proprio combattente, un signore della guerra, un uomo dalla forza interiore immensa, uno che porta un nuovo modo di combattere i poteri immondi che spadroneggiano su questo piano



A prescindere dal valore letterario dell'opera, di cui non intendo assolutamente farmi giudice, tuttavia credo sia utile rimarcare che ancora una volta (una delle infinite volte!), in modo assolutamente ANTISTORICO, si finisce per dareun carattere 'univoco' al personaggio Gesù: cosa totalmente ERRATA!..

Gesù, infatti, fu un personaggio estremamente poliedrico (e qui sta la sua grandezza, non certo nella presunta 'divinità' inventata dal clero falsario!) e la sua personalità fu ricca di sfaccettature. Nel corso della sua vita, egli cambiò spesso i suoi riferimenti teologici, a volte in modo semplicemente marginale, a volte in modo decisamente 'radicale'.

Ad ognuna di queste sfaccettature corrisponde, grossomodo, la visione gesuana che gli adepti delle numerose sètte gnostiche, in parte fondate da lui stesso, ebbero di lui. Questo modo di agire, da parte del Nazareno, fu particolarmente aderente alle caretteristiche di un dio della mitologia greca: uno di quelli a cui Gesù si rifece spesso nel corso della sua vita.

"..un uomo dalla forza interiore immensa"

Da un punto di vista delle sue attitudini psicologiche, tese a controllare la suggestionabilità e la impressionabilità del suo 'audience', egli effettivamente ebbe una notevole 'forza interiore', che gli derivava da una non comune dote di illusionista ipnotico(*), capace di indurre la visione, nei suoi ascoltatori occasionali, di una realtà assolutamente fantastica!.. (se non fosse stato così, egli non sarebbe MAI diventato il personaggio che tutto il pianeta conosce!). Inutile rimarcare che tutto ciò fu determinante per i falsari che costruirono la sua presunta 'trascendentalità'!..

Tuttavia, per quanto riguardò i problemi, quelli più drammatici della sua vita quotidiana, specialmente in occasione di particolari eventi storici, egli si comportò da vigliacco, come si desume dalla testimonianza circa il VERO processo che Gesù subì prima davanti all'autorità romana e poi davanti a quella giudaica (Sinedrio). Infatti, secondo tale testimonianza, Gesù fu preso da una paura tale che gli impedì persino di parlare! (**)

Questo particolare della 'vigliaccheria' di Gesù, lo ritroviamo anche in Tertulliano, laddove questo scrittore catto-cristiano cita i valentiniani: "..Essi (i valentiniani, n.d.r.) affermano che vi furono DUE Cristi(***): uno impavido, che subì coraggiosamente la passione, l'altro pavido CHE SE LA SGATTAIOLO' tra folla..". A me, che ormai ero riuscito a comprendere gran parte della verità che mi ero ripromesso di ricercare, non ci è voluto molto a capire che il 'Cristo coraggioso' altri non fu che Giovanni di Gamala, il VERO 'Cristo' fatto crocifiggere dai romani, mentre l'altro, quello 'pavido', altri non fu che Gesù di Nazareth!

Da ciò, dunque, si intuisce facilmente che quando qualcuno vuole riferirsi a Gesù di Nazareth, prima di attribuirgli arbitrariamente delle prerogative che trovano riscontro SOLO nella letteratura falsaria dei cosiddetti 'padri della chiesa', dovrebbe quantomeno fare una 'propedeutica' cernita dei Cristi conosciuti...


Saluti

___________________________________

Note:

(*) - nella letteratura mandea vi è un passaggio in cui Giovanni il Battista, il quale conosceva bene il problema, essendo stato un 'mago' a sua volta, consigliava i suoi discepoli a non guardare negli occhi Gesù.

(**) - l'autorità romana a cui si è appena fatto accenno, non fu costituita dalla figura di P. Pilato, in quanto tale processo, a seguito del quale Gesù venne poi giustiziato, si svolse oltre 30 anni dopo di quello descritto nei vangeli canonici. Quasi sicuramente, si trattò di Tito, figlio dell'imperatore Vespasiano. E' altamente probabile che Tito avesse in precedenza conosciuto Gesù a Roma (v. il Chrestus di Svetonio), e di esserne diventato anche amico. Ciò spiega il suo tentativo (e NON di Pilato!!) di salvargli la vita, a fronte dell'estrema risolutezza giudaica, facente capo al Sinedrio, il quale voleva assolutamente condannare a morte Gesù: questo spiega le incomprensibili accuse che i padri della chiesa rivolgevano ai giudei del tempo: vale a dire di aver 'crocifisso' Gesù!.. Ovviamente i falsari NON potevano ammettere che i giudei avessero giustiziato Gesù mediante lapidazione, altrimenti sarebbe saltato tutto l'impianto della 'crocifissione', costruito sovrapponendo la figura del Nazareno a quella di Giovanni di Gamala: il vero personaggio fatto crocifiggere dai romani (Vitellio?) ai tempi di P. Pilato!

(***) - da tenere presente che la setta dei valentiniani venne fondata da Valentino, un personaggio di assoluto rilievo nel 'team' che il potere imperiale-senatoriale del tempo aveva incaricato di fondare la nuova religione catto-cristiana. Tanto importante che lo stesso personaggio aveva creduto di venire eletto come il vero PRIMO vescovo della chiesa cattolica 'apostolica' romana, all'indomani del ritiro dagli 'affari' di 'papa' Pio I (all'incirca intorno al 156-57). Tuttavia, a causa di un fenomeno assolutamente 'sconosciuto' all'interno della 'santa' chiesa cattolica, Valentino venne beffato da Aniceto, attraverso manovre corruttive tese ad assicurarsi il consenso dei presbiteri elettori. Fu sicuramente a causa di ciò che Valentino decise, come già aveva fatto in precedenza Marcione, di abbandonare la 'sacra' cogrega e mettersi in 'proprio'. Ergo, se Valentino concorse alla cattedra di vescovo di Roma, è più che evidente che egli doveva conoscere vita, morte e miracoli della 'santa' chiesa falsaria: cosa questa che rende l'opinione dei valentiniani, così come riportata da Tertulliano, assolutamente probabile. Non solo, per quanto si stenti a crederlo, esistono persino testimonianze archeologiche circa l'aspetto 'dualistico' del Cristo della fede!..


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